Comunismo - Scintilla Rossa

Stalin, Problemi della pace (Edizioni di Cultura Sociale, 1953)

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-Bardo-
view post Posted on 15/12/2011, 12:51 by: -Bardo-




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Propongo ai compagni del forum la trascrizione della raccolta "Problemi della pace" delle Edizioni di Cultura Sociale, del 1953.
Alcuni testi sono già presenti sul web, altri sono inediti.
Di seguito la trascrizione dei primi capitoli.



Stalin
Problemi della pace
Prefazione di Pietro Secchia
Edizioni di Cultura Sociale, 1953



Indice

Prefazione
I - Messaggio al popolo sovietico
II - Brindisi al popolo russo
III - Brindisi agli uomini semplici
IV - Agli elettori della circoscrizione « Stalin » di Mosca
V - Il ventottesimo anniversario dell'Esercito rosso
VI - Sul discorso di Churchill a Fulton
VII - Intervista di Gilmore
VIII - Risposta al telegramma di Hugh Baillie
IX - Ordine del giorno per il Primo maggio 1946
X - Ordine del giorno per l'anniversario della vittoria
XI - Risposte ad Alexander Werth
XII - Risposte ad Hugh Baillie
XIII - Intervista ad Elliot Roosevelt
XIV - Risposta al colonnello Razin
XV - Ordine del giorno per la giornata dell'Esercito sovietico
XVI - Resoconto dell'intervista di Harold Stassen
XVII - Discorso alla delegazione del governo finlandese
XVIII - Risposta alla « lettera aperta » di Wallace
XIX - Risposte al corrispondente della « Pravda »
XX - Risposte a Kingsbury Smith
XXI - Messaggio per la fondazione della Repubblica democratica tedesca
XXII - Risposta al Pandit Nehru
XXIII - Intervista alla « Pravda »
XXIV - Al corrispondente della « Pravda » sull'arma atomica
XXV - Messaggio al popolo giapponese
XXVI - Risposte alle domande di un gruppo di giornalisti americani
XXVII - L'aggravarsi della crisi del sistema capitalistico mondiale
XXVIII - L'inevitabilità della guerra fra i paesi capitalistici
XXIX - Discorso al XIX Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica
XXX - Risposte a James Reston


Prefazione

Nell'accettare di presentare con poche parole, certamente inadeguate, questi imperituri documenti del grande scomparso non facciamo che indulgere ad una insistente richiesta della Casa editrice, giustificata solo dalla consuetudine.
Gli scritti di Stalin non hanno bisogno di prefazione. Coloro che hanno avvicinato Stalin, che l'hanno inteso non fosse che Una volta sola conservano in sè per sempre vivente l'immagine della sua forza incomparabile. Per gli altri, ogni scritto, ogni suo discorso anche presi separatamente sono sufficienti a rivelare i tratti possenti e geniali del gigante del pens iero e dell'azione del grande costruttore della pace e del socialismo.
Il nome di Stalin resterà per sempre legato all'idea della pace e del socialismo. Tutta la sua vita sino all'ultimo istante Stalin ha consacrato alla lotta per salvare la pace del mondo.
« Compagni, la grande guerra in difesa della patria è terminata con la nostra piena vittoria. Il periodo della guerra in europa è finito. Comincia il periodo dello sviluppo pacifico ».
Così Stalin annuncia la fine della guerra nel messaggio al popolo sovietico pubblicato nelle prime pagine di questo volume. Per la seconda volta nel corso di trent'anni gli uomini dell'Unione Sovietica dopo essere stati proditoriamente aggrediti e dopo aver conquistato una vittoria piena , completa, deponevano le armi lanciando il fatidico grido di: « Viva la pace » ed annunciando al mondo che era cominciato il periodo dello sviluppo pacifico.
Tutti gli atti di Stalin sino all'ultimo minuto della sua vita sono stati degli atti tesi ad assicurare al mondo una pace stabile, un effettivo periodo di sviluppo pacifico.
Stalin è stato la guida, la stella orientatrice per tutti gli uomini che consacrano le loro energie, il loro tempo, le loro preoccupazioni a questo bene immenso, inestimabile: la pace e l'amicizia tra i popoli.
Se oggi la pace è salva, se oggi le forze della pace sono assai più potenti di ieri , se i guerrafondai sono costretti a marcare il passo, se le luci di speranza appaiono all' orizzonte questo lo dobbiamo a Stalin. È a Stalin che dobbiamo la grandiosa, affascinante idea che è possibile salvare la pace purché i popoli prendano nelle loro mani la causa della pace. Quest'idea è un appello permanente all'azione contro la guerra, è la forza che mobilita, che organizza centinaia di milioni di uomini a lottare per la pace.
Stalin dimostra, negli scritti qui raccolti, che le contraddizioni della società capitalista permangono, anzi si sono ulteriormente aggravate con la fine della seconda guerra mondiale, con la disgregazione dell'unico mercato mondiale, ma dimostra nello stesso tempo che la guerra non è fatale.
Egli ha smentito le false teorie reazionarie della borghesia sull'umanità che ha sempre fatto e farà sempre la guerra, ha smentito le menzognere affermazioni degli ideologhi dell'imperialismo secondo le quali la biologia e la sociologia starebbero a testimoniare che il mondo non può esistere senza la guerra.
Nel suo discorso agli elettori di Mosca nel 9 febbraio 1946 Stalin afferma che la seconda guerra mondiale, come la prima, non è scoppiata casualmente, ma come « risultato inevitabile dello sviluppo delle forze economiche e politiche mondiali sulla base dell'odierno capitalismo monopolista ».
Queste forze continuano ad esistere e ad agire: da ciò deriva che l'inevitabilità delle guerre tra i paesi capitalistici continua a sussistere.
Però il possente sviluppo del movimento della pace, la lotta che centinaia di milioni di uomini conducono per non essere trascinati ad una nuova carneficina, può avere successo può « riuscire a scongiurare una guerra determinata, a rinviarla per un certo tempo, a mantenere per un certo tempo una pace determinata, a costringere alle dimissioni un governo guerrafondaio, sostituendolo con un altro governo disposto a salvaguardare per un certo tempo la pace ».
L'obbiettivo fondamentale che noi ci proproniamo nella campagna elettorale in corso è appunto quello di dare all'Italia un governo di pace, un governo che assicuri al nostro paese la libertà e l'indipendenza, la possibilità di vivere in pace e in amicizia con tutti i popoli.
Naturalmente Stalin ci avverte pure che la lotta per quanto efficace e possente del movimento mondiale dei partigiani della pace, per quanto passa avere un temporaneo successo, da sola « non basta per elimìnare le inevitabililà delle guerre tra i paesi capitalistici. Non basta perché nonostante tutti i successi del movimento per la difesa della pace, l'imperialismo continua a sussistere, conserva le sue forze e per conseguenza continua a sussistere l'inevitabilità delle guerre ».
Ma Stalin ha indicato anche la via per eliminare l'inevitabilità delle guerre. Non è vero che la guerra sia connaturata con la società umana. La guerra è insita nella società capitalistica, è l'imperialismo che genera inevitabilmente le guerre, ma questa inevitabilità delle guerre può essere anch 'essa eliminata distruggendo l'imperialismo.
La profonda analisi scientifica fatta da Stalin sulle leggi che regolano l'imperialismo nell'epoca della crisi generale del capitalismo, sulla disgregazionedel mercato unico e universale (circostanza che ha determinato l'ulteriore approfondimento della crisi generale del capitalismo), sulle cause che generano le guerre, lo smascheramento fatto da Stalin dei provocatori di guerra, tutta l'attività dello Stato sovietico nel campo internazionale durante i 35 anni della sua esistenza, hanno contribuito ad aprire gli occhi a milioni di lavoratori, a larghi strati delle masse popolari sulle cause delle guerre, sui loro fautori e sulla lotta che i lavoratori devono condurre se vogliono non soltanto impedire temporaneamente la guerra, ma eliminare l'inevitabilità delle guerre.
Grazie a Stalin tutti gli uomini in buona fede sono oggi armati per condurre con successo la lotta per la pace.
Quanto ai rapporti tra il mondo del socialismo e quello capitalista, Stalin nelle interviste a Gilmore, ad Alexander Werth, ad Elliot Roosevelt, ad Harold Stassen, alla Pravda, nelle risposte a Henry Wallace ed a Kingsbury Smith. ed in altri scritti qui pubblicati non solo ha affermato, ma ha dimostrato che è possibile la coesistenza dei due sistemi, ed ha respinto l'assurdità della guerra inevitabile tra di essi.
L 'Unione Sovietica ha sempre posto alla base della sua politica questo principio. Esso costituisce la dottrina ufficiale dello Stato sovietico. Stalin ha dimostrato non solo la possibilità della coesistenza, ma della collaborazione tra i due sistemi facendo rilevare che « se c'è desiderio di collaborare, la collaborazione è assolutamente possibile tra sistemi economici differenti; se invece non c'è desiderio di collaborare allora anche se i sistemi economici sono gli stessi, gli Stati e i popoli possono dilaniarsi reciprocamente ».
Stassen non era il solo che aveva creduto di cogliere Stalin in contraddizione con quanto si diceva avesse altre volte (prima della seconda guerra mondiale) affermato circa l'impossibilità della collaborazione tra i due sistemi. Stalin ha risposto e dimostrato che « in nessun caso egli ha potuto dire che due sistemi differenti non possono collaborare ». Ha ricordato che Lenin è stato il primo ad esprimere l'idea della collaborazione tra i due sistemi differenti e che non c'è nessun motivo perché tale prezioso insegnamento debba essere riveduto od accantonato. Tale principio rimane valido anche nella nuova situazione creatasi dopo la seconda guerra mondiale, anche nella situazione in cui è stato da Stalin ribadito.
« Noi non ci siamo mai allontanati e non ci allontaneremo mai dagli insegnamenti di Lenin » ha detto Stalin. Senz'altro ha ammesso come possibile che egli, Stalin, abbia detto che « uno dei sistemi, per esempio il sistema capitalistico, non voleva collaborare, ma ciò si riferiva ai desideri e non alle possibilità di collaborare ».
In politica si deve sempre distinguere tra i desideri e le possibilità. Tra due sistemi, ha detto Stalin, vi è sempre la possibilità di collaborare, ma non sempre ve n'è il desiderio.
Particolarmente inportante per noi italiani è il richiamo che Stalin fa a tenere presente che prima di attaccare i guerrafondai dei principali Stati fascisti, la Germania, l'italia, il Giappone avevano distrutto nei loro paesi gli ultimi resti delle libertà democratico-borghesi. Si è conclusa da noi in questi giorni la prima fase della battaglia contro la legge elettorale truffa che giustamente è stata definita una legge di guerra dettata dallo straniero e dai suoi interessi . Così è stata definita perché tale legge mira a limitare ed a sopprimere le libertà democratiche allo scopo di preparare il paese alla guerra, perché mira a creare un Parlamento fantoccio pronto ad approvare qualsiasi avventura, qualsiasi esigenza imposta dall'imperialismo americano.
La crociata contro le Costituzioni democratico-borghesi, condotta in tutti i paesi aderenti al blocco atlantico, ha uno scopo ben preciso: assicurare ai circoli governativi reazionari di questi Stati ogni libertà d'azione per una guerra di aggressione agli ordini degli imperialisti americani.

