Comunismo - Scintilla Rossa

The Great Conspiracy. The Secret War Against Soviet Russia, M. Sayers, A. E. Kahn

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-Bardo-
view post Posted on 26/3/2011, 02:31 by: -Bardo-




Secondo capitolo del libro primo.
Ci sono parecchie cose interessanti su Trotsky.
Inoltre possiamo osservare ancora una volta esplicito il carattere di classe dei governi di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti per i quali il vero pericolo, il vero nemico, non è la Germania imperialista bensì il bolscevismo.

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Capitolo secondo
Contrappunto


1. Un agente britannico.

Verso la mezzanotte di quel gelido 18 gennaio 1918, un giovane Scozzese, dalla figura aitante, avvolto in pellicce, cercava faticosamente la strada alla luce di una lanterna attraverso il ponte semidistrutto che unisce la Finlandia alla Russia. La guerra civile infuriava in Finlandia e il traffico ferroviario attraverso il ponte era stato interrotto. Il governo rosso finlandese aveva fornito il giovane Scozzese di una scorta che doveva accompagnare lui e i suoi bagagli oltre la frontiera, dove un treno lo attendeva per portarlo a Pietrogrado. Il viaggiatore era R. H. Bruce Lockhart, agente speciale del ministero della Guerra britannico.
Esemplare perfetto del sistema privilegiato della « scuola pubblica » inglese, Bruce Lockhart era entrato nel servizio diplomatico all'età di ventun anni. Bello e intelligente, non aveva tardato a rivelarsi come uno dei giovani più capaci e promettenti del Foreign Office. A trent'anni era vice-console britannico a Mosca. Parlava russo correntemente, conosceva a fondo la politica e gli intrighi russi. Era stato chiamato a Londra proprio sei settimane prima della rivoluzione sovietica.
Ora veniva rinviato in Russia su richiesta personale del primo ministro Lloyd George, il quale era stato profondamente colpito da quello che sulla Russia aveva saputo dal colonnello Thompson. L'ex capo di Robins aveva aspramente criticato il rifiuto alleato di riconoscere il regime sovietico. In seguito al colloquio di Thompson con Lloyd George, si era deciso di inviare in Russia Lockhart per stabilire relazioni di qualche specie - in mancanza di un riconoscimento formale - con il regime sovietico.
Ma l'avvenente Scozzese era anche un agente del Servizio di spionaggio diplomatico britannico. Aveva l'incarico, non ufficiale, di sfruttare a pro degli Inglesi i movimenti, d'opposizione già manifestatisi in seno al governo sovietico.
L'opposizione a Lenin era capeggiata dall'ambizioso commissario sovietico per gli Esteri, Lev Trotskij, che si considerava l'inevitabile successore di Lenin. Per quattordici anni Trotskij aveva avversato fieramente i bolscevichi; poi, nell'agosto del '17, pochi mesi prima della rivoluzione bolscevica, era entrato nel partito di Lenin e ne aveva accompagnato l'ascesa al potere. Entro il partito bolscevico, Trotskij stava organizzando contro Lenin l'opposizione di sinistra.
Quando al principio del 1918 Lockhart raggiunse Pietrogrado, il commissario Trotskij era a Brest-Litòvsk a capo della delegazione di pace sovietica.
