Comunismo - Scintilla Rossa

The Great Conspiracy. The Secret War Against Soviet Russia, M. Sayers, A. E. Kahn

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-Bardo-
view post Posted on 2/4/2011, 00:54 by: -Bardo-




Grazie Josif! :)

Proseguo con i capitoli dal 6 al 9.
Si parla di importanti collegamenti in funzione antisovietica tra il nascente nazismo, Mussolini, grandi capitalisti (Fritz Thyssen, da cui viene la ThyssenKrupp famosa per l'incidente del 2007 in cui morirono sette operai; Deterding della Shell petroli; Henry Ford), Churchill, e russi antibolscevichi (in particolare Sàvinkov, ex socialista-rivoluzionario).

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Capitolo sesto
L'intervento


Nell 'estate del 1919, senza dichiarazione di guerra, le forze armate di quattordici stati invadevano il territorio della Russia Sovietica. Questi stati erano la Gran Bretagna, la Francia, il Giappone, la Germania, l'Italia, gli Stati Uniti, la Cecoslovacchia, la Serbia, la Cina, la Finlandia, la Grecia, la Polonia, la Romania e la Turchia.
A fianco degli invasori antisovietici combattevano gli eserciti bianchi controrivoluzionari, guidati da ex generali zaristi, i quali volevano restaurare quell'aristocrazia feudale che il popolo sovietico aveva rovesciata.
I piani strategici degli attaccanti erano ambiziosi. Gli eserciti dei generali bianchi, congiuntisi alle truppe interventiste, dovevano convergere su Mosca dal nord, dal sud, dall'est e dall'ovest.
A nord e a nord-ovest, ad Arcangelo, a Murmànsk e negli Stati baltici, le forze britanniche erano in approntamento insieme con le truppe bianche del generale Judénič.
Al sud, nelle basi caucasiche e lungo il Mar Nero si trovavano le truppe bianche del generale Deníkin, ampiamente rifornite e rafforzate dai Francesi.
All'est, le forze di Kolciàk, dirette da esperti militari britannici, erano accampate lungo gli Urali.
A ovest, sotto il comando di ufficiali francesi, si trovava l'esercito polacco di Pilsudski, appena organizzato.
Varie erano le ragioni addotte dagli statisti alleati per giustificare la presenza delle loro truppe in Russia. Quando i loro soldati erano sbarcati a Murmànsk e Arcangelo nella primavera e nell'estate del '18, i governi alleati avevano dichiarato che le loro truppe dovevano impedire ai Tedeschi di impadronirsi di materiale bellico. Più tardi, avevan dichiarato che le loro truppe si trovavano in Siberia per aiutare le forze cèche a ritirarsi dalla Russia. A queste aggiunsero poi il pretesto di voler aiutare i Russi a « ristabilire l'ordine».
Gli statisti alleati negarono ripetutamente di avere l'intenzione di voler un intervento armato contro la Russia o di volersi ingerire negli affari interni della Russia. « Noi non vogliamo ingerirci nella politica interna della Russia - dichiarava nell'agosto del '18 Arthur Balfour, ministro britannico degli Esteri -; spetta alla Russia regolare le proprie faccende ».
Il caustico e dinamico Winston Churchill, che diresse di persona la campagna alleata contro l'Unione Sovietica, scrisse in seguito nel suo libro T he world Crisis: the Aftermath :
« Eran forse (gli Alleati) in guerra contro la Russia? Certamente no. Ma facevano fuoco a bruciapelo contro i Russi sovietici. Avevano invaso il suolo russo. Armavano i nemici del governo sovietico. Bloccavano i suoi porti e affondavano le sue navi. Ne auspicavano e preparavano seriamente la caduta. Ma la guerra, orrore! L'intervento, vergogna! Per essi, asserivano, era completamente indifferente il modo in cui i Russi sistemavano i loro affari. Erano imparziali - bum! »
Il giovine governo sovietico si batteva per la propria esistenza in condizioni di disperata inferiorità. Il paese era uscito dalla guerra devastato ed esausto. Gli affamati e i miserabili erano milioni. Le fabbriche erano vuote, le terre incolte, i trasporti fermi. Pareva impossibile che il paese potesse sopravvivere all'assalto violentissimo di un nemico che disponeva di eserciti numerosi e ben equipaggiati, di vaste risorse finanziarie, di abbondanti vettovaglie.
Assediato da ogni parte dagli invasori stranieri, minacciato da cospirazioni senza fine all'interno, l'esercito rosso si ritirava lentamente attraverso il paese, combattendo senza tregua. Il territorio controllato da Mosca era ridotto a un sedicesimo della superficie totale della Russia. Era un'isola sovietica in un mare antisovietico.
Il 5 settembre 1919, il senatore americano Borah si alzò a parlare:
« Signor Presidente, - disse, - non siamo in guerra con la Russia; il Congresso non ha dichiarato guerra al governo russo o al popolo russo. Il popolo degli Stati Uniti non desidera essere in guerra con la Russia... E tuttavia, pur non essendo in guerra con la Russia, mentre il Congresso non ha fatto nessuna dichiarazione di guerra, noi combattiamo contro il popolo russo. Abbiamo un esercito in Russia; riforniamo di munizioni e di materiale altre forze armate in quel paese, e siamo impegnati in un conflitto come se si fosse fatto appello ad un'autorità costituita, come se si fosse fatta una dichiarazione di guerra e la nazione fosse stata mobilitata per questo scopo... Non esiste nessuna giustificazione né legale né morale per sacrificare queste vite umane. E una violazione dei principî elementari del libero governo ».
Ma la guerra non dichiarata contro la Russia continuava...
I due anni e mezzo di intervento sanguinoso e di guerra civile furono responsabili della morte - in battaglia, per fame o epidemie - di sette milioni di Russi, uomini, donne e bambini. Le perdite materiali furono poi calcolate dal governo sovietico in 60 milioni di dollari; una somma che superava di molto il debito contratto dallo zar con gli Alleati. Gli invasori non pagarono riparazioni di sorta.
Poche cifre ufficiali furono date sul costo della guerra contro la Russia. Secondo il memorandum pubblicato da Winston Churchill il 15 settembre 1919, la Gran Bretagna, fino a quel giorno, aveva speso circa 1oo milioni di sterline e la Francia dai 30 ai 40 milioni di sterline soltanto per sostenere il generale Deníkin. La campagna britannica nel Nord era costata 18 milioni di sterline. I Giapponesi ammisero di aver speso 900 milioni di yen per le loro truppe in Siberia.
Quali i reconditi motivi di questa futile costosa guerra non dichiarata?
I generali bianchi combattevano in buona fede per la restaurazione della loro Grande Russia, per le loro proprietà fondiarie, per i loro profitti, i loro privilegi di classe e le loro spalline. C'erano tra loro alcuni nazionalisti sinceri, ma gli eserciti bianchi erano dominati soprattutto da reazionari, che erano i prototipi degli ufficiali fascisti e dagli avventurieri che più tardi dovevano far la loro comparsa nell'Europa centrale.
Meno chiari erano gli scopi bellici degli Alleati.
L'intervento era stato presentato al mondo dai portavoce alleati - nei limiti in cui i motivi ne furon resi pubblici - come una crociata politica contro il bolscevismo.
Il realtà « l'antibolscevismo » c'entrava di seconda mano. V'erano fattori che avevano un peso assai maggiore: come il legname della Russia settentrionale, il carbone del Donetz, l'oro della Siberia e il petrolio del Caucaso. C'entravano anche interessi di più vasta portata, come il piano britannico di costituire una federazione transcaucasica per separare l'India dalla Russia e dare agli Inglesi l'esclusivo dominio dei pozzi petroliferi del vicino Oriente; il piano giapponese di conquistare e colonizzare la Siberia; il piano francese di assicurarsi il controllo nelle zone del Donets e del Mar Nero; e gli ambiziosi e lungimiranti piani tedeschi di impossessarsi degli stati baltici e dell'Ucraina.
Un membro del Parlamento britannico, il tenente colonnello Cecil L'Estrange Malone, così si esprimeva alla Camera dei Comuni nel 1920, durante un vivace dibattito sulla politica alleata in Russia:
« Ci sono gruppi e individui nel nostro paese che hanno denaro e azioni in Russia, e questa è la gente che sta lavorando e intrigando per rovesciare il regime bolscevico... Ai tempi del vecchio regime era possibile partecipare in ragione del dieci o venti per cento allo sfruttamento degli operai e dei contadini russi, ma in regime socialista non si otterrà praticamente nulla, e noi constatiamo che ogni interesse nel nostro paese è in un modo o nell'altro legato con la Russia sovietica».
Il Russian Year Book del 1918 - proseguiva l'oratore - aveva calcolato che gli investimenti franco-britannici in Russia ammontavano a circa 1 miliardo e 600 milioni di sterline o approssimativamente a 8 miliardi di dollari.
C'era la Royal Dutch Shell Oil Company, i cui interessi russi coinvolgevano quelli della Ural Caspian Oil Company, della North Caucasian Oilfield, della New Schibarev Petroleum Company e di molte altre imprese petrolifere; c'era il grande trust di armamenti della Metro-Vickers che, insieme alla Schneider-Creusot francese e alla Krupp tedesca, avevano virtualmente controllato l'industria zarista delle munizioni; c'erano le grandi case bancarie dell'Inghilterra e della Francia: gli Hoares, Baring Brothers, Hambros, Crédit Lyonnais, Société Générale Rothschild e Comptoir National d'Escompte di Parigi, che tutti avevano investito immense somme di denaro in Russia sotto il regime zarista ...
« Tutti questi interessi - spiegava il colonnello Malone alla Camera dei Comuni - si intrecciano l'un con l'altro. Sono tutti interessati a prolungare la guerra in Russia... Dietro a questi interessi e dietro ai finanzieri ci sono i giornali e gli altri che servono a influenzare e a formare l'opinione pubblica nel paese ».
Tra gli Americani colui che aveva un'importanza maggiore e un interesse più diretto alla guerra in Russia era Herbert Hoover, futuro Presidente degli Stati Uniti e allora Commissario all'alimentazione.
Già ingegnere minerario impiegato da ditte britanniche, prima della guerra Hoover aveva cospicui investimenti nelle miniere e nei pozzi petroliferi russi. Il corrotto regime zarista pullulava di alti funzionari e di aristocratici terrieri pronti a barattare le ricchezze del loro paese e la sua forza-lavoro con « compensi » stranieri o con una parte del bottino. Hoover si era interessato del petrolio russo sin dal 1909, quando erano stati aperti i primi pozzi a Maikop. In un anno si era assicurato partecipazioni in non meno di undici compagnie petrolifere russe:

Maikop Neftyanoij Syndicate,
Maikop Scirvanskij Oil Company,
Maikop Apsheron Oil Company,
Maikop and General Petroleum Trust,
Maikop Oil and Petroleum Products,
Maikop Areas Oil Company,
Maikop Valley Oil Company
Maikop Mutual Oil Company,
Maikop Hadijenskij Syndicate,
Maikop New Producers Company,
Amalgamated Maikop Oilfields.

Già nel 1912 l'ex ingegnere minerario era socio del famoso multimilionario britannico Leslie Urquhart in tre nuove compagnie che erano state create per sfruttare le concessioni di legname e di minerali negli Urali e in Siberia. Urquhart rimise a galla il cartello russo-asiatico e fece, con due banche zariste, un contratto in base al quale questo cartello avrebbe manipolato tutti i progetti minerari in quelle zone. Le azioni russo-asiatiche da $ 16.25 nel 1913 salirono a $ 47.50 nel 1914. Quello stesso anno il cartello ottenne dal regime zarista tre nuove concessioni che comprendevano 2.500.000 acri di terra, tra cui incluse vaste foreste, forze idriche; riserve di oro, rame, argento e zinco per un ammontare approssimativo di 7.262.000 tonnellate, 12 miniere in pieno sfruttamento, 2 fonderie di rame, 20 segherie, 250 miglia di ferrovie, altiforni, laminatoi, fabbriche di acido solforico, raffinerie d'oro, immense riserve di carbone.
Il valore totale di questi beni era valutato a 1 miliardo di dollari.
Fin dal 1917 Hoover si era ritirato dal «cartello» russo-asiatico e aveva venduto le sue azioni di compartecipazione russe. Dopo la rivoluzione bolscevica tutte le concessioni in cui Hoover era stato un tempo associato furono abrogate e le miniere confiscate dal governo sovietico.
« Il bolscevismo - disse Herbert Hoover alla Conferenza della pace di Parigi - è peggiore della guerra».
Egli rimase infatti uno dei nemici più accaniti del governo sovietico per il resto della sua vita. È un fatto che, qualunque possa essere stato il movente personale, sotto il suo controllo i viveri americani sostennero i Russi bianchi e alimentarono le truppe d'assalto dei regimi più reazionari d'Europa, impegnati a respingere l'ondata democratica dopo la prima guerra mondiale. Così l'aiuto americano divenne un'arma diretta contro i movimenti popolari in Europa.
« La sostanza della politica americana durante la liquidazione dell'armistizio fu di dare il massimo contributo per impedire che l'Europa diventasse bolscevica o fosse sopraffatta dai loro eserciti », dichiarò più tardi Hoover in una lettera a Oswald Garrison Villard del 17 agosto 1921. La sua definizione del « bolscevismo » coincideva con quella di Foch, Pétain, Knox, Reilly e Tanaka. Come Segretario del Commercio, come Presidente degli Stati Uniti e successivamente come leader dell'ala isolazionistica del partito repubblicano, Hoover si batté instancabilmente per impedire che venissero stabiliti rapporti amichevoli, commerciali e diplomatici, tra l'America e il più potente alleato dell'America contro il fascismo mondiale: l'Unione Sovietica.

L'intervento armato fallì in Russia non soltanto grazie alla solidarietà e all'eroismo senza precedenti dei popoli Sovietici, i quali combattevano per difendere la libertà appena conquistata, ma anche grazie al valido appoggio dato alla giovane Repubblica sovietica dai popoli democratici di tutto il mondo. In Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti l'opinione pubblica si era sollevata e vigorosamente opposta all'invio di uomini, di armi, viveri e danari agli eserciti antisovietici in Russia. « Giù le mani dalla Russia! »: era la parola d'ordine dei comitati che s'andavano costituendo. I lavoratori scioperavano e i soldati si ribellavano contro la politica d'intervento degli stati maggiori. Statisti democratici, giornalisti, insegnanti e numerosi uomini d'affari protestavano contro l'attacco non dichiarato e non provocato contro l'Unione Sovietica.
Sir Henry Wilson, capo di stato maggiore britannico, ammise francamente la mancanza di appoggio da parte dell'opinione pubblica alla politica d'intervento. Il 1O dicembre 1919, nel Libro azzurro ufficiale britannico, il capo di stato maggiore scriveva:
« Le difficoltà dell'Intesa nel formulare una politica russa si sono rivelate davvero insormontabili, poiché in nessun paese alleato vi è stato un sufficiente peso dell'opinione pubblica per giustificare l'intervento armato contro i bolscevichi su scala decisiva, con l'inevitabile risultato che le operazioni militari hanno mancato di coesione e di uno scopo ben definito ».
La vittoria dell'esercito rosso sui suoi nemici rappresentava così in pari tempo una vittoria internazionale dei popoli democratici di tutti i paesi.
Un'ultima ragione del fallimento dell'intervento fu la mancanza di unità tra gli invasori. Gli istigatori dell'intervento rappresentavano una coalizione della reazione mondiale, ma era una coalizione cui faceva difetto la sincera intenzione di cooperare. Le rivalità imperialistiche spezzarono il blocco imperialistico. Gli Inglesi temevano le mire francesi sul Mar Nero, e quelle tedesche sulla zona baltica. Gli Americani ritenevano di dover frustrare le mire giapponesi in Siberia. I generali bianchi litigavano fra loro per il bottino.
La guerra d'intervento, cominciata nel segreto e nella disonestà, finì in un vergognoso disastro.
Il suo retaggio d'odio e di malafede doveva avvelenare l'atmosfera dell'Europa nel successivo quarto di secolo.


Libro secondo
Segreti del cordone sanitario


Capitolo settimo
La crociata bianca


1. Dopoguerra agitato.

La prima fase della guerra contro l'Unione Sovietica era finita pressoché in un fallimento. Il governo sovietico aveva il controllo indiscusso della maggior parte dei suoi territori; ma era al bando delle altre nazioni, accerchiato da un cordone sanitario di stati-fantocci ostili, tagliato fuori dalle normali relazioni politiche e commerciali con il resto del mondo. Ufficialmente il sesto del globo terrestre sotto i Soviet non esisteva, non era « riconosciuto ».
All'interno, il governo sovietico si trovava di fronte al caos economico: officine ridotte in macerie, miniere allagate, agricoltura rovinata, trasporti distrutti, malattie, fame e analfabetismo quasi universale. Alla bancarotta ereditata dal regime feudale zarista si aggiungevano le rovine dovute a sette anni di guerre incessanti, di rivoluzione, di controrivoluzione e di invasione straniera.
Al di là dei confini sovietici il mondo cercava ancora la pace e non la trovava. Lo statista inglese Bonar Law, quattro anni dopo la pace di Versailles, in una relazione sulle condizioni del mondo alla Camera dei Comuni, dichiarava che ben 23 guerre venivano combattute in diverse parti del mondo. Il Giappone aveva occupato regioni della Cina e soppresso brutalmente il movimento di indipendenza della Corea; le truppe britanniche domavano insurrezioni popolari in Irlanda, nell'Afganistan, in Egitto e in India; in Siria, i Francesi erano in guerra aperta con le tribù dei Drusi, le quali, con gran dispetto dei Francesi, erano armate di mitragliatrici provenienti dalle officine britanniche Metro-Vickers; lo stato maggiore tedesco, dietro la facciata della repubblica di Weimar, stava cospirando per spazzare via gli elementi democratici del Reich e far risorgere la Germania imperialistica.
Ogni paese d'Europa era in fermento: cospirazioni e controcospirazioni di fascisti, nazionalisti, militaristi e monarchici, tutti perseguenti i loro fini particolari sotto la stessa maschera dell'« antibolscevismo ».
Nonostante l'inquietudine, la stanchezza della guerra e l'anarchia economica che dominavano in Europa, nuovi piani di invasione militare della Russia sovietica venivano elaborati e assiduamente studiati dai comandi supremi della Polonia, Finlandia. Romania, Jugoslavia, Francia, Inghilterra e Germania.
La frenetica propaganda antisovietica proseguiva.
Quattro anni dopo la grande guerra, che avrebbe dovuto segnare la fine di tutte le guerre, esistevano tutte le premesse necessarie per una seconda guerra mondiale, che doveva essere sferrata contro la democrazia mondiale sotto l'insegna dell'« antibolscevismo ».