Gli scritti qui raccolti hanno come argomento fondamentale la pace, la possibilità di condurre con successo la lotta per salvare la pace, ma essi da soli sono sufficienti a rivelare lo spirito enclopedico di Stalin, la sua grande forza Come uomo di scienza.
Stalin ha costruito il socialismo in una sesta parte del mondo. Quest'opera gigantesca che non ha nulla a che fare con le costruzioni immaginarie e romanzesche dei sociologhi del secolo scorso si è realizzata con il concorso di milioni di uomini. Alla realizzazione di quest'opera hanno confluito tutte le attività degli uomini che hanno trasformato la steppa, deviato il corso dei fiumi, costruito l'industria pesante, meccanizzata l'agricoltura, elettrificato il paese, applicata la chimica, utilizzata l'energia atomica, organizzati i migliori cittadini nel partito comunista, insegnata la storia del Partito comunista bolscevico. Si tratta di attività diverse e complesse: le une hanno oggetto la natura, le altre hunno per oggetto gli uomini. Stalin che ha diretto questo gigantesco movimento ha dovuto presiedere ed occuparsi di queste attività che presuppongono la conoscenza dell'economia, della storia, delle scienze naturali.
L 'economia, la storia, le scienze naturali costituiscono nella società socialista gli elementi di una scienza fondamentale: la scienza dell'edificazione del socialismo, la scienza definita da Stalin « della vittoria del comunismo ».
Il rigore scientifico staliniano è un rigore completamente e coscientemente obbiettivo che rimane sempre fedele allo scopo che la realtà pone e che solo mette in moto l'azione trasformatrice della classe operaia e dei lavoratori.
Qui sta il segreto dell'efficacia della politica staliniana, qui sta il segreto delle grandi vittorie conseguite da Stalin e dal Partito comunista dell'Unione Sovietica, qui sta l'origine e la spiegazione dell'immenso contributo portato da Stalin allo sviluppo della dottrina marxista in ogni campo e allo sviluppo della stessa scienza militare.
Tra gli scritti qui raccolti ve ne sono alcuni di sommo interesse per quanto riguarda lo studio delle cose militari. Nella lettera in risposta al colonnello Razin Stalin critica con grande maestria la dottrina militare di Clausewitz considerata prima d'allora nel campo borghese l'espressione più alta della scienza militare.
« Non si può progredire - scrive Stalin - e fare progredire la scienza senza sottoporre ad un esame critico le tesi e le opinioni invecchiate delle autorità famose. Ciò vale non soltanto per le autorità nell'arte militare, ma anche per i classici del marxismo ».
Secondo Stalin, il Clausewitz era propriamente il rappresentante del periodo manifatturiero della guerra, mentre ora abbiamo il periodo meccanizzato della guerra. Sarebbe ridicolo, afferma Stalin, prendere ora lezioni da Clausewitz.
È comprensibile come per molto tempo gli scrittori militari borghesi si siano richiamati e si richiamino tutt'ora spesso a Clausewitz per giustificare la loro strategia e la condotta delle loro guerre. Enumerando gli elementi che caratterizzano la guerra, Clausewitz pone tra i più importanti « l'ignoto e la casualità », trattando dei fattori che decidono dell'esito di una guerra; Clausewitz oltre a richiamarsi all'ignoto e alla casualità vi aggiunge la fortuna e la sfortuna.
Queste tesi antiscientifiche e reazionarie servono a spiegare la strategia megalomane e avventuriera di Hitler e di Mussolini che si basano sulla completa ignoranza di qualsiasi legge obbiettiva. I fascisti pensavano di poter fare tutto ciò che volevano: nella loro sfrenata ambizione pensavano di poter soggiogare il mondo. Tali concezioni, anche se appoggiate sulle teorie di Clausewitz, non potevano che portare i generali hitleriani alla sconfitta.
Nel discorso agli elettori di Mosca ed in alcuni proclami all 'Esercito rosso pubblicati in questo volume, Stalin traccia un bilancio della guerra vinta dall'Unione Sovietica con un'analisi approfondita che non si limita ad alcune considerazioni generali sui risultati principali, ma va concretamente al fondo delle cose mettendo in luce tutti gli elementi atti a spiegare ed a far comprendere i motivi, il significato della grande vittoria sovietica e la SUa portata storica. In questa analisi vi è la dimostrazione che una simile vittoria sarebbe stata impossibile senza il regime sociale sovietico che ha provato così la sua forza e la sua superiorità sul regime capitalista; la vittoria sarebbe stata impossibile senza il partito comunista, non sarebbe stata possibile senza una lunga, preliminare preparazione di tutto il paese alla difesa attiva.
L'attaccamento del popolo sovietico alla patria socialista, il coraggio e l'eroismo da soli non sarebbero bastati, sarebbero stati insufficienti a conquistare la vittoria. L'Unione Sovietica alla vigilia della guerra disponeva già del minimo indispensabile di risorse materiali occorrenti per sostenere l'urto dell'aggressore, per batterlo e sconfiggerlo in pieno. E questo grazie soprattutto alla genialità, alla preveggenza di Stalin ed alla sua impostazione di quei piani quinquennali che crearono le condizioni per la difesa, la controffensiva e la vittoria del grande paese del socialismo.
In base a quei piani uno dei più arretrati paesi agricoli fu trasformato nel corso di tredici anni in un grande paese industriale, nel paese economicamente e socialmente più sviluppato del mondo.
Stalin dimostra ccme il metodo sovietico di industrializzazione si differenzia completamente dal metodo di industrializzazione capitalista. A differenza dei paesi capitalisti, Stalin e il Partito comunista dell'Unione Sovietica cominciarono ad industrializzare la nazione, sviluppando prima, malgrado le grandi difficoltà, l'industria pesante.
In quest'opera grandiosa Stalin e il partito comunista incontrarono l'opposizione non solo « degli uomini arretrati che rifuggono sempre da tutto ciò che è nuovo », ma anche di molti comunisti in vista del partito che, spaventati dalle difficoltà, privi di sufficiente fiducia nelle proprie forze, nelle capacità creative e di lotta del popolo arretrarono e cercarono di trarre sistematicamente indietro il partito.
Stalin ed il Partito comunista dell 'Unione Sovietica « non cedettero né alle minacce degli uni, né ai lamenti degli altri e nonostante tutto andarono avanti sicuri ».
Grande lezione questa per i comunisti di tutti i paesi, grande lezione sulla necessità assoluta per ogni partito comunista di non sottovalu tare mai le proprie forze, di non lasciarsi superare dalla situazione, intimidire dal nemico, di non mettersi mai al rimorchio degli elementi arretrati, di non temere di andare se necessario contro corrente, di mantenere sempre in ogni situazione la posizione di avanguardia, di forza dirigente.
In questi, come in tutti gli altri scritti di Stalin, rifulge la sua immensa fiducia nelle capacità creatrici della classe operaia. Nelle grandi come nelle piccole occasioni, si tratti di un brindisi in occasione di una festa, oppure di un rapporto ad un congresso, di una direttiva o di un appello al paese, il suo pensiero è sempre rivolto al popolo ed alla parte più umile del popolo « agli uomini semplici, ordinari e modesti, alle viti della nostra immensa macchina statale, in tutti i campi della scienza , della economia e della guerra. Essi sono numerosi, il loro nome è legione, sono decine di milioni. Sono uomini modesti, di cui nessuno scrive, non hanno grandi incarichi o gradi elevati, ma sono essi che ci sostengono come le fondamenta sostengono l'edificio ».
Rifulge in questi scritti l'immensa fiducia di Stalin nella vittoria del comunismo, la fedeltà ai principi, la forza schiacciante della sua logica, l'entusiasmo e l'ardore del combattente, del creatore, la volontà inflessibile che fa sormontare tutte le difficoltà, la fermezza dell'acciaio che le prove più dure non possono intaccare; in questi scritti emergono la sua calma, la sua energia, la sua umanità, il talento dell'organizzatore che sa unire il pensiero all'azione e trarre vantaggio da ogni possibilità, la vigilanza rivoluzionaria, la lotta implacabile da lui condotta contro tutti i nemici del popolo, soprattutto emerge il suo genio rivoluzionario.
Le grandi epoche storiche creano i loro geni. Noi non possiamo concepire il movimento operaio senza Marx ed Engels, non possiamo pensare alla Rivoluzione d'Ottobre, alla costruzione del socialismo, senza Lenin e Stalin.
La teoria marxista è la grande forza dei comunisti: essa porta alla conoscenza delle leggi dello sviluppo della società, ma non è di tutti - sulla base di tale conoscenza - comprendere giustamente la complessità dei fenomeni della vita sociale, gli intricati legami e i rapporti tra questi fenomeni, non è dato a tutti saper prevedere scientifìcamente lo sviluppo degli avvenimenti non solo del momento presente, ma soprattutto del futuro.
Stalin ha detto di Lenin: « Nel momento delle svolte brusche indovinava il movimento delle classi, i tratti essenziali della rivoluzione come se li leggesse sul palmo della mano ».
La stessa cosa può dirsi di Stalin. Egli, come Lenin, ci ha dato degli esempi insuperabili di applicazione della dialettica marxista, di geniale previsione . La sua vita è un susseguirsi di previsioni scientifiche, di epiche lotte, di grandi vittorie.
Nel luglio 1926, al VI Congresso del partito bolscevico vi era chi affermava, richiamandosi al marxismo, che solo dopo la conquista del potere nei paesi occidentali la Russia avrebbe potuto marciare sulla grande strada del socialismo. Stalin combattè decisamente tale tesi: « Non è escluso, egli disse, che sia invece la Russia ad aprire la strada al socialismo. Bisogna respingere la vecchia idea che solo l'Europa può indicarci la strada. Esiste un marxismo dogmatico e un marxismo creatore. Io mi schiero sul terreno di quest'ultimo » .
In questa affermazione si rivela tutta la forza del compagno Stalin che al fuoco delle grandi battaglie dei lavoratori dell'Unione Sovietica e di tutti i paesi ha sviluppato ed arricchito la dottrina del marxismo-leninismo.
Nell'ottobre del 1917 Stalin fu con Lenin decisamente per l'insurrezione. Altri sostenevano che la situazione non era matura, che le masse non volevano la lotta, che in quelle condizioni sarebbe stato grave errore porre il problema della conquista del potere da parte del proletariato, ecc. ecc.
La decisione e la fermezza di Lenin e di Stalin in quell'occasione ebbero un peso inestimabile sullo sviluppo della storia e sull'avvenire del socialismo. La pace di Brest-Litovsk, firmata dai bolscevichi dopo una lotta accanita di Lenin e di Stalin contro coloro che non la volevano firmare, salvò l'Unione Sovietica in pericolo. Il prevalere del punto di vista degli oppositori avrebbe significato la sconfitta della repubblica dei Soviet.
Nel 1925, nel momento in cui altri capitolavano di fronte alle difficoltà e sostenevano l'impossibilità di costruire il socialismo nell'Unione Sovietica, Stalin seppe indicare con chiarezza la via da seguire, « È impossibile costruire, disse egli allora, senza sapere ciò che si costruisce. Non si può avanzare di un passo senza conoscere il senso degli avvenimenti. La questione della prospettiva è il problema più importante del nostro partito. Costruiamo noi il socialismo oppure lavoriamo a caso, alla cieca? Non si può costruire senza dare una risposta chiara a questa questione ».
Stalin diede una risposta chiara e positiva: l'economia socialista poteva e doveva essere edificata nell'Unione Sovietica. Ancora una volta Stalin ebbe ragione: la vittoria del socialismo in un solo paese è oggi un fatto compiuto. Grazie alla preveggenza di Stalin l'Unione Sovietica marcia a grandi passi verso la realizzazione della società comunista.
Nel 1927, nel momento in cui le grandi teste dell'economia borghese esaltano la stabilità del capitalismo, parlavano anzi di una nuova fase di fìoritura del capitalismo, Stalin metteva invece in luce le contraddizioni della stabilizzazione, ne sottolineava il suo carattere relativo, parziale, vacillante e annunciava l'imminenza di una grave crisi.
« ...dalla stabilizzazione stessa, dal fatto che la produzione cresce, dal fatto che il progresso tecnico e le possibilità produttive si sviluppano mentre il mercato mondiale, i suoi limiti e le sfere d'influenza dei singoli gruppi imperialisti rimangono più o meno stabili, da questo fatto per l'appunto si sviluppa la più profonda e acuta crisi del capitalismo mondiale, crisi gravida di nuove guerre e minacciante l'esistenza di qualsiasi stabilizzazione ».
Due anni dopo la previsione di Stalin era C0nfermata in pieno. Nel 1929 scoppiava la grave crisi economica e politica del 1929-1934 che, sviluppatasi sul terreno della crisi generale del capitalismo, scosse le fondamenta di tutto il sistema capitalista.
Infine Stalin seppe prevedere la guerra e preparare l'Unione Sovietica a fare fronte all'attacco del nemico ed a sconfiggere il fascismo. Nessun altro uomo di Stato, nessuno dei luminari dei paesi cosidetti democratici seppe, neppure lontanamente, fare qualcosa di simile. Al contrario, con la politica di Monaco, portarono i loro paesi al disastro militare ed alla rovina. Mentre il 30 settembre del 1938 Chamberlain tornando da Monaco proclamava trionfalmente: « Io vi porto la pace e credo sia la pace per la nostra epoca », Stalin affermava invece ( XVIII Congresso del P.C. dell'Unione Sovietica): « La nuova guerra imperialista è diventata un fatto. La guerra è inesorabile, non c'è velo che possa nasconderla ». Mettendo in rilievo tutta la perfidia e la criminalità della politica di Monaco, Stalin ammoniva i sostenitori di tale politica che « il loro pericoloso giuoco poteva terminare con un loro grave fallimento ». E così fu; anche questa volta Stalin previde giusto.
Nel suo discorso del 3 luglio 1941, quando gli eserciti fascisti di Hitler avevano invaso l'Unione Sovietica, occupata la Lituania, una parte della Lettonia e dell'Ucraina, quando molti dubitavano, Stalin previde in maniera geniale l'andamento della guerra, enunciò le condizioni della resistenza, impartì le direttive che servirono a mobilitare tutte le forze e a schiacciare il nemico.
Di fronte alla confusione ed allo smarrimento dei partiti borghesi e dei loro capi che marciano a tentoni, senza prospettive, incapaci di prevedere un qualsiasi avvenimento, Stalin ha sbalordito il mondo con le sue geniali previsioni, con le grandi vittorie del socialismo nell'Unione Sovietica e negli altri paesi.
Stalin ha conquistato la fiducia, l'affetto di centinaia di milioni di uomini che vedranno sempre in lui l'immortale gigante della costruzione del socialismo, il difensore intrepido della pace, la guida sicura dei lavoratori.
Egli ha arricchito notevolmente il marxismo in estensione ed in profondità perchè seguendo la celebre indicazione data da Lenin non ha mai considerato la « teoria di Marx come una cosa compiuta ed intangibile »: era convinto al contrario che « essa ha solo posto le pietre angolari di quella scienza che i socialisti devono spingere avanti in tutte le direzioni se non vogliono lasciarsi distanziare dalla vita ».
Stalin ha sviluppato il marxismo-leninismo nel periodo dell'imperialismo morente, nel periodo della costruzione del socialismo e del comunismo. Ha risolto dei problemi economici, politici, militari, giuridici di fronte ai quali nessun dirigente della classe operaia si era mai trovato. Ha allargato il campo della dottrina marxista perchè ha dovuto affrontare e saputo risolvere problemi nuovi quali, ad esempio, la teoria dello Stato e della società socialista, la teoria della collettivazione delle terre, la teoria della pianificazione, la teoria della strategia e della tattica politica e militare, la teoria dei rapporti internazionali e della nuova diplomazia, ecc. ecc.
Nei documenti qui pubblicati, come in tutti gli scritti di Stalin non manca mai la critica e l'autocritica: l'arma fondamentale per lo sviluppo del partito ed il rafforzamento del movimento democratico.
« Il nostro governo ha commesso non pochi errori - afferma nel brindisi al popolo russo, - 24 maggio 1949 - vi sono stati momenti nel 1941-42 in cui la situazione era disperata, in cui il nostro esercito ritirandosi abbandonava villaggi e città... ».
E nel suo discorso agli elettori di Mosca del 9 febbraio 1946 egli invita i cittadini sovietici a giudicare in quale misura il partito ha lavorato e lavora bene, egli batte in breccia l'errata tesi di coloro che sostengono che i vincitori non bisogna giudicarli, « I vincitori, egli afferma, si possono e si devono giudicare, si possono e si devono criticare e controllare. »
Questo volume si chiude con il discorso entusiasmante tenuto da Stalin al XIX congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica.
Alla luce della teoria rivoluzionaria, nello spirito dell'internazionalismo, Stalin in questo discorso ha indicato a tutti i comunisti l'unità grandiosa degli obiettivi nazionali ed internazionali dei partiti comunisti ed operai di tutti i paesi, ha dimostrato che l'appoggio dato dai partiti comunisti
degli altri paesi alle aspirazioni pacifiche del Partito comunista dell'Unione Sovietica è nello stesso tempo un appoggio dato ai loro rispettivi popoli nella lotta per il mantenimento della pace.
Stalin ha chiarito per tutti i partiti comunisti, la via da seguire per conquistare la vittoria, per diventare la forza dirigente delle loro nazioni. Rivolgendo ai partiti comunisti un saluto che era nello stesso tempo un appello e monito il compagno Stalin ha detto:
« La bandiera delle libertà democratico-borghesi, la borghesia l'ha buttata a mare; io penso che tocca a voi, rappresentanti dei partiti comunisti e democratici, di risollevarla e portarla avanti, se volete riunire attorno a voi la maggioranza del popolo. Non vi è nessun altro che la possa levare in alto... ».
Questa preziosissima indicazione lasciataci da Stalin, quasi a testamento, alcuni mesi prima della sua morte è diventata per noi un impegno solenne. In ogni momento Stalin ha saputo indicare l'anello principale della catena al quale aggrapparci ed il modo per trascinare tutta la catena.
Sappiamo che la nostra lotta non è facile, sarà ancora lunga e dura perchè il grande capitale è deciso a tradire la patria ed a commettere tutti i delitti pur di salvare i suoi privilegi; ma sappiamo pure che la strada indicataci da Stalin è quella giusta e che per questa strada sapremo conquistare la vittoria.
I comunisti italiani alla testa della classe operaia e del popolo sapranno mantenere l'impegno assunto nel giorno dei funerali di Stalin, lotteranno con tutte le loro energie, unitamente a tutte le forze democratiche per la difesa delle libertà, per spezzare l'offensiva reazionaria, per dare all'Italia un governo di pace, un governo che assicuri al paese l'indipendenza ed un migliore avvenire.
Stalin è morto ma la sua opera vive immortale. Il suo insegnamento guiderà sempre, quale bandiera invincibile, i comunisti di tutto il mondo. Ovunque vive un partito comunista, Stalin vive.


