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Crisi, lavoratori allo sbaraglio

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view post Posted on 28/7/2020, 11:19
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vietcong

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Caporalato, 50 donne italiane sfruttate assunte grazie al progetto ‘Iamme’: “Per 30 anni mi hanno detto ‘lavora asina’. Questo è un sogno”
Angela è una delle persone che grazie alla filiera bio-etica creata dall'associazione NoCap, in collaborazione con il Gruppo Megamark e Rete Perlaterra, otterrà un contratto regolare di 6,5 ore al giorno per raccogliere uva da tavola nelle terre di Ginosa. "Lo sfruttamento nei campi è un fenomeno trasversale che colpisce non solo gli immigrati, ma anche gli italiani", dice Yvan Sagnet

di Gianni Rosini | 28 Luglio 2020 - ilfattoquotidiano.it
 
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Dopo i grandi proclami: l'opportunismo.
 
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《Siamo al fianco dei lavoratori della Betafence, impegnati in un picchetto davanti allo stabilimento di Tortoreto.
La multinazionale pochi giorni fa ha annunciato, senza alcuna forma di preavviso, la chiusura della sede abruzzese e il licenziamento dei 155 operai che vi lavorano. I padroni affermano che la dismissione della fabbrica sia necessaria a seguito delle perdite legate alla pandemia globale. Tuttavia, durante il lockdown la produzione è rimasta su livelli alti, senza grandi variazioni di fatturato.
Recentemente la multinazionale ha delocalizzato in Polonia la produzione del proprio stabilimento inglese e il sospetto è che ciò possa accadere anche nel caso della sede di Tortoreto. I padroni sono intenzionati a approfittare della situazione derivante dalla pandemia per procedere a delocalizzazioni e riorganizzazioni aziendali a spese dei lavoratori, aumentando ulteriormente i profitti.
Per contrastare questi tentativi di scaricare i costi della crisi sui lavoratori e sulle classi popolari bisogna organizzare un grande fronte unico di classe, che unisca le lotte e faccia arrivare una risposta forte e chiara ai padroni. Noi la crisi non la paghiamo!》
 
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view post Posted on 29/9/2020, 10:35
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Marco Rizzo

QUESTO È LO SCHIFO DI MONDO DEL LAVORO PER I NOSTRI GIOVANI. LEGGETE: «Buonasera segretario,
Con la presente l'autorizzo alla pubblicazione di questa lettera aperta.
Mi son permessa di scriverle perché, secondo me è l'unico che, soprattutto in questo periodo storico, è vicino ai problemi dei lavoratori e volevo darle una testimonianza diretta di un sistema malato che si è innescato negli ultimi anni nel mercato del lavoro.
Le parlo del progetto Garanzia Giovani, una serie di provvedimenti legislativi promossi dall'unione europea e posti in essere dal governo a guida PD Letta prima e Renzi dopo, che sta mettendo in ginocchio, come me, centinaia di altri giovani lavoratori. Questo sistema balordo, ad alto tasso di sfruttamento, prevede un compenso da fame così diviso (parlo per la mia regione, la Puglia) : 350€ mensili da parte della regione e 150€ da parte dell'azienda, per una durata di sei mesi (che nel mio caso si sono protratti a nove causa covid). Non solo, l'azienda ha la possibilità di interrompere anticipatamente il tirocinio in qualsiasi momento e senza alcun preavviso, con effetto immediato e di fatto senza essere tenuta a fornire spiegazione alcuna. Il tirocinante quindi nel periodo di tirocinio non ha alcuna garanzia circa l'interruzione anticipata del tirocinio, nemmeno un breve preavviso, non si applica alcun contratto nazionale, sia per la parte normativa (malattia, ferie, maternità ecc.) che retributiva (salario minimo mensile).
Il tirocinante non ha diritto a contributi previdenziali, ferie retribuite, maternità, congedi, indennità di malattia, scatti di anzianità, non è previsto nessun preavviso (o indennità di mancato preavviso) in caso di licenziamento o dimissioni. Il periodo di tirocinio non figura nemmeno ai fini dei contributi previdenziali figurativi (anni per la pensione, senza reale versamento di denaro all'INPS). Solo questo? Macché non sono nemmeno puntuali con i pagamenti, ben che vada, poiché alcuni non hanno proprio ricevuto nulla o hanno dovuto aspettare anche anni per avere quanto gli spettasse, e sto dando per scontato un comportamento corretto da parte dell'azienda, poiché ci sono stati casi in cui le aziende non hanno rispettato quei pochi oneri che avevano, basti leggere i vari commenti alla pagina ufficiale della regione di appartenenza, dove centinaia di persone raccontano la loro esperienza come vittime di questo sistema che permette a tante aziende di avere personale praticamente a costo zero, con un continuo ricambio ricorrendo a questa formula, cui obiettivo sarebbe dovuto essere quello di favorire l'inserimento nel mondo del lavoro degli under 29, invece non solo favorisce le imprese e danneggia i giovani lavoratori (diplomati e laureati) ma danneggia anche i lavoratori over 30 che si vedono porte sbattute in faccia perché molti assumo solo con con questo "programma".» ANCHE PER QUESTI MOTIVI SAREMO A MANIFESTARE A PIAZZA SANTI APOSTOLI a ROMA SABATO 10 OTTOBRE alle ore 14.30.
 
