Comunismo - Scintilla Rossa

La situazione attuale in Germania, Erick Honecker

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 20/4/2020, 13:54
Avatar

addàrivenì baffone

Group:
moderatori globali
Posts:
1,200

Status:


La situazione attuale in Germania




Quella che oggi viene chiamata, parlando in generale, l'annessione della RDT alla RFG ebbe luogo tra la fine del 1989 e la metà del 1990. Contrariamente a quanto affermano i circoli dirigenti della RFG, non è la vecchia dirigenza tedesco-orientale, ma la RFG a portare la responsabilità di ciò che avviene sul territorio della ex Repubblica Democratica. Già nel 1987, in occasione della mia visita in RFG, avevo tentato di soffocare gli ardori riunificatori del Governo federale. Tra l'altro, li avvertii di come l'unificazione del capitalismo con il socialismo fosse altrettanto improbabile che quella dell'acqua col fuoco. Questo non figurava nel manoscritto del discorso che avrei dovuto tenere in occasione del mio ricevimento da parte del Cancelliere federale. Di fronte alle provocazioni di Kohl contro la RDT, che d'altra parte contrastavano con il tono cortese utilizzato nelle conversazioni a porte chiuse, mi parve necessario dirlo. Gli eventi sopravvenuti a partire dall'autunno 1989 hanno dimostrato che, in conformità con il mio punto di vista, due sistemi sociali contraddittori non possono essere unificati. La speranza era enorme e le emozioni furono alimentate al massimo quando il Muro cadde. Adesso abbiamo l'unità, ma la nostra nazione resta divisa. Fino ad ora, le condizioni di vita e di lavoro non sono state unificate e il divario tra ricchi e poveri diventa sempre più profondo e visibile. Malgrado la chiacchiera pangermanista promettesse che dopo l'Anschluss le cose sarebbero migliorate per tutti e peggiorate per nessuno, è successo il contrario. Nei fatti non si trattava che d'imbrogli elettorali. Il Governo federale ha massicciamente interferito negli affari della RDT. Proviamo a immaginare quali risultati avrebbe comportato per la CDU se il cancelliere Kohl avesse dichiarato apertamente ai cittadini dotati del diritto di voto che la vittoria elettorale del suo partito avrebbe comportato — erano le stime del consiglio dei saggi — la disoccupazione per quattro o cinque milioni di persone, la moltiplicazione del costo degli affitti per cifre comprese tra 3 e 10, la liquidazione di gran parte delle prestazioni sociali. Col tempo, è sempre più chiaro che la Treuhand non è una società onesta di gestione delle imprese, ma di dilapidazione del patrimonio popolare, che ha consegnato nelle mani "affidabili" dei Konzerns, a prezzi da svendita, l'insieme delle aziende un tempo nazionalizzate. Essa è una marionetta nelle mani di chi privatizza nell'interesse dei propri profitti. L'arresto della produzione, lo smantellamento dell'industria e i licenziamenti di massa furono la conseguenza di questa ricerca senza scrupoli del profitto. Sotto la forma della Treuhand, così come concepita dal governo Modrow, i cittadini della RDT appresero davvero cosa significhi un'economia di comando. I signori della Treuhand sapevano quello che facevano. Non si trattava di "decartellizare" gli ingranaggi fondamentali del sistema produttivo della RDT, ma di distruggere piccole e grandi imprese e mettere fuori gioco dei concorrenti. Perché è una favola per bambini fingere che sia stato il socialismo a inventare la nazionalizzazione dei rami industriali e la regolazione statale dell'economia. Nessun capitalista ci crede. Nella RFG e in tutti i paesi capitalistici esistono industrie nazionalizzate e una politica economica finalizzata alla gestione della congiuntura. Già al tempo di Guglielmo II, le ferrovie tedesche e le miniere della Ruhr erano di proprietà dello Stato. Mettere fuori gioco le imprese pubbliche della RDT è stato un affare vantaggioso per i capitalisti. I loro guadagni si accrescevano nel momento stesso in cui essi moltiplicavano le loro lamentele riguardo alle tasse da versare per finanziare l'unificazione. La crescita della disoccupazione nell'ex RDT ha lo scopo di aumentare lo sfruttamento di chi ancora lavora. I disoccupati pesano sul livello dei salari. Se l'occupazione della RDT ha confermato qualcosa, è che in regime di economia di mercato, che altro non è se non l'economia del profitto capitalista, una gran parte degli operai, dei contadini e degli intellettuali viene scartata. Ecco ciò che non possono contestare coloro che oggi cercano di addebitare tutto ciò che va male all'eredità della RDT e della sua economia, definita poco competitiva.

