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CINA – UNA MODERNA POTENZA SOCIAL-IMPERIALISTA, documento sul social-imperialismo cinese dei maoisti indiani!

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view post Posted on 20/10/2018, 19:05

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Documento sul social-imperialismo cinese dei maoisti indiani!



CINA – UNA MODERNA POTENZA SOCIAL-IMPERIALISTA


Una parte integrante del sistema capitalista-imperialista



INTRODUZIONE


Durante il suo nono Congresso tenutosi nel gennaio del 2017, il Congresso Unito del Partito Comunista Indiano (Maoista) ha deciso di condurre uno studio specifico sulle tendenze emergenti nei cambiamenti sociali, economici, politici e culturali concernenti la strategia da adottare nei riguardi della Cina capital-revisionista. Il Comitato Centrale ha ottenuto l'autorizzazione a procedere nel solco di tale decisione. Per quanto riguarda la decisione presa dal Comitato Centrale durante la sua quarta Conferenza, sono state considerate principalmente due questioni: le tendenze all'interno della Cina, e se la Cina sia divenuta una potenza social-imperialista o meno. Questi erano i due oggetti di analisi. A conclusione del lavoro d'indagine, il Comitato Centrale, nell'ambito della sua quinta Conferenza, ha adottato la tesi seguente: «La Cina odierna è divenuta una moderna potenza social-imperialista, una parte integrante del sistema capitalista-imperialista globale, e nel contempo assume un ruolo antagonistico nei confronti delle classi oppresse e, più generalmente, dei popoli».
I partiti, i gruppi e le forze che seguono il Marxismo-Leninismo-Maoismo sono solidali con la classe operaia-contadina, ora repressa, e con altre classi oppresse che lottano per la rivoluzione socialista mondiale, marciando in direzione di una lotta creativa per sconfiggere la Cina imperialista antagonista e porre fine alle sue concezioni revisioniste, social-imperialiste e oscurantiste. I nostri due partiti comunisti hanno due responsabilità globali: sostenere la classe lavoratrice e sostenere la sua lotta rivoluzionaria. Per portare a compimento questi due doveri, il carattere social-imperialista della Cina deve essere smascherato completamente. Dobbiamo comprendere il processo mediante il quale la Cina si è trasformata in uno stato imperialista primario e competitivo rispetto alle altre nazioni imperialiste nel mondo. Dobbiamo inoltre riuscire nel compito di destrutturare alleanze e rivalità globali in accordo con i principi delle divisioni di classe internazionali. Dobbiamo esaminare le variazioni strutturali in continua mutazione, e le rispettive condizioni specifiche che predominano nel contesto mondiale. Senza studiare questi aspetti, è impossibile comprendere i conflitti odierni, le linee politiche seguite dai revisionisti moderni, e i cambiamenti accidentali nel sistema imperialista.
Il Leninismo afferma che l'imperialismo è la fase suprema del capitalismo – è guerra, è putrefazione. L'imperialismo prelude all'ascesa del movimento socialista, come ha dimostrato il Novecento. La teoria leninista dell'imperialista è valida ancora oggi. La guerra è lo strumento supremo attraverso il quale l'imperialismo divide e riorganizza il mondo per i propri interessi. L'imperialismo si serve della guerra per imporre il proprio monopolio sul mondo. Esso realizza i propri guadagni principalmente attraverso la guerra. Esso penetra nelle nazioni sottosviluppate sotto le spoglie del neo-colonialismo in modo da dar seguito al suo gusto compulsivo per il saccheggio. Esso si nutre il sangue della gente comune e degli oppressi, causando la loro condizione di estrema miseria e sofferenza. «Le guerre moderne sono il risultato dell'imperialismo», ribadì costantemente Lenin. Le due guerre mondiali esplose durante la prima metà del Novecento opposero i Paesi imperialisti in una sfida all'ultimo sangue per ottenere la supremazia sul mondo, mediante la spartizione e la riorganizzazione del mondo. «Il tentativo di risolvere le crisi economiche e politiche delle nazioni imperialiste condusse alle ultime due guerre mondiali», disse Mao.
L'America ha razziato il patrimonio mondiale servendosi della guerra imperialista. Ha acquisito guadagni da capogiro vendendo armi in abbondanza a nazioni impegnate in conflitti bellici. In questo, l'America è divenuta la superpotenza egemone del mondo capitalista. Quando il sistema economico imperialista statunitense ha incorporato un'autentica economia di guerra, si è concentrato esclusivamente sulla guerra. Dunque, ha orchestrato aggressioni e guerre in modo sistematico. Possiamo vedere questa tendenza a partire da Corea e Vietnam per finire con Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. La guerra perdurerà fintantoché l'imperialismo prevale nel mondo. Se vogliamo abolire la guerra, occorre sradicare il sistema capital-imperialista.
La guerra fredda fra la superpotenza americana e quella sovietica ha avuto importanti ripercussioni sia sui Paesi sviluppati che su quelli sottosviluppati. Questo ha dato luogo, direttamente e indirettamente, ad una serie di guerre fra quest'ultimi. Fra il 1945 e il 1990, un numero non minore di 125 fra guerre territoriali, guerre civili e conflitti armati ha tolto la vita a più di 40 milioni di persone, a cui si devono aggiungere svariati milioni di vittime e deportati. La crisi economica in queste nazioni, scatenata dalla guerra imperialista, è più grave di quella che portò alla seconda guerra mondiale.


Sono scoppiate altre guerre durante gli anni 90. Le forze statunitensi hanno condotto guerre a tradimento in Honduras, Ucraina e Egitto, fomentando rivolte armate incessanti. Gli interventi militari da parte della Gran Bretagna ed altri alleati degli Stati Uniti hanno portato alla morte di circa 3,2 milioni di musulmani. La nazione più benestante e più secolarizzata di tutta l'Africa, la Libia, è stata distrutta dall'America. La Libia, che un tempo accoglieva con calore molti rifugiati, è ora in fase di distruzione, e metà della sua popolazione è stata strappata dalla terra in cui viveva. Più di 1 miliardo di persone nel mondo vivono in condizioni di estrema povertà e soffrono di malnutrizione. Inoltre, quasi 17 milioni di persone muoiono ogni anno a causa della povertà. Metà fra questi sono bambini. L'America sta cercando di occultare l'espansione e le spese dello stato di Israele. Mentre trascura il benessere dei propri cittadini, l'America sta accumulando più di 20 bilioni di dollari di debiti per pagare i debiti di Israele e massacrare musulmani. L'America sta reindirizzando bilioni di dollari dal proprio budget a questo scopo, assoggettando il suo stesso popolo alla miseria e causando perciò la morte di più di 200,000 cittadini americani ogni anno.
Le rivolte imperialiste scatenate in Siria con l'intenzione di rovesciare il governo guidato da Bashar al-Assad hanno provocato la morte di mezzo milione di persone, a cui si aggiungono 2 milioni fra feriti e deportati. Inoltre, milioni di Siriani hanno perduto la casa e sono stati costretti a migrare nelle nazioni limitrofe o in Europa. Gli Stati Uniti hanno distrutto comunità vissute a contatto fra i propri templi e luoghi sacri in condizioni di fraternità, pace, laicità e non-violenza. Le guerre di aggressione imperialiste condotte sotto la guida statunitense in Afghanistan, Libia, Siria, Iraq ed molte altre nazioni hanno provocato innumerevoli morti, hanno distrutto innumerevoli case, hanno costretto innumerevoli uomini in tutto il mondo a migrare.
Per salvaguardare il sistema imperialista ed ingannare la popolazione mondiale, gli imperialisti e i revisionisti hanno fuorviato i popoli in tutti i modi possibili con svariati resoconti fittizi secondo lo scenario mutevole del mondo contemporaneo. È ora di smascherare e umiliare costoro. L'odierna rivalsa politica dell'imperialismo è un effetto prevedibile dello stesso sistema economico capitalista. L'imperialismo sta rinforzando i propri dispositivi politici allo scopo di reprimere il popolo, implementando in lungo e in largo la dittatura fascista. Ad una repressione più forte risponde una resistenza più forte. Le classi di operai e contadini, la piccola borghesia ed altre classi oppresse dichiarano guerra all'imperialismo senza sosta. Il nostro partito, il Partito Comunista Indiano (Maoista), si batte implacabilmente per annientare definitivamente l'imperialismo, instaurare il comunismo, ed unire le masse e le classi oppresse. Il nostro partito le dirige e si fa carico della responsabilità di combattere al loro fianco.
Alla luce dell'ascesa della Cina in qualità di potenza social-imperialista, il compito attuale per tutti i partiti proletari nel mondo è di sviluppare manovre per auto-sostenersi. La dirigenza del partito, sulla base di questi principi, deve radunare le classi oppresse e guidarle nella marcia verso il socialismo. Questo documento è stato pubblicato dal Comitato Centrale per chiarire come la Cina socialista si sia trasformata in una potenza imperialista e capitalista e come ideare strategie per combatterla. Studiamo questo documento nel dettaglio. Alla luce delle tre caratteristiche intrinseche e i cinque aspetti speciali dell'imperialismo insegnatici dal grande Lenin, analizziamo e sintetizziamo la questione da una prospettiva marxista-leninista-maoista per ottenere una comprensione scientifica corretta dell'evoluzione social-imperialista della Cina.

1947-1976: LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA


In seguito all'avvento della Nuova Democrazia Rivoluzionaria in Cina nel 1949, il Partito Comunista Cinese (CCP), guidato da Mao, mise in campo lo slogan “Tre anni di preparazione, tre anni di pianificazione”. In conseguenza di questa campagna, entro il 1956 venne praticamente spazzata la gestione privata nel campo dell'agricoltura, dell'artigianato, dell'industria capitalista, del commercio e della manifattura produttiva. L'agricoltura collettivizzata divenne predominante nel Paese. In seguito a questo processo di costruzione socialista, prese forma in Cina una società del tutto inedita. La Nuova Democrazia cinese divenne uno stato socialista. I progetti di sviluppo si concentrarono in primis sui beni di consumo utili alla società piuttosto che su prodotti che generavano profitto privato. In questo periodo, la Cina socialista non aveva debiti di alcun tipo. La Cina era allora il perno della rivoluzione socialista nel mondo ed era virtualmente l'unica nazione libera ad aver preservato la propria indipendenza dalle sfere d'influenza delle superpotenze dell'epoca (ovvero, gli USA e l'URSS) e dal sistema mercantile capital-imperialista.
Facendo affidamento su una politica di auto-sostenimento, la Cina socialista esperì un autentico “Grande Balzo in Avanti”. Svariati movimenti di massa nacquero nella Cina socialista, seguendo il motto “Capire la rivoluzione, migliorare la produzione”. La Cina socialista portò avanti ed applicò nuovi slogan e concetti, come lo sviluppo proporzionale di industria ed agricoltura (“Camminare su due piedi”), la lotta di classe coordinata, la lotta per la produzione, lo sviluppo della scienza e della tecnologia, lo sviluppo sulla base di risorse nazionali, e molti altri ancora. Cambiamenti rivoluzionari stravolsero l'industria, e gli standard di vita della classe operaia e della classe contadina migliorarono notevolmente. La disoccupazione venne eliminata. Il lavoro fu una garanzia per tutti, senza eccezioni.

Per più di un decennio durante la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP), la produzione industriale in Cina toccò il 13,5% di crescita annua. La velocità del processo di industrializzazione cinese in quel periodo fu più che notevole. Superò infatti i tassi di crescita tedeschi, giapponesi e sovietici. Nonostante alcuni ostacoli posti dai revisionisti in questo periodo, la produttività continuò a crescere. La produzione chimica, la produzione di carbone, e la produzione di energia elettrica aumentarono del 9,2%. Alcuni briganti capitalisti del calibro di Liu Shaoqi, Lin Biao e Deng Xiaoping diedero vita ad una tendenza contro-rivoluzionaria, suscitando conflitti intestini. Proseguirono in forme complesse e acute i conflitti fra il revisionismo e la prospettiva teorica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao Zedong. Molteplici componenti socialiste innovative giunsero a maturazione durante la GRCP, in ambiti quali l'educazione, la democrazia, l'industria, l'agricoltura, la lotta contro il dominio patriarcale – appianando le disuguaglianze fra uomini e donne -, la sanità, la cultura e la difesa. In questo modo, la GRCP demolì le fazioni facenti capo a Liu Shaoqi e Lin Biao e scongiurò la restaurazione del capitalismo.
Sotto la guida di Mao, il Partito Comunista Cinese costruì attraverso il socialismo una società solida senza barriere sociali fra i cittadini. Operai, contadini, donne, studenti, intellettuali ed altri gruppi oppressi in Cina, si misero all'opera per trasformare la madrepatria in una nazione industriale moderna, una nazione in grado di fornire per tre decenni educazione e sanità al suo popolo. Trasformarono la propria nazione nel sistema più progredito in assoluto, dal punto di vista sociale, economico e politico. I traguardi mozzafiato raggiunti dal popolo permisero alla Cina di divenire la sesta potenza industriale al mondo.
Eppure, continueranno ad esserci opportunità per la borghesia ed altri nemici del progresso di crescere e proliferare, persino in una società socialista. La borghesia può rinascere in numerosi contesti – produzione di merci essenziali, cambio valuta e differenze nella distribuzione in ragione del lavoro svolto, come nel caso della paga divisa in 8 gradi variabili. Anche quando la borghesia è stata rovesciata, i mezzi di produzione e il denaro continuano ad esistere; certe classi di contadini e piccoli borghesi mantengono delle proprietà. Queste diventano la base su cui si fonda la produzione su piccola scala. Da questi semi può germogliare il capitalismo redivivo, a passi da gigante. Nel socialismo si mantengono differenze basilari fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, agricoltura e industria, classe operaia e contadini, città e villaggi e diversi territori e comunità. Alcuni fattori di arretratezza, ad esempio certi tirapiedi nel campo della cultura, delle tradizioni e svariate pratiche sociali diventano le basi da cui vengono aggrediti i fondamenti del socialismo, in quanto tutti questi elementi sono pur sempre presenti nella sovrastruttura. Uomini che resistono al processo di costruzione del socialismo, revanscisti e revisionisti formano una “santa alleanza” col supporto esterno da parte delle potenze imperialiste. Maturano blocchi di potere neo-borghesi a causa della proliferazione di elementi capitalistici. Per sviluppare le forze produttive e la sovrastruttura in accordo con la base economica della società socialista, è necessario rivoluzionare i rapporti di produzione in continuazione. Uno dei doveri primari della dittatura del proletariato è quello di creare condizioni sfavorevoli all'ascesa della nuova borghesia in modo da evitare che quest'ultima si guadagni un appiglio per sé nella sovrastruttura.
Sfruttando queste condizioni, una cerchia molto ristretta di briganti capitalisti che raggiunsero altissime posizioni di potere all'interno del CCP elaborò apertamente stratagemmi per restaurare il capitalismo in Cina. Questi implementarono la politica revisionista delle “forze produttive”, sia in segreto che apertamente. Le lotte interne al partito portarono allo scoperto molteplici cospirazioni capitaliste. Mao insegnò che la rivoluzione deve continuare finché non viene instaurato il comunismo. La gloriosa classe operaia cinese proseguì la sua rivoluzione culturale nel solco dell'appello, da parte di Mao, a “Demolire i centri nevralgici del capitalismo”, per più di dieci anni (1966-1976), guidata dal CCP. Tuttavia, dopo la dipartita del compagno Mao seguita dall'epoca di Hua-Deng, i criminali capitalisti presenti nell'apparato statale impugnarono il potere col complotto, e smantellarono con successo la GRCP. Come menzionato in precedenza, reinstaurarono con successo il capitalismo in tutte le sfere, fossero esse teoriche, politiche, economiche o culturali. Riuscirono nel loro intento di trasformare il partito comunista in un partito revisionista, la dittatura del proletariato in una dittatura della borghesia, e fu da parte loro un successo eccezionale l'installare uno stato capitalista al posto di uno stato socialista nel lasso di soli 3 anni. In questo modo, il proletariato dovette incassare una formidabile sconfitta, di portata storica, con il ritorno del capitalismo in Cina.


LA CINA REVISIONISTA DOPO IL RITORNO DEL CAPITALISMO


Dopo la morte di Mao, la cricca capeggiata da Hua e Deng, pullulante di revisionisti e rinnegati, orchestrò una contro-rivoluzione, rafforzando surrettiziamente la propria posizione nel partito, sventolando la bandiera rossa con l'inganno. La strategia messa a punto da Hua-Deng prolungava la linea contro-rivoluzionaria di Liu Shaoqi e Lin Biao. Così si dimostrarono seguaci devoti e in incognito del capitalismo. Il compagno Mao Zedong affermò: «L'ascesa al potere del revisionismo significa l'ascesa al potere della classe borghese». Invero, quando era ancora in vita, l'Unione Sovietica si

trovava sotto «una dittatura della grande borghesia, una dittatura del tipo fascista tedesco». Affrontando questi traditori durante il periodo della GRCP, Mao identificò rappresentanti della classe borghese «che si sono intrufolati nel partito, nel governo, nell'esercito e in svariati circoli culturali» come «un pugno di revisionisti contro-rivoluzionari. Quando la situazione sarà matura, si approprieranno del potere politico e trasformeranno la dittatura del proletariato in una dittatura della borghesia».
Inizialmente questi revisionisti verniciarono la propria ideologia contro-rivoluzionaria di rosso per far perdere al popolo ogni orientamento teorico e ideologico. Si accinsero ad inculcare nei proseliti l'ideologia del ritorno del capitalismo. Sfruttarono i servizi dei capitalisti della cricca di Deng, dei capitalisti sovietici, e di elementi anti-progressisti sia autoctoni che stranieri. La cricca revisionista di Deng – fallimentare dal punto di vista politico, ideologico e teorico – pubblicò articoli in cui si biasimavano i valori rivoluzionari del popolo per qualsiasi sventura. I criminali capitalisti sostennero che la GRCP era stata una deviazione ultra-sinistrorsa, e la ripudiarono, negando il suo carattere rivoluzionario. Tutti i suoi valori vennero ripudiati, i suoi successi furono disfatti, e questo pose effettivamente fine alla dittatura del proletariato in Cina. Questi traditori formularono svariate false accuse contro la persona di Mao. La cricca di Deng rimpiazzò il marxismo-leninismo-pensiero di Mao col pragmatismo. I briganti capitalisti guidati da Deng commisero atrocità, come diffamare i seguaci di Mao, intrigare per sottoporli a processi, sopprimerli, e persino ucciderli. In questo modo fu impossibile per i Maoisti riunirsi e lanciare un contrattacco adeguato.
La cricca dengista fece uscire una quantità di articoli e lanciò una campagna di riforme le cui parole d'ordine tecnocratiche erano stabilità politica, disciplina, crescita economica, incentivi, abilità, tecnologia straniera e investimenti dall'estero senza restrizioni. Queste erano le basi su cui riposava il capitalismo.
I briganti capitalisti restaurarono la dittatura della borghesia tutelando i diritti della classe borghese su tutti i rapporti di produzione. Per usare le parole di Deng: «Dobbiamo combinare la pianificazione economica con la regolamentazione da parte delle forze del mercato. Questo non dev'essere mai modificato... La combinazione di pianificazione e regolamentazione di mercato proseguirà in futuro. La cosa importante è che la Cina non dovrà mai tornare ad essere una nazione che tiene chiuse le proprie porte... E in nessun caso dobbiamo tornare alla vecchia pratica di tenere l'economia sotto rigido controllo». Dei conflitti sorgono inevitabilmente da contraddizioni come quella fra la socializzazione del prodotto con la scala della produzione privata. Questo diventa il conflitto principale e dà luogo ai cambiamenti che seguono:

1. La competizione malsana e i conflitti fra produttori privati porta ad un progressivo impoverimento dei ceti poveri ed un progressivo arricchimento dei ceti agiati. A questo seguono lo sgretolamento del tessuto sociale e la rinascita di antagonismi fra gli uomini. I ricchi diventano capitalisti che traggono profitto dallo sfruttamento del lavoro. I poveri decadono e diventano operai che devono vendere la propria forza lavoro. In questo modo, il “sistema di mercato” fu lo strumento mediante il quale il capitalismo si diffuse all'interno della società.
2. Per far sì che si possa sviluppare il capitalismo, i mezzi di produzione e la forza lavoro devono essere acquistabili. Si deve stabilire un mercato nel quale vengano venduti mezzi di produzione e forza lavoro. I mezzi di produzione devono essere comprati tramite linee di credito e d'investimento. Tenuto conto di tutto ciò, un “socialismo di mercato” appare meramente come una fantasia.

