A settant’anni dalla nascita
(e a sette mesi dalla morte)
“Io sono un beduino analfabeta, non so neppure che cosa siano gli arredi e le fogne… Io bevo l’acqua della pioggia e dei pozzi nelle mie mani congiunte (…). Un povero beduino sperduto, che non possiede neppure un certificato di nascita”. Cosi', forse esagerando, Muammar al Gheddafi si presenta ai lettori del suo libro Fuga all’Inferno ed altri racconti, pubblicato con successo nel 1996 e col quale si consacra anche come geniale scrittore, lodato dalla critica europea, dopo essersi gia' affermato negli anni precedenti come erede politico di Gamal Abdel Nasser e “oppositore globale” all’imperialismo d’impronta statunitense. Eppure e' vero: di Gheddafi non esiste neppure un certificato di nascita. Colpa delle leggi libiche, che fino al 1950 rendevano facoltativa l’iscrizione dei nuovi nati all’anagrafe, con la conseguenza che tanto nelle citta' quanto a maggior ragione fuori da queste nessuno vi provvedeva. Ufficialmente egli risulterebbe essere nato il 7 giugno del 1942 in un villaggio a venti chilometri a Sud di Sirte (probabilmente Gars Bu Hadi, teatro della sua sanguinosa uccisione il 20 ottobre del 2011 ma anche della disfatta della colonna del colonnello Antonio Miani ad opera dei mujaheddin di Ramada'n Esc Scete'ui e di Safi' Ed Din avvenuta il 29 aprile del 1915), ma la cosa non potra' mai essere provata. Anzi, con la damnatio memoriae di qualsiasi cosa che riguardi la vita e la figura del Colonnello, decretata dalle nuove autorita' libiche perennemente ossessionate dalla sua ombra, probabilmente in futuro sara' ancora piu' difficile – quando non impossibile – stabilirlo.Sappiamo che gia' all’epoca entrambi i suoi genitori erano avanti con gli anni. Il padre, Mohamed Abdel Salam Abominiar, aveva quasi sessant’anni e soffriva per i postumi delle ferite riportate nel gia' menzionato scontro di Gars Bu Hadi, mentre la madre Aisha era una donna spossata dalla morte di sei dei suoi figli a causa della malaria imperante nelle coste della Sirtica (“Quattro maschi e due femmine”, precisera' Gheddafi nel suo racconto La morte). Muammar, insieme alle tre sorelle piu' anziane Salema, Ateqa e Alzadina era dunque l’unico figlio sopravvissuto.Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale: al momento della nascita di Muammar le truppe di Rommel sono in piena offensiva e s’arresteranno solo sulla strada per Alessandria d’Egitto. Gheddafi nasce dunque come cittadino italiano, sebbene per poco tempo ancora, mentre suo padre continuera' a combattere col suo vecchio fucile fin quando non vedra' i resti dell’armata di Rommel, messa ormai in rotta da Montgomery ad El Alamein, fuggire verso Buerat abbandonando definitivamente la Cirenaica e la Sirtica. La guerra finira', pero', solo per modo di dire: italiani, tedeschi ed Alleati hanno disseminato il deserto sirtico di mine, nemici pericolosi ed invisibili che continueranno a mietere vittime anche negli anni successivi. Sara' infatti per colpa di una mina che ancora da bambino, nel 1948, Gheddafi si procurera' una cicatrice al braccio (che talvolta esibira' ad alcuni dei suoi intervistatori, negli anni a venire) in un incidente che provochera' anche la morte di due suoi cuginetti. Sara' anche in loro memoria che trent’anni dopo, ormai Guida della Rivoluzione, fara' redigere un Libro Bianco sui danni causati dalle mine alla popolazione libica, chiedendo inutilmente un risarcimento alle nazioni giudicate responsabili.Nel ’52 suo padre lo iscrive alle scuole elementari a Sirte, che espletera' in soli quattro