CITAZIONE
Sinceramente però il comecon lo consideravo più un esempio di associazione che divide il mondo in aree di influenza
L’economia del periodo socialista, basandosi sulla pianificazione diretta a realizzare i bisogni dei popoli dell’Urss e sullo sviluppo delle forze produttive del paese, tendeva a strutturarsi su quelle che erano le necessità, le risorse e le potenzialità nazionali. La reintroduzione e lo sviluppo del capitalismo determinarono invece la crescita dell’interscambio con l’estero perché gli interessi di accumulazione capitalistica, di profitto e rendita della borghesia in forma burocratica travalicavano inevitabilmente la dimensione nazionale in relazione agli investimenti, al commercio e ai legami finanziari. Si strutturò così quello che i comunisti cinesi e albanesi definirono socialimperialismo sovietico cioè l’assunzione da parte dell’Urss, di una posizione economica, politica e militare sul piano mondiale di tipo imperialistico, pur rivestita da un manto socialista e pur caratterizzata, a differenza dell’imperialismo “classico”, dall’essere espressione di una grande borghesia che, pur essendo sostanzialmente assimilabile alle oligarchie monopoliste degli Usa e delle potenze europee, agisce come burocrazia di Stato. La cosiddetta dottrina Breznev, con le formule della “sovranità limitata”, della “dittatura internazionale”, della “comunità socialista”, della “divisione internazionale del lavoro” e degli “interessi coinvolti”, rappresentava la manifestazione politico-ideologica del socialimperialismo sovietico. All’interno del Consiglio di mutua assistenza economica, più noto con l’acronimo Comecon, fondato nel 1949 come organizzazione di cooperazione tra l’Urss e le Repubbliche popolari dell’Europa Orientale e in seguito allargato a Mongolia, Cuba e Vietnam, iniziarono così a instaurarsi rapporti di sfruttamento e soggezione imperialista e neocolonialista. L’Urss lo utilizzava per imporsi come economia dominante all’interno della cosiddetta comunità socialista: gli altri paesi avevano il ruolo di mercati per assorbire la produzione di merci sovietiche e dunque finivano in una condizione di dipendenza, oppure si ritrovavano nel ruolo di esportatori di prodotti agricoli (come la Bulgaria e Cuba) in cambio di prodotti finiti, con uno scambio diseguale sempre a favore dei socialimperialisti sovietici. Invece di realizzare una mutua assistenza, il Comecon determinò una ripartizione imperialista dei mercati a favore dell’Urss, negando lo sviluppo alle economie delle democrazie popolari. Ad esempio, se nel 1960 la quota di produzione industriale sovietica all’interno del Comecon era il 69,5%, dieci anni dopo era salita al 76%, mentre, ad esempio, nello stesso periodo, quella della Germania Democratica era scesa dall’8,7 al 3,4% e quella della Cecoslovacchia dal 7,5 al 4,2%. Quest’ultima si trovava in una condizione esemplare di dipendenza delle democrazie popolari dalla potenza sovietica: il 90% della produzione di petrolio, ferro grezzo e metalli non ferrosi proveniva dall’Urss, così come l’80% del grano alimentare e più del 60% del cotone.
Come per le multinazionali nei paesi imperialisti classici, vennero strutturate imprese e organizzazioni interstatali, a preminenza sovietica, ma con partecipazione degli altri paesi dell’Europa Orientale. Tali furono, ad esempio, l’Interkhim, nel settore chimico, Intermetal, nel settore metallurgico, Interatominstrument, nel campo della tecnologia nucleare. Inoltre, una parte dello sviluppo industriale sovietico, come ad esempio la costruzione e il mantenimento di pozzi petroliferi in Siberia, veniva sostenuto con il contributo degli investimenti estorti agli altri membri del Comecon che, in cambio, erano ripagati con le forniture provenienti dall’Urss. A livello finanziario, infatti, tutti i paesi dell’organizzazione internazionale dovevano contribuire ai crediti forniti dalla banca d’investimenti del Comecon che andavano però in larghissima parte a beneficio dell’Urss. Ad esempio, nel biennio 1972-1973, furono garantiti crediti per 900 milioni di rubli trasferibili (la moneta, ovviamente calibrata sul rublo, utilizzata negli scambi del Comecon), ma l’Urss ne assorbì da solo il 75%, con il restante diviso tra le democrazie popolari (la Polonia ne ottenne solo il 3,3%.). [Tratto dall'arricolo del Collettivo Tazebao postato da primomaggio 1994]
CITAZIONE
