Comunismo - Scintilla Rossa

Le critiche al marxismo di Karl Popper

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falco80
view post Posted on 9/10/2009, 17:14




Vorrei un vostro parere sulle critiche di Karl Popper al pensiero di Marx.

www.filosofico.net/poppercriticamarx.htm

Prima di analizzare in dettaglio le critiche che Popper muove nei confronti del pensiero di Marx, è opportuno prendere in considerazione i contributi di Popper stesso in materia di filosofia politica, contributi peraltro sviluppati proprio nelle due opere di riferimento citate.

La peculiarità di queste opere, che si inseriscono nel grande filone del pensiero democratico novecentesco, da Russell a Dewey, consiste nel tentativo di difendere le ragioni della libertà e del pluralismo con argomentazioni di natura epistemologica.

Il primo è più importante bersaglio delle critiche popperiane è rappresentato dallo storicismo, che per Popper non coincide con una specifica corrente di pensiero, bensì con uno schema concettuale attraverso il quale egli allude a tutte le filosofie che hanno preteso di cogliere un senso globale oggettivo alla storia e vi hanno individuato una sorta di destino cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettandone la direzione di marcia e il processo di sviluppo, che viene quindi profetizzato.

La critica che Popper muove nei confronti dello storicismo è riconducibile a due motivi, uno di ordine teorico-metodologico e l’altro di carattere pratico-politico:

1) motivo teorico-metodologico:

- lo storicismo ha la pretesa di cogliere la struttura necessaria che formerebbe l’essenza della storia e del destino dell’uomoà per Popper non esiste un senso della storia precostituito in quanto il senso della storia è quello che gli uomini stessi, mediante la loro azione, le danno. Ne La società aperta e i suoi nemici Popper afferma infatti che né la natura, né la storia possono dirci ciò che dobbiamo fare, in quanto siamo noi ad attribuire finalità e significato alla storia stessa;

- lo storicismo pretende di parlare di totalità o di intero della storia, come accade in Lukacs, mentre, secondo Popper, nella prassi concreta delle scienze e della ricerca, se vogliamo studiare qualcosa, siamo costretti a sceglierne solo alcuni aspetti. Nell’ottica popperiana, come emerge dalla lettura di Miseria dello storicismo, non è possibile studiare o descrivere l’intero mondo o la totalità della natura poiché la descrizione è sempre necessariamente un processo selettivo;

- lo storicismo confonde fra leggi e tendenze. In modo assolutamente analogo a quanto accade, ad esempio, in astronomia nella predizione delle eclissi, lo storicismo pretende di prevedere il futuro degli uomini, partendo dal presupposto che sia possibile anticipare gli sviluppi della storia e le rivoluzioni. Secondo Popper, una previsione, per essere veramente scientifica, deve basarsi non su una tendenza, su un andamento cioè che può perdurare per secoli, ma che può anche mutare repentinamente per qualche decennio, ma su una legge.

2) motivo pratico-politico:

- nello storicismo è sempre annidata un’ideologia totalitaria che produce sottomissione e sofferenza per gli uomini. Se si ritiene infatti che possa darsi un senso oggettivo alla storia, coloro che se ne ritengono gli interpreti e i portavoce non avranno alcuna esitazione a liquidare e a eliminare chiunque si opponga allo svolgimento della direzione inevitabile che la storia stessa deve imboccare.

Lo storicismo, quindi, rigidamente deterministico nella sua pretesa di prevedere “scientificamente” il corso della storia, viene giudicato da Popper pseudoscienza: le filosofie profetiche della storia, come quelle di Hegel o di Marx, sono a suo avviso errate nell’impostazione e mitiche nel contenuto. Inoltre, dal suo punto di vista, la visione storicistica, che presume di cogliere delle leggi generali di sviluppo della società, si accompagna necessariamente ad una forma di esercizio concreto della politica caratterizzato da intolleranza e violenza.

Altro tema delle riflessioni politiche popperiane, che si accompagna alla critica dello storicismo, è l’antitesi fra società chiusa e società aperta, in cui Popper riprende un’analoga distinzione di Bergson e che potrebbe essere così schematizzato:

(per vedere lo schema bisogna visitare il sito segnalato sopra)

Società chiusa


Società aperta



Organizzata secondo norme rigide di comportamento e basata su un controllo soffocante della collettività sull’individuo



ß



Trova un potente alleato nello storicismo e si evidenzia storicamente in:

- Eraclito

- Platone: teorico di un modello statale organicistico

- Hegel: teorico di un modello statalista antidemocratico

- Marx: teorico del collettivismo totalitario




È fondata sulla salvaguardia della libertà dei suoi membri, garantita da istituzioni percepite e pensate come autocorreggibili, aperte alla critica e alle proposte di riforma, e sulla DOTTRINA DELLA DEMOCRAZIA che prevede:



a) difesa della democrazia, che non è la soluzione perfetta per ogni situazione, in quanto anche in democrazia può darsi eccessiva concentrazione di potere, ma è una delle condizioni necessarie per conoscere e verificare le conseguenze nel sociale delle azioni politiche;

b) difesa dell’economia competitiva, ritenuta sia più efficace sul piano concreto rispetto all’economia pianificata, soffocata dalla burocrazia e dello strapotere dello stato, sia più rispondente all’obiettivo prioritario della tutela della libertà;

c) strenua difesa della libertà, realizzata evitando forme di governo che comportino un’eccessiva concentrazione di potere





La difesa della democrazia comporta per Popper la critica dell’atteggiamento rivoluzionario.

Esso sorge, secondo Popper, da un sogno utopistico di perfezione e di armonia che non può fare e meno di generare violenza: l’idea di una società che deve essere necessariamente bella come un’opera d’arte, porta inevitabilmente ad adottare misure violente, in quanto il politico, in virtù di questo ideale estetico, si sente portato a liquidare e ad eliminare le istituzioni esistenti. Al metodo rivoluzionario Popper, che è dichiaratamente e manifestamente contrario all’uso della violenza, ritenuta dal suo punto di vista ammissibile soltanto per abbattere la tirannide ed instaurare la democrazia, contrappone un riformismo gradualista, basato cioè sull’attuazione di interventi limitati e graduali e sul confronto dei risultati previsti con quelli effettivamente raggiunti, prestando inoltre sempre molta attenzione ad individuare le conseguenze di ogni riforma adottata. Il metodo riformista dei “piccoli passi” di Popper presenta dal suo punto di vista, rispetto al metodo rivoluzionario, alcuni evidenti vantaggi:

- non promette “paradisi” che poi alla fine dei fatti si trasformano in inferni;

- non pone fini assoluti tali da giustificare l’impiego dei mezzi più ripugnanti per il loro raggiungimento;

- procede per via sperimentale ed è pronto a correggere mezzi e fini in base alle circostanze concrete;

- riesce e dominare meglio i mutamenti sociali, senza cadere in situazioni difficili ed impreviste, tali da facilitare l’avvento di dittature.



Relativamente ai giudizi espressi da Popper nei confronti del marxismo, egli elabora, in primo luogo, un giudizio positivo nei confronti del pensiero di Marx, che apprezza per la sua onestà intellettuale. Il valore del pensiero marxiano a suo avviso risiede nel tentativo di applicare metodi razionali ai problemi più urgenti della vita sociale del suo tempo: l’interesse che Marx evidenzia nei confronti della società è di ordine pratico e Popper giudica positivamente lo sforzo compiuto da Marx stesso di utilizzare la conoscenza quale mezzo per promuovere il progresso dell’uomo. Ma a questo giudizio positivo fanno seguito numerose critiche, che possono essere ricondotte a due aspetti, la critica al metodo e la critica ai contenuti.



Ø CRITICA AL METODO

Prima di affrontare in dettaglio le critiche che Popper rivolge a Marx rispetto al metodo, è opportuno far riferimento alle principali dottrine epistemologiche di Popper, che rappresentano sicuramente il contributo più significativo del suo pensiero. Le sue riflessioni in questo ambito prendono l’avvio con la critica dell’idea secondo la quale le teorie scientifiche debbono essere viste come costruibili esclusivamente su base fattuale e secondo un procedimento induttivo che va appunto dai fatti alle generalizzazioni.