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view post Posted on 29/9/2020, 14:26
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view post Posted on 30/9/2020, 17:38
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TIROCINI,UNA FORMA DI SCHIAVITÙ


Premessa:
I lavoratori di fine Ottocento e inizi Novecento dettero il via ,tramite le prime forme di attivismo sindacale, alle leghe socialiste e comuniste, oltre ai primi partiti politici di classe,alla grande storia delle lotte operaie e in generale del proletariato.Partirono da condizioni di miseria assoluta e orari di lavoro che rasentavano la schiavitù e diedero vita ad un'epoca di grandi conquiste sociali col passare del tempo.Non è un mistero che negli ultimi decenni la tendenza si è invertita, i padroni riavanzano tracotanti, con nuovi e più sofisticati mezzi per ridurre la classe lavoratrice in catene, questo è un dato di fatto.
Il tirocinio è ormai chiaramente una forma sempre più evoluta per ridurre i diritti sociali all'annullamento totale. Andrò quindi a fare un report su queste condizioni di semi-schiavitù e successivamente a denunciare come tali tirocini violino la costituzione italiana.Ebbene sì; basta conoscere la costituzione per poterli tacciare di essere anticostizionali.
Cenni storici:
Le prime proposte italiane per i tirocini partono con la legge del 12 Aprile 1995 del Governo Dini. Questo enorme danno sociale è causato soprattuto dalla parte politica che si fa'chiamare"centrosinistra": I tirocini in Italia passano poi alla vera e propria ribalta col cosiddetto "Pacchetto Treu", ossia la legge n. 196 del 24/06/1997, promulgata dal primo Governo Prodi. Ufficialmente il ministro Tiziano Treu (futuro esponente della Margherita e successivamente del PD)sosteneva di andare a contrastare la disoccupazione del sud italia, ma in realtà andò a fornire ai padroni forza lavoro sottopagata e priva dei diritti sociali più basilari. Questa legge assoutamente aberrante vide anche il sostegno del Partito Democratico della Sinistra (divenuto poi DS e infine PD) che all'epoca aveva ancora la Falce e Martello alla base della quercia, oltre all'appoggio esterno di Rifondazione Comunista e dei maggiori sindacati che erano compiacenti e col capo ben chino.
Era solo l'inizio, perchè come la prima tassella del domino cadde non potevano che cadere una dopo l'altra le tasselle successive. Gli anni passavano e i tirocini venivano peggiorati ogni volta che erano rivisti, fino a dare in merito una maggiore autonomia ai governi regionali, ora liberi di dire la propria su una legislazione non più esclusiva dello Stato.
L'utima legge per chi come me vive in Emilia Romagna è stata fatta dalla giunta regionale trainata dal PD e guidata da Stefano Bonaccini. La legge entrata in vigore il 1° Ottobre 2018 e della quale nei paragrafi sottostanti andrò a disquisire riusciva a rappresentare un totale arretramento, basti dire che ha avuto la complicità di Sinistra Ecologia Libertà (che era parte della maggioranza) e l'accordo unanime di tutte le false opposizioni che tra voti favorevoli e assenze evitarono di fare una vera opposizione.Tra questi figurano: il centrodestra, l'M5S e l'Altra Emilia Romagna (forma regionale della "Lista Tsipras" e il cui unico consigliere regionale all'epoca era iscritto al PCI di Alboresi e successivamente sarebbe andato in LeU. Ma tale lista vedeva anche l'appoggio di Rifondazione Comunista, Azione Civile di Antonio Ingroia e il movimento ALBA).