Perciò, quando gli economisti cinesi affermano che occorrono “riforme” per costruire un'economia di mercato, ciò che hanno in mente in realtà sono “riforme” per sviluppare il capitalismo. L'obiettivo di queste “riforme” non è altro che sviluppare un “capitalismo con caratteristiche cinesi”. La Cina emanò una serie di riforme dal 1978 al 1989 conosciute come Riforma Economica Consolidata di Prima Generazione. Ci si riferisce alle riforme degli Anni 90 con il nome Riforma Economica Consolidata di Seconda Generazione.

Riforma Economica Consolidata di Prima Generazione

Le riforme agricole vennero avviate nel 1979. Le riforme urbane vennero introdotte nel 1984 con la “Politica della Porta Aperta” in favore del capitale straniero. La Cina si unì al Fondo Monetario Internazionale (IMF) e alla Banca Mondiale nel 1980. Perciò, i revisionisti divennero partner del sistema capital-imperialista mondiale. Il capitalismo di stato cinese si trasformò in un'economia capitalista monopolistica dopo varie fasi. In seguito all'immensa opera di privatizzazione e a massicci licenziamenti, il capitale privato indipendente prese a germinare come funghi dopo una tempesta. Sotto la Cina revisionista tornò in vigore la legge del valore, ovvero, l'economia tornò a dipendere dal valore di mercato del lavoro necessario alla produzione di un bene o di un servizio qualsiasi. Queste riforme lasciarono il passo allo sfruttamento e all'accumulazione di capitale che hanno avuto numerosi effetti sulla società cinese. Le multinazionali fecero il loro ingresso in Cina senza alcuna restrizione. Nel 1982, c'erano 26 milioni di compagnie private


in Cina, e questo numero crebbe a 58 milioni già nel 1983. In quegli anni, la Banca Mondiale approvò un prestito ventennale da 220 milioni di dollari per l'estensione delle linee ferroviarie.
Il sistema delle comuni in Cina era molto forte. Fin dal principio, i revisionisti in Cina si servirono di ogni mezzo a loro disposizione per sgretolare il sistema delle comuni a livello locale. Lo scioglimento delle comuni fu un grosso regalo per il capitalismo cinese redivivo. Con la scusa della “riforma agraria”, venne sradicato il settore più egalitario dell'economia socialista. Per ottenere ciò, la gestione collettiva della terra, dell'agricoltura, del bestiame e degli strumenti di lavoro venne bandita e fu introdotto il sistema dei contratti. La terra collettiva subì una metamorfosi graduale e divenne proprietà privata, consolidando il modo di produzione capitalistico nell'agricoltura. L'industria, il commercio, le miniere, l'educazione, la sanità, il sistema di assistenza per anziani e bambini, l'intrattenimento ed altro ancora erano gestiti collettivamente durante l'epoca socialista. In tutti questi settori furono varate politiche di stampo capitalista. Nel settore agrario, vennero emanate le seguenti riforme:

1. Le comuni e le cooperative furono liquidate. Lo stato tutelò solo contratti riguardanti l'acquisto di prodotti agricoli da ogni famiglia contadina. La coltivazione individuale venne reintrodotta, e questo poneva la responsabilità per il successo o il fallimento nella produzione sul singolo coltivatore, invece che sui villaggi o sui reparti.
2. Si consentiva alle famiglie contadine di vendere il prodotto in eccesso, oltre la quota pattuita mediante contratto, sul mercato locale. Quando il governo iniziò la sua compagna per il libero commercio dei cereali, emersero molteplici mercanti di cereali.
3. I doveri che spettavano alle comuni vennero revocati, come fornire lavoro volontario per i servizi governativi, ed altri doveri correlati. Si cambiò il nome della massima autorità nei villaggi e nei reparti. Per aumentare la produttività e fornire incentivi, i prezzi dei prodotti agricoli furono alzati del 20%. A causa di tutti questi fattori, sorsero nuove diseguaglianze nel consumo della terra nei villaggi e nella gestione del bestiame e dei mezzi di produzione. L'Emendamento Costituzionale del 1988 permise il passaggio di mano nell'utilizzazione del suolo. I contadini furono lasciati alla mercé delle fluttuazioni di mercato. A causa di queste ultime, centinaia di migliaia di contadini persero la casa. Di conseguenza, moltissimi contadini si proletarizzarono. Secondo una stima, l'Emendamento Costituzionale del 1988 generò più di 150 milioni di contadini proletarizzati. Queste misure furono impugnate estesamente per sviluppare l'industria rurale, le aziende private, e joint venture fra lo stato e il capitale straniero. Le istituzioni locali imposero nuove tasse sui ceti rurali per far crescere il capitale.

Le “riforme urbane” comprendevano tre elementi essenziali:

1. Si conferivano maggiori poteri ai capitalisti monopolisti delle città costiere attraverso la costituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES). Ogni restrizione sulla piccola e media impresa, sul commercio con l'estero e all'interno di queste aree fu eliminata.
2. Cessava di esistere ogni tipo di politica economica pianificata a livello statale e consolidata. Lo scopo primario della gestione aziendale divenne il profitto in virtù del solo profitto, vagamente orchestrato da una pianificazione dal valore semplicemente indicativo. Si rafforzarono i rapporti fra le ditte e le politiche governative, un tempo costrette nella Cina socialista in un impianto di mutuo supporto e coordinamento, ma ora libere di tuffarsi nella competizione sfrenata nel libero mercato, virtualmente senza alcuna restrizione.
3. Soprattutto, il settore finanziario e la pianificazione vennero riorganizzati in modo da riflettere ed adattarsi meglio alla nuova dittatura della borghesia.

La cricca revisionista di Deng non ha stimolato la competizione e rimosso il controllo statale sulla produzione di beni di consumo in maniera graduale. Essi hanno distrutto le industrie che giocavano il ruolo più costruttivo nella gestione statale delle risorse. Gli amministratori venivano selezionati tramite la competizione e non venivano sottoposti ad alcun tipo di controllo. Il governo retribuiva loro compensi, incrementava o riduceva i loro beni, e forniva compensi in base alle loro abilità. La gestione delle imprese da parte dei lavoratori era ormai impensabile. Piccole aziende gestite dallo stato vennero vendute a conglomerati e imprenditori individuali. Alcune furono persino restituite ai vecchi proprietari.
Nelle parole di Deng, «Un mercato non è destinato solamente alla produzione di beni di consumo o alla pianificazione politica, ma anche agli elementi necessari alla produzione; ad esempio, fondi, operai, tecnologia, informazione e beni immobiliari». I revisionisti implementarono le seguenti forme di distribuzione già a partire dall'epoca delle loro prime riforme. Reintrodussero il concetto di interessi sui titoli, dividendi per gli azionisti, bonus per i manager che si prendono dei rischi, ed incentivi alle ditte che assumono una certa quantità di lavoratori, e tutto questo veniva corrispondentemente garantito mediante la violenza statale.
La “Politica delle Porte Aperte” e le riforme della prima generazione consentirono agli imperialisti di saccheggiare i frutti del lavoro del popolo cinese. Le multinazionali ottennero gli impianti che desideravano. Il controllo statale sul commercio con l'estero fu rimosso. Lo stato cinese garantì anzi il permesso alle aziende di gestire il commercio con l'estero in totale indipendenza. La Cina diventò allora un'entità organica nel mercato imperialista mondiale trasformandosi in un mercato per le merci imperialiste ed aprendo le porte agli investimenti degli imperialisti. Vennero concessi diritti speciali alle compagnie straniere per aumentare i propri profitti. Ad esempio, il diritto di stabilire stipendi e salari a proprio piacimento, il diritto di tagliare compensi e benefici ai lavoratori a piacimento, e così via. Fu permesso a quasi 1,860,000 aziende di incassare investimenti dall'estero, per un ammontare di 150 miliardi entro il 1994.
Questi “Accordi di Amicizia per il Profitto” diedero inizio ad una tendenza, e funzionari del governo e proprietari di fabbriche si misero alla caccia di profitti. Questo era all'ordine nel giorno nelle ZES. Le aziende cinesi che si trovavano a Taiwan, Hong Kong ed altre nazioni dell'Estremo Oriente rimpatriarono piccoli investimenti, che portarono ad un rapido sviluppo della piccola impresa e dell'industria in Cina. La domanda di lavoro nel settore privato veniva soddisfatta dai contadini traditi dalle riforme agrarie, ed anche dagli operai che avevano perso il lavoro a causa della fase di licenziamenti massicci e di privatizzazioni, creando dunque un vasto esercito industriale di riserva. Di conseguenza, si svilupparono su scala vastissima le Imprese di Villaggio e le Imprese di Distretto (TVE), che a loro fecero crescere l'economia capitalista a passi da gigante, e corrispondentemente aumentò esponenzialmente l'anarchia di mercato.
Il governo centrale registrò un massiccio disavanzo a causa degli Accordi di Amicizia per il Profitto e delle concessioni eccezionali all'industria privata. Quando il deficit aumentò, le banche concessero prestiti con facilità, e questo favorì un'accelerazione dell'inflazione e risultò in importanti cadute nel commercio con l'estero. In risposta all'inflazione montante, il governo cominciò a trattenere gli investimenti nel settore pubblico e provò a riequilibrare la situazione. Ciò non solo per salvare gli investimenti statali, ma anche per cercare di lenire il deficit nel budget. Per questo, diminuirono prodigiosamente le quote destinate alla pianificazione del prodotto nelle aziende pubbliche. Il governo si adoperò per vendere porzioni crescenti del proprio prodotto sul mercato aperto. Si ridusse il prezzo di mercato dei prodotti dell'industria pesante nel settore privato. Per rettificare questi squilibri, il governo varò riforme ancor più liberali.
Innanzitutto, più riforme vennero introdotte allo scopo di legare ancor più strettamente le aziende di proprietà statale (SOE) alla logica del profitto privato. Ulteriori poteri vennero concessi a presidenti e manager per gestire le proprie aziende come desideravano. Venne minimizzata l'influenza da parte dei segretari di partito e della politica in generale sulla gestione delle industrie, il che assicurò che predominassero incontrastate le politiche borghesi. Introducendo gli Accordi di Amicizia per il Profitto, aumentò il potere decisionale in sede di gestione privata delle risorse, riguardo agli investimenti e alla produzione. Il governo introdusse una Struttura di Pagamento Basata sul Prodotto, relegando la Struttura Nazionale di Gradi di Pagamento a pochi direttori di SOE selezionati. I contratti a tempo determinato fecero la loro apparizione, scalzando il lavoro garantito a vita. In seconda battuta, si tentò di ridurre il controllo sui fondi governativi. Un sistema di tassazione ad aliquote fisse fu introdotto. La tassazione fu stabilita sulla base di una percentuale di profitti, invece che su certe somme di quote. E, infine, il settore bancario fu riorganizzato attorno al concetto di centralizzazione.
La Cina socialista, durante la dittatura del proletariato, confinò i margini di compenso, nella sua economia di merce, ad un sistema comprendente otto fasce di paga progressive. Le differenze fra queste otto fasce non erano consistenti, ma in ogni caso lo stato socialista procedeva a ridurre gradualmente queste diseguaglianze. Anche se esistenze variazioni fra i salari, c'erano molti benefici, come tutele per gli operai sul luogo di lavoro, residenze a basso costo, sanità pubblica libera, assistenza pecuniaria per donne incinte e in fase di post-parto, aiuti economici ai lavoratori in caso di difficoltà, assicurazioni di diverso tipo, pensioni, centri d'intrattenimento, scuole ed altro ancora. Fra il 1949 e il 1976, l'accattonaggio, la disoccupazione e i quartieri degradati erano ormai ricordi appartenenti al passato. Successivamente, i revisionisti vararono svariate riforme fraudolente che provocarono il ritorno del capitalismo, e molte delle malattie sociali tipiche del capitalismo penetrarono nella quotidianità dei lavoratori. La restaurazione del capitalismo coincise con lo smantellamento delle strutture assistenziali destinate ai lavoratori. Fattori perniciosi come la povertà, la disoccupazione, la concentrazione illegale delle merci, la corruzione, il contrabbando, la prostituzione, l'infanticidio, il traffico di droga, la tratta di esseri umani, i furti, gli stupri, gli omicidi, concorsi di bellezza grotteschi, e così via, raggiunsero l'apice.
Gli sforzi per aumentare i sussidi per motivare una crescita della produzione agricola nel Paese aggravarono ulteriormente i problemi di inflazione nelle città. Se il governo destina fondi alla produzione agricola, il disavanzo pubblico aumenta. D'altro canto, se il prezzo dei beni alimentari s'impenna, questo suscita rivolte nelle città, dal momento che la classe lavoratrice è già schiacciata fra gli elevati costi dei beni di consumo, il costo della vita, e salari bassi. Verso la fine degli Anni 80, i crescenti problemi politici e finanziari del Paese fecero smorzare considerevolmente l'entusiasmo generale nei confronti delle riforme liberali.
Con lo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici in Cina, emerse una piccola classe capitalista privata. Nel 1990, esistevano 98,000 piccole imprese private in Cina. Contribuivano per un investimento complessivo che ammontava a 4.5 miliardi di yuan. Questa piccola classe capitalista privata non faceva parte del governo ed era priva di qualsiasi potere politico. Guadagnava profitti sfruttando i lavoratori nella vecchia maniera. Ci sono comunque contrasti fra la classe capitalista statale autocratica e la classe capitalista privata. Quest'ultima, per ottenere una “economia di libero mercato” per tutti e per guadagnare un po' d'influenza politica, cominciò ad inneggiare alla democrazia borghese. Per ottenere questa economia di libero mercato, aveva bisogno di un sistema legale stabile, protezione da parte del governo autocratico, diritti sulla proprietà privata formulati chiaramente, e una politica pluralista. La classe capitalista autocratica al governo ammassava centinaia di miliardi di yuan in proprietà private. Aveva pieno controllo sulle proprietà del governo in quanto classe dirigente con l'avallo del Partito Comunista Cinese. La nuova classe dirigente usava il suo potere politico per guadagnare il monopolio sui profitti e controlla i privilegi della classe capitalista privata. Per questi motivi quest'ultima chiedeva la “democrazia”. Una minoranza all'interno della Cina revisionista sosteneva questo movimento. La maggioranza della dirigenza Dengista si opponeva a questo movimento e cercò allora di reprimerla. Tutto questo sfociò nei fatti di Piazza Tienanmen. Zhao Ziyang, una delle figure di spicco dell'epoca delle riforme liberali, fu esonerato dall'incarico che ricopriva, e il processo riformista cominciò a muoversi più cautamente.
Sotto la cricca Dengista, l'industria rimase sottoposta alla gestione statale, anche dopo il ritorno del capitalismo. Invece che impedire la restaurazione del capitalismo, la proprietà statale pose meramente le fondamenta per la trasformazione di tutte le imprese a monopolio statale in imprese a monopolio capitalistico. Per effetto delle riforme cinesi, la politica capitalista di monopolio statale mutò in una politica capitalista di monopolio privato vecchio stile. Dunque, quando la Cina passò attraverso una metamorfosi parziale che la mutò in un regime di capitale monopolistico privato, lo stato capital-imperialista in qualche modo iniziò a rassomigliare in una certa misura all'imperialismo americano, europeo e giapponese. Similmente, quando il ritorno del capitalismo si affermò nell'Unione Sovietica, fu implementata una politica capitalista di monopolio statale, che non sopravvisse alla transizione al capitale monopolistico privato.
Dopo che la squadra di demolizione guidata da Khrushchev e Brezhnev ebbe cospirato nell'Unione Sovietica per impadronirsi del partito e quindi del potere statale, lo strato privilegiato della nuova borghesia russa espanse la propria autorità politica ed economica su una scala costantemente crescente. Questa classe privilegiata rafforzò la sua posizione nel partito, nel governo, nell'esercito, nell'economia e nella sfera culturale. Questa classe privilegiata plasmò una classe capitalista monopolistica burocratica ed esercitò incontrastata la sua autorità sulla ricchezza sociale e sull'apparato statale. Usò il potere che aveva allo scopo di trasformare la gestione socialista in un'economia capitalista, ed un partito di stato che metteva in primo piano la politica in un partito capitalista di monopolio statale.

Continua il dominio del governo del partito unico

Fattori interni importanti, come l'integrazione e l'unicità della classe capitalista cinese di monopolio “rosso”, giocarono un ruolo centrale nella repressione dei fatti di Piazza Tienanmen del 1989. Questi fatti dimostrarono che il capitalismo è per sua natura oppressivo e anti-democratico. Un sistema di controllo capital-fascista può essere imposto sulla classe lavoratrice solo reprimendo le rivolte popolari, con la violenza brutale, e con l'impiego del potere statale. Lo stato del partito unico era ancora utile al capitalismo monopolistico cinese, e la repressione aprì la strada al consolidamento del capitalismo.

