Comunismo - Scintilla Rossa

Cina: dove sta andando?

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view post Posted on 4/10/2009, 22:10
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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Non sono affatto d'accordo.

Come mai?
 
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fumino
view post Posted on 4/10/2009, 22:38




CITAZIONE (Kalashnikoba @ 4/10/2009, 23:10)
CITAZIONE
Non sono affatto d'accordo.

Come mai?

Parlo da ignorante della situazione: non credo che se una Nazione si sviluppa toglie possibilità agli altri: non è che la Terra ha un budget determinato di risorse che bisogna dividersi facendo dividendo divisore quoziente. Ciò di cui bisogna tenere conto per la crescita sono i rapporti sociali e l'ambiente.
 
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view post Posted on 5/10/2009, 01:12
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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Ma parliamo anche a livello nazionale: due abitant di una stessa nazione non è affatto detto che abbiano un tenore di vita identico, ci può essere chi ne ha uno superiore alla media nazionale come chi ne ha uno inferiore. Si parlava di buoni comunisti in generale da quanto ho capito, non di buoni comunisti in una società comunista. Per cui ribadisco: secondo me se uno ha un tenore di vita superiore al livello medio nazionale automaticamente significa che c'è qualcuno che sta sotto la media, quindi il plus che ho io è portare via la parte che spetterebbe ad un altro per vivere in condizione di uguaglianza.
 
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LokiTorino
view post Posted on 5/10/2009, 07:56




CITAZIONE (carre @ 4/10/2009, 20:30)
Diciamola tutta, usando il tuo linguaggio:
economia statale (di tutto il popolo) ----> economia mista statale e privata (multinazionali) ------> ???
Il dopo non si conosce.

Veramente il passaggio non è affatto così.
La Cina ha attraversato passaggi differenti con un apporto statale-privato a geometria variabile.

I Cinesi si accorsero che il "comunismo della ciotola di riso" non avrebbe tenuto insieme la loro società per molto tempo. Specie perché vi era una pressione crescente dell'imperialismo statunitense che faceva leva sulle potenzialità della società dei consumi.
Poche chiacchiere, a Cinesi e Sovietici, parlo della gente comune, interessava avere un tenore di vita in crescita con un accesso al consumo garantito e tutelato.
Come al solito la gente è molto attenta all'erba del vicino ma non alla sua. I Sovietici e i Cinesi avevano in casa un tesoro inestimabile: un'organizzazione della produzione socialista.
Però guardavano fuori dai confini e vedevano le vetrine dei negozi.
L'imposione dell'est Europa è lì a confermarcelo: l'opposizione popolare al cambio strutturale della società fu veramente minimale.
Gli stessi Cinesi del PCC analizzarono molto approfonditamente le dinamiche di piazza Tienanment e i "simpatici studenti con la statua della libertà".

Quando cadde l'URSS, i Cinesi cercarono di capire che fare per evitare di seguirli a ruota. La risposta fu: sviluppo e ridistribuzione.
L'unica strada per accelerare questo processo in una società arretrata fu quello di modulare l'utilizzo di aziende private nazionali e, soprattutto, internazionali, con quello statale e cooperativo.
Per anni l'andamento privato-statale-cooperativo è stato dinamico, un sali e scendi continuo in funzione della fase del momento.

Han fatto male a "tradire" i dettami dell'ortodossia socialista che vede nella progressiva e lineare sparizione dell'iniziativa privata un tratto fondamentale dello sviluppo socialista?
La realtà odierna ci dice di no: la Cina ha retto all'avanzata capitalista, si è sviluppata e ora procede con un'economia stabile e dinamica verso gli obiettivi socialisti che il PCC si è preposto.