Criticità generali che portano all'incostituzionalità:
In questo partagrafo andrò ad analizzare alcuni tratti salienti dei tirocini che nel corso di tutto questo tempo non sono mai stati messi in discussione e che garantiscono condizioni di lavoro prive di diritti sociali.
Prima di tutto bisogna notare che i tirocinanti non hanno mai avuto uno stipendio pari ad un lavoratore che faccia il loro stesso orario e la stessa mansione, ma nemmeno i contributi per la pensione, la malattia e le ferie pagate. Eppure L'articolo 36 della Costituzione Italiana dice : Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, l'ultimo comma dell'articolo aggiunge inoltre:
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi.
Se voleste avere maggiori informazioni per quanto riguarda il lavoro, tutti gli articoli oltre l1 e il 4, sono descritti nel titolo terzo della costituzione, i cosidetti rapporti economici che vanno dallarticolo 35 al 47. Quindi vediamo che in particolare la mancaza delle ferie pagate violi chiaramente la dicitura della costituzione, cosi come la bassa retribuzione e le altre mancanze di diritti.
I tirocini fin dalla loro comprarsa non sono mai stati inseriti nella Legge 104 del Febbraio 1992 e quindi come ho visto succedere,se il parente di un tirocinante sta male, il tirocinante nel caso decida di stare a casa per assisterlo perde la giornata, ma del resto di cosa ci meravigliamo? Non avendo la malattia, anche se è il tirocinate stesso a stare male, perde comunque la giornata, una vera ingiustizia e quando superano l'età massima e devono andare in pensione? Il tempo che hanno lavorato come tirocinanti non gli è valso come contributi.
La paga è veramente vergognosa: infatti per legge i tirocinanti hanno la retribuzione fissata ad un minimo di 450€ mensili, in qualsiasi campo e con qualsiasi orario; non hanno diritto a nulla di più, semmai è il datore di lavoro che per sua volontà può aumentare la retribuzione. Eppure l'articolo 36 prima dicevamo che afferma il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, un obbiettivo non certo raggiungibile con una paga cosi misera se paragonata al costo odierno della vita.La cosa peggiore è che in alcune regioni vi sono scappatoie che portano a retibuzioni molto inferiori alla cifra prefissata e nel paragrafo successivo esamineremo questo punto.
Delibera della Giunta Regionale n.356 del 12 Marzo 2018:
Questa legge regionale dell'Emilia Romagna, votata il 12 Marzo e entrata in vigore l'1 Ottobre è stata fortemente voluta sia dalla Giunta Bonaccini che dai suoi oppositori e ora vi andrò a dimostare come sia un totale arretramento sul piano dei già esigui diritti dei tirocinanti.
Elenco i punti per me più critici:
1) Se andiamo a pagina 9 della delibera, al paragrafo; " 3.5 Indennità di partecipazione (art.26 quarter)" dice: "Viene confermato l'importo minimo mensile di euro 450.". Però subito sotto c'è scritto anche: "Si prevede che la Giunta regionale, con propria deliberazione possa prevedere eventuali circostanziate deroghe in materia di corresponsione e ammontare dell'indennità."