Popper focalizza l’attenzione, in primo luogo, sul momento della produzione di una nuova teoria. La comparsa di una congettura o di una teoria è a suo avviso accompagnata da elementi intuitivi e fantastici che non è possibile analizzare razionalmente: questo processo non può essere riprodotto artificialmente e non esistono macchine che, anche se opportunamente programmate dall’uomo, siano in grado di sostituire la funzione generativa del genio. D’altra parte, però, secondo Popper, la genesi di una congettura non ha alcun peso per il giudizio che di questa verrà formulato, giudizio che è invece la sola cosa che conta in riferimento alla razionalità. Bisogna quindi operare una distinzione netta fra contesto della scoperta, che è di pertinenza della psicologia della conoscenza, e contesto della giustificazione, in cui, mediante un procedimento di ricostruzione razionale, è possibile vagliare le ipotesi e le congetture, qualunque sia stata la loro genesi. Secondo Popper, sulla base di un luogo comune profondamente radicato, una teoria risulta scientifica nella misura in cui può essere verificata dall’esperienza; il verificazionismo, in realtà, dal suo punto di vista, non è altro che una pura e semplice utopia perché, per verificare completamente una teoria o una legge, occorrerebbe aver presenti tutti i possibili casi, cosa che in concreto non è possibile: da una collezione, per quanto ampia, di casi particolari non potrà mai scaturire una legge universale.

La verificazione non è quindi in grado, secondo Popper, di delineare lo status giuridico di una teoria e il modello di verifica che egli elabora e definisce è basato, al contrario, sul principio di falsificabilità: una teoria è scientifica quando può essere smentita dall’esperienza e quando i suoi enunciati possono risultare in potenziale conflitto con eventuali osservazioni. Una teoria che quindi non possa venir contraddetta da nessuna osservazione non è per Popper in grado di affermare nulla di scientificamente valido sul mondo; al contrario, più numerose sono le possibili esperienze falsificanti, cioè i falsificatori potenziali cui una teoria può far riferimento, più ricco apparirà il suo contenuto empirico e scientifico. Il principio di falsificabilità è il criterio in base al quale Popper separa le scienze dalle pseudoscienze: queste ultime, come il marxismo e la psicanalisi, escono indenni dall’applicazione di ogni forma di verificazione poiché ogni loro tesi, anche la più bizzarra e insolita, viene fatta accordare con i fatti attraverso ragionamenti più o meno sottili. Le pseudoscienze quindi sono sempre verificabili e mai falsificabili e confutabili, mentre, al contrario, le scienze possono essere certamente verificabili, ma saranno vere scienze se saranno anche e soprattutto falsificabili o confutabili. L’inconfutabilità di una scienza non è, per Popper, una virtù di quella scienza, bensì un vizio e il criterio dello stato scientifico di una teoria è pertanto la sua confutabilità.

Relativamente invece alle critiche nei confronti del pensiero marxiano, Marx stesso, afferma Popper, propone il suo pensiero prima di tutto come un metodo, il cui fine sarebbe quello di studiare le cause e gli effetti storici e, sulla base di questi, cercare di formulare una profezia circa l’avvento del socialismo. Il metodo marxiano, quel materialismo storico che, secondo Popper, esprime la più totale fiducia nella predizione scientifica, è caratterizzato da due fondamentali vizi di forma:

- determinismo (à influenza di Laplace): secondo Marx, che per Popper in queste sue affermazioni dimostra di non aver letto correttamente Laplace, la scienza può predire il futuro solo se questo è rigidamente predeterminato; il metodo scientifico quindi, basandosi su un rigido determinismo, può individuare le cause che determinano gli sviluppi sociali. Secondo Popper, invece, scientifico e deterministico non sono sinonimi e non è vero che l’adozione di un metodo scientifico debba necessariamente favorire l’assunzione di una prospettiva di rigido determinismo: è possibile infatti utilizzare un metodo scientifico ed approdare ad un sapere indeterminato;

- confusione fra predizione scientifica (à dall’inglese prediction), che indica in effetti la previsione propria della scienza, e profezia storica generale, che indica le linee di sviluppo complessivo della società, ma che non assume, a differenza della prima, carattere scientifico.

Il materialismo storico di Marx, secondo Popper, in quanto storicismo, quindi convinto della possibilità di prevedere il corso degli eventi storici, e economicismo, fondato cioè sulla convinzione che l’organizzazione economica della società sia fondamentale per tutte le formazioni sociali, presenta alcuni aspetti contraddittori, che lo portano ad essere smentito storicamente e che sono in particolare rappresentati da:

a) incongruenza fra l’evoluzione effettiva della rivoluzione russa e la teoria marxiana del rapporto tra rivoluzione politica e rivoluzione sociale: secondo Marx, la rivoluzione sociale si evolve secondo le seguenti tappe:

- le condizioni materiali di produzione crescono fino a generare una condizione di conflitto insanabile fra i soggetti che producono e le stesse condizioni materiali;

- comincia la rivoluzione sociale che sconvolge la base economica e con essa quella sociale, politica e culturale, cioè la sovrastruttura;

- si innestano nuovi rapporti di produzione.

Secondo Popper, questa evoluzione non è in alcun modo identificabile e riconducibile agli esiti della rivoluzione russa, cosa che mette in discussione il carattere predittivo di tutta l’impalcatura metodologica di Marx;

b) sopravvalutazione delle condizioni materiali: secondo Popper, l’interazione fra condizioni economiche ed idee non è sempre unidirezionale, nel senso di una dipendenza stretta delle seconde dalle prime, in quanto esistono idee che sono più forti dei mezzi di produzione: se si ammette, per assurdo, che possa essere interamente distrutto un sistema economico, la conoscenza scientifica che permane e sopravvive sarebbe in grado di consentire la completa ricostruzione del sistema economico stesso, ma non vale certamente il percorso contrario;

c) l’economicismo radicale viene smentito dagli stessi sviluppi del marxismo: secondo Popper, infatti, proprio dopo la rivoluzione russa, Lenin si trovò privo di idee veramente valide su cui costruire l’impalcatura economia sovietica e realizzare concretamente la rivoluzione, segno questo che l’abbattimento delle vecchie forme di produzione non conduce necessariamente all’instaurazione di nuove forme e che la struttura economica non è prioritaria rispetto alle idee, ma che sono queste invece ad assumere una posizione di maggiore rilevanza.



Ø CRITICA AI CONTENUTI



Marx, secondo Popper, fu un falso profeta perché nessuna delle sue profezie si è rivelata veritiera e perché ha sviato e confuso molte persone, inducendole a credere che la sua profezia storica, originata e prodotta da un metodo ritenuto autenticamente scientifico di approccio ai problemi sociali, si sarebbe effettivamente avverata. Le critiche di Popper al marxismo non sono in effetti completamente originali, ma sono il frutto di una polemica di lungo periodo, che si evidenzia sullo sfondo della storia del Novecento, in particolare a partire dalla Rivoluzione Russa del 1917. Critiche analoghe e riconducibili a quelle popperiane furono infatti formulate da:

- Weber: non cita direttamente Marx, ma nelle sue critiche si riferisce chiaramente al suo pensiero e al suo metodo, contro cui muove l’accusa di pretendere di dedurre la realtà da leggi astratte, con esclusione di tutto il portato esperienziale della rivoluzione scientifica;

- Sorel: accusa il materialismo storico di rinchiudere la storia nell’ambito di un sistema chiuso di cui darebbe le leggi. Il materialismo storico sarebbe quindi una metafisica che si impone come gabbia della realtà;

- Croce (anni ’30 del Novecento): l’atteggiamento iniziale nei confronti di Marx fu di disponibilità a riconoscerne i meriti teorici, ma poi approda, durante gli anni del fascismo, ad una sorta di liquidazione, fondata sull’idea che tutta la riflessione marxiana fosse in effetti fondata su un grossolano Assoluto economico (à Dio senza religione che si pone come grande artefice della storia) che sostituendo l’idea hegeliana, tirerebbe le fila degli avvenimenti.



Le critiche popperiane alla dottrina di Marx sono riconducibili a:

a) critica alla dottrina marxiana delle classi

b) critica alla dottrina marxiana dello stato

c) critica alla profezia finale dell’avvento del socialismo.



a) critica alla dottrina marxiana delle classi



Secondo Marx, la storia di ogni società è una storia di classi e tutta la storia è storia di lotta di classe. Ciò significa che il destino dell’uomo non è il prodotto della guerra delle nazioni, come affermava anche Hegel, ma è determinato dalla guerra fra le classi sociali. Secondo Marx, che parte dal presupposto che in nessuna società si è mai stati o si è liberi, ci si può liberare ed emancipare dal lavoro produttivo solo facendo fare ad altri, al posto nostro, il lavoro faticoso, rendendo quindi alcuni nostri simili schiavi e dividendo il genere umano in:

- classe dirigente à si libera da vincolo che la lega al lavoro produttivo ed ottiene libertà

- governati à divengono schiavi e la classe dirigente è costretta a combatterli e a reprimerli

I governanti e i governati si trovano quindi, socialmente e storicamente, a combattere gli uni contro gli altri.