E' stato sviluppato un nuovo sistema sanitario ancora più efficiente, universale ed economico, le imprese private sono sempre più vincolate e ancorate in basso e le TVE sono "esplose" nel territorio.
Questa ultime necessitano di una parentesi a sé visto che nel 1978, come imprese collettive, erano ancora parte del sistema delle comuni, ma nel 1993 hanno dato lavoro a 52 milioni di persone, il 58% dell’occupazione complessiva nell’industria rurale mentre alla fine del 2005, gli occupati sono 135 milioni (Hutton Will, Il drago dai piedi d'argilla. La Cina e l'Occidente nel XXI secolo, Fazi, 2007, pp. 90-91).
Tra il 1990 e il 2001, il numero di famiglie rurali è aumentato da 222,37 milioni a 244,32 milioni, mentre il numero di lavoratori rurali sono diminuiti da 895,9 milioni a 482,3 milioni. Molti di questi lavoratori sono stati assorbiti nel settore agro-industriale, dalle Imprese collettive di villaggio (TVE) (China's big economic success, The Guardian October 22, 2003).

Scusate se è poco!
 
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LokiTorino
view post Posted on 5/10/2009, 08:12




CITAZIONE (Kalashnikoba @ 4/10/2009, 23:10)
Come mai?

Apriamo questo OT.

Se ho inteso bene si sta parlando di essere "buoni comunisti" in questa società.
Nell'affermazione che io non condivido ci sono vari assunti, provo ad elencarli:

1) Bisogna rispettare il livello medio di benessere globale che permette a tutti di vivere decorosamente - esiste perciò un indice medio di benessere globale. Per me non esiste questo indice e se esistesse sarebbe incalcolabile con precisione. Siccome io non mi vergogno di vivere nel capitalismo (mica è colpa mia), non sento in me una sorta di "peccato originale" per essere finito nel posto in cui non volevo essere. Detto questo non ho interesse ad espiare una colpa che non sento adottando stili di vita compatibili con i rimorsi della coscienza.
Personalmente ritengo, e ribadisco che è una mia opinione personale, che la diffusione di stili di vita "alternativi", eco-compatibili, equo-solidali, etc. sia derivata da questo senso di colpa universale dell'occidente opulento unito al fatto che il capitalismo moderno ha annullato ogni forma di interesse comunitario annullando, nella percezione delle persone, la possibilità di una rivoluzione collettiva. Se l'atomizzazione capitalista ci ha resi tutti delle singolarità parcellizzate, è normale che l'ipotesi rivoluzionaria sia vista dalla maggioranza delle persone come una "rivoluzione interiore, personale". E quindi via giù secco con le filosofie orientali, altro-mercato, vegetarianesimo, etc.

2) superarlo vuol dire impossessarsi di una ricchezza ulteriore che necessariamente se è in mano mia non è più in mano a chi spetterebbe e quindi privo qualcuno della sua parte - qua io vedo in parte il discorso sviluppato al punto precedente sul senso di colpa occidentale.

3) un buon comunista dovrebbe condividere tutto quello che è in più con chi ne ha bisogno - secondo me no. Questo a me sembra più il cristianesimo. Il Comunismo non è egualitarismo come forma di società, figurarsi se lo è come impostazione etico-morale nel capitalismo. Questo concetto di carità collettiva mi sembra proprio rientrare nell'ottica precedente della "rivoluzione interiore", concetto che il cristianesimo ha portato a buon gioco avanti visto che il miglior sistema per evitare che la forma di potere cambi è spostare il cambiamento a dopo la morte (vi promettiamo il paradiso!) oppure declassarlo a rivoluzione personale in linea con il proprio sentire di coscienza.
 
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view post Posted on 5/10/2009, 15:54
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compagno

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CITAZIONE (LokiTorino @ 5/10/2009, 08:56)
CITAZIONE (carre @ 4/10/2009, 20:30)
Diciamola tutta, usando il tuo linguaggio:
economia statale (di tutto il popolo) ----> economia mista statale e privata (multinazionali) ------> ???
Il dopo non si conosce.

Veramente il passaggio non è affatto così.
La Cina ha attraversato passaggi differenti con un apporto statale-privato a geometria variabile.