Ora ,cosa notiamo da questo paragrafo? Premettendo che "indennità" è il termine con cui si chiama la retribuzione dei tirocinanti, si evince che sopra si fissa una paga minima (già di per sè bassa) e sotto si dà un escamotage con il quale in determinati casi il padrone ti può dare ancora meno. Notare che il primo punto è scritto ben chiaro e il secondo in termini criptici, di modo che se un tirocinante si fosse scaricato le ventisette pagine della delibera sarebbe stato tratto in inganno. Conosco svariati tirocinanti che lavorano per meno di 200 euro mensili. Va inoltre aggiunto che se prima in caso di qualsiasi assenza dal lavoro (anche per malattia) perdevi solamente la giornata lavorativa, con la delibera 356 bisogna rispettare un minimo di orario di presenza, pena il non ricevere l'indennità neanche per i giorni nei quali si è lavorato.
2) Un' altro punto gravissimo della legge è che superando la divisione tra tirocini formativi e di orientamento, oltre a quella di inserimento e inserimento lavorativo,si pongono limiti nella durata del tirocinio non tenendo conto sufficientemente delle differenze tra un tirocinio e l'altro.
Lo storico problema dei padroni che si approfittano dei tirocinanti, tenendoli in lunghissimi ed eterni periodi di tirocini certamente richiede un deciso intervento, ma cosi si peggiora solo la situazione, invece di migliorarla. Mi spiego: se per risposta si impone un limite, invece di favorire l'inserimento nel mondo del lavoro succede che il datore di lavoro può limitarsi a cambiare ciclicamente i tirocinanti e garantirsi manodopera sottopagata.
Và poi spiegato che la delibera stabilisce una durata massima di sei mesi per tutti i tirocini, eccezion fatta per le persone in condizione di svantaggio economico che è di dodici mesi e per gli invalidi che è di ventiquattro mesi. Certo in linea generale si potrebbe anche pensare che si voglia favorire chi ha un basso reddito o è disabile, in realtà li si mette in difficoltà. Il grande svantaggio soprattutto di coloro che sono diversamente abili è che molti di loro sono in condizioni fisiche svantaggiate o addirttura inabili al lavoro;hanno solo il tirocino e se glielo limiti invece di dargli più diritti, cosa potranno mai andare a fare?.
4) A pagina 4 viene chiaramente detto:" la delibera è aprovata a "Voti unanimi e palesi"", quindi ne deduco che le opposizioni a partire dal centrodestra (Lega + FdI + FI) fino alla sinistra radicale (PRC+ PCI+ AC e Alba), passando per il Movimento 5 Stelle, si siano tutte calate le braghe e abbiano acconsentito al totale massacro dei diritti dei tirocinanti eseguito dalla giunta della coalizione PD, SEL, Verdi, Centro Democatico, Scelta Civica di Monti, PSI e Italia Dei Valori.
Conclusioni:
La tragica storia dei tirocinanti è da imputare prevalentemente alle sinistre più o meno moderate, le quali con la complicità dei centristi si sono svendute ai padroni come le destre e i 5 Stelle; hanno contribuito al massacro sociale, mentre le grandi confederazioni sindacali si sono semplicmente girate dall'altra parte con fare omertoso.
Dopo queste amare constatazioni è ora di proporre una grande lotta sociale, perchè per la prima volta nella storia si arrivi ad una normativa proletaria,giusta ed anticapitalista.
È necessario chiedere e ottenere:
1) Indennità più alte e dignitose
2) Malattia, ferie pagate, contributi sulla pensione e la 104.
3) Il reale inserimento nel mondo del lavoro e la garanzia per coloro che non possono lavorare a piene forze di aver diritto al loro tirocinio senza dover temere la sua scadenza.
Luca Pasini,militante del Partito Comunista, federazione Bologna-Valsamoggia
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vietcong