PIETRO SECCHIA
5 aprile 1953.



I - MESSAGGIO AL POPOLO SOVIETICO
9 maggio 1945


Compagni! Compatrioti e compatriote!
Il grande giorno della vittoria sulla Germania è giunto. La Germania fascista messa in ginocchio dall'Esercito rosso e dalle truppe dei nostri alleati si è dichiarata vinta ed ha annunciato la capitolazione incondizionata.
Il 7 maggio, nella città di Reims, è stato firmato il protocollo preliminare della capitolazione. L'8 maggio, i rappresentanti del Comando supremo tedesco, alla presenza dei rappresentanti del Comando supremo delle forze alleate e del Comando supremo delle forze sovietiche hanno firmato a Berlino l'atto definitivo della capitolazione entrato in vigore alle ore 24 dell'8 maggio.
Conosciamo la natura da lupi dei governanti tedeschi, i quali considerano carta straccia trattati ed accordi, e non abbiamo motivo di credere loro sulla parola. Ma da questa mattina le truppe tedesche, in esecuzione dell'atto di capitolazione, hanno incominciato a deporre in massa le armi e ad arrendersi alle nostre truppe. Questa non è più carta straccia. È la capitolazione effettiva delle forze armate della Germania. È vero, un gruppo dell'esercito tedesco nella zona cecoslovacca sfugge ancora alla capitolazione. Ma spero che l'Esercito rosso riuscirà a ridurlo alla ragione.
Possiamo ora dichiarare con pieno diritto che lo storico giorno della disfatta definitiva della Germania è giunto, che è giunto il giorno della grande vittoria del nostro popolo sull'imperialismo tedesco.
I grandi sacrifici da noi sopportati in nome della libertà e dell'indipendenza della nostra patria, le innumerevoli privazioni e sofferenze subite dal nostro popolo nel corso della guerra, l'intenso lavoro nelle retrovie e al fronte, offerto sull'altare della patria, non sono stati vani e sono stati coronati dalla piena vittoria sul nemico. La lotta secolare dei popoli slavi per la loro esistenza e la loro indipendenza è terminata con la vittoria sugli invasori tedeschi e sulla tirannide tedesca.
D'ora innanzi sventolerà sull'Europa il grande vessillo della libertà dei popoli e della pace fra i popoli.
Tre anni or sono Hitler dichiarò pubblicamente che uno dei suoi compiti era di smembrare la Unione Sovietica e di strapparle il Caucaso, 1'Ucraina, la Bielorussia, i Paesi Baltici e altre regioni. Egli dichiarò apertamente : «Noi annienteremo la Russia, perchè non possa mai più sollevarsi ». Ciò fu detto tre anni or sono. Ma le folli idee di Hitler non dovevano realizzarsi, il corso della guerra le ha ridotte in polvere. In realtà è avvenuto qualcosa di diametralmente opposto ai sogni deliranti degli hitleriani. La Germania è debellata. Le truppe tedesche capitolano. L'Unione Sovietica celebra la vittoria, pur non proponendosi nè di smembrare, nè di annientare la Germania.
Compagni! La grande guerra in difesa della patria è terminata con la nostra piena vittoria. Il periodo della guerra in Europa è finito. Comincia il periodo dello sviluppo pacifico.
Mi felicito con voi per la vittoria, miei cari compatrioti e compatriote!
Gloria al nostro eroico Esercito rosso, che ha difeso l'indipendenza della nostra patria e ha riportato la vittoria sul nemico!
Gloria al nostro grande popolo, gloria al popolo vincitore!
Gloria eterna agli eroi caduti combattendo contro il nemico, immolando la loro vita per la libertà e la felicità del nostro popolo!


II - BRINDISI AL POPOLO RUSSO
Brindisi pronunciato il 24 maggio 1945 al ricevimento in onore dei comandanti dell'Esercito rosso.


Compagni, permettetemi di fare ancora un brindisi, l'ultimo.
Vorrei fare un brindisi alla salute del nostro popolo sovietico e, in primo luogo, del popolo russo.
Bevo, innanzi tutto, alla salute del popolo russo, perchè è la nazione più eminente fra tutte le nazioni che fanno parte dell'Unione Sovietica.
Faccio un brindisi alla salute del popolo russo, perchè esso in questa guerra ha meritato il riconoscimento unanime quale forza dirigente dell'Unione Sovietica fra tutti i popoli del nostro paese.
Faccio un brindisi alla salute del popolo russo, non solo perchè è il popolo dirigente, ma anche perchè possiede una intelligenza chiara, un carattere fermo e paziente.
Il nostro governo ha commesso non pochi errori, vi sono stat i momenti, nel 1941-42, in cui la situazione era disperata, in cui il nostro esercito, ritirandosi, abbandonava villaggi e città a noi cari dell'Ucraina, della Bielorussia, della Moldavia, della regione di Leningrado, dei Paesi Baltici, della Repubblica carelo-finnica: li abbandonava perchè non v'era altra alternativa. Un altro popolo avrebbe potuto dire al governo: avete deluso le nostre speranze, andatevene, nomineremo un altro governo che concluda la pace con la Germania e ci assicuri la tranquillità. Ma il popolo russo non seguì questa via, perchè aveva fiducia nella giusta politica del suo governo e accettò ogni sacrificio pur di assicurare la sconfitta della Germania. E questa fiducia del popolo russo nel governo sovietico è stata la forza decisiva che ha assicurato la storica vittoria sul nemico dell'umanità, sul fascismo.
Grazie, popolo russo, per questa tua fiducia!
Alla salute del popolo russo!


III - BRINDISI AGLI UOMINI SEMPLICI
25 giugno 1945


Non pensate che dirò cose straordinarie. Il brindisi che desidero fare è semplice e comune. Vorrei bere alla salute degli uomini che non hanno grandi incarichi, che sono di grado modesto; degli uomini che sono considerati come le « viti » della grande macchina dello Stato, ma senza i quali tutti noi, marescialli, comandanti di gruppi d'armate, comandanti di armate, non varremmo, oserei dire, un chiodo. Basta infatti che se ne vada una vite e tutto è finito. Bevo alla salute degli uomini semplici, comuni e modesti, alle viti della nostra immensa macchina statale, in tutti i campi della scienza, della economia, della guerra. Essi sono numerosi, il loro nome è legione, sono decine di milioni. Sono uomini modesti, di cui nessuno scrive, non hanno grandi incarichi o gradi elevati, ma sono essi che ci sostengono come le fondamenta sostengono l'edificio.
Bevo alla salute di questi uomini, di questi nostri compagni dei quali abbiamo la più grande stima.


