Comunismo - Scintilla Rossa

L'imperialismo si organizza in Bolivia

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view post Posted on 10/11/2019, 09:49
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Bolivia, Morales: 'A fuoco case di due governatori'
Condannato l'attacco, definito "codardo e selvaggio"

Il presidente boliviano Evo Morales ha denunciato la notte scorsa di fronte alla comunità internazionale ed al popolo boliviano che "il piano di golpe fascista esegue atti violenti con gruppi irregolari che hanno incendiato la casa dei governatori di Chuquisaca ed Oruro e quella di mia sorella in quest'ultima città".

Via Twitter Morales ha anche condannato l'attacco "codardo e selvaggio", "nello stile delle dittature militari", alla radio della Confederazione sindacale unica dei lavoratori contadini della Bolivia (Csutcb).

Il capo dello Stato ha anche rivelato che "gruppi organizzati" hanno preso il controllo dei media statali Bolivia Tv (Btv) e Red Patria Nueva (Rpn). "Dopo aver minacciato ed intimorito i giornalisti - ha concluso - li hanno obbligati ad abbandonare le loro fonti di lavoro".

Settori della polizia boliviana si sono ammutinati da due giorni a Cochabamba e in altre città del Paese nel quadro di proteste di piazza contro il presidente Evo Morales, la cui recente conferma alla massima carica dello Stato nelle elezioni del 20 ottobre è respinta dall'opposizione. Secondo il quotidiano La Razon, l'ammutinamento è cominciato ieri pomeriggio nell'Unità tattica di operazioni di polizia (Utop) di Cochabamba e si è esteso nelle ore successive a settori di agenti di altri cinque dipartimenti: Chuquisaca, Tarija, Santa Cruz, Potosí e Oruro. Il ministro dell'Interno, Carlos Romero, ha accettato la principale richiesta di Cochabamba, esonerando il capo della polizia dipartimentale, Raúl Grandy, dicendosi fiducioso di poter superare il malessere attraverso il dialogo. Da parte sua il ministro della Difesa, Javier Zavaleta, ha escluso un intervento dell'esercito in questa crisi.

fonte Ansa
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view post Posted on 10/11/2019, 14:13
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Bolivia. Evo Morales accetta la Risoluzione dell’OSA per nuove elezioni
di Rino Condemi

Ultima ora. Con una decisione sofferta e inaspettata, Evo Morales ha annunciato la richiesta di nuove elezioni generali e il rinnovo del Tribunale Supremo Elettorale, l’organo ufficiale finito sotto accusa di frode elettorale che aveva consentito al presidente Morales una nuova vittoria.
La decisione del presidente boliviano arriva dopo una relazione preliminare resa nota questa mattina (vedi sotto) dal segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Alamagro. L’agenzia ha concluso che, nel corso dell’audit dei risultati e dopo aver esaminato elementi quali la tecnologia utilizzata nelle elezioni, la catena di custodia, l’integrità dei verbali e le proiezioni statistiche, “sono state riscontrate irregolarità che vanno da molto gravi a indicative”.
In particolare, il documento indica che vi era una manipolazione nel sistema di trasmissione dei risultati elettorali preliminari (TREP), che “influiva sui risultati di tale sistema” e sul calcolo finale, che era anche direttamente influenzato dall’esistenza di “atti fisici con alterazioni e firme contraffatte “.
La risoluzione cita esempi del conteggio dei voti fatti all’estero e denuncia che “dei 176 minuti di analisi del campione che era stato esaminato in Argentina, il 38,07% presenta incoerenze con il numero di cittadini che hanno pagato. riflette un numero maggiore di voti rispetto al totale nelle liste indice. ”
Pertanto, l’OSA afferma che il gruppo incaricato dell’audit “non può convalidare una vittoria al primo turno” per il presidente Evo Morales e ha raccomandato che “un altro processo elettorale” venga svolto, sebbene con “nuove autorità elettorali per lo svolgimento di elezioni affidabili” “.

Questo audit è stato condotto con l’approvazione del governo boliviano, tuttavia è stato respinto dal leader dell’opposizione Carlos Mesa, quindi ci si aspetta quale sarà la sua posizione, ora che i risultati dell’OSA recepiscono quello che hanno richiesto con le violente manifestazioni nelle strade ossia la ripetizione delle elezioni.

Qui di seguito il testo della Risoluzione dell’OSA

Il Segretariato Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) segue costantemente i molti aspetti della situazione in Bolivia mentre, di fronte alle tensioni nel paese, ha richiesto al team di audit il massimo impegno per avanzare i risultati del rapporto nel processo di preparazione delle ultime elezioni.
La situazione nel paese richiede attori governativi (principalmente) e politici delle diverse opzioni, nonché tutte le istituzioni per agire in conformità con la Costituzione, la responsabilità e il rispetto dei mezzi pacifici.
Il diritto alla protesta pacifica deve essere protetto e garantito, mentre le istituzioni dello Stato boliviano devono agire in conformità con le disposizioni della Costituzione e le leggi del paese.
La cosa più preziosa da tenere a mente in questo momento è il diritto alla vita dei boliviani ed evitare qualsiasi confronto violento tra compatrioti.
Dal Segretariato Generale dell’OSA ribadiamo la volontà di cooperare nella ricerca di soluzioni democratiche per il Paese, motivo per cui, a causa della gravità delle denunce e delle analisi relative al processo elettorale che il team di revisori dei conti ci ha trasferito Va notato che il primo turno delle elezioni del 20 ottobre deve essere annullato e il processo elettorale deve ricominciare, il primo turno ha luogo non appena ci siano nuove condizioni che diano nuove garanzie per la sua celebrazione, tra cui una nuova composizione del corpo elettorale.
Naturalmente, rimane il rapporto finale dettagliato sulla questione che verrà elaborato secondo le ipotesi stabilite.
Resta inoltre inteso che i mandati costituzionali non dovrebbero essere interrotti, incluso quello del presidente Evo Morales.
Il Segretariato Generale ribadisce la richiesta di evitare l’estensione della violenza e fa pervenire la sua solidarietà al popolo boliviano.
 