Dal punto di vista storico, inoltre, secondo Marx, i sistemi sociali sono poi soggetti a variare col mutare delle condizioni di produzione e pertanto ad ogni periodo di sviluppo economico corrisponde uno specifico sistema sociale. Le relazioni di classe, nell’ottica marxiana, sono indipendenti dalla volontà degli individui: essi sono come “ciechi” perché è il sistema di classe che induce ogni individuo a credere che gli interessi di classe siano i suoi propri interessi; quindi, da questo punto di vista, né l’operaio, né il capitalista hanno colpe e si comportano pertanto così come il sistema li obbliga a comportarsi. Secondo Marx tuttavia, nonostante le classi non possano modificare volontariamente il sistema, tutte contribuiscono alla sua trasformazione: il capitalista, infatti, spingendo l’umanità alla produzione per la produzione, costringe il sistema sociale alla creazione di condizioni materiali di produzione che possono costituire la base reale di una forma superiore di società, il cui principio sia lo sviluppo pieno e libero di ogni individuo. Queste condizioni si raggiungono, secondo Marx, attraverso l’autocoscienza, attraverso cioè quel percorso mediante il quale la classe operaia giunge ad acquistare consapevolezza della propria situazione oggettiva di classe e della lotta di classe.

Popper, pur apprezzando Marx per il suo tentativo di usare la logica della situazione di classe per spiegare il funzionamento delle istituzioni proprie del sistema industriale, ritiene la dottrina delle classi sociali una semplificazione:

- eccessiva, in quanto viene interpretata da Marx stesso come “meccanismo inevitabile” di spiegazione delle trasformazioni della società nel suo complesso, in ogni tempo e in ogni luogo, mentre dovrebbe semplicemente porsi come una delle possibili angolazioni da cui spiegare l’evoluzione della società;

- pericolosa, perché porta ad interpretare tutti i conflitti politici in termini di lotta fra sfruttati e sfruttatori



b) critica alla dottrina marxiana dello Stato



Marx non ha scritto nessuna opera di teoria dello Stato in senso stretto, ma ha presentato in tutti i suoi scritti più importanti riflessioni ed annotazioni sull’argomento, riprese nel Novecento dai sostenitori del pensiero marxista.

Nella prefazione a Per la critica dell’economia politica del 1859, Marx afferma molto chiaramente che le diverse forme dello stato non possono essere comprese per se stesse o sulla base dell’evoluzione generale dello spirito umano, ma possono essere effettivamente chiarite solo nel momento in cui vengono ricondotte alle loro radici economiche, cioè ai rapporti materiali di esistenza. Rovesciando pertanto una lunga tradizione culturale, politica e filosofica (vedi Hegel) che vedeva nello stato il punto di arrivo e il pieno compimento di tutte le forme di società pre-statali, Marx considera lo stato come sovrastruttura rispetto alla società civile, che è invece il luogo vero in cui si svolgono e si concretizzano i rapporti materiali di esistenza. Nel Capitale Marx definisce pertanto lo stato come il luogo della violenza concentrata ed organizzata nei confronti della società civile e prospetta un processo che deve necessariamente condurre all’estinzione dello stato stesso e alla sua riduzione a quella che è la sua vera radice, appunto la società civile: è la vita materiale degli individui, cioè il modo di produzione e la forma delle relazioni, che costituisce la base reale dello stato, quindi non è il potere dello stato che crea questi rapporti, ma sono i rapporti stessi che creano lo stato. Lo stato cui si riferisce Marx è ovviamente lo stato moderno, sovrastruttura di una società civile dominata dagli interessi della borghesia. Lo stato borghese, quindi, compresa la democrazia rappresentativa, è per Marx un insieme di apparati istituzionali ed ideologici che sono funzionali alla borghesia stessa per esercitare il suo dominio di classe. Visti in questo modo, lo stato e i suoi meccanismi non possono tuttavia essere considerati strumenti tecnici neutrali, tali cioè da poter essere utilizzati anche a vantaggio del proletariato: lo stato, per Marx, è certamente una macchina, ma non tale da poter essere utilizzata da ognuno (dove “ognuno” si intende ogni classe sociale) a proprio arbitrio, ma risponde sempre e comunque alle necessità della classe dominante, che è portata a forgiare una macchina statale adattata alle proprie esigenze.

Popper cerca, in primo luogo, di individuare le conseguenze della dottrina dello stato di Marx, che sono riconducibili a:

- impotenza della politica nel determinare la realtà economica à tale conseguenza è per Popper paradossale rispetto all’importanza storica che il marxismo ha assunto proprio come stimolatore delle masse nei confronti della partecipazione politica. Secondo Popper, i marxisti potrebbero obiettare a Marx che l’azione politica, lungi dall’essere ininfluente, ha avuto la funzione di:

§ risvegliare la coscienza di classe

§ ottenere migliori condizioni per i lavoratori

- eccessiva valutazione delle dinamiche economiche à secondo Popper, Marx, che ha scoperto, ma anche sopravvalutato, il ruolo delle dinamiche economiche, ha proposto una tesi viziosa secondo cui il denaro potrebbe tutto, anche più del potere fisico o dell’autorità dello stato. Questa tesi, che, secondo lo stesso Popper, può forse essere valida in regime di capitalismo sfrenato, quindi non controllato da parte del potere politico, diventa insostenibile se si ammette un controllo vero e reale del mondo economico da parte del potere politico stesso.

Per Popper, quindi, l’ordine proposto da Marx, potere reale economico – rapporti economici fra le classi – potere politico, deve essere invertito, in quanto il potere politico può e deve controllare il potere economico; quella che secondo Marx è mera libertà formale, cioè la democrazia, diviene in Popper la base di ogni altra libertà, poiché sancisce il diritto di un popolo di giudicare e far cadere il proprio governo. Le proposte che Popper avanza pertanto dal punto di vista politico sono:

- riformismo gradualista: per evitare gli abusi di qualsiasi potere statale occorrono istituzioni che siano in grado di proteggere i cittadini dagli abusi di una libertà illimitata, che distrugge se stessa in quanto implica ed ammette il potere e la supremazia del forte sul debole. I cittadini hanno quindi il diritto di esigere dallo stato protezione dalla violenza fisica e dagli abusi di potere economico;

- interventismo economico: il capitalismo sfrenato deve essere, secondo Popper, pianificato e controllato, sempre nel rispetto della libertà; l’intervento dello stato deve limitarsi perciò a quanto strettamente necessario per la protezione della libertà stessa.



c) critica alla profezia finale dell’avvento del socialismo

Quella che Popper definisce “profezia di Marx” è riconducibile a tre argomentazioni marxiane sviluppate nel Capitale:

I. il metodo di produzione capitalistico, che porta progressivamente ad un incremento della produttività del lavoro connesso con i miglioramenti tecnici e con il moltiplicarsi dei mezzi di produzione, ha come tendenza generale quella di determinare un accumulo di ricchezza sempre maggiore nelle mani di un numero sempre minore di persone, con conseguente aumento della miseria da un lato e della ricchezza dall’altro;

II. tutte le classi intermedie scompaiono, ad eccezione della borghesia dirigente e di una vastissima classe di lavoratori sfruttati; la tensione fra queste due classi porta inevitabilmente alla rivoluzione sociale;

III. l’esito della rivoluzione sociale, la vittoria dei lavoratori sulla borghesia, sarà seguito dall’affermazione di una società senza classi, perché costituita in effetti da una sola classe, il proletariato; in questa società, la società socialista, non vi sarà alcuna forma di sfruttamento.



Popper riprende queste tre argomentazioni, rovesciandone l’ordine, per poter comprendere meglio se le conclusioni derivino effettivamente dalle premesse. Il suo ragionamento si sviluppa nel seguente modo:

III argomentazione

premesse:

1) lo sviluppo del capitalismo porta all’eliminazione di tutte le classi, eccettuate la borghesia ed un immenso proletariato;

2) la miseria in cui versa il proletariato lo induce a rivoltarsi contro la borghesia sfruttatrice

conclusioni:

a) i lavoratori devono vincere la lotta

b) la borghesia viene eliminata

c) si instaura una società senza classi

Secondo Popper le conclusioni a) e b) discendono dalle premesse 1) e 2) perché, senza più una classe di sfruttati che garantiscono la sua sussistenza materiale, lo sfruttatore scompare e muore, mentre lo stesso non accade allo sfruttato, che quindi da questo conflitto esce vincitore. La conclusione c) invece, secondo Popper, non discende necessariamente da nessuna delle premesse perché, anche qualora si ammetta la permanenza di una sola classe, il proletariato, ciò non implica assolutamente che poi questo, vinto il nemico comune rappresentato dal capitalismo, non giunga a dividersi nuovamente in classi.