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La vittima un operaio di 42 anni
Incidente mortale sul lavoro a Tivoli
L’uomo è precipitato da un'altezza di 10 metri

01 ottobre 2020

Stava riparando il tetto di un capannone. Una lastra avrebbe ceduto, portando giù l’operaio.
E' una prima ricostruzione dell’incidente mortale, sul posto di lavoro, avvenuto ieri a Tivoli, vicino Roma.

Da pochi mesi l'uomo era dipendente di una ditta di infissi. Con lui sul tetto altri tre colleghi.

Una caduta che non ha lasciato scampo all’operaio che è morto sul colpo.
Sull’incidente indagano i poliziotti del commissariato di Tivoli.
 
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PARTITO COMUNISTA

SULLA ROTTURA DELLE TRATTATIVE PER IL RINNOVO DEL CCNL-METALMECCANICI:
LA POSIZIONE DEL PARTITO COMUNISTA
Premessa: Nel 2016 con l’ex rinnovo del CCNL, i sindacati confederali concertativi avevano dimostrato di acconsentire a tutte le pretese padronali:
-quasi totale mancanza di aumenti salariali;
-flessibilità massima dell’orario di lavoro;
-incremento delle ore lavorative con straordinari obbligatori;
-aumento della precarizzazione;
-introduzione della sanità privata con il fondo Metasalute;
In seguito alla pandemia, le dirigenze nazionali dei sindacati FIOM-FIM-UILM hanno ribadito le loro posizioni.
Ad oggi infatti, la discussione al tavolo tra associazioni padronali e confederali è il cosiddetto “PATTO PER LA FABBRICA” (sottoscritto dagli stessi il 9.03.2018), impattante anche nel confronto tra Federmeccanica, Assistal e FIOM- FIM-UILM.
Tale discussione dovrebbe rappresentare un “patto sociale” dove le esigenze e la necessità dei lavoratori vengono trasformate in sottomissione allo sfruttamento della classe padronale, sempre più pressante all'interno del sistema capitalista.
Il conflitto capitale/lavoro viene per l’ennesima volta eluso e trasformato in COLLABORAZIONISMO.
Dopo ben 13 incontri tra FIOM, FIM, UILM e Federmeccanica, si apprende da qualche giorno della “rottura delle trattative”.
Cosa però sia effettivamente emerso da tutti questi incontri, non è dato sapere ai lavoratori !
Tante, troppe volte la classe padronale, con il sostegno delle dirigenze sindacali confederali, si é riempita la bocca con parole come “solidarietà e unità di intenti” cercando di convincere le masse che lavoratori e grandi padroni sono tutti sulla stessa barca.
Come Partito Comunista affermiamo che non ha alcun senso interrompere le trattative senza organizzare una vera mobilitazione di protesta che coinvolga i diretti interessati: I LAVORATORI !
Ad oggi, questa rottura delle trattative, è una vera e propria farsa, mascherata abilmente da presa di posizione
In questo proseguiamo il nostro percorso volto alla presa del potere politico in mano ai lavoratori, pretendendo che nel rinnovo del CCNL dei metalmeccanici ci sia:
1 ) L’immediato RIPRISTINO DEI DIRITTI pre-Covid (mense, pause, servizi igienici e diritti sindacali) con le dovute precauzioni e adeguamenti.
2 ) La riduzione dell’orario di lavoro sfruttando l’introduzione della moderna tecnologia sul luogo di lavoro (la stessa sbandierata dai padroni).
3 ) Nessun aumento dei ritmi di lavoro, specie nell'ambito di quelli usuranti.
4 ) Aumento reale del salario che permetta una vita dignitosa e ripaghi i lavoratori dei sacrifici richiesti durante l’emergenza sanitaria.
5 ) Cassa integrazione in casi definiti retribuita al 100%.
6 ) Assistenza e salute, devono essere universali e pubblici, non sostituire aumenti salariali, da sgravi fiscali che si ripercuotono sulle spalle dei lavoratori con minori servizi sociali.
7 ) Il welfare deve rimanere fuori dai CCNL !
8 ) Tutela della salute e della sicurezza garantita in ogni luogo di lavoro con gravi penalità per le imprese che la eludono.
9 ) Il protagonismo dei lavoratori nelle decisioni (a prescindere dal livello).
Ora più che mai è il momento di LOTTARE per i nostri diritti, non per aderire alla “PACE SOCIALE” voluta dai padroni.
 
