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Le interpretazioni revisioniste di Gramsci

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carre
view post Posted on 15/2/2010, 00:10 by: carre
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Le interpretazioni revisioniste di Gramsci: Garaudy, Togliatti e Berlinguer

Il concetto di blocco storico è stato deformato in diversi modi dal revisionismo, in particolare confondendo e riducendo il suo significato a quello di alleanza fra varie classi e strati sociali (tattiche o strategiche che siano), fino ad assimilarlo a quello di coalizione di gruppi di partiti.
Tipico esponente di questa interpretazione riduttiva e falsa da cima a fondo è stato il rinnegato revisionista Roger Garaudy (successivamente convertitosi all'Islam) che, fin dagli anni '60, ha contribuito a generare una profonda incomprensione a livello internazionale del concetto di blocco storico, influenzando e sviando molti comunisti. Nella sua opera di distorsione "scientifica" Garaudyè giunto perfino a concepire il nuovo blocco storico socialista come una "fusione progressiva" fra classe operaia e strati intellettuali, ignorando completamente la questione dell'alleanza con i contadini o con la piccola borghesia urbana ed equivocando su altri elementi chiave, quali direzione della classe operaia sul sistema di alleanze ed i mezzi rivoluzionari per rovesciare il potere borghese (che per Garaudy si riducono allo sciopero generale economico).
E' evidente che la lettura economicista del blocco storico operata da Garaudy - dal momento che lo comprende al solo livello della struttura ed ignora il ruolo delle sovrastrutture - era del tutto funzionale a soppiantare i compiti rivoluzionari del proletariato con l'elaborazione di politiche borghesi come quella della nazionalizzazione dei monopoli, la programmazione economica, ecc.
Una lettura altrettanto monca e distorta del concetto di blocco storico è stata quella proposta da Togliatti, che lo ha "progressivamente" spogliato del suo significato originale e, attraverso travisamenti sempre più evidenti, lo ha mutato, di fatto, in quello di blocco sociale e politico.
Questa operazione si inserisce nella calcolata operazione di "mediazione culturale" che Togliatti, intenzionalmente ed in modo sistematico, condusse negli anni della costruzione del "partito nuovo", proprio a partire dalla pubblicazione dei Quaderni. Per lunghi anni Gramsci è stato tutt'uno col "gramscianesimo" che emergeva della riduttiva e manipolata lezione ufficiale togliattiana, per lunghi anni l'attenzione è stata posta solo su alcuni temi dei Quaderni oscurandone e rimuovendone altri (un precedente storico di questa operazione può essere trovato nella "mediazione" kautskyana di Marx nella socialdemocrazia tedesca).
L'obiettivo di Togliatti non era certo quello di rendere omaggio a Gramsci e nemmeno quello di offrire un contributo al dibattito culturale. Era invece un preciso obiettivo politico, connesso alla strategia della "legalità repubblicana" e della "unità democratica" sviluppata dopo la svolta di Salerno; una strategia che prefigurando la "via italiana al socialismo" diretta da un "partito di massa", escludeva qualsiasi passaggio ad una successiva fase rivoluzionaria ed anticipava, per alcuni versi, la linea kruscioviana. In tale cornice va inquadrata la pubblicazione, la diffusione e l'interpretazione dei Quaderni di Gramsci che Togliatti gestì e diresse nel dopoguerra: dovevano servire a fornire una base teoricometodologica al "nuovo corso" revisionista del P.C.I. Così Gramsci venne da una parte "popolarizzato" e dall'altra distorto ed amputato. Da un lato se ne sottaceva e nascondeva il leninismo, dall'altro si valorizzava tutto ciò che serviva per avvalorare la linea imperniata sul gradualismo riformista.
Per quanto riguarda la nozione di blocco storico, Togliatti la utilizzò in modo scorretto e limitato, alla stregua di una pura e semplice alleanza di classi sociali, senza considerare tutta l'articolazione interna di una situazione storica determinata e la complessità dialettica del rapporto base-sovrastruttura. Ad esempio nel convegno su Gramsci tenuto a Roma nel gennaio 1958, nella relazione su "Gramsci e il leninismo", facendo riferimento all'esperienza russa per poi parlare di quella italiana, affermò: "La via che venne scelta dalle classi dirigenti fu l'espressione di un determinato blocco storico, nel quale ebbe il sopravvento - e avrebbe anche potuto non averlo - il gruppo sociale dell'aristocrazia terriera, alleato in modo particolare, - e anche quest'alleanza avrebbe potuto essere diversa - con il ceto capitalistico. A questo blocco storico, cui corrisponde un certo sviluppo di tutti i rapporti sociali, la classe operaia oppone la sua alleanza con le masse contadine per lottare sia contro l'autocrazia, sia contro il capitalismo e crea così le condizioni della vittoria rivoluzionaria……La borghesia italiana ha preso il potere ed ha organizzato la società e lo stato alleandosi a determinate forze e non a determinate altre. Ciò è stato conseguenza della sua natura ed è il fatto di cui bisogna tener conto. Perciò la società italiana, del Risorgimento e post-risorgimentale, ha assunto quel particolare suo carattere. Si è creato un "blocco storico" e quindi particolari condizioni in cui la classe operaia comincia ad organizzarsi, combatte, acquista coscienza di sé e della propria finzione….".
