Comunismo - Scintilla Rossa

The Great Conspiracy. The Secret War Against Soviet Russia, M. Sayers, A. E. Kahn

« Older   Newer »
  Share  
-Bardo-
view post Posted on 30/3/2011, 15:00 by: -Bardo-




Quarto e quinto capitolo.
Leggendo specialmente il quinto si puo' dire che da allora il ruolo dei grandi quotidiani nel fare propaganda sporca e nel diffondere notizie false non e' cambiato per nulla...

----------------------------------------------

Capitolo quarto
Avventura siberiana


1. « Aide-mémoire »

Il 2 agosto 1918, il giorno in cui le truppe britanniche sbarcavano ad Arcangelo, il generale americano William S. Graves, comandante della 8a divisione di Camp Fremont, Palo Alto, California, riceveva un messaggio cifrato dal Dipartimento di Stato di Washington. La prima frase diceva:
« Non dovete rivelare a nessun membro del vostro stato maggiore e a nessun altro il contenuto di questo messaggio».
Il messaggio ordinava quindi al generale Graves di « prendere il primo rapido in partenza da San Francisco per Kansas City, e qui di recarsi all'Hotel Baltimore dove avrebbe incontrato il Segretario di Stato». Il messaggio non dava ragione né del perché di tale urgenza, né della durata dell'assenza.
Il generale Graves, vecchio soldato provato, non era abituato a fare domande alle quali non sarebbe stato risposto. Cacciò pochi indumenti in una valigetta, e due ore dopo era sul treno Santa Fé-San Francisco.
Quando giunse a Kansas City trovò ad aspettarlo alla stazione Newton D. Baker, Segretario alla Guerra.
Il Segretario aveva fretta. Doveva prendere il treno subito, disse. In due parole spiegò a Graves la ragione del misterioso incontro. Il Dipartimento di Stato aveva deciso di affidare a Graves il comando del corpo di spedizione americano in procinto di partire per la Siberia.
Il segretario Baker porse quindi a Graves una busta sigillata : « Qui troverete le direttive della politica degli Stati Uniti in Russia a cui dovrete attenervi. Fate attenzione: camminerete su uova cariche di dinamite. Dio vi benedica e addio».
Quella notte, solo nella sua stanza d'albergo a Kansas City, il generale Graves aprì la busta sigillata. Conteneva un memorandum intitolato Aide-mémoire, non firmato e così contrassegnato in calce: Dipartimento di Stato, Washington, D. C., 17 luglio 1918.
Cominciava con alcune generalità circa « il cuore di tutto il popolo americano» impegnato a « vincere la guerra». Era necessario continuava il documento che gli Stati Uniti « collaborassero senza riserve» in ogni modo possibile, con gli Alleati contro la Germania. E infine il memorandum giungeva al nocciolo della questione :
« Il governo degli Stati Uniti ha la convinzione precisa e definitiva, maturata dopo un accuratissimo esame dell'intera situazione in Russia, che un intervento militare in questo paese non farebbe che accrescere la confusione piuttosto che diminuirla, sarebbe dannoso anziché conveniente e non favorirebbe il raggiungimento del nostro scopo principale, che è di vincere la guerra contro la Germania. Detto governo non può quindi, per principio, prendere parte a tale intervento o sanzionarlo ».
Con questa chiara e precisa dichiarazione di principi il generale Graves si trovava in pieno accordo. Ma perché mai dunque gli veniva affidato il comando delle truppe americane in territorio russo? Sconcertato il generale proseguì la lettura :
« Un'azione militare in Russia è ammissibile, dal punto di vista del governo degli Stati Uniti, unicamente per aiutare i Cecoslovacchi a consolidare le loro forze e a cooperare con successo con loro fratelli slavi »,
Cecoslovacchi? In Russia?
- Andai a letto - scrisse più tardi il generale Graves nel suo libro, American-Siberian Adventure, - ma non mi riusciva di prender sonno. Continuavo a chiedermi che cosa facevano le altre nazioni e perché non mi si dava qualche informazione su quanto accadeva in Siberia.
Se il generale Graves avesse conosciuto la risposta alle domande che lo tenevano sveglio, sarebbe stato assai più turbato di quel che già non fosse, quella notte d'estate, a Kansas City.

2 . Intrighi a Vladivostòk.