2. Un « gentleman » di Reval.

Nel giugno del 1921 un gruppo di ex ufficiali, industriali e aristocratici zaristi tenne una conferenza antisovietica nella Reichenhalle in Baviera. La conferenza, a cui parteciparono rappresentanti delle organizzazioni antisovietiche di tutta l'Europa, elaborò i piani per una campagna mondiale di agitazione contro la Russia sovietica.
La conferenza elesse un « Consiglio monarchico supremo », che aveva la funzione di lavorare per la « restaurazione della monarchia capeggiata dal sovrano legittimo della casa Romanov, secondo le leggi fondamentali dell'Impero russo ».
Il partito nazionalsocialista tedesco, ancora in fasce, inviò un delegato alla conferenza. Si chiamava Alfred Rosenberg.
Giovane, esile, con un lungo viso pallido, labbra sottili, capelli neri, l'espressione stanca e imbronciata, Alfred Rosenberg aveva incominciato a frequentare le birrerie di Monaco nell'estate del 1919. Lo si poteva trovare abitualmente alla Augustinerbrau o alla Franziskanerbrau, dove sedeva solo per ore e ore a un tavolo in un angolo. Talvolta alcuni amici lo raggiungevano e allora, benché li salutasse con poco calore, si animava e i suoi occhi neri si ravvivavano e brillavano nel suo viso pallidissimo mentre incominciava a parlare a bassa voce animatamente. Parlava russo e tedesco perfettamente.
Alfred Rosenberg era figlio di un latifondista baltico che possedeva una vasta proprietà vicino al porto zarista di Reval. Suo padre si vantava di discendere dai cavalieri dell'Ordine teutonico, che avevano invaso nel medioevo le province baltiche; e il giovine Rosenberg si considerava con orgoglio come Tedesco. Prima della Rivoluzione, aveva studiato architettura al Politecnico di Mosca. Era fuggito dal territorio sovietico quando i bolscevichi si erano impadroniti del potere e si era unito ai terroristi della Guardia bianca che combattevano agli ordini del generale conte Rudiger von der Goltz nella zona baltica. Nel 1919 Rosenberg era comparso a Monaco, tutto imbevuto delle dottrine antidemocratiche e antisemitiche delle « Centurie nere » zaristiche.
Un piccolo gruppo di Guardie bianche emigrate e di baroni baltici spodestati incominciarono a raccogliersi regolarmente a Monaco per ascoltare le appassionate e velenose tirate di Rosenberg contro i comunisti e gli ebrei. Condividevano tutti le idee « centurie-nere » di Rosenberg sulla decadenza della democrazia e sulla cospirazione internazionale degli ebrei.
« Nel suo intimo ogni ebreo è un bolscevico! »: tale il tema inesauribile delle tirate di Rosenberg.
Dalla tenebrosa torturata mente di Alfred Rosenherg, dal suo odio patologico contro gli ebrei e dalla frenetica ostilità contro l'Unione Sovietica, si sprigionava gradualmente una filosofia mondiale controrivoluzionaria, una mistura dei pregiudizi fanatici della Russia zarista con le ambizioni imperialiste della Germania. Per salvare il mondo dalla « decadenza democratica giudaica e dal bolscevismo » - scrisse Rosenberg nel suo Der Mythus des 20. Jahrunderts - occorreva iniziare « in Germania » la creazione di un nuovo stato tedesco. « È dovere del fondatore del nuovo stato - aggiungeva - costituire un'associazione di uomini sul tipo dell'Ordine teutonico ».
L'idea di una crociata contro la Russia sovietica domina tutti gli scritti di Rosenberg. Egli sognava quel giorno apocalittico in Cui gli eserciti potenti del nuovo « Ordine teutonico » avrebbero varcato i confini russi e schiacciato gli odiati bolscevici.
« Da ovest a est, - dichiarava - dal Reno alla Vistola, da Mosca a Tomsk, si leva il grido di guerra ».
La Germania attraversava il periodo della dura crisi postbellica, della disoccupazione in massa, di una inflazione senza precedenti, di una fame dilagante. Dietro la facciata democratica della repubblica di Weimar, instaurata d'accordo con lo stato maggiore tedesco dopo la cruenta soppressione dei Soviet degli operai e dei contadini, una cricca di militaristi prussiani, Junker e magnati della industria preparavano in segreto la rinascita e l'espansione della Germania imperiale. Sconosciuto al resto del mondo, il futuro programma di riarmo della Germania veniva accuratamente elaborato da centinaia di ingegneri, di disegnatori e di tecnici specializzati, che lavoravano sotto il controllo del comando supremo tedesco in un laboratorio clandestino costruito dalla ditta Borsig in una foresta fuori Berlino.
I piani per la nuova guerra della Germania venivano preparati diligentemente ed elaboratamente.
Tra i principali contribuenti finanziari della campagna segreta per ringiovanire l'imperialismo tedesco c'era un mellifluo ma energico industriale, Arnold Rechberg. Ex aiutante del Kronprinz e amico intimo di molti membri del comando supremo imperiale, Rechberg aveva interessi nel grande trust tedesco del potassio.
Rechberg volle conoscere Rosenberg. Colto da subita simpatia per il fanatico controrivoluzionario di Reval, Rechberg lo presentò a un altro dei suoi protetti, un demagogo austriaco trentenne e spia della Reichswehr: Adolf Hitler.
Rechberg già provvedeva fondi per acquistare le uniformi e sosteneva altre spese per il partito nazista di Adolf Hitler. Poi Rosenberg e i suoi ricchi amici acquistarono un oscuro giornale, il « Vòlkischer Beobachter» e lo affidarono al movimento nazista. Il giornale diventò l'organo ufficiale del Partito nazista. Hitler ne nominò direttore Alfred Rosenberg.

3. Il piano Hoffmann.

Era còmpito di Alfred Rosenberg fornire il partito nazista tedesco di un 'ideologia politica. Un altro degli amici di Rechberg, il generale Max Hoffmann, ebbe quello di studiare la strategia militare.
All'inizio della prima guerra mondiale, Hoffmann era stato nominato comandante in capo delle operazioni dell'ottava armata tedesca dislocata nella Prussia orientale con l'ordine di prevenire l'atteso attacco russo. La strategia che portò al disastro zarista di Tannenberg fu più tardi attribuita dalle autorità militari non a Hindenburg o a Ludendorff, ma a Hoffmann. Dopo Tannenberg, Hoffmann diventò comandante delle forze tedesche sul fronte orientale. A Brest-Litòvsk Hoffmann dettò i termini della pace alla delegazione sovietica.
All'inizio della primavera del 1919, il generale Hoffmann si era presentato alla Conferenza della pace di Parigi con un piano di attacco contro Mosca, che avrebbe dovuto essere diretto dall'esercito tedesco. Secondo Hoffmann, il suo piano presentava un doppio vantaggio: non soltanto avrebbe « salvato l'Europa dal bolscevismo »: avrebbe al tempo stesso salvato l'esercito imperiale tedesco e impedito la sua dissoluzione. Una versione modificata del piano Hoffmann era stata approvata dal maresciallo Foch.
Dopo aver visitato a Berlino il generale Hoffmann nel 1923, l'ambasciatore britannico lord D'Abernon scrisse nel suo diario diplomatico:
« Tutte le sue opinioni sono dominate dal concetto generale che nulla andrà per il suo verso nel mondo finché tutte le potenze civili dell'Occidente non si associano per impiccare il governo sovietico... Richiesto se credeva nella possibilità di un tale accordo tra Francia, Germania e Inghilterra per attaccare la Russia, replicò: - Se è necessario, si deve fare! »
Negli anni del dopoguerra, in seguito al fallimento dell'intervento armato contro la Russia sovietica, Hoffmann rielaborò il suo piano e lo fece circolare tra gli stati maggiori d'Europa sotto forma di memorandum riservatissimo. Il memorandum suscitò immediatamente molto interesse nei circoli filofascisti d'Europa. Il maresciallo Foch e il suo capo di stato maggiore Pétain, entrambi amici intimi di Hoffmann, espressero la loro calda approvazione per la versione riveduta del piano. Tra le altre personalità che condivisero il piano c'erano Franz von Papen, il generale barone Karl von Mannerheim, l'ammiraglio Horthy e il capo del Servizio d'informazioni della marina britannica, ammiraglio Sir Barry Domvile.
L'ultima versione del piano Hoffmann ebbe l'appoggio di un vasto e influente settore dello stato maggiore tedesco, benché rappresentasse chiaramente un distacco radicale dalla strategia militare e politica della tradizionale scuola bismarckiana. Il nuovo piano Hoffmann progettava un'alleanza tra la Germania, la Francia, l'Italia, l'Inghilterra e la Polonia contro l'Unione Sovietica. Strategicamente, - secondo le parole di un preveggente commentatore europeo, Ernst Henri (nel libro Hitler over Russia) - il piano proponeva la concentrazione di nuovi eserciti sulla Vistola e sulla Dvina secondo il modello napoleonico; una marcia fulminea, diretta dal comando tedesco, contro le orde bolsceviche in ritirata; l'occupazione di Leningrado e di Mosca nel corso di poche settimane; un rastrellamento definitivo del paese fino agli Urali; e quindi la salvezza di una civiltà esausta per mezzo della conquista di mezzo continente.
Tutta l'Europa, con la Germania alla testa, sarebbe dovuta essere mobilitata e scaraventata contro l'Unione Sovietica.


