Comunismo - Scintilla Rossa

Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste, Ediz

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gioppe giobb
view post Posted on 28/5/2008, 09:22




:bandiera: Claudia Cernigoi, Operazione foibe a Trieste, Edizioni Kappa Vu, Udine 1997


Operazione foibe a Trieste.
Come si crea una mistificazione storica:
dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo.

E' questo il titolo del libro di Claudia Cernigoi. L'autrice (che è giornalista pubblicista dal 1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine ed oggi dirige il periodico "La nuova alabarda") ha deciso di indagare sulle "foibe" per dare una mano a mettere la parola fine alle speculazioni politiche su questo argomento. Il libro è edito dalle Edizioni Kappa Vu, per la collana I Quaderni del Picchio (Udine, luglio 1997); il prezzo di copertina è di lire 22mila.

Un altro libro sulle foibe? Certamente, perché in questo libro si affronta il problema da un'angolazione del tutto diversa da come si è finora parlato di foibe: innanzitutto valutando cosa c'é stato "prima" (storicamente parlando); analizzando poi come si sono svolti i fatti "durante" ed infine cosa è successo "dopo", ovvero come la propaganda reazionaria è riuscita a costruire il "caso foibe".
"Prima" delle foibe ci sono stati vent'anni di fascismo, violenze, snazionalizzazioni forzate, repressione feroce per gli oppositori del regime, una guerra d'aggressione che coinvolse anche popolazioni civili che furono sterminate e deportate: di questo si parla nel capitolo "A Trieste la storia non inizia il 1. maggio 1945", di questo e delle varie formazioni armate che operarono nella zona e furono poi "vittime" delle "deportazioni". Si parla qui anche dell'orrendo fenomeno del collaborazionismo dei "civili" coi nazifascisti, fenomeno non ancora sufficientemente analizzato dagli storici locali.
Come si sono svolti i fatti "durante"? Ovvero: facciamo finalmente quella che viene definita, con un'espressione orribile, la "contabilità degli infoibati", cosa che finora nessuno storico ha voluto fare, vuoi per un malinteso senso di rispetto per i morti, vuoi per mero rifiuto di fare chiarezza sulla questione. Ma se vogliamo rispettare i morti dobbiamo fare chiarezza storica sulla loro morte, ed è anche per rispetto dovuto ai vivi che si deve dire chi è morto, e come, e perché è stato ucciso, che cosa ha realmente fatto in vita; perché gli innocenti sono innocenti, però i criminali di guerra non lo sono, e queste sono cose che vanno dette. Contabilità dei morti, dunque: e al di là delle roboanti cifre sparate da vari pseudo-storici, in questo libro si dimostra che dall'attuale provincia di Trieste nei fatidici "40 giorni" sono scomparse 517 persone, suddivise in queste categorie: Guardia di Finanza: 112; Militari di formazioni varie: 151; Polizia (compresi membri delle SS): 149; civili (compresi collaborazionisti e spie di vario tipo): 105. Con queste cifre non si può quindi parlare di genocidio, né di pulizia etnica, e neppure di violenza politica finalizzata alla conquista del potere.
Infine in questo libro si delinea la manovra propagandistica che ha portato a creare la "mitologia della foiba": dai libelli nazisti sulle foibe istriane apparsi gi à alla fine del '43, ai documenti creati dai servizi segreti della X Mas (1) e diffusi durante la guerra, ai testi mistificanti di Bartoli, Papo, Pirina, fino alla recente inchiesta sulle foibe istriane condotta dal P.M. romano Pititto.
Un capitolo particolare è dedicato alla cosiddetta "foiba" di Basovizza, monumento nazionale, che è in realtà il pozzo di una vecchia miniera abbandonata. Documenti alla mano, a noi non risulta che dentro quel pozzo vi siano salme di infoibati, né i 300 metri cubi incisi sulla lapide fino all'anno scorso, né tantomeno i 500 metri cubi che sono comparsi sulla lapide solo un paio di mesi fa: per questo, per fare chiarezza storica e politica una volta per tutte, chiediamo che si apra il pozzo e si verifichi che cosa c'é dentro. Una volta verificato questo si potrà decidere se e perché andare ad inginocchiarsi sulla "foiba", e in onore di chi.