Verso l'inizio dell'estate del 1918, mentre viaggiava sulla Transiberiana, diretto verso est, Raymond Robins aveva scorto fermi sui binari di smistamento vagoni carichi di soldati cecoslovacchi. I Cèchi, obbligati contro la loro volontà a servire nell'esercito austro-ungarico, avevan disertato in largo numero ed erano passati nelle linee russe prima ancora della Rivoluzione. L'alto comando imperiale russo li aveva inquadrati in un esercito cèco che combatteva a fianco dei Russi contro le forze austro-tedesche. Caduto Kèrenskij, il governo sovietico aveva accettato la proposta alleata di trasportare le truppe ceche a Vladivostòk, dove sarebbero state imbarcate per raggiungere - dopo, un viaggio intorno al globo - le forze alleate sul fronte occidentale. Più di 50 mila soldati cèchi erano sparpagliati lungo le 5 mila miglia (8300 chilometri) ,della ferrovia Kazàn-Vladivostòk.
I soldati cèchi credevano di andare in Europa a combattere per l'indipendenza della Cecoslovacchia; ma i loro capi - i generali reazionari Gajda e Sirovy - avevano altri piani. In combutta con alcuni uomini di stato alleati, macchinavano di servirsi delle truppe cèche per rovesciare il governo sovietico.
In base agli accordi tra gli alleati e il governo sovietico, i Cèchi avrebbero dovuto consegnare le loro armi alle autorità sovietiche durante la traversata del territorio sovietico. Ma, il 4 giugno 1918, l'ambasciatore David R. Francis aveva avvertito confidenzialmente suo figlio che stava «elaborando un piano per impedire, se possibile », il disarmo dei Cèchi, L'ambasciatore americano aggiungeva:
«Non ho da Washington né istruzioni né autorità per incoraggiare questi uomini a disobbedire agli ordini del governo sovietico, a parte un'espressione di simpatia da parte del Dipartimento di Stato. Ma non è la prima volta che mi assumo delle responsabilità »,
Obbedendo agli ordini dei generali Gajda e Sirovy, i Cèchi rifiutarono di consegnare il loro equipaggiamento militare alle autorità sovietiche. Simultaneamente, lungo tutta la Transiberiana scoppiarono tumulti. Le truppe cèche, ben addestrate e abbondantemente equipaggiate, s'impadronirono di molte delle località in cui erano dislocate, rovesciando i Soviet locali e li sostituirono con amministrazioni antisovietiche.
Durante la prima settimana di luglio, con l'aiuto di controrivoluzionari russi, il generale Gajda inscenò un colpo di forza a Vladivostòk e istituì in quella città un regime antisovietico. Le strade erano coperte di manifesti firmati dall'ammiraglio Knight della marina americana, dal vice-ammiraglio Kato della marina giapponese, dal colonnello Pons della Missione francese e dal capitano Badiura dell'esercito cecoslovacco, che era diventato il comandante della città occupata. Il proclama informava la popolazione che l'intervento delle potenze alleate avveniva « in uno spirito di amicizia e simpatia per il popolo russo ».
Il 22 luglio 1918, cinque giorni dopo che il Dipartimento di Stato americano aveva parafato il suo Aide-mémoire sulla necessità di inviare le truppe americane in Siberia per aiutare le truppe cèche, il console americano a Mosca, De Witt Clinton Pole, inviava al console americano ad Omsk il seguente telegramma cifrato:
« Potete informare confidenzialmente i capi cecoslovacchi che, in attesa di ulteriori notizie, sarebbe desiderio degli Alleati, dal punto di vista politico, che essi mantenes sero le loro posizioni attuali. D'altra parte, essi non debbono esitare di fronte alle esigenze militari. È desiderabile in primo luogo che essi si assicurino il controllo della Transiberiana, e quindi, se possibile, che mantengano il controllo sul territorio in loro possesso. Informate i rappresentanti francesi che il console generale francese si associa a queste istruzioni » [1].
Il pretesto addotto dalle potenze alleate per giustificare l'invasione della Siberia nell'estate del 1918 fu quello di salvare i Cèchi dagli attacchi non provocati delle truppe rosse dei prigionieri di guerra tedeschi armati dai bolscevichi. Tutta la primavera e l'inverno i giornali inglesi, francesi e americani furono pieni della sensazionale notizia che i bolscevichi stavano armando « decine di migliaia di prigionieri tedeschi e austriaci in Siberia » per combattere i Cèchi. Il « New York Times » riferì che nella sola città di Tomsk 60 mila Tedeschi erano stati equipaggiati dai Rossi.
Il capitano Hicks del Servizio di spionaggio americano, il capitano Webster della Missione americana della Croce Rossa, il maggiore Drysdale, addetto militare americano a Pechino, si recarono in Siberia, con il permesso delle autorità sovietiche, per compiere un'inchiesta . Dopo settimane di accurate indagini, i tre uomini giunsero alla stessa conclusione: che in Siberia non c'erano né prigionieri tedeschi né austriaci. Le accuse, dichiararono i tre ufficiali, erano montature propagandistiche della più bell'acqua, ispirantisi al deliberato proposito di coinvolgere gli Alleati in una guerra contro la Russia sovietica [2].
Il 3 agosto 1918 le truppe britanniche sbarcarono a Vladivostòk,
« Noi veniamo - dichiarava 1'8 agosto il governo britannico al popolo russo - per impedire il vostro smembramento e la vostra distruzione da parte della Germania... Vi assicuriamo solennemente che non occuperemo un pollice del vostro territorio. I destini della Russia sono nelle mani del popolo russo. Sta a lui, e a lui soltanto, di decidere sulla propria forma di governo e di trovare una soluzione per i propri problemi sociali ».
Il 16 agosto sbarcava il ,primo distaccamento americano:
« Un'azione militare in Russia è ammissibile ora - dichiarava Washington - soltanto per proteggere e aiutare nei limiti delle nostre possibilità i Cecoslovacchi contro i prigionieri armati tedeschi e austriaci che li attaccano, e per appoggiare ogni tentativo di autogoverno e di autodifesa per cui gli stessi Russi siano disposti ad accettare il nostro aiuto ».
I Giapponesi sbarcarono altre forze quello stesso mese.
« Nel seguire questa politica - annunciava Tokio - il governo giapponese seconda il suo desiderio di promuovere relazioni di amicizia duratura e riafferma la sua politica di rispettare l'integrità territoriale della Russia e di astenersi da ogni ingerenza nella sua politica nazionale ».
I soldati giapponesi in Siberia erano stati previdentemente provvisti dallo Stato maggiore giapponese di piccoli dizionari russi in cui la parola « Bolscevico » tradotta con Barsuk (tasso o animale selvatico), era seguita dalla nota: « da sterminarsi ».