Cosa si nasconde dietro l'agitazione contro una RDT che non esiste più ma, è chiaro, non scompare abbastanza velocemente? Perché si copre di fango tutto il SED, la sua dirigenza e il governo? Perché si da il via a una vera e propria caccia alle streghe contro tutti i collaboratori dell'apparato statale e di Partito? Contro il Ministero per la Sicurezza dello Stato, contro i soldati e gli ufficiali dell'Armata Nazionale del Popolo, contro le truppe di frontiera, contro i professori e gli istitutori, i medici, gli scienziati, i giornalisti e gli artisti? Questo non ha fatto che aggravare la miseria nella Germania orientale. Centinaia di migliaia di famiglie sono precipitate nell'infelicità. Le prospettive per l'avvenire sono tutto fuorché rosee. La disoccupazione non sparirà. I disoccupati di quelle regioni si sono sommati a quelli dell'ovest del paese. Siamo ancora lontani dal pagamento di un salario uguale a parità di lavoro. All'est non si paga ancora che dal 60% al 70% del salario che si applica ancora temporaneamente nei vecchi Bundeslander. Quel che importa è massimizzare i profitti. In questo modo i pacchetti azionari di proprietà dei veri padroni della Germania frutteranno profitti ancora maggiori. La disoccupazione è una tragedia per tutti. Nella RDT non si sapeva nemmeno cosa fosse. Essa accompagnerà le donne, gli uomini e i giovani in futuro, almeno finché durerà il capitalismo in Germania. Le dichiarazioni di alcuni dirigenti del PDS, secondo cui la democrazia borghese sarebbe il sistema più progressista finora esistito, non fanno loro onore più della partecipazione alla distruzione del "sistema stalinista" nella RDT, di cui non esitavano a definire reazionaria la politica. Essi dimenticano un po' troppo velocemente che nella RDT "stalinista" non c'era né disoccupazione, né insicurezza sociale, né paura dell'avvenire. Nessuna negazione cancellerà questo fatto: il socialismo è stato sconfitto sotto la bandiera della lotta contro lo stalinismo. La lotta contro il comunismo un tempo si conduceva sotto il vessillo della lotta antibolscevica. Dunque tutto questo non è poi così nuovo. Ed è inutile dipingere un quadro roseo della realtà: la distruzione della RDT socialista ha portato a un impoverimento. Le inquietudini delle famiglie di oltre 4 milioni di disoccupati sono un motivo sufficiente di preoccupazione. Un Gysi dovrebbe pur preoccuparsene, lui che calunniò la vecchia dirigenza del SED in occasione del congresso che trasformò quest'ultimo in PDS. Quel congresso a sentir lui avrebbe avuto come risultato più importante la definitiva sconfitta dello stalinismo. I comunisti che restano tali sono etichettati come "stalinisti". Questa cosa è oggi considerata moderna. Lo stalinista Dimitrov sconfisse in una battaglia per la verità, quel "mangiatore di bolscevichi" che era Goering. Ricevette per questo il plauso dell'opinione pubblica mondiale. E ciò dette coraggio a noi che, in Renania e nella Ruhr, a Essen, Dortmund, Oberhausen, Moers, Dusseldorf e altrove, ingaggiavamo la battaglia per resistere alla barbarie nazista. Le menzogne sulla RDT "stalinista" si sgonfieranno un giorno nello stesso modo in cui si è sgonfiata quella dell'incendio del Reichstag. Verrà fatta luce sulle cause della tragedia che, quasi nello spazio di una notte, s'è abbattuta sulla RDT. Alcuni "innovatori" hanno affermato che la RDT sarebbe sopravvissuta se la dirigenza del SED avesse immediatamente seguito le orme di quella sovietica sulla via della perestrojka. Ma ahimé, anche l'Unione Sovietica stessa è in seguito scomparsa a causa della perestrojka. La perestrojka e la glasnost, com'era evidente dal 1988, hanno causato il crollo dell'Unione Sovietica e la sconfitta del socialismo. Era così difficile prevedere che l'Anschluss della RDT in virtù dell'articolo 23 della Grundgesetz non si sarebbe contentata di distruggere il sistema produttivo del paese, ma avrebbe nel contempo significato il ritorno al capitalismo? Allora chi ha ingannato chi?