a cura della Redazione de "La Nuova Alabarda"
direttore responsabile Claudia Cernigoi, C.P. 57 - Trieste Fax 040-577316



(1) La "Decima Mas" era quel corpo della marina militare dell'Italia fascista prima, e della RSI poi, che fu riciclato dagli angloamericani nel '45/'46 in funzione anticomunista e costituì il nucleo originario della più nota struttura "Gladio" (il gladio era il simbolo della X Mas). Il suo capo, Junio Valerio Borghese, ha svolto un ruolo attivo nella politica italiana "dietro le quinte" fino agli anni '70, quando scoppiò il caso del progettato golpe che porta il suo nome.



la prefazione di Sandi Volk

Credo che il lavoro di Claudia Cernigoi sia una specie di lezione per la categoria di persone che si occupano professionalmente di storia, alla quale appartengo, che tanto scarsa prova di sé hanno dato nell'affrontare la questione delle foibe. Mentre infatti paleo e neo revisionisti e fascisti, largamente finanziati da privati e da istituzioni pubbliche , inviano i loro libercoli propagandistici a magistrati e scuole, dove poi vengono invitati - per ignoranza o peggio - atener lezione sul "genocidio di italiani nella Venezia Giulia", gli storici professionisti "democratici" (salvo rare e perciò ancor più apprezzabili eccezioni, che peraltro non trovano spazio sugli stessi media che ne offrono in abbondanza a Pirina & Co.) non si degnano di affrontare seriamente la questione per metter fine alle strumentalizzazioni, ma si dedicano, nel migliore dei casi, a girare intorno all'argomento e a dotte riflessioni su giornali e TV, che generalmente giungono a una conclusione comune: quanto fossero cattivi i comunisti, e gli "slavocomunisti" in particolare, e come le masse combinino orrori quando si muovono per modificare a proprio favore equilibri sociali ormai insopportabili. E nel fare tutto questo si danno sostanzialmente per buone cifre e tesi presentate dai revisionisti, limitandosi a formulare ipotesi sulle motivazioni dei presunti "massacri".
Ma come biasimare gli storici "democratici", se poi a scatenare l'ultima campagna propagandistica sulle foibe a livello nazionale è stata la "sinistra democratica" ora al governo! Essi in realtà non fanno che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della "pacificazione nazionale" (che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell'"italianità"), finalizzata al ricompattamento politico della borghesia italiana e a fornire un supporto ideologico alla nascente Seconda Repubblica e alle sue mire da potenza regionale. Indirizzandosi queste mire in primo luogo verso obiettivi tradizionali, come l'Albania e le regioni confinarie slovene e croate, ecco rimessi in campo anche gli altrettanto tradizionali strumenti propagandistici e di pressione su Slovenia e Croazia, da sempre inscindibilmente legati fra loro: foibe ed esodo. E non si può non accorgersi di come le campagne stampa su questi temi preparino il terreno, con l'aizzamento dell'odio nazionale, a un eventuale energico intervento di "riparazione dei torti subiti".
Il lavoro di Cernigoi, anche se affronta la questione foibe nel solo territorio della provincia di Trieste, era quindi più che necessario. L'autrice non nega la realtà delle foibe, né gli eccessi e le vendette personali, ma attraverso una ricerca rigorosa riporta il fenomeno fuori dal mito, presentandoci sull'argomento un lavoro agile, ma organico e completo. I risultati immediati del lavoro (presentato già in parte sul periodico La Nuova Alabarda) sono tutt'altro che disprezzabili (tenuto conto poi del fatto che i media locali ne hanno costantemente taciuto) avendo infatti costretto Pirina a ritirare "spontaneamente" dal commercio il suo "Genocidio" per correggerne gli "errori". Ma è stata anche messa in serissimo dubbio l'esistenza di infoibati in quella che è la foiba-simbolo di Trieste, quella di Basovizza (lo "Soht"), dichiarata monumento nazionale non molti anni fa e sulla quale si svolgono ogni anno celebrazioni, alle quali partecipano autorità e picchetti d'onore militari.
