Comunismo - Scintilla Rossa

Posts written by Sandor_Krasna

view post Posted: 9/5/2020, 14:14 Partito Comunista - Partiti e movimenti comunisti

I LAVORATORI NON HANNO BISOGNO DI UNA SYRIZA ITALIANA, MA DI UN SINDACATO DI CLASSE E DI UN FORTE PARTITO CHE LI RAPPRESENTI.


Noi operai delle fabbriche, agricoltori, giovani lavoratori, piccoli artigiani, lavoratori della sanità e della scuola, partite iva, precari e disoccupati, considerando il contesto generale di una profonda e storicamente irreversibile crisi del sistema capitalistico, aggravato dalla pandemia del coronavirus e, prendendo in considerazione la drammatica situazione con la reale prospettiva di un’ulteriore peggioramento delle condizioni materiali e dei nostri diritti, vogliamo esprimere le nostre convinte posizioni rivolgendoci a tutto il movimento dei lavoratori, ai ceti popolari e a chi vive del proprio lavoro.

Conosciamo l’esempio negativo della Grecia. L’esperienza di Syriza in quel paese nasce come una sommatoria di forze politiche e sindacali ideologicamente eterogenee. La finalità dichiarata fu di aggregare una coalizione che riuscisse a fare massa critica, ossia riuscire a aggregare un ‘fronte unito’ di forze di opposizione sociale in grado di presentare un’alternativa.
La fraseologia rivoluzionaria non mancava: classe, lavoratori, le catene da rompere, se non ora quando, ecc.

Tantomeno l’immagine: bella ciao, bandiera rossa, pugni chiusi al vento e tutto quanto l’armamentario.
Dapprima forme blandamente unitarie e poi, in rapida successione, finirono addirittura al governo del paese. Altrettanto rapidamente si consumò il tradimento che ricacciò indietro di anni i rapporti di forza in una Grecia distrutta dal potere della UE e della NATO.

Proprio per evitare di ripetere quella amara esperienza i lavoratori italiani oggi hanno bisogno fondamentalmente di due cose: un’organizzazione politica e una sindacale.

L’organizzazione politica deve essere in grado di fornire loro le basi per contrastare ideologicamente l’attacco del capitale, di fornire loro gli strumenti forti con i quali contestare le politiche borghesi. La possibilità di dire che il capitalismo non è l’unica via e che non è vero che non ci sono alternative. Di potere capire e spiegare perché e come i trattati imperialisti vanno stracciati, di quanto sia necessario svincolare il Paese dall’Unione Europea, dalla NATO, dalle morse dell’Euro e del debito e dalle politiche di austerità. Di cosa e come sostituire a questa società e quale dev’essere la forma di quella alternativa: il Socialismo. Questa prospettiva, non solo è possibile, ma è l’unica che può salvare il Paese. Questa linea non si costruisce per sommatorie di posizioni eterogenee, ma con la costruzione di una forza omogenea. Non serve L’UNITindistinta e puramente numerica, serve una UNIONE coesa di intenti.
La linea di questa forza deve incarnarsi in proposte che siano concrete, fattibili, ma che prevedano il cambio del sistema capitalistico. Va spiegato e fatto capire a ognuno in modo semplice quale sia la tempistica necessari da compiere, dalla battaglia quotidiana fino alla presa del potere politico. Una prospettiva realistica, fatta di passi concreti.
L’organizzazione sindacale di classe deve invece essere in grado di dare forza ai lavoratori nei rispettivi luoghi di lavoro, di far sentire loro che sono una classe, un blocco unico e forte quando unito contro il padrone. Che si opponga nella pratica ai cedimenti dei sindacati concertativi e gialli nella politica nazionale e nelle contrattazioni aziendali e basi la propria azione nel protagonismo dei lavoratori.
Un sindacato di classe che trovi linfa e idee per sostenere le proprie rivendicazioni e non venga sommerso dalla retorica borghese.
D’altro lato, un partito che voglia rappresentare la classe lavoratrice e le classi popolari non può svilupparsi pienamente come reparto avanzato della classe operaia e di tutti i lavoratori senza uno stretto rapporto con i lavoratori nei luoghi di lavoro.
Partito e sindacato di classe possono e devono lanciare e sostenere una sfida a 360 gradi contro il sistema della globalizzazione capitalistica, contro il padronato, contro i governi di qualunque colore. Devono diventare la classe alternativa al sistema borghese davanti a tutto il popolo italiano, che deve riconoscere in esso l’unica alternativa alla barbarie.
Da qui la necessità di una alleanza strategica con tutti i ceti in via di impoverimento e di proletarizzazione, per aggregarli ad un blocco sociale maggioritario, per far riconoscere a tutti che le parole d’ordine e le soluzioni sono per tutti i lavoratori e per l’intero Paese. Affinché non solo quelli di sopra non possano governare come prima, ma anche che tutti quelli di sotto non vogliano più essere governati come prima e vogliano esser invece protagonisti del loro futuro.
Questa è la rotta che ci hanno insegnato i maestri, Lenin in testa. Non dobbiamo inventarci nulla di nuovo. Tutte le volte che le rivoluzioni hanno trionfato è perché si è risolto in modo corretto il problema delle alleanze di classe tra proletariato e gli altri strati sociali: Russia, Cina, Vietnam, Cuba. Tutte le volte che questa alleanza non è stata affrontata nel modo corretto, la rivoluzione è stata battuta.