Chi metteva in guardia da decenni contro questo pericolo, o chi mirava a ottenere questo triste risultato? Sì, bisogna mettere in chiaro che gli "innovatori" del 1989-90 furono oggettivamente, che l'abbiano voluto o meno, gli attuatori pratici della controrivoluzione. Chi si sentisse chiamato in causa può solo spartire il proprio rimorso con gli altri. È una realtà che larga parte dei cittadini manipolati ancora non vuole accettare. Il popolo è stato ingannato da quelli che hanno partecipato attivamente alla distruzione delle basi stesse dello Stato degli operai e dei contadini. In RFG si conoscevano con esattezza i punti di forza e di debolezza del nostro sistema produttivo. Quando furono stabilite relazioni commerciali tra la RDT e la RFG, quest'ultima spesso creò loro inopinatamente degli ostacoli, o a volte semplicemente le interruppe. La RFG tentò anche di strangolare le relazioni economiche tra la RDT e gli altri Stati occidentali. O ci si vuole far dimenticare la dottrina Hallstein? Era noto che il commercio estero della RDT si sviluppava per il 70% con l'Unione Sovietica e gli altri Stati socialisti e che la scomparsa di quelle relazioni avrebbe significato il crollo della sua economia. Essa trovava in URSS sbocchi per un valore di 66,1 miliardi di marchi di unità di conto (dato del 1988). Per di più, la metà di tale commercio si svolgeva nell'alveo di settori produttivi integrati. La RDT non era indebitata con l'Unione Sovietica, che viceversa nel 1990 aveva nei suoi confronti un debito per ritardati pagamenti ammontante a 27 miliardi di marchi di unità di conto. Per la RFG sarà difficile, è chiaro già ora, intrattenere relazioni di simile ampiezza con le repubbliche dell'ex Unione Sovietica. Oggi, ad esempio, rapporti ufficiali indicano che l'importazione di una vettura ferroviaria costa alla Russia cinque volte di più che all'epoca della RDT. Questi fenomeni sortiscono i loro effetti in quasi tutti i settori dell'industria. Tutte le chiacchiere dei Kohl, dei Waigel e dei loro golden boys nei vari media sullo stato fatiscente dell'economia della RDT non resistono alla semplice enunciazione delle cifre: le nostre esportazioni in RFG superavano i 15 miliardi di marchi tedesco-occidentali all'anno. A ciò si possono aggiungere le esportazioni verso i paesi socialisti:

Periodo 1970-88 (in miliardi di marchi)

URSS da 15,4 a 66,4
Polonia da 2,4 a 12,2
Cecoslovacchia da 3,7 a 14,6
Ungheria da 2 a 9,9

