Comunismo - Scintilla Rossa

vi racconto una favola

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view post Posted on 25/8/2011, 08:34

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vi racconto una favola, forse quelli che hanno criticato la serietà del forum si "indispettiranno", diranno: "ci mancavano pure le favole qui..." (*), ma interpretata in maniera diversa questa favola non andava nemmeno collocata in una sezione umoristica...

Questo potrebbe essere un canovaccio per una qualsiasi comprensione e analisi degli eventi che in questi giorni si stanno dispeigando ,un canovaccio a cui potreste sostituire,date, nomi, situazioni e personaggi per descrivere l'infognamento e la decomposizione politica -intelletuale dei tanti plaudenti neo sinistro imperialisti,che come porci grufolano e godono ad ogni peto del impero ...dopo i topi di bengasi ahi noi abbiamo anche i sorci italici potreste trarre una vostra morale tendando una traposizione metaforrica da questa antica fiaba ..ci sarebbe da sbelicarsi ..conoscendovi ehehehhehehehe


Il pifferaio di Hamelin


Questa voce o sezione sull'argomento letteratura non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti.
Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
Il pifferaio di Hameln è una fiaba tradizionale tedesca, trascritta, fra gli altri, dai fratelli Grimm. È anche nota come Il Pifferaio Magico o con altri titoli simili. Si ritiene che essa sia stata ispirata da un evento tragico realmente accaduto nella città tedesca di Hameln in Bassa Sassonia, nel XIII secolo

La storia si svolge nel 1284 ad Hameln, in Bassa Sassonia. In quell'anno la città viene invasa dai ratti. Un uomo con un piffero si presenta in città e promette di disinfestarla; il borgomastro acconsente promettendo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti restano incantati dalla sua musica e si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino alle acque del fiume Weser, dove muoiono annegati.
La gente di Hameln, ormai liberata dai ratti, decide incautamente di non pagare il Pifferaio. Questi, per vendetta, riprende a suonare mentre gli adulti sono in chiesa, questa volta attirando dietro di sé tutti i bambini della città. Centotrenta bambini lo seguono in campagna, e vengono rinchiusi dal Pifferaio in una caverna. Nella maggior parte delle versioni, non sopravvive nessun bambino, oppure se ne salva uno solo che, zoppo, non era riuscito a tenere il passo dei suoi compagni. Varianti più recenti della fiaba introducono un lieto fine in cui un bambino di Hameln, sfuggito al rapimento da parte del Pifferaio, riesce a liberare i propri compagni. Una variante dice che i bambini entrano in questa caverna seguendo il pifferaio magico e fuoriescono da un'altra caverna, la grotta di Almas in Transilvania. Questa era una delle leggende che spiegava l'arrivo dei sassoni in Transilvania, che così sarebbero appunto i bambini portati dal pifferaio magico di Hameln.

Origini della fiaba:

Il più antico riferimento a questa fiaba si trovava in una vetrata della chiesa della stessa città di Hameln e risalente circa al 1300. Della vetrata si trovano descrizioni su diversi documenti del XIV e XVII secolo, ma pare che essa sia andata distrutta. Sulla base delle descrizioni, Hans Dobbertin ha tentato di ricostruirla in tempi recenti. L'immagine mostra il Pifferaio Magico e numerosi bambini vestiti di bianco.
Si pensa che questa finestra sia stata creata in ricordo di un tragico evento effettivamente accaduto nella città. Esisterebbe tuttora una legge non scritta che vieta di cantare o suonare musica in una particolare strada di Hameln, per rispetto nei confronti delle vittime. Nonostante le numerose ricerche, tuttavia, non si è ancora fatta luce sulla natura di questa tragedia (vedi qui per un elenco di teorie). In ogni caso, è stato appurato che la parte iniziale della vicenda, relativa ai ratti, è un'aggiunta del XVI secolo; sembra dunque che la misteriosa vicenda di Hamelin avesse a che vedere solo con i bambini. (Paradossalmente, l'immagine del Pifferaio seguito da un esercito di topi è quella che la maggior parte delle persone associano a questa fiaba, magari senza ricordare nient'altro della vicenda).
Le principali teorie circa gli avvenimenti di Hameln si possono ricondurre a quattro principali:
I bambini furono vittime di un incidente; forse annegarono nel Weser, o furono travolti da una frana.
I bambini furono vittime di una epidemia e furono portati a morire fuori dalla città per proteggere il resto della popolazione. Si è ipotizzato che l'epidemia potesse essere di peste. Altri, con riferimento al fatto che i bambini "danzavano" dietro al Pifferaio, hanno pensato al morbo di Huntington oppure al ballo di San Vito, piuttosto comune in Europa nel periodo che seguì le epidemie di peste nera. Secondo queste teorie, il Pifferaio è una rappresentazione simbolica della Morte o della malattia.
I bambini lasciarono la città per partecipare a un pellegrinaggio, a una campagna militare, o addirittura una nuova Crociata dei bambini, e non fecero mai ritorno. In questo caso, il Pifferaio rappresenterebbe il reclutatore.
I bambini abbandonarono volontariamente i loro genitori e Hameln per fondare nuovi villaggi, durante la colonizzazione della Germania orientale. Questa teoria porta come prova i numerosi luoghi con nomi simili ad Hameln sia nei dintorni della città che nelle colonie orientali. Le migrazioni di bambini nel XIII secolo sono un fatto ampiamente documentato, e quest'ultima teoria gode di un notevole credito; il Pifferaio sarebbe un reclutatore che condusse via buona parte della gioventù di Hamelin per fondare una colonia nella Germania orientale. Tale Decan Lude, originario di Hameln, avrebbe posseduto intorno al 1384 un libro di cori che conteneva un verso in latino che riportava questo evento. Il libro è andato perduto, si pensa intorno al XVII secolo.
Un racconto tedesco degli eventi di Hameln, purtroppo non illuminante, è sopravvissuto in una iscrizione databile 1602-1603, trovata proprio nella città della fiaba::