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Partito Comunista

UBER-Italy INDAGATA PER CAPORALATO.
Il PM: “Riders pagati a cottimo 3 euro a consegna, derubati delle mance e puniti”
La procura di Milano ha concluso le indagini su Uber Italy, per accertare lo sfruttamento sulla pelle dei riders, derivante dalla filiale nostrana della multinazionale statunitense.
Sotto indagine anche la manager di Uber Italy Gloria Bresciani, in concorso con i due responsabili delle società di intermediazione (Frc e Flash Road City) attualmente coinvolte.
L’avviso di chiusura delle indagini riporta che i lavoratori venivano “pagati a cottimo 3 euro a consegna”, “derubati” delle mance e “puniti”.
Ci ricorderemo di chi, anche a “sinistra”, negava le condizioni vergognose in cui si trovano a dover lavorare i dipendenti di queste multinazionali.
I Rider sono una delle categorie di lavoratori che sono stati maggiormente sfruttati durante questo periodo di pandemia (soprattutto Lockdown) e che, negli ultimi mesi, hanno organizzato proteste e mobilitazioni spontanee per alzare la testa contro l’arroganza padronale.
Ciò però non basta.
Questo è il “modello di lavoro” basato sullo sfruttamento, che giunge a noi da oltreoceano.
Quello da svolgere a testa bassa, senza sicurezza e senza un salario dignitoso.
Un modello che per 68 ore di lavoro settimanali, ti lascia in mano “179,50 euro con annessa decurtazione, di 24,5 euro” come è stato riportato dal PM in questo caso.
Un modello che ci impegniamo a combattere e condannare ogni giorno dentro e fuori i luoghi di lavoro.
 
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Marco Rizzo

Pagati 4 euro l'ora per lavorare negli yacht di lusso. Erano diverse decine i lavoratori sfruttati da una società con oltre 150 dipendenti che operava presso cantieri spezzini. La Guardia di Finanza de La Spezia ha eseguito 8 ordinanze di cui 7 in carcere e uno ai domiciliari e ha sottoposto a sequestro preventivo di quasi un milione di Euro in un'operazione condotta tra Spezia, Savona, Ancona e Carrara, disarticolando questa brutta vicenda di caporalato. Dove erano i sindacati? Bisogna aspettare l’intervento della GdF? Quante sono alle situazioni di questo genere in Italia che tendono ad abbassare sempre di più la soglia del minimo salariale? Serve ricostruire un vero sindacato conflittuale e di classe che non tradisca i lavoratori.
 
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I banchieri della Deutsche Bank hanno capito come trovare i soldi per aiutare chi -per il COVID- ha perso il lavoro: una bella tassa extra del 5% sugli stipendi di tutti quelli che lavorano in smartworking. Secondo i loro conti il governo Usa potrebbe incassare 49 miliardi di $, quello tedesco 20 miliardi di € e quello britannico 7 miliardi di £. Bravi i banchieri, a pagare sempre chi lavora. Aveva ragione Brecht quando diceva: «è più ladro chi fonda una banca di chi la sfonda...».

(Marco Rizzo)
 
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di Matteo Mereu, responsabile Lavoro Partito Comunista

La situazione di crisi economica di livello mondiale, aggravata dalla pandemia di Sars-Covid19, ha costretto la ridefinizione di politiche consolidate di austerity in ambito di welfare e di spesa pubblica, in particolar modo la revisione del ruolo e l’intervento degli Stati nell’economia. Per questo motivo, anche nell’area dell’Eurozona, a partire dalla Commissione Europea, sì è riaperto il dibattito sul salario minimo. E’ doveroso fare una premessa: quando il livello di tensione sociale cresce, le Istituzioni capitaliste, come l’Unione Europea, allargano le maglie e la “borsa” per stemperare una febbre che rischierebbe di travolgerle. Il modello di welfare state che ha retto in Europa occidentale fino alla fine degli anni ’90 in fondo è stata una “concessione” dei Governi borghesi alle classi popolari e lavoratrici per evitare di vedersi travolgere come è successo in altre parti del mondo dalle rivoluzioni socialiste. Venuto meno il blocco sovietico, è crollato anche quel sistema di garanzie e tutele sociali costruito negli anni, con la complicità delle sinistre liberali e socialdemocratiche.

Oggi assistiamo ad nuovo tentativo di annebbiare le coscienze di milioni di lavoratrici e di lavoratori, che, grazie alla crisi da Covid19, stanno cominciando a comprendere come agisce il capitale. Il dibattito sul salario minimo si inserisce in questo contesto, sia a livello europeo sia a livello comunitario.

