Comunismo - Scintilla Rossa

Critica all'anarco-capitalismo

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k7ygd
view post Posted on 24/12/2021, 15:11 by: k7ygd

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Introduzione

Mi prodigherò in questo scritto a criticare la teoria anarco-capitalista detta anche volontarista o libertaria.
Essa si propone come "ideologia anti-sistema", ha molta presa negli USA e ora con la crisi del Covid sta prendendo piede, seppur modestamente, anche in Italia.
Credo che questa ideologia possa portare potenziali compagni, ossia gli scontenti e i critici del sistema, sulla cattiva strada e che in generale operare una critica scientifica a qualunque ideologia borghese, per quanto irrilevante o melensa, rappresenti un dovere per noi marxisti-leninisti.

Citando il grande maestro Mao:

L'ideologia borghese e piccolo-borghese si rifletterà senza dubbio da qualche parte; senza dubbio, ostinatamente in tutti i modi possibili, si esprimerà nelle questioni politiche e ideologiche.
Non è possibile impedirlo: non dobbiamo impedire a questa ideologia di manifestarsi facendo ricorso a mezzi repressivi, ma permetterle di esprimersi e nello stesso tempo discuterla e criticarla opportunamente, perché è incontestabile che dobbiamo criticare tutti i tipi di idee sbagliate, e che non possiamo astenerci dal criticarle e, rimanendo semplici spettatori, permettere che si diffondano senza controllo e prendano piede.
Gli errori devono essere criticati e le erbe velenose sradicate.
Ma in questo campo la critica non deve essere dogmatica; non bisogna applicare il metodo metafisico ma sforzarsi di ricorrere al metodo dialettico.
La critica deve fondarsi sull'analisi scientifica ed essere completamente convincente.
La critica dogmatica non risolve nulla.


(Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo)




Elementi di anarco-capitalismo

L'anarco-capitalismo come teorizzato da Rothbard si fonda sul principio di non aggressione ossia "una istanza morale che ritiene intrinsecamente illegittima l'aggressione, definita come la minaccia o l'uso di violenza, contro una persona o l'altrui legittima proprietà, secondo le norme di proprietà stabilite."

Da questo principio Rothbard costruisce una società utopica descritta nel suo Manifesto Libertario.

In questa società lo stato non esiste e le leggi, la polizia, l'esercito e la giustizia sarebbero servizi erogati da enti privati e la loro onestà ed efficienza sarebbe garantita dalla libera competizione fra essi al fine di soddisfare i consumatori.

Allo stesso modo strade, foreste, mari e pianeti sarebbero privatizzati secondo il principio dell'homesteading il quale stabilisce che "la proprietà appartiene giustamente alla persona che la trova, la occupa e la trasforma attraverso il suo lavoro".
Ovviamente per "suo lavoro" si intende anche quello comprato da un capitalista.

Il metodo rivoluzionario anarco-capitalista consiste in:
1. unione fra anarco-capitalisti in un territorio e applicazione di un boicottaggio dello stato attraverso il non pagamento delle tasse e la disobbedienza
2. pratica dell'agorismo, ossia di forme di economia del mercato nero e grigio, boicottando il mercato bianco (quello legale e tassato)


Critica generale all'anarco-capitalismo

Senza addentrarci troppo nella teoria anarco-capitalista propongo una breve critica di alcuni concetti fondamentali che potrebbe essere estesa in seguito dai compagni interessati.

Innanzitutto l'errore teorico macroscopico che tali soggetti commettono è dovuto ad un'incomprensione di come si forma lo stato e della sua necessità storica.

Essi sostengono che lo stato nasca da un gruppo di criminali che riescono a convincere le masse, con le buone o le cattive, che lo stato sia una cosa buona e necessaria.

Questa visione ha qualcosa di vero ma è tuttavia priva di un'analisi di classe della società, i libertari infatti rifiutano la divisione della società in classi e vedono la società come un insieme di individui.

In realtà lo stato è frutto di una pace sociale fra le classi dominanti: quando le classi dominanti smettono temporaneamente di farsi la guerra per necessità strategiche, esse necessitano di un'alleanza, questa alleanza è funzionale all'amministrazione dei rapporti fra dominanti ed all'imposizione del dominio sulle classi dominate.

