Comunismo - Scintilla Rossa

Ucraina, scendono in campo gli Stati Uniti

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giulio.
view post Posted on 28/9/2015, 07:45




L'esercito ucraino non sapeva del cessate il fuoco di Minsk
I comandanti militari dell'esercito ucraino nel Donbass sono stati informati degli accordi di Minsk solo lo scorso 1° settembre, ha dichiarato il vice comandante della milizia separatista DNR Eduard Basurin.

I comandanti ucraini a ridosso della linea di contatto non erano a conoscenza del cessate il fuoco e solo il 1° settembre sono stati informati degli accordi di pace firmati a Minsk lo scorso febbraio, ha riferito il vice comandante della milizia della Repubblica Popolare di Donetsk Eduard Basurin.

"In base alle intercettazioni radio, abbiamo scoperto che i comandanti delle forze di sicurezza ucraine non sapevano del cessate il fuoco dichiarato il 21 febbraio e solo il 1° settembre sono stati informati degli accordi di Minsk. In questo momento le autorità ucraine compiono sforzi timidi per rispettare la tregua," — ha detto il comandante filorusso.

"Tra il 7 e 19 settembre le forze armate dell'Ucraina hanno perpetrato 57 attacchi contro i centri della DNR, dal 20 al 27 settembre hanno aperto il fuoco 22 volte," — ha proseguito Eduard Basurin.

Ha aggiunto che le unità di ricognizione della DNR continuano a registrare movimenti di armi pesanti nei pressi della linea di contatto.

Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/mondo/20150927/1...l#ixzz3n0sMSMWz
 
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view post Posted on 28/9/2015, 16:19
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Putin: gli USA hanno organizzato il golpe in Ucraina


Come diceva quell'acuto osservatore di qualche anno fa “non ho le prove, ma lo so”. A proposito del golpe ucraino del febbraio 2014 che portò al rovesciamento del legittimo presidente Viktor Janukovič, tutti noi lo abbiamo saputo da subito, e lo abbiamo anche detto, chi avesse addestrato, armato e finanziato i famigerati battaglioni neonazisti, anche perché altissimi esponenti yankee non hanno fatto proprio nulla per nascondersi, anche alle telecamere e ai microfoni. Al livello ufficiale di vertici statali, però, in possesso dei dettagli minimi di quelle prove, forse per la prima volta non si è solo ammiccato, lasciato intendere, suggerite le iniziali del nome....
Tra gli argomenti toccati nel corso dell'intervista concessa sabato scorso ai canali televisivi statunitensi CBS e PBS, Vladimir Putin non ha parlato soltanto di Siria, lotta al terrorismo e allo Stato Islamico. A proposito dell'Ucraina, Putin ha per la prima volta scandito in modo netto nome, cognome e patronimico dell'organizzatore del golpe: Stati Uniti d'America. Alla domanda dell'intervistatore Charles Rose, su cosa ritenga assolutamente inaccettabile, il presidente russo ha risposto “La soluzione dei problemi, anche di quelli più controversi, come le questioni interne nelle repubbliche dell'ex Unione Sovietica, per mezzo delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, per mezzo dei colpi di stato e dei metodi incostituzionali di rimuovere un potere costituito. Ecco, questo è assolutamente inaccettabile. I nostri partner USA non nascondono di aver sostenuto coloro che si opponevano al presidente Janukovič”.
Alla richiesta di precisazione da parte dell'intervistatore, se ritenga che gli USA siano coinvolti con l'abbattimento di Janukovič, Putin ha risposto “lo so con certezza. Persone che vivono in Ucraina – e con loro abbiamo mille contatti e mille legami – e noi sappiamo chi, dove, quando quella persona si è incontrata, chi ha lavorato con quelle persone che hanno abbattuto Janukovič, come sono state sostenute, quanto sono state pagate, istruite, in quali territori e in quali paesi e chi erano gli istruttori. Noi sappiamo tutto. Detto chiaramente, non lo nascondono più nemmeno i nostri partner americani”.
 
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view post Posted on 30/9/2015, 21:13
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Il comandante della "legione straniera" battaglione azov, tal Gaston Besson, è un mercenario francese che ha operato anche nelle guerre jugoslave (contro la serbia, s'intende...).

qui una sua intervista del 1993.

" soldato di ventura, uccido per piacere "
il racconto del mercenario straniero: parla il francese Gaston Besson, ufficiale croato sui diverso fronti della ex Jugoslavia. le torture, le esecuzioni a freddo, la caccia ai cecchini
 
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view post Posted on 4/10/2015, 14:11

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Merkel e Hollande: "la Crimea è russa"


E' iniziato già ieri, all'indomani del vertice parigino del “quartetto normanno” (Hollande-Merkel-Porošenko-Putin), il ritiro dalla linea di demarcazione nel Donbass delle artiglierie di calibro inferiore ai 100 mm, dopo che quello degli obici di calibro superiore era già stato deciso dagli accordi di Minsk del febbraio scorso e parzialmente attuato, pur se in maniera incompleta e intermittente da parte delle forze armate ucraine.
L'operazione è stata avviata ieri dalla Repubblica popolare di Lugansk, i cui rappresentanti hanno detto di sperare in un sollecito e uguale passo da parte ucraina. Le autorità della Repubblica di Donetsk si sono dichiarate pronte a fare lo stesso, a condizione che il cessate il fuoco venga osservato dalle forze ucraine fino al 18 ottobre e documentato dall'Osce. L'accordo relativo al ritiro delle armi era stato sottoscritto lo scorso 30 settembre, nel corso della riunione del Gruppo di contatto a Minsk.
Al di là all'accordo sul ritiro delle artiglierie, la notizia forse più importante che esce dall'incontro parigino di venerdì è quella secondo cui Angela Merkel, mentre sottolinea che non esiste nessun legame tra la situazione siriana e gli accordi del Minsk-2, dichiara che l'attuazione di quegli accordi consentirà all'Ucraina di ristabilire la propria sovranità, ma senza la Crimea.
Nella conferenza stampa congiunta realizzata al termine dei colloqui, Merkel e Hollande (Putin e Porošenko non hanno rilasciato dichiarazioni) hanno evidenziato come si siano fatti passi avanti nell'applicazione degli accordi di Minsk, si sia sostanzialmente rispettato il cessate il fuocod e hanno enunciato i successivi passi: accesso dei rappresentanti dell'Osce a tutto il territorio ucraino e ritiro di tutte le armi leggere. Vladimir Putin è tornato ancora una volta su quella che Mosca considera la condizione indispensabile di ogni accordo duraturo: il dialogo diretto tra leadership di Kiev e delle Repubbliche popolari, che ha costituito sinora la principale pietra d'inciampo, a causa del rifiuto da parte ucraina. In generale, la Tass scrive che il “quartetto normanno” si attiene agli accordi del Minsk-2, ma ammette di non poter rispettare le scadenze fissate.
Dall'incontro parigino, è uscita infatti la posizione comune dei quattro leader sulla necessità delle elezioni locali ma, affinché i risultati siano legittimi e inoppugnabili, queste verranno rinviate di qualche tempo e, in relazione al voto, dev'essere fuori discussione la garanzia di immunità per i candidati delle regioni di Donetsk e Lugansk. Hollande ha inoltre dichiarato che, dopo il voto, la cui validità dovrà essere garantita dall'Osce, alle due regioni verrà concesso uno status speciale, dapprima temporaneo e poi permanente. Per attestare il rispetto degli accordi, è stato fissato al prossimo novembre l'incontro dei Ministri degli esteri del “quartetto normanno”. Secondo il Minsk-2, il voto nelle Repubbliche popolari avrebbe dovuto tenersi entro il 31 dicembre e DNR e LNR lo avevano addirittura già fissato per il 18 ottobre. Hollande ha dichiarato che, per attuare le formalità che ne garantiscano la piena legittimità, la data dovrà essere probabilmente spostata e pare che Putin si sia impegnato a influire sul Gruppo di contatto affinché le elezioni si tengano secondo la legislazione generale ucraina, che però, ad oggi, non le prevede.
Sulla questione del rinvio, diversi commentatori russi sottolineavano già venerdì sera come la garanzia di un voto sicuramente inoppugnabile possa forse far accettare un breve differimento. Su questo punto, non si sono però ancora espressi i rappresentanti di DNR e LNR, in attesa di ricevere informazioni ufficiali, che verranno loro presentate alla riunione del Gruppo di contatto, fissata nei prossimi giorni a Minsk. Solo in via ufficiosa, la LNR si è dichiarata disposta al rinvio.
E mentre il presidente francese immortalava la stretta di mano, all'inizio dell'incontro, tra Putin e Porošenko, a Kiev c'era chi non perdeva l'occasione per differenziarsi, per un verso ricordando così al mondo il proprio passato di combattente antirusso in Cecenia e, per un altro, cercando di mantenere un pur labile legame con quei battaglioni neonazisti che lo hanno sostenuto e che rigettano qualsiasi ipotesi di tregua nel Donbass. Il “presunto tuttora” premier Arsenij Jatsenjuk ha sentito ieri il bisogno di proclamare – per certi aspetti, purtroppo, vede probabilmente anche giusto: la stessa Merkel ha ammesso che tutti i punti del Minsk-2 sono stati solo parzialmente realizzati – che siamo ancora “molto lontani” dalla fine del conflitto in Donbass; ed ha aggiunto, a beneficio dei suoi beniamini inquadrati nei battaglioni, che “chi è stato smobilitato, dovrà trovare il proprio posto onorevole tra gli organi di sicurezza del paese”. Che il concetto sia riferito ai “volontari” nazionalisti e neonazisti è più che evidente, dato il generale rifiuto della mobilitazione dimostrato in questo anno e mezzo dai giovani che fuggivano dal paese per evitare la cartolina precetto. Quindi, non è chiaro chi abbia fatto eco a chi: fatto sta che, quasi in contemporanea con Jatsenjuk, il deputato della Rada ed ex combattente del battaglione “Donbass”, Semën Semënčenko, ha dichiarato che “si sono gettate le maschere: a Parigi Porošenko ha tradito Crimea e Donbass. Gli accordi del “quartetto normanno” hanno dimostrato ciò di cui noi parliamo da un anno. Prima le elezioni nei territori occupati, l'amnistia, i tribunali, la milizia popolare e simili amenità. Poi, il ristabilimento del controllo sulle frontiere, che però non riguarda la Crimea. Siamo alla trasformazione dell'Ucraina in un satellite della Russia e alla legalizzazione dei terroristi” ha sentenziato il “Obersturmführer” nei panni di parlamentare, mentre le agenzie informavano di nuovo ieri dei soprusi del battaglione “Dnepr-1” contro la popolazione civile a est di Lugansk.
Ancora una volta, come scrive myinforms.com, Porošenko è venuto a trovarsi tra l'incudine e il martello: da una parte nazionalisti e neonazisti e dall'altra l'Europa; i primi gli vietano ogni compromesso e la seconda insiste sulle concessioni al Donbass. Porošenko non può permettersi di non ascoltare né gli uni né gli altri, perché in un caso la minaccia è quella della resa dei conti fisica, nell'altro, politica.
In questo quadro sembra però mancare un terzo soggetto, pronto ad agire sugli uni e gli altri: il Dipartimento di stato USA, che non è tenuto ad accettare il “pacchetto parigino” così confezionato. Anche perché, se il portavoce presidenziale russo, Dmitrij Peskov, ha rivelato che nell'incontro all'ONU tra Putin e Obama, “la parte americana non ha avuto argomenti per contestare le ragioni del nostro presidente" a proposito della questione ucraina, non è poi detto che nell'amministrazione statunitense non si decida in maniera difforme alle opinioni di quello che ormai parte della stampa yankee qualifica come un presidente che agisce “in modo sovietico”, un “comunista” che fa di tutto per “indebolire l'influenza” americana nel mondo.
Dunque, a dispetto del silenzio fatto registrare dalle armi nel Donbass negli ultimi giorni, sembra che i dadi non siano ancora completamente fermi, proprio sulla questione che nazionalisti ucraini, "Majlis dei Tatari di Crimea" e formazioni neonaziste giudicano non trattabile: la Crimea. L'agenzia Nakanunie.ru scriveva ieri che, se continuerà ancora il blocco attuato da Pravyj sektor, la regione ucraina a più diretto contatto con la penisola, quella di Kherson, potrebbe vedere il sorgere di una terza Repubblica popolare: il blocco dell'esportazione di prodotti alimentari in Crimea priva infatti i produttori agricoli locali della maggior parte delle entrate. Quindi, non è escluso che sia davvero ancora presto per veder smobilitare i battaglioni che, invece di “trovare il proprio posto onorevole tra gli organi di sicurezza del paese”, come dice Jatsenjuk, si immergerebbero volentieri in una nuova mattanza di civili, questa volta, a sud del Donbass.
 