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view post Posted on 10/11/2019, 22:08
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addàrivenì baffone

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I golpisti ce l'hanno fatta, Morales scappa in Argentina.

https://sputniknews.com/latam/201911101077...esign---report/

La storia ci dimostra ancora una volta come l'unica strada percorribile è la rivoluzione e la dittatura del proletariato, e il terrore più brutale e inflessibile contro la borghesia.

Edit: il governo Macrì, ancora formalmente in carica nonostante la vittoria dei Kirchneristi e la loro condanna al golpe, nega a Morales il corridoio aereo, così come tutti i paesi confinanti lacchè degli yankee. Morales rimane intrappolato in Bolivia.

Edited by Khleb - 11/11/2019, 09:48
 
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view post Posted on 13/11/2019, 10:31
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addàrivenì baffone

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Dopo la liquidazione di Morales e l'esilio politico in Messico ecco la "guaido" boliviana, nel 2013 la sua posizione sugli indigeni. Gente satanica che non deve stare nelle città e deve rimanere negli altipiani e ai margini, per non rompere le scatole ai neonazisti che oggi hanno preso il potere. In tutto questo si innesta la guerra per il litio (minerale che serve per le batterie di tutti i dispositivi elettronici moderni e in futuro anche per la nascente industria elettrica dell'automobile). La Bolivia è "l'Arabia Saudita del Litio" insieme a Cile e Argentina (ma la Bolivia è avanti nei processi estrattivi e organizzativi della nascente industria). Di recente Morales aveva firmato un accordo con la Cina per lo sfruttamento congiunto delle miniere di Litio. Ora, dopo il golpe fascista e filoamericano il quadro potrebbe mutare, come da tradizione.
 
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view post Posted on 15/11/2019, 11:02
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Comunicato del Partito Comunista sugli avvenimenti in Bolivia
12 novembre 2019di PC

Il Partito Comunista condanna fermamente il colpo di stato attuato in Bolivia dalle forze di destra e dai militari con il sostegno degli USA ed esprime solidarietà al popolo lavoratore boliviano e al presidente Morales, costretto a rassegnare le dimissioni sotto le minacce dell’opposizione borghese di scatenare una guerra civile.

Le misure attuate durante la presidenza di Morales, durata 14 anni e riconfermata alle ultime elezioni, avevano cominciato a sollevare il popolo boliviano dalla miseria e dall’arretratezza, ridandogli dignità e condizioni di vita accettabili, grazie alla nazionalizzazione di settori strategici dell’economia e a una politica tesa al soddisfacimento dei bisogni delle masse popolari, entrando in contrasto aperto con gli interessi dei monopoli transnazionali e della borghesia boliviana, sostenuti dagli imperialisti statunitensi.

Questi sviluppi in Bolivia si inseriscono in una rinnovata strategia imperialista degli Stati Uniti per riportare sotto il proprio controllo i paesi dell’America Latina, dall’inasprimento del blocco contro Cuba, alla destabilizzazione di Venezuela, Salvador e Nicaragua, alle violente repressioni antipopolari in Ecuador e Cile.

L’imperialismo e la borghesia boliviana calpestano la volontà del popolo, espressa attraverso il voto democratico che, alle ultime elezioni, aveva riconfermato il Presidente Morales alla guida del paese. La lezione che dobbiamo ancora una volta trarre da questi eventi è che nulla contano le elezioni nell’ambito dell’ordine borghese, poiché la borghesia è disposta a rinnegare qualsiasi principio democratico in nome della salvaguardia del profitto del capitale, come la storia ha già ampiamente dimostrato.

Come Lenin ci ha insegnato e la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre ha confermato, solo distruggendo lo stato borghese e sostituendolo con lo stato proletario è possibile garantire uno sviluppo in favore delle masse lavoratrici. La non applicazione di questo principio è il principale limite dei processi rivoluzionari avviati in America Latina nel corso degli ultimi decenni.

Esprimiamo la nostra solidarietà e il nostro sostegno ai compagni del Partito Comunista di Bolivia, ai rivoluzionari, ai lavoratori boliviani e al Presidente Morales, perché intensifichino la lotta contro la borghesia e l’imperialismo, nella convinzione che il popolo boliviano avrà la forza per respingere l’attacco imperialista e intraprendere la marcia verso il socialismo.
 
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view post Posted on 15/11/2019, 14:40
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Il seguente articolo non si riferisce agli ultimi fatti, ma in parte si occupa di evidenziare i limiti del progressismo sud americano concausa della
recente crisi.

Illusioni progressiste divorate dalla crisi

Jorge Beinstein* | alainet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21/03/2016

La congiuntura globale è segnata da una crisi deflazionistica, alimentata dalle grandi potenze. La caduta dei prezzi delle materie prime, il cui aspetto più eclatante è stato, da metà del 2014, quello dei prezzi del petrolio, scopre la deflazione della domanda internazionale mentre ristagna l'ondata finanziaria, stampella strategica del sistema negli ultimi 4 decenni. La crisi della finanziarizzazione dell'economia mondiale entra a zig-zag in una zona di depressione, le principali economie capitaliste tradizionali crescono poco o nulla (1) e la Cina decelera rapidamente. Di fronte a questo l'Occidente dispiega la sua ultima risorsa: l'apparato d'intervento militare integrando componenti armate professionali e mercenarie, mediatiche e mafiose articolate come "Guerra di Quarta Generazione" destinata a distruggere società periferiche per convertirle in zone di saccheggio. E' la radicalizzazione di un fenomeno di lunga durata di decadenza sistemica dove il parassitismo finanziario e militare si è trasformato nel centro egemonico dell'Occidente.

