Comunismo - Scintilla Rossa

Sceptulin, Filosofia morale marxista

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view post Posted on 22/4/2022, 13:54

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LA MORALE

Testo tratto da "La filosofia marxista-leninista, tratti essenziali del comunismo scientifico" di A. Sceptulin



Il concetto di morale

L'uomo non può vivere fuori della società, fuori della collettività che presenta sempre determinate esigenze per quel che riguarda il comportamento dei suoi membri. Perciò l'individuo deve commisurare le proprie azioni agli interessi della società che le giudica come buone о come cattive, come giuste о come ingiuste. I giudizi della società su questi о quegli atti degli individui, giudizi che li valutano dal punto di vista del bene, del male, della giustizia, dell'ingiustizia, dell'onestà о della disonestà, si chiamano giudizi morali. I giudizi morali trovano la loro incarnazione in determinate regole e norme di condotta cui obbediscono gli individui nelle loro relazioni reciproche. L'insieme delle norme morali costituisce la morale che vige in una data società.In tal modo, la morale è l'insieme delle norme e delle regole di condotta degli individui nella società in una data tappa del suo sviluppo, le quali esprimono i giudizi della società (o di una singola classe) su questi о quegli atti degli individui dal punto di vista del bene, del male, della giustizia, dell'ingiustizia, dell'onestà о della disonestà. Parallelamente alle norme della morale, come, già sappiamo, esistono nella società anche le norme del diritto, le quali, come le norme morali, regolano la condotta degli individui. Le norme morali si distinguono, però, sostanzialmente dalle norme del diritto. Questa distinzione si esprime prima di tutto nel fatto che dietro le norme del diritto sta la forza della coercizione statale. Se questo о quel membro della società si rifiuterà di osservare questa о quella norma del diritto, gli organi del potere lo costringeranno a rispettarla. Le norme della morale non possiedonouna tale forza coercitiva. Dietro di esse sta la forza dell'opinione pubblica. Poi, le norme del diritto vengono stabilite dallo Stato e assumono la forma di leggi, mentre le norme morali vengono formulate dalla società о da una classe generalizzando la prassi dei rapporti tra gli individui e le concezioni che si creano sotto un diretto influsso delle condizioni materiali di vita intorno a momenti come il bene, il male, la giustizia, l'ingiustizia e l'ideale morale.


L'origine della morale

Gli idealisti derivano la morale dalla coscienza, da questo о quel principio spirituale. Il filosofo greco Platone collegava l'esistenza della morale con l'“idea del bene” la quale si trova fuori della coscienza umana. Kant la collegava con un al di là inconoscibile. Sono assai diffusi anche i tentativi di derivare la morale dalla natura biologica dell'uomo, in particolare da impulsi istintivi dell'uomo, come la difesa da parte della femmina delle sue creature, l'istinto gregale, l'istinto di mutua assistenza. “… Il campo dei fenomeni morali – rileva, ad esempio, K. Kautsky – non è qualcosa che sia proprio esclusivamente all'uomo: questi fenomeni esistono anche presso gli animali sociali e non sono che un'espressione degli istinti sociali”. Vi sono pure sociologi che derivano la morale da queste quelle cosiddette proprietà eterne, immutabili della natura umana: la litigiosità о la predisposizione al bene, ecc. Per la prima volta una spiegazione scientifica dell'origine e dell'essenza della morale fu fornita solo dal marxismo sulla base della concezione materialistica della storia. La morale è un fenomeno sociale. Essa sorge e esiste solo nella società, sulla base dell'attività produttiva comune, nel corso della quale si rende necessario regolare i rapporti tra singoli individui e la collettività, definire la cerchia degli obblighi di ogni membro della collettività e la punizione per il mancato adempimento di essi. È proprio l'attività lavorativa comune degli individui che determinò la necessità di concordare le azioni di un singolo individuo con quelle della collettività, gli interessi individuali con quelli sociali e, al tempo stesso, di far si che l'individuo si formi determinate concezioni per quel che riguarda i suoi doveri di fronte alla collettività, faccia propri determinati criteri di valutazione delle azioni degli individui. Nei primi tempi queste concezioni degli uomini su ciò che è bene e su ciò che è male, su ciò che è giusto e su ciò che è ingiusto e le rispettive norme di condotta si presentavano come l'unico istituto capace di regolare i rapporti tra gli uomini. In seguito sorsero accanto allenorme morali anche le usanze, le norme del diritto. Sottolineando il nesso tra la morale e l'attività produttiva degli uomini, Engels scriveva: «… gli uomini, consapevolmente о inconsapevolmente, in ultima analisi traggono le loro concezioni morali dai rapporti pratici sui quali è fondata la loro condizione di classe, cioè dai rapporti economici, in cui producono e scambiano..,». Ma se la morale è chiamata alla vita dalle condizioni materiali di vita degli uomini, dalle loro relazioni economiche e le riflette, essa non può essere eterna ma deve cambiare, non appena cambiano queste condizioni e queste relazioni. Ad esempio, nelle prime tappe di esistenza della società umana, quando il livello di sviluppo delle forze produttive era estremamente basso e quando i mezzi di sussistenza creati dall'uomo non bastavano a soddisfare i bisogni del produttore diretto, non era considerato un atto amorale il cagionare consapevolmente la morte degli individui inoltrati negli anni che non potevano più mantenere se stessi. Successivamente, col mutarsi delle condizioni materiali di vita, quando le forze produttive si sono talmente sviluppate da rendere possibile il plusprodotto che non è assolutamente necessario alla sussistenza del produttore diretto, le sopraindicate azioni erano già considerate amorali. Erano, invece, riconosciuti conformi alla morale gli atti che esprimevano il rispetto, la sollecitudine per i vecchi.