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view post Posted on 6/10/2015, 13:44

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Donbass: nasce il gruppo internazionalista
antifascista di supporto alla Resistenza



La Brigata Fantasma ha dato vita all'unità internazionalista antifascista che combatterà in Donbass, nominata "InterUnit". Questa opererà nei territori della Repubblica Popolare di Lugansk sotto il Comando della Brigata.
Il Commissario politico della brigata Alexey Markov "Dobri" dichiara:
«Da parte del Comando della Brigata Fantasma (Prizrak) mi appello a tutti gli antifascisti e i comunisti del mondo per unirvi nella nostra lotta contro il nazismo risorto.
Questa guerra riguarda ognuno di voi, non è un piccolo conflitto locale, è uno scontro di due ideologie come alla fine degli anni 30 - inizio anni 40 del secolo scorso. Dipende solo da voi chi vincerà questa volta: le forze progressiste dell'umanesimo e dell'evoluzione oppure le foze oscure del nazismo.
Qui a fianco a noi - spalla a spalla - combattono volontari da diversi paesi come la Spagna, l'Italia, la Serbia, Israele.
Vorrei che ogni giorno diventassimo sempre più, così che la nostra vittoria sia la vittoria di tutte le forze progressiste dell'umanità.
Davanti all'unità internazionale creata nella nostra brigata non ci sono missioni solo militari ma anche politiche e umanitarie. Le persone che vengono da noi da altri paesi, che supportano la nostra volontà alla lotta e portano la solidarietà dei popoli del mondo con il popolo della Novorossiya in lotta, hanno compiti non solo militari ma anche politici e quelli dell'informazione.»
Attualmente la InterUnit è composta da sette combattenti. A breve il loro numero crescerà grazie all'arrivo di nuovi volontari da ogni parte del mondo, ma anche perché vi stanno convergendo degli internazionalisti antifascisti che operano in altre forze delle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk.
InterUnit è un gruppo militare politico che raccoglie l'eredità della Resistanza al nazifascismo e alle altre lotte di liberazione che hanno caratterizzato il secolo scorso, dalla Guerra Civile Spagnola prende il proprio motto: "No Pasaran!".
 
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view post Posted on 15/10/2015, 16:05

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Ucraina: Jatsenjuk al tavolo verde con Mosca



In qualche modo deve pur ricordare al mondo la propria esistenza; non che in patria fossero spazientiti dal suo silenzio ma, dato che lì le sue quotazioni stanno rasentando lo zero virgola, ecco che l'ancora (per quanto?) premier ucraino Arsenyj Jatsenjuk cerca di farsi sentire oltre frontiera, forse credendo così di potersi inserire, alla maniera dell'Onegin puškiniano, nella suprema cerchia degli “eletti dal destino”.
Ma le voci lanciate al mondo sono peggiori del suo silenzio nazionale, cosicché ancora una volta un tribunale è venuto a ricordare i passati “gloriosi” del giovane Arsenij. Lo aveva fatto già a inizio settembre il Comitato federale russo di indagine e lo ha ripetuto ora la Corte suprema della Cecenia, di fronte alla quale due imputati per atti di guerra, affiliati all'organizzazione nazionalista ucraina UNA-UNSO, hanno ricordato di come Arsenij, durante la seconda guerra cecena del 1994-'95, avesse preso parte ad azioni di mitragliamento contro soldati russi, per poi darsela a gambe, mentre “tutti gli altri prendevano posizione”, perché “temeva per la propria vita”.
Dunque, dati i precedenti giovanili, il più maturo Arsenij avrà pensato che più gli si addicono le sparate non col Kalašnikov, ma col microfono, senza riflettere al fatto che, se vent'anni fa, a sorridere, erano solo i suoi commilitoni, ora il pubblico è più vasto e non tutti sono pronti a coprirsi la bocca per non mostrare l'aria ilare.
Sia come sia, Jatsenjuk è tornato ancora una volta sulla questione della ristrutturazione del debito ucraino nei confronti della Russia. Lo aveva già fatto la settimana scorsa la sua (del Dipartimento di stato) Ministra della finanze, Natalija Jaresko, cui il suo (di lei) omologo russo Anton Siluanov aveva risposto picche. Arsenij “ Kalašnikov” avrà pensato che Mosca sarebbe stata forse più impressionata se, questa volta, ad alzare il dito fosse stato lui e, per mostrarsi ancor più agguerrito, ha minacciato il Cremlino di ricorrere ai tribunali, se là non accetteranno le condizioni di Kiev per la ristrutturazione e la cancellazione di una parte del debito di 3 miliardi di $; anzi, se non si decideranno a farlo entro il 29 ottobre.
Se Siluanov, da gentiluomo, aveva risposto cortesemente alla Jaresko che Mosca attende da Kiev né più né meno che il pagamento degli eurobond al 31 dicembre, ora qualcuno, meno cavallerescamente, ha risposto ad Arsenij che, dopo capodanno, viene il tribunale, perché il debito ucraino riveste carattere statale, non commerciale e l'insolvenza significa il default dell'Ucraina. Punto e a capo. Già in settembre il governo russo aveva avvertito il debitore che è più conveniente per lui pagare ora, perché il default, con gli obblighi relativi, gli verrebbe a costare molto più caro: non solo le spese processuali, ma anche gli interessi di mora.
Così, vista la mala parata, Jatsenjuk avrà pensato che, alzando la cifra e giocando d'attacco, dentro le mura del Cremlino si sarebbero impensieriti. Dunque, se il debito di Kiev nei confronti di Mosca è di “appena” 3 miliardi, lui ha rilanciato e ha chiesto a Mosca 1 trilione di $. Per cosa? Pensa e ripensa, Arsenij si è domandato: quali sono le questioni in sospeso tra Mosca e Kiev? Semplice: Crimea e Donbass. Fatto sta che, però, più che impensieriti, nella sala di San Giorgio si son detti appena appena meravigliati: “La Crimea è territorio russo. Il Donbass è territorio ucraino. Che c'entra qui 1 trilione? Non è chiaro”, si è chiesto il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov; "la questione non ha fondamento giuridico. Non è all'ordine del giorno" e sono passati a parlare d'altro.
 