IV - AGLI ELETTORI DELLA CIRCOSCRIZIONE « STALIN » DI MOSCA
9 febbraio 1946


Compagni!
Sono passati otto anni dalle ultime elezioni del Soviet supremo. È stato questo un periodo ricco di avvenimenti decisivi. I primi quattro anni sono trascorsi in un intenso lavoro del popolo sovietico per la realizzazione del terzo piano quinquennale. I rimanenti quattro anni sono contrassegnati dagli eventi della guerra contro gli aggressori tedeschi e giapponesi, dagli eventi della seconda guerra mondiale. Non vi è dubbio che la guerra è l'avvenimento principale di questo periodo.
Sarebbe errato credere che la seconda guerra mondiale sia scoppiata per caso, o in seguito agli errori di qualche uomo di Stato, benché, indubbiamente, errori se ne siano commessi. In realtà, la guerra è scoppiata come risultato inevitabile dello sviluppo delle forze economiche e politiche mondiali, sulla base del moderno capitalismo monopolistico.
I marxisti hanno dichiarato più volte che il sistema capitalistico dell'economia mondiale nasconde in sé gli elementi di una crisi generale e di conflitti armati, e che di conseguenza lo sviluppo del capitalismo mondiale, al tempo nostro, non procede come un movimento progressivo pianificato e regolare, ma attraverso crisi e catastrofi militari. Sta di fatto che lo sviluppo ineguale dei paesi capitalistici porta di solito, con l'andar del tempo, a una brusca rottura dell'equilibrio interno nel sistema mondiale del capitalismo, in quantoché il gruppo di paesi capitalistici che si considera meno fornito di materie prime e di mercati di sbocco tenta abitualmente di cambiare la situazione e di procedere a una nuova ripartizione delle "sfere d'influenza" a proprio vantaggio, con l'impiego delle forze armate. Il risultato è una scissione del mondo capitalistico in due campi avversi e la guerra tra di loro.
La catastrofe della guerra potrebbe forse essere evitata se vi fosse la possibilità di nuove periodiche ripartizioni delle materie prime e dei mercati di sbocco tra i vari paesi, a seconda della loro importanza economica, con l'accettazione di soluzioni concordate e pacifiche. Ma nelle attuali condizioni capitalistiche di sviluppo dell'economia mondiale ciò non è possibile.
Così, in seguito alla prima crisi del sistema capitalistico dell'economia mondiale, scoppiò la prima guerra mondiale; in seguito alla seconda crisi, è scoppiata la seconda guerra mondiale. Evidentemente ciò non significa che la seconda guerra mondiale sia una copia della prima. Al contrario, la seconda guerra mondiale si differenzia sostanzialmente dalla prima per il suo carattere.
Bisogna tener presente che i principali Stati fascisti - la Germania, il Giappone e l'Italia - prima di aggredire i paesi alleati distrussero all'interno gli ultimi residui delle libertà democratiche borghesi, instaurando un crudele regime di terrore, calpestarono il principio della sovranità e del libero sviluppo dei piccoli paesi, proclamarono che la politica di conquista delle terre altrui era la loro politica e dichiararono su tutti i toni che miravano al dominio mondiale e alla diffusione del regime fascista in tutto il mondo. Con la conquista della Cecoslovacchia e delle regioni centrali della Cina, gli Stati dell'"Asse" mostrarono di essere pronti a tradurre in atto la loro minaccia attraverso l'asservimento di tutti i popoli amanti della libertà. Perciò la seconda guerra mondiale contro gli Stati dell'"Asse", a differenza della prima guerra mondiale, prese sin dall'inizio un carattere di guerra antifascista e di liberazione, uno dei compiti della quale era anche il ristabilimento delle libertà democratiche.
L'entrata in guerra dell'Unione Sovietica contro gli Stati dell'"Asse" non poteva che rafforzare - e rafforzò effettivamente - il carattere antifascista e di liberazione della seconda guerra mondiale. Su questo terreno sorse la coalizione antifascista dell'Unione Sovietica, degli Stati Uniti d'America, della Gran Bretagna e degli altri Stati amanti della libertà, coalizione che ebbe poi una parte decisiva nella sconfitta delle forze armate degli Stati dell'"Asse".
Così stanno le cose per quel che riguarda l'origine e il carattere della seconda guerra mondiale.
Oggi, forse, tutti riconoscono che la guerra effettivamente non era e non poteva essere un fatto fortuito nella vita dei popoli, che essa si trasformò concretamente in una guerra di popoli per la loro esistenza, che proprio per questo essa non poteva essere rapida, fulminea.
Per quel che concerne il nostro paese, questa guerra è stata la più crudele di tutte le guerre combattute nel corso della storia della nostra patria. Ma la guerra non è stata soltanto una maledizione. Essa è stata anche una grande scuola, un esame e una verifica di tutte le forze del popolo. La guerra ha messo a nudo tutto quello che avveniva nelle retrovie e sul fronte, ha strappato senza pietà tutti i veli e le maschere che nascondevano il vero volto degli Stati, dei governi, dei partiti, portandoli alla ribalta della storia senza maschera, senza belletto, con tutti i loro difetti e le loro qualità.
La guerra ha sottoposto a una specie di esame il nostro regime sovietico, il nostro Stato, il nostro governo, il nostro partito comunista e ha tirato le somme del loro lavoro, come se ci avesse detto: Eccoli, i vostri uomini e le vostre organizzazioni, le loro opere e i loro giorni, esaminateli con attenzione e date loro a seconda delle loro opere. Questo è uno dei lati positivi della guerra. Per noi, per gli elettori, questo fatto ha una grande importanza, perché ci aiuta a valutare rapidamente e obiettivamente l'attività del partito e dei suoi uomini e a trarne le giuste conclusioni. In altri tempi sarebbe stato necessario studiare i discorsi e i rapporti dei rappresentanti del partito, analizzarli, confrontare le loro parole con i loro atti, trarne le conclusioni, ecc. Ciò richiede un lavoro complicato e difficile e, per di più, senza garanzie di non commettere errori. La cosa è diversa ora che la guerra è finita, ora che la guerra stessa ha vagliato il lavoro delle nostre organizzazioni e dei dirigenti e ne ha tratto le conclusioni. è ora molto più facile, per noi, dare un giudizio e giungere a giuste conclusioni.
Ebbene, quali sono i risultati?
C'è un risultato fondamentale, dal quale sono scaturiti tutti gli altri. Questo risultato consiste nel fatto che, alla fine della guerra, i nemici sono stati sconfitti, mentre noi, assieme ai nostri Alleati, siamo usciti vincitori. Abbiamo terminato la guerra con una vittoria completa sui nemici: questo è il risultato principale della guerra. Ma questa è una conclusione troppo generica e non possiamo fermarci qui. Sconfiggere i nemici in una guerra come la seconda guerra mondiale, che non ha uguali nella storia dell'umanità, significa certamente riportare una vittoria storica, d'importanza universale. Tutto questo è giusto; ma è generico e non possiamo accontentarcene. Per comprendere il grande significato storico della nostra vittoria, è indispensabile esaminare la questione in modo concreto.
Come bisogna dunque intendere la nostra vittoria sui nemici, che cosa può significare questa vittoria dal punto di vista della situazione e dello sviluppo delle forze interne del nostro paese?
La nostra vittoria significa, in primo luogo, che ha vinto il nostro regime sociale sovietico, che il regime sociale sovietico ha superato con successo la prova del fuoco, nella guerra, e ha dimostrato la sua piena vitalità. Nella stampa straniera, com'è noto, si era affermato più di una volta che il regime sociale sovietico è un'"esperienza arrischiata", destinata al fallimento, che il regime sovietico è un "castello di carte" senza basi nella vita e imposto al popolo dagli organi della Ceka, che sarebbe bastata una piccola spinta esterna perché questo "castello di carte" crollasse. Oggi possiamo dire che la guerra ha smentito tutte queste affermazioni della stampa straniera e le ha dimostrate infondate.
La guerra ha dimostrato che il regime sociale sovietico è un vero regime di popolo, che si è sviluppato nel seno del popolo e gode del suo appoggio potente; che il regime sociale sovietico è una forma di organizzazione della società pienamente vitale e stabile. Ormai, anzi, non è più questione della vitalità o meno del regime sociale sovietico, perché dopo gli evidenti insegnamenti della guerra non c'è scettico che abbia ancora il coraggio di esprimere dubbi sulla sua vitalità. Si tratta ora del fatto che il regime sociale sovietico si è dimostrato più vitale e più stabile dei regimi sociali non sovietici, che il regime sociale sovietico è una forma di organizzazione della società migliore di qualsiasi regime sociale non sovietico.
La nostra vittoria significa, in secondo luogo, che ha vinto la nostra struttura statale sovietica, che il nostro Stato sovietico plurinazionale ha saputo affrontare tutte le prove della guerra e ha dimostrato la propria vitalità. Eminenti giornalisti stranieri, com'è noto, avevano ripetutamente manifestato l'opinione che lo Stato plurinazionale sovietico fosse una "costruzione artificiale e non vitale", che in caso, di complicazioni qualsiasi il crollo dell'Unione Sovietica sarebbe stato inevitabile, che all'Unione Sovietica sarebbe toccata la sorte dell'Impero Austro-Ungarico. Ora possiamo dire che la guerra ha smentito queste affermazioni della stampa straniera, dimostrandole prive di ogni fondamento.
La guerra ha dimostrato che la struttura statale plurinazionale sovietica ha superato la prova con successo, si è rafforzata ancora di più durante la guerra e si è dimostrata pienamente vitale. Quei signori non avevano capito che il paragone coll'Impero Austro-Ungarico era infondato, perché il nostro Stato plurinazionale non è sorto su una base borghese, che alimenta sentimenti di sfiducia e di inimicizia nazionale, ma su una base sovietica, che promuove invece sentimenti di amicizia e di collaborazione fraterna tra i popoli del nostro Stato.
Del resto, dopo gli insegnamenti della guerra, questi signori non osano più negare la vitalità della struttura statale sovietica. Non è più questione della vitalità della struttura statale sovietica, perché questa vitalità non ammette dubbi. Si tratta ora del fatto che la struttura statale sovietica si è dimostrata un modello di Stato plurinazionale, che la struttura statale sovietica rappresenta un sistema di organizzazione statale in cui il problema nazionale e il problema della collaborazione tra le nazioni sono risolti meglio che in qualsiasi altro Stato plurinazionale.
La nostra vittoria significa, in terzo luogo, che hanno vinto le forze armate sovietiche, che ha vinto il nostro Esercito rosso, che l'Esercito rosso ha superato eroicamente tutti i disagi della guerra, ha sbaragliato gli eserciti dei nostri nemici ed è uscito vittorioso dalla guerra.
Tutti ormai, tanto gli amici quanto i nemici, riconoscono che l'Esercito rosso si è mostrato all'altezza dei suoi grandi compiti. Ma non era così sei anni addietro, prima della guerra.
Eminenti giornalisti stranieri e molte autorevoli personalità militari straniere, com'è noto, avevano ripetutamente affermato che l'efficienza dell'Esercito rosso sollevava forti dubbi, che l'Esercito rosso era male armato e non possedeva buoni quadri di comando, che il suo morale era al di sotto di qualsiasi critica, che forse poteva essere adatto alla difesa ma non all'offensiva, che in caso di attacco da parte delle truppe tedesche l'Esercito rosso doveva crollare come un "colosso dai piedi d'argilla". Si facevano simili affermazioni non solo in Germania, ma anche in Francia, Inghilterra, in America. Ora possiamo dire che la guerra ha smentito tutte queste affermazioni, dimostrandole infondate e ridicole.
La guerra ha dimostrato che l'Esercito rosso non è un "colosso dai piedi d'argilla", ma un esercito moderno di prim'ordine, che possiede un armamento modernissimo, quadri di comando espertissimi e alte qualità morali e combattive. Non bisogna dimenticare che l'Esercito rosso è quello stesso che ha sbaragliato le forze armate tedesche, che ieri ancora gettavano lo spavento negli eserciti degli Stati europei. Bisogna rilevare che i "critici" dell'Esercito rosso diventano sempre meno numerosi. Dirò di più, nella stampa straniera appaiono sempre più spesso articoli che rilevano le alte qualità dell'Esercito rosso, le capacità dei suoi ufficiali e soldati, la perfezione della sua strategia e della sua tattica. E si capisce. Dopo le brillanti vittorie dell'Esercito rosso davanti a Mosca e a Stalingrado, a Kursk e a Bielgorod, a Kiev e a Kirovograd, a Minsk e a Bobruisk, davanti a Leningrado e a Tallin, a Yassi e a Leopoli, sulla Vistola e sul Niemen, sul Danubio e sull'Oder, a Vienna e a Berlino, dopo tutto questo non si può non riconoscere che l'Esercito rosso è un esercito di prim'ordine dal quale si può molto imparare.
In questo modo noi comprendiamo concretamente la vittoria del nostro paese sui suoi nemici. Questi sono, fondamentalmente, i risultati della guerra.
Non sarebbe giusto pensare che una tale storica vittoria fosse possibile senza la preparazione preventiva di tutto il Paese alla difesa attiva. Non meno errato sarebbe credere che una tale preparazione fosse possibile in un breve periodo di tempo, in tre o quattro anni. Sarebbe ancora più errato affermare che abbiamo ottenuto la vittoria solo grazie al coraggio delle nostre truppe. Senza coraggio evidentemente sarebbe stato impossibile ottenere la vittoria. Ma il solo coraggio non è sufficiente per abbattere un nemico che ha un esercito numeroso, un armamento di prim'ordine, quadri di ufficiali ben preparati e rifornimenti bene organizzati.
Per far fronte all'attacco di un tale nemico, per respingerlo e poi infliggerli una completa sconfitta, era necessario, oltre al coraggio incomparabile delle nostre truppe, disporre di un armamento modernissimo, in quantità sufficiente, e di rifornimenti bene organizzati, anch'essi in quantità sufficiente. Ma per questo era necessario avere - e in quantità sufficiente - alcune cose elementari, come il metallo per produrre le armi, le munizioni e l'attrezzatura delle officine, il combustibile per assicurare il lavoro delle industrie e dei trasporti, il cotone per la confezione del vestiario, il grano per il vettovagliamento dell'esercito.
Si può affermare che prima di entrare nella seconda guerra mondiale il nostro paese disponesse già delle possibilità materiali minime indispensabili per soddisfare fondamentalmente a queste necessità?
Credo che lo si possa affermare. Per ottenere questo grandioso risultato è stato necessario realizzare tre piani quinquennali di sviluppo della economia nazionale. Sono appunto i tre piani quinquennali che ci hanno permesso di creare queste possibilità materiali. In ogni caso, a questo riguardo, la situazione del nostro paese, prima della seconda guerra mondiale, nel 1940, era di parecchie volte migliore che non prima della precedente guerra mondiale, nel 1913.