[1] De Witt Clinton Pale divenne poi Capo della divisione per gli affari russi del Dipartimento di Stato.
[2] I risultati dell'inchiesta non furono resi pubblici. Il capitano Hicks ricevette un secco ordine di ritornare a Londra dove gli fu affidato un incarico a fianco di Sidney Reilly. Il Dipartimento di stato americano scppellì negli archivi le relazioni del capitano Webster e del maggiore Drysdale.


3. Terrore in Oriente.

Il 1 settembre 1918, il generale Graves giun geva a Vladivostòk per assumere il comando del corpo di spedizione americano in Siberia.
« Sbarcai in Siberia - scrisse più tardi il generale nel volume American Siberian Adventure - senza nessun'idea preformata di quanto si dovesse o non si dovesse fare. Non nutrivo nessun preconcetto nei confronti di nessuna delle fazioni russe ed ero sicuro che sarei riuscito a lavorare in perfetta armonia con tutti gli Alleati ».
Le istruzioni impartite al generale Graves nell'Aide-mémoire erano di proteggere la Transiberiana, di aiutare le truppe cecoslovacche a imbarcarsi a Vladivostòk e ad astenersi dall'intervenire negli affari interni della Russia.
Aveva appena preso possesso del suo quartier generale, quando ricevette una visita del generale cèco Gajda che lo mise al corrente della situazione russa. I Russi - gli disse Gajda - « non potevano essere governati con la cortesia e la persuasione, ma soltanto con la frusta o con la baionetta ». Per salvare il paese dal caos era necessario spazzar via il bolscevismo e istituire una dittatura militare. Gajda aggiunse di conoscere l'uomo adatto: l'ammiraglio Aleksander Vassilievic Kolciàk, ex comandante navale zarista, il quale era giunto allora dal Giappone per organizzare un esercito antisovietico e aveva già raccolto intorno a sé, nella Siberia, considerevoli forze. Frattanto, il generale Graves avrebbe aiutato i Cèchi e le altre truppe antisovietiche a combattere i bolscevichi.
Gajda presentò a Graves un piano di avanzata immediata sul Volga e di attacco contro Mosca dall'est. Questo piano - rivelò Gajda - era stato approvato dagli esperti francese e britannico e dai rappresentanti del Dipartimento di Stato americano.
Graves replicò riferendo gli ordini che aveva ricevuti dal suo governo e dichiarò che si sarebbe attenuto ad essi. Aggiunse che, finché il comando sarebbe stato nelle sue mani, nessun soldato americano sarebbe stato usato contro i bolscevichi o sarebbe intervenuto in altro modo negli affari interni russi.
Gajda si congedò furente . Poco dopo Graves ricevette un'altra visita importante. Si trattava questa volta del generale Knox, l'ex sostenitore di Kornilov, ora comandante delle forze britanniche in Siberia.
- Vi state facendo la riputazione di essere un amico dei poveri - ammonì Knox. - Non sapete che sono dei porci?
Il generale Graves aveva quello che Raymond Robins chiamava una mente aperta. Era un uomo cui piaceva rendersi conto delle cose con i propri occhi. Decise di informarsi direttamente di quel che stava accadendo in Siberia. I suoi ufficiali del servizio d'informazioni furono inviati in giro per il paese e ritornarono con lunghe e particolareggiate relazioni. Graves giunse ben presto alla conclusione che la parola « bolscevico», qual era usata in Siberia, designava la maggioranza del popolo russo e che servirsi delle truppe per combattere i bolscevichi o armare o equipaggiare, nutrire o pagare Russi bianchi per combatterli era assolutamente in contraddizione con la « non ingerenza negli affari interni della Russia ».
Nell'autunno 1918 c'eran già più di settemila soldati inglesi nella Siberia settentrionale. Altri settemila tecnici, ufficiali e soldati inglesi collaboravano con l'ammiraglio Kolciàk ad addestrare ed equipaggiare il suo esercito antisovietico di Russi bianchi. Millecinquecento Italiani aiutavano gli Inglesi e i Francesi. C'erano circa ottomila soldati americani al comando del generale Graves. La forza di gran lunga più numerosa in Siberia era quella dei Giapponesi (più di 70 mila uomini), i quali carezzavano l'idea di prendersi la Siberia.
In novembre l'ammiraglio Kolciàk, aiutato dagli Inglesi e dai Francesi, si proclamò dittatore della Siberia. L'ammiraglio, un ometto eccitabile descritto da uno dei suoi colleghi come « un bambino ammalato... indubbiamente nevrastenico..., sempre sotto l'influenza altrui », stabilì il suo quartier generale a Omsk e si conferì il titolo di « comandante supremo della Russia ». Salutando Kolciàk come il « Washington russo », l'ex ministro zarista Sazonov si affrettò ad autonominarsi suo rappresentante ufficiale a Parigi. Londra e Parigi risonavano di inni elogiativi a Kolciàk. Sir Samuel Hoare ripeteva che Kolciàk era « un gentleman ». Winston Churchill lo descriveva come « onesto », « incorruttibile », « intelligente » e « patriota ». Il « New York Times » vedeva in lui « un uomo forte ed onesto » con « un governo stabile e pressoché rappresentativo».
Il regime di Kolciàk era generosamente rifornito dagli Alleati, particolarmente dagli Inglesi, di munizioni, armi e denari. « Abbiamo inviato in Siberia - annunciava con orgoglio Knox - centinaia di migliaia di fucili, centinaia di milioni di cartucce, centinaia di migliaia di uniformi e di giberne, ecc. Ogni pallottola sparata contro i bolscevichi dai soldati russi nel corso di quell'anno era stata fabbricata in Inghilterra da operai britannici con materiale britannico e spedito a Vladivostòk in stive britanniche ».
Un'aria popolare russa dell'epoca diceva:

Uniformi inglesi,
Spalline francesi,
Tabacco giapponese,
Kolciàk dirige il ballo!


Il generale Graves non condivideva l'entusiasmo degli Alleati per Kolciàk e il suo governo. Ogni giorno i suoi informatori gli portavano nuove notizie del regno del terrore instaurato da Kolciàk. L'esercito dell'ammiraglio contava 100 mila uomini e altre migliaia dovevano arruolarsi, sotto pena la fucilazione. Le prigioni e i campi di concentramento erano strabocchevolmente pieni. Centinaia di Russi, che avevano avuto la temerità di opporsi al nuovo dittatore, pendevano dai pali del telegrafo e dagli alberi lungo la Transiberiana. Molti altri dormivano l'eterno sonno nelle fosse comuni che avevano dovuto scavare colle proprie mani prima che le mitragliatrici dei boia di Kolciàk li abbattessero. Violenze, assassinî, rapine erano all'ordine del giorno.
Insieme alle truppe di Kolciàk, bande di terroristi, finanziate dai Giapponesi, saccheggiavano le campagne. I loro principali capi erano gli atamany Semjonov e Kalmykòv.
Il colonnello Morrow, comandante delle truppe americane nel settore transbaicalico, riferì che in un villaggio occupato dalle truppe di Semjonov, erano stati assassinati tutti gli abitanti: uomini, donne, bambini. La maggioranza degli abitanti - riferiva il colonnello - erano stati abbattuti « come conigli» mentre fuggivano dalle loro case. Venivan bruciati vivi gli uomini.
« I soldati di Semjonov e di Kalmykòv, - riferiva il generale Graves, - sotto la protezione delle truppe giapponesi, vagavano per la campagna come bestie da preda, uccidendo e derubando la gente ... Se si chiedeva loro ragione di questi brutali assassinî, veniva risposto che gli uccisi erano bolscevichi e questa spiegazione, a quanto pareva, era sufficiente a soddisfare tutti ».
Il generale Graves espresse esplicitamente il suo orrore per le atrocità compiute ,dalle forze antisovietiche in Siberia. Il suo atteggiamento gli attirò l'ostilità dei dirigenti russi-bianchi, inglesi, francesi e giapponesi.
L'ambasciatore americano in Giappone, Morris, nel corso di un viaggio in Siberia, riferì al generale Graves di aver ricevuto dal Dipartimento di Stato un telegramma ove era scritto che la politica americana in Siberia esigeva l'appoggio di Kolciàk.
- Ora, generale - concluse Morris - dovrete appoggiare Kolciàk.
Graves rispose di non aver ricevuto nessun ordine in proposito dal ministero della Guerra.
- È il Dipartimento di Stato, non quello della Guerra, che dirige questa faccenda - replicò Morris.
- Il Dipartimento di Stato non dirige me - fu la risposta di Graves.
Mentre questa guerra civile dilagava e aveva luogo l'intervento in Siberia e in tutta la Russia sovietica, si verificarono in Europa avvenimenti sorprendenti. Il 9 novembre 1918, i marinai tedeschi si ammutinarono a Kiel, uccisero i loro ufficiali e innalzarono la bandiera rossa. Dimostrazioni per la pace si ebbero in tutta la Germania. Sul fronte occidentale, i soldati alleati e tedeschi fraternizzavano nelle trincee. Il comando tedesco chiese un armistizio. L'imperatore Guglielmo II riparò in Olanda, consegnando alla frontiera la sua spada a un giovane doganiere olandese stupefatto. L'11 novembre, veniva firmato l'armistizio.
La prima guerra mondiale era terminata.

