Comunismo - Scintilla Rossa

Crisi, lavoratori allo sbaraglio

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 17/4/2014, 17:35

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


ULTIME DAGLI OPERAI MARCEGAGLIA


L'assemblea dei lavoratori della Marcegaglia in lotta di questa notte ha deciso che domani e dopodomani rientriamo a lavorare. La battaglia contro la Marcegaglia durerà almeno tre, quatro mesi e comunque probabilmente fino a dicembre.
Restiamo in stato di agitazione permanente e articolato con iniziative improvvise di blocco, di sciopero.
Attualmente il presidio ai cancelli è stato sospeso. Nei giorni inn cui lavoreremo è stata comunque indetta una drastica autoriduzione dei ritmi di lavoro.
Grazie a tutti dei messaggi di solidarietà la lotta continua.

L'ASSEMBLEA DEI LAVORATORI MARCEGAGLIA

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 20/4/2014, 10:31

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Afragola: “spesa proletaria’ all’Ipercoop


A raccontare l’ennesima protesta di precari e disoccupati è il Mattino di Napoli, secondo il quale ieri un folto gruppo di cassintegrati e licenziati della Fiat di Pomigliano, accompagnati da alcuni studenti e attivisti dei centri sociali del capoluogo partenopeo – tra cui l’Iskra – e dei movimenti dei disoccupati di Acerra hanno messo a segno un ‘eproprio proletario’, o almeno ci hanno provato. I dimostranti hanno infatti riempito i carrelli di beni di prima necessità all’interno del supermercato Ipercoop di Afragola e sono andati via senza pagare.

"La Pasqua dev'essere quella dei diseredati e non di chi ha la pancia piena", hanno gridato i manifestanti mentre portavano via la merce dagli scaffali del supermercato ubicato nel centro commerciale Le Porte di Napoli. Naturalmente la direzione ha sguinzagliato i vigilanti del centro commerciale e dopo un po’ sono arrivati anche polizia a carabinieri che hanno fermato gli attivisti e i disoccupati mentre portavano via i carrelli della spesa all'esterno del supermercato, nella galleria commerciale.

"Il caro vita ci uccide: dobbiamo vivere e non sopravvivere a malapena", hanno gridato i protagonisti della protesta che a lungo hanno cercato di convincere i ‘tutori dell’ordine’ a lasciarli portare via quel tanto che basta per sopravvivere qualche giorno.

FONTE
 
Web  Top
view post Posted on 21/4/2014, 11:42

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


La guerra del governo Renzi contro poveri e precari


Questa mattina la città di Roma, quella che resiste all'impoverimento e alle politiche di austerity, si è svegliata con una situazione surreale. Avevamo già avuto il sentore durante la scorsa settimana di un cambio di passo rispetto alla gestione dell'emergenza sociale in questa città, che possiamo considerare estendibile a tutto il territorio nazionale, ma oggi ne abbiamo la conferma definitiva.

Lunedì scorso abbiamo assistito agli sgomberi coatti nel silenzio della politica e la manifestazione del 12 ha visto dispiegare in piazza ingenti forze di polizia che hanno caricato il corteo in discesa fino all'imbocco di via del Tritone. Sono palesi dalle immagini e dai video pubblicati da giornali e attivisti, quanto sia spropositata la violenza messa in campo e nonostante tutto non c'è nessuna remora a perpetuarla nuovamente.

I tagli, le privatizzazioni, le speculazioni edilizie ed il saccheggio dei territori, la precarizzazione totale del lavoro e della vita che il governo Renzi ci sta imponendo, vengono difesi, senza nessuna mediazione, esclusivamente attraverso l'uso della forza. Ogni possibilità di risposta ai problemi sociali viene consegnata, quindi, nelle mani dell'ordine pubblico. Oggi ne abbiamo avuta l'ennesima riprova. Il presidio di solidarietà chiamato in difesa dell'occupazione di via della Montagnola è stato pesantemente caricato perchè sosteneva gli e le occupanti che avevano deciso di riprendersi la propria dignità. La polizia ha fatto decine di feriti: teste aperte e braccia rotte. La piazza meticcia di questa mattina ha subito di nuovo l'ottusità e l'arroganza di un governo che impone l'austerity senza se e senza ma. Complici anche dei governi locali che sembrano, di fronte a tutto questo, incapaci, subalterni.

Lo stesso piano casa nell'art.5 lancia esattamente lo stesso messaggio. Gli enti locali non possono allontanarsi dalle decisioni centrali e le risorse pubbliche tanto quanto le politiche sociali possono essere destinate solo agli interessi delle banche, della speculazione e dei costruttori. Il tavolo che era stato convocato per oggi presso il municipio VIII, con la presenza dei capigruppo di maggioranza del comune di roma che avrebbero dovuto discutere dell'emergenza abitativa che imperversa in questo territorio, è stato scavalcato dalla stessa questura che ha eseguito le direttive date: non permettere che le occupazioni si riproducano ancora, alimentando quelle lotte sociali che dal basso e nell'autorganizzazione, appagano i bisogni di migliaia di persone.

Questo governo crede davvero di prenderci in giro con il miraggio di 80 euro al mese in più in busta paga (per pochi), quando è chiaro, da queste ultime settimane, dai provvedimenti come il jobs act e il piano casa di Lupi, che la ricetta messa in campo è sempre la stessa: esigere dalle persone che sono già colpite dall'austerity ulteriori ed impensabili sacrifici.

Allo stesso modo questa mattina davanti il carcere di Regina Coeli ci siamo trovati lo schieramento di due reparti celere per un semplice presidio di solidarietà. L'interrogatorio di garanzia è durato circa sette ore durante le quali centinaia di persone chiedevano la scarcerazione dei quattro compagni che sono stati fermati durante il corteo del 12 Aprile. Il giudice, in continuità con la logica che i problemi si gestiscono come una questione di ordine pubblico, si è invece appiattito sulle richieste del PM e sui verbali della questura e senza nessuna prova ha convalidato la misura cautelare dell'arresto con detenzione domiciliare. Matteo, Simon, Ugo e Lorenzo sono accusati di resistenza pluriaggravata e lesioni, nonostante le immagini dimostrino il contrario ovvero la brutalità della polizia.

Sembra di essere piombati in una situazione “cilena” e crediamo che sia necessario mettere in campo una risposta decisa, concreta e di massa. Non possiamo permettere che la narrazione di quello che ci succede sia rinchiusa esclusivamente all'interno delle pagine dei giornali e dei media mainstream.

Dobbiamo mettere al centro il problema della casa come problema che coinvolge ormai l'intera città di Roma ed il paese. Rispondere a questa guerra contro i poveri ed i precari lottando ancora più forte. La lotta per la casa, che dopo il 19 si è propagata in tutto il territorio nazionale, rappresenta oggi una possibilità, uno spazio di trasformazione e riappropriazione dei nostri diritti e delle nostre vite. Per questo va difeso e rilanciato da tutti, collettivamente. Sempre più persone devono aggregarsi alle lotte dei movimenti, occupare per liberare spazi e tempi utili alla liberazione della propria vita, non sottostare alla precarietà, resistere alla devastazione del proprio territorio.

Per questo motivo quello che succede attraverso gli sgomberi e le cariche di piazza non può essere solo un problema dei movimenti di lotta per la casa ma di tutte quelle persone che non vogliono più pagare i costi della politica, delle decisioni imposte dall'Europa e dalla troika, il prezzo di un modello di sviluppo che per ristrutturarsi ha bisogno di nuovi giri di vite.