Le riforme di Seconda Generazione

I fatti di Piazza Tienanment e la dissoluzione del Blocco Orientale – più precisamente, le riforme di Boris Yeltsin furono implementate per aprire il libero mercato alla borghesia dell'Europa orientale, in combutta con le borghesie imperialiste di Europa e America – furono un grosso shock per il Partito Comunista Cinese revisionista. Questo cominciò allora a riorganizzare il controllo centrale sul partito e sul governo, che avevano allentato la presa sull'amministrazione dopo le riforme della prima generazione. La dirigenza del CCP riagguantò il controllo sul tesoro e implementò nuovamente la parola d'ordine della stabilità finanziaria sotto l'egida dello stato. Deng introdusse le riforme di seconda generazione dopo varie visite presso le ZES nel sud della Cina, nell'estate del 1992. La prima questione affrontata da queste riforme era l'espansione delle ZES in altre città e provincie cinesi. La cricca al comando era ormai certa che queste riforme potevano essere varate senza subire la stessa sorte del Blocco Orientale.
Gli investitori dall'estero rimanevano in attesa per raccogliere un'abbondante manna dovuta forza lavoro e infrastruttura a buon mercato in Cina. Con la bava alla bocca, le multinazionali bramavano rilevare le industrie statali, mentre la Cina cominciava a sorpassare le altre economie dell'Estremo Oriente, in parte grazie alle riforme della prima generazione e alla maggiore produttività del lavoro, ma anche grazie all'infrastruttura e al coordinamento costruiti durante l'epoca socialista. La Cina era in grado di fornire servizi locali grazie ad una base industriale già forte, completata dalla sua infrastruttura sociale e finanziaria pienamente dispiegata.
Che il capitale aderisse o meno alle regole, esso era strettamente accompagnato alle strutture di partito e allo stato, in queste riforme di seconda generazione. Per il capitale straniero, le opportunità ora scarseggiavano. Se gli investitori dall'estero desideravano guadagnare massicci profitti, dovevano trovare accordi col governo. Visto che l'economia era molto forte, per le multinazionali le trattative col governo cinese erano molto difficili. La Cina lasciò entrare poche aziende straniere, e sempre ponendo determinate condizioni, per investire direttamente in forze produttive quali l'industria pesante. Si formarono joint venture fra corporazioni di proprietà statale e multinazionali solo quando gli investimenti erano abbastanza cospicui. Lo stato cercò di servirsi delle multinazionali a vantaggio dell'economia cinese, scambiando l'accesso alla forza lavoro cinese con infrastrutture e forze produttive concrete. Le multinazionali edificarono impianti moderni con tecnologie all'avanguardia e fornirono ai capitalisti di stato accesso a metodi di organizzazione e conoscenze tecniche occidentali. Addirittura avveniva che le multinazionali saldassero i conti riguardanti operazioni di marketing, vendite, e reti di distribuzione per vendere le merci prodotte da queste joint venture. Ovviamente, lo stato capitalista concedeva forza lavoro efficiente e a buon mercato, residenze di lavoro, strade, reti di comunicazione e altre infrastrutture economiche. I profitti estratti mediante queste joint venture venivano spartiti fra governo e multinazionali.
Inizialmente l'investimento dall'estero era di piccola o media portata, di solito da Hong Kong, Taiwan o Giappone. Durante l'epoca delle riforme di seconda generazione, il governo, con nuovo fare accomodante, acconsentì all'investimento su grande scala in più di un settore. Per questo, l'Investimento Diretto all'Estero (FDI) nel 1992 ammontava a poco più di 1 miliardo di dollari, mentre nel 1994 era già aumentato alla cifra di 50 miliardi di dollari. Le industrie manifatturiere di prodotti da esportazione proliferarono rapidamente grazie alla grandinata di FDI all'interno del Paese.
Questa grandinata comportò molti vantaggi immediati per il governo e per i capitalisti di stato. Innanzitutto, il governo fu in grado di ripianare il disavanzo nel budget con flussi massicci di ricavi dai profitti delle joint venture. In seconda istanza, grazie agli FDI, le esportazioni salirono lentamente trasformando il deficit nella bilancia commerciale cinese in un surplus. Infine, posizioni di altissimo livello interne al partito vennero affidate alle compagnie cinesi nelle joint venture. Le sempre meno numerose industrie gestite e possedute dallo stato furono presto riorganizzate per dar vita ad un'atmosfera più “docile” nei confronti dei capitalisti.

La riorganizzazione delle industrie statali

Le riforme di prima generazione degli Anni 80 si focalizzarono sulle piccole e medie imprese e sull'agricoltura. Le industrie vitali del settore pubblico erano colpite da una carenza di investimenti pubblici e perciò da un arresto nella crescita dovuto alla maggiore attenzione da parte del governo sulle cooperative locali, sulle imprese nei villaggi, sugli affari privati, sull'espansione delle industrie private, e così via. Nelle riforme di seconda generazione, il governo si concentrò sulle importanti imprese statali. Il CCP durante il suo 15° Congresso del 1997 dichiarò che intendeva riordinare l'intero settore statale. L'obiettivo principale era trasformare le SOE (cioè, le Imprese di Proprietà Statale) in corporazioni orientate al profitto.
Il primo passo su questa via di riorganizzazione fu la privatizzazione delle imprese pubbliche minori, soprattutto mediante la gestione o il commercio di forza lavoro in forma privatizzata. Il secondo passo fu la trasformazione delle rimanenti imprese pubbliche in società per azioni quotate in Borsa. Alcune azioni furono vendute ad investitori privati sul mercato azionario cinese nuovo di zecca, ma la maggior parte di esse rimasero azioni non alienabili. In generale, quelle azioni appartenevano a svariati corpi governativi. Di conseguenza, in tutte le grandi industrie, quasi tutte le azioni divennero azioni detenute da imprese di proprietà statale. Separando la gestione diretta dalla proprietà, proprio come accade di norma in Occidente, queste riforme istituzionali facilitarono la procedura di fondazione di joint venture grazie agli investimenti dall'estero. Era ora possibile modernizzare le aziende e rinnovare la strumentazione tecnologica, aprendo la via al terzo passo: la “corporatizzazione”. Tutte le imprese pubbliche si adattarono al nuovo sistema orientato al profitto, e tutti i trionfi della classe operaia furono definitivamente cancellati. I diritti e i privilegi ottenuti dalla rivoluzione e dal socialismo vennero traditi e accantonati da parte dello stato borghese in nome delle esigenze del capitale internazionale. Questo frangente rappresentava la fase più intensa della guerra condotta dai capitalisti contro le masse proletarie, nell'intera storia della Cina post-rivoluzionaria.

Investimenti privati, licenziamenti in massa ed accelerazione del processo di privatizzazione costituivano il contenuto di questa riforma. I licenziamenti furono imposti con spietatezza, perché la legge del valore si era ormai impadronita dell'intero settore pubblico. Secondo le statistiche del CCP, fra il 1998 e il 2002 più di 25 milioni di lavoratori furono espulsi dal settore pubblico e dalle cooperative. Per competere sul mercato mondiale ed incrementare le esportazioni, le imprese dovevano essere “modernizzate”. Questo portò ad un incremento tremendo delle costruzioni, mentre simultaneamente venivano licenziate orde di lavoratori. Un altro attacco alla classe lavoratrice fu dovuto alla sostituzione del sistema di lavoro garantito a vita con il sistema dei contratti, che comportava che i lavoratori dovessero rinnovare il contratto di lavoro ogni anno, per conto proprio. Nonostante le lunghe proteste dei lavoratori contro questa manovra, l'amministrazione monopolistica del governo, la repressione di stampo fascista, e le divisioni all'interno della classe lavoratrice favorirono l'affermazione di queste politiche. Si aprì poi un altro fronte di guerra nel conflitto fra borghesia e proletariato con l'introduzione del salario a cottimo. Il salario a cottimo è, per i proletari, la forma più becera di auto-disciplina reazionaria borghese, in quanto i lavoratori sono ora isolati in unità di lavoro corpuscolari, e vengono pagati in misura diversa a seconda della quantità di merce prodotta.
La riorganizzazione trasformò drasticamente il settore pubblico. Il grosso della produzione si spostò nel settore pubblico, che produceva ora il 70% del PIL. La quota di capitale fisso industriale delle imprese pubbliche spettante al governo scese dal 68.8% al 42.4% fra il 1998 e il 2010. Frattanto, gli impiegati pubblici diminuirono dal 60.5% al 19.4%. La quota di esportazioni da parte del settore pubblico scese dal 57%, cifra risalente al 1997, al 15% entro il 2010. La dimensione delle unità produttive industriali del settore pubblico fu ridotta dalle fusioni aziendali e dalle serrate. Perciò, migliaia di unità industriali si ridussero ad una quantità minima durante gli Anni 90. La Banca Mondiale incoraggiava tutto ciò, commentando così: «La maggior parte degli enti si sono accorpati e sono gestiti come aziende orientate al profitto. Le allocazioni del budget sono state gradualmente rimosse e i sussidi sono stati eliminati». La Banca Mondiale si congratulò con la borghesia cinese per i saggi di profitto e per la produttività dei lavoratori.
Anche se il settore capitalista statale è relativamente esiguo, gioca in ogni caso un ruolo di primo piano. Gli investimenti in capitale fisso da parte delle imprese private cinesi in imprese pubbliche raggiungono il 35%. È interessante notare che due terzi delle compagnie più redditizie del mondo sono proprio imprese pubbliche cinesi. Tutte le banche e le compagnie di assicurazione, compresi le più rilevanti unità produttive del settore pubblico e capitale fisso di proprietà statale, sono sotto l'autorità di una singola commissione: la State-Owned Assets Supervision and Administration Commission (SASAC).

La nuova borghesia

La classe dominante revisionista continuava a dipendere dalla repressione e dalla rapina ai danni della classe lavoratrice, e questo rapporto poteva solamente approfondirsi con lo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici in Cina. Questo settore pubblico autoritario mutò lentamente in un settore capitalista di monopolio statale e infine in un monopolio privato. Per sviluppare i rapporti di produzione capitalistici, non erano solo il capitale costante forzosamente privatizzato o il capitale costante di proprietà pubblica (proprietà del popolo) a doversi trasformare in capitale costante di proprietà privata. Perché durante lo sviluppo del modo di produzione capitalistico, i membri della classe dominante si procacciavano capitale costante con i mezzi più disonesti.
Durante la fase delle riforme di seconda generazione, i modi più importanti con cui la borghesia si procurava illegittimamente capitale costante di proprietà privata allungando le grinfie sul capitale costante di proprietà pubblica (cioè, del popolo) erano i seguenti:

1. Comprando e rivendendo merci servendosi del potere monopolistico: secondo alcune statistiche, la borghesia si è appropriata di 400 miliardi di yuan in profitti grazie all'abile sfruttamento di differenze di prezzo, interessi e tassi di cambio.
2. Con il commercio illegale, ancora servendosi del potere monopolistico: i borghesi acquistavano e rivendevano quote di beni immobiliari e azioni, invece che beni e servizi. Lo scambio di quote nel mercato azionario è del tutto analogo alla speculazione finanziaria. Queste quote posseggono sempre un valore molto più alto di quello che esse producono effettivamente. Ovviamente, la terra non ha alcun valore finché non è tramutata in merce, ma quando essa è sottoposta a transazioni nei mercati immobiliari, il suo valore può impennarsi di milioni o miliardi di yuan. Così, ammassare ricchezze attraverso mezzi illeciti e col potere derivante dal monopolio è di gran lunga preferibile all'accumulazione di denaro tramite beni e servizi.
3. Con il commercio gestito con potere di monopolio: in Cina, il numero di ditte private nel 1992 era cresciuto fino all'ammontare di 420,000. Ovvero l'88.9% in più dell'anno precedente. Tutte le nuove società erano gestite da imprese pubbliche, mentre più del 60% delle transazioni erano effettuate tramite il canale pubblico. L'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) aprì vari hotel di lusso, e le fabbriche gestite dal PLA producevano frigoriferi, pianoforti, televisori, aerei di linea, etc. su vasta scala. A Shenzhen esistevano uffici vendite per più di 400 fabbriche. Le aziende dirette con potere assoluto di monopolio erano aziende private molto più redditizie che legittime.
4. Grazie agli investimenti dall'estero: lo stato cinese aiutava gli investitori stranieri a derubare le masse popolari. I monopolisti di stato guadagnarono profitti esorbitanti grazie agli investimenti dall'estero, e gli investitori stranieri trovarono molti modi per evadere tasse, regolamentazioni e restrizioni commerciali. Provarono a procurarsi terra a tassi bassissimi, o persino gratis servendosi di altri privilegi. Per ottenere ciò, avevano bisogno di amici nella classe dominante, e quale modo migliore, per un investitore straniero, che nominare monopolisti di stato individuali come beneficiari del proprio investimento? Accadde come per magia che le massime posizioni nel settore pubblico venivano ricoperte da figli e parenti di dirigenti di partito in vista. Questi individui cospiravano con banche giapponesi e americane, e con molte altre multinazionali. Partito, governo e imprese pubbliche collaboravano mano nella mano senza sostanziali differenze fra essi. Entrate statali e ricchezze furono saccheggiate su scala gigantesca dalla classe dominante. Di conseguenza, le entrate statali andarono incontro a gravi perdite. Questa era una delle ragioni principali dietro l'impennata dei tassi d'inflazione. Per porre rimedio all'inflazione, le entrate dovevano aumentare, e le uscite dovevano diminuire. Come furono aumentate le entrate? Aumentando i prezzi dei beni di consumo! E per diminuire le uscite, c'è un solo viatico: tagliare la spesa pubblica destinata alle strutture assistenziali, tagliare sul welfare! Un numero minuscolo di persone aveva quindi ammassato ricchezze inimmaginabili a spese della collettività. Questo ha, in definitiva, un unico, preciso significato: la ricchezza prodotta dalla classe lavoratrice era stata rapinata dai monopolisti di stato e dai loro amici borghesi!

La liberalizzazione del commercio: la Cina entra nell'Organizzazione Mondiale del Commercio

La crisi in Estremo Oriente di fine Anni 90 scosse Malesia, Thailandia e Indonesia proprio nel mezzo della fase di riorganizzazione delle imprese di governo. Questo rifletteva l'imposizione di un nuovo genere di strategia politica capitalista, introdotta da potenze imperialiste come Stati Uniti, Europa e Giappone. Questi paesi erano conosciuti come Tigri Asiatiche. Gli imperialisti avevano cercato di costruire una grande muraglia contro il comunismo, plasmando la regione a propria immagine e somiglianza. Le Tigri Asiatiche avevano deregolamentato il mercato interno per aprirsi a quelle nazioni che erano interessate ad investire con prestiti internazionali. Le banche occidentali e i fondi d'investimento erano accorse per acquistare quote delle joint venture asiatiche e riservarsi la propria fetta di Miracolo Asiatico. Inizialmente, questi investimenti avevano indotto un largamente prevedibile boom.
Il saggio di accumulazione tuttavia aveva presto cominciato a rallentare la propria crescita, con un effetto deprimente sulla domanda di forza lavoro. L'investimento miracoloso allora si trasformò in una bolla speculativa. I profitti attesi non erano stati realizzati attraverso questi investimenti speculativi, e quindi gli investitori stranieri erano tornati in sé ed avevano mosso i propri fondi altrove. Quando accorsero per riprendersi il proprio denaro e riconvertirlo in dollari americani, il valore delle valute locali collassò rispetto al dollaro. La Crisi Asiatica si diffuse per il globo fra il 1997 e il 1998. Il capitale globale ora esitava ad investire in queste economie. Visto che anche l'America Latina e la Russia stavano attraversando una grave crisi, dove poteva puntare gli occhi il capitale?
Anche se la Cina era in stretti rapporti con le tigri asiatiche, era stata in grado di riemergere da questa palude finanziaria senza troppi problemi. Soprattutto grazie al controllo esteso sull'economia da parte del governo. La Cina aveva saputo incanalare il capitale dall'estero verso capitale davvero produttivo, eludendo rischi di bolle speculative. Inoltre lo stato controllava strettamente i flussi di capitale in entrata e in uscita, minimizzando il rischio di fughe di capitale. Non c'era alcuna possibilità per gli investitori stranieri di riportare a casa i propri fondi, ovvero, non potevano recuperare il capitale nemmeno in caso di grave crisi finanziaria. In questo modo, la Cina poté mitigare gli effetti della crisi finanziaria dovuta al collasso delle tigri asiatiche.
Tuttavia si verificava allora un costante decremento degli investimenti dall'estero verso la Cina, in particolare questo problema affliggeva il settore delle esportazioni. Quando la Cina inaugurò la politica del “Go Global”, questo spronò gli FDI. Per questo motivo, nel dicembre del 2001 la dirigenza del CCP accettò certe condizioni non favorevoli aderendo al WTO. Questo portò ad una riduzione della tariffa sulle importazioni dal 40% al 34%, inferiore alla tariffa imposta a molte altre nazioni. Al contempo, vennero eliminati i sussidi per le esportazioni. L'arretrata agricoltura cinese dovette affrontare molti problemi per via di questa politica liberale. I rapporti di amicizia col WTO tolsero agli Stati Uniti molti strumenti per isolare l'economia cinese. La Cina adottò tutte le direttive del WTO riguardanti il commercio, la liberalizzazione dell'industria, e questioni concernenti la deregolamentazione. In un certo senso, la Cina con il suo ingresso nel WTO determinò la nuova strategia politico-economica globale degli Stati Uniti. Dopo lo scoppio della bolla delle dot-com, nuovi investimenti dall'estero si diressero in Cina, e questo rinsaldò e rafforzò la sua economia, che scommetteva sulle esportazioni. Perciò, nel 2004 la Cina rastrellò quantità inaudite di FDI. La classe dominante cinese consolidò questa nuova posizione con l'intento di sottomettere l'America e le altre nazioni imperialiste. La Cina accettò regole e regolamentazioni del gioco e tirò dritto. La Cina divenne una superpotenza economica. Questa metamorfosi è solo una fase condizionale in un processo molto più vasto. Questa metamorfosi incrementerà solo il potere del governo cinese. La Cina ha fuso le sue enormi riserve di forza lavoro con gli investimenti da tutto il globo, diventando un importante raggio nella ruota dell'accumulazione di capitale mondiale.