In questo senso, ogni scorciatoia, ogni tentativo di allargare il fronte non su una base sociale la più ampia e combattiva possibile, ma come sommatoria di figure politiche o organizzazioni eterogenee ha portato alla sconfitta.
In Italia, come in Grecia, non è l’unità che fa la forza, ma l’unione. Non è aggregando forze eterogenee, che entrano in contraddizione tra di loro alla prima curva, che si può risultare credibili agli occhi di chicchessia, men che meno dei lavoratori. Già questa strada è stata tentata per decenni dopo la Bolognina e dagli esperimenti che covavano dalle sue ceneri, così come da una parte consistente del sindacalismo di base che ha finito per dilapidare le sue potenzialità accettando il protocollo di rappresentanza del 10 gennaio 2014 e stando di fatto sulla scia del sindacalismo confederale concertativo. Ciò che fa la forza è la coerenza, che è l’unica moneta spendibile davanti ai lavoratori. La coerenza significa avere un progetto omogeneo, comprensibile, che colpisce al cuore gli interessi del grande capitale monopolistico e globalizzato. Non ricette pasticciate che non potranno che essere quelle di una coalizione di movimenti e gruppi in cui il minimo comun denominatore è ben poca cosa. Una sommatoria di tal genere cosa può dire davanti ai cancelli di una fabbrica? E cosa dire anche ai milioni di uomini e donne in carne ed ossa che vivono il dramma della proletarizzazione del ceto medio? È meglio un progetto credibile di cambio reale della società in senso socialista o un caravan serraglio in cui ognuno dice una cosa diversa?
In poche parole, serve il Partito e non coalizioni che vorrebbero coordinare e mobilitare forze sindacali e politiche , sulla base di una piattaforma movimentista. Non ci scorderemo mai di ricordare che i movimenti vanno e vengono: il partito resta.
Non c’è una scorciatoia, una via di mezzo, una elaborazione politica senza il partito.
Facciamo un accorato appello a tutti i nostri fratelli e sorelle di classe per sostenere da una parte il sindacalismo di classe coerente e dall’altra a rafforzare il nostro insostituibile strumento rivoluzionario, il Partito.
Non c’è vittoria, non c’è conquista, senza un forte Partito Comunista.

9 Maggio 2020

Salvatore Improda – operaio FCA MIRAFIORI.
Franco Melardi – TASSISTA TORINO
Antonio Tommasi – operaio IVECO TORINO.
Erika Alessandra Furci – OPERATRICE SOCIO SANITARIA GENOVA.
Gianluca De Rulando -operaio FINCANTIERI Riva Trigoso GENOVA.
Filippo Capitanini – operaio WHIRLPOOL 28 anni VARESE.
Gaspare Seu – autotrasportatore BERTSCHI ITALIA Busto Arsizio-VARESE.
Claudio Signore – autoferrotranviere ATM MILANO.
Daniele Pertici – Insegnante LICEO CLASSICO CARDUCCI MILANO.
Alberto Vallicelli – operaio ELECTROLUX Solaro-MILANO.
Stefano Gargiulo – operaio MORETTI ACCIAI 22 anni BRESCIA.
Ciro Mazzaro – operaio THYSSENKRUPP 34 anni Visano BRESCIA.
Corrado Tria – FOTOGRAFO 31 anni Legnago VERONA
Walter Blasutti – EDUCATORE UDI d d E.
Milo Marsili – titolare PICCOLA IMPRESA SERVIZI Rovereto-TRENTO.
Alessandro Bertinelli – operaio IGIENE AMBIENTE 30 anni PARMA.
Matteo Montanari – OPERAIO AGRICOLO 33 anni BOLOGNA.
Francesco Fioranelli – BRACCIANTE AGRICOLO 33 anni MACERATA.
Jacopo Giordani -operaio GRUPPO SCANDOLARA 30 anni ASCOLI.
Alessio Azzarà – EDUCATORE precario 29 anni FIRENZE.
Elena Marrone – LAVORATRICE PRECARIA SPETTACOLO TERNI.
Roberto Fettuccia – BIOLOGO 33 anni ROMA.
lenia Nera – FORNAIA 33 anni Nettuno-ROMA.
GianLuca Giampà – MURATORE 33 anni ROMA.
Claudio Puoti – MEDICO VIROLOGO ROMA
Lorenzo Marchetti – OPERATORE SOCIO SANITARIO ospedale Covid19 Giulianova-ABRUZZO.
Silvana Felice – PARTITA IVA 27anni PESCARA.
Andrea Grilli – LAVORATORE LOGISTICA DHL MOLISE
Mariano Mastuccino – LAVORATORE PRECARIO SPETTACOLO 28 anni Cava dei Tirreni-CAMPANIA.
Martina Trione – DISOCCUPATA 23 anni SALERNO.
Tommaso Pirozzi -operaio FCA POMIGLIANO-NAPOLI.
Alessandro Ferrara – DISOCCUPATO 25 anni Sarno-CAMPANIA.
Paolo Longo – operaio FCA 33 anni MELFI-POTENZA.
Salvatore De Lucia – BRACCIANTE AGRICOLO BARI.
Davide Leto – OPERATORE CALL CENTER 27 anni CROTONE.
Luca Scanu – DISOCCUPATO 32 anni SARDEGNA.
Roberta Mura – LAVORATRICE STAGIONALE TURISMO 27 anni SASSARI.
Carlo Bonaccorso – OPERATORE SOCIALE 33 anni PALERMO.
Giacomo Sferlazzo – LAVORATORE-CANTAUTORE LAMPEDUSA SICILIA.
view post Posted: 8/5/2020, 19:20 Partito Comunista - Partiti e movimenti comunisti

