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LA RESISTENZA ANTIFASCISTA NEL DONBASS

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view post Posted on 20/9/2014, 17:50

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LA RESISTENZA ANTIFASCISTA NEL DONBASS



di Daniele Bergamini

Le neonate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk si sono unite nell’Unione delle Repubbliche Popolari della Novorossija, un progetto che ha come obbiettivo la costituzione di una confederazione delle città a sud dell’Ucraina dove è forte la presenza di comunità russe e di ucraini di lingua russa.Il Partito Comunista Ucraino (PCU), fin dall’inizio della crisi, si è espresso a favore di un ordinamento federale dell’Ucraina per sanare i contrasti etnico linguistici foraggiati dall’imperialismo euro-atlantico e dall’oligarchia filo-occidentale, ma la popolazione del Donbass dopo le persecuzioni e i pogrom come quello di Odessa ha deciso di separarsi dall’Ucraina mediante referendum e nelle dichiarazioni delle nuove autorità popolari si considera come superata la strada federativa.
La nascita delle Repubbliche Popolari va inserita in un contesto di classe che da una parte vede la grande borghesia ucraina rappresentata dal magnate dell’industria dolciaria Poroshenko e dall’altra il proletariato e alcuni strati della piccola borghesia di lingua russa. Lo scontro tra le due realtà si riflette soprattutto sull’organizzazione economica e sui rapporti di produzione: nel Donbass non si può di certo parlare di una transizione socialista, ma tuttavia si salda ben forte il carattere antiimperialista delle Repubbliche, che hanno nazionalizzato le proprietà dei grandi oligarchi del calibro di Akhmetov, consentendo al momento l’esistenza solo della piccola e media impresa. Intanto il governo ucraino procede con tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e svendite a favore dei grandi colossi monopolistici locali e stranieri ed ha proibito il Partito Comunista Ucraino assieme a tutte quei movimenti che si oppongono alla cosiddetta operazione “antiterrorismo”.
La situazione odierna ha generato un ampio dibattito e una grande mobilitazione della galassia della sinistra e dei comunisti, con diverse organizzazioni, dentro e fuori l’Ucraina, che si sono mobilitati in difesa del Donbass. Non solo i compagni della Banda Bassotti hanno deciso di recarsi nella zona, con la Carovana Antifascista (sostenuta e promossa fin dal primo momento dal Fronte della Gioventù Comunista), ma anche altri compagni dalla Russia, dalla Spagna, dalla Moldavia e da altre zone europee hanno deciso di unirsi ai combattenti antifascisti della Novorossija, mentre i neonazisti sono supportati da membri di gruppi neonazisti baltici e scandinavi. Il fenomeno delle nuove brigate internazionali – formatesi in seguito a un appello degli stessi dirigenti di Donetsk – non è sicuramente vasto come quello verificatosi durante la guerra civile spagnola negli anni ’30, ma è positivo che ricominci una mobilitazione internazionalista dopo la fine del blocco sovietico. Le Repubbliche antifasciste sono nate nei territori in cui la presenza dei comunisti è forte così come l’influenza nel proletariato da parte dei vari movimenti anticapitalisti e organizzazioni comuniste. La mobilitazione della classe operaia locale ha infatti radicalizzato il movimento antifascista: oltre alla nazionalizzazione delle grandi imprese si è deciso di chiamare il parlamento soviet, viene tutelato il diritto allo sciopero e si cercherà di garantire alloggi ai non abbienti, e i profitti delle imprese statali finanzieranno l’assistenza sociale.
