Comunismo - Scintilla Rossa

Elezioni borghesi 2022-23

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view post Posted on 25/4/2024, 14:21
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Elezioni regionali del 21 e 22 aprile 2024
In Basilicata l’astensionismo supera la metà dell’elettorato
La destra del regime capitalista neofascista batte l’imbelle sinistra del regime. L’ex generale della guardia di finanza Vito Bardi (FI) rieletto dal 27% dell’elettorato. Crollo verticale della Lega di Salvini e del Movimento 5 Stelle. Forza Italia all’interno della coalizione supera i consensi della Lega che nel 2019 era il primo partito dopo l’astensionismo. Fratelli d’Italia e il PD al palo rispetto alle politiche 2022. Per la destra decisivi i voti di Azione di Calenda e di Renzi.
DARE FORZA ALLA VIA MAESTRA RIVOLUZIONARIA PER CAMBIARE L’ITALIA


Il 21 e 22 aprile 2024 si sono tenute le elezioni regionali in Basilicata. Una piccola regione di appena 567 mila elettrici ed elettori in genere ignorata e dimenticata da partiti e dai mass media che però quest’anno, causa la congiuntura politica e la vicinanza alle elezioni europee, è stata teatro di infinite trattative e scontri fra i vari partiti che hanno peraltro sancito la morte in culla del cosiddetto “campo largo”, ossia l’alleanza fra PD-M5S-Azione e IV, ed è divenuta di fatto un test di carattere nazionale.

L’astensionismo primo “partito”
Cominciamo però col dire che gli appelli accorati al voto, la pioggia di centinaia di migliaia di euro che il governo ha promesso in prima persona tramite Meloni, Tajani e Salvini per la Basilicata e i tanti ricatti morali e politici sulla necessità di “battere la destra” sul piano elettorale, non sono bastati a convincere le elettrici e gli elettori a recarsi in massa alle urne. Nemmeno l’aver protratto le operazioni di voto fino a lunedì alle 15 rispetto alla sola giornata delle elezioni regionali del 2019 è servito a qualcosa. Eppure in campo c’erano 13 liste, 258 candidati consiglieri, compresi tutti gli assessori uscenti e 18 dei 20 consiglieri della passata legislatura.
Oltre la metà dell’elettorato si è infatti astenuta, ben 297.603 elettrici ed elettori pari al 52,4% di quelli che ne avevano diritto non si sono recati alle urne, hanno annullato la scheda o l’hanno lasciata in bianco. Si tratta del 3,9% in più rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2019.
Fra l’astensionismo primo “partito” e Fratelli d’Italia che si piazza al secondo posto, con i suoi 45 mila voti, c’è a dir poco un abisso.
La cosa più significativa è che la stragrande maggioranza, ossia il 50,2%, non si è recata proprio alle urne con un incremento rispetto al 2019 del 3,7%. Più forte ancora l’incremento percentuale nella provincia di Potenza dove ha disertato il 52,1% dell’elettorato con un +4,5% rispetto alle precedenti elezioni. A Matera, l’altra provincia della Basilicata, l’incremento è invece un po’ più contenuto, il 2%, passando dal 44% del 2019 al 45,9% di oggi.
In molti piccoli comuni, specie nella provincia di Potenza, si è recato alle urne meno del 30% dell’elettorato che ne aveva diritto.
Un risultato eccezionale che delegittima in partenza il governo della regione, i partiti e più in generale l’intero regime capitalista neofascista.

