| CITAZIONE (Lepontico @ 21/1/2008, 09:52) Quello che Marx dice e che Gramsci sottolinea è proprio che una cosa è la dittatura del proletariato e un'altra è la dittatura del partito del proletariato. Ma quando mai! Tu affermi cose sbagliate e false. Marx, Engels, Lenin, Gramsci e tutti gli altri veri rivoluzionari marxisti hanno sempre evidenziato il ruolo insostituibile del Partito Comunista (o come si chiamasse, non importa). Prova inoppugnabile di ciò è che ne sono stati fondatori. Avrebbero fondato un partito per sport oppure invece perché questo servisse il popolo alla rivoluzione ed alla edificazione del socialismo? Il Partito Comunista non è un partito come quelli borghesi o come quelli revisionisti (che sono partiti borghesi!). Se tu conosci solo questo aspetto del partito, è un problema tuo!. Il vero partito comunista applica la "linea di massa" che Mao ha riassunto in questa parole: Per stabilire uno stretto contatto con le masse occorre conoscere le loro esigenze ed i loro desideri. In ogni lavoro con le masse occorre partire dalla conoscenza delle loro esigenze e non da moventi puramente personali anche se lodevoli. Spesso avviene che nelle masse l'esigenza di determinate trasformazioni esista già oggettivamente, ma la consapevolezza soggettiva di questa necessità non è ancora maturata in loro; esse non sono ancora decise, né provano alcun desiderio di mettere in atto queste trasformazioni: allora noi dobbiamo attendere pazientemente; e solo quando, come risultato del nostro lavoro, le masse nella loro maggioranza avranno piena coscienza della necessità di realizzare decisamente e volontariamente determinate trasformazioni, solo allora bisognerà attuarle, altrimenti si corre il rischio di allontanarsi dalle masse. Ogni genere di lavoro in cui la partecipazione delle masse è necessaria si trasformerà in una vuota formalità, e fallirà totalmente, se le masse non saranno consapevoli della necessità di questo lavoro e non avranno manifestato il desiderio di parteciparvi volontariamente. ... In questo caso agiscono due principi: il principio delle esigenze reali delle masse e non di quelle immaginarie, esistenti soltanto nelle nostre menti, ed il principio della volontà delle masse, della decisione manifestata dalle masse stesse, e non di quella che noi manifestiamo per loro.E ancora: In tutta l'attività pratica del nostro Partito una giusta opera di direzione deve sempre fondarsi su questo principio: attingere alle masse e dare alle masse. Questo significa: raccogliere le opinioni delle masse (sparse e disordinate) e portarle di nuovo (generalizzate e sistemate in seguito ad uno studio) tra le masse, propagandarle e spiegarle, farle diventare idee delle masse stesse, affinché le masse sostengano queste idee e le traducano in azione; e, in pari tempo, controllare attraverso l'azione delle masse la giustezza di queste idee. Quindi, bisogna di nuovo concentrare le opinioni delle masse e portarle di nuovo tra le masse, affinché queste le sostengano, e -. cosi via. Ogni volta, queste idee diventeranno più giuste, più vitali, più razionali. Questo insegna la teoria marxista della conoscenza.Per cui nessun dirigismo, perché il Partito Comunista è il proletariato, è la sua parte avanzata più cosciente, più generosa. E' composto dai proletari, vive e lotta in simbiosi col proletariato. E' la sua parte migliore, quella meno compromessa con secoli di ideologia borghese. La tua accusa di revisionismo è ridicola, metre la mia accusa di idealismo è reale. Infatti la rivoluzione, la legge delle rivoluzioni, dimostra come non è possibile chiedere, pretendere che tutto il proletariato sia immediatamente disposto a lottare strenuamente, a dare anche la vita per il socialismo. Il tuo utopismo - utopismo perché so che sei in buona fede, sennò bisognerebbe chiamarlo altrimenti - ti porta a negare che la lotta per il socialismo e la fase della ditttaura del proletariato saranno momenti cruentissimi. La borghesia nazionale, quella internazionale ed i rinnegati del movimento comunista non daranno - e non hanno mai dato - tregua. Sentiamo Engels: Lo Stato non è che una macchina per l'oppressione di una classe da parte di un'altra, e ciò nella repubblica democratica