LA CINA IN QUANTO POTENZA ECONOMICA DI PRIMO ORDINE



L'economia cinese è cresciuta moltissimo intensificando le politiche capitaliste, come previsto in base alle riforme di seconda generazione di inizio Anni 90. L'autorità e il controllo sul capitale costante da parte dello stato è lo strumento chiave nello sviluppo dell'economia cinese moderna. I profitti dalle imprese pubbliche e dall'incremento degli FDI ha permesso alla borghesia capitalista di stato di fornire sussidi e incentivi agli esportatori. Investimenti pubblici, FDI e esportazioni sono diventati i tre pilastri di questa fruttuosa economia di export. La quota cinese del PIL mondiale sulla base di FDI e esportazioni è avanzata a passi da gigante. Per esempio, nel 1991 il prodotto cinese rappresentava il 4.1% di quello mondiale, nel 2011 era il 14.3%. Questo ha fatto della Cina la seconda potenza economica al mondo. Nel frattempo, la quota americana prima del 2011 ammontava al 24.1%, numero calato poi al 19.1%. Il settore manifatturiero cinese ha visto la crescita più forte in valore capitale, in assoluto. La Cina ha ora raggiunto l'apice come settore economico mondiale. La posizione degli Stati Uniti come principale produttore del sistema globale, posizione mantenuta per 110 anni, è ora sotto attacco e sta per essere scalzata dalla Cina. Un quinto della produttività mondiale appartiene alla Cina – 19.8% nel 2011, contro il 19.4% relativo agli Stati Uniti. La Cina è ora il più grande esportatore mondiale. Produce il 50% di tutte le foto/telecamere, il 30% di tutti i condizionatori d'aria e delle TV, il 25% delle lavatrici e quasi il 20% dei frigoriferi. La produzione di automobili supera del 20% la domanda di mercato. Nel 2003 le esportazioni rappresentavano il 33% del PIL cinese, per un valore di 438.87 miliardi di dollari. Questa percentuale ammontava soltanto al 18% nel 1996. I fondi d'investimento stranieri hanno esportato un valore di 240.34 miliardi di dollari, cioè il 62.4% delle esportazioni da parte di tutte le aziende cinesi.
Il valore di esportazione di tutte le merci di manifattura è di 403.56 miliardi di dollari. Ovvero il 92% delle esportazioni totali. Fra le merci di manifattura, il valore dei prodotti high tech ammonta a più di 110 miliardi di dollari. Il valore tratto dalla lavorazione finale e dall'assemblaggio di componenti merci ammonta a 241.85 miliardi di dollari, cioè il 60% del totale delle esportazioni.
La grandezza del potere finanziario e di esportazione della Cina è eguagliata solo dalla sua totale carenza di debiti. Il debito estero cinese è solo di 9.3%. Debiti e servizi occupano solo il 2.5% del Reddito Nazionale Lordo della Cina. Allo stesso tempo, le altre nazioni si affidano alla Cina per acquistare titoli e finanziare debito e spesa a deficit. Per questi motivi, la Cina è del tutto indipendente. La Cina, che non aveva mai derubato altre nazioni per tenersi in piedi, già nel 2014 si era trasformata senza ombra di dubbio in una nuova potenza social-imperialista. Grazie al super-sfruttamento, la Cina si è evoluta in una potenza imperialista. L'evoluzione della Cina in ruolo di fabbrica mondiale non sta solo rafforzando la riorganizzazione economica globale, ma sta anche cambiando le dinamiche relative alle catene di domanda e offerta nell'economia mondiale. È divenuta una belva affamata di risorse, dai minerali di ferro, alla gomma, ed altre materie prime.

L'essenza del capitalismo è immutabile

Anche se l'imperialismo si era indebolito in qualche modo a causa dei mutamenti drastici nel mondo dopo la seconda guerra mondiale, l'epoca dell'imperialismo non era di certo finita. Mao ricordò più volte: «Siamo ancora in una fase di imperialismo e rivoluzione proletaria mondiale». L'analisi scientifica di Lenin, fondata sui principi essenziali del capitalismo, è ancora del tutto valida. I principi insegnati dai compagni Lenin e Mao sono la base per la nostra teoria e per la nostra pratica. Il marxismo-leninismo-maoismo sa bene che l'imperialismo è in punto di morte. All'alba della rivoluzione mondiale, l'imperialismo ha raggiunto il colmo di parassitismo, anche se non lascerà il mondo senza lottare. L'imperialismo può essere definitivamente annichilito solo quando i popoli e le classi oppresse del mondo uniscono le forze e portano a termine la rivoluzione socialista. Ma l'imperialismo combatte con ferocia, oltrepassando i propri limiti presunti per sopravvivere, anche quando ormai è agonizzante. Questa è la natura dell'imperialismo.
Ci troviamo ora nel 21° secolo e viviamo nell'epoca della rivoluzione globale. Il mondo che abbiamo di fronte ha subito molti cambiamenti dalle morti di Lenin e di Mao. La storia ha indiscutibilmente dimostrato che i principi rivoluzionari di Lenin erano e sono corretti, e che il marxismo-leninismo-maoismo è immortale. Ma la storia ha sempre in serbo svariati colpi di scena.: la nascita del revisionismo bernsteiniano e kautskyiano dopo la morte di Engels, l'ascesa del revisionismo khrushcheviano-brezhneviano dopo la morte di Stalin e, analogamente, il revisionismo di Hua e Deng dopo la morte di Mao... Già nel 1956, sotto la guida di Khrushchev, il capitalismo era stato restaurato nell'URSS e col passaggio di potere nelle mani di Brezhnev, l'Unione Sovietica si trasformò in una potenza social-imperialista. Allo stesso modo in Cina, sotto la guida di Hua e Deng, ritornò il capitalismo, gettando solide basi per lo sviluppo di una potenza social-imperialista.
La situazione attuale nel mondo ci ricorda la necessità di prenderci carico delle seguenti responsabilità:
Il revisionismo deve essere smascherato e spazzato via. La natura della classe dominante social-imperialista cinese deve essere compresa pienamente, dobbiamo mettere al centro il metodo materialista-storico, e se ci riusciamo, sarà la fine per il capital-imperialismo e per il social-imperialismo. Dobbiamo combattere contro gli imperialisti, contro i revisionisti, contro tutti coloro che contrastano il progresso, per far avanzare i movimenti guidati dal proletariato, dai contadini e dalle masse oppresse dell'intero pianeta.
Per un decennio, i marxisti hanno dibattuto sulla questione se la Cina revisionista fosse divenuta o meno una potenza social-imperialista, e per chiarire definitivamente ogni dubbio occorre recuperare la teoria sull'imperialismo di Lenin. Dunque, analizziamo sinteticamente questa teoria.
Lenin ha spiegato nel dettaglio cos'è l'imperialismo. L'imperialismo è una fase distinta nello sviluppo del capitalismo.
La sua natura è triplice: l'imperialismo significa

1. Monopolio.
2. Parassitismo e declino generalizzato.
3. Capitalismo moribondo.

Gli aspetti economici dell'imperialismo sono cinque:

1. Il trionfo generale dei monopoli.
2. La formazione di oligarchie finanziarie che fondono in un unico corpo investimenti bancari e industriali.
3. Il primato dell'esportazione di capitale sull'esportazione di merci.
4. La formazione di monopoli che si spartiscono il mondo fra di essi.
5. La divisione del mondo sotto il dominio degli stati capitalisti più rilevanti.

Questa è la prospettiva macro- e microscopica della teoria sull'imperialismo di Lenin. Ora analizzeremo il caso cinese alla luce dei principi delineati da Lenin.

I MONOPOLI AZIENDALI CINESI



In Cina, il capitalismo monopolistico burocratico e il capitalismo monopolistico privato detengono il potere. La classe dominante cinese limitava il potere delle imprese monopolistiche straniere sull'economia cinese, nonostante gli investimenti provenissero in larga parte dalle nazioni imperialiste occidentali e dal Giappone. La classe dominante cinese potenziava i monopoli aziendali privati e statali, e le Imprese di Proprietà Statale (SOE) obbedivano ufficialmente al governo, ma operavano come corporazioni private nel mercato nazionale e internazionale. Cioè erano del tutto analoghe alle multinazionali e alle corporazioni transnazionali. Lo stato e il Partito Comunista Cinese hanno maggiore impatto sulle corporazioni private rispetto alle altre nazioni imperialiste, perché quasi tutti i dirigenti e i proprietari di queste aziende sono anche membri del partito. Analogamente, la classe burocratica e la classe borghese privata sono legate a filo doppio. Nel 2002, un quinto degli industriali erano membri del partito. Due terzi di loro erano “Investitori Rossi”. Gli “Investitori Rossi” cinesi più ricchi sono ora anche sulla lista dei miliardari pubblicata da Forbes.
Le imprese monopolistiche private più in vista della Cina sono diventati soggetti economici planetari, e se analizziamo l'ascesa dei monopoli aziendali cinesi in confronto con le corporazioni più ricche del mondo, scopriamo che, secondo la Global List di Forbes del 2000, la Cina occupava il terzo posto nella graduatoria riguardante le aziende più ricche e potenti del mondo. La Cina infatti porta 121 aziende in questa graduatoria, contro le 524 aziende americane. Il profitto medio di queste società era di 168 miliardi di dollari, ovvero il 7% del margine commerciale delle 2000 aziende più ricche del mondo.
Esaminiamo ora un altro indice: la classifica Fortune Global 500, che utilizza diversi indicatori per stabilire le compagnie più ricche del pianeta. Vediamo anche qui che la quota di mercato cinese cresce seguendo dinamiche simili a quelle esposte in precedenza. La Cina è la patria di tre delle dieci compagnie più ricche in assoluto (i super-monopoli): la Sinopec Petroleum Corporation, la China National Petroleum e il colosso dell'energia State Grid

Corporation. Osservando superficialmente questa graduatoria, possiamo notare che la Cina ha già sorpassato il Giappone. Dunque, già oggi il Giappone è più debole della Cina. Di queste 500 grandi società, gli USA ne piazzano 132, la Cina 73, il Giappone 68, mentre Germania e Francia 32. Anche la quota cinese di esportazioni aumenta molto rapidamente. Insomma, la posizione egemone dell'America come nazione imperialista si sta costantemente indebolendo: se nel 2000 gli USA portavano 197 compagnie nel Fortune Global Index, nel 2012 ne hanno portate 132.
Alcune corporazioni in Cina sono gestite da capitale straniero. Alcuni dubitano anche che le esportazioni cinesi siano controllate dalle multinazionali. In effetti, le quote di esportazioni relative alle imprese gestite da capitale straniero arrancano lentamente verso la bancarotta. Secondo una statistica del 2012, la percentuale di esportazioni è poco sopra il 50%, in trend negativo. Le esportazioni delle imprese sotto gestione privata sono aumentate assestandosi sul 21.1%. Quindi ora, in Cina, le compagnie private gestite a livello locale occupano una quota maggiore di mercato delle esportazioni.
In realtà, secondo le statistiche cinesi, le imprese teoricamente gestite da capitale straniero non sono affatto gestite da capitale straniero, effettivamente. Le compagnie procurate da Hong Kong – parte della Cina dal 1997 – sono registrate in queste perizie come capitale “straniero”. Hong Kong è il maggiore contributore di FDI in Cina. Questo capitale in entrata da Hong Kong depositava nel 2010 456.2 miliardi di dollari (41% del totale). L'America nello stesso anno depositava solo 78.7 miliardi di dollari (7% del totale).
Si è diffuso il mito che nazioni potenti come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Germania dominano l'economia cinese. Questo è falso. Accumulando tutti gli FDI provenienti dai Paesi menzionati sopra, più Francia e Giappone, si ottiene un totale alquanto esiguo di 197.4 miliardi di dollari per l'anno 2010; si tratta di una cifra inferiore alla metà di quella riportata in precedenza riguardante Hong Kong. Similmente, alcuni investimenti (secondo gli studi) provenienti da Taiwan, Corea del Sud, Singapore e persino paradisi fiscali come Macao costituiscono una porzione sostanziale del totale. Ma è sciocco pensare che queste somme possano in qualche modo “dominare” l'economia cinese. Dunque, l'affermazione che le potenze occidentali siano i padroni dell'economia cinese è del tutto sbagliata.
Per la prima volta nella storia della Cina, ci sono più di due milioni di milionari. Fra questi, ci sono 251 magnati miliardari. Solo 6 anni fa, ve ne erano 15. Metà di questi 251 magnati sono azionisti di svariate aziende, investono in beni immobiliari, o sono capi esecutivi di massimo livello. Quasi tutti i super-ricchi cinesi sono affaristi privati.
La Cina ospita meno cittadini agiati dei suoi avversari imperialisti. Secondo Capgemini, nel 2012 la Cina era la quarta nazione più benestante, dietro Stati Uniti, Giappone e Germania. Eppure i monopoli cinesi sono i più potenti, godendo di un dominio incontrastato nei rispettivi settori. Perciò, non solo la Cina è ora una potenza social-imperialista, ma ha anche margini di crescita maggiori dei suoi avversari occidentali.

Altri margini di profitto

Lo sfruttamento e il super-sfruttamento sono i due moventi sistema imperialista cinese. L'esistenza di imprese statali burocratiche fasciste centralizzate e organizzate ha consentito alla Cina di sfruttare il proletariato senza alcuna pietà, e di reprimere ogni protesta contro lo sfruttamento. Il suo potenziale imperialista è sorto come un'escrescenza dei super-profitti tratti dallo sfruttamento dei lavoratori cinesi, come dal sostegno a questo super-sfruttamento fornito dal capitale estero. Questa è la verità dietro all'enigma del “miracolo cinese”. I capitalisti nei monopoli cinesi sono divenuti man mano sempre più spietati.
Il governo cinese ha trasformato con successo il potere della classe lavoratrice nazionale, un tempo il potere politico predominante nel Paese, in una merce, mantenendo in vita un esercito industriale di riserva stabile con l'arma dei licenziamenti, riorganizzando e minimizzando il settore governativo, e nutrendo il settore privato parallelamente a quello pubblico. Le politiche dell'epoca socialista, che portavano avanti parole d'ordine quali la fiducia in sé, la disciplina, lo spirito di abnegazione, e la sopportazione delle sofferenze per servire il popolo e la nazione, avevano giocato un ruolo infausto nello spianare la strada ai monopolisti e nel render possibile il super-sfruttamento del proletariato.
La miseria estrema nelle aree rurali, insieme alle opportunità di lavoro nelle città, diede l'avvio allo svuotamento delle campagne e al processo di urbanizzazione. Coloro che si spostarono in città dalle campagne sono ora chiamati “migranti”. “Migrante” è un vocabolo usato per designare chi migra da una nazione ad un'altra, ma in Cina indica proprio questa massa di contadini urbanizzati. Queste persone non hanno mai ottenuto accesso a residenze sicure, educazione, servizi sanitari, lavori riconosciuti, o persino ammortizzatori sociali. Le loro condizioni di vita erano miserabili. Sovente, si rifugiavano in case abbandonate fatiscenti, accampamenti, gallerie, sotto i ponti o addirittura dovevano dormire in automobile. Molto presto furono una risorsa inestimabile per il super-sfruttamento da parte dei capitalisti. Secondo il China Bulletin, circa 200-300 milioni di lavoratori hanno abbandonato le campagne. Fra questi, più di 140 milioni hanno svolto lavori in città. Ad un certo punto, il 40% della popolazione pechinese proveniva da questo enorme flusso migratorio. Di solito, questi proletari migranti erano e sono ancora impiegati in lavori pericolosi, o in lavori mal retribuiti. I proletari migranti costituiscono il 58% della manodopera industriale, e il 52% della forza lavoro impiegata nel settore terziario. Il numero gigantesco di migranti, il loro statuto legale e sociale incerto, e la loro situazione economica debole plasmarono una vasta classe lavoratrice disorganizzata, soggetta al super-sfruttamento. Secondo le stime ufficiali, nella prima decade del terzo millennio, solo il 30-37% dei lavoratori urbani sono sindacalizzati.
La vera fonte di ricchezza della borghesia monopolistica cinese è il super-sfruttamento dei proletari, l'erogazione di salari al di sotto del valore reale della forza lavoro. Anche le compagnie straniere sfruttano il proletariato senza alcun ritegno. La fase di decadenza del proletariato cinese emerge chiaramente dal calo della sua quota di reddito nazionale. La quota salari di un proletario qualsiasi nel 1983 eguagliava il 57%, nel 2002 era il 52.3%. Nel 2005 questa quota calò drasticamente al 37%, ancora nel 2008 al 26.2%.
Dong Tao, banchiere ed analista economico, ha pubblicato statistiche riguardanti il saggio di sfruttamento della manodopera cinese nell'arco degli ultimi due decenni. La quota totale di remunerazione nel settore industriale ammontava al 10%, mentre nelle nazioni evolute ammontava ad una cifra superiore al 50%. È interessante rilevare che non solo è calata la retribuzione del lavoro, ma anche il saggio di profitto, fra il 1993 e il 2004, è precipitato dal 240% al 43% nel settore pubblico e nelle mega-industrie. È stato obbligatorio allora sfruttare maggiormente il proletariato, affinché la Cina mantenesse il suo statuto di potenza imperialista. Se la Cina intende continuare a competere con potenze imperialiste come Stati Uniti e Giappone, deve spostare le sue fabbriche in nazioni arretrate. Deve sfruttare proletari anche nel resto del mondo.

L'INVESTIMENTO ESTERO IN CINA


Il primo principio economico dell'imperialismo è il monopolio. Il secondo è la formazioni di investimenti finanziari, formando un monopolio finanziario (un oligopolio). Parallelamente all'evoluzione del monopolio nel settore industriale, emerge anche il monopolio bancario. Le banche maggiori penetrano nel settore industriale investendo denaro in quote aziendali delle industrie. Il monopolio fonde gli interessi industriali e finanziari, formando un capitale finanziario monopolistico. Alcuni degli uomini d'affari che stanno attualmente accumulando autorità sui più grandi fondi finanziari sono ora uomini di spicco dell'aristocrazia finanziaria cinese. Il governo centrale gode di potere incontrastato su questo settore. Per esempio, Zong Qinghou – produttore di bevande, presidente del gruppo Hangzhou Wahaha, nonché paperone della Cina nel 2012, “solo” secondo uomo più ricco della Cina nel 2013 – aveva un reddito annuo di 68 miliardi di yuan. Allo stesso modo, il patrimonio familiare di Wu Yajun, presidentessa di Longfor Properties a Pechino, ammonta a 40 miliardi di yuan. Costei è anche la donna più ricca in tutta la Cina. Il passato primo ministro cinese Wen Jiabao è il patriarca di una famiglia di investitori miliardari che controllano capitale per un totale di 2.7 miliardi di dollari.
Quattro delle banche più potenti al mondo appartengono alla Cina. La più grande è la Industrial and Commercial Bank of China (ICBC). La valutazione del suo capitale è di 2.8 bilioni di dollari. Le altre sono la China's Constructions Bank (con un capitale di 2.2 bilioni di dollari), la Bank of China (2 bilioni di dollari) e la Agriculture Bank of China (2.1 bilioni di dollari). Queste banche sono i centri nevralgici dell'investimento monetario. Queste quattro banche sono sotto il controllo di importanti dirigenti del CCP. Tutte le banche cinesi più importanti sono controllate dal governo e dal partito. Sono divenuto lo strumento principale con cui il governo ricompensa o punisce determinati settori o individui, e sono l'autentico fulcro di ogni politica del partito. Soprattutto sono usate per concedere prestiti alle SOE. Questo è uno dei motivi principali per cui il governo ha bisogno di un longevo controllo sul settore pubblico. Questo forte controllo sul settore finanziario in Cina è diverso dal controllo esercitato dall'oligarchia occidentale su Wall Street. La classe capitalista di monopolio burocratica privata in Cina entrata nel CCP ha corrotto lo stato in ogni sua fibra, e lo ha plasmato nuovamente, a sua immagine e somiglianza.
L'aristocrazia finanziaria cinese non controlla solo il potere politico, ma anche altri settori sociali. Per esempio, quasi 70 membri del Congresso Popolare Nazionale (NPC), ovvero il parlamento cinese, hanno accumulato enormi ricchezze. Il patrimonio totale di questi parlamentari supera i possedimenti di tutti i membri del Congresso Americano con il suo presidente, i membri del governo e della corte suprema, messi assieme. Il reddito netto totale di questi 70 deputati ha raggiunto i 565.8 miliardi di yuan (89.8 miliardi di dollari) nel 2011, e non ha smesso di aumentare.
Le banche in Cina svolgono due funzioni. Da una parte esse finanziano il processo di “corporatizzazione” del settore pubblico e di quello privato. Dall'altra esse accumulano investimenti secondo le direttive del governo. In ogni caso, queste banche, prese individualmente, sono ditte incredibilmente redditizie. Per esempio, nel 2012 la ICBC ha registrato 50 miliardi di dollari di profitto netto. Verso la fine del 2012, le quattro maggiori banche cinesi hanno guadagnato quasi 150 miliardi di yuan (30 miliardi di dollari), equivalenti ai tre quarti del profitto totale in Cina nello stesso periodo. Sono anche i tre quarti dei guadagni complessivi delle quattro maggiori banche americane.