Il carattere di classe della morale

Mutamenti particolarmente sostanziali si sono prodotti nella sfera della morale con la divisione della società in classi. Se prima la morale era una sola per tutti i membri della società, ora questa unità scompare. Ogni classe elabora leproprie norme morali. E ciò non è casuale. La morale dipende dalle condizioni materiali di vita degli uomini, ma nella società di classe queste condizioni sono diametralmente opposte per le classi antagonistiche, e perciò è naturale che queste classi abbiano una concezione diversa del bene e del male, della giustizia e dell'ingiustizia e si facciano guidare da princìpi morali assolutamente diversi. Ma nella società sempre dominano le concezioni morali e le norme etiche che esprimono gli interessi della classe dominante. Questa classe mira ad imporre a tutti le proprie concezioni morali e le rispettive norme etiche. Ma in forza del fatto che dietro la norma etica sta non la forza della coercizione statale, come è il caso del diritto, ma la forza dell'opinione pubblica, i lavoratori non riconoscono giuste norme, non le osservano, non tengono conto dell'opinione pubblica degli sfruttatori. Man mano checresce la coscienza di classe dei lavoratori, appaiono tra di loro concezioni morali, princìpi etici diametralmente opposti alle norme etiche della classe sfruttatrice dominante. Se prenderemo la società capitalistica, vedremo che la morale che vi domina è la morale della classe dei capitalisti, la morale borghese. Base economica di questa morale è la proprietà privata dei mezzi di produzione. Ma la proprietà privata, secondo un'espressione di A. M. Gorki, “divide gli uomini, li spinge gli uni contro gli altri, crea un irriconciliabile antagonismo degli interessi, mente, cercando di nascondere о di giustificare questo antagonismo, e corrompe tutti con la menzogna, con l'ipocrisia e con la malvagità”. Nella società borghese domina il principio della compravendita. Qui tutto assume la forma di merce. Voi potete comprare non solo gli oggetti di consumo, non solo i generi alimentari, maanche gli uomini, il loro sangue, la loro coscienza. Metro principale dei rapporti fra gli uomini diventa il denaro. Chi lo possiede, è ritenuta una persona per bene, degna di rispetto, indipendentemente dal modo in cui ha acquistato la ricchezza. Nel dare la caccia al profitto, il borghese calpesta tutte le norme morali, è pronto a commettere qualsiasi delitto, se lo attende un lauto profitto. Caratterizzando il dato tratto distintivo della personalità del borghese, Marx scriveva: «Il capitale aborre la mancanza di profitto о il profitto molto esiguo come la natura aborre il vuoto. Quando c'è un profitto proporzionato, il capitale diventa coraggioso. Garantitegli il dieci per cento, e lo si può impiegare dappertutto; il venti per cento, e diventa vivace; il cinquanta per cento, e diventa veramente temerario; per il cento per cento si mette sotto i piedi tutte le leggi umane; dategli il trecento per cento, e non ci sarà nessun crimine che essonon arrischi, anche pena la forca». La morale borghese educa l'egoismo e l'individualismo. «L'uomo è lupo per l'uomo», «Ognun per sé, dio per tutti», ecco i princìpi della morale borghese. Oltre alla morale borghese sorge e si afferma nella società capitalistica una morale nuova, più elevata, la morale del proletariato, classe progressiva chiamata a liberare l'umanità dal bisogno e dallo sfruttamento. La morale proletaria si forma man mano che il proletariato si unisce nella lotta contro gli sfruttatori, man mano che nasce e si sviluppa