Comunismo - Scintilla Rossa

Crisi, lavoratori allo sbaraglio

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view post Posted on 21/6/2017, 08:18

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Bergamo, minacce di morte al titolare di un’azienda che licenzia 15 dipendenti


"Maurizio occhio, per te c'è una P38", è l'inquietante messaggio scritto su un cartello rinvenuto all'interno della Elframo Spa di via Cavalli

"Maurizio occhio, per te c’è una P38”, è l’inquietante messaggio scritto su un cartello rinvenuto nella mattinata di lunedì 19 giugno all’interno della Elframo Spa, azienda di Bergamo che opera nel mercato dei grandi elettrodomestici rivolti ad aziende ed esercizi pubblici.
Un messaggio rivolto al titolare della ditta, il 57enne Maurizio Mora, che nelle settimane scorse ha aperto la procedura di mobilità nei confronti di 15 dei 90 dipendenti distribuiti nelle due sedi di via Verga e via Cavalli, dove è stato rinvenuta l’invettiva.

qui tutto l'articolo ---> http://www.bergamonews.it/2017/06/20/berga...endenti/257643/
 
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Licenziato a 25 anni perché troppo vecchio.
Ma per la Corte Europea è legittimo…



Redazione Senza Tregua 22 luglio 2017

Un magazziniere è stato licenziato da Abercrombie & Fitch perché “troppo vecchio”, a soli 25 anni. Accadde nel 2012 in provincia di Venezia, dove il giovane era stato assunto dal noto marchio d’abbigliamento statunitense nel 2010 con un contratto a lavoro intermittente (una sorta di contratto a chiamata valido fino a 25 anni o dopo i 45). Nel 2012 era riuscito ad ottenere un contratto a tempo indeterminato, ma poco dopo era stato licenziato perché prossimo ai 25 anni.

La giustizia italiana aveva dato ragione al giovane: la Corte di Appello di Milano aveva accusato l’azienda di comportamento discriminatorio e imponendole la sua riassunzione. Purtroppo per lui la Corte di Giustizia Europea, alla quale la Cassazione aveva rimandato il giudizio sulla legittimità di un contratto che preveda limiti di età, ha capovolto la sentenza affermando che non c’è incompatibilità con il diritto europeo. Il Governo Italiano ha affermato che tali disposizioni sono positive per il mercato del lavoro nazionale perché valorizzano la flessibilità e danno ai giovani “la possibilità di entrare nel mondo del lavoro e di acquisire un’esperienza, anche se flessibile e limitata nel tempo, che può costituire un trampolino verso nuove possibilità di impiego”.

In sintesi per la Corte di giustizia Europea (e per il Governo italiano), il giovane magazziniere a 25 anni era troppo vecchio per lavorare per Abercrombie & Fitch, ma ancora giovane per “fare esperienza” con un altro contratto precario e per pochi spicci di paga altrove. Quasi come se questo caso debba diventare un modello se si vuole valorizzare la flessibilità, ormai un vero e proprio mantra nel mercato del lavoro nostrano.

Questa sentenza oltre che assurda è un pericoloso precedente nel mondo del lavoro italiano, e nei fatti apre alla possibilità per le aziende di licenziare i propri dipendenti con le scuse più banali senza che ne sia riconosciuta l’illegittimità per licenziamento discriminatorio. Perché in fondo, alla base della volontà di assumere giovani al di sotto dei 25 anni, c’è la volontà di avere manodopera a più basso costo, da poter sfruttare e tenere sottopagata con la scusa del dover “fare esperienza”, e proprio la retorica sull’esperienza di lavoro riesce a presentare lo sfruttamento come un’opportunità per i giovani. È questa la condizione alla quale le nuove generazioni dei “choosy” italiani (cioè quelli che, secondo la neolingua della flessibilità, non si rassegnano all’idea della precarietà) dovranno abituarsi perché su tutto questo verterà il mondo del lavoro nei prossimi decenni. Sfruttamento, precarietà e salari da fame per il profitto di pochi.

Un bel colpo anche per chi era convinto che l’Unione Europea fosse foriera di diritti per i popoli europei, anche solo in potenza. Perché è chiaro che se il diritto europeo considera legittimo licenziare un 25enne perché “troppo vecchio”, a beneficiarne non sono i popoli e la gioventù, ma le multinazionali come A&F…
 
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view post Posted on 7/8/2017, 17:08

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Disoccupazione e precarietà. Ma tranquilli, va tutto bene

Carmine Tomeo | lacittafutura.it

09/07/2017

Cresce la disoccupazione, ma ci dicono che va tutto bene. Il padronato è d'accordo, perché intanto accumula più facili profitti.