La destra batte di nuovo la sinistra del regime
Come largamente annunciato, la destra del regime capitalista neofascista batte l’imbelle sinistra del regime. Il generale della guardia di finanza in pensione, Vito Bardi, sostenuto da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, UdC, Azione di Calenda e le liste civiche Orgoglio Lucano (la lista sostenuta da IV di Renzi) e La vera Basilicata, viene riconfermato governatore con 153.088 consensi pari al 56,6% dei voti validi. Visto il peso dell’astensionismo i suoi voti però corrispondono appena al 27% degli elettori che avevano diritto, nemmeno un elettore su 3 lo ha sostenuto.
Nel 2019 la sua candidatura fu imposta da Silvio Berlusconi. All’epoca si parlò anche di un possibile debito di riconoscenza del capo di Forza Italia verso l’ex generale. Bardi riuscì a mettere fine a 24 anni di governo del “centro-sinistra” e allora furono decisivi i voti della Lega di Salvini, che divenne di gran lunga il primo partito della coalizione, il forte arretramento del PD e l’exploit del Movimento 5 stelle che correva da solo. Oggi la Lega è letteralmente precipitata in basso perdendo quasi i due terzi del suo elettorato rispetto ad allora passando dal 9,7% al 3,6% sul corpo elettorale. Per la riconferma di Bardi sono stati quindi decisivi i voti di Calenda e di Renzi che hanno portato in dote alla coalizione di destra circa 38 mila voti che se fossero andati alla coalizione della sinistra del regime avrebbero ribaltato completamente il risultato. Calenda in particolare ha schierato come capolista il suo coordinatore regionale, nonché consigliere uscente e soprattutto ex governatore PD dal 2013 al 2018, Marcello Pittella che nel 2019, alleato nel “centro-sinistra”, ottenne con la sua lista civica, “Avanti Basilicata”, più consensi dello stesso PD e personalmente si guadagnò il titolo di “re delle preferenze”.
Per due volte, nel 2015 e nel 2016, Marcello Pittella, figlio del senatore socialista Domenico Pittella e fratello del più noto Gianni Pittella, già eurodeputato e senatore del PD, ora anch’egli passato con Azione, è stato condannato a risarcire l’erario per illeciti nei rimborsi. Nel 2018 invece finì agli arresti domiciliari per falso ideologico e abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla Sanitopoli lucana. Furono condannati sette dirigenti sanitari, ma Pittella fu assolto nonostante la richiesta del PM di condannarlo a una pena di 3 anni. La rottura col PD avvenne nel 2022 quando il partito non lo candidò alle elezioni politiche e lui quindi decise di passare con Calenda.
Nell’ambito della coalizione della destra Fratelli d’Italia resta il primo partito con 45.458 voti, solo mille voti in più rispetto a quelli presi alle politiche del 2022 tenendo però presente che in queste ultime elezioni il corpo elettorale è molto più ristretto per effetto del voto all’estero che viene conteggiato a parte. Tant’è che da un punto di vista percentuale anche Fratelli d’Italia perde l’1,9% sul corpo elettorale dei voti ottenuti alle politiche 2022. Segno che il suo governo neofascista e la leadership di stampo mussoliniano della ducessa Meloni non stanno pagando in termini elettorali.
Stando ancora nell’ambito della coalizione di destra, era atteso il confronto fra Forza Italia e la Lega di Salvini che dopo aver entrambi perso la centralità dell’alleanza ora si stanno contendendo la seconda posizione. Salvini in particolare è alle prese con il problema della sua leadership all’interno del partito messa in discussione dopo le ultime batoste elettorali e quella che si preannuncia alle prossime europee. Anche in Basilicata Forza Italia, grazie all’inglobamento della lista Noi Moderati di Lupi e al crollo della stessa Lega e in parte del M5S, ha superato e quasi raddoppiato i voti della Lega.