I Cinesi si accorsero che il "comunismo della ciotola di riso" non avrebbe tenuto insieme la loro società per molto tempo. Specie perché vi era una pressione crescente dell'imperialismo statunitense che faceva leva sulle potenzialità della società dei consumi.
Poche chiacchiere, a Cinesi e Sovietici, parlo della gente comune, interessava avere un tenore di vita in crescita con un accesso al consumo garantito e tutelato.
Come al solito la gente è molto attenta all'erba del vicino ma non alla sua. I Sovietici e i Cinesi avevano in casa un tesoro inestimabile: un'organizzazione della produzione socialista.
Però guardavano fuori dai confini e vedevano le vetrine dei negozi.
L'imposione dell'est Europa è lì a confermarcelo: l'opposizione popolare al cambio strutturale della società fu veramente minimale.
Gli stessi Cinesi del PCC analizzarono molto approfonditamente le dinamiche di piazza Tienanment e i "simpatici studenti con la statua della libertà".

Quando cadde l'URSS, i Cinesi cercarono di capire che fare per evitare di seguirli a ruota. La risposta fu: sviluppo e ridistribuzione.
L'unica strada per accelerare questo processo in una società arretrata fu quello di modulare l'utilizzo di aziende private nazionali e, soprattutto, internazionali, con quello statale e cooperativo.
Per anni l'andamento privato-statale-cooperativo è stato dinamico, un sali e scendi continuo in funzione della fase del momento.

Han fatto male a "tradire" i dettami dell'ortodossia socialista che vede nella progressiva e lineare sparizione dell'iniziativa privata un tratto fondamentale dello sviluppo socialista?
La realtà odierna ci dice di no: la Cina ha retto all'avanzata capitalista, si è sviluppata e ora procede con un'economia stabile e dinamica verso gli obiettivi socialisti che il PCC si è preposto.

E' stato sviluppato un nuovo sistema sanitario ancora più efficiente, universale ed economico, le imprese private sono sempre più vincolate e ancorate in basso e le TVE sono "esplose" nel territorio.
Questa ultime necessitano di una parentesi a sé visto che nel 1978, come imprese collettive, erano ancora parte del sistema delle comuni, ma nel 1993 hanno dato lavoro a 52 milioni di persone, il 58% dell’occupazione complessiva nell’industria rurale mentre alla fine del 2005, gli occupati sono 135 milioni (Hutton Will, Il drago dai piedi d'argilla. La Cina e l'Occidente nel XXI secolo, Fazi, 2007, pp. 90-91).
Tra il 1990 e il 2001, il numero di famiglie rurali è aumentato da 222,37 milioni a 244,32 milioni, mentre il numero di lavoratori rurali sono diminuiti da 895,9 milioni a 482,3 milioni. Molti di questi lavoratori sono stati assorbiti nel settore agro-industriale, dalle Imprese collettive di villaggio (TVE) (China's big economic success, The Guardian October 22, 2003).

Scusate se è poco!

La Cina era in pieno sviluppo socialista alla morte di Mao.
Noi non sappiamo e non potremo mai più sapere quale sarebbe stato lo sviluppo economico, effettivamente socialista, senza la deriva revisionista di Deng e compari della stessa cricca.
Oggi in Cina si ha un grande sviluppo di stampo capitalista.
Anche i paesi capitalisti sviluppati dell'occidente vedono la Cina come un temibile concorrente nella lotta per la spartizone delle aree di influenza. E le fanno una spietata lotta su tutti i fronti.
E non si vedono, neppure in lontananza, gli obiettivi socialisti che il PCC sbandiera per ammansire una parte della classe lavoratrice cinese.
Infine, un'ultima considerazione, sul fatto che ciò che sta avvenendo in Cina è esattamento l'opposto di quanto accadde in URSS con la NEP di Lenin e di Stalin.
Pertanto inviterei i compagni a smetterla di paragonare le due cose.
 
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Uomo d'Acciaio
view post Posted on 5/10/2009, 15:56




CITAZIONE
Oggi in Cina si ha un grande sviluppo di stampo capitalista.