Va tutto bene. Aumentano i disoccupati, ma va tutto bene. Lo dicono anche esponenti del governo; lo affermano alte cariche del Partito democratico. A maggio rispetto ad aprile si sono persi 51mila posti di lavoro, ma non c'è da preoccuparsi, lascia intendere il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dal momento che "dopo il forte aumento registrato ad aprile, la diminuzione degli occupati registrata a maggio non muta le tendenze di medio-lungo periodo dell'occupazione". Sulla stessa lunghezza d'onda tutto il PD, che esprime coralmente lo stesso ottimismo di Poletti, sia pure con toni differenti: un po' smorzato quello di Cesare Damiano, per il quale "I dati vanno valutati nel medio-lungo periodo. Saranno importanti le scelte del Governo nella prossima legge di Bilancio sul tema del lavoro"; addirittura entusiasta quello espresso dalla vicepresidente del gruppo PD alla Camera, Alessia Morani: "Io direi che per valutare davvero la bontà o il fallimento di una scelta politica sia più utile giudicare i risultati anno su anno. Oggi siamo comunque a +800.000 posti di lavoro rispetto al 2014".

Peccato che posti di lavoro non sia sinonimo di occupati (basti pensare che nel 2016 i 9.434.743 rapporti di lavoro attivati hanno interessato 5,5 milioni di lavoratori) e peccato che se l'Italia non è il fanalino di coda dell'Europa è solo perché sul tasso di disoccupazione Spagna e Grecia fanno peggio di noi. Dati Eurostat alla mano, il nostro Paese, con un tasso di disoccupazione salito all'11,3% è ben oltre quello registrato per la zona euro (stabile al 9,3%) e nella Ue (stabile al 7,8%). A peggiorare il quadro, l'ultima Nota mensile sull'andamento dell'economia dell'Istat segnala che "Nell'Area euro si consolida la crescita", per l'Italia si parla solo di "una tendenza di fondo positiva" ma "in presenza di una pausa nella crescita nel settore manifatturiero, negli investimenti e nell'occupazione". Si dirà che però l'economia italiana ha segnalato nel primo trimestre 2017 un tasso di crescita tendenziale dell'1,2%. Ma intanto, tocca leggere nella Nota trimestrale sulle tendenze dell'occupazione riferita al primo trimestre 2017 pubblicata congiuntamente da Istat, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Inps e l'Inail, che "l'input di lavoro misurato in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) mostra una dinamica più lenta di quella del Pil (+0,2% sotto il profilo congiunturale e +0,8% in termini tendenziali) segnalando una tendenza alla crescita della produttività del lavoro" [2]. Quale tipo di lavoro ha permesso una crescita del Pil? Dalle rilevazioni disponibili non certo il lavoro buono, cioè non certo quello stabile, ben pagato e garantito nei diritti dei lavoratori.

L'Istat, nella sua nota di maggio sull'occupazione, evidenzia che "diminuisce il numero di lavoratori indipendenti e dipendenti a tempo indeterminato mentre aumentano i dipendenti a termine". Tant'è che "Nel mese di maggio 2017" "Tra i dipendenti il calo è determinato dai lavoratori permanenti (-0,2%, -23 mila) a fronte di un leggero aumento di quelli a termine (+0,4%, +10 mila)". Da questo punto di vista, per quanto ne dicano dalle parti del governo e da quelle del Pd, anche se su base annua si nota un risibile (un misero 0,6%) aumento degli occupati, questi riguardano in misura marginale i permanenti (+0,8%), mentre i contratti a termine crescono dell'8,2%.