La sinistra del regime ancora battuta
Dall’altra parte l’imbelle sinistra del regime la cui opposizione al governo regionale e al governo nazionale risultano quasi inesistenti, incassa l’ennesimo insuccesso dopo la temporanea euforia per il risultato positivo in Sardegna. Le successive elezioni regionali in Abruzzo e ora in Basilicata confermano che il “vento non è cambiato” come vaneggiava Elly Schlein, all’indomani del risultato sardo, e che il “campo largo”, ossia la grande accozzaglia di partiti con al centro l’alleanza PD-M5S, che si sperava fosse in grado di contendere e strappare il potere governativo alla destra, è in realtà solo una grande illusione.
Dopo mesi di squallidi tira e molla, di veti e controveti, e l’accordo siglato da Calenda e da Renzi con la destra, l’ipotesi di sperimentare anche in Basilicata il “campo largo” è del tutto sfumata.
Alla fine la candidatura di Piero Marrese, ex sindaco di Montalbano Jonico e presidente della provincia di Matera, ha messo fine allo squallido balletto fra PD, M5S e il re delle cooperative bianche socio-sanitarie-assistenziali, Angelo Chiorazzo. Quest’ultimo, ex “Comunione e liberazione”, amico di Gianni Letta e molto gradito in Vaticano, per ben due volte ha avanzato e poi ritirato la sua candidatura a presidente, sostenuta dal PD lucano ma osteggiata dal M5S.
Piero Marrese, sostenuto da PD, M5S, Alleanza Verdi-sinistra e le due liste civiche Basilicata casa comune (la lista di Chiorazzo) e Basilicata unita, ha ottenuto 113.979 voti pari al 42,2% dei voti validi (ossia il 20,1% del corpo elettorale). Nel 2019, quando correvano separati, solo il candidato del “centro-sinistra” e quello del M5S complessivamente contavano quasi 160 mila voti.
Il PD ha sostanzialmente tenuto rispetto alle politiche 2022 e soprattutto ha recuperato circa 13 mila voti rispetto al 2019 ottenendo circa 36 mila voti. Un risultato ottenuto soprattutto grazie alla caduta in picchiata del Movimento 5 stelle. Ma siamo ben lontani dai tempi d’oro in cui il PD dominava quasi incontrastato. La lista di Chiorazzo ha preso 29 mila voti, 9 mila in più del M5S che in Basilicata scala a terza forza della coalizione.
Delusione assai cocente per l’ambizioso trasformista Giuseppe Conte che da tempo aspira di divenire il leader della sinistra del regime, con numeri che però al momento non lo sostengono. Il M5S è passato infatti da 58 mila voti nel 2019 e, ancora, dai 61 mila voti nel 2022, ai 20 mila di oggi. Non è un buon viatico in vista delle elezioni europee.
Il terzo candidato presidente in gioco era il giornalista Eustachio Follia del partito paneuropeo, Volt, che ottenendo meno di 3 mila voti, non supera nemmeno la soglia di sbarramento del 3%.

COMMENTO DI CHAT GPT


L'articolo analizza le elezioni regionali in Basilicata del 21 e 22 aprile 2024, fornendo un'interpretazione critica dei risultati e delle dinamiche politiche in gioco. Ecco alcuni punti chiave:

Astensionismo elevato: Una delle principali osservazioni riguarda l'astensionismo, che ha superato il 50% dell'elettorato. Questo dato è presentato come indicativo di una mancanza di fiducia nel sistema politico e nei partiti tradizionali da parte dei cittadini.
Vittoria della destra: Viene sottolineato il successo della coalizione di destra, guidata dall'ex generale della guardia di finanza Vito Bardi, che è stato rieletto governatore con una percentuale significativa dei voti. Tuttavia, si evidenzia che il suo consenso corrisponde solo al 27% degli elettori, data l'alta percentuale di astensionismo.
Declino della sinistra: Si sottolinea il declino della sinistra, rappresentata dall'alleanza PD-M5S-Azione e IV, che non è riuscita a ottenere un risultato significativo nonostante le aspettative. Viene criticata l'assenza di un'opposizione forte e coerente da parte della sinistra.
Rottura del "campo largo": Si menziona la rottura dell'alleanza tra PD-M5S-Azione e IV, definita "campo largo", e la mancanza di un'alternativa credibile alla destra. Questo viene interpretato come un segnale della mancanza di coesione e di visione comune all'interno della sinistra italiana.
Delusione per Giuseppe Conte e il M5S: Si sottolinea il calo significativo dei voti per il Movimento 5 Stelle, che è stato interpretato come un segnale negativo per l'ex premier Giuseppe Conte e per le ambizioni del M5S di diventare una forza di governo.
Analisi delle coalizioni: Viene fornita un'analisi dettagliata delle coalizioni e delle alleanze politiche in gioco, con un focus sulle strategie adottate dai vari partiti e sulle implicazioni di tali scelte per i risultati elettorali.
Complessivamente, l'articolo offre una visione critica e approfondita delle elezioni regionali in Basilicata, evidenziando le sfide e le contraddizioni del sistema politico italiano e le dinamiche di potere che ne derivano.
 