E le oligarchie finanziarie? ( Leggevo in un articolo di teoria e prassi sulla restaurazione del capitalismo in URSS che dalle riforme di kossighyn ad esempio le banche iniziarono a fondersi con i monopoli statali , la cosa mi lascia un po' sorpreso perché non diceva Stalin che in una società socialista deve esserci solo la banca centrale ? Quando sono sbucate delle nuove banche che versavano crediti ai monopoli statali degenerati ? )
L’economia del periodo socialista, basandosi sulla pianificazione diretta a realizzare i bisogni dei popoli dell’Urss e sullo sviluppo delle forze produttive del paese, tendeva a strutturarsi su quelle che erano le necessità, le risorse e le potenzialità nazionali. La reintroduzione e lo sviluppo del capitalismo determinarono invece la crescita dell’interscambio con l’estero perché gli interessi di accumulazione capitalistica, di profitto e rendita della borghesia in forma burocratica travalicavano inevitabilmente la dimensione nazionale in relazione agli investimenti, al commercio e ai legami finanziari. Si strutturò così quello che i comunisti cinesi e albanesi definirono socialimperialismo sovietico cioè l’assunzione da parte dell’Urss, di una posizione economica, politica e militare sul piano mondiale di tipo imperialistico, pur rivestita da un manto socialista e pur caratterizzata, a differenza dell’imperialismo “classico”, dall’essere espressione di una grande borghesia che, pur essendo sostanzialmente assimilabile alle oligarchie monopoliste degli Usa e delle potenze europee, agisce come burocrazia di Stato. La cosiddetta dottrina Breznev, con le formule della “sovranità limitata”, della “dittatura internazionale”, della “comunità socialista”, della “divisione internazionale del lavoro” e degli “interessi coinvolti”, rappresentava la manifestazione politico-ideologica del socialimperialismo sovietico. All’interno del Consiglio di mutua assistenza economica, più noto con l’acronimo Comecon, fondato nel 1949 come organizzazione di cooperazione tra l’Urss e le Repubbliche popolari dell’Europa Orientale e in seguito allargato a Mongolia, Cuba e Vietnam, iniziarono così a instaurarsi rapporti di sfruttamento e soggezione imperialista e neocolonialista. L’Urss lo utilizzava per imporsi come economia dominante all’interno della cosiddetta comunità socialista: gli altri paesi avevano il ruolo di mercati per assorbire la produzione di merci sovietiche e dunque finivano in una condizione di dipendenza, oppure si ritrovavano nel ruolo di esportatori di prodotti agricoli (come la Bulgaria e Cuba) in cambio di prodotti finiti, con uno scambio diseguale sempre a favore dei socialimperialisti sovietici. Invece di realizzare una mutua assistenza, il Comecon determinò una ripartizione imperialista dei mercati a favore dell’Urss, negando lo sviluppo alle economie delle democrazie popolari. Ad esempio, se nel 1960 la quota di produzione industriale sovietica all’interno del Comecon era il 69,5%, dieci anni dopo era salita al 76%, mentre, ad esempio, nello stesso periodo, quella della Germania Democratica era scesa dall’8,7 al 3,4% e quella della Cecoslovacchia dal 7,5 al 4,2%. Quest’ultima si trovava in una condizione esemplare di dipendenza delle democrazie popolari dalla potenza sovietica: il 90% della produzione di petrolio, ferro grezzo e metalli non ferrosi proveniva dall’Urss, così come l’80% del grano alimentare e più del 60% del cotone.
Come per le multinazionali nei paesi imperialisti classici, vennero strutturate imprese e organizzazioni interstatali, a preminenza sovietica, ma con partecipazione degli altri paesi dell’Europa Orientale. Tali furono, ad esempio, l’Interkhim, nel settore chimico, Intermetal, nel settore metallurgico, Interatominstrument, nel campo della tecnologia nucleare. Inoltre, una parte dello sviluppo industriale sovietico, come ad esempio la costruzione e il mantenimento di pozzi petroliferi in Siberia, veniva sostenuto con il contributo degli investimenti estorti agli altri membri del Comecon che, in cambio, erano ripagati con le forniture provenienti dall’Urss. A livello finanziario, infatti, tutti i paesi dell’organizzazione internazionale dovevano contribuire ai crediti forniti dalla banca d’investimenti del Comecon che andavano però in larghissima parte a beneficio dell’Urss. Ad esempio, nel biennio 1972-1973, furono garantiti crediti per 900 milioni di rubli trasferibili (la moneta, ovviamente calibrata sul rublo, utilizzata negli scambi del Comecon), ma l’Urss ne assorbì da solo il 75%, con il restante diviso tra le democrazie popolari (la Polonia ne ottenne solo il 3,3%.).[Ibidem]
Crolla quindi anche la tesi di Ludo Martens