Capitolo ottavo
Singolare carriera di un terrorista


1. Ricompare Sidney Reilly.

Berlino, dicembre 1922. Un ufficiale della marina tedesca e un ufficiale del Servizio segreto britannico stavano chiacchierando nella hall affollata del famoso Hotel Adlon con una donna giovane, graziosa, elegante. Era Pepita Bobadilla, una stella dell'operetta londinese, altrimenti conosciuta come la signora Chambers, vedova del noto drammaturgo inglese, Haddon Chambers. Si parlava di spionaggio. L'Inglese incominciò a parlare delle gesta incredibili compiute nella Russia sovietica da un agente segreto britannico che egli designava come Mr. C. La fama di Mr. C era giunta alle orecchie del Tedesco. Fu una gara di aneddoti sulle favolose avventure di Mr. C. Finalmente, incapace di trattenere pili a lungo la sua curiosità, la signora Chambers chiese: - Ma chi è codesto Mr. C?
- E chi non è piuttosto? - replicò l'Inglese. - Vi dirò, signora Chambers, che questo signor C. è un uomo misterioso. È' l'uomo più misterioso d'Europa. E, incidentalmente, potrei aggiungere che c'è sul suo capo la taglia più grossa che mai ci sia stata sulla testa di qualsiasi vivente. I bolscevichi darebbero una provincia per averlo tra le mani, vivo o morto.... È un uomo che vive in perpetuo pericolo. Più volte è stato per noi in Russia, tutt'occhi e orecchie, e, sia detto tra noi, è a lui che dobbiamo se il bolscevismo non costituisce oggi per la nostra civiltà un pericolo ancor maggiore di quello che è realmente.
La signora Chambers moriva dalla voglia di saperne di più sul conto del misterioso Mr. C. Il suo interlocutore sorrise. - L'ho visto oggi - aggiunse l'Inglese - sta qui all'Adlon Hotel.
Quella sera la signora Chambers incontrò per la prima volta Mr. C.: era - scrisse ella poi - « un uomo dall'aria distinta e correttamente vestito» con « un viso magro piuttosto truce », con « un fare che potrebbe dirsi sardonico e l'espressione di chi non una volta sola, ma parecchie ha visto in faccia la morte ».. La signora Chambers se ne innamorò al primo incontro.
Furono presentati l'uno all'altra. Mr. C. parlò quella sera alla signora Chambers « dello stato dell'Europa, della Russia, della Ceka » e, soprattutto, « della minaccia del bolscevismo ». Rivelò alla signora Chambers il suo vero nome: capitano Sidney George Reilly.
Dopo il fallimento della sua congiura del 1918 contro i Soviet, Sidney Reilly era stato rimandato in Russia dal ministro della Guerra Winston Churchill, a organizzare il servizio di spionaggio per conto del generale Deníkin. Reilly faceva anche da organo di collegamento tra Deníkin e i suoi vari alleati antisovietici europei. Nel 1919 e nel 1920, la spia britannica aveva svolto la sua attività a Parigi, Varsavia, Praga, organizzando eserciti antisovietici e agenzie di spionaggio e sabotaggio. Poi, era stato agen te semi-ufficiale per alcuni milionari zaristi emigrati, tra cui il suo vecchio amico e padrone conte Tchuberskij. Uno dei più ambiziosi progetti varati da Reilly in quel periodo fu il Torgprom, il cartello degli industriali emigrati zaristi e dei loro soci anglofrancesi e tedeschi.
Quale risultato delle sue operazioni finanziarie, Reilly aveva ammassato un considerevole patrimonio personale ed era direttore di numerose aziende, in passato legate all'alta finanza russa. Aveva coltivato importanti contatti internazionali e fra i suoi amici personali contava Winston Churchill, il generale Hoffmann e il capo di stato maggiore finlandese Wallenius.
L'odio fanatico contro la Russia sovietica non era diminuito nella spia britannica. L'annientamento del bolscevismo era adesso il motivo dominante della sua vita. Il suo entusiasmo per Napoleone, il conquistatore in spe della Russia, lo aveva reso un collezionista di cimeli napoleonici fra i più appassionati del mondo. La sua collezione valeva decine di migliaia di dollari. La figura del dittatore còrso lo affascinava.
« Un tenente di artiglieria còrso disperse le ceneri ancora calde della Rivoluzione francese - diceva Sidney Reilly. - E perché mai un agente dello spionaggio britannico con tante carte in mano non potrebbe diventare padrone di Mosca? »
Il 18 maggio 1923 la signora Chambers e il capitano Sidney Reilly si sposavano a Londra, nell'Ufficio di stato civile di Henrietta Street, Covent Garden. Fece da testimonio il capitano George Hill, il vecchio complice di Reilly a Mosca.
La signora Chambers non tardò a essere coinvolta nei fantastici intrighi della vita di suo marito. Essa scrisse più tardi:
« Gradualmente fui iniziata agli strani maneggi che si svolgevano dietro le scene della politica europea. Imparai che sotto la superficie di ogni capitale europea covava il fuoco della cospirazione degli esiliati contro i tiranni attuali del loro paese. A Berlno, a Pangi, a Praga, a Londra, piccoli gruppi di esiliati si riunivano, cospiravano, facevano piani. Helsingfors poi era perpetuamente agitata dalle cospirazioni che erano finanziate e secondate da parecchi governi europei. Sidney era appassionatamente interessato a tutto il movimento e gli dedicava molto tempo e denaro ».
Un giorno, un misterioso visitatore si presentò nell'appartamento londinese di Sidney Rei1ly. Dapprima si presentò come « Mr. Warner ». Aveva una gran barba nera che nascondeva quasi tutta la faccia, zigomi sporgenti e occhi freddi azzurro acciaio. Era di statura gigantesca e le sue lunghe braccia raggiungevano quasi i suoi ginocchi. Presentò le sue credenziali: un passaporto britannico, un documento d'identificazione scritto e firmato dal capo socialista-rivoluzionario Boris Sàvinkov a Parigi, e una lettera di presentazione di un eminente uomo politico britannico.
- Sarò a Londra per una settimana - disse il visitatore a Reilly - e conferirò col vostro Foreign Office.
« Mr. Warner » rivelò quindi il suo vero nome : Drebkov, già capo di uno dei gruppi « dei Cinque » nell'organizzazione cospirativa antisovietica organizzata da Rei1ly nel 1918 a Mosca. Adesso era un capo dell'organizzazione clandestina bianca a Mosca.
Drebkov venne quindi allo scopo della sua visita. - Abbiamo bisogno di un uomo in Russia, capitano Reilly - egli disse - un uomo che possa dar ordini e essere obbedito, ai cui ordini non si discuta, un uomo che sia un capo, un dittatore, se volete, come Mussolini in Italia , un uomo che con mano ferrea possa comporre i dissidi che dividono i nostri amici e faccia di noi lo strumento che colpirà dritto al cuore i tiranni della Russia!
- Perché non Sàvinkov ? - chiese Sidney Reilly. - Si trova a Parigi , è l'uomo che ci vuole per voi, una grande personalità, un vero grand'uomo, un capo, un organizzatore!