Più nel dettaglio, i voucher continuano ad essere utilizzati (nel primo trimestre 2017 hanno visto una riduzione solo del 2,1%) anche per l'incetta fatta dalle aziende in vista della loro abolizione. Un'abolizione che si è rivelata essere truffaldina, ma intanto le imprese si sono date da fare ricorrendo a contratti di lavoro a termine, intermittente e di somministrazione, che dai dati Inps risultano essere in "forte aumento"; una crescita - continua l'Inps - da mettere "in relazione alla chiusura della possibilità di acquistare voucher per remunerare i prestatori di lavoro occasionale" [3]. E così, risulta dalla citata nota trimestrale che il numero dei lavoratori a chiamata o intermittenti "dopo 4 anni di progressiva riduzione tendenziale, interrotta solo dal leggero rimbalzo del quarto trimestre 2016 (+2,5%), nel primo trimestre 2017 subisce un notevole incremento (+13,1%)". Una enormità di contratti a termine, considerando pure che "il contratto a Tempo Determinato si conferma contratto prevalente e si attesta al 70% del totale attivazioni dell'anno". [4]

Di cosa parliamo, fuori dalla freddezza dei numeri? Parliamo di centinaia e centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che oggi sono occupati e domani no (a proposito, si consideri che l'Istat considera occupato chi nella settimana di riferimento abbia svolto almeno un'ora di lavoro, anche non retribuito). Giovani e meno giovani, donne e uomini, che si vedono attivare un contratto di lavoro che nel caso di contratti di somministrazione quasi sicuramente (oltre il 99% dei casi) durerà meno di un anno; molto probabilmente durerà meno di un mese (per il 74,8% dei casi) o addirittura un solo giorno (il 28,5% dei contratti di somministrazione) [5]. Come a dire che quell'aumento di Pil che tanto ha fatto gioire anche gli industriali [6], si basa per molta parte sul lavoro precario, sempre più precario, con sempre meno diritti a tutela dei lavoratori, con un salario sempre più basso. Un lavoro che determina quella miserabile accumulazione portata avanti a forza di aumenti della produttività che si reggono sull'impoverimento dei lavoratori.

D'altronde è passato poco più di un anno da quando l'allora presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, parlando dei rinnovi contrattuali, affermava candidamente che "La quota del valore aggiunto che va al lavoro è ai massimi storici, mentre la redditività delle imprese è ai minimi, con un impatto negativo sulla dinamica degli investimenti e sulla crescita, anche futura". Come a dire Cari lavoratori, guadagnate troppo! E quando voi, cari lavoratori, guadagnate troppo, siete causa di "una forte erosione dei margini di profitto" e questa situazione "scoraggia gli investimenti, il cui minor livello indebolisce la crescita, anche futura". Ed ecco che i nuovi contratti garantiscono ai metalmeccanici aumenti salariali per miserabili 80 centesimi al terzo livello (non è un errore: 80 centesimi!) ed ai chimici toglie 22 euro dei 35 previsti.

Tutto bene, quindi, ma solo per i padroni, che sfoggiano all'occorrenza sorrisetti alla Farinetti e sostengono e ripetono come un mantra che l'Italia per salvarsi deve raddoppiare turismo ed esportazioni, quindi, per dirla con il fondatore di Eataly, che ci si salva solo se "riusciamo a raddoppiare i volumi non solo quantitativi ma anche di prezzo medio sulle nostre vocazioni" [7]. E per far questo occorrono lavoratori a basso costo, che producano merci da vendere all'estero; lavori che si facciano un mazzo così con la spada di damocle della disoccupazione sulla testa; lavoratori precari, quindi, o a tempo indeterminato ma ricattabili con il licenziamento e a cui togliere progressivamente ogni diritto: dall'articolo 18 alla possibilità di scioperare.

E' il capitalismo, bellezza. Che della crisi ha approfittato per frantumare ulteriormente il lavoro, anche attraverso la scomposizione del ciclo produttivo in una miriade di appalti e contratti di esternalizzazione, per garantirsi profitti da far pagare ai lavoratori. E mentre i camerieri del padronato ci invitano a non guardare ai dati congiunturali, è stata posta quella frammentazione come base strutturale della produzione di valore. Nel frattempo, noi guardavamo, colpevolmente, con troppa attenzione a sempre nuovi e troppo uguali soggetti unitari della sinistra; noi stavamo, colpevolmente, troppo spesso nei teatri e troppo poco impegnati nella "unione sempre più estesa" dei lavoratori [8].

Sarà il caso di cambiare strategia, facendo irrompere il conflitto nella realtà, ridandogli protagonismo nei luoghi dello sfruttamento. E sarà il caso di farlo velocemente.