Ci presentano la "ricomposizione" politica-economica-militare del sistema come lo è stata la riconversione keynesiana (militarizzata) degli anni '40 e '50 fino alla sua degradazione generale. La mutazione parassitaria del capitalismo lo converte in un sistema di distruzione di forze produttive, dell'ambiente, e di strutture istituzionali dove le vecchie borghesie si vanno trasformando in circoli di banditi, un nuovo incremento planetario di sotto-borghesie centrali e periferiche.

Il declino del progressismo

Immersa in questo mondo si dispiega la congiuntura latinoamericana dove convergono due fatti notevoli: il declino delle esperienze progressiste e il prolungato degrado del neoliberismo che l'ha preceduto e accompagnato in paesi che non entrarono in questa corrente e di cui questo neoliberismo degradato appare adesso come il successore.

I progressismi latinoamericani si installarono sulla base delle ammaccature e in certi casi delle crisi dei regimi neoliberali e quando giunsero al governo i buoni prezzi internazionali delle materie prime sommate a politiche di espansione dei mercati interni gli permisero di ricomporre la governabilità.

L'ascesa progressista si è appoggiata su due impotenze: quella delle destre che non potevano assicurare la governabilità, collassate in alcuni casi (Bolivia nel 2005, Argentina nel 2001-2002, Ecuador nel 2006, Venezuela nel 1998) o sommamente deteriorate in altre (Brasile, Uruguay, Paraguay) e l'impotenza delle basi popolari di rovesciare governi, debilitare regimi e anche nei processi più radicalizzati non hanno potuto imporre rivoluzioni, trasformazioni che andassero oltre la riproduzione delle strutture di dominazione esistenti.

Nei casi di Bolivia e Venezuela i discorsi rivoluzionari accompagnarono pratiche riformiste piegate da contraddizioni, si annunciavano grandi trasformazioni ma le iniziative si imbrogliavano in indefiniti andirivieni, finte, rallentamenti "realisti" e altre astuzie che esprimevano il timore profondo di superare i recinti del capitalismo. Questo non solo ha reso possibile la ricomposizione delle destre ma anche la proliferazione a livello statale di putrefazioni di ogni tipo, grandi corruzioni e piccole corruttele.

Il Venezuela appare come il caso più evidente di miscela di discorsi rivoluzionari, disordine operativo, trasformazioni a medio cammino e autoblocchi ideologici conservatori. Non si è intrapresa la transizione rivoluzionaria proclamata (ma tutto il contrario) anche se si è ottenuto di rendere caotico il funzionamento di un capitalismo stigmatizzato ma in piedi, naturalmente gli USA hanno promosso e approfittato di questa situazione per avanzare nella sua strategia di riconquista del paese. Il risultato è una recessione sempre più grave, una inflazione incontrollata, importazioni fraudolente massive che aggravano la carenza di prodotti e l'evasione di denaro che segnano una economia in crisi acuta (2).

In Brasile il zig-zag tra un neoliberismo "sociale" e un keynesismo light quasi irriconoscibile ha ridotto lo spazio di potere di un progressismo che traboccava di spavalderia "realista" (inclusa la sua furba accettazione dell'egemonia dei gruppi economici dominanti). La dipendenza dalle esportazioni di materie prime e la sottomissione a un sistema finanziario locale internazionalizzato hanno finito per bloccare l'espansione economica, e infine la combinazione della caduta dei prezzi internazionali delle materie prime e l'esacerbazione della rapina finanziaria hanno precipitato una recessione che ha generato una crisi politica sulla quale hanno iniziato a cavalcare i promotori di un "golpe morbido" eseguito dalla destra locale e monitorato dagli USA.

In Argentina il "golpe morbido" si è prodotto protetto da una maschera elettorale forgiata da una manipolazione mediatica smisurata, il progressismo kirchnerista nella sua ultima tappa aveva conseguito di evitare la recessione anche se con una crescita economica anemica sostenuta da un fomento del mercato interno rispettoso del potere economico. E' stata rispettata anche la mafia giudiziaria che insieme alla mafia mediatica l'hanno disturbata fino a rimuoverla politicamente in mezzo ad una ondata di isteria reazionaria delle classi alte e del grosso delle classi medie.

In Bolivia Evo Morales ha sofferto la sua prima sconfitta politica significativa nel referendum sulla rielezione presidenziale, il suo arrivo al governo ha segnato l'ascesa delle basi sociali sommerse dal vecchio sistema razzista coloniale. Ma la miscela ibrida di proclami anti-imperialisti, post-capitalisti e indigeni con la persistenza del modello minerario-estrattivo di deterioramento ambientale e delle comunità rurali e il burocratismo statale generatore di corruzione e autoritarismo hanno finito per diluire il discorso del "socialismo comunitario". Ha lasciato così aperto lo spazio per la ricomposizione delle élite economiche e la mobilitazione revanscista delle classi alte con al seguito le classi medie penetrando in un ampio spettro sociale perplesso.

Adesso le destre latinoamericane vanno occupando le posizioni perse e consolidano quelle preservate, ma adesso non sono quelle vecchie cricche neoliberali ottimiste degli anni '90, si sono trasformate attraverso un complesso processo economico, sociale e culturale che le ha convertite in componenti di sotto-borghesie nichiliste inquadrate nell'ondata globale del capitalismo parassitario.