Comunisti, tutti uniti nella loro casa
“Cumpanis” intervista il compagno Marco Rizzo, Segretario generale del PC



D. È preannunciata, già in questa fase ancora pandemica, una crisi economica di grandi proporzioni, che verosimilmente si abbatterà innanzitutto sulle condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici, su disoccupati e inoccupati, sulle ormai vastissime fasce deboli della società. Il mainstream generale tende ad addossare i motivi della crisi alla stessa pandemia. Qual è il tuo giudizio, come leggi la crisi, su quali basi materiali essa si va sviluppando?

R. Le stime più recenti parlano di una caduta del PIL di quasi l’1% per ogni settimana di blocco. Significa che, se il blocco in totale dovesse arrivare a 20 settimane, si supererebbe il 15-16% di crollo previsto dalle peggiori stime. Ma credo che queste stime siano ancora per difetto. Infatti l’onda lunga della crisi ancora si dovrà vedere. Pensiamo al settore del turismo. Pensiamo a tutte le piccole aziende che, se riceveranno credito, lo avranno solo per pagare le tasse, col rischio di indebitarsi ancora di più e poi tracollare insieme a tutto ciò che il piccolo lavoratore autonomo ha impegnato personalmente. Pensiamo al fatto che, anche dopo la riapertura, la maggior parte delle famiglie dovrà ricostituire un minimo di normalità, non solo economica ma anche sociale, e quindi tutti quei servizi accessori – viaggi, tempo libero, abbigliamento – faticheranno moltissimo prima di ritornare ai livelli precedenti. Pensiamo che una famiglia, che prima si poteva permettere di uscire la sera una volta ogni quindici giorni e che ora si trova nell’indigenza, possa tornare di colpo a una vita normale? La “botta” nel lungo periodo potrebbe essere fino a tre volte quanto stimato.
Naturalmente, come in tutte le crisi, c’è chi vince e c’è chi perde. Il nostro Paese ha superato due dopoguerra e quindi possiamo rifarci all’esperienza storica. Il primo dopoguerra ci portò a una crisi gravissima, che ci consegnò il Biennio Rosso, con la borghesia che scelse la reazione feroce del fascismo. Il secondo dopoguerra, invece, dopo alcuni anni di malessere, vide il famoso “miracolo” italiano – attuato attraverso lo sfruttamento più bestiale della classe operaia italiana – e la nascita di quel tessuto di piccole e medie imprese che ancora c’è in Italia; un “miracolo” costruito sul credito fai-da-te, ossia le cambiali. Questa volta dovremmo assistere a una cosa ancora diversa, la storia non si ripete mai uguale. Gli strumenti di politica finanziaria sono molto più sofisticati di quelli di cento anni fa e gli errori denunciati allora dal keynesismo non si ripeteranno di certo. Neanche i più strenui difensori del monetarismo sono propensi a non aprire il credito. Il punto però è come far affluire il denaro all’economia. Se per via di nuovo debito alle aziende, e vedremo cosa significherà, o per via di immissione diretta di investimenti pubblici.
Torniamo alla domanda. È sotto gli occhi di tutti che la crisi non deriva solo e neanche principalmente dalla pandemia. La crisi c’era prima e la bolla finanziaria era pronta a scoppiare. Vorrei dire – se non fossi scambiato per un complottista – che la pandemia, se non ci fosse stata, l’avrebbero dovuta inventare. Nel senso che essa nasconde la vera causa della debolezza economica, che è la crisi di sovrapproduzione capitalistica di beni e servizi; questa si trasforma in crisi finanziaria, che però si manifesta prima di quella. Nulla di nuovo rispetto a quanto ci ha insegnato Marx. Probabilmente paesi come la Cina, che hanno saputo affrontare l’emergenza con maggiore decisione e hanno un sistema – per quanto basato principalmente sul mercato – con una forte direzione centralizzata, ne usciranno con un rallentamento della crescita, ma non con una riduzione del PIL.
