Comunismo - Scintilla Rossa

The Great Conspiracy. The Secret War Against Soviet Russia, M. Sayers, A. E. Kahn

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-Bardo-
view post Posted on 23/3/2011, 02:09 by: -Bardo-




Ok! io ho iniziato la scansione e con l'aiuto del'OCR di Acrobat ho gia' il primo capitolo.
Magari poi possiamo fare un po' io e Kekke! per fare piu' veloci.
Carre ti ringrazio anticipatamente per la disponibilita'. :)

Intanto ecco il primo cap.

Titolo originale: The Great Conspiracy
Boni and Gaer, New York

Michael Sayers e Albert E. Kahn
La grande congiura
1948 Giulio Einaudi edìtore.


Copyright 1948 by Giulio Einaudi editore

Prefazione

Non mi è noto che sia stato recato un maggior contributo alla causa della pace mondiale, per mezzo di una migliore comprensione internazionale della Russia , e del suo presente in quanto sviluppo del suo passato, di quello dato da Alberi E. Kahn e da Michael Sayers col loro ottimo libro La grande congiura contro la Russia.
Se la Russia da una parte e la Gran Bretagna e gli Stati Uniti dall'altra riusciranno a comprendersi, allora vi sarà una pace veramente duratura . Noi, del mondo occidentale, conosciamo il nostro passato e lo giudichiamo naturalmente alla luce della nostra esperienza.
Ma pochi fra noi conoscono veramente qual è stata l'esperienza del popolo russo; quindi per lo piu non ci rendiamo conto perché esso debba avere le opinioni che ha.
Ciò che gli autori di questo libro hanno fatto è di richiamarsi al periodo che ha inizio con la rivoluzione russa e di farci un po' vedere il mondo attraverso l'esperienza russa. In breve, essi sono dotati di quel raro dono ambito dal poeta Burns, di farci vedere noi stessi come i Russi ci vedono alla luce della loro esperienza.
Una continuazione di quella politica disastrosa di intrigo antisovietico descritta con tanta vivezza in questo libro condurrebbe inevitabilmente a una terza guerra mondiale. Ecco perché questo libro dovrebbe essere letto e studiato da tutti coloro cui sta a cuore di vedere la pace consolidarsi durevolmente nel mondo. È un'opera che dovrebbe essere letta da ogni uomo politico americano ed inglese, e, per questa stessa ragione, da ogni cittadino di entrambi i paesi.
Senza dubbio se i popoli e le nazioni più influenti della Terra guarderanno l'uno all'altro con simpatia e sforzo sincero di comprensione, noi possiamo avere per una pace durevole una speranza più viva di quella che mai l'umanità abbia nutrito nel suo cuore.
Tutti noi siamo debitori al signor Kahn e al signor Sayers per averci narrato una storia cosi emozionante e drammatica.


CLAUDE PEPPER

Senatore americano per la Florida


Nessuno degli avvenimenti o dei dialoghi riportati ne La grande congiura è stato inventato dagli autori. Il materiale è stato tratto da varie fonti documentarie indicate nel testo.