2 . « Un affare come un altro! »

Boris Sàvinkov, l'uomo a cui nel 1924 i più autorevoli circoli politici di Downing Street e del Quai d'Orsay guardavano come al futuro dittatore della Russia, era sotto molti aspetti uno degli uomini più notevoli emersi dal crollo della vecchia Russia. Sottile, pallido, calvo, con la voce bassa, sempre impeccabilmente vestito con la giacca a coda e le scarpe di vernice, Sàvinkov aveva più l'aspetto di un « direttore di banca », - come disse una volta il romanziere Somerset Maugham -, che del famoso terrorista e spietato controrivoluzionario che era in realtà. Aveva un ingegno multiforme e duttile. Winston Churchill, a cui Sàvinkov era stato presentato da Sidney Reilly, descrisse poi il terrorista russo nel suo libro Great Contemporaries come un uomo che univa « alla saggezza dell'uomo di Stato, le qualità di un comandante, il coraggio di un eroe, e la pazienza di un martire. L'intera vita di Sàvinkov - aggiunge Churchill - era trascorsa nella cospirazione ».
Da giovine, nella Russia zarista, Sàvinkov era stato uno dei dirigenti più in vista del Partito socialista-rivoluzionario. Insieme con quattro altri capi dirigeva l'Organizzazione di lotta del partito, un comitato di terroristi responsabile dell'organizzazione delle uccisioni dei funzionari zaristi. Il granduca Serghjéj, zio dello zar, e il ministro dell'Interno, V. K. Plehve, erano stati uccisi da tale organizzazione nei primi anni del secolo.
Fallito il primo tentativo di rovesciare lo zarismo nel 1905, Boris Sàvinkov si stancò della esistenza di rivoluzionario. Si dedicò alla letteratura. Scrisse un romanzo autobiografico sensazionale, Il cavallo pallido, in cui descriveva la parte avuta nell'assassinio di Plehve e del granduca Serghjéj. Vi raccontava come, travestito da agente britannico, fosse stato per intere giornate appostato in una casetta, in una strada secondaria, con un falso passaporto britannico in tasca e « tre chilogrammi di dinamite sotto la tavola », nell'attesa che la carrozza del granduca transitasse per quella strada.
Anni dopo, durante la guerra, il romanziere inglese Somerset Maugham, inviato in Russia dal Servizio segreto britannico per stabilire contatti con Sàvinkov, chiese al terrorista russo se non occorreva grande coraggio per compiere questi , assassinî. Sàvinkov replicò: - Niente affatto, credetemi. È un affare come un altro. Ci si abitua a queste cose.
Nel giugno del 1917, Boris Sàvinkov, assassino di professione e romanziere, fu nominato da Kèrenskij, dietro suggerimento dei consulenti alleati, Commissario politico della 7a armata sul fronte galiziano. Su insistenza di Sàvinkov, Kèrenskij nominò il generale Kornílov comandante in capo delle armate russe. Sàvinkov stesso fu nominato vice-ministro alla guerra. Egli era agente segreto per conto del governo francese e stava cospirando per rovesciare il regime di Kèrenskij e istituire una dittatura militare sotto Kornílov.
Dopo la rivoluzione bolscevica, Sàvinkov diresse la sollevazione antibolscevica di Jaroslavl, finanziata segretamente dai Francesi, che sarebbe dovuta coincidere con il fallito colpo di Stato di Reilly a Mosca. Le forze di Sàvinkov furono sbaragliate dall'esercito rosso ed egli stesso sfuggì alla cattura per puro miracolo. Lasciò il paese e diventò uno dei rappresentanti diplomatici dei Russi bianchi in Europa. Winston Churchill dice di lui nel volume Great Contemporaries: « Responsabile di tutte le relazioni con gli Alleati e con quegli stati baltici e confinanti, i quali non erano meno importanti e formavano allora il "cordone sanitario " dell'Occidente, l'ex nichilista diede prova di grandi capacità, sia di comando che di intrigo ».
Nel 1920 Sàvinkov si recò in Polonia. Con l'aiuto del suo buon amico, maresciallo Pilsudski, mise insieme circa 10 mila uomini , ufficiali e soldati, li armò e incominciò ad addestrarli per un altro attacco contro la Russia sovietica.
In seguito Sàvinkov trasferì il suo quartier generale a Praga. Agendo in stretto collegamento con il generale fascista Gajda, Sàvinkov creò un'organizzazione conosciuta col nome di « Guardie Verdi », composta per lo più di ex ufficiali zaristi e di terroristi controrivoluzionari. Le « Guardie Verdi » effettuarono una serie di colpi di mano attraverso la frontiera sovietica, derubando, saccheggiando, bruciando fattorie, massacrando operai e contadini e assassinando i funzionari sovietici locali. Per svolgere questa attività Sàvinkov si valeva della stretta collaborazione di varie agenzie di spionaggio europee.
I sistemi spietati di Sàvinkov, la sua personalità magnetica, le sue capacità organizzative veramente eccezionali esercitavano un fascino senza pari sugli emigrati bianchi e gli statisti europei antisovietici che ancora sognavano di rovesciare il governo sovietico. Talvolta, tuttavia, il passato di Sàvinkov poneva queste persone in una posizione imbarazzante. Nel 1919, a Parigi, quando Winston Churchill stava negoziando con l'ex primo ministro zarista Sazonov, venne fuori la questione Sàvinkov. Churchill così descrive l'incidente nel suo libro Great Contemporaries:
- Come ve l'intendete con Sàvinkov? - chiese Churchill.
L'ex primo ministro zarista fece un gesto di sconforto con le mani: - È un assassino! Non mi do pace di dover lavorare con lui! Ma che cosa si può fare? È un uomo competente, pieno di risorse, deciso. Nessun altro ha le sue doti.
Per Churchill la personalità di questo « assassino letterato », come egli lo chiamava, era stata per lungo tempo un interrogativo. D'accordo con Reilly che Sàvinkov era un uomo « cui si poteva affidare la direzione di grandi imprese », Churchill decise di presentarlo al primo ministro britannico, Lloyd George. Fu combinato un incontro molto riservato, a Chequers, residenza campestre del primo ministro inglese.
La stessa auto portò Churchill e Sàvinkov a Chequers. « Era domenica - racconta Churchill in Great Contemporaries. - Il primo ministro stava intrattenendo parecchi pastori della Chiesa libera ed era circondato da un coro di cantori gallesi i quali erano giunti dalla loro terra natale per rendergli omaggi canori. Per parecchie ore essi cantarono graziosamente degli inni gallesi: Dopo avvenne il nostro colloquio ».
Ma a Lloyd George non andava a genio che sul governo britannico cadesse la responsabilità di appoggiare Boris Sàvinkov. Secondo Lloyd George, il « peggio era passato » in Russia. L'esperimento bolscevico - controllo socialista dell'industrie - era, naturalmente, destinato al fallimento. I capi bolscevichi « di fronte alle responsabilità reali del governo » avrebbero abbandonato le loro teorie comuniste o « come Robespierre e Saint-Just avrebbero finito col prendersi per i capelli fra loro e perdere il potere.
Quanto alla « minaccia mondiale del comunismo » - di cui Churchill e l'Intelligence Service sembravano così preoccupati essa non esisteva, aggiunse Lloyd George...
- Signor primo ministro - osservò Sàvinkov col suo fare grave, cerimonioso, quando Lloyd George ebbe finito - voi mi concederete l'onore di osservare che dopo la caduta dell'Impero romano ci fu il Medioevo!

