Comunismo - Scintilla Rossa

Crisi, lavoratori allo sbaraglio

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view post Posted on 3/3/2020, 19:58
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vietcong

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Bologna, precari e riders chiedono 'reddito di quarantena'
Una settantina tra educatori delle cooperative, precari e ciclofattorini al presidio davanti alla Regione, con mascherine e a distanza tra di loro
www.rainews.it

03 marzo 2020

Un "reddito di quarantena" per sostenere i lavoratori precari durante i periodi di chiusura delle attività a causa del coronavirus. È quanto chiedono educatori delle cooperative, precari e ciclofattorini a Bologna, che all'inizio della seconda settimana di stop imposto dalla Regione si presentano sotto la sede di via Aldo Moro, per sollecitare la tutela di lavoratori precari e delle fasce più deboli.

Circa 70 i manifestanti nella mattinata di martedì hanno 'sfidato' il divieto di assembramento aderendo al presidio promosso da Adl Cobas Emilia-Romagna, Tpo, Labas, Casa Madiba network Rimini e Casa cantoniera Reggio Emilia.

Indossavano mascherine fornite dagli organizzatori, attenendosi alle raccomandazioni di stare a distanza tra di loro per evitare contatti troppo ravvicinati.

In particolare difficoltà sono gli educatori scolastici delle cooperative, perché la situazione di emergenza di questi giorni si aggiunge al quadro generale della precarietà dei dipendenti: "Siamo qua per chiedere il pagamento dei nostri stipendi per le ore non svolte durante la chiusura delle scuole - spiega Laura, educatrice scolastica - a oggi non abbiamo nessuna certezza su come verranno pagate queste ore. Si parla di recupero, ma nel nostro servizio è impossibile recuperare le ore, perché abbiamo orari fissi e lavoriamo fino a 37 ore settimanali. Però prendiamo anche stipendi molto bassi e per questi motivi chiediamo che vengano riconosciute queste ore, come avviene per gli insegnanti e i dirigenti scolastici. Non vogliamo essere lavoratori di serie b". Sotto le finestre della Regione uno striscione "Noi l'emergenza coronavirus non la paghiamo!". In molti si chiedono come fare a continuare a pagare affitti e mutui durante la sospensione delle attività.

Insieme agli educatori delle cooperative, anche i riders, che invece subiscono le conseguenze delle chiusure delle attività con l'aumento delle ordinazioni online. E sottolineano che le consegne di cibo a domicilio che non s fermano, anzi.

Secondo uno di loro, Lorenzo Righi, di Riders union Bologna, catene di fast food "per qualche consegna in più non chiuderebbero mai neanche in caso di guerra civile, figuriamoci per l'epidemia di un nuovo virus di cui non si conosce la cura".

Alcuni consiglieri regionali hanno ricevuto una delegazione dei manifestanti. Si sono impegnati a chiedere al più presto un tavolo su questo caso specifico, che preveda una soluzione accettabile per tutti.
 
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view post Posted on 3/3/2020, 21:27
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vietcong

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La fabbrica va bene ma i cinesi se ne vanno: la storia paradossale della Wanbao che resiste alla crisi

L'azienda del bellunese, che produce compressori per frigo, si avvia all'insolvenza. I sindacati: "Gli ordinativi sono in crescita e il commissario si troverà a dover assumere operai. Ma con l'emergenza del Coronavirus il governo ci ha lasciati soli in un momento decisivo per il nostro futuro".
dal nostro inviato MARCO PATUCCHI
 
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view post Posted on 10/3/2020, 11:50
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vietcong

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Coronavirus, lavoratori in protesta fermano le consegne: “Rischiamo la pelle, ci manca tutto. Non ci sentiamo protetti”
di F. Q. | 10 Marzo 2020
“Restiamo fermi finché l’azienda non trova una soluzione. Rischiamo la pelle per venire a lavorare. Ma la salute viene prima di tutto”. I lavoratori della Bartolini di Caorso, in provincia di Piacenza, incrociano le braccia in segno di protesta per la mancanza, stando a quanto affermato da un rappresentante sindacale dell’Usb, dei “presidi sanitari necessari per svolgere il nostro mestiere” di fronte all’emergenza coronavirus. Nel video, pubblicato sui social, ci sono lavoratori senza guanti e mascherine.
 
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view post Posted on 12/3/2020, 18:35
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vietcong

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Coronavirus, i sindacati: “Stop fino al 22 per sanificare le fabbriche oppure sciopero”. Ma per gli industriali lombardi sono “irresponsabili che strumentalizzano”. Conte convoca tutti venerdì mattina
La serrata decisa mercoledì dal governo per tutta Italia lascia fuori le fabbriche. Fiom, Uilm e Fim: "Chiediamo di concordare fermate produttive “coperte” innanzitutto con strumenti contrattuali o con eventuali ammortizzatori sociali". Molte proteste in Piemonte e nel Bolognese: "Ciò che vale nelle strade deve valere in fabbrica". Confindustria Lombardia: "Segno di non capire i problemi che abbiamo"
di F. Q. | 12 Marzo 2020
 
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view post Posted on 13/3/2020, 10:54
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ravenna_operai
 
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view post Posted on 14/3/2020, 13:01
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E’ morto Diego,
un soccorritore del 118 di Bg
È morto di Covid 19

A darne l’annuncio i soccorritori di ADL Cobas Lombardia della Sanità,

Diego lavorava a Bergamo aveva 45 anni e una figlia, Diego era un lavoratore preparato, un soccorritore che ha sempre utilizzato i dispositivi di protezione individuali, non era anziano e non aveva altre malattie.