non meno che nella monarchia; e nel migliore dei casi un male che viene lasciato in eredità al proletariato riuscito vittorioso nella lotta per il predominio di classe e i cui lati peggiori non potrà fare a meno, subito, di eliminare nella misura del possibile, come fece la Comune, finché una nuova generazione, cresciuta in condizioni sociali nuove, libere, non sia in grado di scrollarsi dalle spalle tutto il vecchiume dello Stato. E ancora: e il partito vittorioso, se non vuoi avere combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità di popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può al contrario rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente? Sentiamo Marx: La stessa democrazia volgare, che vede nella repubblica democratica il regno millenario e non si immagina nemmeno che appunto in questa ultima forma statale della società borghese si deve decidere definitivamente con le armi la lotta di classe - la stessa democrazia volgare sta ancora infinitamente al di sopra di questa specie di democratismo entro i confini di ciò che è permesso dalla polizia e non è permesso dalla logica. E ancora: «Voi dovete passare attraverso quindici, venti, cinquant'anni di guerre civili e di battaglie internazionali, non solo per trasformare i rapporti esistenti, ma anche per trasformarvi voi stessi e rendervi atti al dominio politico" («Rivelazioni sul processo dei comunisti a Colonia», pp. 32-33 ed. tedesca, Mosca 1940).Sentiamo Lenin: «Il passaggio dal capitalismo al comunismo abbraccia un'intera epoca storica. Finché essa non sia terminata, gli sfruttatori conservano inevitabilmente la speranza in una restaurazione, e questa speranza si traduce in tentativi di restaurazione. Anche dopo la prima disfatta seria, gli sfruttatori rovesciati, che non si aspettavano di esserlo, che non ci credevano, che non ne ammettevano neanche l'idea, si scagliano nella battaglia con energia decuplicata, con furiosa passione, con odio cento volte più intenso, per riconquistare il ,,paradiso" perduto alle loro famiglie, che vivevano una vita così dolce e che la ,,canaglia popolare" condanna ora alla rovina e alla miseria (o a un lavoro ,,ordinario"...) E a rimorchio dei capitalisti sfruttatori si trascina la grande massa della piccola borghesia la quale, come attestano decenni di esperienza storica di tutti i paesi, oscilla ed esita, oggi marcia al seguito del proletariato, domani si spaventa delle difficoltà della rivoluzione, è presa da panico alla prima sconfitta o al primo scacco degli operai, cade in preda al nervosismo, non sa dove batter la testa, piagnucola, passa da un campo all'altro» E ancora: «La dittatura del proletariato è la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza è decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata»; che «la dittatura del proletariato é una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa, contro le forze e le tradizioni della vecchia società» E ancora: «Durante la dittatura del proletariato bisognerà rieducare milioni di contadini e di piccoli proprietari, centinaia di migliaia di impiegati, di funzionari, di intellettuali borghesi, subordinarli tutti allo Stato proletario e alla direzione proletaria, vincere le loro abitudini e tradizioni borghesi», così come sarà necessario "... rieducare... nel corso di una lunga lotta, sul terreno della dittatura del proletariato, i proletari stessi, che dei loro propri pregiudizi piccolo-borghesi non si liberano di punto in bianco, per miracolo, per ingiunzione della madonna e neppure per ingiunzione di una parola d'ordine, di una risoluzione, di un decreto, ma soltanto nel corso di una lotta di massa lunga e difficile contro le influenze piccolo-borghesi di massa» E ancora: "Si può considerare completamente matura la battaglia decisiva se ... nel proletariato è sorta e si è potentemente affermata una tendenza di massa ad appoggiare le azioni rivoluzionarie più decise, più ardite e coraggiose contro la borghesia. Allora la rivoluzione è davvero matura, allora, se abbiamo tenuto nel debito conto tutte le condizioni sopra enunciate e se abbiamo scelto bene il momento, la nostra vittoria è sicura» E ancora: «Con la sola avanguardia non si può