Di quali possibilità materiali disponeva il nostro paese prima della seconda guerra mondiale?
Per aiutarci nell'esame della questione, dovrò qui fare un breve resoconto dell'attività del partito comunista per la preparazione del nostro paese alla difesa attiva. Se prendiamo i dati per il 1940 - alla vigilia della seconda guerra mondiale - e li confrontiamo con quelli del 1913 - alla vigilia della prima guerra mondiale - otterremo il quadro seguente: Durante il 1913 nel nostro paese si produssero 4.220.000 tonn. di ghisa, 4.230.000 tonn. di acciaio, 29 milioni di tonn. di carbone, 9 milioni di tonn. di nafta, 21.600.000 tonn. di grano mercantile, 740.000 tonn. di cotone grezzo. Queste erano le possibilità materiali del nostro paese quando esso entrò nella prima guerra mondiale. Questa era la base economica della vecchia Russia, che poteva essere utilizzata per la condotta della guerra.
Quanto al 1940, nel corso di quell'anno si produssero nel nostro paese 15 milioni di tonn. di ghisa, cioè quasi 4 volte di più che nel 1913; 18.300.000 tonnellate di acciaio, cioè 4 volte e mezzo di più che nel 1913; 166 milioni di tonn. di carbone, cioè 5 volte e mezzo di più che nel 1913; 31 milioni di tonn. di nafta, cioè 3 volte e mezzo di più che nel 1913; 38.300.000 tonn. di grano mercantile, cioè 17 milioni di tonn. di più che nel 1913; 2.700.000 tonn. di cotone grezzo, cioè 3 volte e mezzo di più che nel 1913. Queste erano le possibilità materiali del nostro paese, quando esso entrò nella seconda guerra mondiale. Questa era la base economica dell'Unione Sovietica, che poteva essere utilizzata per la condotta della guerra. La differenza, come vedete, è colossale.
Un simile straordinario aumento della produzione non può essere considerato come il semplice e abituale sviluppo di un paese dall'arretratezza al progresso. è stato invece un balzo, grazie al quale la nostra Patria, da paese arretrato, si è trasformata in paese d'avanguardia, da paese agrario in paese industriale. Questa trasformazione storica si è compiuta nel corso dei tre piani quinquennali, a cominciare dal 1928, primo anno del primo piano quinquennale. Fino ad allora noi avevamo dovuto preoccuparci di ricostruire l'industria distrutta e di curare le ferite riportate nella prima guerra mondiale e nella guerra civile.
Se consideriamo poi che il primo piano quinquennale fu eseguito in quattro anni e che la realizzazione del terzo piano quinquennale fu interrotta dalla guerra, al quarto anno della sua esecuzione, risulta che per trasformare il nostro paese da paese agrario in paese industriale sono stati necessari in tutto circa tredici anni. Non si può non riconoscere che tredici anni sono un periodo incredibilmente breve, per ottenere un risultato così grandioso.
Questo spiega per l'appunto come mai la pubblicazione di queste cifre abbia sollevato a suo tempo nella stampa estera una tempesta di opinioni divergenti. Gli amici conclusero che era avvenuto un "miracolo". Gli avversari affermarono invece che i piani quinquennali erano della "propaganda bolscevica" e dei "trucchi della Ceka". Ma poiché al mondo non avvengono miracoli e la Ceka non è così forte da poter abolire le leggi dello sviluppo sociale, "l'opinione pubblica" straniera ha dovuto adattarsi ai fatti.
Grazie a quale politica il partito comunista è riuscito ad assicurare al paese queste possibilità materiali, in un periodo così breve?
In primo luogo, grazie alla politica sovietica di industrializzazione del paese. Il metodo sovietico di industrializzazione del paese si distingue radicalmente dal metodo capitalistico di industrializzazione. Nei paesi capitalistici l'industrializzazione comincia di solito con l'industria leggera. Poiché nell'industria leggera si richiedono minori investimenti e il capitale circola più rapidamente, sì che la realizzazione degli utili è più facile che non nell'industria pesante, l'industria leggera è là il primo obiettivo d'industrializzazione. Solo dopo un lungo periodo, durante il quale l'industria leggera accumula utili e li concentra nelle banche, solo dopo questo viene il turno dell'industria pesante e comincia il trasferimento progressivo nell'industria pesante del capitale accumulato per creare le condizioni del suo sviluppo. Ma questo, è un lungo processo, che esige parecchie decine di anni, durante i quali si è costretti ad aspettare lo sviluppo dell'industria leggera e a vegetare senza industria pesante.
Si capisce che il partito comunista non poteva mettersi su questa via. Il partito sapeva che la guerra si avvicinava, che difendere il paese senza industria pesante era impossibile, che bisognava quindi procedere al più presto allo sviluppo dell'industria pesante, che ritardare in questo campo significava perdere. Il partito ricordava le parole di Lenin, che senza industria pesante è impossibile assicurare l'indipendenza del paese, che senza di essa il regime sovietico può perire. Perciò il partito comunista del nostro paese rifiutò la via "solita" dell'industrializzazione e iniziò l'industrializzazione del paese con lo sviluppo dell'industria pesante. Era molto difficile, ma non impossibile. Di grande aiuto fu la nazionalizzazione dell'industria e delle banche, che diede la possibilità di raccogliere e trasferire rapidamente i mezzi nell'industria pesante. Non vi è dubbio che senza questo sarebbe stato impossibile, in un termine così breve, ottenere la trasformazione del nostro paese in paese industriale.
In secondo luogo, grazie alla politica di collettivizzazione dell'agricoltura. Per finirla con la nostra arretratezza nel campo dell'agricoltura e dare al paese una maggiore quantità di grano mercantile, di cotone, ecc., era indispensabile passare dalla piccola azienda contadina alla grande azienda, perché solo la grande azienda ha la possibilità di utilizzare la nuova tecnica, le innovazioni agronomiche e di dare una maggiore produzione mercantile. Ma la grande azienda può essere di due specie, capitalistica e collettiva.
Il partito comunista non poteva mettersi sulla via capitalistica di sviluppo dell'agricoltura, non solo in forza di considerazioni di principio, ma anche perché essa è una via di sviluppo troppo lenta e comporta la rovina preliminare dei contadini e la loro trasformazione in braccianti. Perciò il partito comunista scelse la via della collettivizzazione della agricoltura, della creazione di grandi aziende agricole per mezzo dell'unificazione dei poderi contadini nei colcos.
Il metodo della collettivizzazione si è dimostrato progressivo al massimo grado, non solo perché non comportava la rovina dei contadini, ma soprattutto perché offriva la possibilità di coprire, in pochi anni, tutto il paese di grandi aziende collettive, che avevano la possibilità di utilizzare la nuova tecnica, di sfruttare tutte le innovazioni agronomiche e di dare al paese una maggiore produzione mercantile. Non vi è dubbio che senza la politica di collettivizzazione non avremmo potuto metter fine, in così breve tempo, alla secolare arretratezza della nostra agricoltura.
Non si può dire che la politica del partito non abbia incontrato opposizioni. Non solo persone arretrate, che rifuggono sempre da qualsiasi novità, ma anche molti membri in vista del partito tiravano sistematicamente indietro il partito e tentavano con tutti i mezzi di trascinarlo sulla "solita" via capitalistica di sviluppo. Tutte le macchinazioni dei trotzkisti e dei destri contro il partito tutto il loro "lavoro" per sabotare i provvedimenti del nostro governo, avevano uno scopo solo: far fallire la politica del partito e frenare l'opera di industrializzazione e di collettivizzazione. Ma il partito non si lasciò influenzare né dalle minacce di certuni, né dagli strilli degli altri, e tirò decisamente innanzi malgrado tutto. Il merito del partito sta nel non essersi adattato ai ritardatari, nel non aver temuto di andare contro corrente e di conservare sempre la sua posizione di forza d'avanguardia. Non ci può esser dubbio che senza una tale fermezza il partito comunista non avrebbe potuto difendere la politica di industrializzazione del paese e di collettivizzazione dell'agricoltura.
Ha saputo il partito comunista utilizzare giustamente le possibilità materiali create in questa maniera per sviluppare la produzione bellica e rifornire l'Esercito rosso dell'armamento indispensabile?
Io credo che esso lo abbia saputo fare, e col maggior successo. Se non consideriamo il primo anno della guerra, quando l'evacuazione dell'industria ad Oriente frenò lo sviluppo della produzione bellica, nel corso degli altri tre anni di guerra il partito ha saputo ottenere successi tali, che gli è stato possibile non solo di rifornire il fronte di artiglieria, mitragliatrici, fucili, aeroplani, carri armati e munizioni in quantità sufficiente, ma anche di accumulare delle riserve. è noto, inoltre, che il nostro armamento non solo non era inferiore, come qualità, a quello tedesco, ma, in genere, era persino superiore.
è noto che la nostra industria di carri armati, durante tutti i tre anni di guerra, produceva annualmente in media più di 30.000 carri armati, cannoni semoventi e autoblinde. è noto, inoltre, che la nostra industria d'aviazione, nello stesso periodo, produceva annualmente 40.000 apparecchi. è noto pure che le nostre industrie di armamenti, nello stesso periodo, producevano, annualmente, 120.000 cannoni di tutti i calibri, 450.000 mitragliatrici leggere e pesanti, più di 3 milioni di fucili e circa 2 milioni di fucili mitragliatori. è noto, infine, che la nostra industria di mortai nel periodo 1942-44 produceva annualmetne in media 100.000 mortai. è ovvio che contemporaneamente veniva prodotta una quantità corrispondente di munizioni di artiglieria, di mine di diverso tipo, di bombe di aviazione, di cartucce per fucili e per mitragliatrici. è noto, per esempio, che nel solo 1944 furono prodotti più di 240 milioni di granate, di bombe e di mine, nonché 7 miliardi e 400 milioni di cartucce.
Questo è, nelle linee generali, il quadro di riferimenti di armi e munizioni per l'Esercito rosso. Come vedete, esso non somiglia al quadro dei rifornimenti del nostro esercito nel periodo della prima guerra mondiale, quando il fronte soffriva di una mancanza cronica di artiglieria e di munizioni, quando l'esercito combatteva senza carri armati e senza aviazione, quando per ogni tre soldati si distribuiva un fucile. Per ciò che riguarda i rifornimenti dell'Esercito rosso in viveri ed equipaggiamento, è noto a tutti che il fronte non solo non soffriva a questo riguardo di qualsiasi penuria, ma disponeva anche delle riserve necessarie.
Così stanno le cose per quel che riguarda il lavoro del partito comunista del nostro paese, nel periodo prebellico e durante la guerra.
Ed ora qualche parola sui piani di lavoro del partito comunista per il prossimo futuro. Questi piani, com'è noto, sono esposti nel nuovo piano quinquennale che deve essere approvato al più presto.
I compiti fondamentali del nuovo piano quinquennale consistono nel ricostruire le regioni devastate del paese, nel ristabilire il livello d'anteguerra dell'industria e dell'agricoltura e, in seguito, di superare questo livello in proporzioni più o meno grandi. Oltre al fatto che al più presto sarà abolito il sistema del tesseramento annonario, un'attenzione particolare sarà dedicata all'aumento della produzione dei generi di largo consumo, all'elevazione del livello di vita dei lavoratori per mezzo di una diminuzione continua dei prezzi di tutte le merci e ad una vasta costruzione di istituti di ricerca scientifica di ogni genere, che possano dare alla scienza la possibilità di sviluppare le sue forze. Io non dubito che se noi daremo il debito aiuto ai nostri scienziati, essi sapranno non solo raggiungere, ma anche superare nel prossimo futuro i successi conseguiti dalla scienza oltre i confini del nostro paese.
Per quanto concerne i piani per un periodo più lungo, il partito intende organizzare un nuovo potente sviluppo della economia nazionale, in modo da portare la nostra industria per esempio, a un livello tre volte superiore rispetto al periodo prebellico.
Dobbiamo ottenere che la nostra industria produca annualmente 50 milioni di tonnellate di ghisa, 60 milioni di tonn. di acciaio, 500 milioni di tonn. di carbone, 60 milioni di tonn. di nafta. Solo a questa condizione si potrà considerare la nostra patria garantita contro qualsiasi eventualità. Per questo ci vorranno probabilmente tre nuovi piani quinquennali, se non di più. Ma questo può essere fatto e noi dobbiamo farlo.
Questo è il mio breve resoconto sull'attività del partito comunista nel recente passato e sui piani del suo lavoro per il futuro.
Spetta a voi giudicare a che punto il partito ha lavorato e lavora in modo giusto e se non poteva lavorare meglio.
Si dice che non si giudicano i vincitori, che essi non debbono essere criticati, non debbono essere controllati. Questo non è giusto. I vincitori devono e possono essere giudicati, possono e devono essere criticati e controllati. Questo è utile non solo per la causa, ma per gli stessi vincitori: vi sarà meno presunzione e tanta maggiore modestia.
Considero la campagna elettorale come il giudizio degli elettori sul partito comunista, in quanto partito di governo. I risultati delle elezioni saranno il verdetto degli elettori. Il partito comunista del nostro paese varrebbe poco, se avesse paura della critica, del controllo. Il partito comunista è pronto ad accettare il verdetto degli elettori.
Nella lotta elettorale il partito comunista non interviene solo. Esso va alle elezioni in blocco con i senza partito. Nei tempi passati i comunisti guardavano ai senza partito e al fatto di essere senza partito con una certa sfiducia. Questo si spiega con ciò, che sotto la bandiera dei senza partito non di rado si nascondevano vari gruppi borghesi, ai quali non conveniva presentarsi agli elettori senza maschera. Così era nel passato. Ma ora viviamo in tempi diversi. I senza partito adesso sono separati dalla borghesia da una barriera che si chiama il regime sociale sovietico. Questa stessa barriera unisce invece i senza partito e i comunisti in una unica collettività di uomini sovietici. Vivendo in questa unica collettività, essi hanno lottato insieme per consolidare la potenza del nostro paese, insieme hanno combattuto e versato il loro sangue sui fronti, in nome della libertà e della grandezza della Patria, insieme hanno forgiato la vittoria sui nemici del nostro paese. La sola differenza tra essi consiste nel fatto che gli uni sono membri del partito e gli altri no. Ma questa è una differenza formale. L'importante è che gli uni come gli altri collaborano insieme alla stessa opera. Perciò il blocco dei comunisti e dei senza partito è un fatto naturale e vitale.
In conclusione, permettetemi di esprimere la mia gratitudine per la fiducia che mi avete dimostrato ponendo la mia candidatura a deputato del Soviet supremo. Potete esser certi che cercherò di giustificare la vostra fiducia.