La nascita dei veri e propri soviet però si avrà con una maggiore coscienza di classe e mobilitazione proletaria e popolare, il cui compito spetta ai comunisti e potrà avere maggiore impulso terminati gli attuali compiti di guerra, che per molti combattenti e abitanti di questi territori assume un carattere di liberazione dall’oppressione nazionale, dal fascismo, di reazione alle politiche criminali di guerra della giunta, di un movimento di liberazione nazionale del Donbass: “sono entrato nella milizia perché hanno distrutto la mia casa, hanno iniziato a cancellare lo status della lingua russa, poi l’aggressione militare, l’uccisione di persone innocenti…”, sono le motivazioni di molti combattenti che lasciano intravedere un carattere spontaneo nella lotta che si è andata progressivamente a strutturare e radicalizzare, istituendo forme di auto-governo dove convivono forze eterogenee.
In una recente intervista così si esprime Alexander “comunista”, combattente e rappresentante del gruppo “Guardie Rosse del Donbass”: “La milizia è stata formata da volontari per proteggere la loro patria, senza pensar troppo sulle questioni più grandi. Ma un processo di domande e risposte alla fine ci ha portato a una comprensione di classe degli eventi che si svolgono sul nostro territorio. Abbiamo identificato le forze a cui ci opponiamo, ossia magnati e oligarchi di tutte le bande: russo, ucraino, internazionali, a prescindere. Una volta, molto tempo fa, si diceva che c’erano due classi: proletariato e borghesia. Non importa quanto tempo è passato, solo la forma è cambiata; l’essenza rimane la stessa. Noi che stiamo prendendo parte agli eventi che si svolgono a un ritmo così rapido, i poveri della milizia, hanno posto la questione di alzare la bandiera rossa […] I leader delle milizie che sono venuti alla ribalta nel campo, hanno guadagnato la fiducia e il rispetto dei combattenti, sono ora costretti a sedersi al tavolo delle trattative. Armi e uniformi richiedono denaro. Ci stiamo preparando per la guerra prolungata davanti alle fredde piogge d’autunno, poi l’inverno. I comandanti non possono ignorare le opinioni di coloro che danno loro fiducia incondizionata. I comandanti dovranno prendere una decisione, o il loro impegno è sul lato dei lavoratori del Donbass o dalla parte di coloro che finanziano gli interessi contrapposti. Nella nostra terra ci sono le forze che sono in grado e pronte a difendere i nostri interessi di classe. Abbiamo attraversato partiti politici e strutture a sufficienza e, infine, abbiamo fondato la nostra guardia rossa, il nostro quartier generale antifascista, che ci ha aiutato ad unire le forze con altre frammentate formazioni anti-oligarchiche, antifasciste, in tutto il territorio dell’ex Ucraina, Donetsk e la Federazione Russa. Si tratta di una lotta, sotto la bandiera della causa comune. Il problema sta nel fatto che per 23 anni (dal crollo dell’Urss, ndt) siamo stati dispersi […] La vita ci spinge ad unirci nell’interesse della classe operaia. Il nostro destino è nelle nostre mani. Al momento si tratta di una questione di sopravvivenza.”(1)
Un segnale importante proviene dall’elezione di Boris Litvinov del PCU come Presidente del Consiglio Supremo di Donetsk, in seguito alle dimissioni di Denis Pushilin dalla carica anche se ciò non è sufficiente a condizionare la struttura economica della società delle nuove repubbliche. Per costruire il socialismo sarà necessario rompere la macchina statale borghese e sostituirla con quella proletaria, ed è necessario elaborare una tattica e una strategia col proletariato in armi, organizzato ed unito nell’orientamento di classe. In questo senso, le varie formazioni politiche comuniste e anticapitaliste ucraine e russe agiscono nella resistenza, con la promozione delle milizie popolari e lo sviluppo di manifesti politici come quello, tra gli altri, del Fronte Popolare di Liberazione dell’Ucraina, Novorossia e Transcarpazia (2), promosso da Union Borotba (organizzazione marxista ucraina nata nel 2011), dove è messo in primo piano il carattere anti-oligarchico e di classe della lotta in corso e il non allineamento ai piani dell’oligarchia russa, smentendo quindi le accuse di alcuni gruppi anarchici (in linea con i giudizi della giunta di Kiev) per cui i militanti di Borotba sarebbero agenti dell’imperialismo russo. Questi gruppi sono infatti finiti per sostenere nei fatti il movimento del Maidan, scontrandosi con le neonate Repubbliche Popolari, facendo il gioco dell’oligarchia fascista. Da sempre l’anarchismo ucraino figlio del maknovismo risponde a logiche piccolo borghesi, come l’anarchismo in generale, basti pensare che cento anni fa nella rivoluzione i maknovisti (da Nestor Makno, anarchico antibolscevico che organizzò l’anarchismo ucraino negli anni della rivoluzione russa) si scontrarono duramente contro i bolscevichi.