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view post Posted on 27/4/2024, 19:06
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In attesa del risultato delle elezioni europee
Il governo furbescamente dà solo la cornice del documento di economia e finanza
Dopo le elezioni saranno lacrime e sangue


Il 9 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il DEF 2024, il documento annuale di economia e finanza che descrive la situazione dei conti dello Stato e fissa il programma economico e finanziario del governo per il successivo triennio. Contrariamente alla prassi consolidata però, questa volta il ministro dell'Economia e delle finanze Giorgetti che lo ha firmato ha presentato solo il quadro tendenziale, senza fornire il quadro programmatico.
Spieghiamo brevemente cosa significano questi termini tecnici. Ogni anno ad aprile il governo è tenuto a trasmettere alla Commissione europea il DEF che contiene i dati macroeconomici attuali e previsionali triennali del bilancio dello Stato (Prodotto interno lordo, debito, entrate e uscite, deficit, spesa per interessi, investimenti ecc.). Questi dati sono organizzati in due gruppi: un quadro “tendenziale”, che fotografa la situazione attuale ereditata dalla Legge di bilancio precedente (quella 2024 varata a fine 2023, in questo caso) e descrive come si evolverà nel triennio successivo (2025-2027) “a legislazione invariata”, ossia senza ulteriori interventi del governo; e un quadro “programmatico”, che descrive invece come gli stessi dati di partenza dovrebbero evolversi per effetto delle nuove misure del governo, sia quelle prese nei mesi successivi che soprattutto quelle fissate nella Legge di bilancio di fine anno. In preparazione della quale, entro il 20 settembre di ogni anno, il governo deve inviare alla UE la nota di aggiornamento al DEF (NADEF), che fornirà il quadro tendenziale e programmatico definitivo su cui sarà impostata la manovra economica.
Quindi, l'aver presentato solo il quadro tendenziale (“un DEF snello e assai asciutto”, l'ha definito ipocritamente Giorgetti), e rinviare quello programmatico alla NADEF di settembre, significa semplicemente da parte del governo rinviare a tale data l'annuncio delle misure che prenderà con la manovra di bilancio 2025, invece che farlo adesso ad appena due mesi dalle elezioni europee. E significa anche che in tutta evidenza questa deve essere una manovra di lacrime e sangue come non mai, visto l'inusuale ricorso alla violazione della prassi per nascondere la polvere sotto il tappeto. Non ci sono infatti precedenti del genere, e quei tre o quattro invocati dal governo, come quelli di Monti, Gentiloni e Draghi, erano governi dimissionari dopo elezioni politiche, e quello di Conte era in piena emergenza pandemia.