Trotskij era stato inviato a Brest-Litòvsk da Lenin col preciso incanco di firmare la pace. Invece di seguire le istruzioni ricevute, Trotskij, in una seriedi appelli incendiari, incitava il
proletariato europeo a sollevarsi e a rovesciare i rispettivi governi. Per nessuna ragione - egli dichiarava - il governo sovietico avrebbe concluso la pace con i regimi capitalisti. « Né pace né guerra!»; gridava Trotskij. Diceva ai Tedeschi che l'esercito russo non era più in grado di combattere, che avrebbe continuato la smobilitazione, ma che non avrebbe concluso la pace.
Lenin bollò il comportamento e le proposte di Trotskij a Brest-Litòvsk - « cessazione della guerra, rifiuto di firmare la pace, smobilitazione dell'esercito » - come « pazzia, se non peggio ».
Il Foreign Office, come Lockhart rivelò poi nelle sue memorie intitolate British Agent (Agente britannico), si interessò enormemente a questi « dissensi tra Lenin e Trotskij, dissensi da cui il nostro governo spera di ottener molto ».
Come risultato del comportamento di Trotskij, i negoziati di pace a Brest-Litòvsk fallirono. Il comando supremo tedesco non voleva in primo luogo trattare con i bolscevichi. Trotskij - secondo Lenin - si prestò al loro giuoco e « aiutò di fatto gli imperialisti tedeschi ». Nel bel mezzo di uno dei discorsi di Trotskij a Brest-Litòvsk, il generale tedesco Max Hoffmann batté il pugno sulla tavola della conferenza e invitò i delegati sovietici a tornarsene a casa.
Trotskij tornò a Pietrogrado, e alle rimostranze di Lenin ribatté: « I Tedeschi non oseranno avanzare!»
Dieci giorni dopo la rottura dei negoziati di pace, il comando tedesco sferrò una offensiva in grande stile lungo tutto il fronti: orientale, dal Baltico al Mar Nero. Nel sud le orde tedesche invasero le pianure ucraine. Nel centro l'offensiva puntò su Mosca attraverso la Polonia. Nel nord, Narva cadde e Pietrogrado fu minacciata. Dovunque, lungo il fronte i resti del vecchio esercito russo cedettero e si disgregarono.
Il disastro incombeva su tutta la Russia.
Emergendo dalle città dove erano stati mobilitati in tutta fretta dai loro capi bolscevichi, gli operai armati e le guardie rosse costituirono reggim enti per arginare l'avanzata tedesca. Le prime unità dell'esercito rosso entrarono in azione. A Pskov, il 23 febbraio, i Tedeschi furono fermati. Per qualche tempo Pietrogrado era salva.
Una seconda delegazione, questa volta senza Trotskij, si affrettò alla volta di Brest-Litòvsk, per trattare la pace.
Come prezzo della pace, i Tedeschi chiesero questa volta l'Ucraina, la Finlandia, la Polonia, il Caucaso, enormi indennità di oro, grano, petrolio, carbone e minerali.
Un'ondata di indignazione contro i « briganti imperialisti tedeschi » percorse la Russia sovietica quando furono resi pubblici questi termini della pace. Il comando supremo tedesco - dichiarò Lenin - sperava con questa « pace da briganti» di smembrare la Russia sovietica e spezzare il regime sovietico.