Le classi dominanti sono definite dai rapporti sociali ufficializzati dalle leggi di proprietà sui mezzi di produzione.

Nonostante i libertari riconoscano che lo stato viene utilizzato dalle grandi corporation, attraverso un meccanismo chiamato lobbismo o corruzione per mantenere i loro vantaggi sui competitor, non capiscono che esse in realtà ne sono la causa prima. Ossia sono gli stessi grandi proprietari che necessitano di uno stato per schiacciare la concorrenza e per imporre il proprio dominio sulle classi dominate.

Lo stato pertanto è un ente totalmente coerente e necessario al sistema sociale in cui si forma ed è creato, voluto e supportato dalle classi dominanti come strumento di oppressione sulle classi dominate e come strumento di guerra contro le classi dominanti nemiche. Ruolo dello stato inoltre, in quanto comitato d'affari della borghesia, è quello di mediare fra le diverse imprese monopolistiche per mantenere la pace sociale di cui sopra.

Lo scrittore borghese Harari descrive bene questo processo nel suo famoso libro Sapiens:

Come l'impero olandese prima di esso, l'impero britannico è stato fondato e gestito in gran parte da società per azioni private con sede nella borsa di Londra. I primi insediamenti inglesi in Nord America furono fondati all'inizio del XVII secolo da società per azioni come la London Company, la Plymouth Company, la Dorchester Company e la Massachusetts Company.
Anche il subcontinente indiano fu conquistato non dallo stato britannico, ma dall'esercito mercenario della British East India Company. Questa società ha superato anche il VOC. Dal suo quartier generale in Leadenhall Street, a Londra, ha governato un potente impero indiano per circa un secolo, mantenendo un'enorme forza militare fino a 350.000 soldati, notevolmente più numerosa delle forze armate della monarchia britannica. Solo nel 1858 la corona britannica nazionalizzò l'India insieme all'esercito privato della compagnia.


Come si può vedere è proprio il capitale a imporsi su un territorio. Una volta stabilito il suo dominio, uno stato diventa necessario per il mantenimento e l'amministrazione di tal dominio. Di più, lo stato viene ora utilizzato come strumento di creazione del consenso nelle masse popolari instaurando quella che Gramsci definiva "egemonia" come somma di "dominio" e "consenso". Lo stato è allora egemonia corazzata di coercizione, strumento irrinunciabile in mano alle classi dominanti.

Avendo ora criticato l'aspetto strutturale dell'errore anarco-capitalista passiamo alla critica dell'aspetto sovrastrutturale, quello definito dal principio di non aggressione come istanza morale.

Posto che la società è divisa in classi e che i libertari sono favorevoli alla legittima difesa come unica giustificazione di violenza, allora è evidente che una rivoluzione violenta delle classi dominate, perennemente soggiogate dalla dittatura delle classi dominanti, è ben più che giustificata.

Ovviamente i libertari questo non lo accettano perché non credono nella divisione della società in classi. Essi allora finiscono per fare gli utili idioti della grande borghesia pur nascendo ideologicamente come sfogo della piccola-borghesia rivendicante l'abolizione della tassazione.

Essi non comprendono che la libertà del salariato è solo apparente e che in realtà il proletario, non avendo un capitale da investire, non può che vendere la sua forza-lavoro per sopravvivere e che tale rapporto di produzione non può che subordinarlo ad un potere stabilito con la forza quale la proprietà privata dei mezzi di produzione.

Certo è vero che alcuni proletari con molti sacrifici possono permettersi di accumulare un capitale e passare gradualmente alla piccola-borghesia compiendo una salto di classe. Ciò non toglie tuttavia che in un tale tipo di società lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo permane attraverso l'estrazione di plusvalore, le guerre imperialistiche e i danni sociali e ambientali causati da una economia non al passo dello sviluppo in direzione socialista delle forze produttive.

Per finire, il metodo rivoluzionario anarco-capitalista è puramente utopico in quanto fondato sul libero riconoscimento da parte di singoli individui del principio di non aggressione e conseguente decisione di costruire una società nuova in parallelo a quella già esistente.
Questo metodo non può che portare al massimo a piccole comunità in cui lo stesso carattere capitalista assumerebbe forme primitive, quasi mercantili, e sarebbe continuamente osteggiato dagli stati esterni.
Pretendere che l'intera umanità, rimasta affascinata da tali realtà marginali, si adegui di conseguenza ai principi anarco-capitalisti senza considerare la reazione conseguente delle classi dominanti dimostra ancor di più il carattere utopico di questo metodo.