Note:

1] Vedi tabelle Eurostat Harmonised unemployment rate by sex
2] Nota trimestrale sulle tendenze dell'occupazione, I trimestre 2017, pubblicata il 27 giugno 2017
3] Osservatorio sul Precariato, Dati sui nuovi rapporti di lavoro, report mensile gennaio-aprile 2017
4] Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2017
5] ivi
6] Vedi Scenari economici n. 29 del 28 giugno 2017 pubblicato dal Centro Studi Confindustria
7] W. Bukowski, La danza delle mozzarelle. Slow Food, Eataly, Coop e la loro narrazione, Edizioni Alegre, febbraio 2016
8] Marx - Engels, Manifesto del Partito Comunista
 
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FSM: solidarietà ai dipendenti pubblici e a tutti i lavoratori in Francia!



Federazione Sindacale Mondiale (FSM) | wftucentral.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

09/10/2017

La Federazione Sindacale Mondiale (FSM), che rappresenta più di 92 milioni di lavoratori in 126 paesi nel mondo, ribadisce la sua solidarietà internazionalista con i lavoratori pubblici francesi e con tutti i lavoratori che hanno indetto uno sciopero il 10 ottobre 2017.

Come movimento sindacale mondiale di classe, sosteniamo le proteste e le richieste di tutti i lavoratori in Francia contro la riforma del codice del lavoro, contro la soppressione di posti di lavoro e l'attacco ai diritti sociali e alle loro conquiste.

Invitiamo i lavoratori in Francia a unire le loro voci ai loro colleghi in sciopero e coordinare le lotte per opporsi alle misure contro i lavoratori portate avanti dall'UE e dal governo francese.

La lotta continua!
 
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“lavoro ad amazon, vi dico tutto”:
sfruttamento e lotta nel gigante dai piedi di argilla



(da slai cobas sc)
Pubblicato il 26/11/2017 di pennatagliente

“Per lavorare da Amazon? Bisogna avere un ‘fisico bestiale’”. Tommaso, 35 anni, nome e età di fantasia per garantirne l’anonimato. Nello stabilimento l’età media dei dipendenti è tra i 25 e i 30 anni. Il lavoro, spiega, è organizzato su tre turni di 24 ore su 24 per 7 giorni su 7 “con uno stacco di mezz’ora per non creare ingorghi di posteggio: sono geniali in questo, non c’è che dire”. A rendere particolarmente pesante le ore allo stabilimento il cosiddetto ‘passo Amazon’ ossia che “devi fare almeno 120 pezzi in un’ora” nel reparto, dove la merce viene confezionata e spedita. “Nei pacchi multipli, invece, devi raggiungere un altro target”, ma in generale diciamo che il calcolo è semplice: due pacchi al minuto. “Siamo tutti monitorati. Chi fa i pacchi è monitorato perché loggato a un computer, mentre chi va a prenderli usa uno scanner su cui si registra con il suo nome. E, quindi, se ti scolleghi per andare in bagno per 5 minuti, poi, è tutto tempo che devi recuperare. Non esagero, ma mi sento come se avessi un braccialetto elettronico”.
Nell’hub emiliano lavorano poco meno di 4mila persone, la metà con contratto a tempo indeterminato, “tutto in regola, stipendio sui 1450 lordi, nulla da dire su questo”, e altrettanti con contratti di somministrazione con un’agenzia interinale. “I cosiddetti ‘green badge’, sono loro i più sfruttati. Qualcuno si è lamentato – fa notare Tommaso con amara ironia -, ma il caso ha voluto che a fine contratto non sia stato richiamato”. “Conosco persone che prendono antidolorifici, fanno anche punture, per i dolori alle braccia, alla schiena e alle gambe – spiega il dipendente -. Ma è normale perché chi fa i pacchi e confeziona la merce prelevata, sollecita di più quelle zone del corpo”. “Fanno fatica a trovare personale qui in zona, chi ci è già finito, non ci torna anche se ricontattato – racconta -, tanto che ci sono pullman di gente che arriva da Varese e Alessandria, navette che passano e li portano allo stabilimento”.
Dopo un po’, spiega Tommaso, sembrano incentivare l’uscita. “La durata media di un dipendente da noi è di 3 anni, dopo rendi meno e, quindi, ti aiutano ad andare via. Chi va a prelevare la merce dagli scaffali deve fare 20 chilometri al giorno in giro per le Tower di 4 piani, sembrano un bunker con soffitti di oltre 2 metri, gli altri devono avere una bella schiena muscolosa per tenere il ritmo”.
 
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amazon uccide. un cronista racconta l’orrore


(da slai cobas sc)

da contropiano ---> http://contropiano.org/news/news-economia/...-lorrore-098204

https://pennatagliente.wordpress.com/2017/...-slai-cobas-sc/
 
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Il centro commerciale aperto anche a Natale: modernità o sfruttamento?