Era. convinzione di Bruce Lockhart che l'unica cosa ragionevole che gli Alleati potessero fare era di sostenere la Russia contro la Germania. Il governo sovietico non tentava neanche di nascondere la sua riluttanza a ratificare la pace di Brest-Litòvsk. Secondo Lockhart, i bolscevichi si chiedevano: Che cosa faranno gli alleati? Riconosceranno il governo sovietico e verranno in suo aiuto o lasceranno che i Tedeschi impongano la loro « pace da briganti » alla Russia?
Da principio, Lockhart era incline a ritenere che gli interessi britannici in Russia consigliassero di trattare con Trotskij contro Lenin. Trotskij e i suoi seguaci attaccavano Lenin, sostenendo che la sua politica di pace aveva portato a un « tradimento della Rivoluzione ». Trotskij cercava di scatenare quella che Lockhart definiva una « guerra santa » in seno al Partito bolscevico per guadagnarsi l'appoggio degli Alleati e togliere il potere a Lenin.
L'agente britannico e il commissario sovietico agli Esteri non tardarono a far lega. Lockhart chiamava Trotskij familiarmente « Lev Davidovic » e sognava - come ebbe a dire poi - di « fare un grosso colpo con Trotskij ». Ma Lockhart a malincuore dovette giungere alla conclusione che Trotskij mancava, semplicemente, del potere di prendere il posto di Lenin. Lockhart si esprime come segue in British Agent:
« Trotskij era un grande organizzatore e un uomo di immenso coraggio fisico. Ma, moralmente, era incapace di tener testa a Lenin, così come una mosca non può tener testa a un elefante. Nel consiglio dei commissari ciascuno si considerava l'eguale di Trotskij. Ma non c'era un solo commissario che non considerasse Lenin come un semidio, le cui decisioni si dovessero accettare senza discussione ».
Se qualcosa si poteva fare in Russia, doveva essere fatto attraverso Lenin. Questa conclusione era condivisa da Raymond Robins. - Personalmente Trotskij è sempre stato un problema per me: un problema quello che farà, dove sarà in certi momenti e in certi luoghi, causa il suo estremo egocentrismo e la arroganza, se così si può dire, insita nella sua personalità - diceva Robins.
Lockhart aveva incontrato Robins poco dopo il suo arrivo a Pietrogrado. Era stato subito colpito dal modo diretto con cui l'Americano affrontava il problema russo. Robins non condivideva i vari argomenti addotti dagli Alleati contro il riconoscimento. Si beffava. dell'assurda teoria, alimentata dagli agenti zaristi, che i bolscevlchi auspicassero una vittoria tedesca. Con grande eloquenza descriveva a Lockhart le condizioni spaventose della vecchia Russia e la mirabile insurrezione di milioni di oppressi sotto la guida dei bolscevichi.
Per completare il quadro, Robins condusse Lockhart all'Istituto Smolnyj per vedere in azione il nuovo regime. Mentre tornavano a Pietrogrado sotto la neve, Robins dichiarò che le ambasciate alleate, con le loro congiure segrete contro il governo sovietico, facevano « Il giuoco del Tedeschi contro la Russia », Il governo sovietico era solidamente stabilito; e quanto prima gli Alleati avrebbero riconosciuto questo fatto, tanto meglio sarebbe stato.
I due uomini diventarono ben presto amici, quasi inseparabili. Si incontravano alla pnma colazione ogni mattina e facevano insieme i loro piani d'azione per la giornata. Il loro scopo comune era di riconoscere la Russia sovietica e di impedire una vittoria tedesca sul fronte orientale.