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giulio.
view post Posted on 19/10/2015, 20:24




Ucraina: gas o acqua santa per passare l'inverno?

Un sondaggio condotto a inizio mese dall'indipendente Centro Levada, indica che il 75% dei russi è abbastanza (37%) o del tutto (38%) contrario alla fornitura di gas all'Ucraina a prezzi di favore. Inoltre, il 72% è piuttosto (39%) o completamente (33%) contrario a soddisfare la richiesta occidentale di interrompere l'appoggio russo alle milizie delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Infine, alla domanda “Come reagireste all'idea del ritorno della Crimea all'Ucraina?”, il 58% ha risposto “molto negativamente” e il 25% “piuttosto negativamente”.
Secondo l'agenzia novorossia.su, al momento in Ucraina è a rischio il 60% delle rete di distribuzione del gas: a causa della mancata documentazione su inventario e valutazione dei beni (questa copre appena il 2% del totale) non si escludono incursioni speculative per l'accaparramento, in via giudiziale, della rete statale. Se, già ora per le imposizioni del FMI, le tariffe stanno continuamente salendo, la caduta in mani private – che potrebbero benissimo essere quelle di alcuni magnati-politici – della distribuzione del gas sarebbe mortifera per la popolazione ucraina.
La denuncia viene direttamente dalla Rada; ma anche fuori di essa, i timori non mancano. L'ex premier Nikolaj Azarov ironizza sulle idee che circolano tra la dirigenza ucraina su come affrontare l'inverno. Nell'intervento pubblicato da RT, Azarov, che aveva già commentato "rara selettività" e "approccio europeo" di Porošenko e Jatseniuk per risparmiare sul riscaldamento nelle scuole, ora dice che tale “rara selettività” sfocia, come ogni “genialità”, nella semplice idea di non riscaldare affatto i locali. “Riconosco”, scrive Azarov, “che quando ero primo ministro, un'idea tanto semplice non mi era mai venuta in mente. Probabilmente, non a caso questa compagnia mi aveva definito conservatore e chiese le mie dimissioni. Ma ancora più "geniale" è l'idea partorita dalle teste “ingegnose” di Porošenko e Jatseniuk per l'industria. Raccomandano di ridurre i consumi del 30% e chi non si adeguerà rischia il completo blocco energetico. E Kličko ha fatto una pensata ancora più profonda: anche gli ascensori consumano energia inutilmente. E' molto più salutare fare le scale a piedi. Anche la luce negli ingressi sta accesa invano: gli inquilini quella non la pagano” conclude Azarov.
In compenso, se gli ucraini dovranno rinunciare al gas per affrontare l'inverno, possono sempre ricorrere all'acqua santa. Un primo approccio in tal senso è venuto ieri da Monaco di Baviera, dove, nel cimitero di Waldfriedhof, si sono riuniti i rappresentanti delle comunità ucraine e dell'OUN provenienti da Germania, Italia, Australia, Romania, USA e Canada, in occasione della benedizione della nuova pietra tombale a Stepan Bandera, che dell'Organizzazione nazionalista ucraina (Oun) al servizio delle SS, fu leader durante la Seconda guerra mondiale. Ne ha dato notizia l'ambasciatore ucraino in Germania, Andrej Melnik, specificando che alla cerimonia hanno partecipato, insieme al vescovo che ha benedetto la tomba di Bandera e “il console generale ucraino, anche i figli degli eroi della Operazione Anti Terrorismo” nel Donbass.
Alla frontiera ucraina con la Crimea, invece, se è mancata l'acqua santa, si sono invocati gli dei “per la liberazione della penisola”. Se ne sono incaricati sabato scorso, nei pressi del punto di frontiera di Čongar, alcuni individui in mimetica appartenenti a un cosiddetto “Battaglione interconfessionale dei cappellani militari”. Hanno pregato “perché tutto questo male nemico se ne torni a casa. La Crimea è Ucraina. Liberate il territorio altrui”. I prelati militari hanno pregato gli dei e le anime degli avi per la pace in Ucraina e la “liberazione dei territori occupati”, unendosi ai reparti di Pravyj sektor che, momentaneamente disoccupati sul fronte del Donbass, un mese fa hanno iniziato un plateale (e redditizio per loro, viste le estorsioni ai danni degli autotrasportatori) “blocco” delle forniture economiche alla Crimea. Blocco che però, come osserva Novorossia.su, non impedisce al grande capitale ucraino di mantenere gli scambi economici con la penisola, in cui lo stesso presidente Porošenko detiene forti interessi.
Molto più terrena la disputa che vede l'oligarca ucraino Sergej Kurčenko, da un lato boicottato da DNR e LNR – cui fornisce gas e benzina – e, dall'altro, accusato da Kiev di intesa con le Repubbliche popolari. La Novorossija, scrive Vzgljad, accusa Kurčenko di interrompere le forniture di gas e anche di finanziare le operazioni militari di Kiev contro il Donbass. A Kiev, dove un tempo era conosciuto come “il portafoglio di Janukovič” e oggi è additato come “agente del Cremlino”, attendono solo una buona occasione per arrestarlo. A Lugansk invece, i deputati del parlamento della LNR chiedono che vengano proibite sul territorio della Repubblica tutte le attività legate direttamente o indirettamente a Kurčenko, che avrebbero causato una crisi energetica nella LNR. Nella DNR, i rapporti con il magnate sono interrotti e le sue attività proibite già da alcuni mesi e pare che anche in Russia, dove è “profugo”, il miliardario presidente della squadra “Metallist” di Kharkov, non goda più dei favori generali, proprio per le sue macchinazioni ai danni della Novorossija, oltre a non avere più legami con l'ex presidente Janukovič. In Austria, infine, Kurčenko è sotto inchiesta per un finanziamento (risalente però al 2013) a favore di un altro oligarca, Boris Ložkin, sospettato di riciclaggio di denaro sporco e attualmente a capo dell'amministrazione di Petro Porošenko. L'arresto nei giorni scorsi a Lugansk del Ministro per l'energia della LNR, Dmitrij Ljamin, pare legato, per l'appunto con la questione Kurčenko, pur se, al momento, non tutto sembra chiaro nemmeno con le circostanze del suo fermo da parte del Ministero per la sicurezza.
In ogni caso, non manca molto per sapere se i cittadini ucraini dovranno pregare gli dei e le anime degli avi oppure invocare altri crediti occidentali per cercare di assicurarsi il gas indispensabile a passare l'inverno.

http://contropiano.org/internazionale/item...ssare-l-inverno
 
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view post Posted on 26/10/2015, 11:10
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addàrivenì baffone

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Ucraina, elezioni amministrative tra accuse e divisioni

Kiev, 26 ott. (askanews) - Violazioni e irregolarità un po ovunque. Voto annullato in alcuni centri del Sudest, da Mariupol a Krasnoarmisk, accuse reciproche di brogli tra tutti i partiti, anche tra gli stessi della maggioranza di governo a Kiev e ieri concorrenti a livello locale. Le elezioni in Ucraina si sono trasformate in caos, segnale di come l'ex repubblica sovietica rimanga ancora altamente instabile e i problemi strutturali interni si sommino pericolosamente a quelli del conflitto del Donbass.