la sua coscienza di classe. «La morale proletaria – scrisse il noto statista sovietico M. I. Kalinin – si formava direttamente nei posti di lavoro: nelle officine e nelle fabbriche». I princìpi della morale proletaria sono diametralmente opposti a quelli della morale borghese. Se alla base di quest'ultima sono l'individualismo, l'egoismo, il disprezzo per la collettività, la società, alla base della morale proletaria sono il collettivismo, la mutua assistenza. Caratterizzando gli operai rivoluzionari, Marx scriveva: «… la fratellanza umana non è una frase sulla loro bocca ma è una verità, e dai volti induriti dal lavoro ci si presenta tutta la bellezza dell'umanità”. La parola “compagno” nella società capitalistica risuona come appello ad unirsi nella lotta contro gli oppressori, è un simbolo della forza, dello spirito d'organizzazione del proletariato, della coesione delle sue file. Il senso di collettivismo riceve particolare sviluppo dopo l'abbattimento degli sfruttatori, dopo la conquista della dittatura del proletariato e l'istaurazione della proprietà sociale dei mezzi di produzione, la quale, a differenza della proprietà privata che determina l'antagonismo tra gli uomini, unisce gli uomini, fa nascere e sviluppa il principio di mutua assistenza. Quale morale di classe, la morale proletaria è, al tempo stesso, la morale di tutti i lavoratori, poiché il proletariato con la sua lotta contro gli sfruttatori difende non solo i propri interessi, ma anche le aspirazioni di tutto il popolo, esso si batte non solo per la propria liberazione dal giogo del capitale, ma anche per la liberazione di tutti i lavoratori dallo sfruttamento. Perciò man mano che progredisce la costruzione del socialismo e del comunismo la morale della classe operaia acquista sempre più chiaramente le caratteristiche dell'etica comunista che esprime gli interessi di tutti i lavoratori. La morale comunista è tutto ciò «che serve a distruggere la vecchia società sfruttatrice e ad unire tutti i lavoratoriintorno al proletariato che sta costruendo la nuova società… ”. La morale comunista è subordinata, in tal modo, “agli interessi della lotta di classe del proletariato”. La morale comunista si fonda «sulla lotta per consolidare e portare a compimento il comunismo”. La morale comunista, oltre al principio del collettivismo di cui abbiamo parlato sopra, comprende anche una serie di altri princìpi. Sono la fedeltà alla causa del comunismo, l'amore per la Patria socialista, il lavoro onesto al servizio della società, la sollecitudine di ogni cittadino per salvaguardare e incrementare il patrimonio sociale; la profonda comprensione del dovere sociale e l'intransigenza verso le violazioni degli interessi sociali; i rapporti umani e di reciproco rispetto tra gli uomini; l'onestà e la sincerità, il rigore morale, la semplicità e la modestia nella vita sociale e individuale; il rispetto reciproco nella famiglia, la cura per l'educazione dei figli; l'intransigenza verso l'inimicizia nazionale e razziale; l'intransigenza verso i nemici del comunismo, della causa della pace e della libertà dei popoli; la solidarietà fraterna con i lavoratori di tutti i paesi, con tutti i popoli. La morale comunista si forma e si afferma nella lotta contro la morale borghese, contro le sopravvivenze del passato nella coscienza e nelle azioni degli uomini. «Quanto più la nostra società avanza – è detto nel Rapporto d'attività del CC del PCUS al XXV Congresso del PCUS – tanto più intollerabili diventano le deviazioni dalle norme dell'etica socialista che tuttora si registrano».