Come si può vedere l'interpretazione togliattiana del blocco storico si basa sulle alleanze di classe, è sostanzialmente un sinonimo di "blocco di forze sociali e politiche", di inserimento nel "nuovo blocco" che allora era rappresentato dal centrosinistra. In questo senso egli è molto vicino a Garaudy, nonostante si sia cercato di dimostrare il contrario.
Questa traslazione di significato serviva per dimostrare che esistevano le condizioni di un "nuovo blocco storico" che, mentre per Gramsci presupponeva la separazione e la contrapposizione più netta delle forze rivoluzionarie rispetto a quelle dominanti, la rottura rivoluzionaria e la più totale indipendenza teorica, politica ed organizzativa della classe operaia, per Togliatti consisteva in un'alleanza fra rappresentanti politici di classi diverse ed antagoniste. Difatti il "Migliore" parlava di un ambiguo "blocco storico dirigente", di "blocco di potere", in cui la classe operaia non aveva funzione dirigente. In sostanza si trattava di un'alleanza interclassista che trovava il suo fondamento nell'analisi del processo incompiuto del Risorgimento e dall'arretratezza del capitalismo italiano, che la destra del P.C.I. utilizzava per mettere la classe operaia a rimorchio dell'oligarchia finanziaria, spacciando la pia illusione secondo la quale si sarebbe potuto "sviluppare un movimento e ottenere risultati tali che modifichino l'attuale blocco di potere e creino le condizioni di un altro, del quale le classi lavoratrici facciano parte e nel quale possano conquistare la funzione che a loro spetta" (P. Togliatti, Nella democrazia e nella pace verso il socialismo, E.R., pp. 228-9).
In effetti, Togliatti si spinse addirittura oltre l'utilizzo del blocco storico come sinonimo di alleanze sociali, traendo da questo "contenitore" gli elementi che di volta in volta facevano più comodo alla strategia revisionista. In particolare, egli estese tale concetto sul piano politico per favorire l'alleanza fra partiti espressione di diverse classi sociali, per poi trasferirlo sul terreno delle istituzioni, facendolo dunque diventare intesa parlamentare e costituzionale tra grandi forze politiche (P.C.I. e Democrazia Cristiana), reciprocamente garantite e legittimate. Un'intesa fondata sulla divaricazione crescente fra l'involuzione politico-istituzionale del P.C.I. ed il movimento reale della classe operaia, giustificata teoricamente in nome della autonomia della sovrastruttura e della critica alla concezione meccanicista del marxismo (sic!). Fin dalla Resistenza, Togliatti incentrò la sua azione sull'unità interclassista tra le forze comuniste e quelle cattoliche, rappresentate dalla D.C. All'interno di quest'ultima individuò la compresenza di un'ala conservatrice, legata alla "borghesia possidente" e alla parte più retriva della Chiesa cattolica, ed un'ala "democratica", radicata nelle masse popolari. Questa concezione della D.C. come partito "a due facce (dimenticando che aveva un unico cervello imperialista e reazionario), rimase una costante nella cultura politica dei revisionisti, che si posero l'obiettivo di favorirne l'ala progressista, dietro il pretesto di evitare lo scivolamento a destra della D.C., ma in realtà per spostare su posizioni sempre più moderate il partito, saldarlo organicamente alla borghesia nell'apparato istituzionale borghese, abbandonando definitivamente la via della mobilitazione rivoluzionaria della classe operaia e delle masse lavoratrici.
L'alleanza con le forze borghesi che hanno una base popolare viene così dapprima vista come una "necessità storica e politica" (1946), e poi addirittura come un aspetto della "via italiana al socialismo", che Togliatti, all'VII Congresso del P.C.I. (1956), tentò di contrabbandare come frutto della "preoccupazione costante di Antonio Gramsci il quale, in tutta la sua azione politica e particolarmente nell'ultimo periodo della propria vita, fu interessato a dare una traduzione, o per meglio dire, conversione in italiano degli insegnamenti della rivoluzione russa". Questa miserabile impostazione era funzionale alla strategia politica che puntava ad incardinare e successivamente spegnere la lotta rivoluzionaria all'interno dello Stato, spargendo tra le masse l'abbaglio disastroso dell'avanzata verso il socialismo "alla luce e nei limiti della Costituzione" democratico-borghese. Una strategia di costruzione del "nuovo rapporto fra strutture e sovrastrutture" che nel corso del tempo ha prodotto da un lato l'indebolimento e l'arretramento del movimento comunista ed operaio, e dall'altro ha visto l'inserimento stabile negli apparati oppressivi statali dei dirigenti revisionisti e riformisti.