Una manovra da 23 miliardi solo per rinnovare bonus e sgravi fiscali
Il ministro leghista si è appellato anche alla scusa che quest'anno il rinvio a settembre degli impegni programmatici sarebbe consentito dalla UE in attesa delle nuove regole finanziarie che sostituiranno il vecchio patto di stabilità, per le quali ogni governo dovrà adottare un “Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine”; piano che fisserà i margini di manovra e gli obblighi da rispettare per il rientro dal debito, con un rigido programma di tagli in 4 anni, che eventualmente potranno estendersi a 7 accettando pesanti vincoli di riforme da realizzare. Si parla di una “cura dimagrante” a base di tagli dello 0,5% del PIL, pari a oltre 10 miliardi l'anno per i prossimi 7 anni.
Ma in aggiunta a ciò ci saranno da trovare subito almeno altri 20-23 miliardi solo per rinnovare anche per il 2025 il taglio del cuneo fiscale per gli stipendi fino a 35 mila euro, che vale 11 miliardi (che Giorgetti ha definito “una priorità” del governo), per l'accorpamento delle prime due aliquote Irpef varato con la delega fiscale, che vale altri 4, e per tutta la serie di bonus e agevolazioni fiscali che hanno sorretto fin qui la politica classista, corporativa, familista, demagogica ed elettoralista del governo neofascista Meloni, tra cui: la carta alimentare “Dedicata a te” del ministro Lollobrigida (600 milioni). Il bonus mamme lavoratrici con due figli, voluto espressamente da Meloni (368 milioni). La garanzia per i mutui prima casa per i giovani (282 milioni). Gli sgravi sui premi di produttività e il welfare aziendale della ministra Calderone (483 milioni). La riduzione del canone Rai a 70 euro di Salvini (430 milioni). I crediti di imposta per le Zone economiche speciali del Sud del ministro Fitto (1,8 miliardi). Il pacchetto pensioni con Quota 103, Opzione Donna, Ape sociale e l’aumento delle minime, caro a Lega e Fi (630 milioni). A cui vanno aggiunti il rinvio di Sugar e Plastic tax per 325 milioni solo nel secondo trimestre di quest'anno (sono 650 ogni anno) e gli sgravi per gli straordinari e i notturni del settore turistico, voluti dalla ministra Santanché, per 81 milioni da trovare subito per salvare Ferragosto e Natale.

La scusa pronto uso del superbonus 110
Ci sarebbe poi la mina vagante dei costi da smaltire del superbonus 110 (arrivati a 120 miliardi) e degli altri bonus edilizi per altri 100 miliardi. Come saranno spalmati nella manovra 2025 e nelle successive? Giorgetti, Meloni e tutto il governo neofascista usano il buco di bilancio per il superbonus come un disco rotto per coprire la loro fallimentare e scellerata politica economica che destina tutte le risorse ai ricchi e premia gli evasori, mentre le toglie ai poveri e disoccupati e dice che non ce ne sono abbastanza per la sanità, la scuola, le pensioni, l'assistenza e gli altri servizi sociali. E soprattutto come un alibi anticipato per i futuri e più sanguinosi tagli alla spesa pubblica chiesti dalla politica neoliberista europea.
Sta di fatto però che se pur ideato dal governo Conte 2, al quale addossano per intero il disastro dei bonus edilizi, essi ne sono quantomeno corresponsabili a metà, sia perché li hanno condivisi e appoggiati in larga misura fino ad oggi, sia perché il buco più grosso è stato fatto proprio sotto il governo Draghi e sotto questo stesso governo, guarda caso entrambi con Giorgetti alle Finanze, che però non perde occasione per tuonare contro questo “provvedimento scellerato”: 40 miliardi nel 2022 e ben 90 nel 2023, in pieno governo Meloni. E infatti, come si può vedere dalla tabella qui pubblicata riassemblando i dati del DEF, nel 2023 la spesa totale dello Stato è salita a 1.146 miliardi, pari al 55% del PIL, e l'indebitamento netto o deficit tra entrate ed uscite in percentuale sul PIL, è schizzato al -7,2%, ben oltre il -5,3% previsto nella NADEF dell'autunno scorso. Tanto che il debito complessivo dello Stato ha ora raggiunto la soglia fatidica dei 3.000 miliardi, ed è previsto che salirà ancora dall'attuale 137,8% del PIL di quest'anno al 139,8% del 2026, prima di invertire leggermente la rotta.