L'aristocrazia proletaria

Nel corso dello sviluppo della Cina capitalista sono emersi due strati sociali, cioè l'aristocrazia proletaria e la piccola borghesia. Questi ceti potrebbero comprendere fra i 100 e i 150 milioni di persone. Ci sono due aspetti da approfondire. Innanzitutto, per lungo tempo in Cina sono esistiti svariati sindacati di operai e agricoltori. Durante il periodo della restaurazione capitalista, i revisionisti hanno assunto la guida di questi sindacati. La guida pubblica e privata si concentrava man mano. Questo ha catalizzato la formazione di un'aristocrazia proletaria. In seconda istanza, esisteva anche una borghesia popolare formatasi in occupazioni come la gestione di fabbrica, la gestione dei servizi e milioni di broker, avvocati, educatori e ingegneri. Questi strati che ricevevano riconoscimento come liberi professionisti e manager servivano rilevanti corporazioni locali e straniere, e la classe capitalista che stava contemporaneamente emergendo in Cina. Questo speciale ceto riflette l'ascesa dell'imperialismo in Cina. In seguito, la maggior parte degli operai e dei contadini hanno dovuto prostrarsi al super-sfruttamento. I profitti enormi guadagnati tramite gli investimenti dei monopoli sono il fondamento economico di questa aristocrazia proletaria, insinuando il revisionismo all'interno del movimento operaio. La nascita di questo ceto in condizioni di imperialismo rampante ha fornito carburante alle politiche revisioniste e a tutti i tentativi di proteggere questo imperialismo nascente. I proletari arricchiti sono di fatto gli emissari dell'invisibile classe borghese. Il revisionismo è l'ideologia borghese, travestita da marxismo.

L'anarchia economica nel capitalismo

La Cina ha risentito in misura minore della crisi di sovrapproduzione globale, come dell'inflazione, in quanto ha sviluppato più velocemente e in quantità maggiore strutture per bilanciare gli squilibri fra transazioni a credito e a debito. C'erano pacchetti di incentivi molto attraenti durante il periodo d'inflazione fra il 2008 e il 2009. Tuttavia, come effetto collaterale della competizione nel settore monetario, la Cina si è mossa verso un'allocazione di investimenti tramite mezzi irrazionali. Secondo la visione del marxismo-leninismo-maoismo, questo è inevitabile nel capitalismo. Si può paragonare ciò alla bolla delle dot-com, quando ingenti investimenti nel settore web sono stati allocati irrazionalmente. Molti di questi investimenti infatti non erano in grado di generare profitti e causarono perditi di miliardi di dollari. Si è verificato un periodo in cui gli Stati Uniti erano tornati ad attrarre investimenti, tra il 2000 e il 2006, periodo che fece da preludio alla crisi del settore dei mutui per la casa e alla crisi dei sub-prime, quando il 2007 volgeva al termine. Una crisi del tutto analoga si era verificata in Giappone, negli Anni 80. Simile fu anche la bolla del settore immobiliare in Giappone, nei primi Anni 90.
Si sviluppano in continuazione delle crisi nell'ambito del sistema monetario cinese, proprio come in tutte le altre nazioni capital-imperialiste. Per esempio, in Cina si sta sviluppando una crisi del settore immobiliare – in realtà, è già presente da alcuni anni. Nel 2013, per la prima volta la vendita di nuove case ha passato la soglia del bilione di dollari. Il valore totale delle case di nuova costruzione era salito del 27%, prima di questo boom. La vendita di nuove case media era aumentata del 18% a Shanghai, del 20% a Guangzhou e a Shenzhen. C'è anche un settore bancario in Cina (anche se ha caratteristiche diverse rispetto al sistema occidentale), sotto il controllo del governo. Al momento, in Cina si sta approfondendo la sovrapproduzione, come in ogni economia capitalista. Una manifestazione palese di ciò è data dal fenomeno delle “città fantasma”, così come dai numerosi appartamenti e blocchi di uffici rimasti vuoti.
Per quanto riguarda l'anarchia economica, non esistono differenze ideologiche fra la Cina e le altre nazioni capital-imperialiste.

L'ESPORTAZIONE DI CAPITALE CONDUCE AL PRIMATO GLOBALE DEL CAPITALE FINANZIARIO

Investimenti sulle esportazioni sotto forma di obbligazioni e prestiti

Lenin ha insegnato che l'ascesa dei monopoli e l'importanza dell'esportazione di capitale sono i due tratti essenziali più importanti dell'imperialismo.
Lo sviluppo improvviso del capitale d'esportazione è la causa primaria di questa metamorfosi. L'impatto dell'accumulazione spinta al suo estremo mediante l'investimento industriale, l'investimento finanziario (obbligazioni e debiti, et similia), le rendite imperialiste, e la produttività industriale combinata ai massicci investimenti bancari – tutti questi fattori rendono l'esportazione di capitale non solo possibile, ma anche necessaria. Questo viene provato chiaramente ad ogni sviluppo abnorme del mercato azionario, sia locale che internazionale. Il valore delle azioni cinesi nel marzo del 2012 ha toccato i 3,305 miliardi di dollari, mentre il loro valore nel 2000 era di 165 miliardi di dollari. Curiosamente, il valore delle azioni in entrata dall'estero eguaglia il valore complessivo delle azioni – sempre in entrata dall'estero - delle sei nazioni che seguono la Cina nelle graduatorie economiche. Queste azioni dall'estero sono adoperate dal capitale finanziario sotto forma di debito. La quota di valore aggiunto guadagnato dalla nazione che contrae il prestito viene realizzata dai vari detentori delle azioni. Di solito, la Borsa valori dovrebbe prevedere diritti speciali per i consumatori. Questi vengono assicurati sotto forma di titoli statali esteri o depositi bancari nell'IMF (come da leggi contrattuali internazionali) che sono relativamente sicuri e trasparenti. In effetti, 3.3 bilioni di dollari appartenenti all'economia cinese consistono in scambi nel mercato azionario estero.
Oggi, la Cina è il maggiore creditore capitalista degli Stati Uniti sotto forma di obbligazioni del tesoro americano. Oggi, la Cina compra quote di sussidi e prestiti statali di nazioni nell'Eurozona.
Anche per quanto riguarda i debiti bilaterali, la Cina è in posizione di prestatore attivo verso molte nazioni. Secondo il Financial Times, le banche cinesi sono ormai fra le istituzioni finanziarie mondiali più prominenti. La Cina concede più prestiti alle nazioni arretrate che la Banca Mondiale. Banche come la Export and Import Bank of China o la China Development Bank erano preparate a concedere prestiti fino ad un valore di 10 miliardi di dollari a molte altre nazioni ed imprese imperialiste, e fra il 2009 e il 2010 hanno stretto persino alcuni accordi. La Banca Mondiale strinse un accordo in cui si impegnava a prestare 100 miliardi di dollari ad altre nazioni fra il 2008 e il 2010.

Gli investimenti diretti all'estero (FDI) come capitale d'esportazione

La Cina avviò la sua strategia “Go Global” nel 2000. Il contenuto di questo slogan é la necessità di sostituire parzialmente nel settore economico le merci d'esportazione a buon mercato con il capitale d'esportazione gestito centralmente dal governo. Secondo quanto riportato da Xinhua, in data 5 marzo 2011, il Primo Ministro Wen Jiabao ha dichiarato: «Dobbiamo implementare il Go Global in modo più accelerato. Le politiche a supporto del Go Global devono essere migliorate. I processi di vaglio e di approvazione devono essere semplificati. Dobbiamo aiutare le compagnie e gli individui che possono investire all'estero. Incoraggiamo molto velocemente le aziende a lavorare in tutto il globo con politiche di qualità. Dobbiamo potenziare l'orientamento macro-economico. Miglioriamo l'apparato tecnologico di cui abbiamo bisogno per farli procedere e proteggere il capitale da disastri».
Il Go Global cinese si pone degli obiettivi primari: creare dei “fuoriclasse globali” ed incentivarli è una strategia. Questo vuol dire che le multinazionali con sede in Cina devono essere messi in grado di competere con marchi globali sul mercato internazionale. Per esempio, Pearl River fabbrica i pianoforti migliori al mondo. Ha superato in qualità la sua principale azienda avversaria, la Yamaha. Allo stesso modo, in quanto multinazionale nel mondo moderno, può accedere alla base tecnologica migliore in assoluto. Non esiste arretratezza per le multinazionali cinesi. È possibile acquisire tecnologia straniera con gli OFDI, piuttosto che gli FDI. È possibile aggirare ostacoli sostanziali, come le quote d'importazione e i dazi, utilizzando differenti compagnie con le loro branche sparse nel mondo. Così, la strategia “Go Global” è maturata e si è imposta condizione basilare del capitale d'esportazione moderno. È un'esigenza fondamentale per tutte le nazioni imperialiste quella di trovare i luoghi al mondo da cui si può trarre maggior profitto, e sfruttarli nella massima misura possibile.
La Cina è sorta dalla crisi finanziaria mondiale come uno dei più rilevanti esportatori di capitale. La crisi del 2008 deflagrò negli Stati Uniti e comportò l'insolenza da parte di molte fra le maggiori ditte e istituti di credito pubblici. Per mantenere la stabilità, i governi occidentali salvarono le multinazionali mediante giganteschi pacchetti di incentivi. La Cina colse la palla al balzo e si mosse per investire nelle altre nazioni. Per cui l'esportazione di capitali è cresciuta esponenzialmente. Gli imperialisti cinesi stanno investendo enormi quantità di capitale in materie prime e complessi industriali in altre nazioni, invece che in patria. La scarsità generale di credito dopo la crisi, e l'ingente domanda di denaro da parte di corporazioni in crescita un po' ovunque, sono state sfruttate con maestria dal capitale cinese. Questa strategia ha accresciuto notevolmente gli investimenti di capitale all'estero da parte della Cina.
L'OFDI cinese in passato costituiva una componente minore: ammontava a 2.5 miliardi di dollari. Bisognò aspettare il 2007 per vederlo crescere fino alla cifra di 18.6 miliardi, ma l'anno successivo decollò e raggiunse un valore di 52.2 miliardi di dollari. Secondo dati raccolti da Standard Centered, l'OFDI ha toccato un valore di 65 miliardi di dollari nel 2009, mentre l'FDI si aggirava fra i 150-180 miliardi di dollari. È solo di recente che la Cina è emersa come potenza imperialista. È più debole delle nazioni imperialiste occidentali e del Giappone, che dominano la finanza internazionale. Per questo gli FDI sono maggiormente in mano alle vecchie potenze imperialiste, piuttosto che la Cina. Le quote in Cina sono le seguenti: USA 21.1%, Gran Bretagna 8.1%, Germania 6.8%, Francia 6.4%, Hong Kong 4.9%, Italia 2.4%, Cina solamente 1.7%. Tuttavia, la Cina è andata potenziando molto rapidamente i suoi finanziamenti destinati agli FDI, a partire dal 2005. Secondo le statistiche ufficiali, l'FDI cinese fra il 2005 e il 2012 ha raggiunto i 344.8 miliardi di dollari. L'FDI cinese ha già sorpassato alcuni dei suoi rivali, come il Canada e l'Italia. È a pari livello con la Germania.
Prestando fede ai dati della Heritage Foundation, le nazioni più rilevanti in cui la Cina ha spostato capitali fra il 2005 e il 2010 sono le seguenti – Australia: 45.3 miliardi di dollari, Stati Uniti: 42 miliardi, Brasile: 25.7 miliardi, Indonesia: 23.3 miliardi, Nigeria: 18.8 miliardi, Canada: 17.2 miliardi, Iran: 17.2 miliardi, Kazakistan: 12.3 miliardi, Grecia: 5 miliardi, infine Venezuela: 8.9 miliardi.
La Cina detiene il più alto interessi sui fondi per il risparmio. Il più alto positivo sulle partite correnti ammonta a circa 195 bilioni di dollari, che è anche il più alto al mondo. Almeno 80 milioni di lavoratori stranieri impiegati da imprese cinesi vivono nelle nazioni semi-coloniali e semi-feudali. L'influenza cinese si sta espandendo rapidamente nelle nazioni arretrate. I monopoli aziendali cinesi stanno concentrando investimenti su importanti progetti d'infrastruttura come porti, oltre ad altri importanti investimenti strategici, come raffinerie di petrolio. La Cina ha già speso 200 milioni di dollari nella costruzione di moderni siti portuali a Gwadar, in Pakistan. La miniera di nichel di Ramu, che possiede un valore di 2.1 miliardi di dollari e si trova in Papua Nuova Guinea, è stata acquisita dalla Metallurgical Corporation of China (MCC). Ciò riflette il grado maggiore d'investimento nel Pacifico Meridionale, ed è stato insidiato dalla lotta armata da parte degli scontenti abitanti locali, indispettiti dalla distruzione delle loro case e dalla contaminazione delle acque locali con nichel e cobalto, causata dai prodotti estratti.
Analogamente, la COSCO, l'enorme colosso cinese della logistica, ha acquistato il 51% delle quote azionarie del Pireo, lo storico porto di Atene.
Al termine del 2006, la Cina aveva fatto 5,000 investimenti regionali e le corporazioni transnazionali avevano impiantato 10,000 FDI in 172 diversi Paesi nel mondo. Gli FDI complessive in altre nazioni avevano totalizzato solo 90.63 miliardi di dolardi.
La Cina si è messa in salvo durante il periodo di crisi globale perché il settore bancario cinese è sotto stretto controllo da parte del governo. Grazie alla sua posizione forte, la Cina è stata in grado di investire nelle altre nazioni ed ha approvato 100 milioni di dollari in incentivi locali a vantaggio delle imprese cinesi, incoraggiando l'investimento all'estero da parte delle imprese locali. La Cina si sta focalizzando soprattutto sui minerali e sulle risorse elettriche, ed ha strappato un accordo a lungo termine costato 46 miliardi di dollari da investire per portare in patria petrolio da nazioni come la Russia, il Brasile, il Venezuela e il Kazakistan. Parallelamente, la Cina sta investendo enormi quantità di capitale in compagnie nel settore delle risorse energetiche. I conglomerati cinesi si stanno riorganizzando per competere su scala globale. Era obbligatorio anche, per la Cina, creare o acquistare reti di marketing, obbligazioni, e tecnologie da sviluppare.
Allo scopo di ritagliarsi un posto privilegiato fra i conglomerati di punta, la Cina porta avanti operazioni commerciali losche e/o immorali, ed anche acquisizioni gigantesche. La Cina ha organizzato una joint venture con la ALKATEL, industria francese che fabbrica equipaggiamenti per le telecomunicazioni, e la TCL, il colosso dell'elettronica. La Cina si è aggiudicata i diritti di controllo sulle operazioni della THOMPSON, una delle maggiori industrie europee nel settore dei DVD e delle TV. Zoomlion, produttore cinese di macchinari pesanti per il cemento, ha acquisito la CIFA, ditta italiana che produce macchine edili, nel 2008. Anche se l'investimento all'estero era definitivamente decollato, le aziende e gli uomini d'affari cinesi si preoccupavano per la stabilità del dollaro. La Cina ha tenuto 1.95 bilioni di dollari di valuta estera in biglietti del tesoro e di capitale in altre compagnie americane. I leader cinesi erano tesi a causa della stabilità e del valore dei loro possedimenti finanziari e industriali, e temevano che i pacchetti di stimolo americani potessero mettere in pericolo il loro capitale. Nel 2007, la Cina ha fondato la China Investment Corporation con l'intento di investire 200 miliardi di dollari in multinazionali e imprese monetarie internazionali. Ha fondato la Asian Infrastructure Investment Bank per raccogliere capitali ed ottenere un forte punto d'appoggio economico in Asia e in Europa, per dare consistenza al progetto da sogno del “One Belt, One Road” integrato.
Le consistenti riserve monetarie consentono alla Cina di propagare il proprio impatto politico ed economico in altre nazioni. La Cina è ora una delle fonti di investimenti, di debiti e di sostegno per nazioni arretrate e indebitate. Per esempio, quando Stati Uniti e Gran Bretagna annaspavano a causa della crisi finanziaria globale, la Giamaica, mancando dell'aiuto economico dei suoi tradizionali alleati, è stata “salvata” dai 138 milioni di dollari inviati dalla Cina. La Cina ha prestato somme cospicue anche a Russia e Kazakistan. Per mettersi alle spalle la crisi finanziaria globale e sostenere l'Asia nord-occidentale, la Cina ha formato un fondo cooperativo con un capitale da 10 miliardi di dollari, ed ha messo a disposizione un prestito da 15 miliardi di dollari per i suoi alleati asiatici. Nazioni come la Thailandia, la Malesia, e le Filippine, che godono tutte di strette alleanze con America e Giappone, oggi cercano accordi con la Cina per investimenti di capitale.
In questo modo, l'imperialismo è il più forte presupposto alla base dello sfruttamento supremo dei mercati, come delle nazioni più povere al mondo.

Gli investimenti cinesi in Asia e in America Latina come uno stile neo-coloniale di sfruttamento

Per capire come la Cina dilapida e sfrutta le risorse e la forza lavoro in Asia e in America Latina, passiamo in rassegna alcuni esempi chiave.