In definitiva, gli sviluppi storici possibili di una rivoluzione vittoriosa del proletariato possono, per Popper, essere molteplici e il fatto di credere intensamente in uno non significa che questo poi effettivamente e necessariamente si verificherà

II argomentazione

premessa: il capitalismo porta ad un aumento della ricchezza e della miseria

conclusioni:

a) scompaiono tutte le classi, eccetto la borghesia e il proletariato, il quale acquisterà sempre maggiore consapevolezza e sarà quindi sempre più unito

b) la tensione fra borghesia e proletariato porterà inevitabilmente ad una rivoluzione proletaria.

Secondo Popper, né la conclusione a), né la b) discendono dalla premessa e Marx non tiene conto di molti altri possibili sviluppi. In particolare, rispetto alla questione della scomparsa di tutte le classi, eccetto borghesia e proletariato, Popper obietta che tale considerazione può essere valida se applicata alla situazione storica che Marx aveva in mente, cioè il capitalismo e il proletariato industriali, ma non tiene conto degli orientamenti del mondo rurale, che non è detto che debba condividere le scelte del proletariato industriale, di quelli di alcuni settori del proletariato (quella che Marx definiva “plebaglia” perché disposta a vendersi al nemico di classe), che non condividono la coscienza di classe degli stessi proletari, e del fatto che la stessa comune condizione di miseria dei proletari non è detto che debba condurre necessariamente alla fiducia nel successo della rivoluzione.

In conclusione Popper, rispetto alla possibilità della permanenza di due sole classi, borghesia e proletariato, afferma appunto che si tratta di una possibilità fra molte altre e che, come tale, può verificarsi, ma potrebbe anche non darsi.

Rispetto alla conclusione b), che fa riferimento all’inevitabilità della rivoluzione data la crescente tensione fra borghesia e proletariato, Popper critica in primo luogo l’idea della rivoluzione sociale elevata a “concetto storico”, cioè a inevitabile fase di passaggio dal capitalismo al socialismo, che non è detto, tuttavia, come Popper sostiene, che debba darsi necessariamente, e secondariamente la componente violenta legata al concetto di rivoluzione sociale. Popper, che non è contrario alla violenza in senso assoluto, ritiene che qualsiasi rivoluzione debba portare solo all’affermazione della democrazia, intesa, dal punto di vista popperiano, come insieme di istituzioni che permettono il controllo pubblico dei governanti e la loro destituzione da parte dei governati, i quali, a loro volta, attraverso le suddette istituzioni, debbono poter ottenere riforme senza ricorrere alla violenza.

Popper parla, a proposito dell’atteggiamento del marxismo nei confronti della violenza, di “sistematica ambiguità”, aspetto che rappresenta, a suo avviso, l’elemento più dannoso del pensiero marxista stesso; tale ambiguità si manifesta sia nell’atteggiamento generale nei confronti della violenza, che diviene categoria storica dotata del carattere dell’ineludibilità (se lo stato è tirannide esercitata dalla borghesia, la violenza è consentita e pienamente giustificata e tutto ciò che si può e si deve fare è sostituire alla dittatura della borghesia quella del proletariato), sia nel suo possibile impiego: il proletariato, infatti, secondo Popper, potrà servirsi della violenza non solo nella fase di conquista del potere politico, ma anche per la sua conservazione, impedendo, appunto con la violenza, ogni possibile futura trasformazione in senso democratico.

L’ambiguità che si evidenzia nel modo di intendere la violenza ha una corrispondenza storica, secondo Popper, con le posizioni delle diverse correnti del marxismo, riconducibili a:

- ala radicale: ogni governo di classe è necessariamente una dittatura che va rovesciata, anche con la violenza se necessario, per instaurare la dittatura del proletariato;

- ala moderata: i governi controllati dalla borghesia capitalistica possono essere rovesciati pacificamente mediante una politica di riforme pacifiche e graduali.

Secondo Popper, ambedue le posizioni sono contenute e teorizzate nel Capitale, anche se la seconda, quella che prospetta una riforma graduale del capitalismo, è in netta contraddizione con la prima, che prospetta invece la totale distruzione del capitalismo stesso. Alla possibilità di concepire una riforma del capitalismo Marx pare sia giunto, in età matura, in seguito all’analisi e alla valutazione delle riforme sociali in Inghilterra, che riconobbe come l’unico paese in cui la rivoluzione avrebbe potuto essere attuata per intero con mezzi pacifici e legali.



In conclusione, secondo Popper, gli argomenti su cui si basa la profezia marxiana sono validi: se si constata, infatti, in un determinato momento storico, il manifestarsi di una certa tendenza o direzione storica, non è possibile sapere quale aspetto essa potrà assumere in futuro. Secondo Popper, pertanto, ogni cosa è possibile negli affari umani e non si può escludere alcuno sviluppo, anche quelli in contrasto con la tendenza al progresso umano o con altre presunte leggi della natura umana.

Secondo Popper quindi il progresso non è una legge di natura.

Edited by Sandor_Krasna - 23/3/2015, 17:32
 
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Erich Honecker
view post Posted on 9/10/2009, 17:40




ahahahah
 
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falco80
view post Posted on 9/10/2009, 18:06




CITAZIONE (Erich Honecker @ 9/10/2009, 18:40)
ahahahah

Anche a me ha fatto ridere però vorrei che qualcuno sviluppasse un ragionamento più profondo su Popper vs Marx.
 
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Erich Honecker
view post Posted on 9/10/2009, 18:21




questo non è male:

Fa da cornice al tutto l’idealismo speculativo di Karl R. Popper, oggi di moda, secondo il quale le “profezie” di Marx sarebbero fondate su argomenti non validi, come dimostrerebbe il loro fallimento. (Vedi, naturalmente, le vicende dei “socialismi reali”.) Fra le ragioni di tale fallimento vi sarebbe la “miseria dello storicismo”: di una certa tendenza constatata oggi — dice Popper — non possiamo sapere quale aspetto essa potrà assumere domani. Fra le cose presenti e quelle a venire è impossibile intendere ogni necessaria connessione. Inutile agitarsi, quindi, poiché “del doman non v’è certezza”; ciò che importa è la conservazione del presente…

Inoltre, la “verificabilità” delle proposizioni universali, delle leggi scientifiche, è insufficiente mentre soltanto valido è il criterio della “falsicabilità”. (E’ questo il criterio che domina nelle borghesi confutazioni del socialismo scientifico.) La scienza — sentenzia ancora il Popper — si fonda su dati e fatti particolari, i soli empiricamente riconoscibili. Tutto perciò deve finire in una analisi del presente, della realtà storica del momento. (Quindi, alla comprensiva giustificazione e accettazione dell’esistente!) Stando così le cose, Marx avrebbe fatto uso della falsa scienza della dialettica, legata a una concezione deterministica della scienza medesima. La dialettica sarebbe una “ideologia che ha svolto un ruolo assai infelice nella filosofia e nella teoria politica”, (il “giudizio”, guarda caso, è identico a quello già espresso a suo tempo dal revisionista Bernstein).

Falsa e indimostrabile sarebbe l’idea di Marx secondo cui il socialismo è il solo possibile successore del capitalismo. Errore derivante dalla creazione marxista di un “sistema olistico”, il quale negherebbe la pluralità delle soluzioni storiche introducendo una concezione totalizzante e necessaria dello sviluppo storico.


anche se l'ho presa da un sito che si dichiara antistalinista

Edited by Erich Honecker - 9/10/2009, 19:44
 
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view post Posted on 10/10/2009, 01:29
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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CITAZIONE
Falsa e indimostrabile sarebbe l’idea di Marx secondo cui il socialismo è il solo possibile successore del capitalismo. Errore derivante dalla creazione marxista di un “sistema olistico”, il quale negherebbe la pluralità delle soluzioni storiche introducendo una concezione totalizzante e necessaria dello sviluppo storico.

In tutta onestà anche io non escludo l'idea che l'uomo, così come ha inventato il capitalismo ed il comunismo, possa inventare altre soluzioni percorribili.
 
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Erich Honecker
view post Posted on 10/10/2009, 14:50




per me sono 2 le vie percoribbili:socialismo o barbarie
 
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falco80
view post Posted on 10/10/2009, 16:07




CITAZIONE (Erich Honecker @ 10/10/2009, 15:50)
per me sono 2 le vie percoribbili:socialismo o barbarie

Ti straquoto !!!.
 