Prove e dati per favore, 10000 volta che ti viene chiesto
CITAZIONE
Anche i paesi capitalisti sviluppati dell'occidente vedono la Cina come un temibile concorrente nella lotta per la spartizone delle aree di influenza. E le fanno una spietata lotta su tutti i fronti.

Falso, la Cina non ha "aree d'influenza" e si distingue notevolmente dalle potenze imperialiste
 
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LokiTorino
view post Posted on 5/10/2009, 20:54




CITAZIONE (carre @ 5/10/2009, 16:54)
La Cina era in pieno sviluppo socialista alla morte di Mao.
Noi non sappiamo e non potremo mai più sapere quale sarebbe stato lo sviluppo economico, effettivamente socialista, senza la deriva revisionista di Deng e compari della stessa cricca.
Oggi in Cina si ha un grande sviluppo di stampo capitalista.
Anche i paesi capitalisti sviluppati dell'occidente vedono la Cina come un temibile concorrente nella lotta per la spartizone delle aree di influenza. E le fanno una spietata lotta su tutti i fronti.
E non si vedono, neppure in lontananza, gli obiettivi socialisti che il PCC sbandiera per ammansire una parte della classe lavoratrice cinese.
Infine, un'ultima considerazione, sul fatto che ciò che sta avvenendo in Cina è esattamento l'opposto di quanto accadde in URSS con la NEP di Lenin e di Stalin.
Pertanto inviterei i compagni a smetterla di paragonare le due cose.

i tuoi interventi sulla Cina si sono ridotti a battiere i piedi come i bambini capricciosi.
Non c'è un dato che confermi la tua tesi eppure "deve essere così!"

Ah no, forse se spulci su Asianews, qualcosa sulla Cina capitalista la trovi...


...oppure puoi tirare fuori dal cappello qualche citazione di 1000 milioni di anni fa.

CITAZIONE (Uomo d'Acciaio @ 5/10/2009, 16:56)
Prove e dati per favore, 10000 volta che ti viene chiesto

Come si può trovare ciò che non esiste?
Al limite si può provare a taroccare i dati citandoli a metà come sul PIL cinese pre-repubblica popolare.
 
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view post Posted on 5/10/2009, 23:33
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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Grazie per le delucidazioni.
 
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view post Posted on 6/10/2009, 00:09
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compagno

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Io ho postato solo il dato sul PIL cinese dell'epoca del socialismo e mi pare del tutto corretto.
Qui se c'è qualcuno che batte i piedi al tempo della marcia di Radetsky siete voi della cricca denghiana che avete dato per scontato che la Cina sia un paese lanciato a gonfie vele verso il socialismo (e quando era vivo Mao, quindi, non c'era il socialismo), che l'aumento del benessere sia segno incontrovertibile del socialismo che si avvicina, che esiste un nuovo tipo di socialismo a cui Marx e compagnia bella non avevano minimamente pensato, poveri arretrati, il socialismo di mercato, e non so quanti altri dogmi IN-DI-MO-STRA-TI, perché indimostrabili.
Io mi sono permesso di osservare che la Cina era socialista fin dalla metà degli anni '50 e che se quindi oggi deve ancora arrivare al socialismo, quanto meno deve essere accaduto che qualcuno o qualcosa debba averla riportata al capitalismo.
Mi sono limitato a dimostrare che certi parametri di sviluppo della Cina ostentati con dogmatico furore dai denghisti, non sono segno di socialismo, ma di progresso.