anni; quindi, nel ’56 il giovane Gheddafi si distacchera' del tutto e non senza dolore dalla vita transumante ed agropastorale della sua famiglia, sempre divisa a seconda dell’anno tra Sirte e Sebha insieme a tutta la qabila dei Gheddadfah, per dedicarsi a tempo pieno allo studio presso le scuole medie inferiori a Sebha. La', beduino di umili origini costretto ancor piu' di prima a cavarsela da solo, rafforzera' il suo legame col mondo arabo e musulmano e con la tradizionale ospitalita' che lo contraddistingue: se a Sirte era vissuto dormendo per quattro anni nelle moschee, a Sebha invece entrera' in contatto con i progetti del panarabismo e del nasserismo. E’ l’ottobre del ’56 e l’Egitto, che ha appena nazionalizzato il Canale di Suez, e' sotto l’attacco di Francia, Inghilterra ed Israele. Gheddafi, che ascolta i discorsi di Nasser alla radio egiziana Sawt al-’Arab (“La voce degli Arabi”), scopre cosi' la politica. Dira' sempre, anche in futuro, che la sua “e' una generazione avvicinatasi alla politica con Nasser”. Comincera' cosi' a mobilitare i suoi compagni, addirittura organizzando una manifestazione di protesta davanti al consolato francese. Poco dopo, liceale quindicenne, riflettendo sui contemporanei fatti d’Algeria, decidera' di spedire una lettera al Journal de Fezzan, ponendo queste domande: “A che cosa deve servire il petrolio che si estrae in Algeria? Chi e' incaricato dello sfruttamento dei giacimenti? Chi ci guadagna e chi e' lo sfruttato? Che fine ha fatto Ahmed Ben Bella dopo il dirottamento del suo aereo, organizzato dai servizi speciali francesi?”. Ma non saranno solo l’Egitto e l’Algeria ad attirare le attenzioni del futuro Colonnello: ogni giorno Gheddafi organizza manifestazioni per protestare anche contro gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara algerino, per la proclamazione della Repubblica Araba Unita formata da Siria ed Egitto o contro l’assassinio del leader congolese Patrice Lumumba, primo segno di un interesse politico che non si ferma solo ai popoli arabi ma che s’estende invece a tutto il continente africano. Dira' in una di quelle occasioni: “il destino di 200 milioni di africani e' ancora nelle mani di cinque milioni di bianchi, che li governano”.Il suo sogno e' di rovesciare il corrotto governo libico, succube degli interessi angloamericani, per avvicinare il paese all’Egitto di Nasser. A questo progetto, decisamente ambizioso, inizia a lavorare gia' nel ’59, reclutando quelli che tra i suoi compagni di studi ritiene essere i piu' validi. Nel frattempo, affina il suo pensiero politico e rivoluzionario studiando il saggio Filosofia della Rivoluzione di Nasser, nel quale si immedesima anche dal punto di vista esperienziale, senza tuttavia trascurare altre letture che vanno da Rousseau agli esegeti del Corano. I suoi progetti saranno comunque momentaneamente infranti dallo scioglimento della RAU: appena ascoltato il discorso alla radio con cui Nasser ne da' l’annuncio, il giovanissimo Gheddafi decide d’organizzare un corteo che avra' un enorme seguito di studenti e partecipanti. La polizia reagisce disperdendolo e Gheddafi si trova cosi' costretto ad abbandonare Sebha ed il Fezzan, con tanto di decreto d’espulsione emanato a suo carico dalle autorita'. Ritornato per qualche tempo nel villaggio natio di Gars Bu Hadi, decide in seguito d’iscriversi al liceo di Misurata, in Tripolitania, determinato pero' ad operare da questo momento in avanti solo nell’ombra, visto che non gli conviene attirare su di se' gli sguardi della polizia di un regime nemico. A Misurata