Capitolo quinto
Pace e guerra


1. Pace in Occidente.

La prima guerra mondiale era finita d'improvviso. Come disse il capitano tedesco Ernst Roehm: « Scoppiò la pace ». A Berlino, ad Amburgo e in tutta la Russia si costituirono Soviet. Nelle strade di Parigi, di Londra e di Roma, gli operai facevano dimostrazioni per la pace e la democrazia. L'Ungheria era in preda alla rivoluzione. I Balcani erano sconvolti dalle agitazioni contadine. Dopo quattro terribili anni di guerra, le stesse parole appassionate erano sulla bocca di tutti: « No more war! Nie wieder Krieg! Jamais plus de guerre! Mai più la guerra! »
« Lo spirito della rivoluzione permea di sé tutta l'Europa - osservava David Lloyd George nel suo memorandum riservato del marzo 1919 per la Conferenza della pace di Parigi. - Esiste tra i lavoratori una sensazione profonda non solo di malcontento, ma di rabbia e di rivolta, contro le condizioni prebelliche. Da un capo all'altro dell'Europa le masse europee fanno il processo a tutto l'ordine esistente, nei suoi aspetti politici, sociali ed economici ».
Dieci milioni di uomini erano morti sul campo di battaglia; venti milioni erano invalidi e mutilati; tredici milioni di civili erano morti di fame e di epidemie; altri milioni vagavano abbandonati e senza tetto fra le rovine fumanti dell'Europa. Ma ora finalmente la guerra era terminata, e il mondo prestava orecchio alle parole di pace.
- Il mio concetto della Società delle Nazioni è il seguente: essa dovrà avere la funzione di una forza morale operante tra gli uomini di tutto il mondo -, diceva Woodrow Wilson.
AI principio del gennaio del 1919 i quattro Grandi - Woodrow Wilson, David Lloyd George, Georges Clemenceau e Vittorio Emanuele Orlando - iniziavano al Quai d'Orsay le trattative per
la pace.
Ma un sesto della terra non era rappresentato alla Conferenza.
Mentre gli statisti discutevano, decine di migliaia di soldati alleati stavano conducendo una cruenta guerra non dichiarata contro la Russia sovietica - A fianco dei controrivoluzionari bianchi comandati da Kolciàk e da Deníkin, le truppe alleate combattevano il giovine esercito sovietico lungo un immenso fronte che si stendeva dalle desolate regioni artiche sino al Mar Nero, e dai campi di frumento dell'Ucraina alle montagne e alle steppe della Siberia.
Una violenta e fantastica campagna di propaganda antisovietica si scatenava in quella primavera del 1919 in tutta l'Europa e l'America. Il « London Daily Telegraph » dava notizia di un « regno del terrore » ad Odessa accompagnato da una « settimana del libero amore ». Il « New York Sun » riportava a caratteri cubitali: « Feriti americani mutilati dai rossi con le scuri ». E il « New York Times » gli teneva bordone: « Un gigantesco bordello la Russia rossa... Vittime scampate testimoniano di rabbiose cacce all'uomo nelle vie di Mosca... Si contendono le carogne ai cani ». La stampa mondiale, sia tedesca che alleata, pubblicava « documenti autentici », nei quali si dichiarava che in Russia « giovani donne e ragazze della borghesia » venivano trascinate a forza nelle baracche alla mercé dei reggimenti di artiglieria!
Resoconti onesti sulle reali condizioni della Russia sia che venissero da giornalisti, agenti segreti, diplomatici o persino da generali come Judson e Graves, venivano soppressi o ignorati. Chiunque si arrischiasse a discutere la campagna antisovietica, veniva automaticamente denunciato come « bolscevico ».
Due mesi appena dopo l'armistizio, sembrava che i capi alleati avessero dimenticato lo scopo per cui si era combattuto il grande conflitto. La « minaccia del bolscevismo » aveva messo da parte ogni altra considerazione. Essa dominava la Conferenza della pace di Parigi.
Il comandante in capo degli eserciti alleati, il maresciallo Ferdinand Foch, si presentò a una riunione segreta della Conferenza della pace per chiedere un accordo immediato con la Germania, affinché gli Alleati potessero unire tutti i loro mezzi per gettarli contro la Russia Sovietica. Il maresciallo Foch difese la causa del mortale nemico della Francia, la Germania.
« È ben nota - disse Foch - la difficile situazione attuale del governo tedesco. A Mannheim, a Karlsruhe, a Baden e a Dusseldorf, il movimento sovietico sta guadagnando rapidamente terreno. In questo momento il governo tedesco accetterebbe qualsiasi offerta di pace fatta daglì Alleati. Il governo tedesco non ha che un desiderio: concludere la pace. È l'unica cosa che soddisferebbe il popolo e permetterebbe al governo di dominare la situazione ».
Per domare la rivoluzione tedesca, si sarebbe dovuto permettere al comando tedesco di conservare un esercito di 100 mila ufficiali e uomini, e la cosiddetta « Relchswehr nera » composta dei soldati meglio addestrati e più imbevuti di spirito teutonico. Inoltre, il comando supremo tedesco aveva l'autorizzazione di sovvenzionare le leghe e le società terroristiche clandestine affinché queste uccidessero, torturassero e demoralizzassero i democratici tedeschi. Tutto questo era fatto per « salvare la Germania dal bolscevismo... »
L'ex comandante delle truppe tedesche del fronte orientale, il generale Max Hoffmann, 1'« eroe di Brest-Litòvsk », si abboccò con il suo nemico della vigilia, il maresciallo Foch, per sottoporgli un piano in base al quale l'esercito tedesco avrebbe marciato su Mosca per soffocare « nella culla » il bolscevismo. Foch approvò il piano, ma propose che l'attacco fosse sferrato dall'esercito francese piuttosto che da quello tedesco. Foch voleva mobilitare tutta l'Europa occidentale contro la Russia sovietica.
« In Russia - dichiarò Foch alla Conferenza di Parigi - regnano oggi il bolscevismo e l'anarchia completa. Il mio piano è di sistemare tutte le questioni più importanti in Occidente per permettere così agli Alleati di servirsi dei mezzi disponibili per risolvere la questione orientale... Le truppe polacche potranno tener testa ai Russi, purché vengano rifornite di materiale bellico moderno. Occorreranno molte truppe, che si potranno ottenere mobilitando Finlandesi, Polacchi, Cèchi, Rumeni e Greci, e gli elementi russi tuttora pro-Alleati... Se questo sarà fatto, il 1919 vedrà la fine del bolscevismo! »