Mi fai sapere quali multinazionali (io credo praticamente tutte) hanno produzioni in Cina?
Mi fai sapere come mai producono in Cina se gli operai cinesi sono così ben pagati?
Mi fai sapere qual è il fatturato di queste multinazionali rispetto alle corrispettive aziende cinesi?
Così tanto per sapere qualcosa di questo socialismo di mercato di cui non ho trovato traccia in Marx, in Engels, in Lenin,in Stalin e in Mao Tse-tung.
A me risulta che il 60% dell'export cinese venga prodotto da multinazionali straniere. E' vero? E' questo il socialismo di mercto?
Inoltre mi è venuto il sospetto, in questi tempi di crisi da sovrapproduzione, che alla borghesia bianca, nera o gialla, faccia gola un mercato sconfinato come quello delle masse cinesi. Se questi oltre che a produrre come negri si mettono pure a comprare come americani, l'ultima boccata d'ossigeno per il capitale è assicurata.
Mi pare che il "deve essere così" non sia proprio farina del mio sacco, ma del vostro.

Edited by carre - 6/10/2009, 01:29
 
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Giulianov89
view post Posted on 6/10/2009, 01:06




beh, sul fatto che siano ben pagati, nonostante ciò le multinazionali investano in cina e attribuibile al fatto che in cina i prezzi della vita sono molto bassi, 150 euro li sono come 1500 qui
 
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cizikov
view post Posted on 6/10/2009, 01:18




"Attualmente la Cina è una nera dittatura capitalista e fascista, diretta dalla cricca revisionista di Hu Jintao."
 
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LokiTorino
view post Posted on 6/10/2009, 09:41




CITAZIONE (carre @ 6/10/2009, 01:09)
Io ho postato solo il dato sul PIL cinese dell'epoca del socialismo e mi pare del tutto corretto.

Ma Carre Carre Carre, leggi bene: nessuno ha detto che il dato è sbagliato, solo che ti sei "dimenticato" che a ridosso della liberazione, il PIL nazionale era crollato clamorosamente. Giusto una "dimenticanza" per fare tornare i conti. Dai, voglio continuare a pensare che te lo sei "dimenticato" e non che citi i dati parzialmente per fare tornare le tue teorie.

CITAZIONE
Qui se c'è qualcuno che batte i piedi al tempo della marcia di Radetsky siete voi della cricca denghiana che avete dato per scontato che la Cina sia un paese lanciato a gonfie vele verso il socialismo (e quando era vivo Mao, quindi, non c'era il socialismo),

Mi stupisco che tu possa pensare al socialismo come ad un fatto acquisito. Il socialismo (e qua siamo a livello proprio base del marxismo ortodosso) è un processo di transizione verso il comunismo, processo che, nella dinamica dialettica delle cose, può avere avanzamenti, arretramenti, grandi balzi in avanti come passi indietro e ripensamenti.
Spero davvero che tu non creda che il socialismo possa essere una sorta di "dato acquisito" fisso nel tempo, immutabile e immobile; oppure che la strada verso il comunismo sia una specie di sentiero dritto in discesa, lineare come una retta.
Oltre ad essere una concezione completamente anti-marxista è pure paradossale pensarlo proprio in termini razionali.

CITAZIONE
che l'aumento del benessere sia segno incontrovertibile del socialismo che si avvicina, che esiste un nuovo tipo di socialismo a cui Marx e compagnia bella non avevano minimamente pensato, poveri arretrati, il socialismo di mercato, e non so quanti altri dogmi IN-DI-MO-STRA-TI, perché indimostrabili.

Premettiamo che, essendo Marx fallibile in quanto umano, probabilmente non aveva neanche ipotizzato il socialismo di mercato. Per le persone normali, ipotizzare che Marx non avesse pensato ad una determinata cosa, non è un fatto stupefacente. D'altronde Marx non aveva manco pensato alla sociologia moderna che tratta le relazioni umane e le informazioni come un mercato con regole proprie. Eppure la sociologia moderna è uno strumento utilissimo e molto potente. Che si fa? Se non lo pensava Marx non deve esistere? Credici pure, ma sappi che non troverai molta gente disposta a crederlo come ci credi tu.
D'altro canto, Marx, che era fallibile ma non scemo, si era rifiutato di dare “ricette per la cucina dell’avvenire” intendendo con questo che il suo compito era stato di scoprire l’ineluttabilità del socialismo non i processi specificici che vi avrebbero portato.
Sulla questione del benessere, beh, esso è UN (uno tra tanti) indicatore sì, perché un socialismo che fa peggiorare le condizioni delle persone non lo vorrebbe nessuno. Siccome per le persone normali, che se ne fottono della politica ma si interessano delle condizioni materiali (la maggioranza delle persone), il socialismo non è un traguardo da raggiungere a tutti i costi, lo può diventare solo se nel socialismo stanno meglio.
Altri parametri che individuano la Cina come una società in rotta lungo il sentiero del socialismo sono, ma li ho già citati, il coefficiente Gini, che scende dai tempi di Mao.
Ma come, con Mao era tutto splendidamente socialista eppure le disparità di salario erano più forti che oggi? Come è spiegabile questo dato?
Altri dati sono quelli relativi alle TVE che sono aziende cooperative e che reggono gran parte dell'economia industriale nelle zone rurali della Cina (che sono la maggioranza).