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pensatore
view post Posted on 24/10/2009, 13:33




Non lo condivido perchè è scritto in chiave chiave prettamente razionalista, quasi fatta con una logica matematica (da una fatto ne deriva un altro) ma in realtà non riesce a rappresentare ne una funzionale politica dell'oggi ne una realtà completamente migliore e più mirabile per il domani.

edit: anche io ritengo nel futuro sia molto probabile che si aprano nuove soluzioni.
 
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Sakiemi
view post Posted on 24/10/2009, 13:44




Non ho letto il testo di Falco, ma ricordo di conoscere più o meno le idee di Popper e di aver discusso con un popperiano più volte.

Le idee di Popper si fondano sull'inconfutabilità degli argomenti, cioè se un argomento non è confutabile non è scientifico. Questo è ragionamento è assurdo perchè ogni elemento e ogni ideologia, ogni metodo di analisi contiene elementi confutabili ed elementi inconfutabili, non esistono ideologie totalmente confutabili (si snaturerebbero a priori) e nemmeno totalmente inconfutabili. Anzi alcuni popperiani aggiungono che addirittura è stato lenin ad aggiungere al marxismo elementi inconfutabili, e farlo divenire non-scientifico.
In sostanza le idee di Popper sono errate perchè partono da presupposti sbagliati, partono da un assurda concezione della confutabilità degli elementi che non ha alcun riscontro con la realtà

Questo è quello che so del popperianesimo.
 
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Comandante Carlos
view post Posted on 25/10/2009, 10:32




CITAZIONE (falco80 @ 9/10/2009, 17:14)
Il primo è più importante bersaglio delle critiche popperiane è rappresentato dallo storicismo, che per Popper non coincide con una specifica corrente di pensiero, bensì con uno schema concettuale attraverso il quale egli allude a tutte le filosofie che hanno preteso di cogliere un senso globale oggettivo alla storia e vi hanno individuato una sorta di destino cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettandone la direzione di marcia e il processo di sviluppo, che viene quindi profetizzato.

La critica che Popper muove nei confronti dello storicismo è riconducibile a due motivi, uno di ordine teorico-metodologico e l’altro di carattere pratico-politico:

1) motivo teorico-metodologico:

- lo storicismo ha la pretesa di cogliere la struttura necessaria che formerebbe l’essenza della storia e del destino dell’uomoà per Popper non esiste un senso della storia precostituito in quanto il senso della storia è quello che gli uomini stessi, mediante la loro azione, le danno.

Sul fatto che gli uomini muovano la storia non penso ci siano dubbi. Tutto ciò non è assolutamente in contrasto con il prevedere (e non profetizzare) che la storia segua un determinato corso. Marx infatti afferma che gli uomini muovono la storia in base ai propri interessi e che è proprio ciò a determinare la lotta di classe. In altre parole il socialismo non è che avviene perchè lo ha detto marx, ma perchè i rapporti di produzione e le condizioni oggettive della realtà lo rendono necessario. Il marxismo non è una profezia (apparte per qualcuno), ma un metodo di analisi. Inoltre marx non ha mai affermato che il socialismo o il comunismo fosse l'ultima fase dello sviluppo umano, in quanto era ben conscio che il cambiamento dei mezzi di produzione e dei suoi rapporti poteva portare a società diverse...

p.s. Popper non l'ho mai sopportato
 
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view post Posted on 25/10/2009, 14:35
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Il proletariato, unendosi di necessità in classe nella lotta contro la borghesia, facendosi classe dominante attraverso una rivoluzione, ed abolendo con la forza, come classe dominante, gli antichi rapporti di produzione, abolisce insieme a quei rapporti di produzione le condizioni d’esistenza dell'antagonismo di classe, cioè abolisce le condizioni d'esistenza delle classi in genere, e così anche il suo proprio dominio in quanto classe.
Marx-Engels da "Il Manifesto"

 
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Ceskystev
view post Posted on 1/4/2012, 15:32




Il marxismo capovolto di Karl Popper



Popper è sicuramente un filosofo preso molto in considerazione dal moderno studio della filosofia, molte sue critiche ed analisi si trovano in quasi tutti i libri scolastici di filosofia e sono applicate da molti studiosi e scrittori che tengono estremamente da conto le sue affermazioni. Che si possa essere concordi o no con la filosofia del il sig.Popper, chiunque abbia delle buone conoscenze marxiste riuscirebbe subito ad accorgersi dei grossolani errori che il filosofo ha commesso nella sua critica rivolta a Marx ed al materialismo storico. Popper ha duramente criticato Marx, la quantità di materiale che lo avversa nei suoi scritti è impressionante, ma forse se si fosse dedicato più alla qualità delle sue critiche che alla quantità di queste e avesse studiato bene ciò che ha così duramente criticato, oggi noi (gruppo di studiosi marxisti-leninisti di russiacommunity, che certo non hanno la verità tra le mani ne sono grandi filosofi e conoscitori del pensiero umano, ma semplici lettori attenti) non saremmo stati costretti a leggere certe sue "perle" che rivelano uno studio molto superficilale del marxismo, basato largamente su ciò che è noto ai più. Hegel lo disse "Ciò che è noto, proprio perché è noto, non è conosciuto. Nel processo della conoscenza, il modo più comune per ingannare sé e gli altri è di presupporre qualcosa come noto e di accettarlo come tale." Perciò ci apprestiamo a fare un critica della critica che il Sig.Popper ha rivolto a Marx e consiglio vivamente a chi vorrà leggere una seria critica di Hegel di leggere alcune opere di Marx stesso, ad esempio "critica della filosofia del diritto di Hegel", difatti, checcè ne potesse dire Popper, Marx non si sarebbe mai lasciato prendere in fallo da una citazione del filosofo che sta analizzando e criticando.La nostra critica, comunque, non vuole affrontare un lungo dibattito su cosa Popper pensava e su cosa invece noi pensiamo, sia ben chiaro che chiunque è liberissimo di non apprezzare il marxismo-leninismo, il materialismo dialettico, e quello storico, ma nel momento in cui viene stravolto o interpretato a metà ciò che Marx ed Engels dicevano, allora è giusto che questi errori vengano portati alla luce e si faccia chiarezza sul loro pensiero. Viene detto questo perché i nostri lettori si accorgeranno che non abbiamo affrontato e discusso l'intera critica di Popper, questo proprio perché solamente la prima parte contiene interpretazioni deviate e non congruenti con ciò che affermavano i due filosofi, scienziati e storici socialisti, mentre il resto sono convinzioni arbitrarie che Popper e chiunque scelga di seguire il suo pensiero sono liberissimi di pensare, proprio come un fisico, grande conoscitore della materia da lui studiata e dei fenomeni naturali ad essa collegati, arbitrariamente è libero di pensare che dietro a tutto vi sia un fine divino, piuttosto che un rapporto di causa-effetto o un opposizione dialettica tra opposte energie, senza però modificare le teorie scoperte o in corso per propri fini.



La critica che Popper muove nei confronti dello storicismo è riconducibile a due motivi, uno di ordine teorico-metodologico e l’altro di carattere pratico-politico.

Questo è ciò che viene scritto da Roberta Musolesi, che ha curato e riassunto queste critiche che Popepr rivolge a Marx www.filosofico.net/poppercriticamarx.htm

1) motivo teorico-metodologico:
- lo storicismo ha la pretesa di cogliere la struttura necessaria che formerebbe l’essenza della storia e del destino dell’uomoà per Popper non esiste un senso della storia precostituito in quanto il senso della storia è quello che gli uomini stessi, mediante la loro azione, le danno. Ne La società aperta e i suoi nemici Popper afferma infatti che né la natura, né la storia possono dirci ciò che dobbiamo fare, in quanto siamo noi ad attribuire finalità e significato alla storia stessa;


Fermiamoci già qui. Cos'è il materialismo storico marxista? Esso è la forma, il criterio del sapere storico operativo, dell'interpretazione storica di ogni realtà umana, è sapere pragmatico, filosofia della prassi e della trasformazione del mondo. La teoresi (cioè la ragione, la coscienza), per la dialetticità del rapporto teoria rpassi , sorge dall'azione e quindi dall'esperienza, epr cui essa è sempre coscienza della problematicità della realtà storica. Ma cosa dice Marx? Dice "La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall'essere cosciente e l'essere degli uomini è il processo reale della loro vita". Tale processo reale comprende per gli uomini il loro "rapporto con la natura", il loro "rapporto reciproco", il rapporto con se stessi relativo "al proprio modo di essere, cioè la loro produzione, le loro relazioni, la loro organizzazione sociale e politica"(1) Per Marx quindi la storia, come la struttura economica, non deve assolutamente essere considerata indipendente dall'azione o dalla volontà dell'uomo, anzi essa è strettamente legata all'attività dell'uomo, è un prodotto di quella attività, è una condizione intrinseca a quella stessa zione che l'uomo svolge per emergere dalla natura, per distaccarsene e dominarla, condizione propria dell'uomo in quanto tale. AQ chiarimento di questo si veda anche la 3° tesi su Feuerbach

Fin qui io non vedo divergenze, anzi potrei pensare che Popper stesso si sia appropriato di un concetto marxista e poi abbia travisato Marx.