La più pericolosa delle superstizioni

Procedo ora criticando un testo chiave dell'anarco-capitalismo scritto da Larken Rose e tradotto in italiano dal Movimento Libertario.

QUOTE
Negli Stati Uniti c’è una classe dirigente e una classe sottomessa e le differenze fra loro sono molte ed evidenti. Un gruppo comanda, l’altro obbedisce. Un gruppo pretende ingenti somme di denaro, l’altro gruppo paga. Un gruppo dice all’altro dove può vivere e lavorare, cosa può mangiare o bere, cosa può guidare, per chi può lavorare, che lavoro può fare e così via. Un gruppo prende e spende milioni di miliardi di dollari guadagnati dall’altro gruppo. Un gruppo consiste interamente in parassiti economici, mentre gli sforzi dell’altro gruppo producono tutta la ricchezza.

A quanto pare anche gli anarco-capitalisti dividono, seppur maldestramente, la società in classi: quella che proviene dallo stato e quella costretta a subire.
Intanto a meno che non si parli di un autocrate (da escludere visto che stiamo parlando degli Stati Uniti) nessuno è completamente esente dal rispettare le leggi dello stato, nemmeno chi le promulga, nemmeno il presidente, ergo nessuno fa realmente parte di questa classe dirigente.
L'unico davvero in potere di agire in tal guisa è lo stato stesso il quale però per Rose è un'entità immaginaria, dunque in realtà nessuno fa davvero parte della classe dirigente ma piuttosto tutti quelli che approvano lo stato fanno sia parte della classe dirigente (quando esercitano il loro potere su di esso) sia di quella sottomessa (il più delle volte, quando cioè devono obbedire alle leggi).
L'ultima frase invece sembrerebbe marxista se non fosse che si riferisce esclusivamente ai pubblici ufficiali. In realtà noi, grazie alle analisi di Marx, sappiamo che non è solo lo stato borghese "un gruppo di parassiti" ma anche tutta la restante parte della borghesia. Chiunque estragga sistematicamente plusvalore dal lavoro altrui finisce per essere parte della borghesia.

QUOTE
La forza intrinsecamente morale che la maggior parte della gente generalmente concorda nel sostenere sia limitata alla legittima difesa, non richiede nessuna "legge" o «autorità» speciale perché sia valida. L’unica cosa per cui la "legge" e lo Stato sono necessari è il tentativo di legittimare la forza immorale. Questo è esattamente l’unica cosa che lo Stato aggiunge alla società: più violenza intrinsecamente ingiusta. Nessuno che capisca questa semplice verità affermerebbe mai che lo Stato sia essenziale per la civiltà umana.

- L'intrinseca ingiustizia è un concetto idealista. L'ingiustizia è tale a seconda di quale punto di vista di classe si adotta. Per la borghesia è ingiusto che il proletariato occupi le fabbriche in quanto violerebbe il diritto di proprietà privata, per il proletariato è ingiusto che la borghesia mantenga la proprietà dei mezzi di produzione ed estragga plusvalore nonostante non partecipi direttamente alla produzione. La soluzione a tale problema per la borghesia è lo stato borghese, mentre per il proletariato è la rivoluzione socialista. L'anarco-capitalista assumendo un punto di vista borghese considera sacra la proprietà privata, per noi non lo è perché assumiamo un punto di vista proletario. Per noi la proprietà dei mezzi di produzione deve appartenere ai produttori. Gli anarco-capitalisti finiscono inevitabilmente per fare gli interessi della borghesia perché confondono la proprietà personale, su cui potrebbero anche valere grossomodo i loro principi morali in una società senza classi, con la proprietà privata, strumento di oppressione legittimato dall'apparato coercitivo statale.
- Gli anarco-capitalisti, da idealisti quali sono, percepiscono la superstizione dell'autorità come il male assoluto. Invece di comprendere la necessità storica dello stato, la sua naturale presenza dipendente dallo sviluppo delle forze produttive, essi immaginano che sia puramente una questione psicologica e che la soluzione sia illuminare i singoli individui. Essi non comprendono che lo stato è storicamente necessario in quanto strumento egemonico delle classi dominanti e che la sua necessità storica cesserà solamente quando la società non sarà più divisa in classi ossia nel comunismo.