Libro primo
Rivoluzione e Controrivoluzione


Capitolo primo
Sorge il governo sovietico


I. Missione a Pietrogrado.

Verso la metà del fatale 1917, mentre il vulcano rivoluzionario ribolliva e rumoreggiava in Russia, giungeva a Pietrogrado, con una missione segreta della massima importanza, il maggiore americano Raymond Robins. Ufficialmente giungeva con il grado di assistente capo della Croce Rossa americana. In realtà era al servizio dell'Ufficio informazioni dell'esercito americano. Aveva l'incarico di aiutare a mantenere la Russia in stato di guerra contro la Germania.
La situazione sul fronte orientale era disperata. L'esercito russo, mal guidato, miseramente equipaggiato, era stato fatto letteralmente a pezzi dai Tedeschi. Sotto l'urto violento della guerra, il vacillante regime feudale zarista , già internamente imputridito, era caduto. Il 15 marzo lo zar Nicola II era stato costretto ad abdicare e si era costituito un governo provvisorio. Il grido rivoluzionario di Pane, pace, terra!, che riassumeva i bisogni immediati e le antiche aspirazioni di milioni di Russi stanchi della guerra, affamati, espropriati, risonava in tutto il paese.
Gli alleati della Russia - l'Inghilterra, la Francia e gli Stati Uniti - paventavano l'imminente collasso dell'esercito russo. Da un momento all'altro, un milione di soldati tedeschi potevano essere ritirati improvvisamente dal fronte orientale e gettati a occidente contro le truppe alleate ormai stanche. Non meno allarmante era la prospettiva che il grano dell'Ucraina, il carbone del Donets, il petrolio del Caucaso e tutte le altre inesauribili
risorse del suolo russo cadessero nelle rapaci mani della Germania imperiale .
Gli Alleati si affannavano a mantenere la Russia in stato di guerra, almeno fino a quando i rinforzi americani avessero raggiunto il fronte occidentale. Il maggiore Robins era uno dei numerosi diplomatici militari, agenti dell'Ufficio Informazioni inviati a Pietrogrado con l'incarico di fare tutto il possibile per far si che la Russia restasse nella lotta .
Quarantatreenne, con i capelli nerissimi, i lineamenti aquilini fortemente marcati, dotato di un'energia illimitata, di un'eloquenza straordinaria e di un grande fascino personale, Raymond Robins era una personalità di primo piano, notissima al pubblico americano. Aveva rinunciato a una carriera di uomo d'affari già coronata dal successo a Chicago per dedicarsi alla filantropia e all'assistenza sociale. In politica era un « uomo di Roosevelt». Aveva svolto un'azione di primo piano nella famosa campagna elettorale del 1912, allorché il suo eroe, Theodore Roosevelt, aveva tentato di ritornare alla presidenza. Era un liberale militante, un instancabile e pittoresco crociato di ogni causa avversa alla reazione.
- Che? Raymond Robins? Quella testa calda? Quel rooseveltiano arrabbiato? Che ci sta a fare nella nostra missione? - esclamò il colonnello William Boyce Thompson, quando seppe che Robins era stato nominato suo primo assistente. Il colonnello Thompson era repubblicano e conservatore convinto . Era interessato personalmente in modo considerevole negli affari russi, nelle miniere russe di manganese e di ' rame. Ma era anche un osservatore realista e perspicace. Nel suo intimo aveva la convinzione che la politica conservatrice del Dipartimento di Stato americano nei riguardi della Russia in fermento, nori sarebbe approdata a nulla.
L'ambasciatore americano in Russia, David Francis, ex governatore del Missouri, banchiere di St. Louis, anziano, ostinato, accanito giocatore di poker, con i suoi capelli bianchi, il suo solino rigido e la sua giacca nera fuori moda, era una figura anacronistica nell'atmosfera arroventata della Pietrogrado rivoluzionaria.
- Il vecchio Francis - aveva detto un diplomatico britannico - non distingue un socialrivoluzionario da una patata!
Ma, quel che gli mancava in fatto di conoscenza della politica russa, l'ambasciatore Francis lo compensava con la forza delle sue opinioni. Egli le ricavava soprattutto dai sensazionali pettegolezzi dei generali e dei milionari zaristi che affluivano numerosi all'ambasciata americana di Pietrogrado.
Francis era fermamente convinto che il fermento russo altro non fosse che il risultato di un complotto tedesco e che tutti i rivoluzionari russi fossero agenti stranieri. A ogni modo - pensava - tutta la faccenda sarebbe finita prestissimo.
Il 21 aprile 1917, l'ambasciatore Francis aveva inviato al Segretario di Stato Robert Lansing, un telegramma riservato così concepito:

SOCIALISTA ESTREMISTA RIVOLUZIONARIO O ANARCHICO DI NOME LENIN
TIENE VIOLENTI DISCORSI RAFFORZANDO DI CONSEGUENZA IL GOVERNO.
DI PROPOSITO GLI VIEN LASCIATA MANO LIBERA.
SARÀ TEMPESTIVAMENTE DEPORTATO.