L'ampiezza di tali relazioni, cui deve aggiungersi anche il commercio con gli altri paesi capitalisti sviluppati, senza contare quello con i paesi del Terzo Mondo, testimonia della buona salute della nostra economia. Le esportazioni infatti possono svilupparsi solo se l'offerta di prodotti industriali e agricoli è sufficiente per quantità e qualità. Nel settore petrolchimico, la RDT disponeva d'installazioni moderne. Esse erano state consegnate chiavi in mano da imprese tedesco-occidentali, finlandesi, austriache, francesi e giapponesi. L'acciaieria con convertitore di Eisenhuttenstadt era la più moderna d'Europa. A Schwedt il frazionamento del petrolio raggiungeva il 70%. È noto che la RDT non disponeva di alcuna materia prima economicamente strategica e che esse dovessero quindi essere importate. La nostra agricoltura è riuscita, nel corso degli ultimi dieci anni, ad approvvigionare il commercio di generi alimentari. Durante gli anni '80 arrivammo persino a esportare carne, burro e patate. A che serve dunque screditare le realizzazioni dovute ai lavoratori del nostro Stato? Il loro lavoro duro e creativo vi si era unito al potenziale intellettuale sviluppato nella nostra Repubblica per migliorare la vita di tutti. La RDT vantava, tra tutti i paesi socialisti, il più alto tenore di vita. Anche se le case che si degnano di mostrare i media occidentali hanno sempre facciate decrepite, abbiamo costruito o ristrutturato 3,7 milioni di alloggi e offerto a un gran numero di famiglie condizioni di abitabilità decenti. 30.000 all'anno a Berlino, 26.000 nel distretto di Karl Marx Stadt, 22.000 in quello di Dresda. La superficie abitabile crebbe, tra il 1949 e il 1989, dai 12 ai 27 mq. È però vero che non siamo stati in grado, parallelamente a questo sforzo di edificazione, d'impedire il degrado di un considerevole numero di vecchi edifici. Non siamo certamente riusciti a realizzare tutto quello che volevamo. Questo non giustifica però l'impiego di espressioni come "disastro economico" per cancellare la storia delle conquiste di milioni di persone. L'imperialismo tedesco aveva scatenato la II Guerra Mondiale alla fine della quale, ricordiamolo, il 40% degli impianti industriali e il 70% dei centri di produzione d'energia erano distrutti, sul territorio che sarebbe diventato la RDT. Quest'ultima sostenne la maggior parte del peso delle riparazioni di guerra. A causa di tutti questi vincoli, le risorse destinate alla salvaguardia dell'ambiente non poterono mai essere sufficienti. Questo era particolarmente vero nelle regioni ad alta concentrazione d'industrie chimiche. Ne derivarono gravi danni.