Cosa succederà da noi? I presupposti sono i seguenti. Crollo delle piccole attività – bar, ristoranti, b&b, piccoli negozi, piccoli artigiani, tassisti – travolti dal debito. Masse di disoccupati che si offrono a prezzi sempre più bassi. Giovani proletari e di quella parte dei ceti medi e della piccola borghesia andata in rovina che emigrano ancor di più, non solo dal Sud Italia. A questo punto arriva l’asso piglia tutto. Grandissimi capitali – stranieri e italiani, non importa – che rastrellano tutto a prezzi da saldo. Selling Italy by the pound, per parafrasare una famosa canzone dei Genesis. Grandi multinazionali che acquistano all’ingrosso attività e aziende, con uno spaventoso incremento della concentrazione capitalistica. Anche qui nulla di nuovo rispetto a quanto già studiato da Marx e da Lenin. La differenza starà nella dimensione epocale di tutto questo.
Perché l’Italia è al centro del ciclone? Per due motivi essenziali.
Primo, in Italia ancora c’è un tessuto economico diffuso di piccole attività, che forse trova pochi riscontri nei paesi ad avanzato sviluppo capitalistico: c’è ancora tanta “ciccia” da ingoiare per i monopoli.
Secondo, in Italia c’è tanto risparmio immobilizzato nei conti delle famiglie. Contrariamente ai “virtuosi” olandesi – che hanno un debito privato e delle aziende fuori controllo e che sta a galla solo col dumping fiscale che fanno a danno degli altri paesi – le “cicale” italiane hanno una massa di risparmio più alta del mondo, ridotta negli ultimi anni, ma sempre considerevole, oltre 10mila miliardi di Euro, ci informava la Banca d’Italia per l’anno scorso: «Una ricchezza immobilizzata soprattutto nel mattone di casa, in depositi bancari e postali e sempre meno in titoli». Quindi ancora tanto arrosto da azzannare: case e soldi. Contrariamente agli altri paesi, in Italia abbiamo il maggior numero di persone che abitano nella propria casa, hanno i piccoli risparmi sul conto corrente, e sono scappati dagli investimenti dove molti si sono bruciati. Non è gente ricca, sono lavoratori, dipendenti e autonomi, che hanno messo da parte laboriosamente tutto ciò e riescono spesso a far fronte alle esigenze delle nuove generazioni che hanno enormi difficoltà a inserirsi.
A questo punto gli squali che si aggirano in seguito alla nuova crisi o, dovremmo dire, l’acuirsi in seguito alla pandemia della crisi che già era in atto, sono pronti a sbranare la preda.
Naturalmente i governi non fanno altro che porgere la nazione su un piatto d’argento a questi squali, approntando misure basate solo sul debito, pubblico e peggio ancora privato. MES o Coronabond, cambia solo la corda con la quale ci impiccheranno a effetto breve o più lungo, se concentrato sul nostro paese, o anche distribuito sugli altri popoli europei (ho maggiori dubbi in merito).

D. La profondità della crisi economica e la sua possibile estensione sul piano mondiale può cambiare il quadro internazionale che era andato formandosi prima della pandemia? È verosimile pensare al costituirsi di un quadro segnato dall’acutizzarsi delle tensioni internazionali tra i poli imperialisti, con alla testa gli USA, e quei Paesi che assieme alla Repubblica Popolare Cinese hanno teso, in questi anni, a costituire un fronte, diversificato, ma non più subordinato a quello imperialista? Conseguentemente: la probabile profondità e vastità della crisi può rischiare di riaprire pericoli di guerra su scala internazionale?