I meriti maggiori del libro sono però due: l'aver affrontato la questione di chi e quanti fossero gli infoibati nella zona di Trieste e la ricostruzione, breve ma esaustiva, della storia dell'utilizzo propagandistico delle foibe. Il curriculum di squadristi, aguzzini, spie e altro, nonché la presenza tra gli uccisi di diversi sloveni, smentisce nel modo migliore la tesi degli infoibati uccisi solo in quanto italiani e chiarisce i veri motivi del fenomeno foibe.
Per quel che riguarda il numero degli infoibati si tratta di ristabilire semplicemente la verità storica - quella di un fenomeno limitato - di fronte alle cifre iperboliche letteralmente inventate dagli ambienti nazionalisti e (neo)fascisti. La ricostruzione delle vicende dell'uso propagandistico del tema foibe dimostra come la cosa venga da lontano e come quella intorno alle foibe sia stata, e sia tuttora, una operazione di vera e propria "dezinformacija", di guerra propagandistica, e lascia intravedere, per gli ambienti in essa coinvolti (X Mas), collegamenti con altre operazioni (per es. Gladio). E risulta molto più plausibile anche l'ipotesi che la costante riproposizione delle sparate propagandistiche sulle foibe faccia parte di un progetto politico molto più ampio (comprendente per esempio l'insediamento massiccio di esuli a Trieste) per mantenere alta la tensione nazionale in queste terre di confine.
Ed è proprio a partire da questo ultimo tema, che indica prospettive di ricerca tutte da percorrere, che vorrei fare alcune considerazioni generali più ampie. Contro il revisionismo, ormai divenuto dottrina semi-ufficiale anche della sinistra di governo, non serve a mio avviso cercare di difendersi, come fanno parte degli ex comunisti locali sulla questione delle foibe, vantando meriti patriottici e scaricando le presunte responsabilità sui comunisti sloveni e croati, facendo così il gioco di chi vuole ridurre tutto a contrapposizione nazionale. A mio avviso la sfida del revisionismo va accettata ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti, come ha fatto l'autrice di questo libro, e abbandonando l'impostazione oleografica della Resistenza. La Resistenza non è stata infatti solamente lotta di liberazione nazionale, ma anche lotta per il potere da parte della classe operaia e delle altre classi subalterne.
Nella Resistenza c'era chi lottava per questi obiettivi e chi (per sua stessa ammissione) c'era entrato per impedire che tali obiettivi si realizzassero, se necessario anche con le armi e con l'aiuto dei fascisti, e riconsegnare il potere nelle mani di quella borghesia che il fascismo lo aveva finanziato e messo al potere. Come dimostra anche la vicenda delle foibe i connubi con i fascisti sono continuati anche nel dopoguerra, tanto che lo stesso assioma secondo il quale la Repubblica sarebbe nata dalla Resistenza va messo in discussione, viste le persecuzioni dei partigiani comunisti e le stragi di operai e contadini attuate da quella stessa Repubblica (con largo ricorso a personale fascista) fin dall'immediato dopoguerra (per non parlare delle successive "Stragi di Stato").
Alla luce di queste considerazioni e di quanto dice questo libro risulterà forse più chiaro come mai ogni anno rappresentanti ufficiali delle istituzioni repubblicane si rechino alla foiba di Basovizza ad onorare la memoria di "martiri dell'italianità" del tipo di quelli che ci descrive Claudia Cernigoi. Ed i primi a sentirsi offesi dal fatto che l'italianità venga rappresentata dai "martiri" di tale risma, dovrebbero essere proprio quegli italiani che desiderano rispettare se stessi ed essere rispettati dai popoli vicini.