Il Laos è fra le nazioni più povere ed arretrate del mondo. Si trova a sud di Yunan in Cina. Il Laos fu distrutto durante le guerre imperialiste in Indocina, ed ora sta sperimentando una nuova fase di investimenti e sfruttamento. La Cina importa legname e minerali su vasta scala. Moltissimi coltivatori di gomma non posseggono terra, ma arrancano faticosamente oberati a causa dei contratti di lavoro cinesi. La Cina sta costruendo una linea ferroviaria da 7.1 miliardi di dollari fra Boten e Vientiane, la capitale del Laos, per razziare legname, gomma, colture alimentari e minerali dal Laos. Sono coinvolti quasi 50,000 lavoratori. Questa via di comunicazione è per la Cina un passo vitale per organizzare il suo programma economico nel Sud-Est Asiatico. Questa via collega Vientiane con Bangkok, importante centro d'affari. In futuro si estenderà in modo da comprendere anche Rangoon in Myanmar. In Laos, la Cina ha reso operative alcune zone economiche speciali. Molti progetti sono in fase di costruzione. Insomma, se il Laos non sta per diventare uno stato appartenente alla Cina, sarà comunque uno stato per la Cina.

L'influenza cinese nell'Asia meridionale

È essenziale comprendere gli interessi imperialisti cinesi e l'impatto dell'espansione cinese in Pakistan, Afghanistan, Sri Lanka e Nepal.

Pakistan: Il Pakistan è oggi l'alleato più forte e più fidato della Cina. La Cina ha fornito supporto diplomatico ed ingenti aiuti militari al Pakistan, tra cui tecnologie nucleari, per decenni. L'obiettivo delle operazioni cinesi in Pakistan è quello di creare una fonte di risorse commerciali ed energetiche per il Golfo e per l'Africa. Il sostegno pakistano alla Cina non è solo in chiave anti-indiana, ma è anche in linea con la sua opposizione strategica agli Stati Uniti. La Cina ha fornito al Pakistan due nuovi reattori nucleari in reazione al patto nucleare fra USA e India. La Cina ha fornito assistenza al governo pakistano nella repressione delle rivolte interne e continua a portare avanti enormi investimenti nel Paese. Gli affari fra le due nazioni si sono moltiplicati negli ultimi anni. L'economia pakistana è stagnante, l'investimento diretto all'estero ha rallentato, i prezzi salgono come la disoccupazione, e lo sfruttamento si è fatto più intenso. Proprio grazie a questo sfruttamento, gli investimenti cinesi in Pakistan sono particolarmente redditizi.
La Cina ha investito 50 miliardi di dollari allo scopo di creare un Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC) entro il 2030. Questo corridoio rivestirà per la Cina grande importanza strategica come base navale e come fonte di energia, collegando Xinjiang nella Cina occidentale con il Belucistan, in Pakistan.
La Cina è coinvolta in giganteschi progetti infrastrutturali, tra cui autostrade e ferrovie per una lunghezza di tremila chilometri, e oleodotti. Parte di questi progetti consistono nell'aggiornamento dell'Autostrada Karakoram che unisce Xinjiang al Pakistan. C'è un piano che prevede l'aggiunta di una linea ferroviaria, e la Cina ha acquistato i diritti di usufruire del porto di Gwadar in Pakistan per 40 anni, nel contesto del progetto CPEC.
Lo stretto di Malacca per la Cina è un punto di transito obbligato per navigare nell'Oceano Indiano. Questo si è ripetutamente imposto come fonte di tensioni, proprio ora che la Cina ha bisogno di alleati nell'area. L'America infatti è ancora la potenza dominante. Il CPEC è nato allo scopo dichiarato di gestire le esportazioni e il commercio in Pakistan, ma il vero oggetto dei desideri cinesi è il porto di Gwadar. Il rapporto di subordinazione del Pakistan nei confronti della Cina è suggellato dal patto di sostegno finanziario paternalistico fra le due nazioni. Questo debito di cui lo stato del Pakistan si fa carico non aiuta la popolazione locale, ma tutti i Pakistani devono farne le spese. Tuttavia, la Cina è stata intralciata dal fardello che pesa sui politici nel Punjab e nel Rawalpindi in Pakistan. I funzionari cinesi attivi nel progetto sono aiutati da 15,000 soldati cinesi, nel nome della difesa. Tutto questo renderà la Cina più forte nell'area, dal punto di vista strategico, economico e politico.
La Cina sta anche cercando di ostacolare la supremazia indiana sull'Oceano Indiano. La presenza cinese in Pakistan è fonte crescente di preoccupazioni per la classe dominante indiana, che teme che le strade costruite dalla Cina possano attraversare Gilgit-Baltistan nel Kashmir, offrendo uno sbocco sull'Oceano Indiano all'Esercito Popolare di Liberazione cinese. La Cina abbandonerà necessariamente l'atteggiamento neutrale adottato fin dal 1963 in Kashmir. D'altro canto, la Russia ha giunto il suo progetto economico Eurasiatico con il CPEC, mentre parallelamente le alleanze strategiche sempre più strette fra India e Stati Uniti non si sono dimostrate ben disposte nei confronti delle intenzioni russe. L'India coopera con gli USA nel contesto delle esercitazioni militari americane, allo scopo di isolare il Pakistan. In questo contesto, sono stati spesi 100 milioni di dollari nella costruzione del porto di Chabahar in Iran.
L'ascesa cinese nel Mar Arabo, simultaneamente al progetto CPEC, proseguirà. La rotta cinese nel Golfo Persico e nello stretto di Hurmuz è stata accorciata a 600 chilometri. L'antica rotta navale da 12,000 chilometri verso il Golfo Persico e attraverso lo stretto di Malacca passa fra il Mar Cinese meridionale e l'area settentrionale dell'Oceano Indiano, dallo Sri Lanka al Mar Arabo. Questo ottimizzerà il processo d'importazione di petrolio dai paesi dell'Asia Centrale e dall'Africa per transazioni a buon mercato. Di fatto, questi mercati rappresentano le fonti più ricche di petrolio al mondo. Con il completamento di questo progetto, la Cina beneficerà di collegamenti diretti con 60 nazioni e controllerà i flussi di petrolio e prodotti derivati verso altre nazioni. Dal momento che la Cina è sempre più competitiva, l'intolleranza fra Paesi imperialisti rivali si amplifica, ma ve ne sono in realtà alcuni che non sono assolutamente minacciati dal progetto CPEC. L'Inghilterra, ad esempio, ha interesse ad investire nel progetto.
Il rovescio della medaglia sta nelle sofferenza delle popolazioni locali, in Sindh e Belucistan, che spesso hanno dovuto perdere la casa a causa del CPEC. Il Pakistan non ha intenzione di aiutare economicamente nella rilocazione di questi individui. Alla Cina questa massa di espatriati non dà certo fastidio. Così, il CPEC è per queste popolazioni una questione di vita o di morte. Nel frattempo, i piccoli e medi imprenditori e i produttori artigianali locali sono alle prese con una grave crisi dovuta alla circolazione di merci cinesi in Pakistan. Nel complesso, il sodalizio economico fra Cina e Pakistan è paragonabile al vecchio Piano Marshall americano. Alla fine dei conti, esso minaccia gravemente la stessa sovranità del Pakistan.

Afghanistan: Mentre la NATO ritira le sue truppe, la Cina accelera le sue operazioni politiche, economiche e di sicurezza. Negli ultimi anni, la Cina ha lanciato alcuni rilevanti progetti economici in Afghanistan, tra cui le miniere di rame a Mes Aynak, e lo sfruttamento di risorse come gas e petrolio. La Cina è divenuta il maggior investitore straniero in Afghanistan, in seguito al collasso di aiuti ed investimenti da parte delle nazioni occidentali, dopo il 2014. La Cina ha stretto maggiormente i suoi legami politici e di sicurezza con l'Afghanistan. Nel giugno del 2012, la Cina e l'Afghanistan hanno sviluppato i loro rapporti reciproci sotto forma di relazioni di amicizia cooperative e strategiche. La Cina non solo sta rafforzando i rapporti col governo, ma sta anche incoraggiando il dialogo, sia pubblico che segreto, con i Talebani Afghani. I termini dei recenti accordi di sicurezza comprendono servizi d'intelligence, cooperazione nella repressione delle rivolte e maggiore addestramento per le forze di sicurezza afghane. La Shanghai Cooperation Organization (SCO) è intervenuta in Afghanistan in una vasta gamma di occasioni fin dal 2002. Nel 2012, essa ha accolto l'Afghanistan in qualità di osservatore. Si prevede che sia la Cina che la Russia alzeranno il volume degli investimenti in Afghanistan nei prossimi anni. Nel complesso, la Cina ha compiuto mosse strategiche, economiche e militari per trasferire l'Afghanistan sotto la sua sfera d'influenza.

Sri Lanka: Anche se i rapporti tra Cina e Sri Lanka erano già buoni in precedenza, a partire dall'ascesa del Presidente Rajapaksa nel 2005 i legami si sono consolidati fortemente. Oggi, la Cina è il maggior fornitore di difese militari e il maggiore finanziatore dello Sri Lanka. Il posto strategico occupato dallo Sri Lanka nell'Oceano Indiano è vitale per le mire cinesi. Il 90% delle importazioni di risorse energetiche da parte della Cina sono trasportate attraverso rotte navali proprio al largo dello Sri Lanka. Per questo motivo, la Cina desidera uno stretto rapporto d'amicizia politico con lo Sri Lanka, garantendo allo Sri Lanka lo sviluppo delle infrastrutture e l'edificazione di centri portuali. In questo modo, la Cina intende contrastare il dominio dell'India nell'Asia meridionale.
La Cina ha ufficialmente supportato politiche di non-interferenza, ma, nella pratica, ha sempre usufruito delle nazioni che si trovano sul suo “cortile” in modo da avanzare la sua strategia globale. La Cina ha sostenuto in ogni modo il governo di Rajapaksa nel conflitto con il movimento di liberazione nazionale Tamil. Le LTTE (le Tigri della Liberazione) e il popolo Tamil hanno, proprio per questo, sofferto moltissimo. Migliaia di uomini Tamil, sia bambini che combattenti, sono stati uccisi senza pietà durante questa guerra, e continuano ad essere assassinati nei pogrom appoggiati dallo stato. La Cina si oppone sistematicamente ad ogni proposta, da parte dell'ONU, di avviare indagini sui crimini di guerra perpetrati in Sri Lanka, mentre dall'altro lato trae alti profitti dalla vendita di armi durante i combattimenti. La Cina continua ad addestrare le forze militari cingalesi ancora molto tempo dopo la fine della guerra. I piani per contrastare le operazioni militari americane proseguono.
Dal 2009, la Cina è stato un importante investitore di rilevanti progetti all'interno dello Sri Lanka, offrendo enormi garanzie per alcuni piani infrastrutturali. La maggior parte dei progetti finanziati dalla Cina si trovano nelle aree meridionali e centrali. Le dispute sulla terra abbondano. L'America pianifica di abbandonare lo Sri Lanka. Senza alcuna intenzione di supportare i risarcimenti per i crimini di guerra, senza alcuna intenzione di sostenere i diritti delle masse oppresse, è chiaro che gli interessi imperialisti cinesi sono i primi responsabili delle condizioni orribili in cui versa lo Sri Lanka oggi.
Nepal: Dato che sia Cina che India confinano con il Nepal, quest'ultimo è strategicamente fondamentale per entrambe le nazioni. Il Nepal è sempre stato un fedele alleato per l'India, mantenendo d'altro canto buone relazioni con la Cina. I rapporti con la Cina si sono moltiplicati a partire dalla caduta della monarchia, nel 2008. Gli scopi principali della Cina in Nepal sono: costringere il Nepal a sopprimere definitivamente le attività politiche dei profughi tibetani; guadagnarsi sostegno per le forze di sicurezza cinesi impegnate sul confine; ampliare la propria sfera d'influenza in Asia meridionale; aprirsi nuove rotte commerciali attraverso il Nepal; infine, espandere l'influenza cinese, isolando contemporaneamente l'India. Impigliato in queste linee strategiche, la condizione del Nepal è la seguente:
Dal 2008, la Cina ha drasticamente intensificato le proprie operazioni di sicurezza economiche e politiche in Nepal. Nel 2012, il Primo Ministro cinese fece visita al Nepal per la prima volta da un decennio. Egli annunciò una grossa quantità di aiuti economici. La Cina ha allargato la propria presenza diplomatica a Kathmandu per incoraggiare l'arrivo di cittadini cinesi e costruire centri di studio cinesi in tutto il Nepal. La crescente influenza cinese in Nepal è fonte di preoccupazioni per l'India. Sebbene l'Esercito Nepalese abbia storicamente intrattenuto ottimi legami con l'Esercito Indiano, oggi sta moltiplicando i suoi rapporti le forze di sicurezza cinesi. Gli eserciti dell'India e del Nepal sono entrambi beneficiari di addestramenti americani, ma questo sta iniziando a cambiare. La Cina oggi fornisce all'Esercito Nepalese armi ed equipaggiamenti in numero limitato, ma in futuro questo numero è destinato a gonfiarsi.
Le operazioni cinesi sono fra i contributi maggiori all'economia nepalese. La Cina è una delle cinque nazioni che forniscono “aiuti” al Nepal. Dalla fine della guerra civile, ha moltiplicato significativamente i suoi affari e i suoi investimenti in Nepal. La Cina offre prestiti per piani infrastrutturali ed energetici. Gli investimenti cinesi in Nepal hanno contribuito ad accrescere le tensioni fra Cina e India. Per esempio, nel 2008, il Tibet firmò un piano per la costruzione di linee ferroviarie in Nepal. Anche se l'India forse trarrebbe vantaggi da un'eventuale espansione dell'economia nepalese, la classe dominante in India è sempre più preoccupata da questi fatti. Inoltre tali accordi riducono la dipendenza nepalese dai porti indiani e dalle risorse energetiche indiane, e parallelamente la Cina apre un nuovo corridoio commerciale di comunicazione con l'Asia meridionale. Oltre a tutto ciò, l'India teme anche che ora l'Esercito Popolare di Liberazione cinese abbia l'opportunità di venire dispiegato con maggiore celerità sul fronte himalayano.



L'influenza imperialista cinese in Africa

La Cina ha nel mirino il vasto continente africano, che America, Europa e Giappone hanno largamente trascurato, salvo alcune risorse strategiche. In Africa sono presenti numerose riserve di minerali, come petrolio, ferro, rame e oro. Il 30% delle riserve minerarie mondiali si trovano sul continente africano, tra cui il 42% della bauxite mondiale, il 38% dell'uranio, il 42% dell'oro, il 55% del cobalto, il 44% del cromo, l'82% del manganese, il 95% del vanadio, e il 73% del platino mondiale. La Cina è il maggior importatore mondiale di molti fra questi materiali. In questo modo, la Cina continua a sfruttare l'Africa in stile neo-coloniale. I social-imperialisti cinesi stanno seguendo le degli imperialisti occidentali in Africa. L'egemonia economica cinese in Africa è destinata ad affermarsi sempre di più nei prossimi anni. La Cina è già il più grande partner commerciale dei Paesi africani. Al momento la Cina acquista circa un terzo del petrolio estratto in Africa, soprattutto in Angola e Sudan. La Cina sta inaugurando in Sudan un sito di estrazione del petrolio del valore di 800 milioni di sterline, e vi ha costruito un oleodotto da 900 miglia. Ha investito 8 miliardi di sterline, spendendo 1.2 miliardi per l'edificazione di nuovi impianti petroliferi sulle coste della Nigeria. In Congo, la Cina è divenuta un partner strategico nel settore petrolifero e in quello minerario, acquisendo simultaneamente progetti di sviluppo nel settore della vendita al dettaglio nelle capitali di ciascuna nazione, fra cui miniere in Zambia, fabbriche di abbigliamento in Lesotho, e linee ferroviarie nella Repubblica Democratica del Congo e in Uganda. Per esaudire gli escamotage imperialisti cinesi, c'è bisogno di nuovi mercati per le materie prime e per i mezzi di produzione. Il consumo di petrolio da parte della molto probabilmente aumenterà almeno del 10% ogni anno. A causa dell'alto livello di domanda, fra 20 anni quest'ultima sarà insaziabile, ed ecco spiegate le spedizioni alla ricerca del petrolio. Già, le più vaste riserve di petrolio si trovano in America e nell'emisfero occidentale. L'Arabia Saudita e l'Iraq comprendono il 45% delle riserve mondiali di petrolio. A sua volta, i rapporti con la Cina sono cresciuti. Il Sudan è il quarto fornitore di petrolio in Cina, dopo l'Arabia Saudita, l'Iran e l'Oman.
In Africa, operano tre compagnie petrolifere pubbliche dalla Cina: la CNPC, la China National Offshore Oil Corporation e la SINOPEC. Le attività cinesi nel settore petrolifero proseguono in Sudan, in Angola, in Nigeria, in Algeria, in Guinea Equatoriale, in Congo e in Gabon.
Nel 2006 i rapporti fra Cina e Africa raggiunsero un traguardo storico. Il Presidente Hu Jintao e il Primo Ministro Wen Jiabao visitarono 10 nazioni africane. Nello stesso anno, la terza sessione del China's Cooperative Forum a Pechino vide la partecipazione di 48 delle 53 nazioni africane.
Quell'anno il governo pubblicò un documento che presentava le linee strategiche che sarebbero state seguite in Africa. Stabiliva gli obiettivi cinesi e i modi per raggiungerli. Il commercio bilaterale crebbe di volume dai 20 miliardi di dollari nell'anno 2000 ai 55 miliardi di dollari nel 2006. Gli Stati Uniti e la Francia divennero i primi due partner commerciali della Cina per volume di scambi. Nel 2004, la Cina fornì 156 prestiti per un valore totale di 1.38 miliardi di dollari a 31 nazioni e impose tasse su più di 190 prodotti. Al termine del 2005, la Cina aveva avviato 720 progetti in Africa.
In Africa, la Cina pone in essere il socialismo a parole, e l'imperialismo nei fatti. La politica estera socialista è caratterizzata da un intenso grado di sfruttamento della classe operaia e dei ceti medi, salmodiando i 5 pilastri: onestà, eguaglianza, vantaggio reciproco, solidarietà, sviluppo congiunto. “Vantaggio reciproco”, “rispetto per la diversità”, e “pace” fanno capolino in ogni discorso pronunciato dagli imperialisti riguardo all'Africa. Queste parole sono apprezzate dai corrotti governi locali. In questo modo, la Cina sta truffando i contadini e gli operai africani che lottano in prima persona per il socialismo. La Cina sta facendo pressioni sui commercianti africani, spingendoli verso la bancarotta. Mentre la Cina esporta merci a basso costo in Africa, le fabbriche locali si trovano costrette a chiudere. Gli imperialisti devastano poi l'ambiente. La Cina dichiara ipocritamente di desiderare un'Africa unita e indipendente, mentre soggioga e sabota irrimediabilmente le economie locali. I diritti umani vengono violati e i governi borghesi vengono corrotti ulteriormente. Cresce la rabbia fra i contadini ghanesi per le operazioni illegali di scavo nelle miniere da parte della Cina, che inquinano le risorse idriche. La Cina ha ripetutamente violato le leggi delle nazioni che ospitano i suoi investitori. In questa maniera, gli imperialisti cinesi hanno intensificato lo stile neo-coloniale di sfruttamento, anziché sviluppato economie indipendenti in grado di fare affidamento sulle proprie risorse.