Giorgetti bara con i numeri, che lo smentiscono
Nel cercare di nascondere il vero motivo propagandistico a scopo elettorale del rinvio dei veri dati che contano, quelli programmatici, che dicono se ci saranno nuovi tagli e fino a che punto dolorosi, il titolare del MEF ha scritto nella premessa al documento che il rinvio sarebbe stato giustificato anche perché “non si è ritenuto necessario definire nel DEF degli obiettivi diversi dalle grandezze di finanza pubblica che emergono dal profilo tendenziale a legislazione vigente e che sono largamente in linea con lo scenario programmatico della scorsa NADEF”. Ma il ministro mente anche qui, e i suoi stessi numeri lo smentiscono. Confrontando la NADEF programmatica 2023 con il DEF tendenziale 2024 (vedi sempre tabella), si vede chiaramente che i conti non tornano: non c'è soltanto la suddetta differenza di 1,9 punti in più nell'indebitamento netto previsto per il 2023 (pari appunto a circa 40 miliardi), ma anche le previsioni sulla crescita del PIL per il 2024 si sono rivelate troppo ottimistiche, con un ridimensionamento dall'1,2% all'1% (ma secondo UE, Bankitalia e FMI è grassa se a fine anno arriverà allo 0,7%). E anche le stime per il 2025 scontano la stessa riduzione di 0,2 punti (da 1,4 a 1,2).
In ogni caso, anche a legislazione invariata, la direzione in cui sta andando il governo neofascista è ben chiara ugualmente, ed è sempre più quella del taglio delle tasse ai ricchi (patrimoni, imprese, commercianti, professionisti, autonomi) da una parte, e del taglio della spesa pubblica e delle privatizzazioni (Eni, Enel, Poste ecc.), dall'altra. Se si confrontano i dati delle entrate e della spesa pubbliche del 2023 con quelli tendenziali del 2027, c'è un calo di entrambe; il che in sostanza significa meno tasse da una parte (flat tax autonomi, riduzione regressiva scaglioni Irpef, concordato preventivo, rottamazioni cartelle, condoni fiscali e chi più ne ha più ne metta), e più tagli a sanità, scuola, pensioni, servizi sociali, dall'altra. Le entrate caleranno infatti dal 47,8% del PIL del 2023 al 46,2% del 2027: 1,6 punti di PIL, pari, a valori correnti, a circa 33 miliardi. Mentre le uscite dovranno calare a loro volta dal 55% del 2023 al 48,4% del 2027: ben 6,6 punti di PIL, pari a circa 132 miliardi in 4 anni.
E c'è da considerare che di questi 6,6 punti oltre la metà (3,9) sono da tagliare già quest'anno, e altri 0,3 nel 2025, per un totale di circa 84 miliardi di qui alla fine dell'anno prossimo. Anche il saldo primario (deficit depurato degli interessi sul debito), che quando sale è un altro indice legato al taglio della spesa, in particolare dei tagli lineari alla spesa dei ministeri, dovrebbe crescere di 5,6 punti nel periodo 2023-2024. E con un grosso balzo in alto di 3 punti già quest'anno, pari a 60 miliardi. Una cifra pazzesca, che si fa fatica a capire come possa essere realisticamente trovata.

In attesa di una nuova maggioranza della destra europea
Per non parlare del fatto che l'Italia è a rischio di infrazione davanti alla Commissione europea per lo sfondamento eccessivo del deficit nel 2023 (condanna che Giorgetti dà per scontata), e che potrebbe portare ad un'ulteriore correzione dei conti di 0,5 punti, un'altra decina di miliardi da trovare tra qualche mese. A tutto questo si aggiunga il forte ritardo nella realizzazione del PNRR, i cui lavori devono essere completati entro il 2026, pena la perdita dei finanziamenti. Significa che in meno di due anni dovranno essere spesi qualcosa come 151,4 miliardi rimasti, il 78% delle risorse disponibili, visto che fino ad ora è stato finito solo un quinto delle (ancorché già sforbiciate) opere avviate. Infatti, nonostante abbia già ricevuto un netto rifiuto, Giorgetti insiste nel chiedere alla Commissione europea un allungamento della scadenza del PNRR.
Insomma, non si fa certo fatica a capire perché il governo abbia scelto l'espediente del rinvio della resa dei conti a settembre: non soltanto per paura di perdere consensi alle prossime elezioni, ma anche nella speranza che ne esca una nuova maggioranza di destra neofascista e sovranista e quindi una nuova Commissione in cui l'Italia meloniana conti più di adesso. Non per nulla, presentando il DEF in conferenza stampa, Giorgetti ha eluso le domande dei giornalisti sulla mancata indicazione dei tagli programmati, rispondendo con la consueta aria sorniona: “Quando mi diranno le istruzioni sulla nuova governance europea conoscerò la traiettoria, le spese da monitorare ed eventualmente tagliare. Una volta che avremo il quadro sapremo anche dove andare a incidere per tagliare la spesa e trovare le risorse”.