Le amministrative, le prime dopo rivoluzione che ha spodestato l'ex capo di stato Viktor Yanukovich, hanno evidenziato come il presidente Petro Poroshenko e il premier Arseni Yatseniuk fatichino a tenere città e regioni veramente sotto controllo. Il capo dello Stato si è augurato comunque domenica sera via Twitter che il conteggio finale sia "corretto" e i risultati ufficiali "rapidi". Il presidente ha anche definito "inaccettabile" la caotica situazione di alcune circoscrizioni dove il voto è stato annullato per vizi formali. Se da un lato non si è votato in Crimea, annessa dalla Russia lo scorso anno, e nei territori del Donbass intorno ai capoluoghi di Donetsk e Lugansk, dove si separasti hanno fissato la tornata elettorale per febbraio 2016, anche dall'altro l'Ucraina rimane un Paese spaccato, con l'opposizione erede di Yanukovich di nuovo alla carica nelle regioni orientali e meridionali e i nazionalisti che dominano all'Ovest.

La campagna elettorale, già viziata da numerose scorrettezze e intimidazioni, ha inoltre tenuto lontano gli elettori e solo un ucraino su due si è recato alle urne, il 46,62% secondo i dati ufficiali della commissione elettorale. Grande la disillusione in un Paese segnato dalla guerra e sull'orlo del collasso economico. Il partito del primo ministro, crollato negli ultimi mesi dal 22 all'1%, non ha nemmeno partecipato al voto. Nei maggiori centri si andrà così fra tre settimane al ballottaggio tra i candidati sostenuti dai poteri forti.

A Kiev il favorito rimane il sindaco in carica Vitaly Klitschko, ex campione del mondo dei pesi massimi alleato di Poroshenko, che si è guadagnato già il 40% e dovrà vedersela ora con il secondo arrivato Volodymyr Bondarenko, l'uomo di Yulia Tymoshenko nella capitale. A Kharkiv, seconda città dell'Ucraina a pochi km dal confine con la Russia, ha stravinto invece al primo turno con quasi il 60% Gennady Kernes, sino a due anni fa molto vicino a Yanukovich, oggi sponsorizzato invece da Igor Kolomoisky, potente oligarca ed ex governatore di Dnipropetrovsk inviso al presidente. Qui il duello sarà tra il suo delfino Boris Filatov e Olexandr Vilkul, mandato in pista dal Blocco d'opposizione, dietro il quale sta l'altro grande magnate del Donbass, Rinat Akhmetov.

Yuri Boiko, leader del Blocco, ha denunciato violazioni in mezzo paese e affermato di non voler riconoscere il risultato di Kharkiv, dove il suo partito è stato escluso alla vigilia. Anche a Odessa, dove il duello il 15 novembre sarà fra il borgomastro in carica Gennady Trukhanov e Sasha Borovik, consigliere del governatore regionale Mikhail Saakashvili, sono piovute accuse da tutte le parti per numerose irregolarità rilevate durante il voto. Anche il Partito di Yulia Tymoshenko, alleato con quello di Poroshenko a Kiev, ha segnalato violazioni dappertutto, dal Mar Nero ai Carpazi.

Negli oblast dell'Ovest, tradizionali roccaforti nazionaliste, l'estrema destra di Svoboda ha piazzato il sindaco di Ternopil e rimane il secondo partito a Leopoli, dietro quello di Poroshenko. Nel capoluogo regionale è comunque favorito per il terzo mandato Andrey Sadovy, numero uno del centrista Samopoomich (Autoaiuto), formazione in crescita non solo nella parte occidentale dell'Ucraina, ma con un ruolo sempre maggiore anche a Kiev. I risultati finali di tutte le regioni dovrebbero arrivare mercoledì e nelle prossime settimane a conti fatti si vedrà quali effetti concreti si sentiranno nella capitale dove il presidente Poroshenko ha annunciato rimpasti di governo e nuove riforme.
 
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Ucraina: le elezioni tra “circo politico” e “teatro dell'assurdo”



Il Presidente della Repubblica popolare di Donetsk, Aleksandr Zakharčenko, le ha definite una farsa; qualche leader politico russo ha parlato di “circo”; altri di “carosello”: insomma, le amministrative svoltesi domenica in Ucraina sembrano essere state tutto fuorché una cosa seria. Ci è sfuggito il commento delle cancellerie europee a proposito della “democratizzazione” di un paese divenuto da un anno e mezzo il “vallo europeo” contro la “aggressività russa”: forse per pudore, si è creduto bene guardare da un'altra parte e provvidenziale è venuta, in contemporanea, la sterzata ancora più a destra della Polonia, in cui il voto del 25 ottobre potrebbe avere conseguenze negativamente più serie del risultato, peraltro scontato, di quello di Kiev. Fra intimidazioni, voti comprati per pochi spiccioli (d'altronde, anche quelli fanno comodo all'anziano il cui 70% della pensione se ne va per il pane), brogli reciproci tra i “partiti” (con rispetto parlando) della stessa coalizione governativa, voto annullato o rinviato in diverse città, appelli a una “nuova majdan” antigovernativa, oltre la metà degli ucraini ha pensato bene di starsene a casa: nelle aree orientali i due terzi degli elettori hanno disertato le urne e in alcuni villaggi delle regioni di Donetsk e di Lugansk controllate da Kiev la percentuale è stata di poco superiore al 10%.
Così, il socialdemocratico russo Sergej Mironov, leader di “Russia giusta”, ha definito le elezioni ucraine un “ennesimo circo politico”: “nel paese non c'è un potere legittimo e coloro che si dichiarano governanti ucraini sono solo favoriti”: facile indovinare di chi. Il vice presidente della Commissione esteri del Consiglio federale, Andrej Klimov, ha parlato di “mercato e carnevale” e l'ex ambasciatore russo alla UE Vasilij Likhačëv ha detto che il voto, insieme al minimo potenziale di appoggio al regime, conferma che il paese ha oltrepassato la “linea rossa” dei processi controllabili. Il deputato Leonid Slutskij parla di “teatro dell'assurdo” e sfiducia della gente nel regime; il vice presidente del Comitato esteri della Duma, il comunista Leonid Kalašnikov, dichiara che “la gente è stanca della retorica pseudopatriottica e non crede di poter cambiare qualcosa col voto”. Aleksandr Dudčak, su Sovetskaja Rossija, paragona foto e video preelettorali alla réclame di bordelli o agenzie di escort e parla dei risultati come conferma della “feudalizzazione” del paese a pro degli oligarchi locali. L'ex vice premier ucraino Sergej Arbuzov, considerato che il Partito Comunista non è stato ammesso al voto (singoli rappresentanti erano candidati nelle liste del Blocco di opposizione) e visti i risultati disastrosi dei partiti filogovernativi al sudest e il successo dei fascisti di Svoboda a Kiev e a ovest, parla di “disastro del regime, che può incolpare solo se stesso”.
In effetti la supremazia del “Blocco di opposizione” è apparsa incontrastata nelle regioni sudorientali del paese, in particolare in quelle di Dnepropetrovsk, Donetsk, Zaporože, Kirovograd, Lugansk, Nikolaevsk e Odessa.
A Kiev intanto, la stessa amministrazione presidenziale considera solo questione di tempo le dimissioni del primo ministro Arsenij Jatsenjuk, la cui formazione, per decenza, ha evitato persino di presentarsi alle elezioni, tanto sprofondato è il consenso del leader. Appare ridondante dire che la faccenda debba risolversi dietro la regia del Dipartimento di stato: perché non sorgano dubbi in proposito, la candidata numero uno a sostituir Arsenij è il Ministro delle finanze Natalja Jaresko, la cui biografia politico-anagrafica si snoda tra le due sponde dell'Atlantico.
Mentre sono attesi per oggi i risultati definitivi del voto, in alcune zone non si è ancora finito di fare i conti tra gentiluomini. A Odessa, per esempio, città cara agli emigrati bianchi del 1917 e capoluogo dell'omonima regione oggi sede di un profondo “esperimento democratico” nel laboratorio diretto dall'ex presidente georgiano Mikhail-ricercato-in-patria Saakašvili, coadiuvato da Marja Gajdar, figlia di quel “riformatore” a stelle e strisce che fu lo eltsiniano Egor Gajdar. A Odessa, si diceva, il candidato sindaco Eduard Gurvits non ha pagato (d'altronde sconfitto!) i propagandisti elettorali per il lavoro svolto e così loro lo hanno preso in ostaggio nella sede del comitato elettorale. La polizia sta sgombrando i locali. Ma il Saakašvili-accusato-in-Georgia-di-peculato-Mikhail, stizzito per la sconfitta anche del suo candidato Aleksandr Borovik e la riconferma del sindaco uscente Gennadij Trukhanov, sta organizzando proteste contro i risultati del voto, definiti “falsificati”. Deluso anche il candidato del “Blocco Porošenko” - che però ha registrato il 100% dei votanti tra i ricoverati dell'ospedale psichiatrico di Ivano-Frankovsk - Aleksej Gončarenko, che si limita comunque a chiedere il riconteggio delle schede.
A Kiev invece, la “Majdan tariffaria” guidata dal Partito radicale di Oleg Ljaško chiede l'impeachment di Petro Porošenko e le dimissioni immediate del governo, senza stare ad attendere gli ordini da Washington. Ljaško fa leva anche sul malcontento dei piccoli contadini: “Milioni di essi sono ridotti alla miseria, stanno vendendo i loro appezzamenti per pochi spiccioli e avremo così nuovi oligarchi-latifondisti, perdendo l'ultima nostra ricchezza, la terra”, dichiara populisticamente il destro Ljaško. E il deputato (ex Pravyj sektor) Borislav Berëza, in lizza a Kiev contro Vitalij Kličko, denuncia l'incredibile aumento della percentuale di votanti magicamente registrato dopo la chiusura dei seggi e se la prende col “nichilismo dei giovani” stanchi dei giochi di potere.
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Hanno buon gioco così vari media polacchi a scrivere che il potere di Kiev ha da pensare ad altro che non ai propri cittadini e cerca di alimentare i sentimenti antirussi e antipolacchi. E' dei giorni scorsi una mappa dell'Ucraina, disegnata in Polonia, con i territori che Kiev dovrebbe perdere a est e a ovest, a favore di Mosca e di Varsavia, nel caso entri in vigore la “legge sulle restituzioni”: l'Ucraina sarebbe ridotta a un terzo di quella attuale.
E lo spirito di “Libertà”, di “Svoboda”, che si afferma sempre più nelle regioni occidentali del paese, meglio di ogni altra cosa è esemplificato dalle notizie che giungono da Kiev. Qui, alla maniera italica – si prendono a prestito i metodi squadristici per regolare i conti nelle piazze e quelli dei “tifosi” calcistici per distinguersi nelle tribune – quella che un tempo era la punta di diamante della nazionale di calcio sovietica, la “Dinamo Kiev”, è oggi lo specchio del regime golpista. Il direttore dello stadio della capitale, Vladimir Spilčenko, dopo gli episodi squadristici verificatisi in occasione dell'incontro di Champions League tra Dinamo e Chelsea, il 22 ottobre scorso (fanatici della Dinamo hanno accoltellato tifosi di colore, studenti stranieri dell'università di Kiev, risultati poi essere anch'essi supporter della squadra ucraina) ha deciso di affrontare “a là majdan” la questione razziale: le tribune dello stadio avranno posti distinti per bianchi e neri. Le poltroncine potrebbero portare la scritta “Posti solo per i bianchi” e le maratone potrebbero essere recintate da filo spinato. La trovata potrebbe certo far allargare il cuore – in silenzio, per carità - ad alcuni sostenitori confederati della “democrazia” ucraina, memori dei tempi in cui anche da loro, negli USA, questa era la prassi segregazionista; d'altra parte, i fanatici “Rodiči” della Dinamo Kiev non erano forse tra gli ultras che si distinsero a Euromajdan e non sono stati forse tra i più feroci combattenti contro i civili del Donbass?
Sono ancora media polacchi citati da RT che si domandano se l'Ucraina non stia “sprofondando nella buia notte del nazionalismo e del fascismo” e parlano di “esempio esclusivo del Kulturkampf nazista, più visto in Europa dai tempi della Germania nazista, allorché, anche là, si bruciavano i libri e si vietavano i film. Oggi succede lo stesso in Ucraina con gli autori russi. E in questi giorni si è aggiunto il divieto dei voli civili russi verso l'Ucraina”.
Questa è “Svoboda”, “Libertà”.
 