R. Storicamente le crisi più sono acute e più comportano pericoli di soluzioni drammatiche. La guerra, per il capitalismo, è sempre stata l’occasione per distruggere il sovrapprodotto e dare nuovo impulso ai profitti con la ricostruzione. Quindi nulla di nuovo. La novità potrebbe essere che questa volta la guerra che distrugge e poi ricostruisce potrebbe essere proprio la pandemia. Una guerra senza armi classiche.
Come abbiamo detto, la Cina potrebbe uscire prima e meglio dei paesi occidentali, mentre USA e Unione Europea potrebbero metterci più tempo. Ciò dipende anche dalla struttura produttiva e organizzativa dei rispettivi paesi.
Anche le alleanze potrebbero subire rotture o tensioni, anche se è da dubitare che ci possa essere un riposizionamento radicale dei paesi che aderiscono alla NATO, a causa della difficoltà per questi paesi – stante l’attuale subordinazione militare e politica – di mettersi fuori. In realtà, una certa litigiosità interna potrebbe portare a conflitti intestini che potrebbero indebolire questo quadro internazionale delle alleanze. Per non parlare su come la competizione comunicativa da “guerra fredda” verrà (e già avviene seppur in ritardo) messa in campo dagli Stati Uniti per accusare la Cina per la pandemia.
L’obbiettivo degli USA sarà quello di impedire che, al di fuori del quadro NATO, possa esserci un rafforzamento del soft power sino-russo, grazie al prestigio che essi hanno guadagnato con la migliore gestione interna della crisi pandemica e gli atti di solidarietà internazionale. Anche il discredito accumulato dalle potenze imperialiste – USA e Unione europea – potrebbe portare a difficoltà se non proprio defezioni da parte di paesi periferici.
La risposta della NATO sarebbe allora prevedibilmente una recrudescenza dei propri atti repressivi e terroristici a cui ci hanno abituato. Ci potrebbe essere perfino una recrudescenza degli atti di sovversione sobillati dall’Occidente e di ricatto economico e militare ai danni dei paesi in bilico.
Tuttavia una guerra totale su vasta scala – con le bombe nucleari per intenderci – è sempre possibile ma abbastanza improbabile.
Questo per due motivi.
Il primo di ordine economico. Il capitalismo vuole distruggere le forze produttive, ma non vuole arrivare a rischiare il collasso totale che certamente seguirebbe all’olocausto nucleare. Anche la stessa coesione degli Stati Uniti potrebbe essere messa a repentaglio dopo il primo milione di vittime sul suolo americano, cosa mai sperimentata dopo la Guerra di Secessione.
Il secondo di ordine militare. Nonostante gli USA più il resto dei paesi NATO spendano in armi il doppio di tutti gli altri paesi messi insieme (867,5 su 1.326 miliardi di dollari l’anno), credo che debbano temere la forza asimmetrica della Russia e soprattutto della Cina. Per fare un esempio banale, la Cina ha dimostrato di essere in grado di poter “accecare” i satelliti militari USA, cosa che “bloccherebbe” il sistema militare NATO, così come la Russia di essere in grado di sabotare la rete informatica. In queste condizioni la superiorità militare se ne andrebbe a pallino. Anche la talassocrazia americana potrebbe essere messa in crisi da qualche arma nucleare tattica ben assestata sulle principali flotte che scorrazzano per i mari di tutto il mondo, ancor peggio se questo avvenisse in territorio americano.
Per non parlare degli scenari locali. Israele fa il gradasso perché sa che la sua sicurezza non è messa in discussione al riparo del gigante USA, ma in caso di guerra nucleare che accadrebbe ad uno stato concentrato in un così piccolo territorio? Lo scenario apocalittico è terribile per tutti.

D. La crisi attuale viene a cadere solo sette anni dopo la fine (2013) di quella, anch’essa devastante per tanta parte dell’economia mondiale, dei subprime americani. Si tratta di un ravvicinamento delle crisi cicliche capitalistiche, con il conseguente venir meno del prestigio degli assetti del potere capitalistico e un “risveglio” politico del senso comune di massa, o almeno una parte di esso? Se così fosse, non si presenterebbe una nuova opportunità di lotta per le forze comuniste e della sinistra anticapitalista? Non sarebbe, se ciò fosse vero, il tempo di una più stringente unità di queste forze? A partire da quelle comuniste, così ancora tanto divise tra loro?