Ma la rivoluzione russa, anziché placarsi dopo l'abbattimento dello zar, era solo all'inizio. L'esercito russo si andava sfasciando e sembrava che in Russia nessuno più avesse il potere di arrestarne la disgregazione. Aleksander Kèrenskij, l'ambizioso capo del governo provvisorio, aveva visitato il fronte tenendo eloquenti discorsi alle truppe, assicurandole che « vittoria, democrazia e pace» erano a portata di mano. Per nulla impressionati, i soldati russi, affamati e ribelli, continuavano a disertare a decine di migliaia. In colonne interminabili, con le uniformi sudice e a brandelli, essi vagavano nelle campagne, attraverso i campi inzuppati dalla pioggia, le strade melmose, i villaggi, le città...
Nelle retrovie, i soldati incontravano gli operai e i contadini rivoluzionari. In ogni località soldati, operai e contadini costituivano spontaneamente i loro comitati rivoluzionari o « Soviet », come essi li chiamavano, ed eleggevano i loro delegati, che dovevano portare le loro esigenze di Pane, pace, terra! a Pietrogrado, al governo.
Quando il maggiore Raymond Robins giunse a Pietrogrado, masse affamate di popolo, simili a una nera marea dilagante, circolavano nel paese. La capitale brulicava di delegazioni di soldati, reduci dal fango delle trincee, i quali chiedevano che si mettesse fine alla guerra. Le agitazioni per il pane erano all'ordine del giorno. Il partito bolscevico di Lenin - l'organizzazione dei comunisti che Kèrenskij aveva ricacciato nell'illegalità - stava acquistando rapidamente autorità e prestigio.
Raymond Robins rifiutò di accettare come verità le opinioni dell'ambasciatore Francis e dei suoi amici zaristi sulla Russia. Sprecò poco tempo nei saloni di Pietrogrado, ma scese « in campo», per usare la sua espressione, per vedere le cose con i propri occhi. Robins aveva. una fiducia illimitata in quella che definiva « la mentalità aperta », quel certo che è proprio degli uomini d'affari americani: una mentalità che non si accontenta delle chiacchiere, ma è costantemente alla ricerca dei fatti. Viaggiò per il paese, frequentò riunioni sindacali, visitò fabbriche, baraccamenti militari e persino le trincee infestate dai pidocchi del fronte orientale. Per rendersi conto di quel che stava capitando in Russia Robins andò tra il popolo russo.
Tutta la Russia si presentava quell'anno come un'immensa società impegnata in tumultuosi dibattiti. Dopo secoli di silenzio forzato, la gente aveva ritrovato la lingua. Si tenevano dovunque comizi. Ognuno diceva quel che aveva da dire. Funzionari del governo, propagandisti pro-alleati, bolscevichi, anarchici socialisti rivoluzionari, menscevichi, tutti quanti parlavano. I bolscevichi erano gli oratori più popolari. Soldati, operai e contadini si ripetevano instancabilmente le loro parole.
- Ditemi: per che cosa combatto? - chiedeva un soldato russo in uno di quei burrascosi comizi di massa - Per Costantinopoli o per liberare la Russia? Per la democrazia o per i briganti capitalisti? Se potete provarmi che difendo la Rivoluzione, allora andrò a combattere anche senza la minaccia della pena capitale. Quando la terra sarà dei contadini e le fabbriche degli operai e il potere del Soviet, allora noi sapremo di avere veramente qualcosa per cui combattere e combatteremo!
In questa atmosfera Robins si trovava a suo agio. Noto comiziante egli stesso, aveva sostenuto in patria più di un dibattito con i marxisti americani; perché non avrebbe dovuto farlo con i bolscevichi russi? Robins chiedeva spesso il permesso di replicare agli oratori bolscevichi. Nelle fabbriche e nelle trincee, tra la densa folla, l'Americano dalle spalle quadrate e dagli occhi neri si alzava e parlava. Per mezzo, del suo interprete, Robins parlava ai suoi ascoltatori russi della democrazia americana e della minaccia del militarismo prussiano. Invariabilmente, applausi tumultuosi salutavano le sue parole.
Al tempo stesso Robins non trascurava il suo lavoro alla Croce Rossa. Era suo còmpito fornire di viveri le città affamate. Nella valle del Volga scoprì immensi depositi di grano che marciva nei magazzini. Mancavano i trasporti per distribuirlo. Per colpa del regime zarista, irrimediabilmente disorganizzato, il sistema dei trasporti era andato a catafascio e Kèrenskij non aveva fatto nulla per rimediare alla situazione. Robins propose di raccogliere sul Volga una flottiglia di barconi per spedire il grano. I funzionari di Kèrenskij gli risposero che non era possibile. Un contadino si presentò a Robins; gli disse che i barconi sarebbero stati a sua disposizione. La mattina seguente il grano cominciò a risalire il fiume verso Mosca e Pietrogrado.
Robins ebbe ovunque la prova della confusione e dell'inettitudine del governo di Kèrenskij in contrasto con l'organizzazione e la determinazione dei Soviet rivoluzionari. Quando il presidente di un Soviet diceva che una cosa sarebbe stata fatta, era fatta.
La prima volta che Robins giunse in un villaggio russo e chiese di vedere le autorità locali, i contadini avevano sorriso: - Sarebbe meglio che vedeste il presidente del Soviet, - gli dissero.
- Che cosa è codesto Soviet? - chiese Robins,
- I delegati degli operai, dei soldati e dei contadini.
- Ma questa è una specie di organizzazione rivoluzionaria - protestò Robins. - lo voglio l'organizzazione civile, l'autorità regolare civile.
I contadini risero: - Quella? quella non conta nulla. Fareste meglio a vedere il presidente del Soviet!
Ritornato a Pietrogrado, dopo il suo giro di ispezione, Robins fece una relazione preliminare al colonnello Thompson. - Il governo provvisorio di Kèrenskij - disse - era « una specie di castello di carte, privo di qualsiasi base nel paese e sostenuto dalle baionette a Pietrogrado, a Mosca e in alcune altre località » -.
Il vero governo del paese era esercitato dai Soviet, Però Kèrenskij era per la continuazione della guerra contro la Germania, e per questa ragione Robins credeva che dovesse essere mantenuto al potere. E, se gli Alleati volevano lmpedire che la Russia precipitasse completamente nel caos e quindi sotto la dominazione tedesca, essi dovevano far uso di tutta la loro influenza per convincere Kèrenskij a riconoscere i Soviet e ad accordarsi con essi.
Il governo degli Stati Uniti doveva essere informato della situazione prima che fosse troppo tardi.
Robins faceva una proposta audace: l'immediato lancio dì una campagna propagandistica, gigantesca, stringente, per convincere il popolo russo che la vera minaccia alla rivoluzione veniva dalla Germania.
Con gran stupore di Robins, il colonnello Thompson si dichiarò pienamente d'accordo sulla relazione e la proposta. Disse a Robins che avrebbe trasmesso telegraficamente a Washmgton un abbozzo del suo schema propagandistico e avrebbe richiesto l'autorità e i fondi necessari per effettuarlo. Frattanto, poiché il tempo era prezioso, Robins poteva mettersi all'opera.
- Ma dove prendere il 'denaro? - chiese Robins.
Robins poteva liberamente attingere dal deposito bancario del colonnello a Pietrogrado.
- L'essenziale - disse Thompson - era di tener fermo l'esercito russo sul fronte orientale e d'impedire alla Germania di entrare in Russia.
Al tempo stesso, il colonnello era pienamente consapevole dei pericoli che correva intervenendo così attivamente e personalmente nelle faccende russe.
- Sapete quel che significa, Robins? - chiese.
- Credo che significhi l'unica possibilità di salvare la situazione, colonnello - rispose Robins.
- No, voglio dire se sapete quel che significa per voi?
- Che volete dire?
- Che se non riuscirete, sarete fucilato.
Robins scrollò le spalle. - Uomini migliori, uomini più giovani vengono uccisi ogni giorno sul fronte occidentale -. Poi aggiunse dopo una pausa: - Colonnello, se io sarò fucilato, voi sarete impiccato.
- Non mi stupirei che aveste ragione al cento per cento -, fu la risposta del colonnello Thompson.