La proposta di Direttiva 682/2020 avanzata dalla Commissione Europea attraverso il Commissario all’occupazione Nicolas Schmit (socialdemocratico lussemburghese) sul salario minimo va in questa direzione. Va ricordato che la Direttiva non ha caratteristica vincolante ma risulta essere una raccomandazione per quei paesi europei che, ad oggi non hanno ancora legiferato su questo punto come Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. In particolare i Paesi Scandinavi sono contrari a intromissioni europee rispetto i propri standard di welfare state. L’obiettivo quindi non è quello di stabilire uno standard unico europeo, “ma indicare nella contrattazione collettiva nazionale la sede ideale per enunciare un processo di universalizzazione delle tutele salariali”. Se prendiamo ad esempio due Paesi leader europei come Germania e Francia vediamo che la soglia minima salariale fissata per legge (dati 2018) è pari a 1497,90 euro per i lavoratori tedeschi e 1498,80 euro per quelli francesi. Tuttavia, in quattro paesi fra il 10% e il 20% dei lavoratori non è coperto e in quasi tutti i paesi i salari minimi sono più bassi del 50% del salario lordo medio.

In Italia il dibattito sul salario minimo è partito tardivamente, rispetto invece a quello sul reddito minimo di cittadinanza. Per due ordini di motivi: perché il reddito minimo è stata immaginata come una misura non per garantire un diritto al lavoro ma come un sostegno ai consumi da una parte e dall’altra perché le organizzazioni sindacali confederali ritengono che si debba tutelare il sistema della Contrattazione nazionale collettiva e aziendale che già stabilisce dei minimi salariali a seconda della categoria.

Il Ddl Catalfo 658/18, avanzata dai parlamentari del Movimento 5 stelle, è un tentativo di indicare il salario minimo per legge anche in Italia, ma con delle evidenti difficoltà. La prima di queste criticità è che andrebbe a tutelare solo quel 10/15% dei lavoratori non tutelati e non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale. La seconda, più evidente, è quella dell’importo, 9 euro/ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali. In ultima analisi si rischierebbe di attivare le gabbie salariali, individuando un modello valido a seconda del settore e delle zone nelle quali si eseguono le prestazioni di lavoro. Va richiamato a chi legge che i salari dei lavoratori italiani continuano ad essere tra i più bassi tra quelli europei. Inoltre il mancato rinnovo dei CCNL di molte categorie (dal pubblico al privato) non determinano quella garanzia che proprio la contrattazione collettiva nazionale dovrebbe fornire secondo i sindacati confederali.

Il Partito Comunista ritiene, in coerenza con quanto proposto nel programma elettorale presentato in occasione delle elezioni politiche del 2018, che il salario minimo stabilito per legge non solo sia una necessità ma anche una condizione di base per garantire alle lavoratrici e ai lavoratori italiani condizioni economiche degne. Per questo la proposta del Partito prevede un salario minimo intercategoriale di 10 euro/ora per ogni tipologia e settore di lavoro e di 11,5 euro/ora per i lavori usuranti, con possibilità di deroga ai contratti collettivi nazionali e aziendale, e si inserisce in un quadro più ampio che va dal reale riconoscimento della parità salariale uomo/donna, dalla riduzione dell’orario settimanale a 32 ore e con il ripristino della scala mobile.
 
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Partito Comunista - Marche

🚩IL VACCINO CONTRO I PADRONI SI CHIAMA...SOCIALISMO, IL MEDICO...COMUNISMO!🚩
Da Partito Comunista - Ascoli Piceno
🔴 MASSIMA SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI PFIZER.
Nemmeno pochi mesi fà, la stampa incensava la Pfizer per l'assunzione di 60 dipendenti durante la prima ondata di covid19.
Oggi, nel silenzio più totale, a meno di un mese di distanza dall'annuncio del vaccino da parte della multinazionale del farmaco e il conseguente incasso di 5,6 milioni di dollari da parte del CEO Pfizer, 60 dipendenti vengono licenziati e 60 famiglie, in un territorio già martoriato dal sisma e dalla crisi del lavoro, perdono una fonte di sostentamento essenziale.
I sindacati confederali, che ormai pensano soltanto ai soldi delle tessere, si limitano ad un misero e vuoto comunicato stampa.
Il Partito Comunista manifesta la sua vicinanza a tutti i lavoratori del Piceno.
❗VOGLIAMO IL VACCINO CONTRO I PADRONI.❗
 
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view post Posted on 9/2/2021, 19:08
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