Comunismo - Scintilla Rossa

La teoria marxiana del valore, Il valore della teoria

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matteo.morganti
view post Posted on 15/6/2009, 22:07 by: matteo.morganti




La citazione di Engels nasce come risposta alle critiche di Sombart riguardo la validità della teoria marxiana del valore (ma come si denota dalla risposta di Engels, qui è in gioco la scientificità in generale delle astrazioni, dei concetti con cui conoscere la realtà, e anche se così non fosse (ma così è) è da tenere ben presente che Marx si è (giustamente) arrogato il merito d'aver scoperto la legge del valore (e del plusvalore), quindi attaccando questa teoria, si attacca la teoria marxiana dell'economia). Le critiche di Sombart sono contenute nel suo volume sull'economia "comprensiva" e sono così sintetizzate da Engels nelle considerazioni supplementari al Libro III del Capitale:
CITAZIONE
Anche Sombart, come è naturale, si occupa del nostro soggetto. Egli esamina la questione dell’importanza del valore nel sistema di Marx e giunge ai risultati seguenti: il valore non appare nel rapporto di scambio delle merci prodotte secondo il sistema capitalistico; esso non vive nella coscienza degli agenti della produzione capitalistica; non è un fatto empirico, ma un fatto logico, di pensiero; il concetto di valore nella sua determinazione materiale presso Marx non è altro se non l’espressione economica del fenomeno della forza produttiva sociale del lavoro come base della realtà economica; la legge del valore, in un ordine economico capitalistico, domina in ultima istanza i processi economici; ed ha per questo ordine economico in generale il seguente contenuto: il valore delle merci è la forma specifica e storica, nella quale si fa valere in modo determinante la forza produttiva del lavoro, che domina, in ultima istanza, tutti i fenomeni economici. — Fin qui Sombart; non si può dire che questa concezione della importanza della legge del valore nella forma capitalistica di produzione sia inesatta. Mi sembra tuttavia che essa sia formulata con troppa genericità e sia suscettibile di una formulazione più serrata, più precisa: inoltre, secondo il mio punto di vista, non pone in luce in modo esauriente tutta l’importanza della legge del valore per le fasi dello sviluppo economico della società dominata da questa legge.

Ma forse qui si dice poco del problema essenziale. Allora è utile riprendere una risposta di Engels alle critiche di un'altro economista: C. Schmidt; questa volta la risposta si trova nella Lettera di Engels a Schmidt del 12 marzo 1895.
CITAZIONE
Ritrovo (nella vostra obiezione) la medesima propensione a concentrarsi sul dettaglio e la attribuisco al metodo eclettico proprio della filosofia introdotto dopo il 1848 nelle università tedesche: si perde di vista l'insieme e ci si perde di frequente in speculazioni su questioni di dettaglio. [...] Le obiezioni che voi fate contro la legge del valore riguardano tutti i concetti, se considerati dal punto di vista della realtà. L'identità del pensiero e dell'essere coincide ovunque col vostro esmepio del cerchio e del poligono. Il concetto di una cosa e la realtà di questa sono paralleli, come due asintoti che si avvicinano continuamente l'uno all'altro senza mai coincidere. La differenza che li separa è ciò che fa sì che il concetto non sia immediatamente la realtà e che la realtà non sia il proprio concetto. Dal momento che un concetto possiede la caratteristica essenziale di un concetto, dunque non coincide immediatamente con la realtà, da cui è stato necessario astrarlo, esso è sempre più di una semplice finzione, a meno che voi non chiamate finzione tutti i risultati del pensiero, perchè la realtà corrisponde a questi risultati solo tramite una lunga deviazione e anche allora si avvicina loro solo in modo asintotico