Diego era uno dei 700 operatori sanitari, medici, infermieri, soccorritori, oss che già sono stati contaminati.

Nel nome di Diego chiediamo come operatori della Sanità misure straordinarie di Protezione per tutti i soccorritori e gli operatori sanitari, che dovrebbero indossare sempre i dispositivi di protezione integrali da Covid 19.

Chiediamo che tutte le cliniche private convenzionate mettano a disposizione posti letto per contagiati da covid 19

La cosa che ci preoccupa di più è la leggerezza con cui si abbandonano le lavoratrici ed i lavoratori al loro destino mettendo davanti gli interessi di confindustria.

Siamo preoccupati come operatori del settore dell’intesa tra Governo, Sindacati confederali e confindustria, siglata proprio oggi, un’intesa sbilanciata troppo sul profitto e che mette al secondo posto la salute dei lavoratori e delle lavoratrici.

Non saranno certo mascherine e guanti a salvare dal contagio i lavoratori e le lavoratrici, bisogna chiudere adesso e istituire subito un reddito di quarantena, fermare tutte le produzioni, non è necessario in questo momento a combattere la lotta al covid 19.
I padroni insieme alla complicità dei sindacati confederali possono rimandare il loro profitto a quando avremo sconfitto il corona virus.Ma adesso dovete rimanere a casa tutti, altro che guanti e mascherine.

Oggi piangiamo Diego ma finita l'emergenza faremo i conti sicuri di avere al nostro fianco chi oggi ci chiama angeli

Riccardo Germani
Portavoce ADL Cobas
operatore Sanitario

contatti: www.facebook.com/AdlLombardia/
 
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view post Posted on 16/3/2020, 19:23
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vietcong

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Possibile che, in questa fase di totale emergenza, non si riesca a dotare i lavoratori (soprattutto quelli a contatto col pubblico) almeno di una cazzo di mascherina al giorno e una soluzione sanificante?!

La Roma surreale di chi guida i bus: "Mai visti mezzi così vuoti. Il virus? Fa paura, a proteggermi solo una sciarpa"
 
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view post Posted on 16/3/2020, 19:29
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La normale mascherina chirurgica serve a poco in questi casi e soprattutto non protegge mai chi la porta.
 
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view post Posted on 16/3/2020, 21:34
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vietcong

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CITAZIONE (carre @ 16/3/2020, 19:29) 
La normale mascherina chirurgica serve a poco in questi casi e soprattutto non protegge mai chi la porta.

Non è corretto dire che non protegge mai, semplicemente perché lo stesso personale sanitario e non, non la userebbe. La mascherina è un dpi, e considerando che il bus è un ambiente semi-chiuso, è una barriera in più per il droplet (trasmissione attraverso goccioline prodotte dalla respirazione). Visto che sul bus ci sale chiunque, ergo portatori sani ignari (senza mascherina), è sacrosanto che un autista, per giunta del servizio pubblico, possa avere anche lui questa dotazione (vedi ff.oo.). Al limite potremmo discutere sul fatto che lo stesso autista possa decidere per propria scelta di non usufruirne.

Dal protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro siglato coi sindacati il 14 u.s.:

CITAZIONE
Qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine, e altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc...) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie. Viene favorita la preparazione da parte dell’azienda del liquido detergente secondo le indicazioni dell’Oms.
 
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view post Posted on 16/3/2020, 21:38
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Io parlo delle mascherine chirurgiche.
 
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view post Posted on 17/3/2020, 00:36
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vietcong

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CITAZIONE (carre @ 16/3/2020, 21:38) 
Io parlo delle mascherine chirurgiche.

Non capisco che intendi, le mascherine chirurgiche sono quelle base, non saranno efficaci come le fpp2/3 ma è pur sempre una protezione, per quanto non sicura al 100%.
 