2 . La Conferenza della pace.

Nelle sedute preliminari della Conferenza della pace di Parigi il primo ministro britannico, David Lloyd George, mosse una serie di violenti asperrimi attacchi contro i piani antisovietici di Foch e del presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau.
« I Tedeschi - dichiarava Lloyd George - quando avevano bisogno di ogni uomo disponibile per rinforzare la loro offensiva sul fronte occidentale, furono obbligati a immobilizzare circa un milione di uomini per tenere poche province russe, che costituivano soltanto il margine del paese. E allora per di più il bolscevismo era debole e disorganizzato. Ora è forte e dispone di un esercito formidabile. Quale degli alleati occidentali è pronto a mandare un milione di uomini in Russia? Se io proponessi di inviare altri mille soldati inglesi in Russia per questo scopo, l'esercito si ammutinerebbe! Lo stesso vale per le truppe americane in Siberia, per i Canadesi e i Francesi. L'idea di schiacciare il bolscevismo con la forza militare è pura pazzia. Ammettendo che sia possibile, chi occuperà la Russia? »
II primo ministro britannico non era mosso da considerazioni idealistiche. Temeva la rivoluzione in Europa ed in Asia, e, da vecchio politicante, la « volpe » gallese era estremamente sensibile agli umori del popolo inglese, ostile a ogni ulteriore intervento in Russia. C'era una ragione ancora più urgente che lo spingeva a opporsi ai piani di Foch. Sir Henry Wilson, capo di stato maggiore britannico, in un recente rapporto segreto al ministero della Guerra aveva dichiarato che l'Inghilterra doveva attenersi alla linea politica di « ritirare le truppe dall'Europa e dalla Russia e di concentrare tutta la nostra forza nei nostri futuri focolai di rivolta: Inghilterra, Irlanda, Egitto e India ». Lloyd George temeva che Foch e Clemenceau volessero tentare di stabilire l'egemonia francese in Russia, mentre l'Inghilterra era impegnata altrove.
Cosicché l'astuto primo ministro britannico, convinto che avrebbe potuto raggiungere il suo scopo semplicemente abbandonando per qualche tempo la Russia a lei stessa, appoggiava il presidente degli Stati Uniti, Wilson, che chiedeva di entrare in trattative con i bolscevichi. Alle sessioni segrete della Conferenza sulla pace, Lloyd George fu esplicito.
« I contadini hanno accettato il bolscevismo - dichiarò - per la stessa ragione per cui i contadini accettarono la Rivoluzione francese, perché ha dato loro la terra. I bolscevichi sono il governo de facto. Noi abbiamo riconosciuto il governo dello zar benché sapessimo che era completamente marcio. Lo facemmo perché era il governo de facto... Ma noi rifiutiamo di riconoscere i bolscevichi! Dire che spetta a noi la scelta dei rappresentanti di un grande popolo è contrario a ogni principio per cui abbiamo combattuto ».
II presidente Wilson dichiarò che non era possibile non riconoscere la verità di quel che aveva detto Lloyd George. Proponeva da parte sua di indire una conferenza nell'isola di Prinkipo o in qualche altro luogo « di facile accesso » per studiare le possibilità di pace della Russia. Per dovere di imparzialità, sarebbero stati invitati i delegati tanto del governo sovietico come dei gruppi antisovietici.
II « Tigre » francese, Georges Clemenceau, portavoce degli azionisti di imprese zariste e dello stato maggiore, prese la parola a favore dell'intervento. Clemenceau sapeva che l'astuta politica di Lloyd George non avrebbe incontrato il favore dei circoli dirigenti britannici dove i militaristi e l'Intelligence Service erano già impegnati in una guerra antisovietica. Al tempo stesso, Clemenceau sapeva che di fronte a Wilson era necessario confutare gli argomenti di Lloyd George con una decisa dichiarazione sulla minaccia rappresentata dal bolscevismo.
In linea di principio - cominciò Clemenceau - non sono favorevole a entrare in trattative con i bolscevichi, non perché sono criminali, ma perché li alzeremmo al nostro livello, ammettendo che sono degni di trattare con noi. II primo ministro britannico e il presidente degli Stati Uniti, se era permesso al primo ministro francese di esprimersi così, stavano assumendo un atteggiamento troppo accademico e dottrinario rispetto al problema del bolscevismo. « II pericolo bolscevico è immenso in questo momento - dichiarò Clemenceau. - II bolscevismo si diffonde. Ha invaso le province baltiche e la Polonia e proprio stamane abbiamo ricevuto la cattiva notizia della sua diffusione a Budapest e a Vienna. Anche l'Italia è in pericolo. Là il pericolo è probabilmente maggiore che in Francia. Se il bolscevismo, dopo aver invaso la Germania, dovesse attraversare l'Austria e l'Ungheria e raggiungere l'Italia, l'Europa si troverebbe di fronte a un pericolo smisurato. Perciò bisogna fare qualcosa contro il bolscevismo! »
II piano di pace di Wilson, secondato da Lloyd George, parve per un momento trionfare, malgrado Clemenceau e Foch. Wilson redasse una nota con un abbozzo delle sue proposte e la inviò al governo sovietico e ai vari gruppi di Russi bianchi. II governo sovietico accettò subito il piano di Wilson e si preparò a inviare una delegazione a Prinkipo. Ma - come disse più tardi Winston Churchill - « il momento non era propizio » alla pace con la Russia. La maggioranza dei capi alleati erano convinti che il regime sovietico sarebbe stato abbattuto. Su consiglio degli Alleati che li finanziavano i vari gruppi bianchi rifiutarono di incontrare i delegati sovietici a Prinkipo.