2. Controrivoluzione.

I venti autunnali soffiavano umidi e gelidi dal Baltico, nuvole nere e minacciose gonfie d'acqua incombevano sulla città, quando a Pietrogrado gli eventi precipitarono verso il loro storico epilogo.
Pallido e nervoso, chiuso nell'uniforme marrone accuratamente abbottonata, gli occhi sporgenti, il braccio destro incurvato napoleonicamente, Alexander Kèrenskij, capo del governo provvisorio, percorreva su e giù la sua stanza nel Palazzo d'Inverno.
- Che cosa si aspettano da me? - gridava a Raymond Robins - metà del tempo devo parlare come un liberale occidentale per far piacere agli Alleati e l'altra metà come un socialista russo per mantenermi in vita.
Kèrenskij aveva ragione di essere scosso. Alle sue spalle, i suoi principali sostenitori, i milionari russi e gli stessi alleati anglo-francesi, già cospiravano per togliergli il potere.
I milionari russi minacciavano apertamente di rivolgersi ai Tedeschi, se l'Inghilterra e la Francia si fossero rifiutate di intervenire per arrestare la Rivoluzione.
- La rivoluzione è una malattia - diceva Stepan Georgevic Liazanov, il « Rockefeller russo », al corrispondente americano John Reed. - Presto o tardi le potenze straniere dovranno intervenire come si interviene per curare un bambino invalido, per insegnargli a camminare.
Un altro milionario russo, Riabushinskij, dichiarava che l'unica soluzione era « di stringere alla gola con la mano spettrale della fame, dell'estrema miseria, i falsi amici del popolo: i Soviet e i Comitati democratici!»
Sir Samuel Hoare, capo del Servizio d'informazioni diplomatico in Russia, dopo aver conferito con i milionari russi, era tornato a Londra, dove aveva dichiarato che la dittatura militare era la miglior soluzione del problema russo. Secondo Hoare, i candidati più idonei al posto di dittatore erano l'ammiraglio Kolciàk - il quale, diceva Hoare, era quel che di più prossimo al « gentleman inglese» aveva potuto trovare in Russia - e il generale Larr Kornilov, il massiccio e barbuto cosacco, comandante in capo dell'esercito russo.
I governi francese e britannico decisero di appoggiare il generale Kornilov. Sarebbe stato' l'uomo forte che avrebbe tenuto la Russia in guerra e al tempo stesso schiacciato la rivoluzione e protetto gli interessi finanziari anglo-francesi in Russia.
Il putsch ebbe luogo la mattina dell'8 settembre 1917. Cominciò con un proclama, promulgato da Kornilov nella sua qualità di comandante in capo dell'esercito, chiedente il rovesciamento del governo provvisorio e il ritorno alla « disciplina e all'ordine ». Migliaia di opuscoli intitolati. Kornilov, l'eroe russo, comparirono d'improvviso nelle strade di Mosca e Pietrogrado. Anni dopo, Kèrenskij rivelò nel suo libro La catastrofe che « questi opuscoli erano stati stampati a spese della missione militare britannica ed erano stati inviati a Mosca dall'ambasciata britannica di Pietrogrado nella carrozza ferroviaria riservata del generale Knox, addetto militare britannico ». . Kornilov diede ordine a 20 mila soldati di .avanzare su Pietrogrado. Ufficiali francesi e britannici in uniforme russa marciavano con le truppe di Kornilov.
Kèrenskij fu atterrito dal tradimento. A Londra e a Parigi era ancora acclamato come un « gran democratico » e come « l'eroe delle masse russe». E proprio qui in Russia i rappresentanti alleati cercavano di rovesciarlo! Kèrenskij si chiedeva disperatamente che cosa fare, e non fece nulla.
Il Soviet di Pietrogrado controllato dal bolscevichi ordinò, di propria iniziativa, la mobilitazione immediata. Agli operai armati si unirono marinai rivoluzionari della flotta del Baltico e soldati provenienti dal fronte. Barricate e cavalli di frisia sorsero nelle vie della città. Pezzi d'artiglieria e mitragliatrici comparvero nei punti strategici. Pattuglie di guardie rosse - operai in berretto e giacche di cuoio, armati di fucili e di bombe a mano - percorrevano le vie fangose.
In quattro giorni -l'esercito di Kornilov si disgregò. Lo stesso generale fu arrestato dal Comitato di soldati che si era costituito segretamente nel suo stesso esercito. Una quarantina di generali del vecchio regime, coinvolti nella cospirazione di Kornilov, furono arrestati all'Hotel Astoria di Pietrogrado, dove stavano attendendo la notizia del trionfo di Kornilov. Il sottosegretario alla guerra di Kèrenskij, Boris Sàvinkov, fu cacciato dal suo ufficio a furore di popolo per aver partecipato alla congiura. Il governo provvisorio precipitò.
Il putsch aveva provocato esattamente quel che avrebbe dovuto evitare: un trionfo dei bolscevichi e una dimostrazione della forza dei Soviet.
Il potere era nelle mani dei Soviet, non di Kèrenskij.
- L'ascesa dei Soviet - disse Raymond Robins - compì I'opera senza ricorrere alla forza... ; questo fu il potere che sconfisse Kornilov.
L'ambasciatore Francis, da parte sua, telegrafava al Dipartimento di Stato americano:

FALLIMENTO DI KORNILOV IMPUTABILE A CATTIVI CONSIGLI?
ERRATE INFORMAZIONI METODI INADATTI. INOPPORTUNITÀ.
BUON SOLDATO PATRIOTA ALTRIMENTI INESPERTO.
GOVERNO SERIAMENTE SPAVENTATO IMPARERÀ DALLA ESPERIENZA.

3. Rivoluzione.

Gli avvenimenti si succedevano con rapidità vertiginosa. Da Lenin, tuttora fuorilegge, era pervenuta la nuova parola d'ordine della rivoluzione: « Tutto il potere ai Sovietl Abbasso il governo provvisorio! »
Il 7 ottobre il colonnello Thompson telegrafava allarmato a Washington:

MASSIMALISTI (BOLSCEVICHI) CERCANO ATTIVAMENTE DI CONTROLLARE
IL CONGRESSO PANRUSSO DEI DEPUTATI OPERAI E SOLDATI CHE AVRÀ
LUOGO QUESTO MESE. SE RIUSCIRANNO FORMERANNO NUOVO GOVERNO
CON RISULTATI DISASTROSI CHE CONDURRANNO PROBABILMENTE ALLA
PACE SEPARATA. STIAMO IMPIEGANDO TUTTE LE NOSTRE RISORSE MA
DOBBIAMO AVERE IMMEDIATO APPOGGIO O SARÀ TROPPO TARDI.

Il 3 novembre si tenne nell'ufficio del colonnello Thompson una riunione segreta dei capi militari alleati in Russia. Che cosa fare per fermare i bolscevichi ? Il generale Niessel, capo della Missione militare francese, denunciò rabbiosamente il governo provvisorio per la sua inettitudine e chiamò i soldati russi « cani gialli ». A questo punto uno dei generali russi, rosso di collera, abbandonò la camera.
Il generale Alfred Knox, addetto militare britannico e capo della Missione britannica a Pietrogrado, rinfacciò agli Americani di non aver sostenuto Kornilov.
- Non è mio interesse rendere più stabile la posizione di Kèrenskij e del suo governo - urlò Knox a Robins. - È incompetente e incapace, e non vale un soldo. Voi avreste dovuto essere dalla parte di Kornilov!
- Ebbene, generale, - rispose Robins, - voi eravate con Kornilov »,
Il generale britannico diventò di fuoco. - In Russia non resta altro che arrivare a una dittatura militare - disse. - È necessaria per questa gente!
- Generale! - intervenne Robins - potreste arrivare a una dittatura di tipo ben diverso.
- Volete dire questo pasticcio bolscevico Trotskij-Lenin, questo pasticcio di piazza?
- Proprio così.
- Robins - disse il generale Knox - voi non siete un militare; voi non capite nulla di cose militari. Noi militari sappiamo come comportarci in questi casi. Li mettiamo con le spalle al muro, e spariamo.
- Certo, se riuscite ad acciuffarli, lo fate - replicò Robins.
- Lo ammetto, generale, non m'intendo affatto di cose militari, ma m'intendo un po' di uomini, ho lavorato con loro tutta la mia vita. Sono stato tra gli uomini in Russia e so che ci troviamo di fronte a una situazione creata da uomini.
Il 7 novembre 1917, quattro giorni , dopo questa conferenza , nell'ufficio del colonnello Thompson, i bolscevichi, si impadronirono del potere.
La rivoluzione bolscevica, con le sue ripercussioni mondiali, si compì in modo strano, e passò da principio quasi inosservata. Fu la rivoluzione più pacifica che la storia ricordi. Piccoli drappelli di soldati e marinai si aggiravano nella capitale. Furono sparati colpi sporadici, dispersi. Uomini e donne si raccoglievano nelle vie gelide, discutendo, gesticolando, leggendo gli ultimi proclami ed appelli. Corsero le solite voci contraddittorie. I tram andavano su e giù lungo la Neva. Le massaie entravano e uscivano dai negozi. I giornali conservatori di Pietrogrado, che uscirono come al solito, ignorarono persino la rivoluzione.
Dopo aver sopraffatto facilmente una debolissima resistenza, i bolscevichi occuparono il telefono, il telegrafo, la Banca di Stato e i ministeri. Il Palazzo d'Inverno, sede del governo provvisorio di Kèrenskij, fu accerchiato ed isolato.
Quel pomeriggio stesso Kèrenskij si diede alla fuga in una veloce auto fornita dall'Ambasciata americana. In gran fretta, al momento di partire, Kèrenskij assicurò l'ambasciatore Francis che sarebbe ritornato alla testa delle truppe combattenti e che avrebbe « liquidato la situazione in cinque giorni ».
Alle 6 pomeridiane l'ambasciatore Francis telegrafava al segretario di stato Lansing :