Gruppi industriali o dell'agribusiness combinano i loro investimenti tradizionali con altri più redditizi ma anche più volatili: avventure speculative, affari illegali di ogni tipo (dal narcotraffico fino a operazioni immobiliari opache passando per truffe commerciali e fiscali e altre avventure torbide) convergendo con "investimenti" saccheggiatori provenienti dall'estero come la mega miniera o le rapine finanziarie.

Questa mutazione ha basi antecedenti locali e globali, varianti nazionali e dinamiche specifiche, ma tutte tendono verso una configurazione basata nel predominio dell'élite economiche viziate dalla "cultura finanziaria-saccheggiatrice" (visione a breve termine, saccheggio territoriale, eliminazione dei confini tra legalità e illegalità, manipolazione delle reti d'affari con una visione più prossima al videogioco che alla gestione produttiva e altre caratteristiche proprie del globalismo mafioso) che dispongono del controllo mediatico come strumento essenziale di dominazione circondandosi di satelliti politici, giudiziari, sindacali, polizieschi-militari, ecc.

Restaurazione conservatrice o instaurazione di neofascismi coloniali?

In generale, il progressismo qualifica le sue sconfitte o minacce di sconfitte come vittorie o pericoli di ritorno del passato neoliberale, si utilizza spesso anche il termine "restaurazione conservatrice", ma avviene che questi fenomeni sono sommamente innovatori, hanno ben poco di "conservatore". Quando valutiamo personaggi come Aecio Neves, Mauricio Macri o Henrique Capriles non troviamo capi autoritari di élite oligarchiche stabili ma personaggi completamente senza scrupoli, sommamente ignoranti delle tradizioni borghesi dei loro paesi (incluso in certi casi con mire dispregiative delle stesse), appaiono come una sorta di mafiosi tra primitivi e post-moderni guidando politicamente gruppi d'affari la cui norma principale è quella di non rispettare nessuna norma (nella misura possibile).

Altro aspetto importante della congiuntura è quella dell'irruzione di mobilitazioni ultra-reazionarie di grande dimensione dove le classi medie occupano un posto centrale. I governi progressisti supponevano che il boom economico avrebbe facilitato la cattura politica di questi settori sociali ma è avvenuto il contrario: gli strati medi venivano egemonizzati dalla destra mentre ascendevano economicamente, guardando con disprezzo a quelli in basso e assumendo come propri i deliri neofascisti di quelli di sopra. Il fenomeno si sincronizza con le tendenze neofasciste ascendenti in Occidente, dall'Ucraina fino agli Stati Uniti passando per la Germania, Francia, Ungheria, ecc., espressione culturale del neoliberismo decadente, pessimista, di un capitalismo nichilista che entra nella sua tappa di riproduzione ampliata negativa dove l'apartheid appare come la tavola di salvataggio.

Ma questo neofascismo latinoamericano include anche la riapparizione di vecchie radici razziste e segregazioniste che erano state tappate dalle crisi di governabilità dei governi neoliberali, l'irruzione di proteste popolari e primavere progressiste. Sono sopravvissute alla tempesta e in vari casi sono risorte anche prima dell'inizio del declino del progressismo come in Argentina l'egoismo sociale dell'epoca di Menem o il gorilismo razzista precedente, in Bolivia il disprezzo verso gli indios e in quasi tutti i casi recuperando resti dell'anticomunismo dell'epoca della Guerra Fredda. Sopravvivenza del passato, latenze sinistre adesso mescolate con le nuove mode.

Un osservazione importante è che il fenomeno assume caratteristiche di tipo "controrivoluzionario", puntando verso una politica di terra bruciata, di estirpazione, del nemico progressista, è quello che si vede attualmente in Argentina o che promette la destra in Venezuela o Brasile, la morbidezza dell'avversario, le sue paure e vacillazioni eccitano la ferocia reazionaria. Riferendosi alla vittoria del fascismo in Italia, Ignazio Silone la definì come una controrivoluzione che aveva operato in maniera preventiva contro una minaccia rivoluzionaria inesistente (3). Questa non esistenza reale di minaccia o di processo rivoluzionario in marcia, di valanga popolare contro strutture decisive del sistema che cadono a pezzi o sono rotte, incoraggia (da sensazioni di impunità) le élite e la loro base sociale.

La marea controrivoluzionaria è uno dei risultati possibili della decomposizione del sistema imponendo con successo in alcuni casi del passato progetti di ricomposizione elitaria, nel caso latinoamericano si esprime nella decomposizione capitalista senza ricomposizione alla vista.

Se il progressismo è stato il superamento fallito del fallimento neoliberista, questo neofascismo sottosviluppato esacerba entrambi i fallimenti inaugurando un'era di durata incerta di contrazione economica e disintegrazione sociale. Basta vedere quello che avviene in Argentina con l'arrivo di Macri alla presidenza: in poche settimane il paese è passato da una crescita debole ad una recessione che si aggrava rapidamente prodotto di un gigantesco saccheggio, non è difficile immaginare che questo possa avvenire in Brasile o in Venezuela che già stanno in recessione se la destra conquista il potere politico.

La caduta dei prezzi delle materie prime e la sua crescente volatilità, che il prolungamento della crisi globale sicuramente aggraverà, sono state cause importanti del fallimento progressista e appaiono come blocchi irreversibili dei progetti di riconversione elitaria-sfruttatrice mediamente stabili. Le vittorie delle destre tendono ad instaurare economie che funzionano a bassa intensità, con mercati interni contratti e instabili, questo significa che la sopravvivenza di questi sistemi di potere dipenderà da fattori che le mafie governanti pretenderanno di controllare. In primo termine il malcontento della maggior parte della popolazione applicando dosi variabili di repressione, legale e illegale, imbruttimento mediatico, corruzione di dirigenti e degradazione morale della classi bassi. Si tratta di strumenti che la stessa crisi e la combattività popolare possono inutilizzare, in questo caso il fantasma della rivolta sociale può convertirsi in minaccia reale.