Trieste, giugno 1997

Sandi Volk, ricercatore storico

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view post Posted on 16/8/2023, 08:28
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Claudia Cernigoi


5 febbraio 2021
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ANCORA SULLA FOIBA DI BASOVIZZA.
Sulla pagina dell'amico Leandro Lucchetti, che invitava ad aprire la foiba di Basovizza per verificare cosa ci sia dentro, è entrato, piuttosto a gamba (se non braccio) tesa, tale Giorgio Bianchi Zannier, che ha così commentato:
"ma se a Basovizza li hanno tirati fuori con documentazione fotografica??", aggiungendo, dopo le richieste mie e del titolare della pagina, di dire dove si trovano tali fotografie, questa alata spiegazione:
"voi sinistrorsi raccontate balle fin dal seno materno, come quelle balle del genitore 1 e 2, come si fa a credervi? anche oggi sul Piccolo di Trieste confutate con statistiche alla mano le balle scritte da Eric Gobetti nel suo fantalibro pseudo storico !", e poi ha spiegato che la documentazione si troverebbe
"dappertutto (un po' vago, n.d.r.) ... Un mio caro amico fu il primo a calarsi a Basovizza, nessuno aveva coraggio, lui allora giovane speleologo sì, era Carlo Finocchiaro cui è stata intitolata una sala superiore della Grotta Gigante, per decenni presidente delle Grotte del Carso. Vuoi che creda a lui o a Voi mistificatori ?".
Considerando che "noi mistificatori sinistrorsi che raccontiamo balle sin dal seno materno" (cit.), per parlare dei recuperi da Basovizza citiamo documentazione conservata negli archivi di Londra e Washington, l'ho invitato a spiegare meglio dove si troverebbero queste foto, ma ha risposto linkando pagine FB su Vergarolla, Borovnica, i recuperi di Harzarich (che operò solo in Istria) ed altri link non visibili.
D'altra parte mi risulta (come ho pubblicato nel dossier "La foiba di Basovizza", scaricabile qui www.diecifebbraio.info/.../la-foiba-di-basovizza-5/), citando dalla "Storia delle miniere del Carso" di Ruggero Calligaris, che Finocchiaro si calò nel pozzo della miniera "prima" degli eventuali "infoibamenti titini": "Calligaris dà notizia di altre due discese nel pozzo: la prima nel 1939 per recuperare il corpo di un abitante di Basovizza che vi era precipitato dentro. Una squadra del CAI tra cui Carlo Finocchiaro e Luciano Medeot, guidati dal “camerata” Cesca, dal comandante dei Vigili del Fuoco Uxa e da quello dei Vigili Urbani Olivieri, recuperarono il corpo scendendo alla profondità di 226 metri. Finocchiaro scese nuovamente nel pozzo, alla stessa profondità, nel 1941, per recuperare il corpo di una ragazza di Basovizza".
Però questo dialogo è molto istruttivo, in quanto fa comprendere come si sia creato quel mainstream che oggi pretende di raccontare la storia "vera", non quella "ideologica" voluta dai "comunisti" e dai "filotitini". Le date delle esplorazioni vengono confuse, le esplorazioni delle varie foibe vengono rimescolate, nel tempo e nel luogo, in pratica ci si basa su una ricostruzione che non è neppure "storia orale", ma semplicemente ricordi confusi di persone che non si sono mai occupate di studiare i fatti, tantomeno di basarsi su testi storici: però, come diceva uno che se ne intendeva bene, una menzogna ripetuta dieci volte diventa verità. E così oggi la foiba di Basovizza è monumento nazionale, nonostante non vi sia alcuna prova che vi siano avvenute le esecuzioni che vengono narrate.
Ad ogni buon conto, in assenza di tali prove, noi che abbiamo smentito queste "fantasie" in base a documentazione alleata, continuiamo ad essere tacciati di "negazionismo", da coloro che invece avallano le fantasie suddette.
 
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view post Posted on 24/10/2023, 08:31
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ANCORA A PROPOSITO DELLA "FOIBA" DI BASOVIZZA.