QUOTE
Anche uno degli sforzi militari più apparentemente giustificabili della storia — gli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale che combatterono contro le potenze dell'Asse — mentre ha portato alla sconfitta del terzo peggior assassino di massa della storia (Adolph Hitler), ha anche portato il peggiore assassino di massa della storia (Josef Stalin) a ricevere essenzialmente metà dell'Europa dai governanti delle nazioni alleate.

- Tra le numerose critiche ai regimi socialisti ho deciso di riportare questa nefandezza perché il carattere reazionario dell'ideologia in questione si palesa, come sempre fa la borghesia, soprattutto nei suoi più vili e beceri attacchi nei confronti delle eroiche guerre di liberazione.
L'occupazione dell'Europa Orientale da parte sovietica ha liberato quei popoli dalla tirannia nazista e dalle classi nazionali borghesi e feudali ancora rimanenti in quei paesi. L'invasione sovietica è stata un'eroica operazione che ha spinto il proletariato di tutto l'est-Europa a costruire il socialismo e porre fine a millenni di sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
- La questione delle morti di cui il compagno Stalin fu responsabile rivela un altro errore anarco-capitalista: il concetto idealista di vita sacra e inviolabile. Noi non siamo dei sadici sanguinari ma riconosciamo la borghesia come nostra nemica e se sarà necessario, come lo è stato e sempre lo sarà, sacrificare la vita di qualche borghese o di qualche suo lacchè per la causa socialista, ebbene siamo fieri di poter dire che non ci tireremo indietro, anche se questo potrà portare alla morte di milioni di morti come in passato. Alla grandezza di tali numeri l'imperialismo non ha mai badato (a partire dall'invasione dell'America da parte dei coloni europei), noi faremo altrettanto.

QUOTE
Niente mostra meglio il potere del credo nell'«autorità» che lo spettacolo di un centinaio di milioni di persone che chiedono a qualche centinaio di politici "tasse" più basse. Se la gente capisse veramente che i frutti del lavoro di un uomo sono i suoi, non si impegnerebbe mai in una tale follia; smetterebbe semplicemente di cedere le proprie proprietà ai parassiti politici.

L'anarco-capitalismo si concentra sul mito dell'autorità ma non su quello del denaro. Riconosce i danni causati dall'autorità dello stato ma non quelli del capitale in mano ai grandi proprietari. La diseguaglianza sociale dovuta alla divisione della società in classi è completamente ignorata dagli anarco-capitalisti i quali invece si ergono a paladini della proprietà privata e dunque di fatto a lacchè della borghesia. Essi, non conoscendo la legge del valore, non possono comprendere che il credo nell'autorità inizia con la legittimazione della proprietà privata dei mezzi di produzione, strumento di estrazione di plusvalore prodotto dai lavoratori. Quando i lavoratori capiranno che stanno producendo per qualcuno che non lavora e che a seguito dello sviluppo storico del capitalismo non necessitano più della figura privata del capitalista, allora essi non solo rifiuteranno l'autorità dello stato borghese ma anche quella che giustifica la proprietà privata dei mezzi di produzione. A quel punto il proletariato guidato dal partito comunista si unirà per rovesciare lo stato borghese, instaurare una dittatura socialista per l'annientamento della borghesia e la preparazione del comunismo.
Noi comunisti quindi non solo siamo contro l'autorità dello stato ma anche contro quella del capitale ed entrambe andranno estinguendosi con la vittoria della rivoluzione socialista. Lo stato verrà meno quando la società non sarà più divisa in classi e dunque non sarà più necessaria la dittatura del proletariato mentre il rapporto sociale del capitale verrà abolito attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione, necessità non solo morale (da un punto di vista proletario) ma storica: il carattere sociale della produzione esige la proprietà sociale dei mezzi di produzione.