CITAZIONE
Io mi sono permesso di osservare che la Cina era socialista fin dalla metà degli anni '50 e che se quindi oggi deve ancora arrivare al socialismo, quanto meno deve essere accaduto che qualcuno o qualcosa debba averla riportata al capitalismo.

Ma questo è un ragionamento folle!!
Il socialismo non è un "interruttore" che uno mette a ON o a OFF!!
Il socialismo è un processo (come il capitalismo d'altronde) e mi stupisce che ti manchi questo concetto di base. Si procede verso la costruzione di un modello produttivo differente e sono tanti i motivi per cui si deve tornare indietro.
Uno di questi, fondamentale, è la fase storica. Credere che il mondo stia a guardare i paesi che procedono verso il socialismo è ridicolo, basti pensare alla corsa agli armamenti della guerra fredda.
La Cina ha attraversato un momento in cui era necessario saltare i passaggi, e per farlo era necessario attirare più conoscenze e tecnologie dall'estero. Come poteva fare? Provava a svilupparle da sé rimanendo costantemente indietro? Le comprava con improbabili capitali inesistenti?
La Cina ha scelto di attrarre il mercato internazionale, scelta sicuramente opinabile, per quanto possa importare. I fatti hanno la testa dura e lo dimostra il fatto che la Cina si è sviluppata e ora può procedere verso lo sviluppo socialista senza grossi ostacoli (almeno per ora).

CITAZIONE
Mi sono limitato a dimostrare che certi parametri di sviluppo della Cina ostentati con dogmatico furore dai denghisti, non sono segno di socialismo, ma di progresso.

L'unico dogmatismo è pensare che lo sviluppo delle aziende statali e cooperative a dispetto di quelle private sia indice di benessere e non di sviluppo in senso socialista.

CITAZIONE
Mi fai sapere quali multinazionali (io credo praticamente tutte) hanno produzioni in Cina?

E' un dato irrilevante proprio perché l'arrivo delle multinazionali in Cina è stato favorito per garantire lo sviluppo nazionale. Se tu credi che sia meglio un bel socialismo nella povertà e il sottosviluppo (perché questo era ai tempi di Mao: un paese ancora sottosviluppato e ancora povero) piuttosto che un paese che continua a crescere a ritmi mostruosi e utilizza questa crescita per oliare la ruota del socialismo è un affare tutto tuo. Ma non credo che questa teoria possa avere molti adepti.
Se un paese non ha tecnologie, brevetti, denaro, come potrebbe sviluppare una sanità pubblica garantita al costo di 1€ l'anno per i contadini? E infatti ai tempi di Mao non lo faceva, perché non se lo poteva permettere. La sanità ai tempi di Mao è definita generalmente in Cina come il periodo dei “medici scalzi”. Oggi sì può, perché lo sviluppo e il benessere nonché la liquidità monetaria sono strumenti fondamentali per produrre il socialismo, che non è una mondo fantastico di mini pony, ma un meccanismo che costa tanto in termini di risorse umane e naturali.