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view post Posted on 11/11/2015, 15:18

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giulio.
view post Posted on 14/11/2015, 14:29




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ma il compagno markov si è fatto i capelli metà bianchi e metà neri (con la linea di separazione a metà fronte circa) come kim il sung negli ultimi anni ? :P
 
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view post Posted on 17/11/2015, 19:36

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Tonfo Poroshenko: prende Kiev ma perde tutte le altre cittàTonfo Poroshenko:
prende Kiev ma perde tutte le altre città

Dopo alcuni mesi di tregua vera, la guerra in Donbass sembra riesplodere


di Eugenio Cipolla


L’ufficialità della vittoria di Vitaly Klitschko è arrivata nel momento più difficile per Petro Poroshenko. Perché la guerra in Donbass, dopo alcuni mesi di tregua vera, sembra riesplodere sotto i colpi di mortaio delle due parti contrapposte. In est Ucraina, nelle ultime 24 ore, sono stati 5 i soldati dell’esercito di Kiev uccisi durante gli scontri con i separatisti filorussi, i quali, a loro volta, denunciano perdite e accusano di essere in maniera costante sotto il tiro degli uomini dell’esercito regolare.

A Kiev l’ex pugile, dopo un primo turno francamente deludente, è riuscito a confermarsi al ballottaggio con il 65,5% dei voti, contro il 32,8% dell’avversario. Un “ma” d’obbligo, però, c’è tutto. Il voto, costellato da proteste e contestazioni, ha registrato un’affluenza bassissima, che resterà negli annali della storia ucraina. Solo il 25% degli aventi diritti, infatti, si è recato alle urne per scegliere il sindaco della capitale. Politicamente per Poroshenko, la vittoria di Klitschko rappresenta una boccata d’aria, ma non cancella però quella che molti considerano una vera e propria batosta elettorale. A parte la capitale, i partiti che fanno parte della coalizione di governo hanno perso molte città, lasciandole in mano a un’opposizione mai così forte dalla caduta di Yanukovich ad oggi.

Già quindici giorni fa, i risultati delle votazioni erano stati pesanti. A Kharkiv, seconda città del paese al confine con la Russia, era stato eletto sindaco Gennady Kernes, ex alleato di Viktor Yanukovich e ora sostenuto dall’oligarca Igor Kolomoisky. Ieri è stato il turno di Dnipropetrovsk, altro snodo industriale dell’est Ucraina, dove la sfida era tra Boris Filatov, vicinissimo a Kolomoisky, e Olexandr Vilkul, uomo di un altro oligarca, Rinat Akhmetov. Le votazioni hanno sancito la vittoria del primo, rafforzando ulteriormente Kolomoisky. Dall’altra parte del paese, sui Carpazi, per la precisione a Leopoli, si è confermato Andrei Sadovy, leader di Samopomich, che con la sua rielezione si prepara a sfidare Poroshenko in vista delle prossime elezioni presidenziali.

Chi non ha avuto alcun ruolo in queste votazioni è stato il Fronte Popolare del premier Yatsenyuk. Ridotto a percentuali da prefisso telefonico, il partito non si è presentato in nessuna città per evitare la conta. Nelle scorse settimane il primo ministro ha addirittura minacciato di passare all’opposizione e raggiungere il nazionalista Oleg Lyashko, passato dall’altra parte della barricata già da diversi mesi. Nelle prossime settimane il governo Yatsenyuk dovrà compiere dei veri e propri miracoli per cercare di rimanere a galla. Ufficialmente è previsto un corposo rimpasto dell’esecutivo, ma in molti prevedono che non arriverà alla fine dell’anno, lasciando spazio a Natalia Yaresko, Yulia Timoshenko e Mikhail Saakashvili.

La prova del nove si avrà a dicembre, quando la Rada sarà chiamata a votare le modifiche alla Costituzione e la legge sull’autonomia del Donbass, già rimandata qualche mese fa per la mancanza dei due terzi del Parlamento dopo la fuoriuscita di Sadovy e Lyashko. A tutto questo si aggiunge la situazione economica, sempre più difficile da affrontare per la popolazione. Nel primo semestre dell’anno il Pil del paese è crollato del 15,8%, mezzo punto in più del record segnato durante la crisi del 2009 e le previsioni per l’anno in corso segnano un meno 9%. Il paese attualmente si trova sotto l’egida del Fondo Monetario Internazionale, al quale si è affidato con un programma di salvataggio da 40 miliardi di dollari in quattro anni. Le incertezze per il futuro sono tante. Cruciale sarà la risoluzione della controversia con la Russia sul debito da 3 miliardi di dollari che Kiev ha nei confronti di Mosca. L’Ucraina vorrebbe una ristrutturazione del debito, ma i ministri di Putin si sono detti determinati a non cedere ad alcuna richiesta in tal senso.

Intanto il prossimo 19 e 20 novembre Petro Poroshenko sarà in Italia in visita di Stato. Il capo di Stato ucraino incontrerà il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il premier Matteo Renzi. Secondo fonti diplomatiche dovrebbe esserci anche un incontro con Papa Francesco, per ora non confermato ufficialmente dalla Santa Sede.
 
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view post Posted on 21/11/2015, 15:03

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Ci si vergogna?