La strategia imperiale

Gli Stati Uniti sviluppano una strategia di riconquista dell'America Latina applicandola in modo sistematico e flessibile. Il golpe morbido in Honduras è stato il calcio d'inizio a cui è seguito il golpe in Paraguay e un congiunto di azioni destabilizzanti, alcune molto aggressive, di vario esito che avanzano al ritmo delle urgenze imperiali e dell'usura dei governi progressisti. In vari casi le aggressioni più o meno aperte o intense si combinarono con le buone maniere che cercavano di vincere senza violenze militare o economica o sommando dosi minori delle stesse con operazioni addomesticanti. Dove non funzionava efficacemente l'aggressione iniziò ad esser praticato l'appassimento morale, si implementarono pacchetti persuasivi di configurazione variabile combinando penetrazione, cooptazione, pressione, premi e altre forme ritorsive di attacco psicologico-politico.

Il risultato di questo dispiego complesso è una situazione paradossale: mentre gli USA retrocedono a livello globale in termini economici e geopolitici, stanno riconquistando passo dopo passo il loro giardino di casa latinoamericano. La caduta dell'Argentina è stata per l'Impero una vittoria di grande importanza lavorata per molto tempo alla quale è necessario aggiungere tre manovre decisive del loro gioco regionale: la sottomissione del Brasile, la fine del governo chavista in Venezuela e la resa negoziata dell'insurgencia colombiana. Ognuno di questi obiettivi ha un significato speciale:

La vittoria imperialista in Brasile cambierà drammaticamente lo scenario regionale e produrrà un impatto negativo di grande portata al blocco BRICS colpendo i suoi due nemici strategici globali: Cina e Russia. La vittoria in Venezuela non solo gli concederà il controllo del 20% delle riserve petrolifere del pianeta (la maggior riserva mondiale) ma avrà un effetto domino sugli altri governi della regione come quelli della Bolivia, Ecuador e Nicaragua e pregiudicherà Cuba sulla quale gli USA stanno dispiegando una sorta di abbraccio dell'orso.

Infine l'estinzione dell'insurgencia colombiana oltre a rimuovere il principale ostacolo al saccheggio di questo paese, lascerà le mani libere alle sue forze armate per eventuali interventi in Venezuela. Dal punto di vista strategico regionale la fine della guerriglia colombiana eliminerebbe una poderosa forza combattente che potrebbe giungere ad operare come un mega-moltiplicatore delle insurrezioni in una regione in crisi dove la generalizzazione di governi mafiosi e di destra aggraverà la decomposizione delle sue società. Si tratta della maggior minaccia strategica alla dominazione imperiale, di un enorme pericolo rivoluzionario continentale, è precisamente questa dimensione latinoamericana del tema ciò che occultano i mezzi di comunicazione dominanti.

Decadenza sistemica e prospettive popolari

Ma al di là del curioso paradosso di un impero decadente che riconquista la sua retroguardia territoriale, dal punto di vista della congiuntura globale, della decadenza sistemica del capitalismo, la generalizzazione di governi filo-statunitensi in America Latina può esser interpretata superficialmente come una grande vittoria geopolitica degli USA anche se approfondendo l'analisi e introducendo per esempio il tema dell'aggravamento della crisi promossa da questi governi tenderemo a interpretare il fenomeno come espressione specifica regionale della decadenza del sistema globale.

L'uscita dall'intasamento progressista può generare problemi maggiori alla dominazione imperiale, sebbene le inclusioni sociali e i cambiamenti economici realizzati dal progressismo sono stati insufficienti, invischiati, impregnati dei limiti borghesi e se la sua autonomia in materia di politica internazionale ha avuto un audacia limitata; ma è certo che il suo percorso ha lasciato impronte, esperienze sociali, significati (soppressi dalla destra) che saranno molto difficili da estirpare e che di conseguenza potranno convertirsi in apporti significativi a future (e non tanto lontani) sommosse popolari radicalizzate.

L'illusione progressista di umanizzazione del sistema, di realizzazione di riforme "sensate" dentro i quadri istituzionali esistenti, possono passare dalla delusione iniziale a una riflessione sociale profonda, critica dell'istituzione mafiosa, dell'oppressione mediatica e dei gruppi d'affari parassitari. Questo include anche la farsa democratica che li legittima. In questo caso il disturbo progressista potrebbe convertirsi prima o poi in un uragano rivoluzionario non perché il progressismo come tale evolve verso la radicalità anti-sistema ma perché emergerà una cultura popolare superiore, sviluppata nella lotta contro regimi condannati a degradarsi sempre di più.

In questo senso possiamo intendere uno dei significati della rivoluzione cubana, che poi si è esteso come ondata anticapitalista in America Latina, come superamento critico dei riformismi nazionalisti democratizzanti falliti (come il varguismo in Brasile, il nazionalismo rivoluzionario in Bolivia, il primo peronismo in Argentina o il governo di Jacobo Arbenz in Guatemala). La memoria popolare non può esser estirpata, può fondersi in una sorta di clandestinità culturale, in una latenza sotterranea digerita misteriosamente, pensata dal basso, sottostimata dall'alto, per riapparire come presente, quando le circostanze lo richiederanno, rinnovata, implacabile.