Investimenti cinesi in America Latina

L'FDI cinese sta crescendo rapidamente in tutta l'America Latina. Gli imperialisti agiscono come una mafia, derubando le nazioni e danneggiando l'ambiente. Il volume degli scambi commerciali tra Cina e America Latina ha raggiunto i 261.2 miliardi di dollari. Si tratta di un valore dello stesso ordine di grandezza del numero riguardante il commercio con l'Africa, ma la Cina in America Latina si è spinta anche oltre. I prestiti per lo sviluppo concessi dalla China Development Bank e dalla Export-Import Bank of China nel 2005 erano molto più ingenti di quelli forniti dalla Banca Mondiale e dalla Inter-American Development Bank. Queste attività di sviluppo in divenire sono portate avanti a vantaggio degli imperialisti, i cui investimenti sono in vicendevole competizione.
In America Latina, la Cina produce molti più impianti infrastrutturali per lo sfruttamento delle risorse. Nello stato argentino di Santa Cruz, la Zhejiang Corporation sta costruendo due nuovi progetti idroelettrici con prestiti cinesi da 4.7 miliardi di dollari. La Sinohydro costruirà in Ecuador un impianto grazie ad un prestito da 2.2 miliardi di dollari. La Cina investe nel rame in Cile, nel minerale di ferro in Brasile, e nella coltivazione della soia in Argentina come parte dell'appropriamento di materie prime e risorse naturali. L'87% dell'OFDI (Overseas Foreign Direct Investment) cinese è portato avanti da imprese pubbliche. Ora anche le compagnie private cinesi esportano capitali.

LA FORMAZIONE DI BLOCCHI ECONOMICI E MILITARI: GLI IMPERIALISTI CINESI STRINGONO LA

PRESA



Shanghai Cooperation Organization (SCO)

La Shanghai Cooperation Organization (SCO) si è formata il 26 aprile 1996. Sei nazioni – Russia, Cina, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tajikistan – sono membri permanenti della SCO. Le nazioni osservatrici, India e Pakistan, ne fanno parte pienamente dalla conferenza della SCO del 9 giugno 2017. Ufficialmente, la SCO di occupa di questioni politiche, economiche, e di sicurezza. Sotto la sua egida, fin dal 2005 la Russia e la Cina hanno regolarmente condotto le proprie esercitazioni di guerra. Attraverso queste ultime, la Russia e la Cina pongono in essere un patto strategico collettivo contro l'Occidente, con la SCO che grossomodo funge da contraltare alla NATO. Inoltre, la SCO è un partner della Collective Security Treaty Organization (CSTO), messa in piedi dalla Russia come parte di un'alleanza militare fra 6 stati post-sovietici, a cui si aggiungono due nazioni osservatrici: l'Afghanistan e la Serbia.

BRICS



Le due economie imperialiste fra i BRICS, vale a dire la Russia e la Cina, sono le uniche in grado di investire grosse quantità di capitale finanziario. Brasile, India e Sudafrica formavano il precursore del BRICS, nonostante alcune contraddizioni e alcuni conflitti fra questi Paesi. Il BRICS venne stabilito per perseguire obiettivi comuni alle economie in via di sviluppo, nonostante i loro vari vantaggi e svantaggi. Naturalmente, fra queste, la nazione che si sviluppa maggiormente è proprio la Cina. Gli Stati Uniti, i rivali diretti della Cina, hanno monopolizzato istituti internazionali di credito come l'FMI, la Banca Mondiale ed altri strumenti al servizio degli imperialisti. Non ci sono piani per sottrarre il BRICS agli stratagemmi dell'FMI e della Banca Mondiale. Ma questi BRICS, compresa la Cina, stanno cercando di fondare nuove istituzioni politiche ed economiche internazionali per porre fine alle continue ingerenze da parte delle nazioni occidentali, necessitate dal loro ingente credito. I leader del BRICS hanno deciso, durante l'incontro a Durban del 2013,
di fondare un istituto di credito internazionale per lo sviluppo economico, alternativo alla Banca Mondiale. La sua funzione sarà quella di fondere gli alleati cinesi allo scopo di competere con la Banca Mondiale nella corsa per fornire in tutto il mondo accesso a crediti destinati allo sviluppo di progetti infrastrutturali. Gli stati membri formeranno anche un fondo di riserva contingente che permetterà il ritiro di 100 miliardi di dollari quando, in futuro, si verificheranno nuove crisi fiscali.
Esattamente allo stesso modo in cui gli Stati Uniti dominano il credito destinato ai paesi sottosviluppati, la Cina desidera fare lo stesso con i suoi svariati stratagemmi finanziari. Secondo il progetto iniziale di questo istituto bancario, i Paesi membri del BRICS devono fornire saldi di patrimonio netto. Si è deciso in favore di investimenti iniziali da 10 milioni di dollari ma, ovviamente, la Cina vuole investire molto di più. Ad ingenti investimenti corrispondo ingenti ricavi. I membri del BRICS hanno firmato un accordo, durante un incontro della banca, in cui si impegnano a ridurre la dipendenza dal dollaro e dall'euro. Il potere economico della Cina aumenta proporzionalmente alla sua economia, mentre gli Stati Uniti arretrano, si destabilizzano. Questa competizione finanziaria si approfondirà e, nell'epoca dell'imperialismo, a maggior ragione in una fase di crisi economica, la competizione economica sarà inevitabilmente accompagnata dalla competizione militare.

Il potere militare cinese

La Cina non è solamente una potenza economica, ma anche una potenza militare e politica in forte ascesa. Tra il 2002 e il 2011, la Cina ha accresciuto il budget destinato alla difesa militare del 170%. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), la Cina ha attualmente il secondo budget militare al mondo. Solo le spese militari degli Stati Uniti sono maggiori. La Cina è la quinta potenza nucleare più vasta al mondo, dopo gli Stati Uniti, la Russia, la Gran Bretagna e la Francia. L'esercito cinese si è modernizzato con rapidità nell'ultimo decennio, ed oggi ha enormi potenzialità per una guerra d'aggressione, strappando ogni vantaggio possibile a favore della sua marina e della sua divisione di terra in modo da transitare per isole e passi strategici. Le ostentazioni pacchiane, come l'abbattimento di satelliti, sono la norma. Secondo il SIPRI, l'industria delle armi cinese occupa il quarto posto nella graduatoria relativa al mercato delle armi. La Cina accumula ininterrottamente una forza militare paragonabile a quella degli Stati Uniti, e di altre nazioni imperialiste. I salari che riceve una divisione di soldati in Cina, e altri costi fra cui vettovaglie, residenze e addestramenti, sono inferiori di quelli americani. Analogamente, il costo di un carro armato, di un jet, o di un sottomarino in Cina è molto basso rispetto ai costi negli Stati Uniti, e questo significa che la Cina può attrezzare ed addestrare i suoi uomini ad un costo significativamente inferiore rispetto ai rivali americani. Dunque, ciò è da tenere in conto quando si confrontano le spese militari apparentemente asimmetriche di Cina e Stati Uniti.
La Cina sta accelerando la costruzione e lo sviluppo di droni. I droni nemici vengono facilmente contrastati mediante i moderni sistemi missilistici. Nel 2011 erano presenti in Cina 280 droni operativi, utilizzati in ambiti diversi come l'intelligence, la sorveglianza pubblica, i programmi di ricognizione militare, e l'electronic warfare.
La chiave per comprendere la corsa agli armamenti della Cina, è che la Cina è entrata in gioco in qualità di potenza social-imperialista molto tardi. Le aree limitrofe sono già controllate da altre potenze imperialiste. La Russia avvolge la Cina a nord e ad ovest. Le minacce più serie sul confine orientale e su quello mediterraneo sono il Giappone e gli Stati Uniti. La Cina può plasmare ed espandere la sua sfera d'influenza neo-coloniale solo se riesce a superare i suoi avversari con l'astuzia. Le tensioni crescenti fra la Cina e nazioni limitrofe come il Giappone, la Corea del Sud, il Vietnam e le Filippine devono essere comprese a partire da questa prospettiva.
Il deficit di budget degli Stati Uniti, così come gli effetti della crisi economica ancora in sospeso in tutto il mondo, continua a pesare fortemente sulle spese militari americane. In molte nazioni occidentali si continuano ad effettuare simili tagli. Dal 2009, sette Paesi hanno già dovuto ridurre le spese militari di più del 10%: Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna – i principali finanziatori della NATO in Europa. È forse opportuno rimarcare il fatto che il collasso dell'Unione Sovietica e di tutte le sue nazioni satellite fu preceduto da un drastico calo della spesa militare.

Le operazioni militari imperialiste della Cina

In altri Paesi, la Cina già interviene militarmente in molti modi. La Cina non è ancora emersa in nessuna delle maggiori guerre imperialiste, ma ha attivamente sostenuto governi locali nella repressione di lotte rivoluzionarie, intervenendo in guerre civili, rivolte popolari, e lotte di liberazione nazionale. Dopo che il presidente del Ciad, Idriss Deby, riconobbe ufficialmente Taiwan e cominciò a stringere affari nel settore petrolifero quasi esclusivamente con Taiwan, la Cina fornì supporto, sia diplomatico che militare, alle insurrezioni che miravano alla sua deposizione. Da allora, a quanto pare la Cina ha guadagnato l'appoggio di Deby, corrompendolo. La Cina interviene in molti conflitti bellici nel mondo. Per esempio, basti pensare al ruolo della Cina nella guerra contro lo LTTE in Sri Lanka. La Cina ha strategicamente fornito armi nucleari al Pakistan per cambiare le fortune di quest'ultimo nell'Asia del sud. Il Nepal e l'Afghanistan subiscono ingerenze dirette e indirette. Altri aspetti della politica estera imperialista della Cina comprendono un particolare sostegno diplomatico e politico in Africa, assistenza militare, consiglieri militari nelle missioni diplomatiche all'estero, e ripetute interferenze da parte del personale militare. La maggior parte degli equipaggiamenti militari sono venduti a regimi che la Cina appoggia fortemente. In questo caso, gli imperialisti cinesi e gli imperialisti nel resto del mondo divergono. La Cina è già fra i più attivi stati imperialisti. Non è certo una sorpresa il fatto che, nel 2012, la Cina era il terzo esportatore di armi al mondo.
L'apparato militare cinese sta celermente sviluppando capacità simili a quelle degli imperialisti americani, incrementando la sua capacità di intromettersi nelle vicende estere, specialmente nei Paesi arretrati. Man mano che la Cina sviluppa il moderno maglio con cui estende il suo dominio imperialista, si troverà sempre più spesso impantanata in conflitti aperti al di fuori dei suoi confini, proprio come gli Stati Uniti.
La Cina nel 1971 aveva aderito all'ONU con un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, e nel 2005 aveva già mandato piccoli contingenti militari in Liberia, nel Sahara Occidentale, in Sierra Leone, in Costa d'Avorio, e nella Repubblica Democratica del Congo. Il porto di Gwadar in Pakistan (nella regione del Belucistan) e la base militare del Gibuti sull'Oceano Indiano vedranno aumentare i propri schieramenti da 20,000 a 100,000 unità. La Cina è in rapporti di cooperazione militare di alto livello con almeno sei nazioni africane, tra cui il Sudan, l'Algeria, la Nigeria e l'Egitto, e fornisce addestramenti a questi Paesi, in cambio di apparecchiature cinesi.

IL SOCIAL-IMPERIALISMO CINESE


Descrivendo gli opportunisti rinnegati della Seconda Internazionale, Lenin coniò l'espressione “socialismo a parole, imperialismo nei fatti”. I rinnegati revisionisti sovietici fecero anch'essi un salto di qualità, dal revisionismo al social-imperialismo. Mao esplicitò il fatto che quando la cricca dei rinnegati revisionisti assume il potere in un Paese socialista, ciò porta sempre al social-imperialismo, o alla complicità col social-imperialismo.
La cricca dei rinnegati revisionisti cinesi fece il suo ingresso nell'ordine mondiale capitalista millantando un “socialismo con caratteristiche cinesi”. Il revisionista Deng Xiaoping supervisionò lo smantellamento del socialismo, la trasformazioni dei rapporti di produzione socialistici in rapporti di produzione capitalistici, mantenendo al potere tuttavia il monopolio del partito unico, dove i monopolisti di stato comandano indossando una maschera da socialisti. Dietro questo travestimento, la Cina è divenuta una nazione social-imperialista. Il CCP non ha ancora posto fine alla messinscena del “socialismo”. Oggi, il sistema cinese viene propagandato come “socialismo con caratteristiche cinesi”, ma le riforme economiche di stampo borghese col sigillo del Partito Comunista Cinese dimostrano chiaramente che queste chiacchiere sono soltanto delle falsificazioni. Il loro “socialismo” non è altro che sviluppo capitalista parzialmente pianificato con lo scopo di tramutarsi in una potenza imperialista moderna e benestante entro il 2050. La dirigenza del CCP distorce il marxismo-leninismo-pensiero di Mao in modo da renderlo compatibile con qualsiasi linea politica funzionale agli obiettivi cinesi. Tuttavia i revisionisti non possono abbandonare la piattaforma socialista, perché altrimenti dovrebbero accantonare ogni pretesa di legittimità. La distorsione del socialismo da parte del CCP raggira le masse dei Paesi sottosviluppati che sono assetati di socialismo, tutto a vantaggio del social-imperialismo. Nessun numero di imprese di proprietà statale potrà mai cambiare questo.
Non bisogna sbagliare, il social-imperialismo cinese sta sfruttando i Paesi arretrati esportando capitali ed investendo tramite pratiche commerciali e finanziarie asimmetriche, mentre questi Paesi vengono derubati di ogni risorsa naturale. La Cina interviene in queste nazioni e cerca opportunità per strappare concessioni e basi militari. L'imperialismo americano è il suo avversario principale. Così, il social-imperialismo cinese esiste in rapporto diretto e proporzionale con l'imperialismo occidentale: dove l'Occidente perde, la Cina vince, e viceversa. L'imperialismo con caratteristiche cinesi è a tutti gli effetti imperialismo, e deve essere percepito e analizzato in quanto tale.

LA STORIA DELLE TENSIONI IMPERIALISTE: GUERRE, RIVOLUZIONI E CONTRO-RIVOLUZIONI

Oggi, una grave crisi di sovrapproduzione mette a dura prova gli stessi limiti del capitalismo, su scala globale. La Cina è parte integrante dell'economia mondiale in qualità di fonte rilevante di lavoro estorto al proletariato e di investimenti di capitale, sia al suo interno, che fuori dai suoi confini. Una porzione significativa di crescita globale è da attribuire all'enorme mole di lavoro estorta alle masse proletarie cinesi. Ciascuna potenza imperialista non solo desidera competere con le altre potenze imperialiste, ma conduce anche un attacco contro i salari e le condizioni di vita dei lavoratori, specialmente gli operai emigrati e semi-coloniali. Ora, le condizioni diseguali si stanno approfondendo in linea con i relativi cambiamenti nella produzione industriale, nell'esportazione di capitale, nell'esportazione di merci, e nelle stagnanti dinamiche economiche internazionali. Lo sviluppo politico ed economico sempre più sbilanciato fra le varie nazioni imperialiste condurrà ad un progressivo aggravamento degli scontri fra mercati per accaparrarsi materie prime da esportare. All'interno dei fronti imperialisti rivali, coloro che non sono più in grado di competere vengono messi da parte, e si fa sempre più violenta la competizione per i redditizi mercati nel Terzo Mondo.
Questa lotta insanabile fra gli imperialisti ha portato ad un riassetto globale in termini di forza economica. Questo non potrà che causare una nuova guerra mondiale. Come dedusse Lenin:
«I capitalisti si spartiscono il mondo non per la loro speciale malvagità, bensì perché il grado raggiunto dalla concentrazione li costringe a battere questa via, se vogliono ottenere dei profitti. E la spartizione si compie "proporzionalmente al capitale", "in proporzione alla forza", poiché in regime di produzione mercantile e di capitalismo non è possibile alcun altro sistema di spartizione. Ma la forza muta per il mutare dello sviluppo economico e politico. Per capire gli avvenimenti, occorre sapere quali questioni siano risolte da un mutamento di potenza; che poi tale mutamento sia di natura "puramente"economica, oppure extra-economica (per esempio militare), ciò, in sé, è questione secondaria, che non può mutar nulla nella fondamentale concezione del più recente periodo del capitalismo. Sostituire la questione del contenuto della lotta e delle stipulazioni tra le leghe capitalistiche con quella della forma di tale lotta e di tali stipulazioni (che oggi può essere pacifica, domani bellica, dopodomani nuovamente pacifica), significa cadere al livello del sofista».
In linea con l'analisi dell'imperialismo da parte di Lenin, la Cina è determinata a lottare su scala globale contro gli imperialisti occidentali, in generale si tratterà di una lotta economica, per proteggere e lanciare gli investimenti cinesi. Al momento, i rapporti fra la Cina e l'Occidente sono cordiale, seppure tesi, ma queste sono circostanze provvisorie e particolari. La competizione imperialista è permanente.
L'America intende far circondare la Cina dai suoi lacchè, rafforzando alleati come India e Giappone. La Cina risponde a questa tattica obsoleta proiettando il suo potere lontano dai confini, in Africa, nell'Oceano Indiano e altrove. La politica estera dichiarata della Cina consiste nel promuovere un mondo multi-polare. Su tutti i fronti, la Cina mette alla prova la supremazia a stelle e strisce e l'unipolarità. Ad esempio, nella South Asian Association for Regional Cooperation (SAARC) è stata garantita alla Cina una “partnership speciale” nell'area di libero scambio dell'Asia meridionale. La Cina ha anche concluso accordi commerciali bilaterali con il Brasile per l'acquisto di cibo e materie prime.
La classe dominante americana insieme ai suoi alleati ha condotto guerre d'aggressione imperialiste contro i popoli in Afghanistan e in Iraq adducendo come casus belli l'Undici Settembre. La internazionale “guerra contro il terrorismo” concentra i suoi attacchi principalmente contro il mondo musulmano. Ciò ha portato ad un crescente conflitto con la Cina, con lo scopo di frenare le nuove operazioni da Guerra Fredda. Gli Stati Uniti ed i suoi alleati pensano, con ottime ragioni, che la Cina trarrà grande vantaggio dalle guerre distruttive portate avanti dall'Occidente, e che la Cina potrebbe anche ostacolare ogni tentativo di aggredire nazioni sotto la sua sfera d'influenza, come l'Iran, la Siria e la Corea del Nord.
Gli Stati Uniti arrancano con fatica in Iraq e in Afghanistan, e l'eroica resistenza del popolo contro l'aggressione imperialista continua ad affliggerli. In questo contesto, gli Stati Uniti stanno fallendo. I fallimenti americani in Medio Oriente rappresentano una grossa opportunità per l'imperialismo cinese di penetrare nell'odierno assetto imperialista mondiale su base permanente. Gli Stati Uniti mancano di un'efficace strategia per rispondere alle vittorie della Cina proprio a loro spese. Per esempio, nel periodo successivo alla guerra d'aggressione guidata dagli Stati Uniti, la Cina ha stipulato con l'Iraq contratti petroliferi molto redditizi. Gli Stati Uniti temono che la Cina potrà mettere in discussione il ruolo americano di prima potenza mondiale dal momento che, mentre in America la situazione monetaria e il deficit di budget si fanno sempre più pesanti, le risorse internazionali e il potere economico e politico della Cina crescono. Le preoccupazioni del Pentagono si moltiplicano, vedendo la Cina investire di anno in anno sempre di più nel settore militare, mentre il potere americano s'indebolisce su tutti i fronti.
Il regime a stelle e strisce cerca continuamente modi per isolare e superare la competizione cinese per i mercati. Il Partenariato Trans-Pacifico (TPP) erano uno di questi stratagemmi, trattandosi di un forum per il libero scambio che doveva riunire tutti i Paesi dell'Anello del Pacifico, tranne la Cina. Anche se Donald Trump ha ritirato l'adesione americana da questo patto, è prevedibile che accordi di questo genere si moltiplicheranno in futuro. Dato che Giappone e Corea del Sud non possono abbandonare l'accordo, hanno dichiarato che proseguiranno i rapporti di cooperazione all'interno di tale piattaforma. Due alleanze politiche/economiche/militari in competizione guidano il sistema capital-imperialista globale. È stata annunciata una guerra commerciale internazionale da parte degli USA contro la Cina nel WTO, sebbene la Cina agisca ancora di compromesso con le altre nazioni nel tentativo di sfruttare Paesi arretrati servendosi di piattaforme internazionali come il WTO. Tutti i maggiori stati imperialisti che fanno parte del WTO ne violano le regole, truffando in continuazione gli altri membri e truffandosi anche a vicenda. Per appropriarsi quote di mercato all'estero, questi Paesi vendono le proprie merci ai prezzi più bassi possibili, e sommergono i mercati con questi prodotti. Vengono usati i sussidi per le esportazioni. I contratti con le loro corporazioni garantiscono aiuti militari. La corruzione è codificata proprio nella sovrastruttura, insomma.