Anno 1284 am dage Johannis et Pauli
war der 26. juni -
Dorch einen piper mit allerley farve bekledet
gewesen CXXX kinder verledet binnen Hameln geboren -
to calvarie bei den koppen verloren
Si potrebbe tradurre:

Nell'anno 1284, il giorno di Giovanni e Paolo
il 26 di giugno
Da un pifferaio, vestito di ogni colore,
furono sedotti 130 bambini nati ad Hameln
e furono persi nel luogo dell'esecuzione vicino alle colline.
La più antica fonte rimasta è datata circa 1440. Jobus Fincelius menziona la vicenda nel suo De miracolis sui temporis (1556), identificando il Pifferaio con il Diavolo.


(*) faccio presente che l'idea della diversa interpretazione di questa fiaba è di un ottimo compagno su fb che di sicuro non è "piccolo"..
 
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view post Posted on 25/8/2011, 09:12

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cmq ai tempi della preistoria del forum ci stava di peggio come topic sulle favole... :asd:

https://scintillarossa.forumcommunity.net/?t=14775676
 
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view post Posted on 26/8/2011, 15:34
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C'era una volta Lepontico (col suo forum serio) ....
 
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view post Posted on 30/8/2011, 11:48

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anche con questa favola, sempre dai fratelli Grimm, si possono fare similitudini attuali

Gatto e topo in società -

Un gatto e un topo avevano deciso di vivere in comune e di occuparsi insieme della casa. Quando l'inverno si avvicinò ebbero l’dea di comprare un pentolino di strutto e lo misero in chiesa, sotto l'altare, poiché‚ non conoscevano luogo migliore e più sicuro, là doveva rimanere fino a quando ne avessero avuto bisogno. Ma un giorno il gatto ebbe voglia di strutto; andò allora dal topo e disse:-Ascolta topolino, mia cugina mi ha pregato di fare da padrino al suo piccolo bianco con macchie brune appena nato e devo tenerlo a battesimo. Lasciami andare e sbriga da solo, per oggi, le faccende di casa-.-Sì, sì,- rispose il topo -vai pure, se mangi qualcosa di buono, pensa anche a me.- Ma il gatto non aveva cugine, e non‚ l'avevano richiesto come padrino. Andò invece dritto in chiesa e leccò via la spessa pellicola di strutto,poi passeggiò per la città e ritornò a casa soltanto alla sera.-Devi esserti proprio divertito- disse il topo.-Come si chiama il piccolo?--Pellepappata- rispose il gatto.-Pellepappata? Che strano nome, non l'ho mai sentito!- Poco tempo dopo, al gatto tornò la voglia, andò dal topo e disse: -Mi vogliono di nuovo come padrino, il piccolo ha una fascia di pelo bianco intorno al corpo. Non posso rifiutare, devi farmi il piacere di badare da solo alla casa-. Il buon topo acconsentì, ma il gatto andò e divorò mezzo pentolino. Quando tornò a casa, il topo domandò:-E questo piccolo come si chiama?-.-Mezzopappato.- -Mezzopappato? Che dici! Non ho mai sentito questo nome in vita mia e sicuramente non c'è sul calendario.- Ma al gatto era piaciuto troppo il lardo, e ben presto gli tornò l'acquolina in bocca. Allora disse: -Per la terza volta mi vogliono come padrino. Il piccolo è tutto nero e ha solo le zampe bianche, non ha un altro pelo bianco in tutto il resto del corpo; questo capita solamente una volta ogni due anni: mi lasci andare, vero?-.-Pellepappata, Mezzopappato- disse il topo -sono nomi così strani che mi danno da pensare; ma vai pure.- Il topo pulì e mise in ordine la casa, mentre il gatto divorò tutto il lardoe tornò a casa di notte, sazio e grasso.-Come si chiama il terzo piccolo?-Tuttopappato.- -Tuttopappato! Eh, eh,questo è il nome più strano di tutti!-disse il topo.-Tuttopappato? Cosa vorrà dire? Non l'ho mai visto scritto!- Detto questo scosse la testa e si mise a dormire. Il gatto non fu chiamato una quarta volta a fare da padrino. Ma quando l'inverno giunse e fuori non si trovava più nulla da mangiare, il topo disse al gatto: -Vieni, andiamo a prendere la provvista che abbiamo nascosto in chiesa sotto l'altare, ce la godremo!-.-Sì- rispose il gatto beffardo -te la godrai come a mangiare aria fritta.-Quando arrivarono il pentolino era vuoto.-Ah,- disse il topo -ora capisco! Hai divorato tutto, quando hai fatto da compare: prima pellepappata, poi mezzopappato, poi...- -Taci!- gridò il gatto.-Di' ancora una parola e ti mangio. -Tuttopappato- aveva già sulla lingua il povero topo, e come gli uscì di bocca il gatto gli saltò addosso e lo inghiottì.
 