3. Il processo di Mosca, 1924.

Il 21 gennaio del 1924, la morte di Lenin risvegliò in Reilly nuove ardenti speranze. Dalla Russia i suoi agenti lo informavano che gli elementi all'opposizione stavano intensificando i loro sforzi per impadronirsi del potere. Entro lo stesso Partito bolscevico si stavano manifestando profondi dissensi e pareva che sorgesse la possibilità di trarre vantaggio da una seria scissione. Secondo Reilly il momento era adatto per vibrare il colpo.
Reilly si era convinto che i suoi vecchi piani di restaurare lo zarismo avevano fatto il loro tempo. La Russia si era allontanata dallo zarismo. Reilly credeva che si dovesse stabilire una dittatura poggiante sui contadini ricchi (kulaki) e sulle altre forze militari e politiche ostili al governo sovietico. Era convinto che Boris Sàvinkov fosse l'uomo ideale per instaurare in Russia il tipo di regime instaurato in Italia da Mussolini. La spia britannica viaggiava da una capitale d'Europa all'altra cercando di persuadere i servizi segreti e gli stati maggiori ad appoggiare la causa di Sàvinkov.
Una delle personalità più in vista che in quei giorni si unirono alla campagna antisovietica fu sir Henry Wilhelm August Deterding, di origine olandese, cavaliere dell'Impero britannico e capo del grande cartello internazionale del petrolio Royal Dutch Shell. Deterding era destinato a diventare il principale finanziatore e il portavoce dell'alta finanza della causa antibolscevica.
Grazie agli sforzi di Reilly, il re del petrolio americano divenne interessato nel Torgprom, l'organizzazione dei milionari zaristi emigrati. Da Liazanov e Mantascev a Parigi e da altri membri europei del Torgprom, molto abilmente Deterding fece regolare atto d'acquisto di alcune delle più importanti zone petrolifere della Russia sovietica. Al principio del 1924 il re del petrolio britannico, non essendo riuscito di assicurarsi il controllodel petrolio sovietico con la pressione diplomatica, si dichiarò « proprietario» del petrolio russo e denunciò il governo sovietico come illegale e al bando del mondo civile. Valendosi delle immense risorse della sua ricchezza, della sua influenza e dei suoi innumerevoli agenti segreti, sir Henry Deterding dichiarò guerra alla Russia sovietica, con la manifesta intenzione di assicurarsi il possesso dei ricchi pozzi petroliferi del Caucaso.
L'intervento di Deterding accentuò l'importanza della campagna di Sidney Reilly. La spia britannica stese rapidamente un piano concreto di attacco contro la Russia sovietica e lo sottopose ai membri interessati dei vari stati maggiori europei. Il piano - una variante del piano Hoffmann - prevedeva una doppia azione, politica e militare.
Il piano di Reilly ebbe l'approvazione e l'appoggio dei dirigenti antibolscevichi degli stati maggiori della Francia, Polonia, Finlandia e Romania. Il Foreign Office dimostrò un interesse speciale per la proposta di separare il Caucaso dalla Russia. Il dittatore fascista Mussolini invitò a uno speciale colloquio a Roma Boris Sàvinkov. Mussolini desiderava conoscere Il « dittatore russo ». Offrì di fornire passaporti italiani agli agenti di Sàvinkov per facilitar loro il passaggio della frontiera russa durante la preparazione dell'attacco. Il duce accettò inoltre di raccomandare alle sue legazioni estere e alla sua polizia segreta, l'Ovra di assistere Sàvinkov in ogni modo.
Secondo le parole di Reilly « una grande cospirazione controrivoluzionaria era prossima alla maturazione ».
Il 10 agosto 1924, dopo una lunga discussione finale con Reilly, Boris Sàvinkov, munito di passaporto italiano, partì per la Russia. Era accompagnato da pochi aiutanti ed elementi fidati delle sue Guardie Verdi. Passato il confine sovietico avrebbe dovuto preparare gli ultimi particolari per la insurrezione generale. Era stata presa ogni precauzione per impedire che Sàvinkov fosse identificato. Appena entrato nel territorio sovietico avrebbe dovuto incontrarsi con rappresentanti del movimento bianco clandestino, che si erano assicurati la complicità del funzionari sovietici nelle città di confine. Sàvinkov avrebbe dovuto inviare un messaggio, a mezzo di un corriere segreto, a Rellly, per annunciargli di essere arrivato in Russia sano e salvo.
Passavano i giorni e Sàvinkov non si faceva vivo. A Parigi, Reilly attendeva con impazienza e apprensione crescenti, impossibilitato di agire finché il corriere non fosse giunto. Passò una settimana, una seconda...
E infine Reilly scoprì quel che era accaduto a Boris Sàvinkov.
Il 29 agosto 1924 il giornale sovietico « Izvestia » annunciò che « l'ex terrorista e controrivoluzionario Boris Sàvinkov » era stato arrestato dalle autorità sovietiche « dopo aver passato clandestinamente la frontiera sovietica ».
Sàvinkov e i suoi aiutanti avevano attraversato la frontiera in Polonia. Sul suolo sovietico erano stati ricevuti da un gruppo di uomini che essi credettero cospiratori e condotti in una casa a Minsk. Appena giunti era comparso un ufficiale sovietico armato ad annunciare che la casa era accerchiata. Sàvinkov e i suoi compagni erano caduti in una trappola. .
L'arresto di Sàvinkov e il fallimento della congiura costituivano già di per sé un'amara pillola per Sidney Reilly e per i suoi amici; ma il processo pubblico di Sàvinkov, che fu tenuto poco dopo a Mosca, fu un colpo ancora più duro. Tra l'orrore e lo stupore delle molte personalità di primo plano implicate nella faccenda, Boris Sàvinkov cominciò a esporre per filo e per segno i particolari della cospirazione. Con grande calma, incominciò coll'informare il tribunale che, fin da quando aveva attraversato il confine sovietico, sapeva che sarebbe caduto in una trappola. « Avete fatto un buon colpo mettendomi dentro - Sàvinkov aveva dichiarato all'ufficiale sovietico che l'aveva arrestato. - A dire il vero, io fiutavo un tranello. Ma decisi di venire in Russia ad ogni costo. E vi dirò il perché... Avevo deciso di non più lottare contro di voi! »
Sàvinkov dichiarò di aver finalmente aperto gli occhi e di aver capito che il movimento antisovietico era futile e sbagliato. Si descrisse davanti al tribunale come un patriota onesto ma sviato, che a poco a poco aveva perduto fiducia nel carattere e negli scopi dei suoi soci.
Sàvinkov aggiunse che gli elementi antisovietici all'estero non si interessavano del movimento in sé, ma unicamente di ottenere i pozzi petroliferi russi e altre ricchezze minerarie. - Mi hanno parlato sovente e insistentemente - disse, a proposito dei suoi consiglieri inglesi - dell'opportunità di costituire una federazione sud-orientale formata dal Caucaso meridionale e dalla Transcaucasia. Questa Federazione, secondo loro, sarebbe stato soltanto il principio: l'Azerbagian e la Georgia ne avrebbero dovutofar parte in un secondo tempo. Qui si poteva sentire l'odor del petrolio!
Sàvinkov descrisse quindi le trattative con Churchill:
- Churchill mi ha mostrato una volta la carta della Russia meridionale in cui le posizioni di Deníkin e del vostro esercito erano segnate con bandierine. Ricordo ancora la mia indignazione quando andai a trovarlo ed egli mi disse d'improvviso, indicandole bandierine di Deníkin : « Ecco il mio esercito! » Non risposi: mi sentivo come inchiodato al suolo. Stavo per uscire dalla stanza, ma poi pensai che se avessi fatto uno scandalo e sbattuto la porta dietro di me, i nostri soldati in Russia sarebbero rimasti senza scarpe.
- Per qual ragione gli Inglesi e i Francesi vi rifornirono di scarpe, munizioni, mitragliatrici e cosi via? - chiese il presidente del tribunale.
- Ufficialmente, i loro scopi erano molto nobili - replicò Sàvinkov. - Noi eravamo alleati fedeli, voi eravate i traditori, eccetera. Ma nello sfondo ecco quello che c'era : al minimo, petrolio che è una cosa di indubbio valore. Tutt'al più, lasciate che i Russi si accapiglino tra loro: meno ne rimangono vivi, tanto meglio per noi. Tanto più debole rimarrà la Russia.
La sensazionale deposizione di Sàvinkov durò due giorni. Egli raccontò tutta la sua carriera di cospiratore. Fece i nomi dei più noti statisti e finanzieri in Inghilterra, Francia e altri paesi europei che lo avevano aiutato. Dichiarò di esserne diventato lo strumento, contro la propria volontà.
Il tribunale sovietico condannò Boris Sàvinkov a morte come traditore della patria, ma, grazie alla sua completa e sincera confessione, la pena fu tramutata in dieci anni di carcere [1].
Appena la notizia dell'arresto di Sàvinkov era giunta a Parigi, insieme a quella ancora più sorprendente del suo atto di contrizione, Sidney Reilly era ritornato precipitosamente a Londra per conferire con i suoi superiori. L'8 settembre 1924, il « Morning Post », organo dei Tories antibolscevici, pubblicava una lunga e sensazionale dichiarazione di Reilly. Reilly dichiarava che il processo di Sàvinkov a Mosca non c'era mai stato. Affermava categoricamente che Sàvinkov era stato ucciso mentre attraversava la frontiera sovietica e che il processo era una frode colossale: « Sàvinkov è stato ucciso mentre tentava di attraversare la frontiera russa, ed una parodia di processo a porte chiuse è stata inscenata dalla Ceka a Mosca » [2].
Reilly difendeva vigorosamente l'onestà di Sàvinkov come cospiratore antisovietico:
« Mi dichiaro onorato di essere stato uno dei suoi amici più intimi e suo seguace devoto, e su me ricade il sacro dovere di difendere il suo onore... Ho trascorso con Sàvinkov i giorni precedenti alla sua partenza per l'Unione Sovietica. Godevo della sua piena fiducia e i suoi piani erano stati elaborati con me di comune accordo »,
La dichiarazione di Reilly terminava con un appello al redattore del « Morning Post »: « Sir, mi appello a voi, il cui giornale è sempre stato il campione dichiarato dell'antibolscevismo e dell'anticomunismo, pregandovi di aiutarmi a difendere il nome e l'onore di Borir Sàvinkov! »
Contemporaneamente Reilly inviava a Churchill una lettera riservata, di cui ogni parola era stata accuratamente pesata:

« Caro Signor Churchill:
« La sciagura toccata a Boris Sàvinkov ha sicuramente prodotto un'impressione estremamente dolorosa su di voi. Né io né alcuno dei suoi più intimi amici e collaboratori siamo sin qui riusciti ad avere notizie veramente attendibili sulla sua sorte. È nostra convinzione che egli sia caduto vittima di uno dei più bassi e più audaci intrighi che la Ceka abbia mai inscenato. La nostra opinione è espressa nella lettera che mando oggi stesso al « Morning Post ». Conoscendo il vostro cortese interesse mi prendo la libertà di unirvene una copia per vostra conoscenza.
« Rimango, mio caro signor Churchill,
il vostro SIDNEY REILLY »

L'autenticità del processo non tardò però ad essere comprovata e Reilly fu obbligato a inviare un'altra lettera al « Morning Post ».
La lettera diceva:

« I comunicati stampa, particolareggiati e spesso stenografati, del processo Sàvinkov, convalidati dalla testimonianza di testimoni oculari degni di fede e imparziali, hanno provato senza possibilità di dubbio il tradimento di Sàvinkov. Non soltanto egli ha tradito i suoi amici, la sua organizzazione e la sua causa, ma è deliberatamente e completamente passato dalla parte dei suoi ex nemici... Con il suo atto Sàvinkov ha cancellato per sempre il suo nome dall'albo d'onore del movimento anticomunista.
« I suoi vecchi amici e seguaci deplorano la sua tragica e ingloriosa fine, ma coloro che mai per nessuna ragione verranno a patti con i nemici dell'umanità rimangono incrollabili. Il suicidio morale del loro ex capo è per loro un incentivo a stringere le loro file e a " continuare la lotta ".
Vostro, ecc. SIDNEY REILLY »

Poco dopo, Reilly riceveva un prudente biglietto di Churchill:

CHARTWELL MANOR
Westerham, Kent
15 setternbre 1924
« Caro signor Reilly,
« La vostra lettera mi ha molto interessato. Gli avvenimenti hanno preso la piega che mi attendevo. Non credo che voi dobbiate giudicare Sàvinkov con eccessiva severità. Egli si trovava in una situazione terribile; e soltanto coloro che hanno superato vittoriosamente una tale prova hanno il diritto di condannarlo. A ogni modo, attendo di conoscere la fine della storia prima di cambiare la mia opinione su Sàvinkov.
Vostro W. S. CHURCHILL »

La pubblicazione della confessione e della testimonianza di Sàvinkov imbarazzò oltre ogni dire coloro che avevano secondato la sua causa in Inghilterra. Nel bel mezzo dello scandalo, Reilly fu spedito in tutta fretta negli Stati Uniti. Churchill si ritirò temporaneamente nella sua residenza di campagna nel Kent. Il Foreign Office britannico si chiuse in un discreto silenzio.
Ma l'epilogo sensazionale doveva ancora venire.
Verso la fine dell'ottobre del 1924, pochi giorni prima delle elezioni generali in Inghilterra, nel « Daily Mail » di Lord Rothermere veniva annunciato a caratteri cubitali che Scotland Yard aveva scoperto un sinistro complotto sovietico contro l'Inghilterra. Come prova documentata della congiura il « Daily Mail » pubblicava la nota « lettera di Zinoviev », cioè le pretese istruzioni di Grigori Zinoviev, capo russo del Comintern, ai comunisti inglesi sul modo di sconfiggere i Tories nelle imminenti elezioni.
Era la risposta dei Tories alla confessione di Sàvinkov; ed ebbe il suo effetto. I conservatori vinsero le elezioni ponendosi su una piattaforma violentemente antibolscevica.
Parecchi anni dopo, Sir Wyndham Childs di Scotland Yard rivelava che in realtà non c'era mai stata nessuna lettera di Zinoviev. Il documento era un falso e vari agenti stranieri erano implicati nella sua compilazione. Per le origini occorreva risalire nell'ufficio di Berlino del colonnello Walther Nicolaï, ex capo dell'Ufficio Informazioni della Germania imperiale, che ora lavorava in stretta intesa con il Partito nazista. Sotto la direzione di Nicolaï, una Guardia bianca baltica, il barone Uexhuell - che fù poi alla testa dei servizi stampa nazisti aveva creato nella capitale tedesca un ufficio speciale dove si fabbricavano documenti antisovietici e si dava a queste falsificazioni la diffusione più ampia e la pubblicità più clamorosa.
La consegna della falsa lettera di Zinoviev al Foreign Office e, quindi, al « Daily Mail » era stata effettuata, a quanto si diceva, da George Bell, un misterioso agente internazionale. Bell era al soldo del magnate del petrolio anglo-americano, Sir Henry Deterding.

[1] Sàvinkov si ebbe un trattamento particolarmente benevolo da parte delle autorità sovietiche durante la sua prigionia. Godeva di particolari privilegi, otteneva tutti i libri che desiderava, era libero di scrivere. Ma egli bramava la libertà. Il 7 maggio 1925 rivolse una lunga supplica a Felice Dzerzinskij, capo della Ceka, implorando il condono e dichiarandosi pronto a fare tutto quel che il governo sovietico gli avrebbe chiesto. Il ricorso fu respinto. Poco dopo Sàvinkov si uccideva gettandosi dalla finestra della prigione.
[2] Questa è la prima delle molte stravaganti « spiegazioni » che furono date dai nemici dell'Unione Sovietica negli anni che seguirono la rivoluzione in un tentativo di screditare le ammissioni dei cospiratori stranieri e dei traditori russi nei tribunali sovietici. Queste « spiegazioni » raggiunsero la fase acuta durante i cosiddetti processi di Mosca (1936-1938). V. libro III.


Capitolo nono
Alla frontiera finlandese


1. Antibolscevismo a Broadway.

Una delegazione di Russi bianchi si trovava sulla banchina del Nieuw Amsterdam per dare il benvenuto a Sidney Reilly e a sua moglie al loro arrivo in America nell'autunno del 1924. Fiori, champagne e discorsi infiammati accolsero l'« eroe della crociata antibolscevica ». Reilly non tardò a trovarsi di casa negli Stati Uniti. Aprì un ufficio in Broadway, che diventò ben presto il quartier generale dei cospiratori antisovietici e Russi bianchi negli Stati Uniti. Una voluminosa propaganda antisovietica proveniente dall'ufficio di Reilly incominciò a circolare negli Stati Uniti, a raggiungere influenti case editrici, giornalisti, insegnanti, uomini politici e d'affari. Reilly intraprese un giro di conferenze per informare il pubblico americano delia « minaccia del bolscevismo, il pericolo che rappresentava per la civiltà e il commercio del mondo intero ». Ebbe numerosi « colloqui confidenziali » con piccoli gruppi scelti di uomini di Wall Street e con industriali facoltosi in varie città americane.
Lo scopo di Reilly era di creare sul suolo americano un ramo della Lega Internazionale Antibolscevica, che avrebbe dovuto appoggiare potentemente le diverse congiure antisovietiche che egli andava tramando in Europa e in Russia. Altre sezioni della Lega di Reilly erano già all'opera a Berlino, Londra, Parigi e Roma e così pure lungo tutto il cordone sanitario degli Stati baltici e balcanici. In Estremo Oriente, a Harbin, in Manciuria, era sorta una sezione della Lega finanziata dal Giappone, diretta dal noto terrorista cosacco, l'ataman Semjonov. Negli Stati Uniti non esisteva ancora un'organizzazione di tal fatta. Ma esisteva però un'ottima materia prima con cui crearla...
I Russi bianchi amici di Reilly presentarono quest'ultimo ai loro finanziatori americani più autorevoli e più ricchi, da cui si attendevano larghi contributi di denaro per finanziare il movimento antisovietico.
« Per quel che riguarda il denaro, il mercato per questa specie di imprese si trova qui e soltanto qui - Reilly scriveva quell'anno in una lettera riservata a uno dei suoi agenti in Europa -. Ma, per ottenere denaro, occorre esser qui con un programma molto preciso e convincente e con prove inconfutabili che la minoranza interessata ha la possibilità di intraprendere e di effettuare entro un ragionevole periodo di tempo la riorganizzazione dell'affare ».
La « minoranza interessata » a cui Reilly si riferiva nel suo linguaggio cifrato era il movimento antisovietico in Russia, la « riorganizzazione dell 'affare » il rovesciamento del governo sovietico. Reilly aggiungeva:
« Con tali premesse, sarebbe possibile avvicinare per primo il più grande produttore di automobili, che potrebbe essere interessato nei brevetti purché gli si dia prova (e non chiacchiere soltanto) che i brevetti hanno possibilità di successo. Una volta conquistato il suo interesse, la questione denaro si può considerare risolta ».
Secondo le memorie della signora Reilly, il marito si riferiva a Henry Ford.
Come Henry Deterding in Inghilterra e Fritz Thyssen in Germania, il re americano dell'automobile Henry Ford, si era immedesimato con l'antibolscevismo mondiale e con il fenomeno fascista in rapido sviluppo. Secondo il « New York Times » del1'8 febbraio 1923, il vice-presidente della Dieta bavarese, Auer, aveva dichiarato pubblicamente:
« La Dieta bavarese è da lungo tempo informata che il movimento di Hitler è stato in parte finanziato da un dirigente antisemita americano, Henry Ford. L'interessamento di Ford pel movimento antisemita bavarese è incominciato un anno fa quando gli agenti di Ford presero contatto con il noto pangermanista Dietrich Eckart... L'agente fece ritorno in America e immediatamente il denaro del signor Ford cominciò ad affluire a Monaco. Hitler si vanta apertamente dell' appoggio di Ford ed elogia Ford non come un grande individualista, ma come un grande antisemita ».
Nel piccolo modesto ufficio di Via Cornelius a Monaco, dove Adolf Hitler aveva il suo quartier generale, una sola fotografia incorniciata era appesa al muro: era il ritratto di Henry Ford.