Il corteo di oggi che partirà alle ore 17.30 da piazza Fabrizio De Andrè nel quartiere della Magliana, già lanciato nelle scorse settimane, sarà il primo momento pubblico con il quale si risponderà alle giornate appena trascorse, alle violenze della polizia, agli sgomberi e gli sfratti, all'arroganza di chi ci governa.

Convinti che in questo paese i diritti si conquistano a spinta ci vediamo nelle piazze per strappare ancora una volta la vita che vogliamo, qui e ora!

Movimenti contro la precarietà e l'austerity__Roma

17 aprile 201

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 22/4/2014, 10:29

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Italia. Più di un milione di famiglie sono senza reddito da lavoro


Ci sarà un motivo per il quale questo dato è stato reso pubblico a Pasqua? Forse perchè domani alla Camera parte la discussione sul jobs act. L'Istat ha rilevato come oltre un milione di famiglie è ormai senza alcun reddito da lavoro al proprio interno. E' quanto emerge dai dati sul 2013. Nel dettaglio si tratta di 1 milione 130 mila nuclei, tra i quali quasi mezzo milione (491 mila) corrisponde a coppie con figli, mentre 213 mila sono monogenitore. Il numero delle famiglie dove tutte le forze lavoro sono in cerca di occupazione risulta in crescita del 18,3% rispetto al 2012 (+175 mila in termini assoluti). E nel confronto con 2 anni prima il rialzo supera il 50%, attestandosi precisamente al 56,5%. Si tratta quindi di 'case' dove non circola denaro, ovvero risorse che abbiano come fonte il lavoro. Magari possono contare su redditi da capitale, come le rendite da affitto, o da indennità di disoccupazione, o ancora da redditi da pensione, di cui beneficiano membri della famiglia ormai ritiratisi dal lavoro attivo. L’identikit della famiglia che non può contare su uno stipendio è articolato: dagli anziani, ormai fuori dal mondo del lavoro, con un figlio disoccupato e l’altro ancora studente, alla giovane madre alla ricerca di un impiego che deve farsi carico dei bambini senza l’aiuto dell’altro genitore; dal single che ha perso il posto di lavoro alla coppia di giovani che non riesce a trovare ancora nulla.

La quota di famiglie senza reddito da lavoro vede in testa il Meridione, con 598 mila famiglie, dove tutti i membri che sono registrati come forza lavoro risultano disoccupati. Seguono il Nord delle crisi aziendali e della chiusura delle fabbriche, dove le famiglie senza reddito da lavoro sono salite a 343 mila, e il Centro, con 189 mila. Ma il dato è cresciuto ovunque, rispetto a due anni prima, l’aumento è addirittura del 56,5%. I nuclei familiari in cui tutti i componenti che partecipano al mercato del lavoro hanno un’occupazione, sono scesi a a 13 milioni 691 mila, con una riduzione di di 281 mila unità (-2%). I dati dell’Istat, incrociando i dati sulle condizioni familiari e quelle occupazionali, confermano un 2013 segnato pesantemente dalla disoccupazione.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 23/4/2014, 09:56

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


DL Lavoro: incrementare la precarietà!


Approda oggi in Parlamento il DL sul lavoro, uno dei due pilastri del Jobs Act, insieme al più complesso progetto di legge delega. Il testo finale prevede delle modifiche relative al numero di rinnovi possibili per i contratti a termine, nell'arco di 36 mesi, da 8 a 5 rinnovi, a differenza del testo varato dal Consiglio dei Ministri. Un altro dei vani tentativi di omologare e semplificare le tipologie contrattuali, di fatto non apportando nessuna modifica sostanziale a quello che rappresenta un vero e proprio piano sull'incremento della precarietà. Un tentativo che peggiora le già disastrate misure del governo Monti, che prevedeva per esempio due rinnovi nell'arco di 36 mesi. Una manovra che non convince proprio nessuno nè da una parte, nè dall'altra, facendo adirare anche il Nuovo Centro Destra e Scelta Civica che ora protestano per lo "sconvolgimento" della riforma originaria, minacciando di non votare per la sua approvazione. La commissione è intervenuta anche sull’obbligo di formazione per gli apprendisti, liquidato dall’esecutivo e il rapporto tra dipendenti a termine e stabilizzati.

Per Renzi è tuttavia una corsa contro il tempo: il cosiddetto Jobs Act va infatti convertito entro il 19 maggio e, dopo il passaggio di oggi alla Camera, deve ancora passare per il Senato. Per questo motivo, per superare i dissensi in tempi rapidi da stamattina è in corso un vertice di maggioranza, mentre di fronte ai dubbi di Ncd e Scelta Civica, il Ministro dell'Economia Padoan difende a spada tratta il tanto decantato decreto, o meglio, lo specchietto per le allodole il cui tentativo propagandistico rimane chiaro. Tra le dirette conseguenze delle politiche che aumentano la flessibilità non è detto che ci sia sempre una ripresa della crescita economica (il più delle volte è vero il contrario) ma certamente si producono nuovi rapporti di potere tra le classi.

Leggendo realisticamente l'ennesimo decreto truffa, le nuove misure sanciscono la precarietà come forma normale e normalizzata di lavoro, ma esso rappresenta allo stesso modo un atto di propaganda e ideologico che stenta ad avere dei lineamenti di razionalità che ne riveli la sua utilità. Se non altro, il decreto sul lavoro dimostra la capacità mediatica di colpire le corde del malessere della gente, portando avanti l'illusione di una magica crescita che risolverà la mannaia della disoccupazione e con lei il malessere sociale che ne deriva.

Intanto i dati dell'Istat ci dicono che in Italia la deprivazione materiale (ovvero la sottrazione di quelli che sono i bisogni primari) nel periodo della crisi dal 2008 al 20012 è triplicata. Un totale di circa 1 milione e 150mila famiglie risultano infatti prive di lavoro, un dato che è cresciuto in maniera esponenziale tra 2010 e 2012 e che ben restituisce l'immagine reale della dimensione del problema a cui ora Renzi cerca di trovare soluzioni con decreti farsa. I milioni di disoccupati rappresentano intanto anche la realtà che rimane fuori dalla politica. Anche i famosi 80 euro in più in busta paga da maggio (promessi da Renzi e che sono tutti da vedere) non riguardano certamente nessuno di questo milione e 150 mila e più, e che continua a rappresentare un mondo sommerso che restituisce in questo modo il dato di maggior indice di astensionismo con cui l'esecutivo dovrà prima o poi fare i conti.... caro Renzi ci vediamo l'11 luglio!