R. La crisi è stata determinata da un evento esterno al meccanismo “naturale” del capitalismo e quindi ne ha distorto il ciclo. In effetti una crisi sistemica era alle porte, ma non c’è dubbio che essa è stata anticipata. Il risveglio politico della nostra dipende dal ruolo dirigente che le avanguardie ideologiche e politiche sapranno catalizzare. Altrimenti il malcontento si riassorbirà e precipiterà nella rassegnazione o si indirizzerà verso protagonisti del tutto opposti, o anche con rivolte che potrebbero anche essere fiammate alla fine controproducenti, che porterebbero a un ulteriore passo indietro le classi popolari di tutto il mondo. Anche in uno scontro (finto) tra globalisti e sovranisti a perderci sarebbe il proletariato.
Il nostro partito ha escluso forme di sommatorie tra forze politiche eterogenee, sommatorie che si sono sempre tradotte, dall’Arcobaleno del 2008 in poi, in un indebolimento, un annacquamento delle proposte politiche, lasciando scorgere alla nostra classe di riferimento la trama di mero riassestamento tra i personaggi politici che le incarnano. In questo momento questa chiarezza è ancora più indispensabile.
Sommare due idee non ne crea una più forte, le indebolisce entrambe. Creare una nuova sintesi tra proposte convergenti fa avanzare un’idea comune. Per questo noi parliamo di unione e non di unità. Unione significa che si impone l’idea più forte e comincia a camminare sulle gambe di un numero sempre maggiore di persone. Avvenne così anche nell’Ottobre nella competizione tra bolscevichi, menscevichi e socialisti rivoluzionari. Invece le sommatorie fanno l’unità, che è più debole di ciascuna delle due. La forza è data dalla coerenza e non dal numero iniziale. Un’idea debole non decolla, resta la somma dei residui con cui si è costruita, un’idea forte può cambiare il mondo. È la storia del comunismo e delle rivoluzioni vittoriose, non ci stiamo inventando nulla. Stiamo cercando di ripercorrere, per come ne siamo capaci, gli insegnamenti dei giganti del movimento operaio e comunista che ci hanno preceduto.
Nello specifico:
In abito economico.
Euro del nord – euro del sud, o qualunque altra alchimia che resta interna al paradigma capitalistico. Come si può conciliare questa idea con la nostra che è: stracciare senza alcuna esitazione i Trattati europei e indirizzarsi verso il socialismo?
Ancora allargare il solidarismo dalla base, il mutualismo o qualunque altra generosa idea che però non passa dalla lotta di classe, che mette al primo posto il conflitto capitale/lavoro? Come si può conciliare quest’idea con la nostra che è: nazionalizzazione, esproprio, centralizzazione, controllo operaio?
Reddito di cittadinanza al posto di salario per lavori stabili, sicuri, retribuiti secondo leggi fatte rispettare davvero. Come si può conciliare una visione degli oppressi come plebei e non come lavoratori?
In ambito politico.
Movimento dei movimenti o partito leninista? Queste due cose si possono mescolare come l’acqua e l’olio. Noi siamo sempre per la forma che ha dimostrato di saper battere il capitalismo e non la forma che ha fallito ieri, fallisce oggi e fallirà domani.
Sindacato dei cittadini o sindacato di classe che restituisce la forza e soprattutto la coscienza di essere classe ai lavoratori? Sindacato come progetto politico generale interclassista, ma non luogo di elaborazione ideologica e con una visione di sé, e come, ribaltare il capitalismo, o sindacato di classe come cinghia di trasmissione tra le larghe masse di lavoratori e la loro avanguardia più cosciente, il partito? Sindacato di classe che non è subordinato, ma legato dialetticamente, che arricchisce e si arricchisce del partito, che contribuisce a dare linfa sostanziale e pratica alle lotte operaie, ma riceve dal partito la visione prospettica di dove indirizzare i colpi contro il nemico di classe.
E poi. Donne, giovani, rivendicazioni e minoranze di tutti i tipi, come categorie da frullare in un unico contenitore più o meno conflittuale, o componenti della classe operaia e dei lavoratori che subiscono un doppio sfruttamento, che con le loro specificità possono e devono costituire un motore della lotta di classe? In ultimo serve invece una proposta strategica non di alleanza politica, bensì di alleanza sociale tra lavoro salariato e ceto medio che si proletarizza (lavoratori “tutti” uniti a piccoli commercianti, artigiani, popolo delle professioni) concretamente protesi al “cambio di società.
Penso che sia chiaro che il Partito Comunista per fare questo debba unire davvero i comunisti, ma nella loro casa.
In totale modestia, ma con netta determinazione: noi facciamo la nostra proposta e gli altri facciano la loro. Vedremo. Saranno i lavoratori a scegliere e non i ceti politici – francamente ormai ridotti al lumicino – a “dare le carte”.
view post Posted: 21/4/2020, 13:27 sepulveda - Off topic
CITAZIONE (Colonello Busachov @ 21/4/2020, 12:30) 
per il resto non sono amante della letteratura latino americana in genere,da l'insostenibile leggerezza dell'essere di kundera in poi

Kundera è ceco.
view post Posted: 10/10/2019, 16:35 Partito Comunista - Partiti e movimenti comunisti
CITAZIONE (Petruzza @ 10/10/2019, 17:12) 
il quale il fascismo è una forma della dittatura della classe dominante borghese che essa alterna e mescola con la forma liberale e democratico-parlamentare a suo piacimento a seconda della situazione economica e politica del momento