Sì, «esortiamo i cattolici e tutti coloro con un po’ di buon senso a non recarsi nei centri commerciali la domenica e le feste comandate, i lavoratori non sono comprabili solo perché tu paghi. Sì, andarci è un peccato da confessare, anche se non nei termini del dogma. No, come Ufficio pastorale, sociale e del lavoro della Diocesi di Bergamo non abbiamo ancora condiviso con altri soggetti la protesta contro l’annunciata apertura di Oriocenter nelle prossime festività, ma la appoggiamo. No, non mi risulta che al momento le numerose associazioni cattoliche presenti a Bergamo abbiano preso posizione sulla vicenda...»

http://espresso.repubblica.it/attualita/20...amento-1.315172

La chiesa di Francesco sta facendo quello che dovevamo fare noi comunisti! Vergogna!!!
 
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da bergamo: una riflessione sulla lotta della logistica, per capire e ricominciare. da un intervento al coordinamento nazionale dello slai cobas per il sindacato di classe

Pubblicato il 12/01/2018 di pennatagliente


A Bergamo tra i lavoratori della logistica da un lato c’è una resistenza, una fase che potremmo chiamare di “difensiva strategica” nei settori che hanno avviato da anni la lotta e l’organizzazione nello Slai cobas per il sindacato di classe, come a Brignano; dall’altra ci sono nuove realtà. A Opera avevamo avviato una trattativa e un accordo disatteso dalla cooperativa, che ha applicato solo la parte economica, mentre ha disatteso la parte di riconoscimento e delle condizioni di lavoro e sicurezza.
Abbiamo fatto un presidio alla confindustria, per riunificare la battaglia delle cooperative, parzialmente riuscito.
Ma è sempre più complicato muoversi nella logistica. La questione repressione è la causa centrale. Nei processi sui licenziamenti il fronte è ancora aperto, ma qui c’è una tendenza dei giudici a dare ragione alle cooperative: pochi lavoratori vengono reintegrati, altri licenziamenti, pur considerati illegittimi, non portano al rientro al lavoro.
A Mondello, dove vi è una buona tenuta delle lavoratrici e delegati slai cobas sc, appena i lavoratori si muovono parte la repressione, lettere di contestazioni, ecc. Qui la parte centrale sono le operaie immigrate, e cerchiamo a tutti i costi di difendere la loro presenza.
Siamo obbligati a fare i conti con il cambiamento del settore della logistica. I padroni stanno portando avanti un processo di automazione. Ma le condizioni di lavoro sono sempre peggiori (un operaio giovane egiziano è morto tornando a casa dopo aver dormito solo tre ore in tre giorni).
Qui, dobbiamo dire, che il Si.cobas che ha avuto un grosso merito nel sollevare una pietra, ora è responsabile di averla fatta cadere sui piedi, anche nostri. La loro linea non ha tenuto conto dei rapporti di forza continuativi. Prendersi le cose può essere facile, mantenerli è difficile, i padroni si sono attrezzati. La massa che ha avuto un peso nello spingere questo movimento non ha più questo ruolo trainante e i compagni, come i nostri, cercano di mantenere l’attività necessaria, ma pagano gli effetti di questa perdita di rapporto di forza, in una perdita che è generale.
Stare dentro questo settore non è per niente semplice, richiede uno sforzo ed elaborazione che di sicuro non è completato, perché non abbiamo ancora letto fino in fondo cosa è successo nelle lotte più importanti. A Brignano, per esempio, un gruppo di lavoratori sta tenendo duro, ma non vogliono muoversi per altri che non si muovono. E noi non abbiamo ancora trovato la chiave per mobilitare i lavoratori che sono dentro e anche quelli che sono fuori.
Stiamo modificando l’intervento nelle realtà in cui siamo ma non è facile.
Vi sono nuove realtà interessanti, affrontate da un punto di vista diverso. Per esempio, lavoratori pakistani che hanno subito un ricatto e non hanno accettato; sono un gruppo compatto, sul fronte padronal-sindacale tentano di cambiare la cosa ma finora non ci riescono. Stiamo indirizzando la mobilitazione contro la committente che decentra il lavoro di produzione nelle cooperative in maniera illegittima. Stiamo dando spessore alla denuncia sulle false cooperative come sistema funzionale allo sfruttamento.
Stiamo indirizzando la nuove realtà in questo senso, compreso gli sviluppi processuali, in cui comunque sta venendo fuori che l’azione della cooperativa è stato illegale. Ma non ci interessano i giudizi legali sulle questioni singole, la realtà è che, pur considerando la situazione illegale, le cooperative possono licenziare. Non si può organizzare la lotta se non attacchiamo l’arbitrarietà con cui le cooperative procedono alla repressione.
SLAI COBAS per il sindacato di classe – Bergamo
 