(*) Jorge Beinstein è un economista argentino, docente dell'Università di Buenos Aires



Note

1. Se consideriamo l'ultimo lustro (2010-2014) la crescita media reale dell'economia del Giappone è stata dell'ordine dell'1.5%, quella degli Usa 2.2% e quella della Germania 2% (fonte: Banca Mondiale)

2. Un buon esempio è quello della "importazione" di farmaci dove imprese multinazionali come Pfizer, Merck e P&G fanno favolosi affari illegali dinanzi a un governo "socialista" che gli somministra dollari a prezzi preferenziali. Con un gioco di sovrafatturazioni, sovrapprezzi e importazioni inesistenti le imprese farmaceutiche avevano importato nel 2003 circa 222 mila tonnellate di prodotti per i quali pagarono 434 milioni di dollari (circa 2 mila dollari per tonnellata), nel 2010 le importazioni sono scese a 56 mila tonnellate e si pagarono 3410 milioni di dollari (60 mila dollari a tonnellata) e nel 2014 le importazioni scesero ulteriormente a 28 mila tonnellate e si pagarono 2400 milioni di dollari (circa 87mila dollari la tonnellata). Come ben segnala Manuel Sutherland dal cui studio estraggo questa informazione: "lontani dal porsi la creazione di una grande impresa statale di produzione di farmaci, il governo preferisce dare monete preferenziali a importatori fraudolenti, o confidare in burocrati che realizzano importazioni nella maggior opacità". Manuel Sutherland, "2016: La peor de las crisis económicas, causas, medidas y crónica de una ruina anunciada", CIFO, Caracas 2016.

3. Ignazio Silone, "L'École des dictateurs", Collection Du monde entier, Gallimard, París 1964.
 
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view post Posted on 16/11/2019, 11:44
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addàrivenì baffone

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I golpisti in Bolivia cominciano la repressione fascista contro gli indigeni e contro il popolo, e i sostenitori di morales ci sarebbero già 23 morti e centinaia di feriti gravi.

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Nel frattempo i golpisti scatenano la caccia a tutti i cubani e i venezuelani in Bolivia, soprattutto coloro che hanno cooperato per questioni umanitarie tipo i medici.
https://raiawadunia.com/bolivia-i-golpisti...-medici-cubani/

c'è tutto un settore di "sinistra" pseudoantagonista, tipo wumink e merderia assortita, che sul golpe in Bolivia, ora, nel momento più crudo del golpe, attaccano Morales e il modello "estrattivista" rifugiandosi ovviamente nella sempiterna retorica del "autoritarismo" di Morales avrebbe tradito le aspettative e quindi di fatto avallano il golpe. Ste teste di minchia sono le stesse che in Siria mitizzano acriticamente l'opportunismo della merda di dirigenza curdo-siriana, testa di ponte dell'invasione yankee della Siria, che ha di fatto consegnato i pozzi siriani agli yankee...estrattivisti.

Edited by Khleb - 16/11/2019, 12:17
 
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view post Posted on 16/11/2019, 16:33
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CITAZIONE
c'è tutto un settore di "sinistra" pseudoantagonista, tipo wumink e merderia assortita

chi sono, i soliti 2/3 account twitter più o meno anonimi o prese di posizione più ufficiali? perchè io non ho letto niente di simile, ne su wu ming né altrove.

preciso ovviamente che non me ne frega un piffero di difendere i wuminchioni, ne hanno fatte di uscite infelici per cui non mi stupirei, vorrei proprio capire a chi ti riferisci di preciso.
 
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view post Posted on 16/11/2019, 16:45
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addàrivenì baffone

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wuminch ha rilanciato Zibechi (un sedicente intellettuale di sinistra) che riportava proprio questi schemi interpretativi del "dittatore" che sono gli stessi che utilizza la borghesia imperialista quando deve giustificare colpi di Stato e invasioni www.resistenze.org/sito/te/cu/li/culijm12-022043.htm vale sia per il medioriente come ben sappiamo ma anche per l'america latina. Sta gentaglia - i vari disobba, anarcocazzari, troscoidi - che coscientemente rinforza l'egemonia della borghesia confonde molti compagni. Sono gli stessi che festeggiavano la morte di Gheddafi, la guerra contro Assad, per intenderci.
 
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view post Posted on 17/11/2019, 03:04
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compagno

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CITAZIONE
Ignazio Silone, "L'École des dictateurs", Collection Du monde entier, Gallimard, París 1964.

Citare zio Secondo non è di buon esempio.
 
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view post Posted on 17/11/2019, 11:18
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view post Posted on 21/11/2019, 11:32
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addàrivenì baffone

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considerazioni del vice di Morales, Alvaro Garcia Linera, sul golpe in Bolivia.


L'odio per gli indios



Perché questa classe media tradizionale ha covato così tanto odio e risentimento nei confronti del popolo, arrivando ad abbracciare un fascismo razziale, incentrato sull'indio come nemico?

Come una fitta nebbia notturna, l'odio infuria nei quartieri delle classi medie urbane tradizionali in Bolivia. I loro occhi traboccano di rabbia. Non gridano, sputano. Non pretendono, impongono. I loro canti non sono né di speranza, né di fratellanza, ma di disprezzo e discriminazione verso gli indios. Montano le loro motociclette, salgono sui loro camion, si radunano nelle loro confraternite carnevalesche e nelle università private e vanno a caccia di indios ribelli che hanno osato sottrargli il potere.