Sui momenti universali della morale

Nonostante il suo carattere di classe, la morale comprende anche tali norme di condotta che sono comuni a classi diverse e epoche diverse, cioè hanno un carattere universale. L'esistenza di queste norme si spiega con il fatto che qualsiasi collettività umana esige che tutti i membri della società osservino alcune regole elementari di condotta senza le quali è inconcepibile l'esistenza della società umana. Si riferiscono a queste norme la cura dei genitori per i figli e dei figli per i genitori, il rispetto per i vecchi, la cortesia, la modestia, la fedeltà alla parola data, le norme che condannano il teppismo, la violenza nei confronti della donna, ecc. Questi momenti universali della morale non devono essere considerati come momenti extrastorici. Come i princìpi che esprimono gli interessi di questa о quella classe, le norme etiche universali sono il prodotto dello sviluppo sociale. Sorte nei tempi remoti, esse si trasmettono di generazione in generazione, sviluppandosi e arricchendosi nel corso di questo processo. Non solo, ma le epoche diverse creano condizioni diverse per il manifestarsi delle norme etiche universali. Anche se per la loro origine queste norme non sono legate alle classi, i rapporti dominanti nella società di classe, lasciano una determinata impronta su di esse e le modificano così in un senso о nell'altro. Ad esempio, la sete dell'arricchimento propria agli sfruttatori, il bisogno costante e le privazioni continue dei lavoratori portano spesso alla violazione e al travisamento delle regole elementari della convivenza umana. “… La principale causa sociale degli eccessi che costituiscono infrazioni alle regole della convivenza sociale è – ebbe a rilevare Lenin – lo sfruttamento delle masse, la loro povertà, la loro miseria”. Solo la creazione di una società senza classi con nuovi rapporti, basati sullo spirito di collettivismo tra tutti i suoi membri, crea tutte le condizioni per l'osservanza delle sopraindicate regole di condotta. E se nell'odierna società socialista c'è ancora bisogno di un apparato di coercizione in questo campo, con il passaggio al comunismo le regole elementari della convivenza umana saranno rispettate da tutti gli individui senza qualsiasi costrizione: la loro osservanza diventerà abitudine. In tal modo, con l'istaurazione della società socialista, e tanto più di quella comunista, la sfera in cui vigono le norme etiche universali si estende.