Questo è l'insieme dei fattori che si devono prendere in considerazione per valutare ragionevolmente i risultati economici della nostra Repubblica. Abbiamo forse vissuto al di sopra dei nostri mezzi? Il commercio estero era, è vero, deficitario da molti anni. Molte critiche si concentrano su questo punto. Chi le avanza dimentica tuttavia di precisare che eravamo costretti ad aumentare le nostre esportazioni, talvolta al di là di quello che avremmo voluto. Bisognava infatti far fronte agli aumenti del prezzo delle materie prime. La tonnellata di petrolio salì fino a 172 rubli, contro i 14 di prima del primo shock petrolifero. Abbiamo dovuto far fronte da soli, con consegne di merci, al sovracosto di 145 miliardi di marchi dovuto all'innalzamento del prezzo del petrolio e del gas negli anni dal 1975 al 1985. Si potrebbero citare numerosi altri elementi della nostra politica economica e sociale e dei vincoli che la condizionavano. Abbiamo realizzato molto, ripeto, nonostante un inizio incomparabilmente più difficile di quello della RFG. Non tutto quello che volevamo ottenere è stato raggiunto, ma i cittadini della RDT dimostrarono la loro capacità di costruire una società progressista. Come in passato, la questione sociale resta al centro del dibattito pubblico. Quello che sta accadendo in Germania e gli anni trascorsi dall'annessione lo confermano ampiamente. Nulla è cambiato nell'essenza della società capitalistica. Essa afferma ogni giorno un po' di più il regno dell'ego esacerbato che ne è il principio di funzionamento. Ogni giorno si perde un po' di più lo spirito della società della RDT, basata sul "noi". La nuova libertà tanto decantata libera l'uomo innanzitutto dalla sua sicurezza individuale. Gli eventi di Hoyerswerda, Rostock-Lichtenhagen, Molln e Solingen sono più che un avvertimento in merito. L'esplosione della criminalità sprofonda la collettività nell'angoscia. La recessione minaccia le condizioni materiali d'esistenza dei cittadini della RDT che non ne sapevano niente. Per loro, "disoccupazione" era una parola esotica. Essa si sviluppa ormai in proporzioni sconosciute dall'epoca della grande crisi degli anni '30. Sei milioni di disoccupati effettivi, né sicurezza materiale né sicurezza in strada; questo è il quadro oggi offerto dal capitalismo trionfante in Germania. Quando le sirene della "svolta" intonarono il loro canto seducente nel 1989, questo non era per nulla l'avvenire che veniva prospettato. Colui che sostiene di essere il "Cancelliere di tutti i tedeschi", affermava che "nessuno vedrà la propria condizione peggiorare". Quelle parole risuonano ancora nelle orecchie di molti tedeschi dell'Est. Esse non corrispondevano alla realtà. A milioni di persone è accaduto l'opposto. Com'era dunque possibile, nella RDT, fornire a tutti loro lavoro e pane, affitti bassi e il diritto all'istruzione? Nella RDT esistevano nove milioni e mezzo di posti di lavoro. La deindustrializzazione ne ha distrutti la metà. Essi sono stati vittime della corsa al profitto. I capitalisti si sono riempiti le tasche. Conseguenza di questa barbarie, troppi cittadini si ritrovano in condizioni di povertà e di bisogno. Spesso si vedono famiglie in cui padre e madre sono disoccupati. Si potrebbe compilare una lunga lista di tragici destini individuali. Quelli di persone che un tempo non lesinavano la propria fatica nei cantieri navali, nell'industria meccanica, chimica, siderurgica, metallurgica, nelle miniere, nell'elettronica, nella ricerca e nell'ingegneria, nelle attività culturali, nella sanità, nella pubblica istruzione e nella formazione professionale. Ricordiamo inoltre che il diritto alle ferie era garantito. Circa tre milioni e mezzo di persone hanno così beneficiato dell'accoglienza nei centri di vacanza sulle sponde del Mar Baltico, nel 1988. Naturalmente, la maggior parte dei restanti cittadini della RDT viaggiavano in altre regioni del paese e spesso all'estero. I campi dei pionieri potevano accogliere tutti i bambini del paese. Ogni azienda aveva il proprio centro di vacanza. Il turismo individuale beneficiava di una rete di trasporti fitta e a basso costo. Quanto agli sportivi, in molti frequentavano il centro per le attività fisiche di Friedrichshain, un quartiere operaio di Berlino. Gli accademici e i politici del nostro paese parlavano del capitalismo in termini astratti. La società dell'ego esacerbato e del denaro ogni giorno più pervasivo, la società del Deutschmark, è peggiore di tutto il male che ne dice-vano i funzionari della defunta Repubblica Democratica. Ecco l'insegnamento che la loro esperienza quotidiana impartisce ormai ai nostri cittadini. Naturalmente, i nostri , esperti non potevano prevedere la restaurazione del capitalismo su tutto il territorio della Germania o le sue conseguenze. Il modo in cui i vecchi rapporti di produzione sono stati ristabiliti nell'industria e nell'agricoltura era semplicemente inimmaginabile. Chi ci avrebbe mai creduto, se avessimo annunciato ai lavoratori di un'azienda i cui macchinari ed edifici va-levano tra 800 milioni e un miliardo di marchi, che il complesso sarebbe stato ceduto per la cifra simbolica di un marco? In tutto questo, l'economia del "libero" mercato pervade tutte le sfere dell'esistenza. Essa distrugge le conquiste sociali accumulate nel corso di quarant'anni. Ciò che è esistito in RDT testimonia delle possibilità concrete di una società che dia attuazione ai diritti fondamentali dell'uomo nella vita reale e non che si limiti a enunciarli per iscritto. Non sarebbe però realistico, oggi, porsi l'obiettivo di ricostituire il nostro defunto Stato. Nella più grande Germania, bisogna conservare quanto più possibile della sua eredità. Questo è un compito realistico. Problemi vitali si pongono in questa inedita situazione. Bisogna impegnarsi per risolverli. Più grande e più ricca, la Germania ha molte possibilità. Come la maggior parte dei paesi capitalisti, ora è scossa dalla crisi. Attraverso la loro espressione attiva, la lotta per difendere i propri diritti ed espandere le loro acquisizioni, i lavoratori devono creare le condizioni per un avvenire degno di questo nome. Inoltre e soprattutto, bisogna impedire che il processo avviatosi a Solingen si concluda ad Auschwitz.

Erick Honecker, Appunti dal Carcere, Ed. Nemesis, Milano, 2010, pp. 121-135
 
Top
0 replies since 20/4/2020, 13:54   128 views
  Share