CITAZIONE (primomaggio1945 @ 13/1/2019, 22:43)
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l'esistenza del ciclo lungo
scusa l'ignoranza, ma cosa significa?
Il ciclo di Kondratieff... praticamente un (presunto) ciclo economico analogo al classico ciclo industriale individuato da Marx, ma che si sviluppa lungo un periodo più o meno irregolare, ma grossomodo della durata di 50 anni.
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Senza contare ovviamente l'azione rivoluzionaria delle masse, possiamo dire che il capitalismo sarà prossimo alla fine quando esso non sarà più in grado di sostenere lo sviluppo delle forze produttive, in linea con il progresso tecnologico. Punto.
tenterei di riformulare in senso autenticamente marxista...il capitalismo entra in crisi quando lo sviluppo delle forze produttive entra in contraddizione con i rapporti di produzione e a quel punto conta l'azione rivoluzionaria delle masse...Il resto è attendismo.
la crisi del capitalismo è in corso dall'inizio degli anni settanta (il primo suggello politico fu la rottura degli accordi di Bretton Woods): una crisi che possiamo definire come "lunga depressione" con i suoi alti e bassi ma con la tendenza alla caduta del saggio di profitto e alla sovrapproduzione di capitali che si manifesta, in linea generale, fin da allora...l'esplosione della bolla dei mutui subprime nel 2007 è solo la manifestazione della venuta al pettine dei nodi della finanziariazzione del capitalismo, una delle controtendenze alla caduta tendenziale del saggio di profitto messe in atto in ambito imperialista fin dagli anni ottanta.
Ma io parlavo di
fine del capitalismo, non di
crisi del capitalismo, altrimenti la mia formulazione sarebbe stata un grossolano errore.
Riguardo al resto del tuo post, in realtà credo che si possa dibattere riguardo alla nozione che l'attuale Lunga Depressione sia effettivamente iniziata negli anni '70. Perché non spiega in maniera soddisfacente i due decenni e poco più compresi fra gli anni '80 e il 2007, conosciuti come Grande Moderazione, che tutto sommato furono anni di espansione economica, sebbene limitata, rispetto all'immediato secondo dopoguerra. In realtà è più che plausibile che la crisi di stagflazione degli anni '70 abbia rappresentato la manifestazione concreta di una fase recessiva del ciclo lungo/di Kondratieff, mentre i due decenni successivi siano corrisposti alla fase espansiva del ciclo lungo che ha seguito quel periodo storico.
La finanziarizzazione di cui parli non è stata necessariamente, come tu affermi, una risposta alla caduta del saggio di profitto - piuttosto io direi che l'attacco neoliberista contro i salari reali che si verificò negli stessi anni incarnò tale controtendenza, ma questa poteva avere luogo anche in assenza del fenomeno economico che conosciamo come finanziarizzazione, non credi? -, quanto piuttosto il frutto della disperata mossa difensiva delle banche centrali americane, in particolare della Federal Reserve, per arginare la crisi di stagflazione degli anni '70, con la sua catastrofica combinazione di movimento economico recessivo generalizzato e l'acuta tendenza all'inflazione (nominale) del prezzo delle merci, perché si rese necessario invertire quest'ultima tendenza mediante una crescita incontrollata dei tassi d'interesse. Come sappiamo, l'interesse non è altro che la porzione di plusvalore che viene destinata al capitale finanziario e, in quanto tale, ogni sua crescita quantitativa esercita una pressione al ribasso sul profitto industriale. Questo significa che, negli anni '80, il capitale finanziario cominciò ad attrarre enormi moli d'investimenti a discapito del capitale industriale: questa è la radice della finanziarizzazione da un lato, e della corrispondente cosiddetta deindustrializzazione dall'altro lato.
In ogni caso l'analisi che ho condiviso in questo thread spiega tutto ciò in maniera eccellente, è chiaro che l'autore potrebbe anche prendere una cantonata grossa come una casa, ma è un ottimo spunto per sollevare un dibattito circa la natura del capitalismo, e del momento storico in cui ci troviamo a lottare. In quanto tale, pone le basi per un processo di unità-lotta-unità che non potrà che arricchire il nostro bagaglio teorico.
P.S.: Una precisazione: in un contesto di
crisi del capitalismo, devono intervenire le masse con la propria pratica rivoluzionaria, altrimenti si peccherebbe di attendismo, di meccanicismo. Ma in un contesto di
fine del capitalismo, cioè in uno scenario in cui il modo di produzione non può più
in alcun modo sostenere un ulteriore sviluppo delle forze produttive, si pone l'alternativa concreta fra
rivoluzione e
catastrofe, vale a dire la rovina generale di tutte le classi che si contendono il potere.
Riesaminando la storia dell'umanità, conosciamo solamente due esempi di superamento di un modo di produzione che contrapponga una classe di
sfruttatori e una classe di
sfruttati: certo, sappiamo bene come si risolse il superamento della società feudale, e tale superamento costituisce l'esempio classico di passaggio
rivoluzionario ad una nuova epoca... Ma la transizione dalla società schiavista alla società feudale non si verificò in questo modo, in quanto la società schiavista, pur avendo raggiunto un grado di sviluppo tale per cui non era più in grado di sostenere ulteriori progressi tecnologici, non aveva prodotto una classe rivoluzionaria. Per questo motivo, il passaggio all'epoca feudale si dovette produrre traumaticamente, mediante il crollo dell'impero romano almeno in Europa, mediante la
catastrofe, mediante la
barbarie.
Questo non significa che la catastrofe è in grado di realizzare la società socialista, sarebbe una pura idiozia, ma è solo per chiarire quali possibilità storiche si affaccino in un contesto di
fine del capitalismo...
Edited by Yenan - 13/1/2019, 23:55