Gheddafi restera' per due anni, gettando le fondamenta del suo movimento rivoluzionario, quello che pochi anni piu' tardi diventera' noto come il CCR, il Consiglio del Comando della Rivoluzione.Ed e' proprio nel corso di una riunione clandestina del CCR che Gheddafi e i suoi prendono alcune scelte che da quel momento in avanti modificheranno largamente le loro esistenze: entreranno all’Accademia Militare di Bengasi, e successivamente anche all’Universita', col proposito di crearvi nuove cellule rivoluzionarie. Il gruppo si scindera' da quel momento in due ali, delle quali una civile e l’altra militare – quest’ultima egemone sull’altra e capitanata da Gheddafi. Si daranno entrambe delle regole molto rigide e, dopo una seria valutazione della situazione politica libica, scarteranno l’ipotesi d’una presa del potere per mezzo di un’insurrezione popolare preferendo la soluzione nasseriana, vale a dire l’occupazione indolore e senza spargimenti di sangue dei centri di comando del Paese. E’ il 1964 e al colpo di Stato del 1 settembre 1969 mancano ancora cinque anni. Nel corso di quel lungo lasso di tempo Gheddafi e i suoi alimenteranno e forgeranno giorno dopo giorno la macchina rivoluzionaria appena creata, avvicinando nuovi elementi e acquisendo nell’ambiente civile e militare nuove nozioni che risulteranno utili alla loro attivita' militante. Non mancheranno anche corsi d’aggiornamento e di professionalizzazione all’estero, il piu' importante dei quali in Inghilterra: un’esperienza che il giovane Gheddafi, abituato al clima non solo meteorologico ma anche umano del suo deserto, non ricordera' mai con particolare nostalgia, ma che gli fornira' qualche utile dritta a livello militare e di uso delle telecomunicazioni.Il quinquennio che passa tra il ’64 ed il ’69 e' molto duro, e non soltanto per la Libia ma per l’intero mondo arabo. Il 14 gennaio del ’64, per esempio, la polizia reprime nel sangue una manifestazione studentesca a Bengasi; pochi giorni dopo il copione si ripete a Zawiya, dove i giovani tentano l’assalto ad una caserma. In quegli anni e' soprattutto il movimento studentesco ad opporsi al regime dispotico di Re Idris e di suo figlio Hassan, pagandone cosi' anche il prezzo piu' alto; il proletariato e la borghesia produttiva locali, polarizzati intorno ad un partito comunista e ad un partito Ba’ath ancora d’esigue dimensioni, mantengono un ruolo marginale nella vita politica del paese. Il culmine della tensione, tuttavia, si raggiunge nel ’67, al tempo della Guerra dei Sei Giorni: quando la radio annuncia la disfatta dell’aviazione egiziana e l’avanzata israeliana a Suez, il paese precipita letteralmente in un clima di caccia all’italiano e all’ebreo. Dopo una settimana di disordini, si contano diciassette ebrei uccisi, cento negozi d’ebrei ed italiani distrutti, seimila cittadini americani evacuati dalla base di Wheelus Field verso l’Europa e settemila tra europei ed ebrei parimenti riparati nel Vecchio Continente. Cosi' tra il 2 e il 9 giugno, con la complicita' delle autorita' monarchiche, quasi tutta la comunita' ebraica libica abbandona la Libia.E’ dunque in queste difficili condizioni storiche e politiche che Gheddafi ed i suoi compagni pianificano il colpo di Stato che avra' luogo nella notte tra il 31 agosto ed il 1 primo settembre del 1969. Una serie di circostanze sfavorevoli li costringera' a rimandare il colpo per ben quattro volte: dal 12 al 24 marzo fino al 13 agosto. Alla fine opteranno per il 31 dello stesso mese. L’audace azione passera' alla storia come l’Operazione Gerusalemme.