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 23/4/2014, 13:09

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


LUCCHINI, SI SPEGNE L'ALTOFORNO



A capo chino e con il cappello in mano, gli operai delle Acciaierie di Piombino accettano la chiusura dell’altoforno, cuore produttivo del secondo polo siderurgico italiano dopo l’Ilva di Taranto. In cambio il ministero dello sviluppo economico ha dato il suo ok alla possibilità di fare ricorso ai contratti di solidarietà per tutti i 2.200 addetti diretti della ex Lucchini. Ma solo fino alla chiusura della procedura di vendita degli impianti, visto che una nota del ministero dello Sviluppo Economico puntualizza: “Nel periodo successivo all’assegnazione al nuovo soggetto, saranno utilizzati ammortizzatori di tipo conservativo”. Cioè non soltanto solidarietà, ma anche cassa integrazione.
Quanto ai circa 1.700 lavoratori del vasto e frastagliato indotto della gigantesca cittadella dell’acciaio, il ministero guidato dalla confindustriale Federica Guidi ha dato “la disponibilità all’utilizzo degli ammortizzatori sociali per i lavoratori occupati nelle imprese”. Nella migliore delle ipotesi, insomma, vanno in cassa integrazione. Con un ulteriore passaggio, generale, ricordato dal segretario della Uilm locale, Vincenzo Renda: “Perché queste richieste siano accolte è necessario un intervento legislativo ad hoc, quindi un decreto del governo”.
Le conclusioni dell’incontro chiuso la scorsa notte al ministero dello sviluppo economico, con l’ipotesi di accordo firmata dal viceministro Claudio De Vincenti, dal commissario governativo Piero Nardi e dai rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm, sono state riassunte ieri mattina in una assemblea di fabbrica che non ha brillato per partecipazione. Di circa quattromila lavoratori interessati, in meno di quattrocento hanno discusso del loro, non certo facile, futuro.
Più in dettaglio, fra gli addetti diretti (Lucchini spa e Lucchini servizi) ci sono stati 357 votanti, e solo 39 sono stati i presenti fra le imprese dell’indotto. E’ arrivato un via libera quasi unanime: rispettivamente il 97% e l’ 86% di “sì” all’accordo. Però un gruppo di operai ha chiesto un nuovo referendum, dopo le feste pasquali, perché siano votate possibili iniziative di lotta da martedì, giorno fissato per la progressiva fermata dell’altoforno, fino al 30 maggio, quando si chiuderà il bando per le offerte vincolanti all’acquisto dello stabilimento.
Al di là dell’ottimismo di maniera, i pesantissimi contraccolpi della fermata dell’altoforno — gli addetti dell’area a caldo sono più di un migliaio – sono stati evidenziati anche a Montecitorio, grazie a un intervento di Marisa Nicchi di Sel: “Gli ultimi governi hanno lasciato la Lucchini in balia del mercato. Ora è necessario firmare subito l’accordo per il rilancio industriale dell’area, e garantire gli ammortizzatori sociali”. Sul primo fronte, il ministero si sarebbe impegnato a inserire nell’accordo di programma, atteso a giorni, una raccomandazione per i futuri compratori a investire in un forno elettrico e in un nuovo impianto Corex, sfruttando i fondi europei per la riqualificazione della siderurgia.
Al massimo che vada, dopo anni di stop per i lavori, il sito di Piombino avrebbe comunque una capacità produttiva (ben) più limitata di quella garantita da un altoforno funzionante. Nel frattempo, durante lo smantellamento dei vecchi impianti e la bonifica dell’area, c’è l’ipotesi di far lavorare gli operai in esubero e le stesse imprese dell’indotto. “Nessun paese europeo – tira amaramente le somme il piombinese Alessandro Favilli, segretario toscano di Rifondazione – perde la siderurgia come fa l’Italia. Questo è un accordo al ribasso, con la sudditanza del sindacato al Pd e a Confindustria, che nel comparto dell’acciaio vuol dire Marcegaglia. Piombino è lo specchio di quello che ha significato un tempo la lotta di classe, e della sconfitta del movimento operaio in questa fase”.

Trato da il manifesto.it

il papa sindacalista
CITTA' DEL VATICANO, 23 APR - Papa Francesco, rispondendo a un videomessaggio degli operai della Lucchini di Piombino, ha chiesto "ogni sforzo di creatività e di generosità" (ansa)
 
Web  Top
view post Posted on 24/4/2014, 11:19

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


80 euro. La fuffa e la ciccia


Con qualche fatica, per le esigenze elettorali dei tanti complici che cercano visibilità, la Camera ha approvato il decreto sul taglio dell'Irpef, quello diventato famoso per gli “80 euro” fantasma.

Confermato quanto spiegato da tutti – meno che dal governo, ovviamente: gli 80 euro sono una tantum per il 2014, sono molti meno a seconda degli scaglioni di reddito che svariano tra gli 8mila e 24mila euro annui (lordi: vuol dire stipendi al massimo di 1.200-1.400 euro al mese), niente per gli “incapienti” (coloro che guadagnano, si fa per dire, meno di 8.000 euro l'anno e che non pagano tasse).

Per gli anni a venire si vedrà... Andrebbero “reperite risorse” con il taglio di altre voci di spesa pubbliche. In ogni caso è un gioco a somma zero: quello che ti mettono in tasca con una mano te lo levano con l'altra, attraverso un meccanismo in fondo casuale rispetto alle condizioni individuali. Il meccanismo messo in moto riguarda infatti la riduzione di un'imposta sul reddito (individuale), mentre le “risorse da reperire” significano tagli a molte cose, tra cui sanità, istruzione, servizi locali. Oppure in aumento di altre tasse (come quelle sulla casa, che riguardano praticamente tutti i cittadini, di ogni ceto sociale). Quindi potresti ritrovarti in tasca 50 o 80 euro al mese in più, ma essere costretto a pagare medicine (anche salvavita) che prima ti arrivavano gratis o con il solo ticket. E così via.

Il bonus fiscale dei miracoli sarà in totale di 640 euro - 80 al mese fino a dicembre - per i contribuenti con reddito lordo annuo fino a 24.000 euro. Tra i 24.000 e i 26.000 il bonus decresce molto rapidamente, fino a zero.

Per renderlo “strutturale” è stato istituito un “fondo” che al momento contiene appena 2,7(4,7 per il 2016, 4,1 per il 2017 e 2,0 dal 2018 in poi). Ne servirebbero almeno 10 l'anno. E con l'entrata in vigore del Fiscal Compact (50 miliardi di tagli alla spesa pubblca ogni anni, in caso di crescita zero del Pil) è escluso che possano essere reperiti. Per ora, il governo si limita a indicare una voce dal gettito altamente aleatorio, come la lotta all'evasione fiscale. La previsione per il 2015 contenuta nel Dl Irpef parla di almeno 15 miliardi, due in più di quelli recuperati l'anno scorso.

La speranza – sparsa dal ministro dell'economia Padoan a margine dell'approvazione del decreto – è che questa elargizione una tantum possa avere «ripercussioni positive sul Pil in quanto le famiglie potranno spendere di più e le imprese saranno stimolate a investire e, di conseguenza, a creare maggiore lavoro». Se non ci fossero anche le “sottrazioni di reddito” prima evidenziate, il discorso starebbe anche in piedi, sebbene con molta fatica. Ma “a saldo zero” la spesa possibile per coonsumi resta sempre quella. Se poi vi si aggiungono gli effetti criminali del jobs act – che indurrà certamente una riduzione generalizzata dei salari, non soltanto per i nuovi assunti – allora possiamo tranquillamente dire che l'effetto sul Pil (dell'insieme delle decisioni che questo governo va prendendo o progettando) sarà complessivamente negativo. Ma per i profitti aziendali andrà certamente meglio.

Dal primo luglio, infine, scatta l'aumento dal 20% al 26% dell'aliquota sulle rendite finanziarie. E tutti si metteranno a dire “bene! Si tassano le rendite”. Sì, certo. Solo che beccare le prime – sui mercati finanziari globali – è piuttosto difficile. Mentre è molto più sicuro attingere a quelle “rendite”, minime ma diffuse anche tra i meno ricchi, che si chiamano “interessi su conti correnti e depositi postali”.

Le uniche esenzioni riguardano i titoli di Stato, come Bot e Btp, per non scoraggiare l'acquisto da parte degli “investitori istituzionali”. Ovvero le banche e i fondi dinnvestimento.