QUOTE
la strada verso la vera libertà non è mai stata, e non sarà mai, un nuovo rituale politico, un nuovo documento, un argomento "legale" o qualsiasi altra forma di azione "politica". L'unica strada per la vera libertà è che l'individuo lasci andare il proprio attaccamento alla superstizione dell'«autorità». [...] Se un numero sufficiente di persone riconosce e abbandona il mito dell'«autorità», non c'è bisogno di nessuna elezione, nessuna azione politica, nessuna rivoluzione. Se la gente non si immaginasse di avere l'obbligo di obbedire ai politici, i politici verrebbero letteralmente ignorati fino a diventare irrilevanti.

Nel loro metodo gli anarco-capitalisti manifestano nel modo più evidente il loro carattere idealista, quasi religioso, della visione del mondo. Non c'è nessuna volontà rivoluzionaria in questo metodo né tantomeno una scientificità fondata su una seria analisi storico-sociale. Che differenza c'è tra un cristiano che dice "ama il prossimo tuo" e un anarco-capitalista che dice "non credere all'autorità"? Entrambi condividono la speranza di un futuro migliore fondato sulla conversione comportamentale di singoli individui. Essi non comprendendo la dipendenza della mente dell'uomo dalle condizioni storico-sociali, essi idealizzano la "natura umana" come indipendente dall'esterno giungendo alla conclusione che la soluzione di tutte le cose "proviene dall'anima dell'uomo". Questo modo di ragionare tipico dell'idealismo non tiene in conto della dialettica tra uomo e natura, tra uomo e società. Il materialismo dialettico riconosce invece che non esiste una natura umana immutabile ma che essa è dettata dialetticamente dalle condizioni storiche, sociali e ambientali, e che un cambiamento nell'uomo può avvenire solo con un cambiamento di ciò che lo circonda, ossia dei rapporti sociali, dei mezzi di produzione, e dunque in secondo luogo della cultura e dell'ideologia.

QUOTE
Un piano globale per l'umanità è tutto ciò che lo statalista ha sempre considerato ed è spesso tutto ciò che può comprendere. L'idea che nessuno sarà "al comando", che nessuno farà "le regole" per tutti gli altri, che nessuno pianificherà o gestirà l'umanità nel suo insieme e che nessuno dirà allo statalista cosa fare, è semplicemente qualcosa che la maggior parte degli autoritari non ha mai nemmeno immaginato. Il concetto è così poco familiare che non sanno nemmeno come elaborarlo, così cercano disperatamente di inserire l'idea di "anarchia" (una società senza Stato) nello stampo di un piano regolatore.
Questo pensiero contraddittorio è esaltato solo da coloro che portano l'etichetta di "anarco-comunisti". Il termine implica che non ci sarebbe una classe dirigente e che la società sarebbe organizzata in un sistema collettivista. Naturalmente, se qualche gruppo rivendica il diritto di imporre con la forza un tale sistema su tutti gli altri, questo è autoritarismo e quindi la parte "anarco" del termine non si applicherebbe. Un'altra opzione è che coloro che si definiscono "anarco-comunisti" sperano semplicemente che, in assenza di una classe dirigente, ogni singolo individuo sul pianeta scelga liberamente di partecipare a comuni o collettivi — cosa che, ovviamente, non accadrebbe. Come ultima possibilità, gli "anarco-comunisti" sceglierebbero forse di far parte di una comune, ma permetterebbero ad altri di scegliere modalità diverse. Alla fine, il termine "anarco-comunista'' ha poco senso ed è in realtà un sintomo di autoritarismo: anche quando si propugna una società senza Stato, alcuni immaginano automaticamente che ci debba essere un sistema o un piano globale, un grande schema, una qualche forma di gestione sociale che deve essere imposta all'umanità nel suo insieme.

