I NOTAV Terzo Valico hanno ragione! Amianto, indagata la ditta per lo smaltimento
L'amianto frena il Terzo Valico indagata la ditta per lo smaltimento
La Htr di Roma non avrebbe rispettato le prescrizioni su sicurezza e prevenzione Dopo essere stata multata è stata denunciata alla Procura della Repubblica
SULL’amianto del Terzo Valico non molla “l’osso”, il procuratore capo Michele Di Lecce. Lui - ad Alessandria ricordato come un “mastino”, che ha fato fastidio ai colossi come Montedison e Michelin, con indagini sulla sicurezza in fabbrica - a Genova ha già indagato i vertici della ditta che ha in subappalto lo smaltimento del materiale.
Negli anni in cui Di Lecce ha guidato quella Procura, ha disturbato i colossi industriali, con indagini sugli ambienti di lavoro e sulla sicurezza degli operai: una riguardante il decesso di addetti nello stabilimento chimico della Montedison di Spinetta Marengo; l'altra alla Michelin, con 5 dirigenti a processo. E a Genova ha già iscritto i titolari della Htr, l'azienda che dal Cociv (società di Impregilo, general contractor del Terzo Valico) ha in subappalto lo smaltimento delle rocce ricche di amianto, provenienti dagli scavi del passante ferroviario ad Alta Velocità.
La società romana è chiamata a rispondere di violazioni sulla sicurezza degli ambienti di lavoro, tanto da essere stata sanzionata dalla Asl Tre: prima con una multa (varia da 1500 a 3000 euro a seconda degli articoli), poi con la segnalazione alla Procura della Repubblica. A fine agosto, infatti, i tecnici dell'Uopsal (acronimo che sta per Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) sono piombati nei cantieri di Cravasco, spediti appunto dal procuratore capo di Genova che qualche giorno prima aveva ricevuto due esposti da parte di attivisti No Tav. Di Lecce aveva ricevuto ben due esposti: uno da parte di attivisti No Tav, l'altro dai consiglieri di due gruppi di minoranza del Comune di Campomorone, il Movimento 5 Stelle e Altra Campomorone.
Le denunce, con allegate fotografie, segnalavano le "violazioni delle norme di trattamento delle rocce con percentuali di amianto superiori al grammo per ogni chilo di materiale". «Che, in queste condizioni, non sono più semplici rocce da scavo, ma di rifiuti speciali - spiega Attilio Businelli, direttore dell'Uopsal - pertanto, devono essere trattate come tali, con opportuni accorgimenti e prescrizioni». Non possono essere inviate ai riempimenti del porto o per la "coltivazione" di vecchie e dismesse cave. Sigillate, devono essere trasferite in opportune discariche controllate. Gli ispettori hanno accertato che nei piazzali di raccolta dello "smarino" non sono rispettate le prescrizioni dettate dal piano di lavoro. I detriti non verrebbero bagnati e chiusi ermeticamente nei sacconi, nei cosiddetti "big bags", appunto per evitare che le fibre di amianto si volatizzino nell'ambiente; e gli operai non adotterebbero i dispositivi di protezione per evitare l'inalazione.
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la Santa Inquisizione contro i NOTAV non demorde..il 15 ottobre solidarietà in aula!
"No Tav terroristi": il pg Maddalena riporta l'accusa in aula in Appello
l 15 ottobre prima udienza in Appello per i quattro attivisti: il procuratore generale di Torino sosterrà le tesi dei pm respinte in primo grado: "Atto di guerra contro lo Stato per condizionarlo"
IL 15 OTTOBRE gli imputati del movimento No Tav torneranno nell'aula della Corte d'Appello e troveranno il Procuratore generale Marcello Maddalena a sostenere l'accusa. Sono i quattro giovani attivisti arrestati per aver assalito il quartiere di Chiomonte nella notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013 e imputati in primo grado anche di attentato con finalità di terrorismo dai pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, accusa dalla quale furono assolti. Ed è proprio l'importanza giuridica e politica del processo, e delle molte polemiche che accompagnarono già il primo grado, ad aver fatto decidere a Maddalena di impegnarsi in prima persona nel processo, il penultimo prima della pensione (dopo ci sarà ancora l'appello di Francesco Furchì, condannato per l'omicidio dell'avvocato e consigliere comunale Alberto Musy).