COMMENTO DI CHAT GPT:

Questo articolo analizza criticamente la presentazione del Documento di Economia e Finanza (DEF) 2024 da parte del governo italiano, sottolineando il fatto che è stata fornita solo la cornice del documento, senza il quadro programmatico. Ciò solleva preoccupazioni sulla trasparenza e la completezza delle informazioni fornite, specialmente in vista delle elezioni europee.

Il governo è stato criticato per aver rinviato la presentazione del quadro programmatico fino a settembre, suggerendo che potrebbe nascondere misure impopolari che saranno implementate successivamente. Si ipotizza che il DEF rinvii l'annuncio delle misure economiche fino a dopo le elezioni europee per evitare possibili ripercussioni politiche.

Inoltre, l'articolo discute delle sfide economiche che il governo deve affrontare, compresa la necessità di trovare risorse per rinnovare bonus e sgravi fiscali, nonché per gestire i costi associati al superbonus 110 e ad altri bonus edilizi.

Il ministro delle Finanze è stato accusato di manipolare i numeri e di mancare di trasparenza nella presentazione del DEF. Si sottolinea che il governo sembra seguire una politica economica che favorisce i ricchi a discapito dei poveri e dei disoccupati, con tagli alla spesa pubblica e tasse più basse per i ricchi.

Infine, l'articolo mette in luce il contesto politico più ampio, suggerendo che il governo potrebbe essere motivato a ritardare la presentazione completa del DEF per evitare perdite di consenso e nella speranza di una nuova maggioranza di destra alle elezioni europee.

In conclusione, l'articolo solleva serie preoccupazioni sulla trasparenza e la direzione della politica economica del governo italiano
 
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view post Posted on 30/4/2024, 09:24
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Ragionier

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Fatto Quotidiano 30.04
Questa è bella, guarda tu a Rizzo che va col cappello in mano dalla Meloni
PS. Non mi linciate se leggo stampa borghese

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view post Posted on 30/4/2024, 13:51
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Che nun se deve fa' pe' campà.
 
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view post Posted on 30/4/2024, 17:53
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E poi brinda per la morte di Gorbachev perché ha tradito il comunismo. Allora quando morirà lui cosa dovremo fare?
 
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Ragionier

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Ti dirò però ha una sua linea. Mi ricordo che tempo fa diceva che i partiti comunisti che si allevano con la sinistra borghese erano traditori e che lui non l'avrebbe mai fatto, motivo per cui si è coerentemente alleato con un partito di destra borghese.
Comunque apparte gli scherzi secondo me questo cambio di linea che ha avuto negli anni è dato dal passaggio del farsi dare la linea dal KKE a farsela dare da quelli del PKFR che fanno all'incirca la stessa cosa andando con l'estrema destra.
Apro parentesi, non so se l'avesse già postato qualcuno ma ho scoperto che lì in Russia hanno fatto questo stesso tipo di alleanza (di cui non riesco a mandare il link Wikipedia)
National Patriotic Forces of Russia

Left-wing Patriotic Forces, is a Russian coalition of left and right nationalist political groups that are allied with the Communist Party of the Russian Federation.