Rispetto al Partito Comunista Ucraino, principale organizzazione comunista del paese, vi sono divergenze di vario tipo: Borotba (composto anche da fuoriusciti dal PCU, in particolare dalla giovanile) critica il PCU per il suo precedente sostegno al governo oligarchico di Yanucovich, le illusioni parlamentariste e l’attendismo nella reazione al golpe fascista. Così si esprime in merito Sergei Kirichuk, dirigente di Borotba, in una intervista di Giugno: “Abbiamo sempre criticato il PCU perché si è concentrato solamente nella lotta parlamentare. Noi ci siamo sempre focalizzati nelle mobilitazioni di massa della classe operaia e della gioventù, nei lavoratori pubblici ecc. C’era l’illusione che avremmo vissuto molti anni in una democrazia liberale, con libertà di riunione e associazione. Adesso non siamo preparati per questa nuova situazione, per tecniche di guerriglia. Non abbiamo né infrastruttura, né armi né esperienza. Questo è stato un errore molto grave”. Borotba, vive da tempo una condizione che nei fatti è di illegalità e ovviamente si è opposta alla messa al bando del Partito Comunista Ucraina. Il nuovo esecutivo golpista perseguita le sinistre senza distinzione alcuna come purtroppo è successo nel massacro di Odessa ed ogni gruppo ormai pratica attività semiclandestina, con le squadracce neonaziste che attaccano le sedi di partito e la SBU, il Servizio di Sicurezza Ucraino, che arresta i compagni anche per semplici post sui social network con l’accusa di “propaganda separatista”(3). I militanti di Borotba sono attivi nella formazione di Comitati di Controllo Operaio per tutelare i diritti dei lavoratori e sono presenti negli organi amministrativi della Repubblica Popolare di Donetsk (4) così come nelle milizie di combattimento.
La visione di Borotba riguardo la guerra in corso è quella di un conflitto di classe, in cui la grande borghesia ucraina e l’imperialismo occidentale tentano di schiacciare la lotta popolare in corso nel Donbass, criticando tutte quelle visioni fallaci che si rifanno a un fumoso scontro di civiltà o a un riduttivo scontro geopolitico tra USA e Russia:
Dei partecipanti alle manifestazioni, circa la metà erano attivisti provenienti da altre regioni. Tra quelli che hanno risposto a un sondaggio, il 50% era di Kiev e il 50% era venuto a Maidan da altre regioni. Di questi ultimi, il 52% proveniva dall’Ucraina occidentale, il 31% dalle province centrali e solo il 17% dal sud-est-. Di quelli che stavano costantemente in piazza il 17% era imprenditore, un numero esageratamente alto. Esageratamente pochi, invece, erano i russofoni, il 16%, rispetto al loro 40-50% nella società ucraina nel suo complesso. Ci si può fare un’idea chiara della fisionomia sociale di Maidan guardando al fatto che tra i “cento del Paradiso” che sono morti non c’è un singolo lavoratore. Euromaidan è quindi un movimento avviato e controllato dagli oligarchi di primo piano. La sua base politica è costituita da nazionalisti radicali ed in misura minore da liberali filo-occidentali, mentre la sua base sociale è formata da piccolo-borghesi ed elementi sottoproletari. Al contrario, il movimento di resistenza nel sud-est è più proletario nella sua composizione, come hanno notato osservatori indipendenti. Non è un caso che la resistenza alla junta di oligarchi e nazisti che ha preso il potere grazie a Maidan sia maturata nelle regioni più sviluppate dal punto di vista industriale, dove la maggioranza della popolazione è costituita dalla classe operaia. (5)