Del resto Alfano l'aveva anticipato: "è inutile tassare i ricchi, sono troppo pochi!". Meglio tassare i poveri, che sono tanti. Come a Nottingham...

FONTE
 
Web  Top
view post Posted on 26/4/2014, 15:07

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Neanche il Papa salva Piombino


Nemmeno il Papa è riuscito a scongiurare la chiusura dell’altoforno di Piombino. I lavoratori dello stabilimento Lucchini, commissariato da circa due anni, avevano inviato al Pontefice un video-appello, realizzato con l’aiuto di Klaus Davi, in cui chiedevano il suo sostegno. Ieri, papa Francesco, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro, è intervenuto: “Ho ricevuto un video- appello da parte degli operai della Lucchini di Piombino, ha detto, che mi ha davvero commosso. Sono rimasto triste. Siate sicuri della mia vicinanza e della mia preghiera”.

L’AUTOREVOLE messaggio non fermerà, però, l’inesorabile. Questa mattina l’altoforno sarà già spento, dopo essere stato caricato “in bianco” per poter essere riavviato in venti giorni, nel caso si materializzasse un nuovo compratore. Ipotesi poco probabile e non contemplata nella bozza di Accordo di programma discussa ieri dal governo e dagli Enti locali al ministero dello Sviluppo economico. Accordo enfatizzato via Twitter da Matteo Renzi, e sottolineato con grande soddisfazione dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Dal documento, che sarà siglato oggi, emergono tre assi: la riqualificazione ambientale del sito produttivo, l’ipotesi della nuova attività del porto di Piombino e il quadro di ammortizzatori sociali previsto per i lavoratori. Dalle prime indiscrezioni, riguardo questi ultimi, sembra che tutti saranno coperti dai contratti di solidarietà (lo stabilimento conta circa 2400 addetti con 1000-1500 all’altoforno) e possibilità di rimanere in azienda. L’accordo vale circa 200 milioni di euro di cui 50 messi dal ministero dell’Ambiente e 60 dalla Regione. Ci sono poi altri fondi da trovare per il collegamento tra il porto e l’Aurelia (la bretella 398), gli incentivi per ristrutturare lo stabilimento con il forno a tecnologia Corex, co-finanziata anche dall’Unione europea, e la riqualificazione del porto per attività di smantellamento e recupero di navi in disuso. Difficile che possa arrivare al Concordia, più probabile l’ipotesi di navi messe a disposizione dalla Difesa. Stamattina i lavoratori saranno in presidio allo stabilimento e occuperanno simbolicamente l’altoforno. Rossi ha assicurato che prima di recarsi alla firma dell’Accordo si incontrerà con le Rsu.

Sabato arriva Beppe Grillo, ma il futuro resta un’incognita come per tutta la siderurgia. I problemi sono noti, a partire dallo stabilimento dell’Ilva di Taranto. Dopo i vari decreti governativi e l’ultimo commissariamento dello stabilimento, Enrico Bondi si trova di fronte al problema immenso della riqualificazione del sito. Come previsto dagli ambientalisti e dalla stessa Fiom, il costo si aggira intorno ai 4,5 miliardi e non all’1,5 ipotizzato dal commissario. Impresa quasi disperata in assenza di fondi. Anche perché l’ipotesi di formare una cordata di imprenditori sembra inibita dal mandato fornito dal governo allo stesso Bondi. Anche per questo il ministero dell’Ambiente non ha ancora pubblicato il piano ambientale per Taranto che darebbe al commissario solo 60 giorni per mettere a punto il progetto di risanamento. Intanto circa 3.500 operai su quasi 12 mila dipendenti, sono in solidarietà mentre in azienda crescono i timori che vengano a mancare i soldi non solo per pagare i fornitori ma anche i salari dei lavoratori.

LA SITUAZIONE di crisi è evidente anche dallo stallo che si registra a Terni dove le Acciaierie speciali sono tornate di proprietà della ThyssenKrupp. La Fiom, però, denuncia l’assenza di un vero piano industriale mentre i circa 2.300 lavoratori vivono alla giornata. L’unico sito in cui qualcosa sembra muoversi è l’altro stabilimento della Lucchini, quello di Trieste, dove l’italiano Arvedi ha manifestato la disponibilità a rilevare l’attività. Ma anche in quel caso pesa ancora l’incognita del risanamento ambientale che potrebbe essere molto oneroso e per il quale si chiedono impegni pubblici.

“Le responsabilità dei governi italiani sono lampanti” spiega al Fatto il responsabile Fiom della siderurgia, Rosario Rappa. “Il governo Monti aveva inaugurato un ‘tavolo’ ma poi non è successo nulla; poi c’è stato Letta e anche qui agli impegni non è stato dato seguito. Ora c’è Renzi e la situazione è sempre la stessa: si affrontano le vertenze una a una senza una politica industriale”. ANCHE il “piano d’azione” europeo promosso dal Commissario Ue, Antonio Tajani, non ha prodotto nessun risultato tranne quello di ipotizzare finanziamenti della Banca europea degli investimenti. Eppure l’Italia è ancora la seconda potenza siderurgica europea e la undicesima al mondo. Ma la riorganizzazione produttiva è in atto sia a livello europeo che italiano. In Europa sono in molti a sperare che le crisi di Ilva e Lucchini possano dare fiato alle aziende meglio piazzate, in primo luogo quelle tedesche. Ma anche in Italia, gli imprenditori del nord stanno aspettando che prima o poi la famiglia Riva esca di scena. A quel punto si aprirebbe una nuova partita, con nuovi volumi produttivi, più contenuti di quelli attuali, ma comunque adeguati a tenere in piedi un polo italiano dell’acciaio. “Lo scenario – conclude Rappa – sarebbe quello di una siderurgia italiana impoverita, di un gruppo di imprenditori che si salva e di un’Europa dell’ac – ciaio che può brindare a spese dell’Italia”.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 28/4/2014, 20:06

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


ULTIMA COLATA ALLA LUCCHINI: LA PAROLA AI LAVORATORI

Si sta concludendo, in questi giorni, e probabilmente per sempre, l’attività delle acciaierie di piombino, uno storico stabilimento le cui origini possono essere fatte risalire alla fine dell’800 con la costruzione dei primi impianti per la produzione dell’acciaio e, per dimensioni, il secondo polo siderurgico italiano.

La chiusura di questo stabilimento fa registrare la perdita di un altro pezzo del comparto produttivo del paese, mostrando ancora una volta l’incapacità di fare industria nella competizione globale dei capitalisti italiani che, incapaci di reggere la concorrenza della siderurgia Cinese e Tedesca (in un circolo vizioso di sfruttamento in cui gli operai sono spesso messi di fronte alla scelta tra un peggioramento delle condizioni di lavoro e la perdita del lavoro stesso con la chiusura delle fabbriche) si limitano a spremere quel che rimane delle aziende del paese con la complicità della politica e dei governanti; andando solamente ad ingrossare le bolle finanziarie come quella che poi è scoppiata nel 2008 e quella che sta gonfiando attualmente.

Mentre il capitale fa i suoi giochi di prestigio che fanno fiorire la ricchezza dal nulla, ma anche dallo smantellamento delle fabbriche e dalla distruzione di posti di lavoro gli operai lavorano in condizioni sempre più disastrose e vivono nell’incertezza sul proprio futuro.

Intervista ad un operaio addetto al treno rotaie nello stabilimento siderurgico.