2. Ora zero.

All'inizio della primavera del '18 il governo sovietico si trovava nelle seguenti condizioni. La Germania era pronta a rovesciare il governo sovietico con la forza se i Russi si fossero rifiutati di ratificare la pace di Brest-Litòvsk; l'Inghilterra e la Francia appoggiavano segretamente le forze controrivoluzionarie che si ammassavano ad Arcangelo, a Murmansk e sul Don; i Giapponesi, con l'approvazione degli Alleati, si preparavano a impadronirsi di Vladivostòk e a invadere la Siberia.
In un'intervista con Lockhart, Lenin disse all'agente britannico che il governo sovietico si sarebbe trasferito a Mosca, in previsione di un attacco tedesco contro Pietrogrado. I bolscevichi avrebbero continuato a combattere, se necessario, anche se si fossero dovuti ritirare sul Volga e sugli Urali. Ma avrebbero combattuto secondo i propri piani. Non avevano intenzione di « togliere le castagne dal fuoco » per gli Alleati. Se gli Alleati lo capivano, le possibilità di cooperare erano eccellenti. La Russia sovietica aveva disperatamente bisogno di aiuto per resistere ai Tedeschi.
- Peraltro - disse risolutamente Lenin - sono convinto che il vostro governo si rifiuterà di considerare le cose sotto questa luce. È un governo reazionario. Collaborerà con i reazionari russi.
Lockhart telegrafò il nocciolo di ques.ta intervista al Foreign
Office. Alcuni giorni dopo ricevette un messaggio cifrato da Londra.
In tutta fretta lo trascrisse. Il messaggio riportava il parere di un « esperto militare » secondo cui sarebbe bastato in Russia « un piccolo ma risoluto nucleo di ufficiali britannici » per dirigere « i Russi leali » e farla finita in breve tempo col bolscevismo.
L'ambasciatore Francis, il 23 febbraio, aveva scritto in una lettera al figlio:
« Il mio piano è di restare in Russia quanto più mi sarà possibile. Se sarà conclusa una pace separata, come credo, non correrò il pericolo di essere catturato dai Tedeschi. Questa pace separata, tuttavia, sarebbe un grave colpo per gli Alleati; e se una qualche parte della Russia si rifiuterà di riconoscere al governo bolscevico l'autorità di concludere questa pace, cercherò di stabilirmi in quella parte e di incoraggiare la ribellione ».
Scritta questa lettera, l'ambasciatore Francis aveva raggiunto l'ambasciatore francese Noulens e altri diplomatici alleati nella cittadina di Vologda, tra Mosca e Arcangelo. Era chiaro che i governi alleati avevano ormai deciso di non collaborare in nessun modo con il regime sovietico.
Su urgente richiesta di Robins, Lenin accettò di inviare una nota ufficiale al governo degli Stati Uniti. Aveva scarsa speranza di ricevere una risposta favorevole, ma non si rifiutò di tentare.
La nota fu consegnata a Robins perché la trasmettesse al governo americano. Fra l'altro vi si diceva:
« Nel caso in cui (a) ,il Congresso Panrusso dei Soviet si rifiutasse di ratificare il trattato di pace con la Germania o (b) se il governo tedesco, tradendo il trattato di pace, riprendesse l'offensiva per continuare le loro scorrerie da predoni...
1) può il governo sovietico far conto sull'appoggio degli Stati Uniti d'America, della Gran Bretagna e della Francia nella sua lotta contro la Germania?
2) quale appoggio poteva essere fornito nel prossimo futuro e a quali condizioni: equipaggiamento militare, mezzi di trasporto, rifornimenti di prima necessità?
3) quale appoggio in particolare poteva essere fornito dagli Stati Uniti? »
Il 5 marzo 1918 Lockhart inviava al Foreign Office un ultimo telegramma in cui sollecitava il pronto riconoscimento del governo sovietico. I Tedeschi hanno offerto agli Alleati un occasione senza precedenti, dallo scoppio della rivoluzione, imponendo alla Russia condizioni di pace esorbitanti... Se non è desiderio del Governo di Sua Maestà vedere la Germania installarsi in Russia, vi esorto a non lasciarvi sfuggire questa occasione ».
Da Londra non gli pervenne nessuna risposta, ma soltanto una lettera di sua moglie, che lo supplicava di esser prudente e lo avvertiva che nel Foreign Office circolava la voce che egli fosse diventato un « rosso ».
Il 14 marzo, il Congresso Panrusso sovietico si radunava a Mosca. Due giorni e due notti i delegati discussero la questione se ratificare o no il trattato di Brest-Litòvsk, L'opposizione trotskista fu esplicita e vigorosa nel tentativo di sfruttare ai propri fini l'impopolare trattato di pace, ma. lo stesso Trotskij, come scrisse Robins, « teneva il broncio a Pietrogrado, e si rifiutò di intervenire ».
Un'ora prima della mezzanotte, durante la seconda seduta notturna del Congresso, Lenin si diresse a Robins che sedeva sullo scalino posto sotto la tribuna.
- Che notizie dal vostro governo?
- Nessuna.
- Che notizie ha ricevuto Lockhart?
- Nessuna.
Lenin scrollò le spalle. - Salgo alla tribuna - disse a Robins. - Parlerò per la ratifica del trattato. Verrà ratificato.
Lenin parlò per un'ora. Non fece nessun sforzo per nascondere che il trattato rappresentava una catastrofe per la Russia.
Con paziente logica rilevò che per il governo sovietico, isolato e minacciato da ogni parte, era necessario assicurarsi ad ogni costo « un periodo di respiro». .
Il trattato di Brest-Litòvsk fu ratificato.
Un manifesto diramato dal Congresso dichiarava:
« Nelle condizioni attuali, il governo sovietico della Repubblica russa, potendo contare soltanto sulle proprie forze, non ha la possibilità di opporsi alla offensiva armata dell'imperialismo tedesco, ed è obbligato, per salvare la Russia rivoluzionaria, ad accettare le condizioni che gli son state imposte».