Sul criterio della verità nella sfera della morale

In quanto nella società c'è diversità di opinioni delle classi intorno a momenti come il bene e il male, la giustizia e l'ingiustizia, cioè si hanno norme etiche diverse e persino diametralmente opposte, sorge naturalmente la domanda: quali di queste concezioni e norme etiche sono vere, quale è il criterio della verità nel campo della morale? Esistono al riguardo numerosissimi punti di vista diversi, ma nonostante tutta la loro molteplicità è comune ai sociologi borghesi il negare di regola il criterio oggettivo. L'impossibilità di stabilire un sicuro criterio che permetta di distinguere ciò che è conforme alla morale e ciò che è amorale, è sostenuta, in particolare, da un indirizzo come il relativismo morale. «Per stabilire la giustezza del modo di agire manca – scrive, ad esempio, H. Stofer – un ultimo argomento, quello decisivo… Il dovere… poggia empiricamente su una molteplicità di comandamenti e divieti, mentre la giustezza dell'ideale che serve da misura non è che una supposizione». Anche i seguaci del positivismo negano il criterio oggettivo di valutazione dei giudizi etici. Secondo loro, le nozioni di ciò che è bene e di ciò che è male sono chiamate ad esprimere soltanto il fatto che un singolo individuo giudica proprio così una data azione. Ma l'opinione di questo individuo non è impegnativa per gli altri individui, essi possono avere un proprio giudizio in merito, distinto dagli altri. Ed è semplicemente impossibile stabilire quale di questi giudizi sia vero. Come esempio si può riferirsi al punto di vista sostenuto al riguardo da C. J. Keyser. Egli ragiona in questi termini: «I princìpi etici poggiano su determinati sentimenti. Questi sentimenti sono espressi con termini come il giusto e l'ingiusto, il bene, il male, ecc… I sentimenti etici sono ciò che sono. Indipendentemente da dove accadono e quando accadono, accadono come fatti, comefatti della natura… ”, cioè come fenomeni strettamente individuali. Sono fenomeni slegati tra di loro, fenomeni frammentari. Divergono da un individuo all'altro e in momenti diversi dipendono dalle circostanze e dal luogo. In forza di ciò, prosegue Keyser, sono diverse e mutevoli le regole generate dai sentimenti etici, nonché i giudizi connessi a queste regole. Keyser ritiene che è necessario raggruppare tutti i princìpi e giudizi morali in modo che di ciascun gruppo facciano parte solo quei princìpi e giudizi che non sono in contrasto tra di loro. E allora vi saranno tanti sistemi quanti di questi gruppi ne avremo. Secondo lui, possono essere costruiti tanti sistemi morali quanti sono i giudizi umani diversi, e poiché di giudizi ve ne è un'infinità, possono esservi altrettanti sistemi morali. Ciascuno di questi sistemi – dice Keyser – rifletterà il sentimento etico di questo о quell'individuo e perciò esso è vero, poiché fissa un fatto concreto della realtà. Keyser ignora assolutamente il fatto che nonostante la diversità dei giudizi morali di questi о quegli individui, vi sono i momenti comuni determinati dalla posizione che essi occupano nella società, nella produzione dei beni materiali. Questi momenti comuni nella valutazione di questo о quel fenomeno si presentano come un sistema di princìpi morali, sistema riconosciuto da tutti i membri di questo gruppo, ad esempio dai rappresentanti di una classe, anche se possono esservi deviazioni di ogni sorta nella valutazione di questo о quel fenomeno da parte dei singoli membri di questo gruppo. Ma queste sfumature, questa individualità nella valutazione dei fenomeni non costituiscono affatto un ostacolo all'esistenzadi un sistema morale comune ai rappresentanti della data classe. Questo sistema esisterà e si farà strada attraverso tutte queste sfumature, attraverso tutta questa molteplicità di deviazioni come tendenza generale in queste о quelle azioni. Vediamo, in tal modo, che la filosofia idealistica, speculando sull'individualità dei giudizi etici degli uomini, nega la comunanza di norme morali per i rispettivi gruppi sociali di uomini e, al tempo stesso, anche il criterio oggettivo della verità nella sfera della morale. Come si risolve, dunque, la questione del criterio della verità delle norme morali? Come già sappiamo, la morale di ogni data epoca, di ogni data classe è un riflesso delle condizioni materiali di vita, della situazione economica degli uomini. Proprio ciò determina il carattere storicamente mutevole delle concezioni e norme morali. E come si registra unprocesso oggettivo nella sfera dello sviluppo delle condizioni materiali di vita degli uomini così si registra un progresso anche nella sfera dell'etica. È alla luce di questo sviluppo progressivo della società che il marxismo risolve la questione del criterio della verità dei giudizi morali. Più vera è quella morale che contribuisce al massimo allo sviluppo progressivo della società, quella morale che difende il futuro, rispecchia i compiti dello sviluppo progressivo della società. Attualmente tale morale è solo la morale proletaria, comunista. Chiedendosi quale delle forme della morale esistenti nella società capitalistica è vera, Engels risponde: «… Sarà in possesso del maggior numero di elementi che promettono di essere duraturi quella morale che rappresenta nel presente il rovesciamento del presente (Engels allude al rovesciamento dell'ordinamento capitalistico – N.d.A.), il futuro, e, quindi, la morale proletaria».
 
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view post Posted on 25/4/2022, 17:45
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vietcong

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Grazie per la condivisione, lettura molto interessante, proprio in questi giorni riflettevo sul concetto di etica e morale all'interno degli ingranaggi del materialismo storico, e, devo dire, ho trovato conferme a quello che mi serviva sapere. ;)
 
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view post Posted on 25/4/2022, 17:51

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Di niente, e' una lettura che mi ero ripromesso di fare ma per ora l'ho solo postata qui. Mi piacerebbe a breve iniziare una discussione (in un nuovo topic magari) che trattasse l'aborto da un punto di vista marxista e credo che leggere cos'hanno da dire i filosofi marxisti sulla morale potrebbe essere un buon punto di partenza.
 
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