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Fiat, Marchionne prepara la prossima Embraco




Da Mirafiori a Cassino a Melfi a Pomigliano migliaia di operai verranno posti in cassa integrazione nelle prossime settimane. Tutto questo nel silenzio complice dei palazzi della politica e dei mass media.
Pochi giorni fa eravamo con #PoterealPopolo (*) davanti alla fabbrica campana, per ricordare ad operai, che in gran parte ci evitavano per paura, che Marchionne non mantiene mai le promesse. Siamo stati facili profeti. Lì nel 2010 il capo della FIAT ispirò il Jobsact a Renzi imponendo ai lavoratori il ricatto: o rinunciate al contratto, o il lavoro va in Polonia e Serbia. Berlusconi e Bersani, tutti i sindacati tranne FIOM e organizzazioni di base, tutta la stampa coi soliti "esperti"e naturalmente il caravanserraglio padronale, sostennero lo scambio tra lavoro e diritti. Allora a Pomigliano c'erano 5000 lavoratori oggi sono 3500, di cui 1500 in cassa. Ora anche i 2000 che lavorano verranno mandati a casa.Non per sempre dice l'azienda, ma intanto succede. Come succede in tutti gli altri stabilimenti del gruppo. Che per altro in pochi anni ha già chiuso tre grandi fabbriche Si sono persi tutti i diritti e ora va via il lavoro.

La FIAT ora è diventata una multinazionale, si chiama FCA, sta soprattutto negli USA e poi nei paesi dove gli operai sono pagati meno. Ha sede legale in Olanda e fiscale in Gran Bretagna e del resto Marchionne paga le tasse in Svizzera e la famiglia Agnelli insegue tutti gli sconti fiscali esteri. Sono una multinazionale nel senso più spregevole del termine. In Italia FCA sfrutta un numero sempre più ristretto di lavoratori e ha il sostegno di un numero sempre più alto di politici. Così il benefattore, per sé stesso e per gli Agnelli, Marchionne prepara un'altra, più grande Embraco. Lo vogliono gli azionisti ed il mercato, spiegherà . E tutti i Calenda di turno forse sbraiteranno un po' facendo finta di non aver mai saputo nulla. Ricordatelo sempre, le multinazionali da noi possono fare tutto il peggio che vogliono perché la classe politica glielo permette, anzi le ringrazia pure.

Notizia del: 25/02/2018

www.lantidiplomatico.it/dettnews-fi...aco/6121_23225/

(*) ma l'Antidiplomatico fa la campagna elettorale a "Potere al Popolo" per caso?
 
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accordo confindustria/cgil-cisl-uil:
la dittatura sindacale



(da slai cobas sc)
Pubblicato il 17/03/2018 di pennatagliente

L’articolo “Il “regalo” alle lavoratrici per l’8 marzo di Camusso/Cisl/Uil e padroni” sul nuovo modello contrattuale (http://proletaricomunisti.blogspot.it/2018...avoratrici.html) ha suscitato alcuni commenti, nella mailing list di nonunadimeno, alcuni negativi altri no.
Ne riportiamo alcuni:

“Certo fa impressione vedere le mani di politici, confindustria (controparti di lavoratrici e lavoratori) e sindacati (che dovrebbero rappresentare lavoratrici e lavoratori) strette una all’altra e sentire parlare di accordo positivo. Sono 40 anni ormai che questi “concertano”e fanno patti, con i risultati che conosciamo tutte, e ancora non basta?… l’accordo è una ennesima iattura per tutti, in primis le donne”.
Invece:
Direi che allegare il testo dell’accordo sarebbe stato cosa utile e gradita dal momento che ci si rivolge a una platea che non è detto si occupi quotidianamente di modello contrattuale…
specifico che non sto difendendo l’accordo che pur trovo positivo ma che sto criticando l’uso di questo indirizzario per le proprie propagande (perché affermare che a prescindere un sindacato di base è migliore di uno confederale o di un altro è pura propaganda – in quanto i giudizi si danno sulle azioni ai vari livelli e non in modo generico e anche in quanto i sindacati di base sono miriadi e dentro c’è di tutto….).
Ancora:
“E’ ora di finirla con queste decisioni scellerate a discapito dei lavoratori che “lorsignori ” dei sindacati concertativi usano solo per mantenersi ben saldi alle loro poltrone.
Sia i Contratti Nazionali che gli accordi oramai salvaguardano solo il benessere dei padroni creando così stipendi da fame per i lavoratori e incentivi per i vari capi e capetti.
Io direi che è arrivata l’ora che si miri a sradicare questo regime e che i sindacati di base, oramai messi in angolo proprio dagli accordi fatti da “lorsignori”, facciano di tutto, che tutti noi facciamo di tutto, per dare dignità ai lavoratori sempre più sottopagati e sfruttati.

*****
In effetti è necessario tornare proprio sulla questione dei sindacati che nel punto dell’accordo è affrontato nel capitolo “Democrazia e misura della rappresentanza” che, guarda caso (?), all’inizio si sofferma sul TU sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 che fissa le strette regole e i paletti per cui i sindacati possono essere “rappresentanti” dei lavoratori e sedersi ai Tavoli contrattuali.
“Guarda caso”, perchè, come abbiamo scritto il dieci marzo sul “patto di fabbrica”, la “misura della rappresentanza” agirà soprattutto, o solo, per escludere i sindacati decisi dai lavoratori:
“…perchè tutto questo passi senza ostacoli – scrivevamo – questo “patto” doveva mettere e mette il “catenaccio” alle rappresentanze sindacali, leggi sindacati di base, di classe (in particolare a quelli che non hanno accettato il TU sulla rappresentanza già firmato il 10 gennaio 2014). I mass media fanno passare questo punto dell’accordo soprattutto come “certificazione della rappresentanza datoriale”, ma in realtà mentre questa certificazione è solo fumo, rinviata sine die, ciò che è certo e agisce da subito è il nuovo pensante attacco al sindacalismo di classe, ai diritti sindacali dei lavoratori”.

Esso di fatto pone l’obbligo ai lavoratori di iscriversi solo ai sindacati confederali per essere riconosciuti come “titolari di diritto sindacale”. Sono azienda e sindacati confederali che decidono l’iscrizione al sindacato dei lavoratori. E’ evidente come in questo modo venga uccisa la libertà sindacale dei lavoratori, e l’iscrizione al sindacato diventa una sorta di dittatura (vi sono già esempi di aziende in cui la sottoscrizione del contratto avviene nello stesso momento in cui il lavoratore firma la delega al sindacato, il lavoratore ha di fronte, spesso allo stesso tavolo, il rappresentante padronale e il funzionario sindacale). Nello stesso tempo per questa strada si reintroduce il “sindacato giallo”, quello funzionale al padronato.

Questo nessuno e nessuna può permettersi di sottovalutarlo! Chiamando “propaganda” anni e anni di fatti, accordi, patti, che hanno tolto salari, diritti, posti di lavoro, garanzie ai lavoratori, spezzandone la forza e l’unità come classe e consegnandoli “mani e piedi legati” allo strapotere dei padroni.
Come nessuno e nessuna può permettersi di fare del qualunquismo sui sindacati di base, che in questi lunghi anni sono stati e sono la risposta necessaria da parte dei lavoratori più avanzati, più coscienti per riprendersi nelle mani l’organizzazione e la lotta sindacale svenduta, per riaffermare che lo scontro è di classe tra lavoratori e padroni. In questo, sì, che sono “migliori” dei sindacati confederali.

Ancora la strada per essere all’altezza della pesante battaglia in atto, per servire l’unità della classe, contro divisioni e corporativismo attuati da “l’associazione a delinquere Confindustria/Cgil-Cisl-Uil”, non è semplice e ha problemi interni al sindacalismo di base e di classe. Ma questi sono fatti nostri!
 
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view post Posted on 24/3/2018, 16:47

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Una ragazza di Milano è stata licenziata
per essersi rifiutata di servire Matteo Salvini.