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view post Posted on 17/3/2020, 10:17
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view post Posted on 17/3/2020, 11:19
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https://primabergamo.it/cronaca/la-salute-...MrkAn2rArKuQvZ0

La salute prima di tutto, ma agli operai chi ci pensa? Il caso della ABB di Dalmine

La multinazionale non ci pensa nemmeno a rallentare. E chiede sforzi super ai proprio dipendenti. La scorse settimana un lavoratore è stato portato via con la febbre: aveva il Coronavirus


Dalmine, 16 Marzo 2020 ore 15:08

di Andrea Rossetti

Stare a casa. State a casa e stiamo a casa. Tutto vero, tutto giusto. Ma c’è chi non può. E non si parla solo di medici, infermieri, operatori sanitari e socio sanitari o assistenziali. Loro sono la prima linea, è vero, quelli che più di tutti stanno combattendo il Coronavirus con uno sforzo (e un sacrificio) immane. Ma non sono gli unici. Ci sono anche farmacisti, commercianti, dipendenti di supermercati, fattorini, magazzinieri e operai. Se i primi rappresentano una parte professionale che non si può fermare per permettere a tutti noi di avere ancora a disposizione i cosiddetti beni di prima necessità (medicine e cibo, in sostanza), gli altri si trovano invece costretti a continuare l’attività perché le aziende hanno deciso di non chiudere (e nessuno glielo ha imposto).

Mentre impiegati e chi lavora negli uffici ha come opzione lo smart working, chi opera in capannoni oppure in open space pieni di colleghi è ovviamente sottoposto a rischi maggiori di contagio, sebbene le aziende siano state chiamate a mettere in atto tutte le possibili misure di tute per i propri dipendenti. Cosa non facile, oggettivamente, quando si parla di lavoro in fabbrica. Per questo, nonostante il 14 marzo Cgil, Cisl e Uil abbiano sottoscritto con il Governo e le parti datoriali un «protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro», sono stati diversi, in giro per il Nord Italia, i lavoratori che hanno incrociato le braccia settimana scorsa, chiedendo a gran voce più tutele per la loro salute. In Bergamasca, area più colpita dal Coronavirus, sono state diverse le realtà industriali che hanno deciso di chiudere, sebbene soltanto temporaneamente, i loro reparti produttivi. Tra queste: Tenaris Dalmine, Brembo, Bticino, Same, Mediamarket, Cotonificio Albini, Carvico, Nolan, Scaglia Indeva, Magnetti Building, Foppapedretti, Pigna (quasi tutte con impiegati e commerciali in smart working).


C’è un caso, però, che ha fatto e sta facendo particolarmente discutere, tanto da essere finito anche in un servizio del Tg2: è quello della ABB di Dalmine, centro di eccellenza della multinazionale operante nella robotica, nell’energia e nell’automazione in oltre cento Paesi. Lì non ci si è fermati. Anzi, a quanto pare i vertici non pensano neppure di rallentare. Dopo il trasferimento di molte attività dello stabilimento di Lodi a quello bergamasco, infatti, tantissimi dei dipendenti, piuttosto che sorbirsi il lungo tragitto, hanno salutato, mettendo in difficoltà l’azienda su alcune importanti commesse. Una di queste è con una importante azienda che proprio in questi giorni ha deciso di fermarsi per due settimane. Invece che “imitare” il cliente, però, ABB ha visto nella situazione un’opportunità per recuperare il ritardo, come dimostra una mail circolata tra il personale, dove si legge: «Abbiamo un inaspettato extra time per portare a termine le attività in essere».

La cosa, ovviamente, ha lasciato basiti molti dipendenti. E la situazione è diventata ancora più pesante quando, alla fine della scorsa settimana, un lavoratore si è sentito male ed è stato portato via da un’ambulanza. L’azienda ha fornito una spiegazione ufficiale: stava facendo una dieta e si è sentito male. La realtà, però, poi è venuta a galla, sebbene un paio di giorni dopo: l’uomo è risultato positivo al Coronavirus. Notizia che ha, comprensibilmente, creato il panico tra tutti quelli che lavoravano con lui, non prontamente avvertiti del pericolo. Nonostante questo, ABB è andata avanti per la propria strada: come reso noto dal sindacato Fiom Cgil, a Pomezia l’azienda ha insistito affinché la Rsu sottoscrivesse un accordo per rendere strutturale il lavoro al sabato, a Frosinone ha richiesto una presenza massiccia di lavoratori in straordinario e a Dalmine, dove l’emergenza Coronavirus è ai massimi, invece che optare per una riduzione momentanea della produzione ha promosso una consultazione chiedendo agli operai se preferissero chiudere o continuare le attività. Insomma, invece che decidere ha “scaricato” sui lavoratori la responsabilità che dovrebbe assumersi la proprietà.

Come se non bastasse tutto questo, mentre sui social l’azienda continua a pubblicare post che “pubblicizzano” l’importanza della sicurezza sui luoghi di lavoro, alcuni fornitori dell’azienda sul territorio bergamasco (che preferiscono rimanere anonimi) spiegano che ABB li ha spinti a continuare l’attività per soddisfare le loro richieste. Insomma, in un momento in cui tutti, giustamente, mettono la salute pubblica al primo posto, ci chiediamo se ci sia anche chi pensa agli operai. Perché l’economia è importante, fondamentale, ma qui in Bergamasca la situazione è davvero tragica e se non si arriva a una svolta in tempi brevi, purtroppo, può solo peggiorare.
 
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view post Posted on 17/3/2020, 18:22
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