Come si lavorava alla Lucchini ?

Era un posto di lavoro molto tranquillo, mai in vita mia ho lavorato in un luogo dove potevo permettermi di guardare film, giocare e fare le grigliate coi colleghi durante i turni. Da un certo punto di vista era fantastico, un ambiente conviviale e divertente, con i classici personaggi assurdi del mondo operaio su cui fiorivano leggende e scherzi tra colleghi, nel complesso molto umano e non alienante. Dal punto di vista produttivo era però uno sfacelo, c’erano sprechi in ogni cosa: lavoratori senza alcuna formazione spesso impiegati in mansioni inutili, capireparto raccomandati e nullafacenti, mezzi di lavoro obsoleti o di pessima qualità. Ogni cosa non strettamente inerente alla produzione siderurgica veniva appaltata a ditte esterne con enorme spreco di denaro: per farti un esempio, se bisognava spostare qualcosa da una parte all’altra dello stabilimento bisognava chiamare una ditta appaltatrice in quanto i camion dell’azienda o non erano funzionanti o non venivano utilizzati.

Raccontami un po’ la vicenda che ha portato alla chiusura

Tutto secondo me è cominciato con l’acquisto della fabbrica nel 2005 da parte dei russi della Severstal, uno dei più grandi gruppi mondiali dell’acciaio, capitanato dall’oligarca Aleksej Mordašov. A quei tempi la crisi economica non era ancora scoppiata e l’acciaio vendeva bene, i russi hanno spremuta l’azienda fino in fondo, facendo produrre il massimo possibile e spendendo il minimo. Fino a quando, nel 2011, con l’avanzare della crisi e la necessità sempre più pressante di fare sostanziosi investimenti per continuare la produzione, se ne sono elegantemente sfilati lasciando la fabbrica con un debito di 700 milioni di euro.

Ora la Lucchini è in mano alle banche creditrici che l’hanno affidata in amministrazione straordinaria al commissario Piero Nardi con il compito di “sistemare” l’azienda, in modo da renderla appetibile per un compratore. Il compito è però molto difficile a causa della situazione ormai degradata dell’azienda ma comunque mi sembra che manchi anche la volontà di portarlo a termine. In questi anni di amministrazione straordinaria la Lucchini è andata sempre più in sfacelo, i suoi conti sono peggiorati e la produzione è diventata sempre più scadente, tanto che, qualche tempo fa, abbiamo inviato una nave di rotaie in Turchia che è stata rispedita al mittente in quanto i pezzi erano tutti difettati o comunque di pessima qualità.

Insomma in queste condizioni sarà molto difficile trovare il tanto sospirato acquirente che rilevi l’azienda mantenendo la produzione e i posti di lavoro

Impossibile, nonostante l’accordo statale degli ultimi giorni e la farsa dell’altoforno acceso in bianco (cioè che brucia solo carbone coke senza metallo perché è finito, non ne hanno più) fino al 30 Maggio, giorno di chiusura della presentazione delle offerte vincolanti. Infatti i 250 milioni messi a disposizione da stato e regione nella speranza che aiutino a indorare la pillola per un investitore non sono niente: sono solo una goccia nel mare di investimenti che andrebbero fatti per fare un serio piano industriale. Quell’altoforno che stanno tenendo acceso è finito, è da rifare completamente da nuovo e la gran parte degli altri impianti è da sistemare o ammodernare.

In queste condizioni gli unici acquirenti possibili sono quelli interessati ai pochi comparti dell’azienda ancora produttivi come i laminatoi o, al massimo, al proseguimento della produzione su scala più ridotta con l’impianto di un forno elettrico come nella proposta della ditta indiana Jsw. L’unico a fare una proposta di acquisto di tutta l’azienda, senza esuberi e mantenimento di tutta l’area a caldo, è stato l’arabo ma fin da subito mi era sembrato un gambler.

Chi è l’arabo? In che senso un gambler ?

Un truffatore, un personaggio losco. Ti racconto tutta la storia che secondo me è meravigliosa. Praticamente il sindaco di piombino Gianni Anselmi avrebbe contattato un ex caporeparto della Lucchini, Renzo Capperucci, che, dopo aver lavorato in giro per il mondo come set manager e consulente nella costruzione di impianti siderurgici, adesso è in pensione a Piombino. Il Capperucci, cresciuto nell’azienda ma ormai con contatti in tutto il mondo, ha a cuore le sorti dello stabilimento e convince un magnate giordano – che, a suo dire, non ha mai investito nell’acciaio ma è innamorato della Toscana – che la Lucchini è un affarone. Il manager della società Msc, Khaled al Habahneh, ha promesso mari e monti: acquisto di tutta l’area industriale con un piano di riammodernamento degli impianti, spostamento di parti della lavorazione e bonifica dell’area della fabbrica più interna alla città con costruzione di un albergo di lusso, un centro congressi e delle villette. Un lavoro colossale con una spesa di tre miliardi di euro.

Quando è venuto fuori che l’arabo faceva solo promesse senza poi impegnarsi realmente e la società Msc del capitale dichiarato di tre miliardi ne aveva in realtà solo mezzo sono incominciati a nascere dubbi. L’arabo pensava di poter chiudere l’affare in fretta, senza essersi reso conto, inizialmente, di essere nel mezzo di una gara di acquisto, probabilmente nella speranza di riuscire ad intascare qualche centinaio di milioni messi a disposizione dalla comunità europea e dallo stato italiano per poi sparire col malloppo. Qualche indagine sul suo passato in cui si è scoperto che si è fatto tre anni di galera per truffa e commercio di metanfetamine negli USA tra il 2001 e il 2004 ha evidenziato che Khaled è un uomo dai pochi scrupoli e di non specchiata onestà. Gli organi di informazione della destra sono ovviamente andati a nozze con la vicenda dell’amministrazione locale Pd che si fa fregare da un avventuriero finanziario mediorientale.

Prima parlavi di un aggravamento della situazione della fabbrica nel periodo di amministrazione speciale, quali interessi, secondo te, hanno portato a questo?

In fabbrica gira voce che il commissario speciale Paolo Nardi, già amministratore delegato della fabbrica nel periodo parastatale, sia un uomo legato alla lobby italiana dell’acciaio, cioè i gruppi siderurgici del Nord Italia come Duferco, Feralpi e Marcegaglia con cui ha collaborato durante la sua carriera. Questi punterebbero alla definitiva morte dell’industria piombinese in modo da poterne acquistare per un tozzo di pane i bocconi migliori e prenderne il posto sul sempre più stretto mercato dell’acciaio.

Qual’è stato il ruolo dei sindacati?

In fabbrica sono presenti tutti e tre i sindacati confederali CGIL,CISL e UIL con le rispettive divisioni metalmeccanici, si sono mossi in modo unitario e coordinato, ma troppo tardi, solo adesso si sono davvero mobilitati, coi riflettori puntati sulla fabbrica per assistere allo show della sua morte. Raccogliendo qualche briciola per gli operai in modo da garantirgli un più morbido atterraggio nel mondo della disoccupazione, ma soprattutto garantirsi visibilità televisiva e notorietà pubblica. Le richieste di mantenimento della produzione e dei posti di lavoro sono ad oggi irrealizzabili, quando, ancora pochi anni fa esistevano le possibilità e i soldi non hanno mai alzato la testa per costringere i padroni a fare un vero piano industriale che garantisse un futuro alla fabbrica. I sindacati si sino resi in tal modo complici del protrarsi della situazione di speculazione da parte dei capitalisti e di continua incertezza sul proprio futuro per gli operai che ormai va avanti da anni.