Numerosi lavoratori del settore estrattivo hanno deciso di combattere contro la giunta di Kiev per difendersi da una macelleria sociale senza precedenti e i minatori hanno anche promosso un appello ai lavoratori europei contro il fascismo (6). Sicuramente le contraddizioni nel movimento operaio ucraino sono tante e influiscono sulla lotta anche in modo negativo, ma fanno parte dello sviluppo della lotta di classe. Così come non si può far “esercizio di purezza” nell’osservare questa lotta (che esprime una grande esperienza a tutto il movimento anti-imperialista, operaio e comunista) fuori dalla realtà concreta in cui si sviluppa, evidenziando gli aspetti contradditori e solo la presenza di forze che promuovono nei fatti il nazionalismo borghese “grande russo”. Così si esprime in merito un miliziano comunista di Borotba: ”Storicamente i lavoratori [del Donbass, ndr] hanno combattuto i bianchi e sostenuto pienamente il potere sovietico, mentalmente sono tutti “rossi” e non “bianchi”. La guerra consolida il popolo risvegliandogli memoria storica e coscienza di classe. In conclusione, vorrei dire che non si tratta di bigottismo, ma di dialettica che aiuta gli internazionalisti a comprendere l’essenza della situazione, vedendo oltre le forme bizzarre il contenuto reale, facendo una scelta giusta anche se difficile. E aggiungo, miei concittadini e fratelli ricordate che i vostri antenati hanno versato il sangue su questa terra per la vittoria del proletariato, ricordate che il Donbass moderno fu costruito dagli sforzi incredibili della classe operaia, dalla vittoria sui nazisti. Il Donbass è un vero e proprio monumento della costruzione socialista. Non dimenticate chi siete…” (7)
Oltre al PCU e Borotba, altre organizzazioni comuniste sono presenti nella lotta contro la giunta come l’Unione dei Comunisti di Ucraina membro dell’iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa insieme al Fronte dei Lavoratori di Ucraina, organizzazioni legate al Rot Front russo (di cui fanno parte il Partito Comunista Operaio Russo e l’Unione della Gioventù Comunista Rivoluzionaria Bolscevica di Russia), organizzazione politica russa che forma l’opposizione di sinistra al governo di Putin, che ha costituito il “quartier generale antifascista” a cui hanno aderito numerose organizzazioni anticapitaliste, antifasciste e antimperialiste russe, che sta coordinando una serie di aiuti finanziari e materiali nel Donbass (8), tramite l’Unione dei Comunisti d’Ucraina e il Fronte dei Lavoratori d’Ucraina che nella regione di Lugansk si compone da fuoriusciti del PCU (9) e fa parte del Consiglio Supremo così come delle milizie di combattimento. La gravità della situazione impone l’unità dei comunisti che come in Italia sono divisi in varie organizzazioni, unità che va realizzata tra chi è coerente coi principi marxisti-leninisti. Il Fronte dei Lavoratori e Borotba si impegnano in questo senso con la presenza militante nel Donbass, ma anche promuovendo incontri con i lavoratori e con altre organizzazioni che condividono l’opposizione all’ingiusta guerra contro le Repubbliche Popolari, a livello nazionale e internazionale.
La giunta in questi giorni non si è fatta scrupolo nel violare la tregua concordata con la Russia e dal mondo occidentale, ma non riuscirà ad indebolire il rafforzamento che la milizia popolare consegue giorno dopo giorno, che dopo gli arretramenti iniziali sta riconquistando il terreno perso. Anche nell’Ucraina occidentale, lontano dai luoghi di combattimento, si levano le prime proteste. La guerra contro le Repubbliche Popolari è tutta a svantaggio del proletariato ucraino, che inizia a mobilitarsi spinto dalle gravi condizioni generate dalla situazione, e spesso le proteste sono rivolte contro la giunta e contro l’invio dei giovani ucraini nelle zone di guerra e nello stesso esercito ucraino c’è chi diserta rifiutando la guerra contro i suoi fratelli che si difendono dalla dittatura fascista e oligarchica. In questo contesto i rapporti di forza possono mutare a favore del proletariato e delle forze comuniste che difendono il Donbass se sapranno agire nel contesto che si sta creando nel paese.