Poroshenko in Italia: silenzio dei media e accoglienza fredda di Roma © Sputnik. Mikhail Markiv



Il presidente ucraino ha discusso della Russia con il capo del governo Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La visita ufficiale di due giorni in Italia del presidente ucraino Petr Poroshenko si è svolta in un clima di riservatezza e disinteresse dei media senza precedenti per un capo di Stato straniero. Dopo l'incontro con il presidente Sergio Mattarella e il capo del governo Matteo Renzi non sono stati emessi comunicati congiunti né si sono svolte conferenze stampa.

La ragione di tale riservatezza potrebbe essere che questa volta l'Italia e l'Ucraina non abbiano trovato un linguaggio comune discutendo della Russia.

E' stata una visita ufficiale molto insolita per un capo di Stato straniero: sono passati quasi sotto silenzio gli incontri del presidente ucraino. Il fatto che Poroshenko sia arrivato a Roma giovedì, la corrispondente di "Kommersant" lo ha potuto appendere solo dall'account su Twitter dell'ambasciatore italiano a Kiev.

Nei notiziari locali e nelle principali agenzie di stampa a lungo sono mancate le notizie sui colloqui di Poroshenko con Renzi e Mattarella. Inoltre non è stata pianificata alcuna conferenza stampa congiunta con il padrone di casa Matteo Renzi.

Alla fine si è saputo che il presidente ucraino e il primo ministro italiano hanno concordato che le patenti di guida ucraine verranno riconosciute valide in Italia. Inoltre l'Ucraina e l'Italia hanno trovato alcuni accordi di cooperazione nel settore energetico e agricolo, i Carabinieri effettuaranno alcune sessioni di addestramento alla Guardia Nazionale ucraina, verranno scambiate le esperienze nella lotta contro la corruzione e sarà sviluppata la cooperazione in ambito culturale.

In ogni caso, come affermato dall'ufficio stampa del presidente ucraino, non ci sarà alcun comunicato congiunto.

Ha giocato negativamente all'instaurazione di un clima costruttivo l'intervista su "La Repubblica" rilasciata da Poroshenko intrisa di una dura e solita retorica antirussa. In particolare, dopo aver fatto l'ennesimo appello per non cancellare le sanzioni contro Mosca, ha implorato i lettori di non credere alle buone intenzioni del presidente Vladimir Putin nella risoluzione del conflitto siriano.

"Mosca sta cercando solo di destabilizzare," — afferma nell'intervista Poroshenko.



Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/politica/2015112...l#ixzz3s8Oq4H9w
 
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view post Posted on 1/12/2015, 18:36

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Contro il Donbass ora Poroshenko invoca anche l'aiuto celeste



Se la crisi siriana ha spinto in secondo piano, sulla maggior parte dei media, la questione ucraina, non per questo la tragedia del Donbass ha cessato di consumarsi, pur senza i picchi drammatici raggiunti fino all'estate scorsa.
Un po' di respiro è venuto alla martoriata popolazione civile del sudest ucraino anche dalla crisi economica e politica che avvolge il regime di Kiev, scosso da un deficit energetico ormai oltre il livello massimo, da proteste sociali sempre più frequenti, da continue minacce di una nuova "majdan" da parte dei gruppi nazionalisti e neonazisti. Tanto che il presidente Porošenko non ha trovato nulla di meglio che invocare l'assistenza divina e il primo ministro Jatsenjuk rivolgere appelli – a quanto sembra sempre più inascoltati – a quell'Unione Europea alle prese con problemi propri.
Così, dopo l'assurdo “esperimento” di imporre il blocco energetico alla Crimea – cui pare non sia stata estranea la Turchia – le bande nazionaliste, al momento “in esubero” sul fronte della guerra guerreggiata, si radunano in “attesa dell'ordine di tagliare l'energia elettrica al Donbass”. Ma l'esercito, da parte sua, non ha mai smesso di colpire le città delle Repubbliche popolari. Ancora il 28 novembre scorso diversi quartieri di Donetsk sono stati bersagliati dai mortai da 82 e 120 mm e dai lanciagranate di Kiev. E la ricognizione della DNR continua a segnalare concentramenti di mezzi corazzati e artiglierie pesanti. Il vice comandante del Ministero della difesa di Donetsk, Eduard Basurin, ha riferito ieri che durante la scorsa settimana, in violazione degli accordi di Minsk, l'esercito ucraino ha concentrato lungo la linea del fronte 111 pezzi di artiglieria e 166 carri armati, oltre a mezzi blindati, artiglieria semovente, batterie di razzi “Grad” e “Uragan”, truppe e reparti formati dai neonazisti di “Pravyj sektor”; le aree particolarmente interessate sono quelle di Gorlovka, Mariupol e Donetsk.
Anche il Ministero della difesa della Repubblica popolare di Lugansk denuncia la dislocazione di uomini e mezzi – carri, batterie lanciarazzi, apparecchi senza pilota - lungo la linea di separazione, il minamento del terreno a ridosso dei centri abitati più vicini al fronte e l'intensificarsi delle attività di gruppi di sabotatori ucraini sul proprio territorio. Dal 18 novembre, nella città di Stanitsa Luganska, poche decine di chilometri a nordest di Lugansk, in territorio controllato da Kiev, si sono acquartierati reparti del battaglione neonazista “Azov”, lo stesso che, secondo il suo capo Andrej Biletskij, ha intenzione di unirsi alla “coalizione occidentale” in Siria contro i russi.
E a poco valgono le rivelazioni del Washington Post, riportate dall'agenzia Novorossija, secondo cui Kiev avrebbe ricevuto dagli USA mezzi bellici (“non letali” come jeep, giubbetti antiproiettile, visori notturni, ecc.) inservibili per 260 milioni di $: sotto i colpi ucraini gli edifici civili e industriali del Donbass continuano ugualmente a bruciare e gli abitanti, come da tempo ormai, sono costretti a vivere nelle cantine. Ancora ieri notte, mentre Je-suis-Charlie-Porošenko, da Parigi, intendeva dare lezioni a Mosca sul rischio ambientale nel Donbass, i mortai ucraini sono tornati a colpire una fabbrica chimica nel rione Kujbyševskij di Donetsk, già bersagliata con razzi “Smerč” in giugno e missili “Točka-U” a febbraio. I rischi per i civili del Donbass, a parere di Porošenko, non debbono evidentemente preoccupare le anime belle mondiali.
Ma in questa situazione, in quello che nei giorni scorsi Vladimir Putin, conversando col presidente francese Hollande, ha definito un “non Stato”, non in grado di controllare ciò che avviene sul proprio territorio, accade anche che gruppi armati si diano a sparare sia sulle milizie che sull'esercito ucraino. Secondo miliziani della LNR, nell'area di Stanitsa Luganska sono in azione gruppi di sabotatori (si suppone, mercenari anche stranieri) che, pur di riaccendere le micce del conflitto, aprono il fuoco su entrambe le posizioni, per provocarne la reazione. Questo nel quadro di una situazione materiale e psicologica delle truppe regolari ucraine che non cessa di peggiorare. Non di rado si registrano scontri a fuoco fra truppe e battaglioni neonazisti e questi ultimi vengono sempre più spesso chiamati a rimpiazzare i reparti dell'esercito.
E' così che le-peut-être-president-Porošenko alza le mani al cielo e invoca l'aiuto divino. Lo ha fatto pochi giorni fa quando, dopo le assicurazioni governative italiane sull'aiuto contro “l'aggressione russa”, è riuscito a ottenere udienza in Vaticano e, pare, a strappare un mezzo impegno papale a una visita in Ucraina. Ma, come sempre più spesso gli accade, Porošenko è riuscito anche a far storcere il naso al suo interlocutore, implorando la beatificazione, in occasione della eventuale visita, del metropolita Andrej Šeptitskij, capo della chiesa greco-cattolica (uniate) in Ucraina occidentale dal 1900 al 1944.
La canonizzazione era già stata chiesta dall'allora presidente Leonid Kučma, in occasione dell'unica visita a Kiev di un papa cattolico, nel 2001. Ma era il papa sbagliato: Wojtyła era polacco e, pur nella sua isteria anticomunista, non poteva concedere la beatificazione di colui che, dopo aver inviato le proprie congratulazioni al führer, nel 1941, per la conquista di Kiev, aveva poi benedetto, nel 1943, le bande filonaziste UPA-OUN e i volontari ucraini del battaglione SS “Nachtigall” che andavano a massacrare più di ottomila polacchi, civili e preti, della Volinja, nella regione di L'vov.
Se qualcuno, in occidente, nutrisse ancora qualche onirico dubbio sui golpisti di majdan e sulla loro manovalanza neonazista, ora che Kiev implora la santificazione di “un combattente per l'indipendenza dell'Ucraina” quale Andrej Šeptitskij, dopo aver innalzato a eroi nazionali nazisti quali Stepan Bandera e Roman Šukhevič, allora farebbe bene a svegliarsi.
 