V - IL VENTOTTESIMO ANNIVERSARIO DELL' ESERCITO ROSSO
Ordine del giorno alle forze armate del 23 febbraio 1946.


Compagni soldati e marinai rossi, sottufficiali, ufficiali e generali, noi celebriamo oggi il ventottesimo anniversario dell'Esercito rosso.
L 'Esercito rosso celebra il suo ventottesimo anniversario nel pieno rigoglio delle sue forze, circondato dall'alone della gloria delle vittorie riportate sugli imperialisti tedeschi e giapponesi. Impegnato in una guerra lunga e dura, l'Esercito rosso ne è uscito come un esercito di prim'ordine, dotato di alte qualità morali e combattive, fornito d'un armamento modernissimo e di quadri altamente sperimentati e temprati nei combattimenti. Durante la guerra contro gli invasori fascisti, l'Esercito rosso si è mostrato all'altezza dei suoi grandi compiti, si è mostrato il difensore fedele e incrollabile degli interessi dello Stato sovietico. I nostri soldati, ufficiali e generali, hanno giustificato la fiducia del popolo ed hanno compiuto con onore il loro dovere verso la patria. Gli uomini sovietici si sono convinti con i loro propri occhi che essi potevano fare sicuro affidamento sull'Esercito rosso. Tutti i popoli del nostro paese sono legittimamente fieri del loro esercito e delle sue vittorie e venerano la sacra memoria degli eroi caduti valorosamente nei combattimenti per la patria.
Le grandi vittorie dell 'Esercito rosso si spiegano innanzitutto col fatto che esso è un esercito veramente popolare, che difende gli interessi del suo popolo. Gli uomini sovietici amano il loro esercito e hanno costantemente la preoccupazione di accrescerne la potenza. Questa preoccupazione ha avuto la sua espressione più viva durante i duri anni della grande guerra patria. Tutto il nostro popolo ha lavorato senza tregua nè riposo, giorno e notte, per il fronte e per la vittoria. Senza il lavoro pieno di abnegazione degli operai, dei contadini, degli intellettuali, senza il loro sostegno materiale e morale l'Esercito rosso non avrebbe potuto vincere il nemico.
Le vittorie dell'Esercito rosso si spiegano poi con l'attenzione ad esso accordata dal partito comunista e con l'opera di educazione da questi svolta nelle sue file. Seguendo gli insegnamenti del grande Lenin, il popolo sovietico, sotto la direzione del partito comunista, ha trasformato la nostra patria da paese arretrato in paese d'avanguardia, da paese agricolo in paese industriale. Al tempo stesso furono create tutte le possibilità materiali necessarie a una lotta vittoriosa dell'Esercito rosso contro i suoi nemici. Durante la grande guerra patria, il partito comunista ha riunito il nostro paese in un solo campo militare e ha orientato tutti gli sforzi del popolo e dell'esercito verso un unico obiettivo comune: schiacciare il nemico. Il partito comumsta ha chiarito ai soldati sovietici il significato e gli scopi della guerra, ha alimentato in essi l'amore della patria, ha rafforzato il loro spirito combattivo, ha ispirato loro il coraggio e la disciplina. Tutto ciò ha costituito una condizione importante della nostra vittoria.
Dopo aver concluso la guerra con la vittoria sui nemici, l'Unione Sovietica è entrata in un nuovo periodo, in un periodo pacifico del suo sviluppo economico. Un compito si pone attualmente al popolo sovietico: consolidare le posizioni conquistate e proseguire poi in avanti verso una nuova ascesa economica. Noi non possiamo limitarci a consolidare semplicemente queste posizioni, perchè ciò porterebbe a una stagnazione: noi dobbiamo proseguire in avanti, per creare le condizioni di una nuova e potente ascesa dell'economia nazionale. Dobbiamo, nel termine più breve, sanare le ferite inferte dal nemico al nostro paese e ristabilire il livello di sviluppo dell'anteguerra dell'economia nazionale, in modo da superare considerevolmente questo livello in un prossimo avvenire, di accrescere il benessere materiale del popolo e di sviluppare ancor più la potenza economica e militare dello Stato sovietico.
In queste nuove condizioni, l'Esercito rosso deve proteggere vigile il lavoro creativo pacifico del popolo sovietico, garantire saldamente gli interessi statali dell'Unione Sovietica e rendere inaccessibili ai nemici le frontiere della nostra patria.
Durante la guerra, il compito principale dei soldati, degli ufficiali e dei generali dell'Esercito rosso consisteva nel riportare la vittoria, nell'impiegare nel miglior modo possibile le proprie forze e cognizioni, allo scopo di schiacciare completamente il nemico. In tempo di pace, il primo compito di tutti i soldati, ufficiali e generali, senza eccezione, consiste nel perfezionare sempre più le proprie cognizioni militari e politiche. Tutti i soldati e sottufficiali dell'Esercito rosso debbono studiare costantemente l'arte militare, conoscere le loro armi e compiere in modo irreprensibile i loro doveri di servizio. Gli ufficiali debbono, ora più che mai, saper bene istruire ed educare i loro subordinati.
Durante la guerra, gli ufficiali e i generali dell'Esercito rosso si sono resi padroni dell'arte di guidare le truppe sui campi di battaglia. Attualmente tutti gli ufficiali e generali debbono rendersi perfettamente padroni dell'arte di istruire e di educare le truppe in tempo di pace.
La grande guerra patria ha portato molte novità nell'arte militare. L'esperienza di combattimento acquisita sui campi di battaglia costituisce un ricco patrimonio per l'istruzione e l'educazione delle truppe. Infatti tutta l'istruzione dell'esercito deve essere condotta sulla base dell'assimilazione intelligente dell'esperienza di questa guerra. È ugualmente necessario utilizzare questa esperienza in tutti i campi per l'istruzione teorica dei quadri degli ufficiali e per lo sviluppo ulteriore della scienza militare sovietica. Bisogna ricordare che l'arte militare si sviluppa costantemente e rapidamente. L'Esercito rosso è tenuto non soltanto a seguire lo sviluppo dell'arte militare, ma anche a promuoverlo.
L'Esercito rosso è dotato di un materiale di prim'ordine, che costituisce la base della sua potenza di combattimento. Si tratta di conoscere perfettamente questo materiale, di servirsene nel modo migliore e di curarlo come la pupilla dei propri occhi.
Non è possibile conseguire successi nell'istruzione e nell'educazione delle truppe, senza una salda disciplina e un ordine militare rigoroso. Mantenere una salda disciplina e un rigoroso ordine militare è il principale dovere di tutti i componenti dell'esercito. Il punto cardine della disciplina e dell'ordine debbono essere anzitutto i nostri quadri di comando, compresi gli aiutanti e i sergenti, i quali sono i capi più vicini al soldato e gli educatori diretti dell'Esercito rosso. I soldati, gli ufficiali e i generali dell'Esercito rosso hanno dei grandi meriti di fronte al popolo e alla patria. Ciò, tuttavia, non deve portare alla vanità o all'inerzia. Non inorgoglirsi dei propri meriti, ma lavorare coscienziosamente al proprio posto mettendo tutte le proprie forze e le proprie cognizioni al servizio dell'Esercito rosso: ecco ciò che si esige da ogni soldato sovietico.
Compagni soldati e marinai rossi, sottufficiali, ufficiali e generali! A nome del governo sovietico e del nostro partito comunista, io vi saluto e vi faccio i miei auguri in occasione del ventottesimo anniversario dell'Esercito rosso.
Per celebrare la giornata dell'Esercito rosso, ordino: oggi, 23 febbraio, di sparare venti salve d'artiglieria nella capitale della nostra patria, Mosca, nelle capitali delle repubbliche federate e nelle città eroiche di Leningrado, Stalingrado, Sebastopoli e Odessa.
Viva il nostro Esercito rosso vittorioso!
Viva la nostra marina da guerra vittoriosa!
Viva il nostro glorioso partito comunista!
Viva il grande popolo sovietico!
Viva la nostra patria potente!

VI - SUL DISCORSO DI CHURCHILL A FULTON
Intervista concessa ad un corrispondente della Pravda il 13 marzo 1946.



Domanda. - Come giudicate il discorso pronunciato recentemente dal sig. Churchill negli Stati Uniti d'America?

Risposta. - Lo giudico un atto pericoloso, diretto a seminare i germi della discordia tra gli Stati alleati e a rendere difficile la loro collaborazione.

Domanda. - Si può ritenere che il discorso del sig. Churchill arrechi pregiudizio alla causa della pace e della sicurezza mondiale?

Risposta. - Certamente. Di fatto il sig. Churchill si trova ora nella posizione dei provocatori di guerra. E il sig. Churchill non è solo in questo; egli ha degli amici non soltanto in Inghilterra, ma anche negli Stati Uniti d'America.
È da notare che il sig. Churchill e i suoi amici, sotto questo aspetto, ricordano in maniera sorprendente Hitler e i suoi amici. Hitler cominciò a preparare la guerra nel momento in cui proclamò la teoria razzista, dichiarando che solo gli uomini di lingua tedesca costituivano una nazione autentica. Il sig. Churchill inizia anche lui la preparazione alla guerra con la teoria razzista, affermando che solo le nazioni di lingua inglese sono nazioni autentiche, chiamate a decidere le sorti di tutto il mondo. La teoria razzista tedesca portava Hitler e i suoi amici a concludere che i tedeschi, in quanto unica nazione autentica, dovevano dominare le altre nazioni. La teoria razzista inglese porta il sig. Churchill e i suoi amici a concludere che le nazioni di lingua inglese, in quanto uniche nazioni autentiche, devono dominare le altre nazioni del mondo.
Di fatto il sig. Churchill e i suoi amici in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America presentano alle nazioni che non parlano la lingua inglese una specie di ultimatum; riconoscete volontariamente il nostro dominio, e tutto andrà bene; in caso contrario, la guerra sarà inevitabile.
Ma le nazioni in cinque anni di guerra feroce hanno versato il sangue per la libertà e l'indipendenza dei loro paesi e non per sostituire al dominio degli Hitler il dominio dei Churchill. È perciò molto probabile che le nazioni che non parlano inglese e che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione della terra non acconsentiranno a sottostare a una nuova schiavitù.
La tragedia del sig. Churchill consiste nel fatto che egli, da tory incallito, non comprende questa semplice, evidente verità.
Non c'è dubbio che la posizione del sig. Churchill è una posizione che porta alla guerra, è un appello alla guerra contro l'URSS. È chiaro anche che una tale posizione del sig. Churchill è incompatibile con il trattato di alleanza esistente tra l'Inghilterra e l'URSS. È vero che il sig. Churchill, per confondere i lettori, dichiara di sfuggita che si potrebbe prolungare a 50 anni il termine del trattato anglo-sovietico di mutua assistenza e collaborazione. Ma come si concilia una tale dichiarazione del sig. Churchill con la sua posizione che porta alla guerra contro l'URSS, con il fatto che egli predica la guerra contro l'URSS? È chiaro che queste cose non sono affatto conciliabili. E se il sig. Churchill, che incita alla guerra contro l'URSS, ritiene al tempo stesso possibile prolungare a 50 anni il termine del trattato anglo-sovietico, questo significa che egli considera questo trattato come un pezzo di carta a lui necessario soltanto per coprire e mascherare la sua posizione antisovietica. Per questo non si possono prendere sul serio le false dichiarazioni degli amici del sig. Churchill in Inghilterra relative al prolungamento fino a 50 anni e oltre del termine del trattato anglo-sovietico. Il prolungamento del termine del trattato non ha senso, se una delle parti viola il trattato e lo trasforma in un pezzo di carta privo di contenuto.

Domanda. - Come giudicate quella parte del discorso del sig. Churchill, in cui egli attacca il regime democratico dei paesi europei nostri vicini e critica i rapporti di buon vicinato stabiliti tra questi Stati e l'Unione Sovietica?