L’ultima splendida iniziativa da parte della CGIL è stato l’appello al Papa da parte degli operai, la cui risposta è stata tanto apprezzata dal presidente della regione Enrico Rossi, sembra più che altro un affidare la soluzione del problema alla divina provvidenza.

Ci sono state iniziative autonome da parte degli operai?

Praticamente nessuna. Una delle poche è stato lo sciopero della fame nei giorni di Pasqua e Pasquetta eseguito sugli scalini dello stabilimento dall’operaio Paolo Francini. Tra noi colleghi il gesto individualista non è stato molto apprezzato; come del resto non è molto apprezzato il personaggio che, consigliere comunale Sel a Castagneto Carducci, cavalca l’onda di interesse per le vicende legate alla chiusura delle acciaierie per portare avanti la propria carriera politica. La Lucchini è diventata la tribuna elettorale (le elezioni europee sono alle porte) e il palcoscenico di tutti, da Beppe Grillo a Renzi, dal Papa ai sindacati.

Manca, tra gli operai, una coscienza sindacale, per non parlare di una coscienza politica o di classe. C’è stato un forte ricambio generazionale nell’acciaieria, quasi tutta la vecchia guardia di operai che aveva vissuto il periodo delle lotte e rivendicazioni sindacali è andata in pensione, sostituita da giovanotti senz’arte né parte, immigrati meridionali e disperati di vario genere, perché nessuno vuole più lavorare alla Lucchini. Nessuno che ne ha appena la possibilità vuole lavorare in questo stabilimento dove il lavoro è fatto male, i macchinari obsoleti e pericolosi nel loro utilizzo, le norme di sicurezza trascurate e il futuro ogni giorno più incerto.

Il 24 è stato firmato un accordo di programma per Piombino. Cosa prevede?

L’accordo mette a disposizione 250 milioni di euro provenienti dalla regione e dallo stato, fondi che verranno impiegati per la bonifica del territorio, l’ampliamento del porto dove saranno dismesse le navi della difesa e il rifacimento della bretella che collega il porto di Piombino alla superstrada Aurelia. Tutti lavori di contorno che non vanno a toccare la questione dello stabilimento siderurgico che, in mancanza di un investitore privato chiuderà definitivamente e le promesse di Rossi di riattivazione dell’impianto entro due o tre anni saranno parole al vento.

Per gli operai della Lucchini sarà garantito un lavoro in queste opere di bonifica con contratti di solidarietà, posticipandone ancora per un po’ la disoccupazione, mentre per i quasi 2000 lavoratori dell’indotto ci sarà solo la cassa integrazione.

Come te la vivi l’imminente fine della fabbrica preannunciata dall’ultima colata di acciaio fuso?

Male. Ormai da anni ci troviamo in una situazione di precarietà insostenibile e snervante, il nostro posto di lavoro in preda alle imponderabili vicende del libero mercato, non sai fino a quando avrai un lavoro, non sai se ti pagheranno il tfr (giacché parte di quei soldi li hanno utilizzati per far andare avanti l’azienda negli ultimi tempi) e non puoi fare progetti sul tuo futuro.

Ogni tanto al lavoro dico ai colleghi: “Non sentite una sensazione strana, come di essere su una barca alla deriva?”, ma molti sembrano non capire tanto sono assuefatti allo stato di cose. La cosa paradossale è che mentre la barca sta andando a sbattere sugli scogli tutti fanno finta di niente, i capi pretendono di far andare avanti la produzione e mantenere gli stessi ritmi lavorativi facendo fare agli operai anche lavori completamente inutili.

Mi sento in una situazione irreale, assurda. Ormai spero che quest’agonia finisca presto per poter andare a fare il pizzaiolo.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 3/5/2014, 13:24

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Più potere ai padroni!

Decreto lavoro. Emendamenti finti, precarietà totale vera


Sembra sia finita la recita a soggetto tra i partiti di governo sul “pacchetto lavoro”. Una recita a beneficio dei tanti che si perdono nei dettagli e non vedono più l'insieme; una recita per consentire a qualche corrente di avere visibilità e disegnarsi un ruolo meno infame (la “sinistra del Pd” eccelle in questo giochino).

Il decreto lavoro all'esame della Commissione lavoro in Senato è stato perciò riscritto da otto emendamenti presentati dallo stesso governo; e tutti – a partire da Renzi – giurano che ora il testo è “blindato”.

Un esame anche superficiale del nuovo testo rivela che ben poco è cambiato nella logica del provvedimento, tutta orientata a “flessibilizzare” i rapporti di lavoro e consentire alle imprese di manovrare i dipendenti come una “materia prima” del ciclo produttivo: la si ordina quando serve, la si butta via quando non è indispensabie. Senza impegni e senza “responsabilità”.

“A sinistra” (nel Pd) si parla di “vittoria” per aver ottenuto il limite del 20% degli “apprendisti” da assumere a tempo indeterminato (dopo tre anni!). Oltre quella soglia l'azienda pagherà una multa (meglio sarebbe dire “dovrebbe pagare”). Ma questo limite varrà soltanto per le imprese con più di 50 dipendenti, anziché 30 (come nel testo precedente). Al di sotto di questa soglia l'impresa non avrà vincoli di percentuale: anche tutti “apprendisti”, insomma. Un vero “successo” per Fassina & co.

Idem per le proroghe dei contratti a termine: ce ne potranno essere cinque (anziché otto) nell'arco dei 36 mesi. Nella realtà futura non cambierà nulla (semplicemente ogni proroga dovrà essere per un periodo leggermente più lungo), visto che non è prevista alcuna stabilizzazione al termine dei 36 mesi.

Superati anche i “contrasti” sulla presenza o meno della “formazione pubblica” degli apprendisti. La Regione - nei 45 giorni previsti per comunicare all'azienda le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica - dovrà indicare anche le «sedi» e il «calendario», facendosi supportare... dalle «imprese e dalle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili». Un lungo giro burocratico per tornare al punto di partenza: la “formazione pubblica” si farà in azienda (“on the job”), lavorando per una paga decurtata del 30% (corrispondenti alle ore di “formazione”).

Quasi da presa in giro l'emendamento che stabilisce un “diritto di precedenza” per le donne in gravidanza, che dovrebbe essere indicato nel contratto a termine da stipulare.

Una sanatoria di lunga durata, infine, per le imprese che quanfo andrà in vigore la legge si ritroveranno con più dipendenti a tempo determinato consentito; dovranno rientrare nel limite entro il 31 dicembre del 2014 (ovvero licenziare un po' di precari a termine). Ma c'è un altro “aiutino” cui potranno ricorrere, perché questi limiti potranno essere superati se «un contratto collettivo applicabile nell'azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole». In pratica, con la scusa di “salvaguardare l'occupazione”, qualche sindacato complice potrà accordare al padrone di avere più precari del consentito.

Gli emendamenti sono così innocui che tutti i contendenti nella maggioranza (Maurizio Sacconi, Angelino Alfano, Pietro Ichino, ecc) se ne sono detti soddisfatti.
Le aziende ringraziano.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 13/5/2014, 13:18

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Troppi giovani disoccupati? Mandiamoli a lavorare gratis...


Renzi una ne fa e cento ne racconta. E' vero. Ma questa storia del "servizio civile obbligatorio" per i giovani disoccupati, in collaborazione con le imprese del "terzo settore" che tanto hanno contribuito allo smantellamento e alla privatizzazione dell'assistenza sociale, sembra qualcosa più di una boutade per riempire anche questa giornata con i suoi tweet.