Alla Conferenza della pace, l'atmosfera cambiò improvvisamente. Lloyd George, comprendendo di trovarsi davanti a un fallimento, ritornò improvvisamente a Londra. Al suo posto fu inviato d'urgenza a Parigi, per sostenere la causa degli estremisti antibolscevichi, il giovine ministro della Guerra e dell'Aviazione, Winston Churchill [1].
Era il 14 febbraio 1919, il giorno prima che Wilson tornasse in America per affrontare il blocco degli isolazionisti al Congresso, capeggiato dal senatore Lodge, che aveva sabotato tutti i suoi tentativi di creare un sistema di cooperazione e sicurezza mondiale. Wilson sapeva d'aver fatto fiasco in Europa e temeva di farlo anche negli Stati Uniti. Era deluso, stanco e profondamente scoraggiato.
Winston Churchill fu presentato al presidente Wilson dal ministro degli Esteri inglese A. J. Balfour il quale dichiarò che il ministro inglese della Guerra era venuto a Parigi per spiegare l'attuale punto di vista del governo inglese sulla questione della Russia. Churchill immediatamente si lasciò andare a un attacco contro il piano proposto da Wilson per la conferenza della pace di Prinkipo.
- C'è stata una seduta di gabinetto, ieri a Londra - disse Churchill - nella quale è stata manifestata una grave ansia riguardo alla situazione russa, particolarmente rispetto alla Conferenza di Prinkipo... Se soltanto i bolscevichi interverranno alla Conferenza, c'è da aspettarsene poco di buono. Bisogna considerare l'aspetto militare della questione. La Gran Bretagna ha in Russia dei soldati che ogni giorno vengono uccisi sui campo.
Wilson rispose a Churchill: « Dato che il signor Churchill è arrivato da Londra apposta per anticipare la mia partenza, mi sembra di dover esprimere il mio parere personale sulla questione, tra le molte incertezze connesse al problema russo, io possiedo una opinione molto chiara su due punti: il primo è che le truppe delle potenze associate non stanno facendo niente di buono in Russia. Non sanno per chi o per cosa esse stanno combattendo, non vedono compiersi nessuno sforzo promettente per stabilire l'ordine in qualche parte della Russia. Si assiste solo a movimenti locali, come per esempio quello dei Cosacchi che non può certo espandersi al di fuori del proprio ambiente. La mia conclusione perciò è che gli Alleati e le potenze alleate dovrebbero ritirare le loro truppe da ogni parte del territorio russo ».
Quando il presidente americano ebbe finito di parlare, Churchill replicò:
- Un ritiro completo di tutte le truppe alleate è una politica logica e chiara, ma la sua conseguenza sarebbe la distruzione di tutte le armate non bolsceviche in Russia. Queste contano ora circa 500.000 uomini e, sebbene la loro qualità non sia delle migliori, i loro effettivi stanno ciò nondimeno aumentando. Una tale politica equivarrebbe a scardinare l'intera macchina di guerra. Non vi sarebbe più nessuna resistenza armata contro i bolscevichi, e una prospettiva interminabile di violenza e miseria sarebbe tutto quello che rimarrebbe dell'intera Russia.
- Ma in qualche settore queste forze e questi aiuti verrebbero certamente a sostenere i reazionari - obiettò Wilson. - Conseguentemente, se agli Alleati si chiede quale causa essi stanno sostenendo in Russia, sarebbero costretti a rispondere che non lo sanno!
Churchill stette ad ascoltare cortesemente. - Mi piacerebbe sapere - disse - se, nel caso che il Consiglio approvasse di armare le forze antibolsceviche in Russia, la conferenza di Prinkipo risulterebbe un fallimento.
Scoraggiato, ammalato, abbandonato da Lloyde George, Wilson comprese che egli era solo in mezzo a una compagnia di persone decise ognuna a continuare la sua strada.
- Ho spiegato al Consiglio come agirei se io fossi solo - disse il Presidente degli Stati Uniti - comunque, accetto la mia sorte -. Wilson tornò negli Stati Uniti a combattere la sua tragica, impari battaglia contro la reazione americana. Il Segretario di Stato Lansing prese il suo posto alla çonferenza di Parigi e nel tono della discussione subentrò un notevole cambiamento. I rappresentanti degli Alleati non sentirono più il bisogno di nascondere quello che avevano in mente.
- È necessario - dichiarò il ministro degli Esteri inglese Balfour - far passi per mettere i bolscevichi dalla parte del torto, non solo di fronte alla pubblica opinione, ma anche di fronte a coloro che pensano che il bolscevismo sia una forma deviata di democrazia con parecchi elementi buoni -. Quindi la Conferenza tenne una prolungata discussione sui mezzi migliori per aiutare le armate bianche russe contro il governo sovietico.
Churchill, che aveva sostituito Lloyd George al tavolo della Conferenza, propose l'immediata istituzione di un Consiglio Supremo Alleato per gli Affari Russi, con sezioni politica, economica e militare. La sezione militare doveva « mettersi al lavoro subito » per tracciare i particolari di un largo programma di intervento armato.
Con Churchill riconosciuto comandante in capo, anche se non ufficialmente, delle armate alleate antisovietiche, la scena si spostò a Londra dove, durante quella primavera e quell'estate, vi fu un andirivieni di emissari speciali dei Russi bianchi agli uffici del governo inglese a Whitehall. Venivano come rappresentanti dell'ammiraglio Kolciàk, del generale Deníkin, e di altri capi russi bianchi per dare i ritocchi finali per un colpo decisivo contro i sovieti. I loro segretissimi negoziati furono trattati in gran parte con Winston Churchill e con Sir Samuel Hoare. Churchill, come ministro della Guerra, s'impegnò a equipaggiare le armate bianche col materiale dei rifornimenti bellici inglesi. Hoare sovrintese a questi complicati intrighi diplomatici.