2. Fine di Sidney Reilly.

Grazie agli sforzi di Reillv, si stabilirono contatti tra il movimento antisemita e antidemocratico degli Stati Uniti e i rami europei ed asiatici della Lega Internazionale antibolscevica. Fin dalla primavera del 1925 il terreno era preparato per un'organizzazione internazionale di propaganda fascista e per un centro di spionaggio operante sotto la maschera dell' « antibolscevismo ».
Frattanto, Reilly si manteneva in stretto contatto con i suoi agenti in Europa. Riceveva messaggi regolarmente da Reval, da Helsinki, da Roma; Berlino e da altri centri di intrighi antisovietici. La maggior parte di queste lettere indirizzate all'ufficio di Reilly a New York erano cifrate o scritte con inchiostro simpatico sul retro di lettere d' affari dall'apparenza innocua.
Al principio di quella primavera, Reilly ricevette una lettera proveniente da Reval in Estonia che lo turbò profondamente. La lettera, cifrata, era di un vecchio amico, il comandante E., che aveva prestato servizio con Reilly nell'lnteIIigence Service britannico durante la guerra e che ora era impiegato presso il consolato britannico di uno dei paesi baltici. La lettera datata 24 gennaio 1925 incominciava:

« Caro Sidney,
« Due persone mandate da me, i coniugi Krashnoshtanov, verranno probabilmente a trovarvi a Parigi. Vi diranno di avere un messaggio per voi dalla California e vi daranno una nota consistente in un poemetto di Ornar Khayyam (sic) che voi ricorderete. Se volete conoscer meglio i loro affari, potete chieder loro di rimanere. Se la faccenda non vi interessa direte loro: " Mille grazie. Addio " ».

Nel codice usato dal comandante E. e da Reilly « Krashnoshtanov » significava un agente antisovietico di nome Schultz e sua moglie; « California » significava l'Unione Sovietica e il « poemetto di Ornar Khayyam » uno speciale messaggio cifrato. La lettera del Comandante E. continuava come segue:
« E ora veniamo ai loro affari. Essi rappresentano una ditta che probabilmente avrà in futuro una grande influenza sul mercato europeo e su quello americano. Essi ritengono che il loro giro d'affari potrà avere pieno sviluppo in non meno di due anni, ma si potrebbero produrre circostanze che diano loro lo slancio desiderato nel prossimo futuro. Si tratta di un affare veramente importante e intorno al quale non serve far chiacchiere... »
Il comandante E. proseguiva dicendo che un « gruppo tedesco » era molto interessato alla partecipazione all'« affare » e che un « gruppo francese » e un « gruppo inglese » stavano per entrarvi attivamente.
Riferendosi di nuovo alla « ditta » che, secondo le sue indicazioni, operava in Russia, il comandante E. scriveva:
« Per il momento essi rifiutano di rivelare a chiunque il nome dell'uomo che è nello sfondo di quest'impresa . Posso dirvi solo questo: che alcuni dei personaggi principali sono membri dei gruppi d'opposizione. Perciò, capirete pienamente la necessità della segretezza... Io vi presento questo schema pensando che potrà forse sostituire l'altro grande schema sul quale voi lavoravate, ma che è fallito in maniera cosi disastrosa ».
Sidney Reilly e sua moglie lasciarono New York il 6 agosto 1925. Nel mese seguente arrivarono a Parigi e Reilly cercò subito contatti con gli Schultz, dei quali il comandante E. gli aveva scritto. Essi descrissero la situazione in Russia, dove, dopo la morte di Lenin, il movimento d'opposizione alleatosi con Lev Trotskij era stato organizzato in un vasto apparato clandestino, mirante a rovesciare il regime staliniano.
Reilly si convinse presto della primaria importanza dei nuovi sviluppi della situazione. Cercò ansiosamente di entrare nel più breve tempo in contatti personali con i dirigenti della fazione anti-staliniana in Russia. Furono scambiati messaggi attraverso agenti segreti. Infine, si concordò che Reilly doveva incontrarsi alla frontiera sovietica con un rappresentante importante del movimento. ReiIly andò a Helsinki per vedere il capo di stato maggiore dell'esercito finlandese, suo stretto amico personale e membro della sua Lega antibolscevica, il quale doveva prendere le disposizioni necessarie per far varcare a Reilly la frontiera sovietica.
Poco dopo, Reilly scrisse alla moglie, rimasta a Parigi:
« In Russia si sta preparando realmente qualche cosa di completamente nuovo, di grandioso, e di fronte al quale non possiamo restare inattivi ».
Una settimana dopo, il 25 settembre 1925, Reilly inviò a sua moglie da Viborg, in Finlandia, un biglietto scritto in fretta in cui diceva: « È assolutamente necessario che io vada per tre giorni a Pietrogrado e a Mosca. Parto stanotte e sarò di ritorno qui la mattina di martedì ».
Fu questa l'ultima lettera scritta dal capitano Sidney Reilly dell'lntelligence Service inglese.
Dopo alcune settimane, non avendo ancora ricevuto notizie dal marito, la signora Reilly si mise in contatto con Marie Schultz, complice di Reilly a Parigi. La signora Reilly riferì più tardi nelle sue memorie la loro conversazione.
- Quando vostro marito arrivò qui - le disse la signora Schultz - gli spiegai esattamente lo stato delle cose circa la nostra organizzazione. Abbiamo dalla nostra parte alcuni dei più importanti funzionari bolscevichi di Mosca, che bramano di farla finita con l'attuale regime, purché possa essere garantita la loro sicurezza.
- Il capitano Reilly - continuò la signora Schultz - era stato da principio piuttosto scettico. Disse che l'aiuto estero per una nuova avventura contro la Russia sovietica poteva essere cercato soltanto se il gruppo dei cospiratori all'interno del paese avesse una certa forza reale. Gli assicurai che la nostra organizzazione in Russia era potente, influente e ben collegata.
La signora Schultz proseguì riferendo che l'incontro fra Reilly e i rappresentanti dell'organizzazione cospirativa russa era stato fissato a Viborg, in Finlandia: - Al capitano Reilly, costoro fecero una profonda impressione - disse la signora Schultz -, specialmente il loro capo, un altissimo funzionario bolscevico, il quale cela sotto il manto del suo ufficio la più ardente ostilità verso l'attuale regime.
Il giorno seguente, accompagnato dalle guardie di pattuglia finlandesi, Reilly e i cospiratori russi si erano incamminati verso la frontiera. - Personalmente - disse la signora Schultz - andai solo fino alla frontiera per augurar loro buon viaggio. - Rimasero in una capanna finlandese sulla riva del fiume fino al cader della notte. - Aspettammo a lungo mentre i Finlandesi stavano ansiosamente in ascolto della pattuglia rossa, ma tutto era tranquillo. Infine uno dei Finlandesi scese cautamente nell'acqua e, un po' nuotando, un po' camminando, attraversò il fiume. Vostro marito lo seguì...
Fu questa l'ultima volta che la signora Schultz vide il capitano Reilly.
Finito il suo racconto, la signora Schultz porse alla signora Reilly il ritaglio di un giornale russo, le « Izvestia». Diceva:
« Nella notte del 28-29 settembre, quattro contrabbandieri tentarono di oltrepassare la frontiera finlandese: due furono uccisi, uno, un soldato finlandese, fatto prigioniero e il quarto ferito a morte ... »
I fatti, come vennero precisati più tardi, furono questi. Reilly aveva passato felicemente la frontiera sovietica e parlato con alcuni membri dell'opposizione russa antistaliniana. Si trovava sulla via del ritorno e in prossimità della frontiera finlandese, quando, insieme alle sue guardie del corpo, fu improvvisamente avvicinato da un'unità delle guardie di confine sovietiche. Reilly e gli altri tentarono di fuggire. Le guardie fecero fuoco. Una pallottola colpì Reilly in fronte, uccidendolo sull'istante.
Solo diversi giorni dopo, le autorità sovietiche identificarono il « contrabbandiere » che avevano ucciso. Dopo l'identificazione annunziarono formalmente la morte del capitano Sidney George Reilly dell'lntelligence Service inglese.
Il « Times» di Londra pubblicò un necrologio di due righe: Sidney Reilly ucciso il 28 settembre nel villaggio di Allekul, in Russia, da truppe della Ghepeú.
 
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