Si tornerà a parlare di terrorismo, e per capirlo basta leggere le 130 pagine scritte da Rinaudo e Padalino per chiedere l'appello fissato per ottobre. "L'assalto nella notte tra il 13 e il 14 maggio- scrivevano i due pm- si colloca nell'antagonismo estremo, un atto di guerra contro il nostro Stato, per condannare le sue scelte di politica economica o condizionarlo nelle sue scelte future ". Mentre i discorsi fatti in aula dai quattro imputati sono, per Rinaudo e Padalino, "espressi nel puro stile delle rivendicazioni di azioni terroristiche".
"Mi pare un processo importante, dove è giusto che ci sia il procuratore generale a rappresentare l'ufficio" dice Marcello Maddalena, che sostiene di voler esprimere le sue linee di merito soltanto nell'aula processuale, "per correttezza ". Ma, in quell'aula, Maddalena andrà a sostenere le ragioni dei pubblici ministeri del primo grado.
Rinaudo e Padalino avevano contestato, per la prima volta nel caso dei No Tav, ai quattro imputati i reati di "attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti". Una tesi accolta anche dal tribunale del riesame nel gennaio del 2014, con la motivazione che l'attacco al cantiere fu un'azione terroristica "idonea ad arrecare grave danno allo Stato". "L'azione è stata posta in essere - aggiungono i giudici - allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un'opera pubblica di rilevanza internazionale ". La vicenda finisce in Cassazione, dove il 15 maggio il giudizio del riesame di Torino è ribaltato: non si possono accusare i quattro di terrorismo perché non c'è stato un "grave danno per un Paese o un'organizzazione internazionale " e perché non si è "creata un'apprezzabile possibilità di rinuncia da parte dello Stato alla prosecuzione delle opere per l'Alta Velocità". La sesta sezione penale chiede un nuovo giudizio al tribunale del riesame, sostenendo che esiste una "sproporzione di scala tra i modesti danni materiali provocati e il macroevento di rischio cui la legge condiziona la nozione di terrorismo" e parlando di "una ricostruzione dei fatti non sufficientemente argomentata, per poi desumerne comunque conseguenze giuridicamente scorrette". Gli imputati rinunciano a tornare al riesame, e aspettano la sentenza di primo grado, che li assolverà dall'accusa di terrorismo condannandoli invece per reati meno gravi. Tre anni e sei mesi per detenzione di armi da guerra (in relazione all'uso di bottiglie molotov), danneggiamento seguito da incendio e violenza a pubblico ufficiale.
Nel frattempo, alla vicenda erano stati dedicati anche appelli e convegni, come quello del 13 maggio 2014 al campus Einaudi con Amedeo Cottino, Carlo Freccero, Peppino Ortoleva e Maurizio Riverditi. L'assenza di condanne per terrorismo (un reato attribuito anche ai tre successivi imputati, condannati anche loro solo per reati minori) aveva, in qualche modo, rimosso dalla scena giuridica e politica uno dei momenti di più alta tensione in relazione al movimento No Tav e alla Val di Susa. E nel frattempo le inchieste e i processi dedicati al movimento si erano fatti più rari, fino al punto di redistribuire in altri pool i sostituti che se ne erano sempre occupati, nell'ultima geografia della Procura stabilita da Armando Spataro. Anche gli ultimi fermi, relativi alle "scampagnate" notturne al cantiere di questa fine estate, sono stati affidati a Andrea Padalino e Marco Gianoglio, senza più una specifica squadra di sostituti.
Ora questa parola, che per alcuni appartiene "a un preciso significato e periodo storico" e non può essere usata contro "ogni forma di protesta" tornerà in un'aula, richiamando l'attenzione su un movimento del quale si parla ormai poco. Un processo importante, che ha spinto Marcello Maddalena a esserci di persona per la penultima volta nella sua lunga carriera.
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