- Nel comunismo vige l'anarchia, lo stato si è estinto essendosi estinta la divisione della società in classi. Chi scegliesse di non lavorare in comune secondo i modi decisi democraticamente potrà sì lavorare in proprio, per esempio un artista eccentrico, ma ovviamente non potrà diventare un borghese. Infatti nessuno potendo lavorare socialmente preferirebbe mettersi al servizio di un nuovo borghese. Non solo, la borghesia non può rinascere nel comunismo perché ne mancano i presupposti fondamentali, non solo materiali tra cui il denaro ma anche ideologici. Sarebbe un salto nel passato completamente in contrasto con lo sviluppo delle forze produttive, sarebbe sostanzialmente antistorico come se qualcuno nell'odierna società a capitalismo monopolistico di stato decidesse in autonomia di praticare la schiavitù o il feudalesimo. Dunque non c'è nessuna speranza che "gli uomini decidano liberamente di associarsi", semplicemente sarà il materiale sviluppo delle forze produttive a richiederlo. Associarsi diventerà semplicemente l'opzione migliore, la più storicamente adeguata, esattamente come lo è stato il capitalismo a seguito della rivoluzione industriale nei confronti dell'obsoleto feudalesimo.
- La produzione comunista non sarebbe più autoritaria di quanto lo sia la produzione capitalistica diretta dal consiglio di amministrazione eletto dagli azionisti. Anzi quantomeno nel comunismo la produzione sarebbe a beneficio dei produttori, non dei proprietari.

QUOTE
[...] si potrebbero porre domande simili sul trattamento degli indiani d'America. Se non fosse stato per gli editti autoritari dello Stato e per i mercenari statali che li facevano rispettare, ci sarebbe mai stato uno sforzo così grande e coordinato per sterminare o sfrattare con la forza gli indigeni dalle terre che avevano abitato per generazioni? Senza dubbio ci sarebbero stati ancora conflitti minori a causa dello scontro tra culture e richieste di terre agricole e di caccia, ma sarebbe stato nell'interesse personale di qualcuno impegnarsi in un combattimento violento su larga scala?

Questa superficialità storica è una delle cause principali della mancanza di scientificità della teoria anarco-capitalista.
La conquiste dei territori americani sono iniziate per mano di iniziative personali di soldati, nobili e capitalisti alla ricerca di ricchezze e di dominio sotto l'autorizzazione della Corona, non su spedizione e finanziamento di essa. Questi capitalisti hanno prima accumulato denaro, poi hanno assunto mercenari, poi hanno chiesto l'autorizzazione a conquistare i territori d'oltremare.
Quando Cortés disobbedì gli ordini di Velazquez, governatore di Cuba, fu dichiarato "un ribelle della Corona", ma non appena conquistò il Messico con i suoi mercenari, fu perdonato e diventò "un eroico conquistadores".
Allo stesso modo le conquiste di Pizarro avvennero per una libera associazione di capitalisti, condottieri ed ecclesiastici, non per ordine e finanziamento dello stato.
La grandi conquiste, anche nelle Indie come abbiamo riportato sopra, sono state portate avanti su iniziativa dei capitalisti non degli stati, questi ultimi si sono semplicemente limitati a dare il via libera in cambio della proprietà delle future terre conquistate. Solo dopo che le conquiste hanno portato grandi risultati e gli stati hanno potuto stabilire il loro controllo imperiale, si è proceduto con campagne di conquista statali. Tuttavia esse non sono state solo un vantaggio per gli stati, ma anche e soprattutto per i capitalisti, che hanno così potuto sfruttare ancora meglio quelle terre. Quello che non capiscono gli anarco-capitalisti è che i governi non sono altro che i comitati d'affari della borghesia, utili per estendere il controllo dei capitalisti sulle terre e sui popoli attraverso un uso coordinato e massiccio della forza, del terrore e dell'ideologia.

QUOTE
[...] i politici hanno dato ai banchieri il permesso "legale" di recuperare il denaro dal nulla e di prestare ad interesse ad altri (compresi gli Stati) tale "denaro" falso, fabbricato. Anche se la maggior parte delle persone non sono a conoscenza delle specifiche di come tali enormi frodi e rapine avvengano tramite "monete fiat" e "banche a riserva frazionaria", molte persone ora sentono istintivamente che "le banche" stiano facendo qualcosa di ingannevole e corrotto. Quello di cui non si rendono conto è che è stato lo Stato a dare alle banche il permesso di frodare e truffare la popolazione letteralmente per bilioni di dollari.