Ma d'altronde Marx l'aveva già capito e infatti pensava che il socialismo sarebbe partito nelle società più ricche e avanzate, proprio perché altrove sarebbe stato troppo difficile resistere.
Lenin ribaltò l'assunto, ma capì anche che se non si sviluppavano il più in fretta possibile, addio sogni di gloria. E così fecero, solo che il mercato non era ancora globale come lo è oggi, e la fase geopolitica non era come quella attuale.
Non ho voglia di andare a prendere i dati dal libro "imperialismo unitario" edizioni Lotta Comunista, ma lì sono riportati in evidenza tutti i volumi crescenti di traffico commerciale tra URSS e USA e l'interdipendenza di molte ditte straniere su suolo sovietico. Chi ha voglia di approfondire si acquista il tomo e se lo legge, sono 1000 paginette illuminanti.

CITAZIONE
Mi fai sapere come mai producono in Cina se gli operai cinesi sono così ben pagati?

“è una convinzione diffusa che la Repubblica Popolare Cinese attragga i capitali
stranieri principalmente grazie alle sue grandi riserve di manodopera a buon mercato, ma non è così, dato
che il mondo è pieno di serbatoi di forza-lavoro […] la Cina attira i capitali soprattutto in termini di salute,
istruzione e margini di autonomia”
[Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino, Feltrinelli, Milano 2007, p. 169. Ma anche World Health Organization, China: CASCC Working Papers]

Oggi infatti nessuna azienda va a produrre in Cina per il costo della vita. Se ci va è perché in Cina ci sono agevolazioni consistenti e una professionalità media di gran lunga superiore a tutti i paesi dell'area. Quelli che invece ci sono già hanno difficoltà ad andarsene perché, come già detto, in Cina apri uno stabilimento solo in joint venture con lo stato, ovvero la tua azienda diventa parzialmente statalizzata, una quota che poi non ti permette di salutare, ringraziare e andartene, visto che lo stato cinese è socio azionario.
E infatti faccio notare i dati sugli stipendi:
Aprile
produzione industriale + 8,3%
prezzi al consumo - 1,5
Stipendi medi lordi in città escluso privato(stato, aziende cooperative e collettive, società per azioni, aziende straniere comprese HK, taiwan ecc) 797 euro + 13,4% sul primo quadrimestre dell'anno scorso.
Redditi disponidbili per i cittadini +10,2 (+11,2 al netto dell'inflazione) anno su anno
Reddito delle campagne: +8,6% anno su anno.

Tradotto in maniera semplice semplice:
Lo stipendio netto su parametro internazionale si aggira intorno ai 1100 $. Quello italiano (comprendente anche gli impiegati) $1.650. Ossia lo stipendio medio cinese è il 66% di quello italiano.

CITAZIONE
Mi fai sapere qual è il fatturato di queste multinazionali rispetto alle corrispettive aziende cinesi?

Siccome non sono il tuo atlante economico, questi dati li devi trovare tu visto che hai l'onere di provare che la Cina sia tornata ad un "capitalismo spietato".
Ad ogni modo il fatturato delle multinazionali è estremamente inferiore a quello nazionale per dei semplici motivi: in primis perché TUTTE le aziende strategiche (energia, trasporti, telecomunicazioni, ...) sono statali e non private. Secondo perché anche un fatturato privato finisce in percentuale (sempre per la questione joint-venture) allo stato.
Comunque i dati recenti ci confermano che il processo di statalizzazione e cooperitivizzazione aumenta:
La produzione industriale è cresciuta del 5,1% nel primo trimestre di quest'anno.
3,8 in gennaio e febbraio e 8,3 in marzo.
CRESCITA in base al valore aggiunto:
aziende statali + 0,1%
collettive + 3,5
società per azioni a partecipazione statale + 7,7
investitori stranieri -1.4 percento.

CITAZIONE
Così tanto per sapere qualcosa di questo socialismo di mercato di cui non ho trovato traccia in Marx, in Engels, in Lenin,in Stalin e in Mao Tse-tung.