Nel caso di Santa Cruz, organizzano orde motorizzate 4x4, bastoni alla mano per spaventare gli indios, che chiamano "collas", che vivono nei quartieri emarginati e nei mercati. Cantano slogan come "devi uccidere i collas" e se lungo la strada incrociano una donna in pollera [gonna a tre strati diffusa tra le donne di discendenza Inca, ndt], la picchiano, la minacciano e le urlano di andarsene dalla loro terra. A Cochabamba, organizzano convogli per imporre la loro supremazia razziale nella zona sud, dove vivono le classi bisognose e caricano - quasi fossero un distaccamento di cavalleria - le migliaia di contadine indifese che marciano per la pace. Stringono in mano mazze da baseball, catene, granate lacrimogeni. Alcuni mostrano armi da fuoco. Le donne sono le vittime preferite: prendono la sindaca di un borgo contadino, la umiliano, la trascinano per strada, la colpiscono, le urinano addosso quando cade a terra, le tagliano i capelli, minacciano di linciarla e quando si accorgono di essere filmati decidono di dipingerla rosso simboleggiando ciò che faranno con il suo sangue.

A La Paz sospettano dei loro dipendenti e non parlano quando portano cibo in tavola. In fondo li temono, ma li disprezzano anche. Più tardi scendono in strada per gridare, insultano Evo e con lui, tutti questi indiani che hanno osato costruire una democrazia interculturale con equità. Quando sono molti, trascinano la Wiphala, la bandiera indigena, le sputano sopra, la calpestano, la tagliano, la bruciano. È una rabbia viscerale che si scarica su questo simbolo degli indios e che vorrebbero cancellare dalla terra insieme a tutti coloro che in essa si riconoscono.

L'odio razziale è il linguaggio politico di questa classe media tradizionale. A nulla servono i suoi titoli accademici, i viaggi e la fede perché, alla fine, tutto è diluito dinnanzi al lignaggio. In fondo, la stirpe immaginata è più forte e sembra aderire al linguaggio spontaneo della pelle che odia, dei gesti impulsivi e della sua morale corrotta.

Tutto è esploso domenica 20 [ottobre], quando Evo Morales ha vinto le elezioni con più di 10 punti di distacco dal secondo, ma non più con l'immenso vantaggio di prima o con il 51% dei voti. Era il segnale che le forze regressive acquattate nell'ombra stavano aspettando: dal timido candidato dell'opposizione liberale, alle forze politiche ultraconservatrici, all'OAS [Organizzazione degli Stati americani] sino all'ineffabile classe media tradizionale. Evo aveva vinto di nuovo, ma non aveva più dalla sua parte il 60% dell'elettorato. Era più debole e doveva passare oltre. Il perdente non ha riconosciuto la sconfitta. L'OAS ha parlato di "elezioni pulite" ma di vittoria risicata e ha chiesto un secondo turno, consigliando di andare contro la Costituzione, la quale afferma che se un candidato consegue più del 40% dei voti e più del 10% dei voti sul secondo, il candidato viene eletto. E la classe media si è lanciata a caccia degli indios. Nella notte di lunedì 21, 5 dei 9 organi elettorali sono stati bruciati, comprese le schede elettorali. La città di Santa Cruz ha decretato uno sciopero cittadino che ha coinvolto gli abitanti delle aree centrali della città, ramificandosi nelle zone residenziali di La Paz e Cochabamba. E poi è scoppiato il terrore.

Bande paramilitari hanno iniziato ad assediare le istituzioni, bruciare le sedi sindacali, dare fuoco alle case dei candidati e dei leader politici del partito di governo. Perfino la casa privata del presidente è stata saccheggiata. In altri luoghi, le famiglie, compresi i bambini, sono state rapite e minacciate di essere percosse e bruciate se il loro padre ministro o dirigente sindacale non si fosse dimesso dal suo incarico. Si scatenava così una notte dei lunghi coltelli e il fascismo ascoltava di nascosto.

Quando le forze popolari si sono mobilitate per resistere a questo colpo di stato civile, hanno iniziato a riguadagnare il controllo territoriale delle città con la presenza degli operai, dei minatori, dei contadini, di indigeni e coloni urbani - e l'equilibrio dei rapporti di forza si stava spostando verso il lato delle forze popolari - è arrivato l'ammutinamento della polizia.

I poliziotti hanno mostrato per settimane grande indolenza e inettitudine nel proteggere la gente umile quando veniva picchiata e perseguitata dalle bande fasciste. Ma a partire da venerdì, con il disconoscimento del comando civile, molti di loro hanno mostrato una straordinaria capacità di attaccare, fermare, torturare e uccidere i manifestanti popolari. Certo, prima dovevano contenere i figli della classe media e presumibilmente, non ne avevano capacità. Tuttavia, ora che si trattava di reprimere gli indios in rivolta, il dispiegamento, l'arroganza e l'accanimento repressivo sono stati colossali. Lo stesso è accaduto con le Forze armate. Durante tutta la nostra amministrazione, non abbiamo mai permesso che le manifestazioni civili fossero represse, nemmeno durante il primo colpo di stato civile del 2008. E ora, in piena convulsione e senza che gli chiedessimo nulla, hanno dichiarato di non avere elementi antisommossa, che avevano in dotazione a malapena 8 proiettili a testa e che affinché potessero scendere nelle strade in modo dissuasivo, era richiesto un decreto presidenziale. Tuttavia, non hanno esitato a chiedere / imporre al presidente Evo le sue dimissioni, infrangendo l'ordine costituzionale. Hanno fatto di tutto per tentare di rapirlo quando si trovava nella [provincia di] Chapare e quando si è consumato il colpo di stato, sono scesi in strada per sparare migliaia di proiettili, per militarizzare le città, per uccidere i contadini. E tutto questo senza alcun decreto presidenziale. Per proteggere gli indios, era richiesto un decreto. Per reprimere e uccidere gli indios, era sufficiente obbedire a ciò che ordinava l'odio razziale e di classe. E in soli 5 giorni ci sono già più di 18 morti e 120 feriti da arma da fuoco. Ovviamente, tutti indigeni.