- lo storicismo pretende di parlare di totalità o di intero della storia, come accade in Lukacs, mentre, secondo Popper, nella prassi concreta delle scienze e della ricerca, se vogliamo studiare qualcosa, siamo costretti a sceglierne solo alcuni aspetti. Nell’ottica popperiana, come emerge dalla lettura di Miseria dello storicismo, non è possibile studiare o descrivere l’intero mondo o la totalità della natura poiché la descrizione è sempre necessariamente un processo selettivo;

Qui davvero viene posto il dubbio sull'onestà intellettuale di Popper, poiché non si aprla di totalità o intero della storia nella concezione materialistica della storia ma piuttosto l'atto storiografico per Marx non è semplice ricerca degli elementi economici, ma ci deve impegnare, come afferma Marx, a rappresentare nella sua totalità il complesso dei rapporti tra struttura, sovrastruttura ed ideologia che sono strettamente legati tra loro ed hanno il proprio peso ed esercitano influenze gli uni sugli altri, nella determinazione del fatto storico come tale. Quindi non la totalità della storia, ma anche solo una data parte della storia, ad esempio la rivoluzione francese (che lo stesso marx ha analizzato) o la caduta dell'impero romano o la grandiosa rivoluzione inglese devono essere studiate tenendo conto di questi 3 fatto nella loro totalità! Non la storia tutta! Il fatto storico deve essere analizzato nella sua totalità. Mi permetto anche di esprimere un commento personale, cioè che la descrizione della totalità della sotria o della natura viene portata avanti non solo dallo stesso processo di queste materie, poiché ogni loro evento ne produce un altro e quindi è importante, per capire le cause di un evento, studiare anche cosa prima c'è stato, ma gli stessi storici e biologi si prodigano a dare un quadro della storia e della natura in generale e quindi coloro che sarebbero, per Popper, il nuovo genio che può dare lezioni su tutto e non gli si può criticare niente, affetti da storicismo sarebbero in totale anche gli stessi storici e biologi! Che poi una descrizione sia più accurata quanto più prendiamo un dato frammento della storia o una data brance della natura, è una legge fisica.


- lo storicismo confonde fra leggi e tendenze. In modo assolutamente analogo a quanto accade, ad esempio, in astronomia nella predizione delle eclissi, lo storicismo pretende di prevedere il futuro degli uomini, partendo dal presupposto che sia possibile anticipare gli sviluppi della storia e le rivoluzioni. Secondo Popper, una previsione, per essere veramente scientifica, deve basarsi non su una tendenza, su un andamento cioè che può perdurare per secoli, ma che può anche mutare repentinamente per qualche decennio, ma su una legge.

Tendenze? Quindi la regola del saggio di profitto per cui il guadagno del capitalista è uguale al rapporto tra il Plusvalore ed il valore (che scomposto è capitale variabile e capitale costante) non è una legge? E allora il Sig. Popper, ora genio economico oltre che storico e bio-chimico, dovrà spiegarci: da dove viene il profitto? Forse che questo venga da dio? O forse come un fungo si genera dal nulla? Il Sig. Popper dice che non ci si può affidare a tendenze ma a leggi, e noi rpesentiamo al Sing. Popper una delle prime leggi, quella dello sfruttamento del proletario ad opera del capitalista e dell'incompatibilità totale degli interessi dell'operaio con l'imprenditore, quella della caduta del saggio tendenziale del profitto. Ora presentiamo al grande economista, storico, biolgo, chimico Popper la legge della tendenza all'accumulazione capitalistica, che porta alla regola per cui l'accumulazione del capitale comporta l'aumento del proletariato. Difatti avendo già noi provato che il profitto del capitalista deriva dalla povertà dell'operaio ed esso aumenta quando l'altro diminuisce, ora noi possiamo dire che più il capitalista accentra nelle sue mani del capitale più il suo potere sulla massa proletaria aumenta e la stessa massa proletaria aumenta. Il capitalista infatti tende a far precipitare nella miseria anche i componenti delle classi medie e i componenti della sua stessa classe, capitalista mangia capitalista, qui sta la concorrenza, inoltre aumentanop i proletari anche grazie all'aumento del capitale costante, cioè delle macchine e della modernizzazione che permetteranno al capitalista di ridurre il capitale variabile, cioè gli oeprai a sua disposizione. Si crea così una grande massa di indigenti. Qui subbentra la legge della domanda e dell'offerta che possiamo applicare alla forza lavoro, cioè che più una merce è disponible sul mercato e più i sui prezzi crolleranno, diminuiranno, così più saranno maggiori i proletari meno sarà il loro salario ed il capitalista eserciterà così controllo. Abbia così dimostrato anche come il capitalista produca da se non solo le armi che verranno usate contro di lui, ma anche gli uomini, poiché essendo i loro interessi opposti, e accrescendosi così le masse dei proletari, arriverà il giorno della disfatta capitalista.

Tutto ciò non è profetico, poiché lo stesso Marx afferma che prima il proeltario dovrà acquistare coscienza della sua situazione e solo poi potrà rivoltarsi contro il suo aguzzino, così la rivoluzione non è scontata, ma deve essere conquistata tramite l'aumento di coscienza.

2) motivo pratico-politico:
- nello storicismo è sempre annidata un’ideologia totalitaria che produce sottomissione e sofferenza per gli uomini. Se si ritiene infatti che possa darsi un senso oggettivo alla storia, coloro che se ne ritengono gli interpreti e i portavoce non avranno alcuna esitazione a liquidare e a eliminare chiunque si opponga allo svolgimento della direzione inevitabile che la storia stessa deve imboccare.


Più che una critica ai sistemi socialisti questa è una critica a qualsiasi sistema che sia esistito, sopratutto quello attuale capitalista. Gli U.S.A, così come qualsiasi altro sistema capitalista o organizzazione capitalista, poiché imperialiste, esercitano un forte controllo mediatico e quindi psicologico ed informativo realizzando un vero e proprio accentramento dell'informazione censurando qualsiasi idea sia realmente pericolosa per i loro fini ed esercitando anche demonizzazione su qualsiasi paese non allineato al loro modo di essere che viene sanzionato, minacciato, isolato e, qualora riuscisse a resistere e creare problemi, attaccato fino alla totale distruzione. E quanto terrore diffondo questi paesi che possiedono tecnologie di distruzione disumane, quali la bomba atomica e non si fanno scrupolo ad usarla? E quale miglior modo di eliminare la fastidiosissima morale umana se non quella di sostituire gli aviatori con mezzi tele-guidati per il bombardamento? Il Sing. Popper non critica il socialismo, critica qualsiasi sistema dominante che sia mai esistito dal medio-evo fino ai giorni nostri e non discerne da coloro i quali attaccano e diffondono il terrore e chi, invece, si oppone a loro ripagandoli con la stessa moneta. E non è certo la storia, antropomorfizzata da Popper e fatat ente pensante che ha già una direzione ben determinata e cosciente, ma sono gli uomini che la fanno. Per questo non si liquida ed elimina l'avversario, che si oppone barbaramente per difendere il suo potere(Ricordiamo sempre la frase di Engels tratta da La posizione della classe operaia "Chi sfrutta i lavoratori non s'arresta fino a che rimane un muscolo, un nervo, una goccia di sangue da sfruttare" per soddisfare la storia, ma gli stessi uomini sfruttati diverranno talmente tanti, a causa delle leggi economiche capitaliste, e verranno talmente oppressi che lo scoppio della rivoluzione, sempre tenendo presente una adeguata coscienza di classe, sarà l'effetto necessario. Non quindi la storia come causa, ma gli stessi uomini sono la causa che porta gli effetti che Marx, scientificamente ha dedotto. Gli uomini non agiranno per compiacere la storia, ma per liberarsi dai loro stessi sfruttatori, nel capitalismo è insito il socialismo, la sua stessa rovina, questa è una legge base della dialettica, che il Sing. Popper, dato che non era un semplice stupido, tralascia volutamente.