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view post Posted on 3/11/2014, 17:56

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Ricorda Odessa. Ferma la terza guerra mondiale


Sei mesi fa, il 2 maggio, a Odessa le squadre naziste al servizio della giunta golpista di Kiev attaccarono il presidio del movimento Alternativa Popolare massacrando decine di manifestanti.

Per ricordare l'eccidio ieri pomeriggio si sono tenute manifestazioni a Roma, Milano, Parma e Venezia dove oltre un centinaio di antifascisti, ucraini, russi e italiani, hanno dato vita ad un presidio di fronte alla stazione di Santa Lucia, rispondendo all'appello di Ross@ e del Comitato Veneto di solidarietà con il Donbass antinazista.

I manifestanti hanno occupato il piazzale per la sua intera lunghezza reggendo le bandiere delle repubbliche popolari del Donbass, striscioni e cartelli informativi sulla strage fascista di Odessa e sul massacro delle popolazioni russofone.

Migliaia di turisti e di passeggeri in transito da Venezia hanno potuto così ricevere l'informazione che viene negata loro dai mezzi d'informazione italiani, hanno potuto leggere che quella che viene presentata loro dai media come la "democrazia" ucraina proibisce di parlare la lingua russa, espelle dal parlamento i deputati dell'opposizione, e costringe quasi un milione di cittadini ucraini a fuggire in Russia per salvarsi dalla guerra di sterminio scatenata nel Donbass.

Uno striscione ricordava il giornalista italiano Andrea Rocchelli, ucciso nell'Est Ucraina da un bombardamento governativo, e subito dimenticato dai suoi colleghi che preferiscono scrivere i propri pezzi sulla base della veline degli Usa e della UE, stando ben lontani dai luoghi della guerra fascista. Di fronte al presidio sono state esposte anche le foto dei morti, quelli di Odessa e quelli del Donbass. Foto drammatiche di fronte alla quali quasi tutti i passanti si sono fermati per esprimere la propria solidarietà.

Non tutti però. Alcuni gruppi di Ucraini di passaggio, evidentemente accecati dalla propaganda nazionalfascista della giunta di Kiev, hanno aggredito un portantino che aveva addobbato il proprio carrello con la bandiera della repubblica popolare di Donetsk, e hanno tentato di rovesciare il gazebo del presidio.

Proprio in questa occasione si è dimostrata la forza politica espressa dagli immigrati ucraini antifascisti, per la maggior parte donne, che senza cadere nella trappola dei nazionalismi contrapposti, hanno invece placato gli aggressori esprimendo con tranquillità e lucidità le proprie argomentazioni e costringendoli al dialogo. L'iniziativa è stata anche un momento di confronto e di dibattito tra i compagni italiani che hanno partecipato all'iniziativa, che pur provenendo da percorsi politici diversi stanno riscoprendo assieme la forza della lotta unitaria contro il fascismo e l'imperialismo.

La mobilitazione contro la guerra fascista in Ucraina e per un controsemestre popolare di lotta in occasione della presidenza italiana dell'Unione Europea prosegue con altre iniziative nelle prossime settimane.

Giovedì 6 ad Oriago, martedì 11 a Marghera e domenica 16 a Schio si terranno assemblee di informazione sulla resistenza antifascista in Donbass.