3. Fine della missione.

Il 2 maggio l'ambasciatore Francis telegrafò al Dipartimento di Stato: « Robins e probabilmente Lockhart si sono sempre dichiarati favorevoli al riconoscimento del governo sovietico, ma voi e gli Alleati vi siete sempre opposti ed io, costantemente, mi sono rifiutato di proporlo, né credo di aver errato in proposito ».
Poche settimane dopo Robins riceveva un telegramma del segretario di stato Lansing: « Si ritiene assolutamente desiderabile il vostro ritorno per consultazioni».
Durante il suo viaggio attraverso la Russia sulla Transiberiana, per andare a imbarcarsi a Vladivostòk, Robins ricevette tre messaggi dal Dipartimento di Stato, ciascuno dei quali conteneva le stesse istruzioni: astenersi da dichiarazioni di ogni sorta.
Di ritorno a Washington, Robins presentò al Segretario di Stato Lansing una relazione in cui condannava energicamente ogni intervento alleato contro la Russia sovietica. Alla relazione Robins aveva aggiunto un programma particolareggiato di sviluppo delle relazioni commerciali russo-americane. Lenin aveva consegnato personalmente a Robins questo programma prima della sua partenza, perché lo trasmettesse al Presidente Woodrow Wilson.
Il programma di Lenin non pervenne mai a Wilson.
Robins stesso cercò vanamente di vedere il Presidente. Ogni volta gli fu sbarrata la strada. Cercò di far pubblicare la sua relazione nei giornali. Ma la stampa la ignorò o ne svisò il contenuto.
Robins, dovette difendersi davanti a una Commissione Senatoriale che investigava sul « bolscevismo» e sulla « propaganda tedesca ».
- Se ho detto la verità, se non ho mentito, se non ho calunniato, se non ho detto che sono agenti tedeschi, e ladri, e assassini, e criminali, allora sono un bolscevico anch'io! - dichiarò Robins. - Ma mi trovavo, tra tutti i rappresentanti alleati in Russia, nella miglior posizione per vedere quello che accadeva e ho sempre cercato di restare solidamente coi piedi in terra. Vorrei dire la verità sugli uomini e sugli avvenimenti senza passione e senza risentimento, anche se non ero d'accordo con loro... È mia convinzione che il popolo russo deve avere la forma di governo che più gli piace, anche se a me personalmente non garba, anche se non si accorda con i miei principi... Credo che sia della massima importanza sapere quanto avviene realmente in Russia e noi e il nostro paese dovremmo condurre le trattative onestamente e in buona fede, piuttosto che con accessi di rabbia o con dichiarazioni false... Non credo che le idee si possano sopprimere con le baionette... Una vita umana migliore è la sola risposta che si può dare all'ardente aspirazione a un'umanità migliore ».
Ma la voce onesta di Robins fu sommersa nella marea ascendente delle calunnie e dei pregiudizi.
Nell'estate del 1918, benché gli Stati Uniti fossero in guerra con la Germania e non con la Russia, il « New York Times» descriveva già i bolscevichi come « i nostri più accaniti nemici» e come « animali da preda». I dirigenti bolscevichi erano universalmente denunciati dalla stampa americana come agenti prezzolati dei Tedeschi.
« Squartatori », «assassini e pazzi », « criminali assetati di sangue », « feccia umana »: erano i termini tipici con cui i giornali americani indicavano Lenin ed i suoi seguaci. In Congresso erano chiamati « quelle bestie dannate ».
L'ambasciatore Francis restò in Russia fino al luglio del '18. Sistematicamente diramava proclami e dichiarazioni in cui sollecitava il popolo russo ad abbattere il governo sovietico.
Anche Bruce Lockhart rimase in Russia. - Mi sarei dovuto dimettere e tornare a casa - dichiarò poi. Invece, rimase al suo posto come agente britannico.
- Prima ancora che me ne rendessi conto - Lockhart confessò più tardi in British Agent - mi trovai coinvolto in un movimento che, qualunque fosse il suo assunto originario, era diretto non contro la Germania, ma contro il governo de facto della Russia.
 
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