Risposta. - Questa parte del discorso del sig. Churchill rappresenta una mescolanza di elementi di calunnia con elementi di grossolanità e di mancanza di tatto. Il sig. Churchill afferma che "Varsavia. Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest, Sofia, tutte queste famose città, e la popolazione di queste regioni, si trovano nella sfera sovietica e sono tutte soggette, in una forma o nell'altra, non solo alla influenza sovietica, ma anche in notevole misura al controllo crescente di Mosca". Il sig. Churchill qualifica tutto ciò come illimitate "tendenze espansionistiche" dell'Unione Sovietica.
Non ci vuole molta fatica a dimostrare che qui il sig. Churchill calunnia in modo grossolano e imperdonabile sia Mosca che i suddetti Stati vicini dell'URSS.
In primo luogo, è completamente assurdo parlare di un controllo esclusivo dell'URSS a Vienna e a Berlino, dove esistono dei Consigli di controllo alleati formati dai rappresentanti dei quattro Stati e dove l'URSS ha solo un quarto dei voti. Capita che taluni non possono fare a meno di calunniare, ma non bisogna oltrepassare la misura.
In secondo luogo, non bisogna dimenticare la circostanza seguente. I tedeschi hanno invaso l'URSS attraverso la Finlandia, la Polonia, la Romania, la Bulgaria, l'Ungheria. I tedeschi poterono effettuare l'invasione attraverso questi paesi, perché in questi paesi esistevano allora governi ostili all'Unione Sovietica. In seguito all'invasione tedesca l'Unione Sovietica ha perduto irrimediabilmente nelle battaglie contro i tedeschi, e anche per l'effetto dell'occupazione tedesca e della deportazione di cittadini sovietici nelle galere tedesche, circa sette milioni di uomini. In altre parole, l'Unione Sovietica ha subìto perdite in uomini di alcune volte superiori a quelle dell'Inghilterra e degli Stati Uniti d'America presi insieme. È possibile che in qualche luogo si sia propensi a relegare nel dimenticatoio queste colossali perdite del popolo sovietico, che hanno assicurato la liberazione dell'Europa dal giogo hitleriano. Ma l'Unione Sovietica non può dimenticarle. Si domanda che cosa ci sia di strano nel fatto che l'Unione Sovietica, volendo premunirsi per l'avvenire, cerca di ottenere che in questi paesi esistano governi che si comportino lealmente verso l'Unione Sovietica? Come è possibile, se non si è pazzi, qualificare queste aspirazioni pacifiche dell'Unione Sovietica come tendenze espansionistiche del nostro Stato?
Il sig. Churchill afferma più oltre che "il governo polacco, che si trova sotto il dominio dei russi, è istigato a commettere enormi e ingiusti attentati alla Germania".
Qui ogni parola è una grossolana e oltraggiosa menzogna. La moderna Polonia democratica è governata da uomini insigni. Essi hanno dimostrato con i fatti di saper difendere gli interessi e la dignità della loro patria così come non seppero fare i loro predecessori. Con quale fondatezza il sig. Churchill afferma che i governanti della Polonia di oggi possono tollerare nel proprio paese il "dominio" dei rappresentanti di un qualsiasi Stato straniero? Se a questo punto il sig. Churchill calunnia i "russi" non è forse perché egli ha intenzione di seminare i germi della discordia nei rapporti tra la Polonia e l'Unione Sovietica?
Al sig. Churchill dispiace che la Polonia abbia compiuto una svolta nella sua politica in favore dell'amicizia e dell'alleanza con l'URSS. Ci fu un tempo in cui nei rapporti tra Polonia e Unione Sovietica predominavano gli elementi di conflitto e di contrasto. Questa circostanza dava la possibilità a uomini di Stato come Churchill di sfruttare questi contrasti, di mettere le mani sulla Polonia con il pretesto di difenderla dai russi, di spaventare la Russia agitando lo spettro di una guerra tra essa e la Polonia e di conservare per loro la posizione di arbitri. Ma questo tempo è passato, poiché l'inimicizia tra Polonia e Russia ha ceduto il posto all'amicizia fra di loro, e la Polonia, l'attuale Polonia democratica, non vuole più essere un giocattolo nelle mani degli stranieri. Mi sembra che proprio questa circostanza irriti il sig. Churchill e lo spinga a sfoghi grossolani e privi di tatto contro la Polonia. Pensate un po': non gli permettono di dilettarsi a spese altrui...
Per quanto riguarda gli attacchi del sig. Churchill all'Unione Sovietica, in relazione all'estensione dei confini occidentali della Polonia grazie al ricupero dei territori polacchi conquistati in passato dai tedeschi, qui, mi sembra, egli cambia apertamente le carte in tavola. Come è noto, la decisione relativa ai confini occidentali della Polonia fu presa alla Conferenza di Berlino delle tre Potenze, sulla base delle richieste della Polonia. L'Unione Sovietica ha dichiarato più volte di considerare giuste e legittime le richieste della Polonia. È molto probabile che al sig. Churchill questa decisione dispiaccia. Ma perché il sig. Churchill, che non risparmia i colpi alle posizioni russe in questa questione, nasconde ai suoi lettori il fatto che la decisione alla conferenza di Berlino fu presa all'unanimità, che a favore di questa decisione votarono non soltanto i russi, ma anche gli inglesi e gli americani? Perché il sig. Churchill ha bisogno di indurre in errore la gente?
Il sig. Churchill asserisce più oltre che "i partiti comunisti, che erano insignificanti in tutti questi Stati dell'Europa orientale, hanno acquistato una forza eccezionale, che supera di molto la loro importanza numerica, e tendono ovunque a instaurare un controllo totalitario; i governi polizieschi prevalgono in quasi tutti questi paesi e al momento attuale non c'è, ad eccezione della Cecoslovacchia, nessuna vera democrazia".
Come è noto, lo Stato inglese è oggi amministrato da un solo partito, il partito laburista, mentre i partiti di opposizione sono privi del diritto di partecipare al governo dell'Inghilterra. Questo per il sig. Churchill è vera democrazia. In Polonia, in Romania, in Jugoslavia, in Bulgaria, in Ungheria governa un blocco di vari partiti, da quattro a sei partiti, e l'opposizione, se è più o meno leale, ha assicurato il diritto di partecipazione al governo. Questo per il sig. Churchill è totalitarismo, tirannia, regime di polizia. Perché? Per qual motivo? Non vi attendete una risposta dal sig. Churchill. Il sig. Churchill non comprende in quale ridicola situazione egli si caccia con i suoi rumorosi discorsi sul totalitarismo, la tirannia e il regime di polizia.
Il sig. Churchill vorrebbe che la Polonia fosse governata da Sosnkowski e Anders, la Jugoslavia da Mikhailovic e Pavelic, la Romania dal principe Stirbey e da Radescu, l'Ungheria e l'Austria da un qualche re della casa di Asburgo e così via. Il sig. Churchill vuole convincerci che questi signori della greppia fascista possono assicurare "una vera democrazia". Questa è la "democrazia" del sig. Churchill.
Il sig. Churchill sfiora la verità, quando parla dell'aumentata influenza dei partiti comunisti nell'Europa orientale. Bisogna però osservare che egli non è del tutto preciso. L'influenza dei partiti comunisti è cresciuta non soltanto nell'Europa, in cui prima dominava il fascismo (Italia, Germania, Ungheria, Bulgaria, Romania, Finlandia), o vi fu l'occupazione tedesca, italiana o ungherese (Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Danimarca, Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Grecia, Unione Sovietica, ecc).
L'aumentata influenza dei comunisti non può essere considerata un fatto casuale. È un fenomeno completamente razionale. L'influenza dei comunisti è aumentata, perché nei duri anni del dominio fascista in Europa i comunisti si sono rivelati combattenti risoluti, audaci e pieni di abnegazione contro il regime fascista e per la libertà dei popoli. Il sig. Churchill ricorda talvolta nei suoi discorsi "gli uomini semplici che vivono in case modeste", dando loro, da gran signore, delle manate sulle spalle e fingendosi loro amico. Ma questi uomini non sono così semplici come può sembrare a prima vista. Essi, questi "uomini semplici", hanno le loro opinioni, la loro politica, sanno difendersi. Essi, questi milioni di "uomini semplici", hanno battuto in Inghilterra Churchill e il suo partito, dando il loro voto ai laburisti. Essi, questi milioni di "uomini semplici", hanno isolato in Europa i reazionari, fautori della collaborazione con il fascismo, e hanno dato la loro preferenza ai partiti democratici di sinistra. Essi, questi milioni di "uomini semplici", avendo provato i comunisti nel fuoco della lotta e della resistenza al fascismo, hanno deciso che i comunisti meritavano pienamente la fiducia del popolo. In questo modo è aumentata l'influenza dei comunisti in Europa. Tale è la legge dello sviluppo storico.
Certo, al sig. Churchill non piace un tale sviluppo degli avvenimenti, ed egli lancia l'allarme, facendo appello alla forza. Ma a Churchill non piacque nemmeno l'apparizione del regime sovietico in Russia dopo la prima guerra mondiale. Anche allora egli lanciò l'allarme e organizzò la campagna militare dei "14 Stati" contro la Russia, con il proposito di far girare all'indieetro la ruota della storia. Ma la storia si rivelò più forte dell'intervento di Churchill, e le contorsioni donchisciottesche del sig. Churchill lo portarono allora a subire una completa sconfitta. Io non so se il sig. Churchill e i suoi amici riusciranno, dopo la seconda guerra mondiale, a organizzare una nuova campagna militare contro "L'Europa orientale". Ma se vi riusciranno, il che è poco verosimile, perché milioni di "uomini semplici" montano la guardia alla causa della pace, ebbene si può dire con sicurezza che essi saranno battuti così come furono battuti in passato, ventisei anni or sono.


VII - INTERVISTA DI GILMORE
Intervista concessa il 22 marzo 1946 al corrispondente dell'Associated Press, Gilmore.


Domanda. - Quale importanza attribuite all'Organizzazione delle Nazioni Unite, come strumento per il mantenimento della pace nel mondo?

Risposta. - Attribuisco grande importanza all'Organizzazione delle Nazioni Unite, perchè essa è un valido strumento per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. La forza di questa organizzazione internazionale deriva dal fatto che essa si basa sul principio dell'eguaglianza di diritti degli Stati e non sul principio del dominio degli uni sugli altri. Se l'Organizzazione delle Nazioni Unite riuscirà anche in avvenire ad osservare il principio dell'eguaglianza di diritti, essa assolverà certamente una grande e positiva funzione nell'assicurare la pace generale e la sicurezza.

Domanda. - Da che cosa è provocato, secondo Voi, l'attuale timore di una guerra, che molte persone provano in molti paesi?

Risposta. - Io sono convinto che nè le nazioni nè i loro eserciti cercano una nuova guerra. Essi vogliono la pace e cercano di assicurare la pace. Ciò significa che « l'attuale timore di una guerra » non viene da questa parte. Io credo che « l'attuale timore di una guerra » sia suscitato dagli atti di alcuni gruppi politici che si dedicano alla propaganda di una nuova guerra e seminano così i germi della discordia e dell'incertezza.

Domanda. - Che cosa debbono fare attualmente i governi dei paesi amanti della pace per conservare la pace e la tranquillità in tutto il mondo?

Risposta. - È necessario che l'opinione pubblica e i circoli dirigenti degli Stati organizzino una larga contropropaganda contro i propagandisti di una nuova guerra e per assicurare la pace, perchè nessuna azione dei propagandisti di una nuova guerra rimanga senza la dovuta risposta da parte dell'opinione pubblica e della stampa, perchè siano in tal modo tempestivamente smascherati i provocatori di una nuova guerra e non sia data loro la possibilità di abusare della libertà di parola a danno degli interessi della pace.



VIII - RISPOSTA AL TELEGRAMMA DI HUGH BAILLIE
Il 22 marzo 1946 Hugh Baillie, presidente dell'United Press, inviava a Stalin un telegramma sottoponendogli alcuni quesiti relativi ad una dichiarazione di Churchill all'U.P. e alla situazione iraniana. Stalin rispondeva in data 25 marzo 1946
.

Telegramma. - Vorrei richiamare la Vostra attenzione sulla dichiarazione che Winston Churchill ha fatto all'United Press, per essere trasmessa ai giornali e alle compagnie di radiodiffusione di tutto il mondo. A questo proposito voglio rinnovarVi la mia proposta di fare all'United Press una dichiarazione sulla situazione internazionale. Se voi volete rispondere all'argomentazione di Churchill sulla necessità di azioni rapide da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per quanto concerne la questione iraniana, l'agenzia United Press sarà lieta di ritrasmettere le Vostre opinioni al mondo intero. Nel caso che voi desideriate affrontare qualsiasi altra questione riguardante l'Iran e la pace e la sicurezza internazionale, Vi prego di utilizzare le nostre possibilità che noi mettiamo a Vostra disposizione con i nostri migliori auguri.