Questo è un delirio possibile solo in un partito-setta che considera Gramsci un revisionista.
view post Posted: 22/8/2019, 22:24 Cina vs USA - Esteri
C'è gente che pagherebbe per vendersi.
view post Posted: 11/6/2019, 17:26 CARC - (n)PCI - Partiti e movimenti comunisti
CITAZIONE (Osarevincere @ 11/6/2019, 18:19) 
Oh quale onore!!!
ho già capito l'antifona: a un vigile zelante serve solo un pretesto, congruo o meno. Ho già provveduto io risparmiando liturgie, richiami, minacce e repressione a chi di dovere. sono qui per discutere, non per farmi bannare con un pretesto artefatto...;-)

Un "no" era sufficiente.
La prossima volta vedi di agire un po' meno d'impulso quando il livore prende il sopravvento.
CITAZIONE
Già che ci siamo vuoi unirti alla discussione sul fatto che il socialismo sia movimento spontaneo delle masse che si muovono a caso perseguendo i loro interessi immediati?

No. Dei tuoi deliri antimarxisti non mi importa nulla.
CITAZIONE
Ci sono altre formule per mortificare il marxismo che Primo maggio non ha scritto e a cui non avete messo pollicioni?

Ci pensi benissimo da solo a mortificare il marxismo. Però se la mancanza di pollicioni ti dà tanto fastidio, rimediamo subito.
CITAZIONE
Posso definire conclusa la discussione con te. Avanti un altro. C'è qualcuno di più preparato che non si contraddice ogni 3 righe?

Io direi piuttosto che è la tua permanenza su questo forum a potersi definire conclusa.

Edited by Sandor_Krasna - 27/4/2020, 13:03
view post Posted: 11/6/2019, 16:34 CARC - (n)PCI - Partiti e movimenti comunisti
Osarevincere, ti faccio una domanda precisa: il signor Roberto Pano vi ha mai autorizzati esplicitamente a divulgare questo scambio di mail?
view post Posted: 7/6/2019, 17:27 Lettera di F. Engels a J. Bloch del 21 settembre 1890 - Biblioteca
Londra, 21 settembre 1890

Egregio signore,

la Sua lettera del 3 c.m. mi è stata inoltrata a Folkestone; dato che però là non avevo il libro in questione [Cfr., "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato"], mi è stato impossibile rispondere. Tornato a casa il 12 ho trovato ad aspettarmi un tale cumulo di lavoro urgente, che solo oggi riesco a scriverle un paio di righe. Questo per spiegare il rinvio, con la preghiera di volermi cortesemente scusare.

Al punto I. Per prima cosa a p. 19 dell'"Origine" Lei può vedere che il processo di sviluppo della famiglia Punalua è descritto come così graduale nel suo decorso, che ancora in questo secolo nella famiglia reale ad Hawai c'erano casi di matrimoni tra fratelli e sorelle (di una stessa madre). E in tutta l'antichità troviamo esempi di matrimoni tra fratelli, ad esempio ancora presso i Tolomei. Ma qui - seconda cosa - bisogna distinguere tra fratelli dal lato materno o solo dal lato paterno; [fratello, sorella] derivano da , utero, e perciò originariamente significavano esclusivamente fratelli dal lato materno. E dal periodo del matriarcato si è conservato ancora a lungo il sentimento che figli di una stessa madre, anche se di padre diverso, fossero piú vicini tra loro che figli di uno stesso padre, ma di madre diversa. La forma di famiglia Punalua esclude solo matrimoni tra i primi, ma niente affatto tra i secondi, che secondo la relativa idea non sono anzi neanche parenti (poiché è in vigore il matriarcato). Ora, per quanto ne so, i casi di matrimonio tra fratelli che ricorrono nell'antichità greca sono esclusivamente casi in cui i contraenti hanno madre diversa, oppure in cui ciò non è noto, e perciò neanche escluso, e non contraddicono perciò assolutamente l'uso Punalua. A Lei è sfuggito proprio il fatto che tra l'epoca dei Punalua e la monogamia greca c'è il salto dal matriarcato al patriarcato, che cambia notevolmente la faccenda.

Secondo le "Antichità elleniche" di Wachsmuth nell'epoca eroica presso i greci " non v'è traccia di scrupoli in merito a una parentela troppo stretta tra gli sposi, escluso il rapporto tra genitori e figli" (III, P. 157). "Il matrimonio con la sorella carnale a Creta non era motivo di scandalo" (ivi, p. 170), Quest'ultimo passo si basa su Strabone, libro X, ma sul momento non riesco a trovare il passo perché la suddivisione in capitoli è insufficiente. Per sorella carnale io fino a prova contraria intendo sorella dal lato paterno.

Al Punto II, preciso così la Sua prima proposizione principale: secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell'affermazione in modo che il momento economico risulti essere l'unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura - le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa - costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. - le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un'azione reciproca tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un'enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo piú facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.

Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc, anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva. Lo Stato prussiano è nato e si è sviluppato anche per motivi storici, in ultima istanza economici. Ma sarebbe pressoché impossibile non cadere nella pedanteria affermando che tra i molti staterelli della Germania settentrionale proprio il Brandeburgo era destinato per una necessità economica e non anche per altri fattori (primo fra tutti il fatto di esser coinvolto, tramite il possesso della Prussia, con la Polonia e, attraverso questa, con tutta la situazione politica internazionale - la quale è certo decisiva anche nella formazione dei possedimenti privati della dinastia austriaca) a diventare quella grande potenza in cui si sarebbe incarnata la differenza economica, linguistica, e a partire dalla Riforma anche religiosa, tra nord e sud. Difficile sarebbe non rendersi ridicoli spiegando economicamente l'esistenza di ogni staterello tedesco del passato e del presente, o 1'origine della rotazione consonantica altotedesca, che ha fatto della barriera formata dalle montagne dai Sudeti al Tauno una vera e propria frattura che attraversa la Germania.

Ma in secondo luogo la storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da cui scaturisce una risultante - l'avvenimento storico - che a sua volta può esser considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento. Ma dal fatto che le singole volontà - ognuna delle quali vuole ciò a cui la spinge la sua costituzione fisica e le circostanze esterne, in ultima istanza economiche (le sue proprie personali o quelle generali e sociali) - non raggiungono ciò che vogliono, ma si fondono in una media complessiva, in una risultante comune, da questo fatto non si può comunque dedurre che esse vadano poste = 0. Al contrario, ognuna contribuisce alla risultante, e in questa misura è compresa in essa.

Vorrei del resto pregarla di studiare questa teoria sulle fonti originali e non di seconda mano, è veramente molto piú semplice. Non c'è praticamente nulla di ciò che ha scritto Marx in cui essa non si faccia sentire. Ma in particolare " il 18 brumario di Luigi Bonaparte", è un esempio davvero eccellente della sua applicazione. Anche nel "Capitale" ci sono molte indicazioni. E posso poi rimandarla anche ai miei scritti "La scienza sovvertita dal signor E. Duhring" e "L. Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca", in cui ho, offerto la piú dettagliata esposizione del materialismo storico che a quanto ne so esista.

Del fatto che da parte dei piú giovani si attribuisca talvolta al lato economico piú rilevanza di quanta convenga, siamo in parte responsabili anche Marx ed io. Di fronte agli avversari dovevamo accentuare il principio fondamentale, che essi negavano, e non sempre c'era il tempo, il luogo e l'occasione di riconoscere quel che spettava agli altri fattori che entrano nell'azione reciproca. Ma appena si arrivava alla descrizione di un periodo storico, e perciò a un'applicazione pratica, le cose cambiavano, e nessun errore era qui possibile. Ma purtroppo è fin troppo frequente che si creda di aver capito a fondo una nuova teoria e di poterne senz'altro fare uso non appena ci si sia impadroniti dei suoi principi fondamentali, e anche questo non sempre in modo corretto. E questo rimprovero non posso risparmiarlo neanche a qualcuno dei recenti "marxisti", e ne è venuta fuori anche della roba incredibile.

Al punto 1 ho ulteriormente trovato ieri (scrivo questo il 22 settembre) in Schoemann, "Antichità greche", Berlino 1855, I, p. 527, il seguente decisivo passo, che conferma appieno la mia precedente descrizione: "Ma è noto che matrimoni tra fratellastri di madre diversa nella Grecia tarda non erano considerati incesto".

Spero che i periodi terribilmente complessi che a causa della brevità di tempo mi sono usciti dalla penna non La spaventino troppo e resto

il Suo devoto F. Engels
view post Posted: 30/10/2018, 15:35 Potere al Popolo - Partiti e movimenti comunisti
Se ne sono andati anche Rifondazione e Sinistra Anticapitalista.
view post Posted: 15/4/2018, 01:25 Il giovane Marx - Cinema & TV
CITAZIONE (Kollontaj @ 14/4/2018, 00:10) 
bisogna anche dire che il regista ha fatto cose rispettabilissime, questo magari aiuta un po' a superare i timori iniziali.

Il suo I Am Not Your Negro, su James Baldwin, è un buon film.
view post Posted: 26/2/2018, 17:25 Partito Comunista - Partiti e movimenti comunisti
CITAZIONE (-Kekke!- @ 26/2/2018, 14:53) 
Quello che non mi è chiaro è cosa c'entri Red Militant in tutta questa faccenda; ci hanno pure dato degli "squadristi" (ma forse si confondono con i loro amici centrosocialari).

Ma sono lo stesso collettivo dell'ex utente Cheskystev? Quelli che erano entrati nel PC salvo poi uscirne polemicamente meno di una settimana dopo?
541 replies since 6/11/2012