E' dunque Togliatti - e non Gramsci - che ha abbandonato il marxismo-leninismo ed è passato nel campo revisionista, che ha sostituito il concetto di lotta di classe con quello di collaborazione di classe, che dal blocco storico è approdato al compromesso storico, che dalla dittatura del proletariato è passato alla difesa delle oppressive istituzioni borghesi. E' Togliatti ad aver coltivato la pretesa di reperire in Gramsci (sotto il mantello della sua "riscoperta"), la giustificazione e la premessa del nuovo corso revisionista e quindi del parlamentarismo, della concezione "neutrale" dello stato, ecc. E' sempre Togliatti ad avviare in Italia la manipolazione e la forzatura delle tesi di Gramsci, adottando il metodo di estrapolare in modo incongruente passi dei Quaderni dall'insieme dell'opera, dal momento storico e dalle condizioni in cui furono scritti, allo scopo di giustificare posizioni revisioniste ed antimarxiste, imboccare la via riformista e smantellare pezzo a pezzo la grande forza che il movimento comunista aveva acquisito con la Resistenza e la sconfitta del fascismo.
Morto Togliatti, a seguito del Concilio Vaticano II e dell'emergere di un diffuso "dissenso" cattolico, si accentuò nel P.C.I. revisionista la linea del dialogo con la "sinistra" democristiana, al fine di costruire quella "unità delle forze di sinistra laiche e cattoliche", che doveva consentire di andare oltre il centrosinistra. In questo quadro dapprima Longo e poi Berlinguer continuarono ed approfondirono la politica togliattiana e lo snaturamento del pensiero di Gramsci.
Nel discorso di chiusura del XII Congresso del P.C.I. Enrico Berlinguer affermò: "sembra a me che questa espressione - strategia delle riforme - vada integrata con altri concetti e inglobata nell'espressione, che è anch'essa propria della nostra tradizione di "blocco storico". Abbiamo detto più volte, del resto, che nella nostra concezione non è il partito che conquista il potere, ma un blocco di forze sociali e politiche diverse, di cui il partito è parte, e che bisogna procedere, sin d'ora, passo a passo, alla costruzione di questo blocco storico, affermando nel suo seno l'egemonia della classe operaia. La strategia delle riforme è quindi essenzialmente una strategia delle alleanze, che in definitiva è stato poi sempre e resta il problema centrale di ogni problema rivoluzionario".
E' del tutto evidente che Berlinguer proseguì e portò ad ulteriori nefaste conseguenze la politica togliattiana, riferendosi col "blocco storico" all'insieme delle alleanze politiche e sociali volte alla realizzazione del "compromesso storico". In sostanza l'accordo politico con la D.C. e la costruzione di un sistema di collaborazione ed intesa politica fra forze borghesi e revisioniste per gestire contro la classe
operaia la crisi del sistema capitalistico.
La strategia riformista di Berlinguer, il passaggio "all'eurocomunismo", si svilupparono dunque sulla base della mistificazione e distorsione del pensiero di Gramsci, avviate da Togliatti. Una strategia che, dopo il crollo del revisionismo al potere, è proseguita fino a giungere alla "Bolognina" ed alle sue miserabili conseguenze odierne: da un lato la fusione col blocco liberal-cattolico e la costituzione del Partito Democratico, completamente funzionale agli interessi della borghesia imperialista; dall’altro la copertura socialdemocratica di Rifondazione, P.d.C.I. e “cantieri” vari.
Partiti-azienda, partiti degenerati, oscene ammuccchiate tenute insieme dalle sempre più scarse rendite elettorali, nel cui eclettico "pantheon" Gramsci può figurare a fianco di De Gasperi o di San Francesco, ed il "moderno Principe" assumere le logore maschere di un Napolitano alla presidenza della Repubblica o di un Bertinotti presidente della Camera. Ciò ad ulteriore e definitiva dimostrazione che è sufficiente rinunciare ad uno solo dei principi marxisti-leninisti, che basta fare mezzo passo nel dirupo revisionista per finire immersi nella melma del pensiero e della pratica borghese, per ritrovarsi dall'altra parte della barricata della lotta fra le classi.

Tratto da Teoria & Prassi, n. 18, nov. 2007

Edited by Sandor_Krasna - 18/11/2014, 21:30
 
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