vincere. Gettare la sola avanguardia nella battaglia decisiva, prima che tutta la classe, prima che le grandi masse abbiano preso una posizione o di appoggio diretto dell'avanguardia o, almeno, di benevola neutralità verso di essa. .. non sarebbe soltanto una sciocchezza, ma anche un delitto. Ma soprattutto sentiamo qua! " Noi siamo, - dice Lenin, - il partito della classe, e perciò quasi tutta la classe (e, in tempo di guerra, nell'epoca della guerra civile, la classe tutt'intera) deve agire sotto la direzione del nostro partito, deve stringersi il più saldamente che è possibile attorno al nostro partito. Ma sarebbe "manilovismo" (= fiacchezza, indolenza, vuota fantasticheria. Da Manilov, uno dei personaggi delle "Anime morte" di Gogol. Ndr.) e "codismo" pensare che, in regime capitalista, quasi tutta o tutta la classe possa mai elevarsi alla coscienza e all'attività della propria avanguardia, del proprio partito socialista. Nessun socialista ragionevole ha mai posto in dubbio che, in regime capitalista, neanche l'organizzazione sindacale (più primitiva, più accessibile alla coscienza degli strati arretrati) è in grado di abbracciare quasi tutta o tutta la classe operaia. Dimenticare la distinzione che passa tra il reparto di avanguardia e tutte le masse che gravitano verso di esso, dimenticare il costante dovere del reparto di avanguardia di elevare degli strati sempre più larghi fino a questo livello dell'avanguardia, vorrebbe dire ingannar se stessi, chiudere gli occhi di fronte alla grandiosità dei nostri compiti, restringere questi compiti" (Lenin, «Un passo avanti, due indietro», Vol. VI, pp. 205-206 ed. russa).E tanto per non farci mancare nulla: " La dittatura del proletariato, - dice Lenin, - è una lotta tenace, cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica e amministrativa, contro le forze e le tradizioni della vecchia società. La forza dell'abitudine di milioni e decine di milioni di uomini è la più terribile delle forze. Senza un partito di ferro, temprato nella lotta, senza un partito che goda la fiducia di tutto quanto vi è di onesto nella sua classe, senza un partito che sappia osservare lo stato d'animo delle masse e influenzarlo, è impossibile condurre con successo una lotta simile»Sull'Italia: ...in Italia, per riconoscimento generale, si avvicinano battaglie decisive del proletariato contro la borghesia, per la conquista del potere statale. In un momento simile, non solo è assolutamente indispensabile allontanare dal partito i menscevichi, i riformisti, i turatiani, ma può esser utile persino allontanare da tutti i posti di responsabilità anche degli eccellenti comunisti, che sono suscettibili di tentennare e manifestano delle esitazioni nel senso dell'"unità" coi riformisti... Alla vigilia della rivoluzione e nei momenti della lotta più accanita per la vittoria di essa, le minime esitazioni in seno al partito possono perdere tutto, possono far fallire la rivoluzione, strap pare il potere dalle mani del proletariato, perché questo potere non è ancora solido, perché l'attacco contro di esso è ancora troppo forte. Se in un momento simile i capi tentennanti si tirano in disparte, questo non indebolisce, ma rafforza e il partito, e il movimento operaio, e la rivoluzione" Altro che multipartitismo! E per finire cito Stalin: Il partito deve essere, prima di tutto, il reparto di avanguardia della classe operaia. Il partito deve assorbire tutti i migliori elementi della classe operaia, la loro esperienza, il loro spirito rivoluzionario, la loro devozione sconfinata alla causa del proletariato. ... Ma il partito non può essere solo un reparto di avanguardia. Esso deve essere, in pari tempo, un reparto, una parte della classe operaia, parte intimamente legata ad essa con tutte le fibre della sua esistenza. La distinzione fra l'avanguardia e la restante massa della classe operaia, fra i membri del partito e i senza partito, non può scomparire fino a che non saranno scomparse le classi, fino a che il proletariato si accrescerà di elementi provenienti da altre classi, fino a che la classe operaia, nel suo insieme, sarà privata della possibilità di elevarsi al livello del reparto d'avanguardia. Ma il partito cesserebbe di essere il