Nel pomeriggio di venerdì 14 si terrà un presidio sotto la sede della Rai a Venezia, e sabato 15 un convegno a Mestre dal titolo "Verso la terza guerra mondiale. Fermiamola!" a cui parteciperanno Giulietto Chiesa (Pandora TV), Manlio Dinucci (Il Manifesto), Francesco Maringiò (PdCI), Sergey Diachuk (giornalista di Odessa), Sergio Cararo (Contropiano), Antonio Mazzeo (NO Muos).

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view post Posted on 25/5/2018, 14:12

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Andrea Rocchelli. Ucciso a Slavyansk il 24 Maggio 2014 insieme ad Andrey Mironov. Con loro William Roguelon / Photographe, gravemente ferito ed invalido a vita. Andrea Rocchelli è stato il primo corrispondente a venir ucciso durante la guerra civile ucraina, guerra che prosegue ininterrotta da quattro anni.

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-n..._2014/82_24088/
 
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view post Posted on 19/2/2020, 23:53
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view post Posted on 7/11/2020, 20:12
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"Possono odiarci. Ma noi non possiamo, sono nostri fratelli". Muore in Donbass Alekseij Markov, comandante del battaglione Prizrak

di Sara Reginella

Alekseij Markov, comandante del Battaglione Prizrak, è morto il 24 ottobre nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, nella regione del Donbass. Le prime informazioni disponibili riportano come causa del decesso un incidente d’auto avvenuto nella stessa regione di Lugansk, anche se va precisato che al momento non vi sono dettagli definiti sull’accaduto.


Alcuni anni fa, ho avuto l’onore di conoscere il comandante Markov, detto Dobrij (dal russo “buono”), durante uno dei miei viaggi in Donbass. Fu lui a condurmi personalmente al fronte di Lugansk, dove si combatte tutt’ora una guerra fratricida scoppiata nel 2014.

Fu lui l’erede politico del comandante Alexei Mozgovoy, padre della stessa Prizrak, ucciso in un attentato terroristico nel maggio 2015.

In memoria di Alekseij Markov, uomo coraggioso e idealista, riporto l’intervista da lui rilasciatami durante l’esperienza al fronte, inedita nella sua versione integrale.
Alcuni estratti sono contenuti nel documentario “Start Up a War. Psicologia di un conflitto”, che girai in quegli anni. All’epoca, Alekseij Markov ricopriva il ruolo di vice comandante del battaglione.


Di seguito l’incipit e l’intervista integrale con il suo punto di vista su una guerra troppo spesso dimenticata, quella del Donbass.





Sono Markov Alekseij Genadievich sono una persona normalissima, non ho mai avuto a che fare con le armi in vita mia, ma in questo momento sono il vice comandante del battaglione Prizrak, mi trovo qui (in Donbass, n.d.a.) dal novembre 2014.



Può parlarmi del battaglione Prizrak e della sua storia?


La brigata Prizrak, poi divenuta battaglione, è nata grazie alla volontà e alla leadership del nostro comandante Alekseij Borisovich Mozgovoy. La suddivisione si è rivelata come una delle più efficienti nel combattimento sul territorio della Repubblica Popolare di Lugansk.
La Prizrak non è diventata subito una suddivisione leggendaria, all’inizio era costituita da un piccolo gruppo di persone raccolte intorno ad Alekseij Mozgovoy, riunite con l’unico scopo di difendere Lugansk e la regione di Lugansk dalle truppe punitive della Giunta ucraina, che ha realizzato il colpo di stato a Kiev. Il nome Prizrak nacque quando i mass media ucraini dichiararono che la suddivisione di Mozgovoy era stata del tutto sterminata con i bombardamenti aerei. Quando invece membri della Prizrak tornarono, la gente iniziò a guardarli come se fossero fantasmi e da lì è nata l’idea di denominare la suddivisione come “Prizrak” (in russo: “fantasma”, n.d.a.).
Presto è diventata una delle più famose suddivisioni di volontari che dichiarava apertamente come lo scopo dei combattimenti fosse quello di creare, nella nostra Repubblica, un potere popolare e di combattere per i diritti dei lavoratori. Proprio per questo nella Prizrak si reclutavano persone con orientamento a sinistra, anche se c’erano pure tanti altri soggetti, monarchici, di diversa religione, cosacchi. Si combatte una guerra contro gli oligarchi e per il potere del popolo e questo aspetto ha riunito tra loro persone completamente diverse, con ideologie e visioni del Mondo qualche volta opposte.