L’episodio si è verificato nel pomeriggio del 20 marzo. Secondo quanto scrive la stessa gelateria (Baci sottozero di Piazzale Siena) una giovane impiegata si è “rifiutata di servire un cliente per ideologie politiche”. Un comportamento insostenibile per la gelateria per cui comportamenti del genere “poco hanno a che vedere col lavoro”. Baci sottozero nega ci sia stata una pressione da parte di Salvini, la circostanza però è stata resa nota dalla madre della gelataia che riferisce di una telefonata del segretario leghista per lamentarsi di quella ragazza che aveva saputo tenergli testa. In ogni caso l’impiegata è stata licenziata (tanto era in prova, dicono dalla pagina di Baci sottozero).

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https://pennatagliente.wordpress.com/2018/...tari-comunisti/
 
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view post Posted on 24/3/2018, 20:39
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I murali che fanno il verso a quello su Breznev e Honecker e quest'ultima cosa sono proprio quelle cose da cui tenersi ben alla larga.
 
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view post Posted on 24/5/2018, 19:36

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“nuovo reato”: chi contesta la cisl si “macchia” d’interruzione di pubblico servizio. quando invece dovrebbero essere i lavoratori a condannare la cisl per essere al servizio dei padroni. il caso bologna

(da red block)

Pubblicato il 03/06/2018 di pennatagliente
Osservatorio

Bologna: Contestazione alla Cisl, condannati sette studenti
Protesta punita con due mesi per interruzione di pubblico servizio.
In tutta Europa il 14 novembre 2012 furono convocati simultaneamente scioperi e mobilitazione dal basso contro le politiche di austerity. In diverse città italiane scesero animatamente in piazza anche le realtà dell’autorganizzazione sociale e del sindacalismo autonomo. Nelle stesse ore, alla Camera a Roma si teneva la lunghissima seduta della commissione Bilancio che poco prima dell’alba del 15 avrebbe licenziato il testo della legge di Stabilità del governo Monti. A Bologna una della manifestazioni di quella giornata partì alle 9 da via XX settembre per passare dalla T e poi andare a bloccare i viali, da porta Mazzini alla Stazione. In via Amendola, i manifestanti lanciarono uova contro la sede Cisl e poi entrarono a protestare per cinque minuti all’interno, dove era in corso un convegno. Per questo fatto sette studenti sono stati condannati ieri a due mesi di reclusione per interruzione di pubblico servizio, un ottavo multato 800 euro per il lancio di un uovo contro l’insegna del sindacato confederale.
Ha scritto ieri il Collettivo Universitario Autonomo: “Prendiamo l’occasione per rivendicare politicamente quell’importante iniziativa che nel contesto di aggressione frontale alla stragrande maggioranza della società da parte delle banche e della finanza grazie al governo Monti indicò anche la Cisl tra i responsabili dell’impoverimento e della sofferenza di milioni di studenti e studentesse, e uomini e donne dalla culla alla pensione nel nostro paese”.
Tra l’altro in quei giorni il movimento operai dei facchini iniziava a muovere i suoi primi passi nella nostra città e noi insieme scioperavamo ai cancelli della logistica per porre fine alla schiavitù delle cooperative”, meccanismi a cui gli studenti accusano i sindacati confederali di non essersi mai opposti. In particolare alla Cisl si contestava in quei giorni (erano i tempi della vertenza della Centrale adriatica) la dichiarazione di un dirigente che, accusando i SiCobas di intraprendere proteste strumentali, arrivò a invocare “che qualcuno insegnasse loro come si sta al mondo, anche intervenendo democraticamente sulle loro schiene”. Conclude il Cua: “Come studenti e studentesse quel giorno dimostrammo quindi la nostra completa ostilità al sindacato dei padroni che con efferata solerzia invitava alla repressione contro i nostri compagni di lotta operai. Oggi quindi nel solidarizzare con gli studenti colpiti dalla repressione non possiamo che rivendicare quella straordinaria giornata di lotta affermando l’attualità delle sue ragioni! Ieri come oggi solidarietà di classe senza frontiere!”
 
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view post Posted on 1/7/2018, 17:54

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Austria, destra oltre l’ideologia ma 12 ore di lavoro al giorno


Austria, proposta di legge per 12 ore al giorno, 60 settimanali possibili, a richiesta di chi comanda.
-Il piccolo Paese transalpino alla presidenza Ue con pessimi segnali.
-Le nuove regole imporrebbero di fatto alle donne il part time.
-Referendum contro se la legge non verrà ritirata.

https://www.remocontro.it/2018/06/30/austr...voro-al-giorno/
-Il vicecancelliere Strache, il Salvini austriaco
 
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