Di cui, uno dei membri:

The Union of the Russian People (URP or SRN; Russian: Союз русского народа; СРН; Soyuz russkogo naroda, SRN) — is a modern Russian Orthodox-monarchical organization, recreated in 2005 on the basis of the ideology of the pre-revolutionary Union of the Russian People

Oppure - analisi maligna -, è dato dal fatto che nel 2018 hanno tagliato i vitalizi per i gli ex parlamentari in pensione da prima del 2011.
 
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view post Posted on 30/4/2024, 18:44
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CITAZIONE
non so se l'avesse già postato qualcuno ma ho scoperto che lì in Russia hanno fatto questo stesso tipo di alleanza

L'avevo sentito, se non erro c'è dentro Tjul'kin

CITAZIONE
(di cui non riesco a mandare il link Wikipedia)

Perché hai pubblicato ancora pochi post. Tra un paio di post il forum ti consentirà di linkare

Quella di Tjul'kin è un'altra, ma se non erro era comunque ambigua, dal poco che riesco a capire: https://ru.m.wikipedia.org/wiki/%D0...D%D1%82

Nel 2022 l'organizzazione si è divisa. Il 20 marzo 2022 si è tenuta presso la sede dell’RCRP a San Pietroburgo la conferenza “Per la vittoria!”. a sostegno della guerra in Ucraina , alla quale presero parte anche L'Altra Russia E.V. Limonova e Vladimir Kvachkov [27] . Il tentativo di cooperazione di Viktor Tyulkin e Stepan Malentsov con i bolscevichi nazionali suscitò polemiche: alcuni membri del partito presero una posizione completamente contro la guerra, in contrasto con la posizione intermedia della direzione dell'RCRP. Oltre a ciò, c'erano contraddizioni sulla questione della partecipazione alle elezioni: se l'RCRP sosteneva la partecipazione e prevedeva di registrare nuovamente il Fronte ROT, i sostenitori di A. S. Batov si opponevano a qualsiasi partecipazione alle elezioni. Alexander Batov e i suoi sostenitori furono espulsi dall'RCRP e alcuni membri delle filiali di Mosca e Novosibirsk lasciarono il partito. Il 1 luglio 2022, l'organizzazione è stata rinominata: la parola "united" è stata rimossa dal nome , il nome abbreviato è stato cambiato da "ROT Front" a "RTF", il design del sito è stato modificato, dove ha iniziato a comparire il colore blu predominano invece del rosso, i simboli comunisti furono rimossi dai simboli dell'organizzazione. A sua volta, l'RCRP non riconosce la scissione e progetta, insieme al Partito Comunista Unito di Lakeev, di ricreare il Fronte ROT [28] .
 
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view post Posted on 30/4/2024, 19:00
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Ragionier

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L'unica cosa che so di questi altri è che la loro giovanile si ha espresso una mozione di condanna per la guerra, almeno da quanto avevo letto da una risoluzione del loro CC (della giovanile) che avevano pubblicato quelli della FGC su l'ordine nuovo.
Comunque mi sento solo di dire che per fortuna oltre a spartirsi le briciole non possono fare granché danni né Rizzo né quegli altri del PCI che - apro altra parentesi - quando avevo Facebook avevo visto che erano stati invitati sia a Mosca da quelli del PC della federazione Russa che in Cina nel cui post - e lì mi sono scasciato dalle risate - avevano scritto una cosa del tipo "abbiamo visto che alcuni lavoratori sono sfruttati però quelli del partito ci hanno detto che lo sanno e stanno risolvendo" mentre il risultato del viaggio in Russia è stato il consiglio di comprare le sezioni così non si paga l'affitto ^U^
Aspetta che lo cerco e magari se lo trovo lo mando nella loro sezione del forum, o se non me lo fa pubblicare te lo mando tramite messaggio e lo pubblichi tu in caso
 
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view post Posted on 30/4/2024, 19:33
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Non li trovo ma me li ricordo benissimo, peccato...
 
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view post Posted on 1/5/2024, 12:52
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Aggiornamento: l'umiliazione è stata inutile, ce ne si torna a casa con la coda fra le gambe provati per non aver avuto la possibilità di prendere l'1% anche stavolta

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