Risposta. - Vi ringrazio della Vostra cortese proposta. Io non posso ritenere convincente l'argomentazione del sig. Churchill. Per quanto concerne la questione del ritiro delle truppe sovietiche dall'Iran, essa, come è noto, è già stata risolta in senso positivo mediante accordo tra il governo sovietico e il governo dell'Iran.


IX - ORDINE DEL GIORNO PER IL I MAGGIO 1946

Compagni soldati e marinai dell'Esercito rosso e della Marina rossa, graduati e sottufficiali! Compagni ufficiali, generali e ammiragli!
Lavoratori dell'Unione Sovietica!
Oggi, per la prima volta dopo la fine vittoriosa della grande guerra patria, trascorriamo il I maggio, festa internazionale dei lavoratori, in condizioni di vita pacifiche, conquistate nella dura lotta contro il nemico, a prezzo di grandi sacrifici e privazioni.
Un anno fa, l'Esercito rosso innalzava su Berlino la bandiera della vittoria e portava a termine la disfatta della Germania fascista. A quattro mesi di distanza dalla fine vittoriosa della guerra con la Germania, ha deposto le armi il Giappone imperialista. La seconda guerra mondiale, preparata dalle forze della reazione internazionale e scatenata dai principali Stati fascisti, si è conclusa con la piena vittoria dei popoli amanti della libertà.
La disfatta e l'eliminazione dei principali focolai del fascismo e dell'aggressione internazionale hanno portato a mutamenti profondi nella vita politica dei popoli, a un largo sviluppo del movimento democratico tra i popoli. Ammaestrate dall'esperienza della guerra, le masse popolari hanno compreso che non si debbono affidare le sorti degli Stati a governi reazionari che perseguono gretti fini di casta, fini egoistici di guadagno e antipopolari. Proprio per questo i popoli, non volendo più vivere come in passato, prendono in mano le sorti dei loro Stati, instaurano ordinamenti democratici e conducono una lotta attiva contro le forze della reazione contro i fautori di una nuova guerra.
I popoli non vogliono che si ripetano le sciagure della guerra. Essi combattono con tenacia per consolidare la pace e la sicurezza.
All'avanguardia della lotta per la pace e la sicurezza si trova l'Unione Sovietica che ha avuto una funzione preminente nella disfatta del fascismo e che ha adempiuto la sua grande missione liberatrice.
I popoli che l'Unione Sovietica ha liberato dal giogo fascista hanno avuto la possibilità di costruire il loro Stato su basi democratiche, realizzando così le loro storiche aspirazioni. Su questa via essi ricevono l'aiuto fraterno dell'Unione Sovietica.
Il mondo intero ha avuto la possibilità di convincersi non solo della potenza dello Stato sovietico ma anche del carattere giusto della sua politica che si fonda sul riconoscimento dell'eguaglianza dei diritti di tutti i popoli, sul rispetto della loro libertà e indipendenza. Non v'è ragione di dubitare che anche in avvenire l'Unione Sovietica resterà fedele alla sua politica: politica di pace e di sicurezza, politica di eguaglianza e di amicizia fra i popoli.
L'Unione Sovietica, finita la guerra, si è accinta alla pacifica edificazione socialista. Gli uomini sovietici hanno ripreso con entusiasmo il pacifico lavoro costruttivo interrotto dalla guerra. La legge, approvata dal Soviet supremo dell'Unione Sovietica, sul piano quinquennale di riscostruzione e di sviluppo dell'economia nazionale per gli anni 1946-1950, apre nuove prospettive di ulteriore sviluppo delle forze produttive della nostra patria, della sua potenza economica, del suo benessere materiale e della sua cultura.
Gli operai, i contadini e gli intellettuali del nostro paese hanno accolto il piano quinquennale come un programma di lotta rispondente ai loro interessi vitali. Si ha ragione di sperare che i cittadini sovietici, con a capo il partito comunista, non risparmieranno energie e lavoro per compiere, e superare, il nuovo piano.
Nello sviluppare la pacifica edificazione socialista non dobbiamo dimenticare nemmeno per un momento le mene della reazione internazionale che cova i piani di una nuova guerra. Bisogna tenere a mente le indicazioni del grande Lenin: che, nel passare al lavoro pacifico, occorre stare costantemente in guardia, e avere cura come della pupilla dell'occhio, delle nostre forze armate e della capacità difensiva del nostro paese.
Le forze armate dell'Unione Sovietica, le nostre truppe terrestri e le nostre forze armate aeree e navali hanno compiuto il loro dovere verso la patria nella grande guerra patria. Ora le nostre forze armate hanno di fronte un compito non meno importante: vigilare per difendere la pace conquistata e il lavoro costruttivo del popolo sovietico, essere il baluardo sicuro degli interessi dell'Unione Sovietica.
Assolvere con successo questo compito d'onore è possibile soltanto a condizione di sviluppare ulteriormente la cultura e le capacità militari dei soldati e dei comandanti del nostro esercito, della nostra marina, della nostra aviazione.
Le forze armate dell'Unione Sovietica devono elevare ogni giorno di più il livello della propria arte militare, basandosi sull'esperienza della guerra e sui progressi della scienza e della tecnica militari.
Non v'è dubbio che il nostro esercito, la nostra flotta, la nostra aviazione assolveranno con onore i compiti che hanno di fronte.
Compagni soldati e marinai dell'Esercito rosso e della Marina rossa, graduati e sottufficiali! Compagni ufficiali, generali e ammiragli!
Compagni operai e operaie, contadini e contadine, lavoratori intellettuali!
Combattenti smobilitati dalle file dell'Esercito rosso!
A nome del governo e del partito comunista vi saluto e mi congratulo con voi in occasione del Primo maggio!
In onore della festa internazionale dei lavoratori ordino:
Oggi, Primo maggio, di sparare venti salve d'artiglieria nella capitale della nostra patria, Mosca, nelle capitali delle repubbliche federate e inoltre a Leopoli, Königsberg, Khabarovsk, Vladivostok, Port-Arthur e nelle città eroiche di Leningrado, Stalingrado, Sebastopoli e Odessa.
Evviva le nostre valorose forze armate!
Evviva il nostro glorioso partito comunista!
Evviva il grande popolo sovietico!
Evviva la nostra potente patria sovietica!


X - ORDINE DEL GIORNO PER L'ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA
9 maggio 1946


Compagni soldati e marinai dell'Esercito rosso e della Marina rossa, graduati e sottufficiali! Compagni ufficiali, generali e ammiragli!
Lavoratori dell'Unione Sovietica!
Celebriamo oggi il primo anniversario della grande vittoria riportata dal nostro popolo sulla Germania fascista che aveva attentato alla libertà e alla indipendenza della nostra patria.
A nome del governo sovietico e del nostro partito comunista vi saluto e mi congratulo con voi in occasione del giorno della grande ricorrenza popolare: la Festa della Vittoria sul fascismo tedesco.
In onore della Festa della Vittoria ordino, oggi, 9 maggio, di sparare trenta salve di artiglieria nella capitale della nostra patria, Mosca, nelle capitali delle repubbliche federate e, inoltre, a Leopoli, a Königsberg e nelle città eroiche di Leningrado, Stalingrado, Sebastopoli e Odessa.
Gloria alle nostre forze armate che hanno difeso l'onore e l'indipendenza della nostra patria e hanno riportato la vittoria sulla Germania hitleriana!
Gloria al Partito comunista dell'U.R.S.S., ispiratore e organizzatore delle nostre vittorie!
Gloria al nostro grande popolo, popolo vincitore!
Gloria eterna agli eroi caduti combattendo per la libertà e l'indipendenza della nostra patria!


XI - RISPOSTE AD ALEXANDER WERTH
Intervista concessa il 17 settembre 1946 ad Alexandcr Werth, corrispondente a Mosca del Sunday Times.


Domanda. - Credete Voi al pericolo reale di una « nuova guerra », di cui tanto si parla, attualmente, e in modo irresponsabile, in tutto il mondo? Quali passi devono essere fatti per impedire la guerra, se tale pericolo esiste?

Risposta. - Io non credo al pericolo reale di una «nuova guerra».
Sono soprattutto gli agenti dei servizi di spionaggio politici e militari e i loro scarsi aderenti tra i funzionari civili che menano scalpore a proposito di una « nuova guerra ». Essi hanno bisogno di questo scalpore, se non altro per: a) intimidire con lo spettro della guerra alcuni ingenui uomini politici tra i loro contraenti e aiutare in tal modo i propri governi ad estorcere a questi contraenti più concessioni; b) ostacolare per qualche tempo la riduzione dei bilanci militari dei propri paesi; c) frenare la smobilitazione delle truppe e impedire così un rapido aumento della disoccupazione nei propri paesi.
Bisogna fare una rigorosa distinzione tra i clamori oggi sollevati a proposito di una « nuova guerra» e il pericolo reale di una « nuova guerra », pericolo che attualmente non esiste.

Domanda. - Ritenete che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d'America intendano realizzare scientemente « l'accerchiamento capitalistico » dell'Unione Sovietica?

Risposta. - Non credo che i circoli governativi della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d'America possano realizzare « l'accerchiamento capitalistico» dell'Unione Sovietica, anche se lo volessero, cosa che tuttavia non posso affermare.

Domanda. - Per usare le parole pronunciate dal sig. Wallace nel suo ultimo discorso, l'Inghilterra, l'Europa occidentale e gli Stati Uniti possono essere sicuri che la politica sovietica in Germania non si trasformi in uno strumento di mire russe dirette contro l'Europa occidentale?

Risposta. - Io considero esclusa la possibilità che l'Unione Sovietica si serva della Germania contro l'Europa occidentale e gli Stati Uniti d'America.
La considero esclusa non solo perchè l'Unione Sovietica è legata alla Gran Bretagna e alla Francia da un trattato di mutua assistenza contro l'aggressione tedesca e agli Stati Uniti d'America dalle decisioni della Conferenza di Potsdam delle tre grandi potenze, ma anche perchè una politica che si servisse della Germania contro l'Europa occidentale e gli Stati Uniti d'America significherebbe per l'Unione Sovietica allontanarsi dai suoi fondamentali interessi nazionali.
In breve, la politica dell'Unione Sovietica nei riguardi della questione tedesca si riduce alla smilitarizzazione e alla democratizzazione della Germania. Credo che la smilitarizzazione e la democratizzazione della Germania costituiscano una delle più importanti garanzie per stabilire una pace solida e duratura.

Domanda, - Qual'è la vostra opinione a proposito delle accuse, secondo le quali la politica dei partiti comunisti dell'Europa occidentale sarebbe « dettata da Mosca »?

Risposta. - La considero un'accusa assurda, presa in prestito dal fallito armamentario di Hitler e Goebbels.

Domanda. - Credete nella possibilità di una amichevole e duratura collaborazione tra la Unione Sovietica e le democrazie occideniali nonostante l'esistenza di divergenze ideologiche, e nella « amichevole emulazione » tra i due sistemi, di cui ha parlato Wallace nel suo discorso?

Risposta. - Lo credo senz'altro.

Domanda. - Durante il soggiorno nell'Unione Sovietica della delegazione del partito laburista, Voi, a quanto so, vi siete detto convinto della possibilità di rapporti di amicizia tra l'Unione Sovietica e la Gran Bretagna. Che cosa potrebbe contribuire a stabilire questi rapporti così ardentemente auspicati da larghe masse del popolo inglese?

Risposta. - Io sono realmente convinto della possibilità di rapporti di amicizia tra l'Unione Sovietica e la Gran Bretagna. A stabilire tali rapporti contribuirebbe notevolmente il rafforzamento delle relazioni politiche, commerciali e culturali tra questi paesi.

Domanda. - Ritenete che sia d'importanza vitale per la pace futura il sollecito ritiro di tutte le truppe americane dalla Cina?

Risposta. - Sì, lo ritengo.

Domanda. - Ritenete che il monopolio effettivo del possesso della bomba atomica detenuto dagli Stati Uniti d'America costituisca una delle principali minacce alla pace?

Risposta. - Non considero la bomba atomica una forza così seria quale alcuni uomini politici sono propensi a crederla. Le bombe atomiche hanno lo scopo di spaventare gli uomini dai nervi deboli; ma non possono decidere le sorti della guerra, dato che per questo le bombe atomiche sono assolutamente insufficienti. Certo, il monopolio del possesso del segreto della bomba atomica crea una minaccia, ma contro questo fatto esistono per lo meno due rimedi: a) il monopolio del possesso della bomba atomica non può durare a lungo; b) l'impiego della bomba atomica può essere interdetto.

Domanda. - Supponete che con l'ulteriore progresso dell'Unione Sovietica verso il comunismo le possibilità di una pacifica collaborazione con il mondo esterno non diminuiscano, per quanto riguarda l'Unione Sovietica? È possibile « il comunismo in un solo paese »?

Risposta. - Io sono sicuro che le possibilità di una pacifica collaborazione non solo non diminuiranno, ma potranno persino aumentare.
« Il comunismo in un solo paese » è pienamente possibile, specie in un paese come l'Unione Sovietica.
 
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