APPARENTEMENTE I BOLSCEVICHI HANNO PRESO IL CONTROLLO DOVUNQUE.
IMPOSSIBILE PRENDERE CONTATTO CON I MINISTRI.

In quella notte umida e fredda le strade fangose erano percorse da autocarri. Alle sentinelle che sostavano accanto ai falò venivano lanciati grandi pacchi bianchi con dentro il seguente proclama:

« Ai cittadini della Russia!
Il Governo provvisorio è deposto. Il potere dello Stato è passato nelle mani dell'organo del Soviet di Pietrogrado dei deputati operai e contadini : il Comitato rivoluzionario militare che dirige il proletariato e la guarnigione di Pietrogrado.
La causa per cui si è battuto il popolo - proposta immediata di una pace democratica, abolizione dei diritti di proprietà dei proprietari fondiari sulla terra, controllo operaio della produzione, creazione di un governo sovietico - questa causa ha vinto.
Evviva la rivoluzione degli operai, dei soldati e dei contadini!
Il Comitato rivoluzionario militare del Soviet di Pietrogrado dei deputati operai ,e contadini ».

Alle 22,45 della notte del 7 novembre, il Congresso panrusso dei Soviet dei deputati operai e contadini tenne la seduta d'apertura nella sala da ballo dell'Istituto Smolnyj, già scuola elegante per le figlie dell'aristocrazia zarista. L'immenso salone, pieno di fumo, con le sue colonne di marmo, i candelabri candidi, i pavimenti intarsiati, ospitava ora i rappresentanti eletti dei soldati e degli operai russi. Sporchi, stanchi, con le barbe lunghe, i deputati dei Soviet - soldati con le uniformi incrostate di fango delle trincee, operai in berretto e giubba nera da lavoro, marinai in blusa a righe e berrettino tondo adornato di nastri - ascoltavano instancabili mentre, l'uno dopo l'altro, salivano alla tribuna i membri del Comitato esecutivo centrale.
Il congresso durò due giorni. Un grande applauso scoppiò la sera del secondo giorno, quando un uomo piccolo e robusto, che indossava un vestito logoro, si presentò alla tribuna, la testa calva rilucente, un foglio di carta in mano.
Il tumulto durò parecchi minuti. Poi, piegandosi leggermente in avanti l'oratore disse: « Ora procederemo alla costruzione dell'ordine socialista!»
L'oratore era Lenin.
Il congresso elesse il primo governo sovietico, il consiglio dei commissari del popolo, con alla testa Vladimir Ilic Lenin.