Poco dopo la mezzanotte, Gheddafi s’apparta per pregare insieme ai compagni Kharrubi e Mugarieff. Due ore dopo, con le pistole in pugno e poche decine di soldati a disposizione, entrano negli alloggi degli ufficiali superiori della caserma di Gars Junis, ad otto chilometri da Bengasi, e li arrestano nei loro letti. Con soli trecento uomini e le munizioni contate Gheddafi e i suoi hanno nelle loro mani le sorti di Bengasi e dell’intera Cirenaica: spetta a loro l’arduo compito di occupare tutte le caserme di Bengasi, l’aeroporto di Benina, la guarnigione di Derna e quella del centro amministrativo di Al Bayda. Alla stessa ora Jallud, Younes, al Huni, al Hamidi e al Meheishi occupano la stazione radio di Tripoli e le caserme di Tarhuna, procedendo quindi all’arresto del principe ereditario (re Idris e' all’estero, in Turchia). Hanno a disposizione seicento uomini, parte dei quali impiegati per sorvegliare la base americana di Wheelus Field. A Sebha, infine, al Hawadi e Hamza costringono alla resa la guarnigione cittadini, forti anche dell’immediato sostegno riscosso presso la popolazione. In tutto il Paese, che alle sei e trenta del mattino e' ormai completamente sotto il controllo del CCR, vi e' stato un solo scontro a fuoco con un solo morto e quindici feriti e puramente per una fatalita': il tenente colonnello Musa, uno degli ultimi militari ad essere entrato nelle file dei cospiratori, ha preso d’assalto le caserme di Gurnada e Al Fueihat, in Cirenaica, dove sono di stanza le forze mercenarie di re Idris, la Cyrenaica Defense Force. A completamento dell’Operazione Gerusalemme, anche una piccola puntata all’estero: il giornalista Salah Bouissir, da quattordici anni in esilio e legato ai rivoluzionari, occupa a colpo di Stato compiuto l’ambasciata libica a Roma.Alle 6.30 del mattino, sapendo di avere tutta la Libia ormai sotto il suo controllo, Muammar al Gheddafi entra alla stazione radio di Bengasi e legge il proclama della rivoluzione: “Nel nome di Dio, il compassionevole, il misericordioso, o grande popolo di Libia! Interpretando la tua libera volonta'; esaudendo i tuoi voti piu' cari; rispondendo ai tuoi reiterati appelli per una trasformazione ed un risanamento del paese che andassero di pari passo con il tuo legittimo desiderio di agire e di costruire; ascoltando, infine, i tuoi incitamenti alla rivolta, le tue forze armate si sono assunte il compito di rovesciare un regime reazionario e corrotto, il cui fetore ci soffocava e la cui vista ci inorridiva. Con rapida determinazione le tue forze armate hanno abbattuto gli idoli e infranto i simulacri. Di un sol colpo s’e' illuminata la cupa notte durante la quale si sono succeduti nel nostro paese la dominazione turca, il colonialismo italiano ed infine l’oppressione di un regime autocratico e marcio, preda della concussione, delle fazioni, dei peggiori tradimenti. Da questo momento la Libia e' una repubblica libera e sovrana, che prendera' il nome di Repubblica Araba Libica e che, per grazia di Dio, si mette all’opera. Essa avanzera' sul cammino della liberta', dell’unione e della giustizia sociale, garantendo a tutti i suoi figli il diritto all’uguaglianza, aprendo loro le porte ad un lavoro onesto; un lavoro scevro di sfruttamenti ed ingiustizie, in cui nessuno sara' ne' padrone ne' servo, in cui tutti si sentiranno liberi e fratelli, in seno ad una societa' che vedra' regnare, per grazia di Dio, la prosperita' e l’uguaglianza ”.L’esultanza, in Libia, e' generale. Esultano anche i suoi genitori, che in quel momento ascoltano la voce di loro figlio attraverso una piccola radio a transistor, e che resteranno presto sbigottiti dalle visite alla loro tenda di tutti i membri della qabila dei Gheddadfah che si vogliono complimentare con loro. E’ nata la leggenda libica ed africana di Muammar al Gheddafi.Quel che e' successo dopo, in un certo senso, e' maggiormente noto: pur rientrando ancora nel campo della storia, e' piu' in odor di cronaca che di biografia. Gheddafi tentera' un’unione con l’Egitto nell’ultimo anno di vita di Nasser (progetto che restera' lettera morta a causa delle delusioni che il Rai's egiziano ha gia' patito otto anni prima, allo scioglimento della RAU, e che provochera' non poche delusioni anche nello stesso Gheddafi) e ricevera' da questi l’investitura, la baraka, l’adozione come suo erede politico ed ideologico. Morto Nasser, tentera' altre due unioni con l’Egitto, coinvolgendo anche Siria e Sudan, ma senza fortuna: Sadat non e' interessato al socialismo panarabo e pensa semmai a risolvere il suo contenzioso con Israele e a riguadagnare il Sinai con altri metodi. Dopo Camp David e uno scontro di confine tra truppe libiche ed egiziane durato alcuni giorni, nel ’77, Gheddafi capira' di non aver piu' nulla che lo leghi a Sadat e all’Egitto e sostituira' il tricolore nazionale, mutuato proprio da quello egiziano, col vessillo monocolore verde, fondando quella Jamahiriya socialista e popolare alla quale gia' da tempo pensava e che aveva ormai concluso di teorizzare con la messa alle stampe del Libro Verde, scritto a piu' riprese tra il ’73 ed il ’77.