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giulio.
view post Posted on 10/12/2015, 21:18




Compagni ! Una di quelle storie che non si vorrebbero mai sentire,soprattutto quando causa di tutto questo dolore é il più becero fascismo. Onore al popolo ucraino,morte all'imperialismo ed al fascismo !


Nel dolore senza fine del Donbass

Gorlovka - Anna Tuv, è un abitante della città di Gorlovka nella regione di Donetsk. Una delle tante vittime della dimenticata guerra nel Donbass. Una goccia in un oceano di sofferenza. Una goccia che noi raccogliamo e raccontiamo. Il 26 maggio di quest’anno una bomba caduta sulla sua casa le ha portato via il marito, una figlia. Un istante e la sua vita si è trasformata in un dolore senza fine, in un calvario che non riuscirà mai a lasciarsi alle spalle.

Salve Anna, per favore mi può raccontare la triste storia della sua vita?
Eliseo Salve! Il mio nome è Anna Tuv, sono un abitante di Gorlovka, vivevo in un quartiere nel centro della città. Vivevo con la mia famiglia, mio marito e tre figli: Katya di 11 anni, Zakhar di 2 anni e mezzo e Milana di 2 settimane. Con mio marito abbiamo vissuto 9 anni, era un matrimonio felice, andava tutto bene.
Era una bella giornata, eravamo fuori a irrigare l’orto, c’era la tregua, i bambini erano in cortile, Milana si trovava in casa. Abbiamo sentito dei sibili e subito ci siamo precipitati verso casa, i figli e mio marito sono corsi dentro casa, io, sola, sono rimasta in cortile, per mettere in salvo i pulcini.

Quando è successo?
Era il pomeriggio del 26 maggio (2015 n.d.t.). Katya era appena tornato a casa da scuola, aveva dei bei voti, abbiamo pranzato e siamo andati fuori per irrigare il giardino, era una giornata di sole. Quando il bombardamento è iniziato, siamo corsi in casa, ho sentito il fischio, sono riuscita ad arrivare fino alla soglia di casa, ho incrociato lo sguardo di mio marito, era sul divano, è riuscito a dirmi solo: “Questo è tutto!”. Si è sentito un sibilo atroce, mi sono resa conto che era diretto sulla casa. Ho avuto solo il tempo di sbattere la porta, mio marito si è buttato su di me e mi ha coperto col suo corpo. In quel momento, sulla nostra casa, nel corridoio, si è abbattuta una bomba da 152 millimetri.

Katya (Foto Fornita Da Anna Tuv)
Katya

Chi vi ha bombardato?
L’esercito ucraino! Ci sparano regolarmente, abbiamo vissuto tutto l’inverno negli scantinati. Gorlovka su tre lati è circondata dalle posizioni dell’esercito ucraino, ci bombardano in continuo. In modo particolare, nel quartiere dove vivevo, non c’è più una casa in piedi, tutto è stato distrutto: le scuole, gli asili, gli ospedali, la rete di riscaldamento. Sono strutture sociali. Sotto i bombardamenti tutto è saltato in aria insieme alla gente. Sopra di noi, un’ora prima di colpirci, abbiamo visto volare un drone, un drone ucraino, ci ha sorvolato, hanno visto i bambini che correvano nel cortile. Poi ci hanno colpito, uccidendo mio marito e la mia Katya. Il 21 maggio, avevamo appena festeggiato il suo compleanno, aveva 11 anni e il 26 maggio è stata uccisa. Katya era divina, bellissima, studiava col massimo dei voti, studiava due lingue straniere: l’inglese e il tedesco, studiava designer, praticava danza e teatro in corsi domenicali. Credeva nella vita, sognava la vita, voleva un vita come quella che avevamo noi in famiglia: in campagna, con i polli, le anatre, l’orto.. ecco sognava questa vita! Mi diceva sempre: “Mamma, noi siamo i figli della guerra avremo sempre qualcosa da raccontare ai nostri nipotini”. Più di una volta al giorno ho dovuto correre per riprenderla a scuola perché alle 12 iniziavano a bombardare. Abbiamo portato il bambino all’asilo, hanno cominciato a bombardare, siamo dovuti ritornare a riprenderlo subito. A casa non avevamo uno scantinato dove trovar rifugio. Quando la bomba ha centrato la casa e mi ha ucciso la figlia e il marito, dall’esplosione sono stata sobbalzata in strada ricoperta di calcinacci, il telaio della porta mi ha stritolato il braccio. Mi ha tranciato il braccio fino quasi alla spalla, ho ripreso conoscenza dalle urla di mio figlio, che stridevano nelle mie orecchie nonostante i timpani squarciati, avevo una forte contusione. Sentivo da qualche parte le grida lancinanti di Zakhar. Un vicino di casa mi ha tolto da dosso gli infissi della porta, mi sono precipitata in casa per dissotterrare dalle macerie Zakhar, e li è arrivata la seconda bomba. Eravamo in casa in quel momento, ci trovavamo nella stanza sul retro dove era distesa Milana. La casa è crollata completamente. I soccorsi non sono riusciti a toglierci subito da sotto le macerie. E poi, la terza bomba, caduta sotto la finestra; ha distrutto il garage, l’esplosione ha sfondato la casa fino alle fondamenta lungo le pareti. Infine siamo stati tratti in salvo dal personale del Ministero delle Situazioni di Emergenza, ma non immediatamente, poiché eravamo ancora sotto il fuoco delle posizioni dell’Esercito ucraino. In un secondo tempo, so che sono saltate fuori le foto degli ucraini, dei comandanti del battaglione responsabili dell’omicidio della mia famiglia, con tanto di nome e cognome, nomi resi pubblici e diventati famosi. Il personale di soccorso è riuscito poi a riportare alla luce il corpo della mia Katya per metà in brandelli, e poi il corpo di Yura, mio marito, senza braccia, senza gambe, tutto a pezzi, con ferite mortali, con tutti gli organi interni distrutti. Mio figlio Zakhar di 2 anni e mezzo è diventato disabile, ha subito estese bruciature agli occhi, non ha potuto aprire gli occhi per una settimana. Anche Milana ha subito dei traumi. Io ho perso un braccio, con la clavicola e la scapola danneggiate, ho ancora cinque frammenti metallici di scheggia piantati nell’articolazione della spalla. Ho subito anche una commozione cerebrale.
Anna Tuv 1 © Eliseo Bertolasi
Anna Tuv

Terribile, non ho parole! Ma come vive al momento? Con chi vive ora?
Ora vivo con mia madre. Mia madre ha lasciato il suo lavoro e si è trasferita a vivere con noi, Io da sola non ce la faccio senza un braccio e un bambino piccolo. Milana ha appena sei mesi, io non sono in grado a sollevarla e prenderla in braccio per lavarla, cambiarle i vestiti, darle da mangiare.. Da parte mia, nemmeno riesco ad abbottonarmi la giacca con una sola mano. È molto difficile, molto faticoso. Non posso più lavorare nella mia specialità, io sono infermiera di reparto chirurgia, ho lavorato per 10 anni in ospedale. Ora con una sola mano, non sono in grado di fare medicazioni, iniezioni, curare i pazienti. Io sono una persona invalida di secondo grado, senza una protesi.

Come vede il suo futuro? C’è qualche aiuto?
Mi aiutano tutti tranne che dall’Ucraina. Da parte dell’Ucraina non ho mai ricevuto nessun aiuto. Mi hanno telefonato solo alcune persone che odiano il potere ucraino, ma che vivono sotto il suo dominio. Ecco, con me loro comunicano. Fondamentalmente ricevo aiuti dall’estero e dalla Russia: persone comuni, che mi inviano pacchi, che trasferiscono dei soldi sul mio conto, per raccogliere i fondi necessari per la protesi. Ognuno contribuisce come può. Mi hanno trasportata, sotto il fuoco, da Gorlovka a Donetsk, non mi è rimasto nulla. La gente di Donetsk mi ha rifornito di piatti e indumenti, ha vestito i miei figli. A Donetsk ci vivo, e ancora una volta, in centro città, mi sono ritrovata con i bambini sotto i bombardamenti. Loro erano con me, ero sulla sedia a rotelle, siamo andati al supermercato “Ucraina”, siamo finiti sotto il fuoco dei bombardamenti. Per un’intera giornata siamo rimasti in un rifugio antiaereo, abbiamo avuto tutti un attacco di nervi molto forte. Successivamente, ci hanno cambiato dimora nel quartiere “Proletarskyj”, una zona più sicura.

Ha mai ricevuto assistenza dall’Italia?
Sì. Mi ha aiutato molto Ennio Bordato, dell’Associazione italiana “Aiutateci a salvare i bambini”, mi ha mandato dei soldi sul mio conto, mi chiama spesso. Anche dall’Israele mi aiutano costantemente: chi lo può fare, chi può mandarmi qualcosa.