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view post Posted on 18/10/2013, 17:38

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Il corsaro Occhialì -
da schiavo a governatore di Algeri



3eir


Dopo la presa di Tunisi da parte di Carlo V, il Barbarossa, agli inizi della primavera successiva, con quarantacinque galere, si diresse verso la Calabria e, il 29 aprile del 1536, arrivò sul mare antistante Le Castella, dove intimò la resa al presidio del castello.
La popolazione locale e i soldati si rinchiusero dentro le mura del castello.
La rocca fu difesa fieramente, ma dopo sette giorni di assedio i castellani dovettero cedere. I cristiani catturati furono imbarcati e condotti come schiavi a Costantinopoli. Tra questi vi era un ragazzino, Giovan Dionigi Galeni, destinato a diventare uno dei personaggi più importanti di quei tempi.
Figlio di un marinaio di Sant'Agata di Reggio, Birno Galeni e di Pippa di Cicco, nato nel 1525 circa.
Venne soprannominato "Occhialì" dagli storici cattolici, mentre per gli ottomani divenne Kilige-Alì cioè “Alì la spada”.
In seguito alla cattura fu venduto, a poco prezzo, al mercato degli schiavi di Costantinopoli ad un certo rais Giafer.
Anche se di salute malferma, dimostrò presto acume e destrezza nelle arti marinare, al punto da essere preso a ben volere dal rais che gli concesse in moglie la figlia Bracaduna e il comando di due navi (anche al fine di addestrare il figlio al mestiere del pirata).
Agli ordini di Dragut partecipò alla conquista di Tripoli dove imparò a conoscere i segreti e le arti del mestiere di condottiero.
Il 14 febbraio del 1560, alle Gerbe ottenne un'altra vittoria. Catturò trentaquattro legni alle Peschiere. Assaltò Villafranca e Nizza guastando le nozze di Emanuele Filiberto con Margherita, una principessa francese.
In seguito alla morte di Dragut, caduto in uno dei ripetuti attacchi all'imprendibile La Valletta, gli venne concessa la sovranità su Tripoli.
Nel 1570 fu inviato a capo di una potente flotta a coprire via mare le truppe impegnate nell'assedio terrestre a Nicosia e Famagosta, dove l’eroica resistenza dei veneziani si concluse con il sacrificio di Marcantonio Bragadin. Subito dopo conquistò Curzola e penetrò nel porto di Ragusa, dove venne a sapere della costituzione e dei preparativi della Santa Lega.
Il 7 ottobre 1571 a Lepanto avrà luogo la più grande battaglia navale di tutti i tempi.
La velocità delle artiglierie della flotta cristiana mise subito in grosse difficoltà la flotta turca; alla fine rimase solo l'ala destra al comando del calabrese Occhialì.
Quando questi capì che la sconfitta era imminente, cercò portare i soccorsi nei punti deboli della flotta turca rimasta e, nello stesso tempo, tentando anche di prendere alle spalle la capitana cristiana.
A frapporsi fra le due navi, in soccorso dei cristiani, arrivò la capitana di Malta che riuscì nell'intento, ma fu completamente distrutta.
Occhialì prese a rimorchio la capitana di Malta distruggendo, frattanto, tutte le galee che incontrava sulla rotta; catturò persino la "Fiorenza" del Papa.
Don Giovanni, capitano supremo della flotta cristiana, abbandonando il bottino soccorse insieme alle altre navi il lato destro del Doria. Occhialì, oltre a tenergli testa da solo, arrivò quasi a cambiare le sorti della battaglia.
Frattanto il Doria, liberatosi, cercò di impedire ad Occhialì di accerchiare il centro della flotta, ma solo l'intervento unito di tutta la flotta cristiana riuscì a far desistere Occhialì.
Il Gran Visir, Selim II, dopo la sconfitta, intimorito per una eventuale sortita via mare della flotta Cristiana, in soli 24 giorni e impegnando circa 35000 operai, fece costruire una fortezza all'ingresso dei Dardanelli per sbarrare il passaggio alle eventuali navi nemiche.
Oramai quando lo scoramento si era impossessato della popolazione, Occhialì, il solo comandante di rilievo sopravvissuto alla battaglia di Lepanto, il 18 novembre 1571 entrò nel porto di Costantinopoli con le navi superstiti sparando delle salve come se venisse da una vittoria.
In conseguenza del suo comportamento in battaglia a Costantinopoli venne accolto come il salvatore delle sorti dell'Impero Ottomano.
Come premio per le sue vestigia che avevano allontanato le paure della sconfitta e suscitato nuove speranze, fu nominato Capitano Generale dell'Armata, con l'incarico di ricostruire la flotta.
Ormai era il padrone dei destini della Turchia. Fondò anche una nuova città, Navarrino.
Successivamente combattè a Corone contro gli spagnoli, il nemico di sempre.
Si presentò poi nel Mediterraneo con la più grande armata mai vista su quel mare: 398 vascelli e 40 mila uomini.
Con una manovra diversiva tornò in Sicilia ed in Calabria per poi, all'improvviso, volgere le prore a sud e piomba fulmineo sulle coste africane a riconquistare Tunisi, e sancire la vendetta musulmana per la sconfitta di Lepanto, a quarant'anni dalla conquista della città da parte di Carlo V.
Costeggiando il Tirreno arrivò fino a Napoli per poi tornare in Calabria.