4. Non riconosciuto.

La mattina dopo, l'ambasciatore Francis telegrafava a Washington che il nuovo regime sovietico avrebbe avuto al massimo qualche giorno di vita. Consigliava il Dipartimento di Stato a non riconoscere il governo russo, finché i bolscevichi non fossero stati rovesciati e il loro posto occupato da « patrioti russi ».
Quella stessa mattina Raymond Robbins entrò nell'ufficio del colonnello Thomson nella sede della Croce Rossa americana di Pietrogrado.
- Colonnello - esclamò - dobbiamo agire d'urgenzal L'idea che Kèrenskij sta formando un esercito, che i cosacchi stanno arrivando dal Don e che le guardie bianche stanno scendendo dalla Finlandia, è inventata di sana pianta! Non arriveranno mai fin qui. Fra loro e noi ci sono i fucili di troppi contadini! No, gli uomini che ora dirigono la commedia da Smolnyj son destinati a farlo per un pezzo!
Robins chiedeva al suo capo il permesso di recarsi immediatamente a Smolnyj per avere un colloquio con Lenin. « Son per lo più persone degne di rispetto e cortesi - diceva Robins alludendo ai bolscevichi. - Noi abbiamo avuto a. che fare con i nostri politicanti: ebbene, se a Smolnyj ci sono individui più corrotti e peggiori dei nostri imbroglioni, questo vuol dire che anche qui ci sono imbroglioni!»
Per tutta risposta, il colonnello Thompson mostrò a Robins gli ordini che aveva ricevuti proprio allora da Washington. Doveva ritornare immediatamente in America per consultazioni. Personalmente, era d'accordo con Robins che i bolscevichi rappresentavano le masse del popolo russo, e non appena giunto negli Stati Uniti avrebbe cercato di convincerne anche il Dipartimento di Stato. Frattanto Robins, promosso al grado di colonnello, doveva assumere la direzione della missione americana della Croce Rossa in Russia. Il colonnello Thompson strinse la mano al suo ex aiutante e gli augurò buona fortuna.
Robins non perse tempo. Si recò all'Istituto Smolnyj e chiese di parlare con Lenin.
- Ero per Kèrenskij - dichiarò francamente - ma non sono cieco: considero il governo provvisorio come morto e sepolto. Desidero sapere come la Croce Rossa americana può essere utile al popolo russo senza ledere i nostri interessi nazionali. Sono contro il vostro programma di politica interna, ma non è affar mio quel che càpita all'interno. Se Kornilov o lo zar o chiunque altro avesse il potere, tratterei con lui!
A Lenin quell'Americano franco, dinamico piacque immediatamente. Cercò di spiegare a Robins il carattere del nuovo regime.
- Dicono che sono un dittatore - dichiarò Lenin -, per il momento sono tale. Sono un dittatore perché ho dietro di me la volontà delle masse dei contadini e degli operai . Il momento in cui cessassi di interpretare la loro volontà, mi toglierebbero il potere e sarei impotente quanto lo zar.
Riguardo al programma economico sovietico, Lenin continuò:
- Noi lanceremo una sfida al mondo con una repubblica di produttori. Non mettiamo nei Soviet chiunque possegga azioni o che sia comunque un possidente. Ci mettiamo i produttori. Il bacino carbonifero del Donets sarà rappresentato dai produttori di carbone; le ferrovie dai produttori dei trasporti; il sistema postale dai suoi produttori, e così via.
Lenin descrisse quindi a Robins un'altra fase essenziale del programma bolscevico: la soluzione del « problema nazionale ».
Sotto gli zar, i numerosi gruppi nazionali della Russia erano stati spietatamente oppressi e ridotti al grado di popoli soggetti. Tutto ciò - disse Lenin - doveva cambiare. L'antisemitismo e gli altri pregiudizi della stessa sorta sfruttati dallo zarismo per aizzare un gruppo contro l'altro sarebbero stati spazzati via. Ogni nazionalità e ogni minoranza nazionale in Russia sarebbe stata completamente emancipata, avrebbe ricevuto parità di diritti e autonomia regionale e culturale. Lenin disse a Robins che l'uomo il quale avrebbe affrontato questo problema complesso e di importanza capitale era la personalità bolscevica piti versata nella questione delle nazionalità, Josif Stalin. .
Quali le probabilità che la Russia restasse in guerra con la Germania?
Lenin rispose con estrema sincerità. La Russia era ormai uscita dalla guerra. La Russia non poteva opporsi alla Germania, finché non si fosse costituito un nuovo esercito: l'esercito rosso. Ciò esigeva tempo. L'intera struttura dell'industria e dei trasporti, marcia fino al midollo, doveva essere riorganizzata da capo a fondo.
Il governo sovietico - proseguì Lenin - desiderava il riconoscimento e l'amicizia degli Stati Uniti. Era perfettamente informato dei pregiudizi correnti contro il suo regime. Offriva a Robins un programma minimo di cooperazione pratica. In cambio dell'assistenza tecnica americana, il governo sovietico avrebbe provveduto a mettere in salvo tutto l'equipaggiamento bellico dal fronte orientale, laddove non si poteva impedire in alcun modo che cadesse nelle mani dei Tedeschi.
Robins trasmise al generale William Judson, addetto militare americano e capo della missione militare americana in Russia, la proposta di Lenin; e il generale Judson si recò all'Istituto Smolnyj per precisare i particolari dell'accordo .
Il generale Judson informò l'ambasciatore Francis che sarebbe stato nell'interesse degli Stati Uniti di riconoscere il governo sovietico.
- Il Soviet è il governo de facto, e bisogna stabilire relazioni con questo governo - disse il general Judson,
Ma l'ambasciatore americano era di tutt'altro avviso, e già l'aveva comunicato a Washington.
Pochi giorni dopo, un telegramma del Segretario di Stato Lansing comunicava all'ambasciatore Francis che i rappresentanti degli Stati Uniti dovevano « evitare ogni contatto diretto .con il governo bolscevico». Il telegramma aggiungeva: « Avvertitene Judson ».
Un secondo telegramma a brevissima distanza richiamò in patria il generale Judson.
Robins pensò di dimettersi, in segno di protesta contro la politica del Dipartimento di Stato. Con sua grande sorpresa, l'ambasciatore Francis gli consigliò di stare al suo posto e di mantenere i contatti con il governo sovietico.
- Credo che sarebbe poco saggio da parte vostra rompere le vostre relazioni in modo brutale e definitivo, vale a dire cessare di recarvi all'Istituto Smolnyj - disse. - Inoltre, desidero sapere quello che fanno e io starò tra voi ed il fuoco.
Robins non lo sapeva, ma l'ambasciatore Francis desiderava tutte le informazioni che poteva avere sul conto del governo sovietico, per ragioni sue particolari.