partito, se questa distinzione si trasformasse in rottura, se esso si racchiudesse in sé stesso e si distaccasse dalle masse senza partito. Il partito non può dirigere la classe se non é legato con le masse senza partito, se non esiste una saldatura tra il partito e le masse senza partito, se queste masse non accettano la sua direzione, se il partito non gode tra le masse di un credito morale e politico. ... Il partito non é solo la forma suprema dell'unione di classe dei proletari, esso é, in pari tempo, uno strumento nelle mani del proletariato, per la conquista della dittatura, quando questa non é ancora stata conquistata, per il consolidamento e l'estensione della dittatura, quando questa é già stata conquistata. Il partito non avrebbe potuto acquistare un'importanza così grande, né prevalere su tutte le altre forme di organizzazione del proletariato, se il proletariato non si fosse trovato davanti al problema del potere, se le condizioni esistenti nel periodo dell'imperialismo, l'inevitabilità delle guerre, l'esistenza della crisi, non avessero richiesto la concentrazione di tutte le forze del proletariato in un sol punto, l'accentramento in un sol punto di tutti i fili del movimento rivoluzionario, allo scopo di rovesciare la borghesia e conquistare la dittatura del proletariato. Il partito é necessario al proletariato prima di tutto come stato maggiore di combattimento, indispensabile per la conquista vittoriosa del potere.Pertanto è assurdo pensare che vi sia una netta distinzione tra dittatura del partito e dittatura del proletariato. E la differenza che intercorre tra Partito del proletariato e proletariato stesso, è una differenza oggettiva ineliminabile finché la società sarà divisa in classi, cioè fino all'avvento del comunismo propriamente detto. La sostanziale equivalenza tra Partito Comunista e proletariato avevo già evidenziato nel mio precedente intervento, citando Lenin, il quale mi sembra è inequivocabile. E' assurdo pensare di porre una distinzione sia nella fase prerivoluzionaria, che in quella della dittatura del proletariato. Il Partito è il proletariato! Il Partito è indispensabile al passaggio dal capitalismo al comunismo. Questo è il marxismo-leninismo-maoismo. Rigetto quinsi le risibili accuse di antimarxismo, come quella ancora più spassosa di "revisionismo" ( da quale pulpito! ), citando conclusivamente i compagni Lenin e Stalin: Lenin: Marx non si era legato le mani - né le aveva legate ai futuri artefici della rivoluzione socialista - per quanto riguarda le forme, i procedimenti, i metodi della rivoluzione, comprendendo perfettamente che una gran quantità di nuovi problemi sarebbero allora sorti, che tutta la situazione sarebbe cambiata nel corso della rivoluzione e che essa sarebbe cambiata spesso e notevolmente nel corso della rivoluzione.Stalin: Secondo Zinoviev, ogni miglioramento ed ogni messa a punto delle vecchie forme e di singole proposizioni dottrinarie di Marx o di Engels, e più ancora la loro sostituzione con altre formule meglio rispondenti alle nuove condizioni, volevano dire revisionismo. Mi chiedo perché. Non è forse il marxismo una scienza, e la scienza non si evolve arricchendosi di nuove esperienze e migliorando le vecchie formule? Ma poiché revisione significa riesame, e d’altronde non è possibile attuare un miglioramento ed una messa a punto delle vecchie formule senza, in certo qual modo, riesaminarle, ogni messa a punto o miglioramento delle vecchie formule ed ogni arricchimento del marxismo con formule nuove e nuove e esperienze, sarebbe dunque revisionismo. Naturalmente tutto ciò è ridicoloMi pare che sia chiaro. E mi pare che sia chiaro anche chi è il vero dogmatico, nonché chi si attenga alla lienea " di destra". Un'ultima annotazione sul problema di " tutto il potere ai soviet": la storia ci racconta come la rivoluzione ebbe inizio solo quando la maggioranza dei soviet era composta da delegati del Partito Bolscevico. Quindi la tua distinzione "potere dei soviet£ vs "potere del Partito" si dimostra ancor più risibile come ampiamente dimostratoti dai padri del socialismo e della rivoluzione socialista. Edited by carre - 21/1/2008, 12:22
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