[1] Per molti anni a venire, Winston Churchill doveva essere il principale portavoce dei Tories antisovietici. Churchill paventava il diffondersi delle idee rivoluzionarie russe nelle regioni orientali dell'impero britannico.
René Kraus, nella sua biografia Winston Churchill, scrive: « I cinque Grandi a Parigi avevano deciso di appoggiare la controrivoluzione. A Churchill fu affidata l'esecuzione di un'azione per la quale non era responsabile... Insieme con il capo di stato maggiore, sir Henry Wilson, elaborò un programma per equipaggiare e armare le varie armate bianche e per fornirle di ufficiali e istruttori esperti.
Dopo l'ascesa al potere di ,Hitler, Churchill riconobbe che il nazismo costituiva la minaccia reale per gli interessi britannici in Europa e nel mondo. Senza esitare, rovesciò la sua posizione e propugnò un'alleanza tra Gran Bretagna, Francia e Russia sovietica per fermare la marcia dell'aggressione nazista. Quando la Germania nazista, nel 1941, invase la Russia sovietica, Churchill fu il primo a dichiarare al mondo intero che la lotta della Russia era la lotta di tutti i popoli liberi e che. come tale avrebbe avuto l'appoggio dell'Inghilterra. Terminata la seconda guerra mondiale, Churchill alzò di nuovo il grido d'allarme della minaccia del comunismo ».

 
Top
41 replies since 14/2/2011, 18:54   2543 views
  Share