Questo passo è esilarante, si ammette che dare mano libera ai capitalisti risulta nello sfruttamento più spietato del proletariato ma allo stesso tempo si attribuisce la causa prima di tale sfruttamento allo stato invece che ai capitalisti in quanto quello darebbe il permesso a questi e dunque una società senza stato eviterebbe tale sfruttamento.
Insomma pur di non ammettere che lo stato è lo strumento egemonico della borghesia, l'anarco-capitalista finisce inevitabilmente per fare i salti carpiati, esso riconosce che stato e monopoli vanno a braccetto ma invertendo causa ed effetto pensa che i monopoli siano creati dallo stato e non questo da quelli. Per l'anarco-capitalista lo stato nasce magicamente dall'illusione di una superstizione autoritaria nata nella mente delle persone per non si sa quale motivo. Noi comunisti invece sappiamo che lo stato viene creato dalle classi dominanti per mantenere dominio e consenso sui dominati.


Smontando gli esperimenti mentali libertari

Il seguente è un noto esperimento mentale anarcocapitalista:

È sbagliato che qualcuno ti rubi qualcosa?
E se questo qualcuno delega un altro per commettere il furto?
È giusto che vengano puniti entrambi?
E se invece il ladro viene delegato tramite elezione da un gruppo di persone?
E se anche tu potessi partecipare all'elezione?
E se questo gruppo di persone fossero milioni di persone?


A queste domande in genere si risponderebbe che rubare è sbagliato in ogni caso.

A questo punto l'anarcocapitalista con spavalderia esclamerebbe: "Ecco, sai anarcocapitalista anche tu! La tassa è un furto e lo stato è un'organizzazione criminale che delega la violenza agli sbirri".

A parte il fatto che noi marxisti non riteniamo certo sbagliato rubare. Per noi, la morale va sempre vista da una prospettiva di classe. Quindi ci chiediamo "Rubare a chi? A un borghese o a un proletario?". Era forse sbagliato rubare le terre ai nobili? Neanche un borghese lo sosterrebbe.

Ma troviamo l'errore di fondo. "Date a Cesare quello che è di Cesare" diceva Cristo Gesù millenni fa, che già capiva che i soldi non sono di chi li ha in mano, ma dello Stato, il quale detiene "la spada e la borsa".
I soldi, la casa, la terra, la macchina, gli oggetti personali, le aziende, le proprietà finanziarie: tutta questa roba non è realmente tua, ma dello Stato. In ultima istanza, infatti, finché essa si trova sul suolo dello Stato, essa rimane dello Stato. La roba che "possiedi" in realtà ti è "concessa" dallo Stato, e gli scambi che comunemente avvengono sono regolati secondo le leggi dello Stato.

L'esempio di sopra contiene un errore fondamentale. Le "tue" cose possono essere tue se e solo se ne detieni la proprietà legale, ossia se lo Stato le considera tue. Ma in quell'esempio non si fa menzione circa la presenza dello Stato; anzi, si usa quell'esempio per dimostrare che lo Stato è ladro.
L'anarcocapitalista infatti ritiene che una cosa sia sua perché l'ha lavorata lui o perché l'ha acquisita per homesteading. Ma questa è una posizione morale sua, non una legge. Ora, le norme morali valgono fintanto che non sorgono conflitti, ma quando sorgono, solo la legge, attraverso la sua autorità unica, può risolverli.

Quindi, se milioni di persone sostengono di avere il diritto di impossessarsi dei tuoi beni, chi sei tu per opporli? A chi puoi appellarti per dimostrare che quei beni sono tuoi? Solo lo Stato può risolvere un tale conflitto.

Se non fai parte di tale Stato, cioè se non sei un cittadino, non hai alcun diritto. In tal caso, o ti arrendi allo Stato o combatti e perdi.

Se invece fai parte dello Stato, non ti resta che riconoscere la sua autorità e farti da parte. Il mondo ha sempre funzionato così, la proprietà è di chi riesce a mantenerla, e tutta la storia è una lotta di classe, cioè una lotta tra gli uomini per la proprietà delle risorse.

Quindi, non ha senso lamentarsi della natura simil-mafiosa dello Stato. La proprietà ha senso solo quando c'è un'autorità indiscutibile che la garantisca, cioè lo Stato. Al di fuori di questi termini, non ha nemmeno senso parlarne ed è di fatto inutile richiamarsi a una morale calata dall'alto dei principi etici libertari.

Edited by k7ygd - 27/3/2023, 21:15
 
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