Riguardo la liquidazione degni avversari, è opportuno citare il compagno Stalin:

“Dobbiamo soprattutto fondarci sulla verità che qui non si può raggiungere nulla di sostanziale con metodi di violenza. [...] Agire in questo campo, con la violenza, significa rovinar tutto... Non c’è niente di più stupido dell’idea stessa dell’esercizio della violenza nel campo dei rapporti economici col contadino medio [...] La violenza nei riguardi dei contadini medi costituisce un danno grandissimo. [...] neanche uno dei socialisti più rivoluzionari, ha mai proposto delle misure di violenza contro il contadino medio [...] Soltanto se riusciremo a dimostrare coi fatti ai contadini i vantaggi della lavorazione della terra in comune, collettiva, associata, nell'artel, soltanto se riusciremo ad aiutare i contadini per mezzo delle aziende associate, dell’artel, soltanto allora la classe operaia, tenendo nelle sue mani il potere dello Stato, dimostrerà effettivamente ai contadini di aver ragione, attirerà veramente al suo fianco, in modo saldo ed effettivo, una massa di milioni e milioni di contadini. [...] Incoraggiando le associazioni di ogni genere e così pure le comuni agricole dei contadini medi, i rappresentanti del potere sovietico non devono permettere la benché minima costrizione nel momento della loro creazione. Hanno valore soltanto quelle associazioni che sono costituite dai contadini stessi, di loro propria, libera iniziativa, e i vantaggi delle quali sono stati da essi verificati all'atto pratico. Un'eccessiva fretta in questo campo è dannosa, perché può soltanto servire a rafforzare la prevenzione del contadino medio contro le innovazioni. Quei rappresentanti del potere sovietico che si permettono di esercitare una costrizione, non dico diretta, ma neppure indiretta, allo scopo di portare i contadini nelle comuni, devono subire le più severe sanzioni ed essere allontanati dal lavoro nella campagna. [...](2)

E anche Mao tse tung
"Tutte le questioni di ordine ideologico, tutte le controversie in seno al popolo non possono essere risolte se non mediante metodi democratici, metodi di discussione, di critica, di persuasione e di educazione; non si possono risolvere mediante metodi coercitivi o repressivi.(3)




Lo storicismo, quindi, rigidamente deterministico nella sua pretesa di prevedere “scientificamente” il corso della storia, viene giudicato da Popper pseudoscienza: le filosofie profetiche della storia, come quelle di Hegel o di Marx, sono a suo avviso errate nell’impostazione e mitiche nel contenuto. Inoltre, dal suo punto di vista, la visione storicistica, che presume di cogliere delle leggi generali di sviluppo della società, si accompagna necessariamente ad una forma di esercizio concreto della politica caratterizzato da intolleranza e violenza.
Mao tze Tung scrisse: "La politica è guerra senza spargimento di sangue, la guerra è politica con spargimento di sangue". La politica viene esercitata da chiunque e questa prima o poi sfocia in violenza ed intolleranza poiché un gruppo sociale oppresso non può più accettare di essere calpestato, poiché chi governa non ha mai accettato nella storia di consegnare nelle mani degli oppressi il controllo, allora la violenza diventa inevitabile. La dottrina della non violenza è una tesi anti-storica e anti-politica, non tiene conto dei rapporti vigenti tra gli uomini e serve come palliativo e sedativo per placare chi viene soggiogato dal potere. Proprio la non-violenza è una tecnica di lotta predicata e portata avanti dagli stessi componenti del potere, e certamente questi non vogliono il bene degli oppressi ma solo riuscire a controllarli meglio.



Altro tema delle riflessioni politiche popperiane, che si accompagna alla critica dello storicismo, è l’antitesi fra società chiusa e società aperta, poiché ho già smentito le caratteristiche della società chiusa, che per Popper sarebbe quella socialista, passerò direttamente alla critica della società aperta.

Secondo Popper la società aperta:

È fondata sulla salvaguardia della libertà dei suoi membri, garantita da istituzioni percepite e pensate come autocorreggibili, aperte alla critica e alle proposte di riforma, e sulla DOTTRINA DELLA DEMOCRAZIA.

Mai concetti più astratti e metafisici potevano essere utilizzati per definire la dottrina della democrazia. Principalmente non si comprende di che democrazia si parla, poiché la democrazia assoluta non esiste ed è un utopia, perciò ne esistono vari generi e sfaccettature. Ecco quindi che emerge il punto chiave della critica alla democrazia Popperiana, cioè che essendo la democrazia sempre parziale, sempre non pura e non assoluta nel suo termine capiamo che essa è influenzata e controllata e le riforme che questa fa sono fatte sempre entro un dato ambito, le cui leggi costituiscono i paletti del recinto che non può essere oltrepassato. Questo recinto esiste, poiché non esistono leggi date ed universali ma mutevoli e diverse e quindi determinano il carattere del recinto, che sarebbe la democrazia, ma costruite da determinate persone. Queste persone non rappresentano la volontà popolare, perché essa è scissa, nei casi limiti tar il 51% e il 49%. Ma noi non ci troviamo in questa situazione, noi ci troviamo in un contesto dove una minoranza, in qualsiasi paese, di individui è al potere ed una maggioranza subisce questo potere. Tale minoranza ha delle caratteristiche che la differenziano nettamente dalla maggioranza, che vanno dalla semplice ricchezza spropositata, alla corruzione, alla non diretta partecipazione popolare, quindi privilegio di voto ecc. Questa minoranza detiene il potere, essa già infrange il principio di libertà dei membri della democrazia, confermando il loro stato di rinchiusi in un recinto. Essa non uscirà mai da questo recinto e farà tutto ciò che è necessario fare per mantenervi l'altra fetta di popolazione rinchiuso. Il recinto nel suo insieme cos'è quindi? La semplice politica? No, poiché essa non agisce indipendentemente e a briglie sciolte ma è influenzata da qualcosa. La religione? Essa costituisce più un recinto mentale che materiale e concreto. Essa è semplicemente la conformazione economica, che determina la struttura del recinto assieme alle leggi, alle concessioni, alla conformazione statale ecc. Una data conformazione economica costituisce un tipo di forma del recinto, più o meno grande, ma sempre un recinto. Oggi è il capitalismo ciò che determina la forma del recinto, che va restringendosi. Bisogna cambiare totalmente recinto per mutare realmente un dato stato di cose. Il socialismo rappresenta l'ultimo recinto, che permetterà di aprire il cancello.

Secondo Popper questa "democrazia", sottlineo ancora essere un termine molto astratto, prevede:

a) difesa della democrazia, che non è la soluzione perfetta per ogni situazione, in quanto anche in democrazia può darsi eccessiva concentrazione di potere, ma è una delle condizioni necessarie per conoscere e verificare le conseguenze nel sociale delle azioni politiche;


Anche questa sembra una tesi copiata dal marxismo. Infatti, nel suo scritto Il socialismo e l'uomo a Cuba, Che Guevara sembra esprimere la stessa posizione:

L'iniziativa, in genere, parte da Fidel Castro o dall'alto comando della rivoluzione e viene poi spiegata al popolo che la fa propria. Altre volte, le esperienze locali vengono riprese dal partito e dal governo per generalizzarle, seguendo lo stesso procedimento.

Lo Stato, tuttavia, a volte si sbaglia. Quando si verifica uno di questi errori, si nota un calo dell'entusiasmo collettivo, dovuto a una diminuzione di quello stesso entusiasmo in ciascuno degli individui che formano la massa; il lavoro si paralizza, fino a ridursi a livelli insignificanti: è il momento di rettificare. Così avvenne nel marzo del 1962, con la politica settaria imposta al partito da Anibal Escalante.

Quindi Popper afferma questo. Difendete il vostro recinto, fino all'ultimo paletto. Qualora questo vada restringendosi è un fenomeno trascurabile in cambio della "vera democrazia", tutto ciò non fa altro che ridurre la politica ad un esperimento e gli uomini a cavie. Ma gli uomini non sono cavie in mano ai politici, in questo esperimento c'è chi diventa miserabile e bestiale. Si ponga fine a questo barbaro esperimento!

b) difesa dell’economia competitiva, ritenuta sia più efficace sul piano concreto rispetto all’economia pianificata, soffocata dalla burocrazia e dello strapotere dello stato, sia più rispondente all’obiettivo prioritario della tutela della libertà;

Eccheggia il termine, altrettanto vago, di libertà. L'economia competitiva altro non è che libertà di sbranarsi a vicenda all'interno del recintomentre loro si rafforzeranno grazie a questa divisione tra gli sfruttati. La libertà che rappresenta l'economia competitiva è quella di dello sfruttamento di un uomo su un altro, e così in grande di uno stato su un altro. L'economia competitiva è inevitabilmente collegata con l'imperialismo, di cui oggi conosciamo bene le malefatte, l'imperialismo che priva di libertà gli stati che cercano di adottare metodi diversi o si oppongo allo stato più forte, stati come la Libia, che è stata attaccata e distrutta, o l'Iraq, o l'Afghanistan che tutt'ora sono invase. Finché ci sarà questa libertà, quella di poter calpestare il simile per il profitto, allora le altre libertà fondamentali verranno meno. Evitando perciò di addentrarci in discussioni riguardo gli stereotipi promulgati da Popper sui sistemi socialisti, ci è bastato dimostrare come questa società aperta che si fonda sull'economia competitiva sia in realtà la prima fonte di schiavitù per l'uomo.