Ieri, 22 ottobre, il Piccolo ha pubblicato una mia lettera sul tema dei recuperi effettuati dalla "foiba" di Basovizza. La pubblicazione è stata integrale (nella foto la lettera pubblicata, di seguito il testo da me inviato), salvo per due particolari: la mia frase
"A parte l’assurdità di tale affermazione (i corpi dei tedeschi morti “prima” della fine della guerra sarebbero stati gettati “sopra” quelli degli italiani “infoibati” nel maggio ’45?)"
è diventata (correzione redazionale)
"A parte quella che a me risulta un'incongruenza temporale tra l'uccisione dei militari tedeschi e quella degli infoibati",
che non è proprio la stessa cosa, dato che io specificavo che i tedeschi sarebbero stati uccisi prima degli "infoibati" e quindi trovavo assurdo che i loro corpi fossero gettati sopra quelli degli uccisi in un momento successivo.
Un'altra correzione, piuttosto ridicola, è invece la correzione di "monumento" con la m minuscola in "Monumento" con la M maiuscola, dato che "monumento nazionale" non è un nome proprio che richieda l'uso della maiuscola.
Ma tant'è, e ad ogni buon conto riporto qui il testo originale.
Nella seconda foto è riportata la lettera cui ho risposto.
Il lettore Claudio Pristavec in una “segnalazione” pubblicata il 12 u.s. ha asserito che dalla “foiba” di Basovizza non si sono potute recuperare le salme di “centinaia di infoibati” (presenza di salme non recuperate che appare anche nella relazione che ha accompagnato la recente proposta di modifica alla Legge sul Giorno del Ricordo) perché sopra di esse sarebbe stato gettato un numero “imprecisato” di tedeschi morti durate la battaglia di Basovizza. A parte l’assurdità di tale affermazione (i corpi dei tedeschi morti “prima” della fine della guerra sarebbero stati gettati “sopra” quelli degli italiani “infoibati” nel maggio ’45?), va ricordato che il pozzo della miniera di Basovizza è stato oggetto di varie ricognizioni da parte degli angloamericani a partire dall’agosto 1945. Sono noti (disponibili in rete e pubblicati anche nel mio libro “Operazione foibe tra storia e mito” del 2005) i documenti del Comando generale delle Forze armate alleate del Mediterraneo(con sede a Caserta) che parlano di questi recuperi. In una relazione del 21/10/45 si legge che “Il materiale finora ottenuto indica che corpi umani (alcuni identificabili come tedeschi) e carcasse di cavalli sono stati gettati nel pozzo. A parte ciò i risultati sono inconcludenti (…) Visto l’avanzato stato di decomposizione dei corpi, si considera improbabile che da ulteriori investigazioni risulti qualsiasi prova di atrocità jugoslave”, e pertanto si suggeriva di sospendere le “investigazioni”, cessazione autorizzata il 19/2/46 e così sintetizzata in un articolo del Piccolo del 31/1/95: “una decina di corpi smembrati e irriconoscibili non dovevano sembrare un risultato soddisfacente e alla fine si preferì sospendere i lavori”.
Pristavec asserisce inoltre di avere saputo “da fonte sicura” che i resti recuperati venivano esaminati e poi divisi in due parti, una sepolta sul posto e coperta di calce e terra, l’altra condotta via con un camion in direzione Opicina: sembra logico che le carcasse dei cavalli siano state sepolte sul posto ed i resti umani inviati in qualche cimitero del Carso (dal registro di S. Anna non risultano inumazioni di questo genere nel periodo).
A fronte del persistere delle affermazioni sulle “centinaia di salme non recuperate” da Basovizza, è stato presentato il 25/10/05 un esposto alla Procura della Repubblica in cui si chiedeva che si sospendessero i lavori di “riqualificazione” del monumento nazionale per procedere ai recuperi di tali salme, operazione obbligatoria (comma 2 art. 116 norme di attuazione del c.p.p), in presenza di segnalazione di cadaveri in luoghi diversi dai cimiteri. L’allora Procuratore Pace archiviò in pochi giorni (3/11/05) l’esposto nel Registro degli “atti non costituenti reato”, ritenendo quindi che nella “foiba” di Basovizza non vi fossero più resti umani da recuperare, altrimenti avrebbe provveduto, a norma di legge, di conseguenza.
In sintesi, le prove documentali di cui si è, al momento, in possesso, smentiscono la presenza (attuale) di resti di “centinaia” di infoibati a Basovizza: sarebbe forse il caso che anche coloro che usano la tragedia delle foibe a scopo politico ne prendessero atto.
 
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view post Posted on 11/2/2024, 15:46
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