Nel 1576 si presentò davanti a Trebisacce dove 2000 uomini sbarcarono per assalire la città; tuttavia il principe di Bisignano, prontamente soccorso da consistenti forze, costrinse i turchi a reimbarcasi.
Con quest'ultima azione Occhialì lasciò per sempre la Calabria e fece ritorno a Costantinopoli dove oltre alla corona di Algeri, Tripoli e Tunisi altri grandi onori lo attendevano, tanto che fu la figura più popolare dell'impero.
La morte del Sultano e la guerra contro i persiani fece fallire alcuni sui ambiziosi progetti: riunire in un solo regno tutta l'Africa del Nord e il taglio dell’istmo di Suez.
E’ sua la costruzione della grande Moschea, sul colle di Top-Hana di Costantinopoli, dell’ospedale e di una Accademia ove il suo corpo riposa: la data della sua morte è il 4 luglio del 1595.

fonte

qui la sua storia è racconta tameglio
 
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view post Posted on 5/10/2014, 19:11

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Favole di libertà
Antonio Gramsci

Come non si diventa invertebrati


27 febbraio 1928

Cara Giulia,

[...] non devi pensare che la vita mia trascorra così monotona e uguale come a prima vista
potrebbe sembrare. Una volta presa l'abitudine alla vita dell'acquario e adattato il sensorio a cogliere
le impressioni smorzate e crepuscolari che vi fluiscono (sempre ponendosi da una posizione un po'
ironica), tutto un mondo incomincia a brulicare intorno, con una sua particolare vivacità, con sue
leggi peculiari, con un suo corso essenziale. Avviene come quando si getta uno sguardo su un vecchio
tronco mezzo disfatto dal tempo e dalle intemperie e poi piano piano si ferma sempre più fissamente
l'attenzione. Prima si vede solo qualche fungosità umidiccia, con qualche lumacone, stillante
bava, che striscia lentamente. Poi si vede, un po' alla volta tutto un insieme di colonie di piccoli
insetti che si muovono e si affaticano, facendo e rifacendo gli stessi sforzi, lo stesso cammino. Se
si conserva la propria posizione estrinseca, se non si diventa un lumacone o una formichina, tutto
ciò finisce per interessare e far trascorrere il tempo.


Qui tutto il volume in formato PDF
 
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view post Posted on 8/10/2014, 16:04

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I tre giganti



di Antonio Gramsci

6 ottobre 1930

Carissima Giulia,

[...] Ricordo una novellina popolare scandinava: - tre giganti abitano nella Scandinavia lontani
uno dall'altro come le grandi montagne. Dopo migliaia d'anni di silenzio, il primo gigante grida
agli altri due: - «Sento muggire un armento di vacche!» - Dopo trecento anni il secondo gigante interviene:
«Ho sentito anch'io il mugghio!»
 
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