Qual è la critica di Schmidt? Il concetto di valore è una finzione teorica, buona per la teoria, appunto, ma non-operativa; ed Engels si difende come può (ma sbaglia). Il concetto (inteso come metodo di conoscenza della realtà) è inadeguato per principio (ha in sè un peccato originale: quello d'essere un pensiero e come tale non immediatamente reale), quindi si ha una strana conclusione: si ha una conoscenza per principio inadeguata dell'oggetto che si studia. In realtà i concetti di Marx sono perfettamente adeguati e la loro forza (scambiata per debolezza) è proprio quella di stabilire i limiti delle variazioni del reale che si sta studiando (all'interno della legge del valore, la realtà che si sta studiando (il capitalismo) può variare entro i limiti fissati da questa legge, oltre si avrà un'altra realtà che richiederà altri concetti che fisseranno i nuovi limiti.
Anche un economista marxista più vicino ai giorni nostri (Pietranera) ha risposto alle accuse riguardanti la presunta finzione teorica dei concetti marxiani, ed anche Pietranera si è attenuto alla linea tracciata da Engels, sviluppandola ulteriormente (l'articolo è La struttura logica del Capitale di Marx, apparso sulla rivista Società nel 1956). In sintesi la risposta è quella che abbiamo già incontrato: al tempo di Marx la legge del valore regolava la produzione, al tempo dell'imperialismo la legge regolatrice sarebbe quella dei costi di produzione. Com'è possibile? Perchè Pietranera confonde 2 piani di analisi distinti presenti in Marx e lo vuole "difendere" da accuse di astrattismo (le stesse che venivano mosse a Ricardo dagli economisti volgari). Pietranera crede che le categorie logiche appaiano necessariamente in un ordine inverso rispetto alle categorie reali e come tali vadano esposte partendo dalla fine, stabilendo un indebito parallelo tra realtà e pensiero (mentre Marx ci ha ammonito con un "dipende" riguardo al rapporto tra ordine logico e ordine reale, dipende appunto, ci sono sequenze intere che sembrano avere lo stesso ritmo d'apparizione e che fan credere che il rapporto sia inverso, ma è solo un'eccezione, e ordine logico ed ordine reale non necessariamente hanno un rapporto diretto o indiretto che sia). Ma non è tutto, avendo tralasciato l'analisi della forma valore (perchè sarebbe un'astrazione pericolosa e non-operativa) confonde livelli di analisi diversi:
1) forme di esistenza del valore (capitale industriale, capitale mercantile, capitale produttivo d'interesse): qui è corretta l'interpretazione di Pietranera, il capitale industriale è storicamente posteriore agli altri 2 e li sottomette sotto di sè con il passare del tempo;
2) valore e sue forme di esistenza (valore, prezzi di costo, prezzi di monopolio): qui la storia non c'entra nulla invece, il valore non è anteriore storicamente agli altri 2, ma è ad un livello d'analisi diverso, ad un grado d'astrazione superiore, e non solo nei prezzi di costo e nei prezzi di monopolio il valore continua la sua funzione di regolatore della ripartizione del lavoro sociale, ma le 2 categorie più concrete (i prezzi di costo e di monopolio) sono forme in cui il valore si manifesta alla superficie. Pietranera come ha potuto sbagliarsi? E' solo un'illusione accidentale? Risposta superficiale: sì è un discorso ideologico dovuto ad una svista; risposta marxista: no le apparenze realmente appaiono, e la forma in cui si manifesta il valore presso gli agenti della produzione è precisamente quella di prezzo di costo (o di monopolio), perciò l'illusione è reale (realmente esiste) non solo, ma è un'illusione necessaria al funzionamento del capitalismo, ovvero, è precisamente per il fatto che a capitale di uguale grandezza corrisponde un profitto uguale che il capitalista non vede il valore regolare la ripartizione del lavoro sociale, e non viceversa. Il movimento apparente (ciò che regola la produzione è il costo di produzione) esiste davvero in questo sistema di produzione, e per il fatto di esistere, nasconde il movimento reale (la legge della determinazione del valore delle merci tramite il tempo di lavoro socialmente necessario alla loro produzione). Una forma di manifestazione è anche forma di dissimulazione, di apparenza ... Succede ovunque nei fenomeni naturali, e il compito della scienza è dissipare l'illusione.
Conclusione: non solo il costo di produzione dissimula la legge che gli sta alle spalle (quella del valore), ma è una dissimulazione necessaria al funzionamento del capitalismo ... è perchè vige il costo di produzione come dissimulazione che esiste il profitto, o in altri termini, è perchè i prezzi non coincidono coi loro valori che esiste un profitto medio ...
 
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28 replies since 14/6/2009, 21:33   951 views
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