"Assicurare una leva di giovani per la 'difesa della Patria' accanto al servizio militare", con la creazione di "un Servizio Civile Nazionale universale". Ma anche "dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del Terzo settore", attraverso "il riordino e l'armonizzazione delle diverse forme di fiscalità di vantaggio per gli enti del terzo settore" e il "potenziamento del 5 per mille".

L'insieme delle frasi - a Renzi non si può chiedere un discorso organico o un "quadro complessivo" - ha una sua coerenza. Terrificante.

Intanto perché identifica una fascia generazionale - i giovani dai 18 ai 29 anni, anche stranieri - e perché viene esplicitamente presentato come un "approccio"al mondo del lavoro. In pratica, si cerca di "sfoltire" la platea di "neet" (giovani che non lavorano e non studiano) obbligandoli a prestare un "servizio civile" che la stessa cogenza del vecchio servizio di leva. Gli ultimi anni di esistenza del "servizio militare" furono segnati da un massiccio aumento di opzioni per il "servizio civile al posto dell'addestramento militare vero e proprio. Allora questo fenomeno definito ipocritamente "pacifista" venne incentivato dai governi dell'epoca, che puntavano a creare un esercito di soli "professionisti", più snello e soprattutto più fedele del "popolo in armi" immaginato dalla Costituzione repubblicana. Con un colpo solo, insomma, il potere privava la popolazione di una conoscenza "pericolosa" (l'uso, anche elementare, delle armi) e si autorappresentava come "portatore di pace". Negli stessi anni, infatti, veniva ripudiato completamente l'art. 11 della Carta e l'esercito italiano veniva spedito un po' dappertutto nel mondo a compiere "missioni di pace" costate decine di morti ai "nostri" invasori e un numero sconosciuto - ma decisamente superiore - alle popolazioni che si si era andati ad "aiutare".

Quella preferenza indotta per il "servizio civile" ora viene rispolverata e declinata in altra prospettiva. Allora gli "obiettori di coscienza" venivano spediti a lavorare - gratis - nel cosiddetto "terzo settore": assistenza agli anziani, ai disabili, assistenza domicialre, ecc. Poi il blocco della leva privò quelle "imprese" di una fonte ineausaribile di manodopera a costo zero, andandone molte in crisi. Sono sopravvissute quasi soltanto quelle di matrice cattolica (che potevano ancora disporre di "volontariato" gratuito e 5x1000), oppure quelle più grandi eorganizzate nella filiera della Coop.

Un'esperienza che ora può essere rilanciata su vasta scala. Il nuovo Servizio civile universale - spiegano le seconde linee renziane presentando la proposta di riforma del "terzo settore" - dovrà essere "garantito ai giovani che lo richiedono" e che vogliano "confrontarsi con l'impegno civile, per la formazione di una coscienza pubblica e civica", fino "ad un massimo di 100.000 giovani all'anno per il primo triennio dall'istituzione del Servizio".

Non siete contenti, ragazzi? Il governo pensa a voi! Attenuerà la vostra disoccupazione facendovi lavorare gratis... Sì, è vero, somiglia un po' (troppo) alla proposta di lavoro gratuito per gli "occupandi" nell'Expo 2015 (e in questi giorni l'argomento non è proprio popolarissimo). Ma volete mettere la soddisfazione di fare un'esperienza di "solidarietà" umana a salario zero per voi e con guadagno certo per l'impresa cui verrete dati in dote?

Chissà che ne pensano a Comunione e Liberazione...

fonte

Renzismo creativo
https://scintillarossa.forumcommunity.net/?t=56311041
 
Web  Top
view post Posted on 14/5/2014, 13:17

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


I lavoratori pubblici in sciopero bloccano il centro di Roma


Nelle piazze d’Italia oggi si regalano i “renzini”, la banconota da 80 Euro coniata dall’USB che su una facciata riporta l’immagine del premier, (“Statesereni!”, esclama Renzi nel fumetto), dall’altra “No ai diktat della troika. Contratti subito, stabilizzazione di tutti i precari”.

È fasulla come le promesse di Renzi e Madia, ironizzano i tanti lavoratori e lavoratrici del Pubblico Impiego che questa mattina stanno distribuendo la banconota nel corso della tante iniziative organizzate dall’USB P.I., nell’ambito della giornata nazionale di mobilitazione per il rinnovo dei contratti, la stabilizzazione dei precari e contro il massacro del lavoro pubblico e dei servizi.

A Roma, dove i dipendenti del Comune sono anche in sciopero per tutta la giornata, un corteo di oltre 1.500 lavoratrici e lavoratori è partito da piazza Madonna di Loreto, bloccando il traffico su piazza Venezia, per raggiungere la scalinata del Campidoglio. Lì le tante lavoratrici del settore scolastico-educativo, uno dei più penalizzati dalla riorganizzazione in atto, hanno inscenato un flash mob sul tema “gli asili che vorrei”. I dipendenti di Roma Capitale chiedono un incontro diretto con il sindaco Marino sul problema salariale, l’espulsione del personale precario e la privatizzazione dei servizi alla cittadinanza.

Sempre nella capitale, tanti delegati e lavoratori di tutti i settori del lavoro pubblico stanno presidiando piazza Santi Apostoli. Una delegazione si è spostata a protestare sotto la vicina sede della Commissione UE.

Insieme alla banconota viene distribuita alla cittadinanza la lettera di risposta a quella “virtuale” inviata ai lavoratori pubblici da Renzi e Madia: “Noi facciamo sul serio, noi siamo seri”, è l’incipit della lettera, che respinge al mittente il blocco dei contratti, la mobilità forzata, il taglio ulteriore del salario accessorio.

Tutte le iniziative indette nella capitale confluiranno a breve in piazzetta Vidoni, sotto la sede della Funzione Pubblica, dove è previsto un incontro fra l’USB ed i rappresentanti del ministero.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 23/5/2014, 17:55

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


libertà per i due disoccupati organizzati slai cobas arrestati a taranto
lottare per il lavoro non è reato!


tarantocontro

VENERDÌ 23 MAGGIO 2014

ampia eco nella stampa ai fatti in comune di ieri, ma molta disinformazione e spazio alle menzogne di stefano - oggi nuova manifestazione al centro via d'aquino per ristabilire la verità dei fatti, esprimere solidarietà a massimo e francesco, chiedendo la loro urgente liberazione e rilanciare più che mai la lotta per il lavoro!