La difesa della democrazia comporta per Popper la critica dell’atteggiamento rivoluzionario.
Esso sorge, secondo Popper, da un sogno utopistico di perfezione e di armonia che non può fare e meno di generare violenza: l’idea di una società che deve essere necessariamente bella come un’opera d’arte, porta inevitabilmente ad adottare misure violente, in quanto il politico, in virtù di questo ideale estetico, si sente portato a liquidare e ad eliminare le istituzioni esistenti. Al metodo rivoluzionario Popper, che è dichiaratamente e manifestamente contrario all’uso della violenza, ritenuta dal suo punto di vista ammissibile soltanto per abbattere la tirannide ed instaurare la democrazia, contrappone un riformismo gradualista, basato cioè sull’attuazione di interventi limitati e graduali e sul confronto dei risultati previsti con quelli effettivamente raggiunti, prestando inoltre sempre molta attenzione ad individuare le conseguenze di ogni riforma adottata. Il metodo riformista dei “piccoli passi” di Popper presenta dal suo punto di vista, rispetto al metodo rivoluzionario, alcuni evidenti vantaggi:
- non promette “paradisi” che poi alla fine dei fatti si trasformano in inferni;
- non pone fini assoluti tali da giustificare l’impiego dei mezzi più ripugnanti per il loro raggiungimento;
- procede per via sperimentale ed è pronto a correggere mezzi e fini in base alle circostanze concrete;
- riesce e dominare meglio i mutamenti sociali, senza cadere in situazioni difficili ed impreviste, tali da facilitare l’avvento di dittature.


Popper sbaglia nel campo metodologico. Gli stravolgimenti e cambiamenti sociali non sono dettati dalla volontà dei politici, ne singoli ne nel complesso. In realtà è proprio come dice Popper, cioè i cambiamenti non sono mai improvvisi e senza segni premonitori, ma sono dettati da piccoli cambiamenti, piccoli "passi" che arrivati ad un certo livello o concentrazione fanno si che l'apparato statale e sociale in cui prima erano contenuti sia troppo stretto e arretrato per loro, proprio come l'acqua sgorga dal letto del fiume perché aumentata di volume. L'impeto della rivoluzione altro non è che questo, proprio come dice Marx, il momento in cui le forze produttive sorpassano il metodo di produzione vigente e serve necessariamente un metodo diverso ed adeguato alle nuove forze. Nell'antica società feudale, quando gli open fields vennerò sostituiti per maggiori vantaggi economici dalle terre recintate, quando la rivoluzione industriale portò i grandi borghesi e mercanti che acquistarono le industrie ad essere il nuovo motore per l'economia dei paesi e mise in secondo piano l'aristocrazia, necessariamente la società aristocratica decadde, e se ne affermò una nuova, quella attualmente conosciuta. La rivoluzione scatenata contro i sovrani, i nobili ed il clero, la parte al tempo reazionaria della società, altro non fu che la conseguenza di questi piccoli passi, che ebbe il suo culmine nelle rivoluzioni borghesi e liberali che portarono la democrazia odierna tanto difesa da Popper. Non si può sperare in un cambiamento senza scontro, poiché le vecchie forze si opporranno sempre alle nuove, l'istinto naturale di un animale lo spinge a lottare fino allo stremo delle forze, più viene messo all'angolo e più diventerà feroce, così saranno tutte le forze reazionarie di una data società.

Riguardo la teoria della falsificabilità di Popper, viene affermato che

La verificazione non è quindi in grado, secondo Popper, di delineare lo status giuridico di una teoria e il modello di verifica che egli elabora e definisce è basato, al contrario, sul principio di falsificabilità: una teoria è scientifica quando può essere smentita dall’esperienza e quando i suoi enunciati possono risultare in potenziale conflitto con eventuali osservazioni. Una teoria che quindi non possa venir contraddetta da nessuna osservazione non è per Popper in grado di affermare nulla di scientificamente valido sul mondo; al contrario, più numerose sono le possibili esperienze falsificanti, cioè i falsificatori potenziali cui una teoria può far riferimento, più ricco apparirà il suo contenuto empirico e scientifico. Il principio di falsificabilità è il criterio in base al quale Popper separa le scienze dalle pseudoscienze: queste ultime, come il marxismo e la psicanalisi, escono indenni dall’applicazione di ogni forma di verificazione poiché ogni loro tesi, anche la più bizzarra e insolita, viene fatta accordare con i fatti attraverso ragionamenti più o meno sottili. Le pseudoscienze quindi sono sempre verificabili e mai falsificabili e confutabili, mentre, al contrario, le scienze possono essere certamente verificabili, ma saranno vere scienze se saranno anche e soprattutto falsificabili o confutabili.


Ma ormai ci è chiaro come Popper non abbia letto a sufficienza non solo Marx ma tantissimi altri teorici marxisti-leninisti che hanno dato un importantissimo contributo alla metodologia d'indagine marxista chiarendone anche molti punti oscure. Tra questi citeremo Andrej Zdanov(3)

La filosofia marxista, a differenza dei precedenti sistemi filosofici, non è una scienza sopra le altre scienze, ma costituisce uno strumento d'indagine scientifica, un metodo che penetra tutte le scienze della natura e della società e si arricchisce dei risultati di queste scienze nel corso del loro sviluppo. In questo senso, la filosofia marxista è la più completa e decisa negazione di tutta la filosofia antecedente. Ma negare, come sottolineava Engels, non significa semplicemente dire «no». La negazione racchiude in sè una successione, significa assorbimento, rielaborazione critica, e unione, in una nuova, più elevata sintesi, di tutto ciò che di progressivo e di avanzato è stato già raggiunto nella storia del pensiero umano.

Quindi, il materialismo dialettico non è una scienza filosofica separata dalle altre (a questo proposito, Zdanov svolge tutta una serie di considerazioni sulla storia della filosofia che avrò modo di riportare domani). La sua scientifictà sta nella sua derivazione concreta (cfr. Dialettica della natura di Engels) e nelle conferme ricevute dalle altre scienze. Pertanto, con il materialismo dialettico in sè non si pone il problema della falsificazione, mentre i singoli risultati delle scienze ottenuti tramite esso sono falsificabili.


Bibliografia

(1) L'ideologia tedesca K.Marx-F.Engels
(2)(Citato da Stalin in Risposta ai compagni colcosiani)
(3) dalla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo
(4)(Andrei Zdanov, “Intervento nella discussione sulla storia della filosofia dell'Europa occidentale di G. F. Alexandrov”)
 
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Joey Kowalski
view post Posted on 1/4/2012, 16:03




Ho avuto ampiamente a che fare con Popper due anni fa... e mi ha dato l'impressione di essere un critico profondamente in malafede. Le sue critiche a Platone, ad esempio, sono così ridicole che non meritano nemmeno di essere menzionate. Ma quelle più, a mio avviso, "esilaranti" sono quelle sulla contraddizione nella dialettica (critiche avallate anche da un marxista rinnegatosi come Colletti). In sostanza credo che tali critiche nascondano una fortissima base ideologica di malafede volta esclusivamente ad infangare certe teorie politico-filosofiche... Insomma, di rigoroso, nelle critiche di Popper.ci ho visto ben poco!

(ps. Mi scuso se per caso ho ripetuto cose già dette nel post principale, ma non ho avuto il tempo di leggerlo tutto)
 
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Ceskystev
view post Posted on 1/4/2012, 18:40




Anche io ho letto le critiche a Platone di Popper e non le ho apprezzate per niente. Decontestualizza il suo periodo e vede totalitarismo ovunque
 
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Joey Kowalski
view post Posted on 1/4/2012, 18:55




CITAZIONE (Ceskystev @ 1/4/2012, 19:40) 
Anche io ho letto le critiche a Platone di Popper e non le ho apprezzate per niente. Decontestualizza il suo periodo e vede totalitarismo ovunque

è proprio queta decontestualizzazione, che a me sembra fin troppo cosciente, che mi "puzza" di malafede. Se poi aggungiamo che il tema del totalitarismo è strettamente connesso con la critica al comunismo, si capisce benissimo che le critiche di Popper sono esclusivamente di tipo ideologico e che di "filosofico" hanno ben poco...
 
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29 replies since 9/10/2009, 17:14   2779 views
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