Tentera' anche altre unioni con la Tunisia, col Marocco, con la Siria, persino col Ciad, cosa che inneschera' quella che passera' poi alla storia come “la guerra delle Toyota”, durata dalla seconda meta' degli Anni ’70 alla fine degli Anni ’80. Purtroppo nessuna di queste unioni, malgrado gli inizi promettenti, avra' successo. Ben piu' fortunata invece l’opera di riconquista della sovranita' libica con l’evacuazione di Wheelus Field e dei soldati angloamericani dalla Libia, cosi' come dei coloni italiani invisi alla popolazione (al termine ne restarono solo circa 1500, quelli che ben s’integravano nel tessuto sociale), e la nazionalizzazione degli idrocarburi. Arrivando ad intascare fino all’85% delle royalties, la Libia divenne finalmente padrona di cio' che produceva ed ebbe risorse a sufficienza per elevare le condizioni materiali della propria popolazione, attirare sul proprio suolo nuovi immigrati per lavorare (circa due milioni, soprattutto dall’Africa Nera) e finanziare la costruzione di un’infinita' d’infrastrutture tra le quali certamente spicca il Grande Fiume Artificiale, definito giustamente come l’ottava meraviglia del mondo.Sara' anche formidabile, Gheddafi, come grande oppositore su scala mondiale, leader dei paesi non allineati: strategico, prezioso, praticamente insostituibile il suo appoggio alla guerriglia di liberazione eritrea, a quella palestinese e a quella del popolo Saharawi nel Marocco Spagnolo, all’ANC di Mandela e ad altri importanti movimenti anticoloniali non soltanto dell’Africa ma di tutto il Terzo Mondo. Le accuse di terrorismo, cadute col tempo dinanzi alla prova dei fatti (ma nonostante cio', prontamente riesumate nel momento in cui l’Occidente e' tornato a fare la guerra alla Libia, nel 2011), non potevano ad un certo punto non apparire all’orizzonte.
Potremmo scrivere e parlare per delle ore sulla figura di Gheddafi, sui suoi screzi con Reagan (che costarono a Tripoli e a Bengasi un bombardamento vigliacco, nel 1986) o ancora su certe peculiarita' della sua personalita' vivace e fantasiosa, che ne faceva non soltanto un leader politico ed un legislatore, ma anche uno scrittore e addirittura, ma solo per diletto, un designer d’automobili. Addirittura potremmo spingerci oltre, a discutere delle teorie (in parte fondate, in parte forse fin troppo esoteriche) che lo vorrebbero ancora vivo, magari nascosto in qualche angolo del suo amato deserto, non avendo colui che e' stato ucciso a Sirte ne' i suoi lineamenti facciali ne' le sue cicatrici al braccio e all’addome. Ma, facendolo, rischieremmo solo d’entrare nel campo della cronaca, abbracciando temi gia' noti alla maggior parte dei lettori, certamente molto ben informati sulla figura di Gheddafi come statista e combattente. Qua, visto che era il suo compleanno, abbiamo voluto occuparci del Gheddafi bambino, giovinetto e rivoluzionario in erba. In fondo e' anche cosi' che ci piace ricordarlo.
http://www.statopotenza.eu/3907/a-settanta...-gheddafiAutore: Cloro - Informarexresistere.fr