Quindi qui ci sono persone da diverse parti del Mondo unite contro l’oligarchia. È corretto dire che qui si combatte anche una guerra contro il nazismo?


Assolutamente, è chiaro che noi abbiamo sottolineato più volte il fatto che non stiamo combattendo contro l’Ucraina, contro gli Ucraini, ma siamo qui per aiutare l’Ucraina e gli Ucraini a liberare il proprio paese dalla presa al potere da parte della Giunta pro-nazista. Gli Ucraini sono e saranno sempre il nostro popolo fraterno. Inoltre, nonostante la maggior parte delle persone che vive in Donbass si consideri russsa, noi non abbiamo intenzione di annetterci alla Russia. Siamo qui per difendere i civili dalle truppe della Giunta ucraina e aiutare gli stessi Ucraini a liberarsene. Questo è il nostro unico scopo.


Invece, cosa è accaduto ai comunisti ucraini in questi anni?

Bisogna dire la verità ed essere onesti, negli ultimi anni, il Partito Comunista ucraino era tale solo a parole. In realtà era uno dei partiti della pseudo democratica Repubblica Parlamentare che non perseguiva come scopo un cambiamento della situazione nel paese. Molti veri comunisti non consideravano il Partito Comunista ucraino come tale e lo chiamavano “la palude”, a indicare che da lì non poteva nascere niente che avesse un valore.
Dopo l’inizio di questi avvenimenti, in Donbass, il partito ha preso una posizione molto vigliacca e non ha sostenuto la lotta del popolo contro gli oligarchi e contro il nazismo. Ha cercato piuttosto di mantenere il “proprio posto” dentro al Parlamento ucraino, ha cercato di mantenere le proprie posizioni a Kiev.
Alla fine però, qualsiasi stato nazista prima o poi arriva a ritenere che, poiché il comunismo è una forma do giustizia sociale troppo popolare, occorre vietarlo a livello legislativo. Non c’è dunque da meravigliarsi di quello che è successo in Ucraina: qualsiasi stato fascista, come prima cosa inizia a vietare alle persone di pensarla diversamente. Così in Ucraina hanno vietato anche le idee comuniste e alla fine, il partito comunista ucraino ha perso la propria posizione e non ha acquistato nessuna autorevolezza qui in Donbass. Mi dispiace dirlo, ma è la verità.


Che cosa significa per lei comunismo?


Per me il comunismo è una teoria scientifica, sociale, economica e politica che descrive uno sviluppo della società civile possibile e desiderabile. Per me il comunismo non è un credo come una religione e non è una cieca speranza nel fatto che qualcuno arrivi e faccia del bene. Sono i passi concreti che aiutano a cambiare l’attuale società civile e ad innalzarla ad un livello più alto del proprio sviluppo, per creare una società in cui qualsiasi persona possa sviluppare il proprio potenziale. Noi abbiamo fatto un buon tentativo durante l’Unione Sovietica, che purtroppo si è rivelato impraticabile. Però questo non significa che la storia si concluda con quell’esperienza. La storia non finisce mai. Perciò è possibile che tra tre, cinque, dieci anni, noi assisteremo ad un tentativo che andrà buon fine.


Il comandante Mozgovoy, in riferimento agli scontri con il popolo ucraino, disse: “Stiamo combattendo una guerra contro la nostra immagine allo specchio”. Cosa pensa di questa affermazione?