Come gli Stati Uniti, anche la Cina ha fondato le sue libere imprese, indipendenti dalle nazioni avversarie. Perciò, la Cina tenta di stabilire alleanze politiche/economiche/militari contro gli Stati Uniti e i loro vassalli. Un esempio è la Shanghai Cooperation Organization (SCO), in cui Cina e Russia sono le nazioni dal maggior peso, elemento che, nelle intenzioni russe e cinesi, rappresenterà il blocco militare a cui va giustapposto il BRICS, vale a dire, il blocco economico.

La nuova via della seta, o Progetto OBOR

La Cina e nazioni dell'Asia centrale come il Kazakistan, l'Uzbekistan, il Turkmenistan, il Kirghizistan e il Tagikistan hanno istituito una zona di libero scambio nella “Via della seta”. A questo scopo, è stato sviluppato un progetto logistico su iniziativa cinese, con l'attiva partecipazione della Russia. La Asian Infrastructure Investment Bank, la New Development Bank (un tempo BRICS Bank), e le compagnie del Fondo della Via della Seta forniscono il grosso dell'assistenza finanziaria per l'OBOR. Nel 2016, il Summit della SCO ha garantito il pieno supporto all'OBOR. L'OBOR non è un progetto semplice. Esso consiste attualmente di sei corridoi finanziari che partono dalla Cina, e mira alla costruzione di strade, ferrovie e rotte navali che collegano la Cina e le altre regioni asiatiche, l'Africa e l'Europa. Una volta ultimata questa rete logistica, l'integrazione del mercato dell'Estremo Oriente con quello europeo sarà completa.
La prima strada va dall'Asia centrale fino all'Europa orientale, passando per il Kirghizistan, l'Iran, la Turchia e la Grecia. La seconda connette l'Asia centrale, l'Asia occidentale e il Mediterraneo. La terza strada attraverserà il Bangladesh, dove la Cina spera di formare un corridoio che comprende Bangladesh, Cina, India e Myanmar. Il quarto percorso è il corridoio CPEC in Pakistan con il suo porto cruciale, e collega Gwadar a Xinjiang in Cina. È anche conosciuto come il Corridoio Finanziario Cinese. Il quinto percorso è una via marittima che va dalla Cina fino a Singapore e in Malesia, e da Singapore s'immette nell'Oceano Indiano. La sesta via sarà il corridoio finanziario in Mongolia. Tutte queste linee logistiche sono parte dell'area di libero scambio asiatica, che a sua volta fa parte della regione dell'Asia Pacifica, che comprende Nepal, Afghanistan, Pakistan ed Iran e mira all'integrazione di tutti i maggiori mercati in Africa e in Europa.
Il 14 maggio di quest'anno, la Cina ha ospitato a Pechino un seminario internazionale sul progetto. Hanno presenziato cittadini dall'Asia, dall'Africa, dall'Europa e dall'America Latina. Molte nazioni, tra Stati Uniti e Giappone, hanno inviato delegati. In breve, l'OBOR gioca una parte molto importante nei piani della Russia e della Cina per scansare il controllo dell'imperialismo occidentale sulla rete logistica di mare e di terra, come d'altronde sui mercati e sull'accesso al credito.
Sul piano internazionale, il peso economico della Cina è cresciuto. Finanziando il debito pubblico e privato degli Stati Uniti, la Cina ha ricavato molti vantaggi, tra cui maggiore stabilità economica anche a fronte di gravi crisi come quella dell'ultimo decennio. Ci sono pochi spiragli per gli Stati Uniti da cui attaccare la Cina. Gli Stati Uniti e la Cina si forniscono reciproco supporto su tutta una serie di questioni, ma la loro crescente e ininterrotta rivalità porrà sempre più pericoli.
Al contrario, la Russia e la Cina traggono vantaggio l'una dall'altra. Entrambe rifiutano il sistema mondiale unipolare e atlantista, ed intendono farlo saltare in aria. La Russia, usando il pugno di ferro senza timore di ripercussioni sui suoi rapporti con le nazioni occidentali, persegue in continuazione unicamente i suoi interessi. Basti portare come esempio l'annessione, sancita unilateralmente, della Crimea. La Crimea si è separata dall'Ucraina nel 2014, unendosi alla Federazione Russa dopo un referendum locale organizzato dalla Russia, una decisione osteggiata strenuamente dalle potenze occidentali. Nel novembre del 2013, la Cina ha annunciato unilateralmente l'istituzione della sua Air Defence Identification Zone (ADIZ) nel Mar Cinese Meridionale. La Cina avvertì la comunità internazionale che ora bisognava inviare una notifica prima di sorvolare tale area. Due caccia cinesi sono fuggiti ad alcuni scout giapponesi nell'area in cui l'ADIZ giapponese si sovrappone a quella cinese. Nel maggio del 2014, la Chinese National Offshore Oil Corporation iniziò le trivellazioni per il petrolio al largo delle Isole Paracelso, che sono contese dal Vietnam. In questa zona, le forze navali cinesi spesso intraprendono, o sono oggetto di speronamenti e collisioni fra imbarcazioni private e militari.
La Russia e la Cina sono potenze inattaccabili in Eurasia. Sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Contrastano ripetutamente il controllo unilaterale degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali sulla politica internazionale. La Russia e la Cina hanno usato il loro potere di veto varie volte dalla fine della Guerra Fredda. Ad esempio, entrambe si opposero all'uso della forza militare nel Consiglio di Sicurezza del 1999, quando scoppiò la guerra in Kosovo. Hanno contrastato varie sanzioni contro la Corea del Nord, così come l'intervento nella guerra civile siriana.
Le azioni intraprese dalla Cina nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale si basano su rivendicazioni storiche riguardanti rotte, terre ed isole. Alcune dichiarazioni rilasciate dalla Cina e dalla Russia indicano che esse si oppongono alla supremazia unilaterale degli Stati Uniti. Nel maggio del 2014, Russia, Bielorussia e Kazakistan hanno siglato un accordo per istituire un blocco economico chiamato Unione Eurasiatica. La Russia investe molto nella Collective Security Treaty Organization (CSTO), in questioni militari. Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan sono tutti firmatari. Le politiche russe in Ucraina e in altri Paesi alla periferia dell'Unione Europea sono in linea con una strategia che mira al controllo di queste aree in futuro.
Da quando Hu Jintao assunse il potere, la Cina è diventata una grande potenza navale. Da quando Xi Jinping è salito al potere, le parole d'ordine sono il “sogno cinese” e la “rinascita della nazione cinese”. Nel giugno del 2013, Xi Jinping, in un incontro ufficiale con Obama, ha espresso l'idea che nel Pacifico c'è abbastanza spazio per una presenza simultanea di Cina e Stati Uniti. Xi ha rivelato, sia a parole che con i fatti, che il piano cinese consiste nella spartizione del Pacifico fra America e Cina, con la segreta speranza che quest'ultima possa imporsi come unica potenza egemone in avvenire. Contestualmente a questo progetto, il canale di Bashi fra Y'Ami e Orchid Island, contesi rispettivamente dalle Filippine e da Taiwan, canale d'ingresso per il Pacifico e la via attraverso cui passano i cavi subacquei che distribuiscono dati e traffico telefonico in tutta l'Asia, sarà un'area di controllo strategica. La Cina deve instaurare il suo dominio contro l'influenza americana passando per questo primo gruppo di isole nel Mar Cinese Meridionale. In futuro, la Cina desidera costruire una rete basilare di colonie nelle acque che si estendono dall'Oceano Indiano fino ai dintorni del secondo gruppo di isole, dalle isole Ogasawara a Guam. Perciò, la situazione nel Mar Cinese Orientale ci dimostra che l'imperialismo cinese continua a marciare, non sottovalutando i suoi tentativi di risolvere dispute territoriali e questioni di sovranità nel Pacifico. La Cina ha dichiarato apertamente che se gli Stati Uniti vogliono una più stretta cooperazione e maggiore libertà d'investimento, essi devono abbandonare Taiwan e smettere di contrastare la Cina nelle questioni riguardanti il rispetto dei diritti umani. Devono anche accettare il diritto di controllo sul Tibet della Cina. Questi sono i veri rapporti fra la Cina, l'America, e le potenze asiatiche allineate con l'America ma in fase di deterioramento. Nel settore internazionale, sono emersi certi sviluppi e tendenze:

1. A partire dagli Anni 70, continui investimenti e un'inossidabile stagflazione che è l'effetto di una crisi generale in Occidente, culminata nella crisi dei mutui nel settore immobiliare del 2008 in un'America molto indebolita dal punto di vista finanziario. La competizione politica e militare con la Russia e la Cina ha raggiunto livelli mai visti dal collasso dell'Unione Sovietica.
2. Nelle nazioni imperialiste, tornano il protezionismo economico, il razzismo e il fascismo.
3. Continua la competizione fra le nazioni imperialiste per saccheggiare le risorse appartenenti a nazioni arretrate, così come la competizione fra i loro mercati, e questo infiamma la competizione fra blocchi per il bottino.
4. L'imperialismo americano, per ora ancora l'unica superpotenza, sta cercando di migliorare la propria situazione. L'imperialismo debole della Russia sta cercando di mantenere la sua influenza sul suo “vicinato” e sulla sua sfera commerciale. Attualmente le contraddizioni con l'Occidente sono giunte all'apice, mentre la Cina è ormai un Paese imperialista e compie seri sforzi per riorganizzare i mercati nel mondo. I mutamenti geopolitici globali seguono la crescente competizione fra gli Stati Uniti e la Cina per una nuova spartizione del pianeta. In misura minore, cresce anche la competizione fra Germania e Francia per la supremazia in Europa. Questi sviluppi riflettono le posizioni assunte reciprocamente dalle maggiori nazioni imperialiste nelle loro relazioni di potere.

Anche se non c'è ancora in programma alcuna guerra diretta fra Stati Uniti, Russia e Cina nei prossimi anni, si combatteranno molte guerre non frontali fra queste potenze. Gli Stati Uniti cercano di accerchiare aggressivamente la Russia e la Cina, e soltanto la Cina ha i mezzi per batterli con l'astuzia e schivare ogni colpo. La NATO muove guerra in Afghanistan, in Siria, un po' ovunque in Africa, e altrove. Si contenderà la zona artica con la Russia. Alla Cina ogni giorno vengono imposti ultimatum dal blocco occidentale. Il blocco russo-cinese è già emerso come una grande minaccia per i piani imperialisti americani di controllare la distribuzione di petrolio e di importanti risorse minerarie, con l'intento di soddisfare la crescente domanda commerciale dell'imperialismo cinese.

CONCLUSIONE



Le tre grandi contraddizioni del mondo odierno si stanno inasprendo – il conflitto tra l'imperialismo e i popoli e le nazioni oppresse; la contraddizione tra la classe borghese e il proletariato nei Paesi capitalisti e imperialisti; la discrepanza tra Paesi imperialisti e gruppi capitalisti di monopolio. La contraddizione principale è quella fra imperialismo e nazioni oppresse. Questa contraddizione influenza le altre ed avrà un effetto decisivo sulla lotta di classe. I popoli dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina insorgono sempre più contro lo sfruttamento imperialista, la persecuzione, l'oppressione, l'aggressione, i traumi, le umiliazioni, il potere e le discriminazioni. La partecipazione popolare nella lotta contro l'imperialismo cresce ogni giorno. I popoli lottano contro l'imperialismo cinese in una miriade di modi diversi, e si inaspriscono le contraddizioni fra il social-imperialismo e i popoli oppressi, parallelamente al conflitto fra borghesia e proletariato in Cina. La liberazione delle nazioni oppresse e l'emancipazione dei popoli esigono – e ci appella a – una lotta rivoluzionaria. Per questo motivo, tutte le lotte cresceranno d'intensità, fino alla morte del capitalismo, o fino alla morte dell'umanità. A questo proposito, è utile richiamare alla mente le parole del compagno Mao durante la guerra contro il Giappone:
«Il mondo imboccherà la via del progresso e non certo la via della reazione. Naturalmente noi dobbiamo continuare a esercitare tutta la nostra vigilanza e considerare che nel corso degli avvenimenti si potranno produrre svolte momentanee, in alcuni casi molto brusche. In molti Stati le forze della reazione, che non desiderano che i popoli dei loro paesi e quelli delle altre nazioni si uniscano, progrediscano e si liberino, sono ancora potenti. Chi perde di vista queste cose, commetterà errori politici. Il corso generale della storia è già tracciato e non potrà mutare».
Gli sforzi degli imperialisti, aggravati dalla follia dei revisionisti, hanno distrutto il campo socialista, comprese l'Unione Sovietica e la Cina. Le condizioni odierne sono identiche a quelle presenti prima della Rivoluzione d'Ottobre. Siamo soli. Dunque, nonostante i rischi e gli ostacoli, ci sono molte opportunità per spianare la strada ad un futuro migliore. Ci sono più opportunità ora che in passato. Non c'è dubbio, la classe operaia mondiale sta affrontando molte sfide, ed attraversa un periodo più duro che in passato, ma nel complesso, questo stato di cose può essere in ogni momento una scintilla che darà fuoco a tutta la prateria. La rivoluzione armata affronta una contro-rivoluzione armata. In quanto allievi di Mao e delle lotte storiche per il socialismo, noi ne siamo coscienti, e lo accettiamo.
Il capitalismo, ormai nella sua fase più elevata e decadente, continua a condurre guerre d'aggressione contro Paesi arretrati in tutto il mondo. La piaga della guerra, le rivolte e le guerre civili si diffondono come un virus, dal suo cuore malato. In quanto effetto della competizione fra gli imperialisti, la guerra mondiale è in fase di preparazione attraverso la formazione di blocchi economici e militari con lo scopo di spartire nuovamente il mondo in funzione dei loro obiettivi. Le aggressioni e le ingerenze degli imperialisti incontrano ovunque la resistenza dei popoli e delle nazioni oppresse, che rispondono con la guerra popolare rivoluzionaria. Alla luce del marxismo-leninismo-maoismo, le organizzazioni di partito maoiste devono integrare le lotte delle masse e delle nazioni oppresse per porre fine ad ogni forma di oppressione da cui sorgono queste guerre. L'arroganza nazionalista borghese degli imperialisti deve essere scartata, ed occorre neutralizzare ogni tentativo di frantumare i movimenti nazionalisti progressivi. Mirando all'obiettivo di realizzare la rivoluzione socialista mondiale, il compito dei rivoluzionari è di unire i ceti medi e il proletariato dei Paesi capitalisti e imperialisti. La rivoluzione di nuova democrazia e la lotta di liberazione nazionale devono assumere importanza primaria nei Paesi arretrati. Le contraddizioni all'interno del campo imperialista provocheranno una guerra mondiale se nessuna rivoluzione fermerà gli imperialisti. Se scoppia una guerra mondiale, gli imperialisti faranno fronte comune solo per reprimere il desiderio di pace del popolo, servendosi di metodi di repressione arcaici e brutali per salvaguardare il loro potere da ogni pericolo. Non importa cosa accada, la rivoluzione è una tendenza inesorabile. Nessun potere potrà fermarla.

I proletari non hanno niente da perdere, se non le loro catene! Hanno un mondo da guadagnare!
Proletari e popoli oppressi di tutto il mondo, unitevi!
Che la borghesia tremi al pensiero di una rivoluzione comunista!
La rivoluzione in tutte le nazioni distruggerà l'imperialismo!
Morte al social-imperialismo cinese!
Morte al revisionismo!
Viva l'unità dei partiti rivoluzionari e delle organizzazioni di ogni nazione!
L'unità delle forze e delle istituzioni democratiche, rivoluzionarie e anti-imperialiste fiorirà!
L'unità degli operai, delle nazioni e dei popoli oppressi di tutto il mondo fiorirà!
Viva la rivoluzione operaia socialista mondiale!
Viva il marxismo-leninismo-maoismo!

libera traduzione del compagno Simone Roghi per ScintillaRossa
 
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