La domanda a cui tutti dobbiamo rispondere è: perché questa classe media tradizionale ha covato così tanto odio e risentimento nei confronti del popolo, arrivando ad abbracciare un fascismo razziale, incentrato sull'indio come nemico? Come è riuscita a diffondere le sue frustrazioni di classe sulla polizia e la Forze armate ed essere la base sociale di questa fascistizzazione, di questa regressione statale e degenerazione morale?

È stato il rifiuto dell'uguaglianza, cioè il rifiuto delle basi stesse di una democrazia sostanziale.

Gli ultimi 14 anni di governo dei movimenti sociali hanno avuto come caratteristica principale il processo di perequazione sociale, la brusca riduzione della povertà estrema (dal 38 al 15%), l'estensione dei diritti per tutti (accesso universale a sanità, istruzione e protezione sociale), la indianizzazione dello Stato (oltre il 50% dei funzionari della pubblica amministrazione ha un'identità indigena, una nuova narrativa nazionale attorno al tronco indigeno), la riduzione delle disuguaglianze economiche (cadono da 130 a 45 differenza di reddito tra i più ricchi e i più poveri); cioè la sistematica democratizzazione della ricchezza, dell'accesso a beni pubblici, delle opportunità e del potere statale. L'economia è cresciuta da 9 a 42 miliardi di dollari, espandendo il mercato e il risparmio interni, il che ha permesso a molte persone di avere una propria casa e migliorare la loro attività lavorativa.

Ma ciò ha portato al fatto che in un decennio, la percentuale di persone nella cosiddetta "classe media", misurata in termini di reddito, aumentasse passando dal 35% al 60%, la maggior parte proveniente da settori popolari, indigeni. È un processo di democratizzazione dei beni sociali attraverso la costruzione dell'uguaglianza materiale ma che, inevitabilmente, ha portato a una rapida svalutazione dei capitali economici, educativi e politici di proprietà delle classi medie tradizionali. Se prima un cognome importante o il monopolio del sapere legittimo o l'insieme dei legami parentali tipici delle classi medie tradizionali permettevano loro di accedere a posizioni nella pubblica amministrazione, ottenere crediti, offerte per lavori o borse di studio, oggi il numero di persone che combattono per la stessa posizione o opportunità, non solo è raddoppiata - riducendo della metà le possibilità di accesso a tali beni - ma, inoltre, gli "arrampicatori", la nuova classe media di origine popolare indigena, hanno una serie di nuovi capitali (lingua indigena, legami sindacali) di maggior valore e riconoscimento statale da utilizzare nella lotta per i beni pubblici disponibili.

Si tratta, pertanto, del crollo di quella che era una caratteristica della società coloniale: l'etnicità come capitale, cioè il fondamento immaginato della superiorità storica della classe media rispetto alle classi subalterne, perché qui, in Bolivia, la classe sociale è comprensibile ed è visibile sotto forma di gerarchie razziali. Il fatto che i figli di questa classe media siano stati la forza d'urto dell'insurrezione reazionaria è il grido violento di una nuova generazione che vede come l'eredità del cognome e della pelle svaniscano di fronte alla forza della democratizzazione dei beni. Pertanto, sebbene alzino le bandiere della democrazia intesa come voto, in realtà si sono ribellati alla democrazia intesa come perequazione e distribuzione della ricchezza. Ecco il perché del traboccare d'odio, dell'eccedere nella violenza. Poiché la supremazia razziale non è qualcosa di razionalizzato, ma è vissuta come impulso primario del corpo, come un tatuaggio della storia coloniale sulla pelle. Quindi, il fascismo non è solo l'espressione di una rivoluzione fallita ma, paradossalmente anche nelle società post-coloniali, l'esito di una democratizzazione materiale raggiunta.

Non sorprende quindi che, mentre gli indios raccolgono i corpi di una ventina di morti assassinati a fucilate, gli autori materiali e morali raccontino di averlo fatto per salvaguardare la democrazia. Ma in realtà sanno di aver agito per proteggere il privilegio di casta e di cognome.

L'odio razziale può solo distruggere. Non è un orizzonte, ma nient'altro che una vendetta primitiva di una classe storicamente e moralmente decadente, che dimostra come dietro ogni mediocre liberale, si celi un consumato golpista.

*) Álvaro García Linera, vicepresidente dimissionario della Bolivia
 
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view post Posted on 21/11/2019, 23:41
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dimissionario

nel fatto di autodefinirsi così sta tutta l'ambiguità di come il Mas ha affrontato e sta affrontando la mobilitazione reazionaria golpista in Bolivia...sono inguaribili socialdemocratici purtroppo...e il socialismo lo può conquistare unicamente il proletariato rivoluzionario organizzato nel partito comunista...non certo la borghesia nazionale con un programma socialdemocratico...
 
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view post Posted on 22/11/2019, 19:35
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anche per questo i comunisti di quei paesi dovrebbero sfruttare periodi come questi lustri di morales o di chavez in venezuela per armarsi e prepararsi a trasformare gli inevitabili attacchi reazionari in guerre popolari.
non lo dico come critica, non mi permetto di criticare la lotta di compagni in situazioni che io stesso conosco poco e con condizioni diverse dalle nostre, però effettivamente se in questo contesto ci fosse stato un partito rivoluzionario d'avanguardia ben organizzato, e una certa presa tra le masse armate e preparate, chissà come andava a finire.
voi come la vedere 'sta cosa?
 
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