Ennio Bordato, è anche un mio amico, so che è una persona leale e affidabile.
Mi ha aiutato tanto, me e la mia famiglia, si preoccupa molto, mi chiama, ci scriviamo su Facebook. Sono molto grata a lui per quanto, veramente, mi ha sostenuto finanziariamente e moralmente. Non è mai stato indifferente, scrive sempre e s’interessa di come stiamo, mi aiuta anche in questo momento. Ha cominciato ad aiutarmi fin dai primi giorni dopo la tragedia.

Anna, so anche di un altro tragico evento, mi riferisco alla storia di un’altro ragazzino ferito, Vlad. So che lei lo ha assistito quando era in ospedale.
Sì, questi erano i miei amici più cari. Mio marito era un amico di suo padre, la mamma di Vlad era una mia cara amica. Erano in casa, così come è successo a noi. Di sera, erano tutti riuniti in famiglia, il padre guardava la televisione, Vlad studiava, la mamma stava preparando delle polpette, in quel momento attraverso il tetto è penetrato un colpo. Era il 29 luglio, esattamente due mesi dopo la nostra tragedia. Vlad quest’anno ha compiuto i 7 anni. A Gorlovka sono già morti molti bambini, non ci sono parole per descrivere quale inferno è piombato sulla nostra città. Provi a chiedere a qualsiasi bambino sui 3-4 anni: “Che regalo vuoi per il nuovo anno?” non chiederà né bambole, né macchinine, chiederà solo che non si spari. Abbiamo bambini piccoli che già riconoscono da quali armi partono i colpi, di risposta o in arrivo, vale a dire, i bambini sono tutti consapevoli. Ogni passo che fanno trovano delle schegge.
Da noi tutti i bambini hanno bisogno di riabilitazione psicologica. Tutti soffrono di forte stress e di paura, tutti si rifugiano nei sotterranei. Si precipitano negli scantinati durante i bombardamenti fino a rompersi le gambe. Potete immaginare quanto è stata colpita la loro psiche! Sulla casa di Vlad è finita una bomba, Julia è morta sul colpo. Julia aveva 29 anni, la mamma di Vlad Bokharovsk. Oleg, il papà di Vlad, ha avuto le dita recise fino a metà mano. A Vlad, invece, una scheggia gli ha trapassato il lobo frontale, gli ha colpito gli occhi e si è conficcata nella mascella superiore. Una grave ferita alla testa, è stato 5 giorni in coma, tra la vita e la morte, ora è a Mosca. Ha perso un occhio, si pensa di come fornirlo di protesi. Ha subito molte operazioni a causa delle gravi lesioni, ci sono state complicazioni. La scheggia era piantata nella testa, il bambino era in condizioni estremamente critiche. Oltretutto c’è anche la perdita della madre. Anche Zakhar è sotto spavento. Con lui il mese scorso ha lavorato uno psicologo, fino ad ora vaga ancora di notte. Ha un grave trauma psichico, ha paura di ogni fruscio, di ogni suono, fino a crisi isteriche di terrore.
Vlad Con Anna (Foto Fornita Da Anna Tuv)
Vlad e Anna

Anna quali sono le sue prospettive in questo momento?
Per me, ora, l’obiettivo principale è quello di raccogliere fondi per una protesi biomeccanica. Senza una protesi non riesco a immaginare come potrei continuare a vivere. Mi hanno ucciso un marito che ci manteneva totalmente, era tutto sulle sue spalle. Ora il futuro dei miei figli dipende solo da me. Per mantenere i miei bambini devo lavorare. Per lavorare, con la mia specialità, ho bisogno di una mano, ho bisogno di una protesi che mi permetta di afferrare qualcosa con le dita, di piegare le dita. Ora non riesco nemmeno nelle azioni di base, nemmeno a cucinare un pasto. Per mantenere i miei bambini ho bisogno di lavorare, ho bisogno di una protesi. Faceva tutto mio marito, era lui che pensava a tutto. I militari ucraini me lo hanno strappato via con la mia bambina. Mio marito Yuri aveva 36 anni, si prodigava moltissimo per la famiglia. La nostra era un relazione ideale, stavamo tutti molto bene. La casa, l’orto.. tutto era per la famiglia, anche la casa che ci hanno distrutto è stata costruita con il sudore e con il sangue del nostro lavoro, costruita mattone dopo mattone, tutta con le nostre mani. Abbiamo fatto il possibile per il benessere della famiglia.

E così velocemente tutto è finito!
A un certo punto, tutta la mia vita è cambiata. Ero contenta, ma temevo molto che tutto potesse finire! Un rapporto ideale, eravamo infinitamente felici, abbiamo vissuto insieme per 9 anni. Ma non abbiamo avuto il tempo per celebrare l’anniversario di matrimonio. A Yura non gli è stata data questa possibilità. Come anche alla mia Katya non è stata data la possibilità di continuare a vivere! Katya quanto voleva vivere! Era brava in tutto, aveva molto talento, era sempre la migliore.

Anna posso solo immaginare il suo stato d’animo, spero che non perda mai la speranza
Questo trauma non guarirà mai, tutto è così ingiusto, il dispiacere e il dolore. Ma per quale motivo me li hanno uccisi? Non avevamo a che fare con la guerra, eravamo dei civili, eravamo a casa, non c’interessavamo di politica, non guardavamo nemmeno le notizie. Eravamo così lontani da tutto e da tutti. Non votavamo, non facevamo propaganda per nessuno. Non capisco per quale ragione ci hanno individuato e distrutto! Semplicemente ci vogliono distruggere. Distruggere le infrastrutture della città, uccidere le persone, i bambini, mutilare le madri.. Non capisco con chi l’esercito ucraino stia combattendo! C’è in atto un genocidio di massa, la pulizia di un territorio dai suoi abitanti.

La Casa Di Anna Dopo Il Bombardamento (Foto Fornita Da Anna Tuv)
La Casa Di Anna Dopo Il Bombardamento 2 (Foto Fornita Da Anna Tuv)
La Casa Di Anna Dopo Il Bombardamento (Foto Fornita Da Anna Tuv)
La Casa Di Anna Dopo Il Bombardamento 2 (Foto Fornita Da Anna Tuv)

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Pensa si tratti veramente di “genocidio”?
Sono sicura e lo vedo. L’esercito ucraino colpisce scuole, asili, questo è fascismo puro, con la differenza che i nazisti durante la seconda guerra mondiale facevano prigionieri e li portavano nei lager, i fascisti ucraini, invece, ammazzano immediatamente, le persone vengono uccise nelle loro case dove cercano di nascondersi.

Ma perché l’Ucraina è così aggressiva?
Penso che questa guerra sia di profitto all’Ucraina. È un business per il presidente dell’Ucraina. La nostra vita è un business per lui. Questa è la mia opinione personale. Ha il suo proprio ufficio di morte, ha la sua fabbrica di armi, guadagna soldi per la guerra, la vita del popolo ucraino non gli interessa. Il nostro presidente ci ha tradito, sto parlando di Petro Poroshenko. Non so, se a coloro che vivono sulla riva sinistra dell’Ucraina (la parte ad est del fiume Dnepr n.d.t.) piaccia, o meno, vivere sotto tale oppressione, ma il popolo del Donbass non accetterà mai la sua autorità, non gli potrà mai perdonare il suo tradimento e non sarà mai d’accordo con il suo progetto di Ucraina. Qui, la gente starà in piedi fino all’ultimo, la gente difenderà la propria terra fino alla fine, la gente non se ne andrà mai dalla propria terra.

Grazie, si tratta di un’intervista molto toccante, sono rimasto scioccato da quello che mi ha raccontato, immagino quanto lei abbia sofferto e quanto continui a soffrire.
Vorrei tanto che le persone nel mondo possano leggere questa intervista, per aiutarci a superare, ha fermare questo spargimento di sangue, dato che siamo messi a morte senza alcun motivo. Ci ammazzano solo perché viviamo nelle nostre case, sulla nostra terra. Noi non siamo andati ad attaccare da nessuna parte, loro sono venuti da noi per ammazzarci. Fucilano persone civili disarmate, che non hanno mai avuto una formazione militare, che non hanno mai combattuto, uccidono persone e bambini che vanno a scuola. Prima del primo di settembre (giorno d’apertura delle scuole n.d.t.) la scuola di Katya è stata colpita dai tiri di mortaio. Volutamente, alle 5 del mattino, in un raggio di 50 metri ci sono due scuole. Scuole colpite dai mortai. Basta! Non riesco a trovare altre parole.

La ringrazio molto, ci terremo in contatto, anche dall’Italia potremo aiutarla, le prometto di cercare questa possibilità.
Le sono molto grata. La ringrazio molto per avermi sostenuta.
http://www.vita.it/it/interview/2015/12/09...del-donbass/22/
 
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