Ecco cosa ne pensano i marxisti cinesi:
About China’s market economy, Professor Cheng said the socialist market economy is still taking public ownership as the main economic model. The economic foundation of the communist party’s rule is the public ownership. Only under the public ownership can man realize distribution according to one’s work, realize fairness and justice and even avoid economic crisis. Even if last year there had been financial crisis, China didn’t have it, but China was affected by the crisis which was reflected in foreign trade.
Questo lo dice Cheng Enfu, Direttore del SUFE’s Marxism Institute and Overseas Economics Research Center, professore e presidente del World Economy Research Center.
Chi sarà più titolato a parlare di marxismo? Carre o Cheng Enfu? Ai posteri l'ardua sentenza.

CITAZIONE
A me risulta che il 60% dell'export cinese venga prodotto da multinazionali straniere. E' vero? E' questo il socialismo di mercto?

A volte, la scarsa conoscenza di determinate realtà dovrebbe fare propendere per un dignitoso silenzio.
Invece tu sciorini tutta la carrellata tipica degli illuminati sinistroidi occidentali che non riescono a concepire come un successo così clamoroso come quello cinese possa coniugare anche il socialismo.

Riporto un passaggio di un compagno molto esperto sulla Cina:
In crisi in Cina sono le imprese private (se vogliamo il capitalismo) e non quelle pubbliche che sono impegnate a costruire infrastrutture, strade, ospedali (ottimo il piano di sanità pubblica nello stimolo) ecc. Sul capitalismo comunque ci andrei piano nel senso che la stragrande maggioranza delle aziende private in Cina è fomata da microaziende che nemmeno Marx avrebbe classificato come capitaliste. Infatti Marx, nel "Capitale", sotiene che le aziende fino a 8 dipendenti possono essere classificate come "famigliari" o "artigianali" dunque preindustriale e quindi presistenti al capitalismo vero e proprio. Le aziende cioè in cui il datore di lavoro lavora tanto come i suoi deipendenti se non di più.
In Cina queste aziende a carattere familiare producono il 15% del Pil in Cina contro il 70-75% prodotto da aziende statali, TVE, e cooperative. Il privato estero è al palo del 10-15% (e pure in decrescita).

Concludo con le parole di uno studioso marxista che trovo particolarmente illuminanti:
Nella storia dell’edificazione del socialismo sono state concepite varie strategie. Il 'comunismo di guerra', l’'economia pianificata a livello centrale', il 'modello perfezionato di economia pianificata centralmente ', di 'combinazione organica del piano e del mercato' e il 'socialismo di mercato” . Si può dire che la Cina abbia attraversato tutte queste fasi. Quindi ha una buona esperienza di questi sistemi.
A livello mondiale i sistemi che sono stati sperimentati più di frequente sono l’economia capitalista di libero mercato che crollò miseramente alla fine degli anni ’20, il cui crollo non essendo la globalizzazione così spinta come oggi non coinvolse l’Unione Sovietica, e l’economia rigidamente pianificata a livello centrale di tipo sovietico che andò in bancarotta alla fine degli anni ’80. La prima ebbe un revival con la Thatcher e Reagan negli anni’80 ed ha portato alla nuova crisi attuale. Il capitalismo liberista senza intervento dello stato si è dimostrato un fallimento al pari delle economie rigidamente statalizzate e pianificate senza intervento del profitto privato. Il futuro sta nelle economie miste che intrecciano pubblico e privato.
Il naufragio delle economie socialiste nelle loro varianti tra cui l’autogestione jugoslava ha dimostrato che il livello dogmatismo economico ha impedito a queste economie di autocorreggersi quindi occorre sostituire il dogmatismo con elementi il pragmatismo ed empirismo attraverso un processo per prove ed errori.
 
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BrigataGaribaldi
view post Posted on 6/10/2009, 12:37




Complimenti,un intervento notevole.
 
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Uomo d'Acciaio
view post Posted on 6/10/2009, 14:01




I post di Loki mi rendono la giornata felice
 
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610 replies since 3/10/2009, 09:10   16863 views
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