Sì, sono d’accordo, non è un segreto che il colpo di stato di Maidan nel 2014 sia stato ispirato e finanziato dai Governi occidentali e più concretamente dagli Stati Uniti. Senza un così grande supporto finanziario, non ci sarebbe stata nessuna Maidan. Proprio il supporto finanziario e politico all’opposizione ha portato, all’epoca, al colpo di stato di Kiev e al potere delle forze pro-naziste.
La Russia non poteva intervenire in una situazione in cui uno stato così grande (come l’Ucraina), che per tanto tempo è stato unito con la Russia stessa, si trasformava in un “rifugio protetto” per il nazismo, dove i Russi sono considerati persone di serie b. Nonostante questa considerazione verso i Russi, ascoltando i discorsi via radio, durante i combattimenti sentivamo che i nostri avversari ucraini erano soliti passare dalla lingua ucraina alla lingua russa, cui sono più abituati. Questo significa che dall’altra parte combattono persone russe come noi. A queste persone è stata però introdotta in testa l’idea che esista una nazione ucraina di quaranta mila anni, cui è seguita una discendenza… come se la Russia dormisse e non vedesse l’ora di far del male a quella nazione. Pensano che non appena sconfiggeranno i Russi, non appena vieteranno la lingua russa e cacceranno tutti i Russi in Russia, otterranno un alto stile di vita con gli stipendi e le pensioni che ci sono in Europa.
Mi dispiace vedere come queste persone siano state prese in giro e come i burattinai occidentali sfruttino il loro sangue e le loro morti per perseguire i propri interessi, mentre in realtà noi ci rendiamo conto che dall’altra parte ci sono persone come noi. Loro possono odiarci, possono pensare che siamo l’unico male al mondo, ma noi non possiamo odiarli, sono nostri fratelli. È per questo noi chiamiamo questa guerra “fratricida” e la vogliamo terminare al più presto possibile. E l’unica possibilità di terminare questa guerra è cacciare via la Giunta pro-nazista da Kiev.


Crede che in futuro sarà possibile un dialogo con l’Ucraina, con l’Europa e con gli Stati Uniti?

Io vedo da quanto tempo la Turchia cerca di entrare nell’Unione Europea e per quanto ne so io, nessuno dei paesi firmatari è entrato. Perciò credo che gli stati europei e gli Stati Uniti possono considerare l’Ucraina come una comoda piattaforma militare, una sua marionetta, ma non la considereranno mai un paese europeo. Per loro, l’Ucraina è solo una risorsa economica. Dubito che gli Stati Europei desiderino accogliere quaranta milioni di persone e un paese con una pesante situazione economica. Credo che l’Europa abbia già problemi con la Grecia e il Portogallo.


Qual è il suo desiderio per le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk?


Io vorrei che le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk si unissero in un’unica Repubblica e che col tempo fossero incluse anche la regione di Odessa e quella Kharkov. Potremmo anche chiamarle “Novorussia”, un nuovo distretto federale della Russia. Non importa, quel che conta è che al più presto termini questa guerra e che le persone tornino ad una normale vita di pace, così che i figli crescano in uno stato adeguato, senza prese in giro e senza che le teste delle persone siano riempite di sciocchezze, come quella “secondo cui l’Ucraina sarebbe la più antica nazione del Mondo, di quarantamila anni, o quella per cui il Mar Nero sarebbe stato scavato dagli Ucraini”.
Io vorrei che la gente vivesse nella normalità. Questo è il mio unico desiderio. E come sarà il tipo di stato, non ha importanza. Se le persone potranno mantenere la propria cultura, la propria consapevolezza, il nome che sarà dato al loro paese sarà secondario.

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-p...ak/34145_37914/

nota mia: più che effettivamente comuniste le frange progressiste della Resistenza del Donbass sono filosovietiche, antifasciste e filorusse...
 
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