5. Diplomazia segreta.

Il 2 dicembre 1917, l'ambasciatore Francis inviava a Washington il suo primo rapporto confidenziale sulle attività del generale Alexis Kalèdin, ataman dei cosacchi del Don. Francis descriveva il generale come « Kalèdin, comandante in capo di 200 mila cosacchi». Il generale Kalèdin aveva organizzato un esercito bianco controrivoluzionario fra i cosacchi nella Russia meridionale, aveva proclamato « l'indipendenza del Don» e si preparava a marciare su Mosca per rovesciare il governo sovietico. Clandestinamente, a Mosca ed a Pietrogrado, gruppi di ufficiali zaristi agivano come spie antisovietiche per conto di Kalèdin e si tenevano in contatto con l'ambasciatore Francis.
Su richiesta di Francis, una relazione più particolareggiata sulle forze del generale Kalèdin fu inviata al Dipartimento di Stato alcuni giorni dopo da Maddin Summers, console generale americano a Mosca. Summers, che aveva sposato la figlia di un ricco nobile zarista, era ostile ai Soviet ancor più dello stesso ambasciatore. Secondo il rapporto Summers, Kalèdin aveva già raggruppato intorno a sé tutti gli elementi « leali » e « onesti » della Russia meridionale.
Il Segretario di Stato Lansing consigliava, in un telegramma all'ambasciata americana di Londra, di stanziare un fondo segreto per finanziare la causa di Kalèdin. Questo fondo - specificava il segretario - dovrà essere fornito tramite il governo britannico o quello francese.
« Non ho bisogno di insistere con voi - aggiungeva Lansing sulla necessità di agire rapidamente e di far capire a quelli con cui parlate l'importanza di non palesare che gli Stati Uniti simpatizzano per il movimento di Kalèdin, e tanto meno che lo aiutano finanziariamente ».
A Francis si consigliava di far uso della più grande discrezione nel trattare con gli agenti di Kalèdin a Pietrogrado in modo da non insospettire i bolscevichi.
Nonostante queste accurate precauzioni, la trama fu scoperta dal governo sovietico, il quale stava in guardia contro ogni possibilità di intervento alleato in Russia. Verso la metà di dicembre la stampa sovietica accusò l'ambasciatore americano di congiurare segretamente con Kalèdin. Francis negò blandamente di conoscere l'esistenza del capo cosacco...
« Sto facendo una dichiarazione alla stampa - telegrafò Francis al Lansing il 22 dicembre - in cui smentisco di essere in qualche modo a partecipazione .o a conoscenza dei piani di Kalèdin, dichiarando che mi attengo scrupolosamente alle vostre precise istruzioni di non intervenire negli affari interni del paese ».
Isolato dell'ostilità alleata e troppo debole per affrontare da solo la potente macchina bellica tedesca, il governo sovietico doveva proteggersi nel miglior modo possibile. La Germania costituiva la minaccia più immediata.
Per salvare la nuova Russia, per guadagnar tempo, per poter compiere un lavoro riorganizzativo efficace e creare l'esercito rosso, Lenin propose di firmare una pace immediata sul fronte orientale.
« Dovremo concludere la pace in ogni modo - disse ai suoi collaboratori, dopo aver passato in rassegna le spaventose condizioni dei trasporti, dell'industria e dell'esercito russo. - Dobbiamo diventare forti... Se i Tedeschi cominciassero ad avanzare, saremmo forzati a concludere la pace a qualsiasi condizione, e la pace sarebbe allora più dura».
Per insistenza di Lenin, una delegazione sovietica parti d'urgenza per Brest-Litòvsk, il quartier generale dell'armata tedesca meridionale, per chiedere le condizioni di pace.
Il 23 dicembre 1917, il giorno dopo la prima seduta della conferenza preliminare per la pace di Brest-Litòvsk, i rappresentanti della Gran Bretagna e della Francia si incontrarono a Parigi e concludevano un accordo segreto per smembrare la Russia sovietica. In base a quest'accordo, chiamato L'Accord français-anglais du 23 décembre I9I7, définissant les zones d'action françaises et anglaises, l'Inghilterra avrebbe ottenuto in Russia una « zona d'influenza » che le avrebbe dato il petrolio del Caucaso e il controllo delle province baltiche; dalla « zona » attribuitale la Francia avrebbe avuto il ferro e il carbone del bacino del Donets e il controllo della Crimea.
Questo trattato segreto anglo-francese non era che il punto di partenza della politica che le due nazioni avrebbero seguito nei riguardi della Russia per molti anni a venire.
 
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