fonte
 
Web  Top
view post Posted on 26/5/2014, 13:46

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


Operaia Fiat suicida alla fine della cassa integrazione


Mentre tutti si fanno drogare allegramente dallo spettacolo elettorale, in Italia si muore di mancanza di lavoro, di senso, di collettività.
Ad Acerra una donna di 47 anni, Maria Baratto, operaia in cassa integrazione del reparto logistico Fiat a Nola (più famoso come “reparto confino” cui erano stati destinati alcuni degli operai più combattivi di Pomgialiano, prima ancora che Marchionne si inventasse il nuovo “modello”), si è uccisa nella propria abitazione martedì scorso, ma il cadavere è stato ritrovato solo quattro giorni dopo.
L'operaia era da circa sei anni in cig, in scadenza definitiva il 13 luglio prossimo. Era separata dal marito e viveva da sola.
Il 2 agosto 2011 aveva scritto sul sito del Comitato delle mogli operai Pomigliano D'Arco: "Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti". In quel momento, infatti, faceva molto discutere il tentativo di suicidio di un altro operaio di Pomigliano D'Arco, che aveva tentato di togliersi la vita ferendosi più volte con un coltello.
"L'intero quadro politico-istituzionale - scriveva - che da sinistra a destra ha coperto le insane politiche della Fiat, è corresponsabile di questi morti insieme alle centrali confederali". Marchionne era esplicitamente accusato di "fare profitti letteralmente sulla pelle dei lavoratori che sono costretti ormai da anni alla miseria di una cassa integrazione senza fine ed a un futuro di disoccupazione".
"Il tentato suicidio di oggi di Carmine P., cui auguriamo di tutto cuore di farcela, il suicidio di Agostino Bova (ex operaio di Termini Imerese) dei giorni scorsi, che dopo aver avuto la lettera di licenziamento dalla Fiat per futili motivi è impazzito dalla disperazione ammazzando la moglie e tentando di ammazzare la figlia prima di togliersi la vita, sono solo la punta iceberg della barbarie industriale e sociale in cui la Fiat sta precipitando i lavoratori. Anche per questo la lotta dei lavoratori Fiat contro il piano Marchionne ed a tutela dei diritti e dell'occupazione rappresenta un forte presidio di tenuta democratica per l'intera società".
Lo scorso febbraio si è suicidato un altro operaio del reparto logistico fantasma di Nola: Giuseppe De Crescenzo impiccatosi nella sua casa di Afragola.
Non basta sapere cosa sta accadendo e perché per trovare la forza di continuare a vivere e lottare. Serve essere parte di una vita collettiva, di essere riconosciuti come parte attiva, integrante, positiva. Serve non restare mai soli. Anche questo è un crimine da mettere in conto a Marchionne e ai tanti che ne magnificano il “modello”.

fonte
 
Web  Top
view post Posted on 5/6/2014, 17:50

Group:
Member
Posts:
23,823
Location:
ScintillaRossa

Status:


La favola degli 80 euro e la realtà dello scippo di migliaia di euro ai lavoratori per i contratti (nazionali e decentrati) non rinnovati… l’esempio del Policlinico di Palermo

Niente “bonus” di 80 euro per i nuclei monoreddito con 2 figli. Promessa rimandata a settembre... La trovata elettorale degli 80 di euro ai lavoratori che non superano i 24.000 euro lordi e che è servita a Renzi per raccogliere qualche voto in più, infatti non si ripete per quelli che non vi rientravano, incapienti, pensionati ecc.

Gli 80 euro sono in realtà una grande presa in giro anche prendendo in considerazione il dato che oltre la metà dei contratti nazionali non è stata ancora rinnovata (quello della scuola per esempio sembra bloccato fino al 2020) e questo significa che in tutti questi anni le lavoratrici e i lavoratori hanno perso migliaia di euro, altro che 80! (e questo nonostante i rinnovi si riducano spesso a pochi euro al mese!)

E qui per adesso non vogliamo considerare il fatto che per raccogliere questi 80 euro, sono già stati tagliati fondi alle regioni e ai comuni (che aumenteranno le tasse, anche quelle “occulte” come le multe dei vigili urbani) e aumentati i prezzi di alcuni servizi, come per esempio il costo del passaporto che passa da 40 a 80euro! Consideriamo che i lavoratori non perdono solo per il mancato rinnovo del contratto nazionale, ma anche per il modo in cui viene trattato il contratto cosiddetto di secondo livello, aziendale o decentrato. Sia nel privato che nella pubblica amministrazione la tendenza è non solo ad allungare i tempi del rinnovo, ma anche a provare a non riconoscere più certi “istituti contrattuali” che sono un modo per aumentare di un po’ il salario e che le amministrazioni, complici i sindacati confederali, sperano che i lavoratori dimentichino. Problema di cui, naturalmente, non soffrono i dirigenti e i burocrati.


Di esempi ce ne sono diversi: ricordiamo quello del personale della scuola transitato dagli enti locali allo Stato nel 2000 che ha un contenzioso legale aperto per arretrati per migliaia di euro (bloccati dal precedente capo del governo Berlusconi e continuato dall’attuale) e quello che più in dettaglio riportiamo sotto da un volantino del Policlinico di Palermo.

***
Alle lavoratrici e ai lavoratori del Policlinico
DOPO ANNI DI BRICIOLE…, L’AZIENDA AUMENTA L’IMPORTO RELATIVO ALLA PRODUTTIVITA’/RISULTATO. MIRACOLO? NO!
LA LOTTA, LE PRESSIONI E LE DENUNCE DELLO SLAI COBAS, PAGANO…!


Come tutti i lavoratori hanno potuto piacevolmente constatare, quest’anno, malgrado non vi sia stato alcun incremento del fondo destinato alla produttività, le somme liquidate lo scorso mese di maggio, per l’anno 2013, sono state superiori a quelle degli anni 2011 e 2012.
Ciò conferma il fatto che, negli anni precedenti, a partire dal 2005, ogni lavoratore si è visto privare almeno di 1.500- 2000 euro annui.
Se poi, a queste somme si aggiungono: 1) il recupero, arbitrario, del 70% dell’Indennità di Ateneo; 2) l’illegittima abolizione dell’indennità di amministrazione; risulta che i dipendenti sono stati scippati annualmente in media di 4.000 euro. In pratica, attualmente, l’azienda deve ad ogni dipendente:

- la differenza del saldo produttività degli anni 2011, 2012, 2013, (circa 2000 euro annui); ai lavoratori che hanno presentato il ricorso per gli arretrati 2005-2010, spetteranno le relative differenze, il legale ha chiesto un minimo di 12 mila euro a testa. Nei primi di agosto si dovrebbero conoscere i conteggi del CTU;
- le quote dell’Indennità di Ateneo finora indebitamente trattenute, che variano a seconda della Categoria di appartenenza, e che vanno dagli 800 ai 1.500 euro per ciascun lavoratore, per ogni anno, dal 2011 al 2013;
- il ripristino dell’Indennità di Amministrazione, a partire da gennaio 2012 ( 77 euro mensili, ovvero 924 euro annui), per il quale lo SLAI Cobas unitamente ad un centinaio di lavoratori ha proposto ricorso legale, la cui prima udienza avrà luogo in marzo 2015.

Poi, vi sono: gli “interventi a favore del personale”, e la PEO.

Quanto sopra, unitamente alle numerose problematiche che da tempo affliggono i lavoratori dell’A.O.U.P., compresa l’emergenza igienico-sanitaria e la questione della “salute/sicurezza”, il 31 marzo scorso, è stato riportato dallo SLAI Cobas al commissario straordinario, pressando perché si ponga fine al continua negazione dei sacrosanti diritti, che impoverisce maggiormente le già misere tasche dei lavoratori.

Alla luce di quanto sopra, i lavoratori aderenti allo SLAI Cobas, riunitisi recentemente in assemblea, hanno deciso di sollecitare ulteriormente la risoluzione delle diverse questioni, a cominciare dalla restituzione delle somme non erogate, inerenti alla produttività 2011-2012-2013 e all’indennità di Ateneo, per le quali la scrivente O.S. stamattina ha trasmesso una diffida. In merito a ciò, a partire da oggi, sono in circolazione dei moduli da compilare e inviare all’amministrazione, così come è stato fatto per l’Indennità di Ateneo.

fonte
 
Web  Top
444 replies since 16/8/2013, 11:22   7340 views
  Share