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| CITAZIONE Dai, non prendiamoci in giro. Ti invito a inquadrare anche il contesto storico. In quel periodo c'era un po' dappertutto il vizietto di considerare "mutato" il carattere dei nemici storici del proletariato: in Urss, già ai tempi di Stalin, i vari Varga, Malenkov, che dopo una finta autocritica divennero gli ispiratori della coesistenza pacifica di Krushiov, proclamavano che la borghesia imperialista nemica avesse modificato le sue tendenze storiche e che fosse divenuta più ragionevole, lo stesso si verificò in Polonia, in Italia dove gli esponenti dei partiti comunisti Gomulka (lodato da Mao) e Togliatti consideravano rispettivamente diverso il carattere della propria borghesia consentendo quindi la costruzione del socialismo per mezzi pacifici, accusando di dogmatismo i suoi avversari politici, e reale la possibilità di costruire il socialismo attraverso il sistema elettorale e il parlamento borghesi. Anche in Cina quindi si verificarono simili deviazioni che non mi pento di definire apertamente socialdemocratiche ed anti-comuniste che sfociarono poi in teorie anti-marxiste come la Teoria dei Tre Mondi e nella presa del potere da parte di quella borghesia nazionale che "accettava di trasformarsi"... sì, trasformari in borghesia IMPERIALISTA semmai Tu stai parlando del revisionismo moderno includendovi anche mao. E facendo dinuovo confusione tra borghesia nazionale e borghesia imperialista. La borghesia nazionale cinese non era un "nemico storico" del proletariato altrimenti anche stalin (ma i livelli della vostra schizofrenia ideologica sono sorprendenti e sempre inediti) sarebbe stato un deviazionista di destra perché ne promuoveva la collaborazione. Mao tse tung fu e il partito comunista cinese sotto la sua guida furono i più acerrimi critici e nemici del revisionismo moderno; lo stesso hoxha ne accettò la guida politica nella battaglia contro l'urss revisionista. Lenin ha detto del marxismo che “questa dottrina ha dovuto lottare a ogni passo del suo corso”. Similmente, il leninismo si è sviluppato nel corso della lotta contro il revisionismo della Seconda Internazionale. Ogni nuova conferma e vittoria del leninismo è stata inevitabilmente accompagnata da “una battaglia dopo l’altra contro la stupidità politica, la volgarità, l’opportunismo, ecc.”. I vecchi revisionisti della Seconda Internazionale usavano spesso “nuovi dati sullo sviluppo economico” per confondere le masse ed eliminare dal marxismo l’anima rivoluzionaria e tuttavia essi agitavano falsamente la bandiera del “marxismo”. Ora la storia si ripete in forme differenti, in circostanze differenti. I revisionisti moderni, con il loro sbandierare falsamente il “leninismo” e il loro loquace parlare di “fedeltà a Lenin”, stanno ripetendo in realtà lo stesso processo e stanno usando alcuni “nuovi dati” dello sviluppo storico per confondere la gente, insidiare gli insegnamenti rivoluzionari del leninismo, attaccare la sostanza del leninismo, vale a dire gli insegnamenti di Lenin sull’imperialismo e la sua teoria e tattica della rivoluzione proletaria e la dittatura proletaria. Come il revisionismo-opportunismo della Seconda Internazionale, il moderno revisionismo sta facendo di tutto per nascondere le contraddizioni del capitalismo e dell’imperialismo e per negare che l’imperialismo è capitalismo moribondo, in decadimento, i cui giorni sono contati; esso si è spinto fino a descrivere l’imperialismo moderno come “pacifico” e “democratico” “superimperialismo”. I moderni revisionisti, rappresentati dal gruppo jugoslavo di Tito, hanno fatto di tutto per far apparire attraente la macchina statale del capitalismo monopolistico di Stato. Essi descrivono la politica della “nazionalizzazione”, il capitalismo monopolistico di Stato e l’intervento economico dello Stato nei paesi imperialisti e nei paesi capitalisti in generale, con termini quali “sviluppo di elementi di socialismo”, “realizzazione di un’economia pianificata”, “inizio del processo di trasformazione socialista” e così via. Essi cianciano di “cambiamento graduale”, di “integrazione di rivoluzione e riforma”, di “entrare pacificamente nell’era socialista” e così via. Ma essi non hanno mai neanche una parola da dire circa la necessità, per passare dal capitalismo al socialismo, di fare una rivoluzione che infranga la macchina dello Stato borghese e sostituisca alla dittatura borghese la dittatura proletaria. È ben noto che la tesi fondamentale del marxismo, che Lenin si premurò di spiegare, era precisamente la tesi della rivoluzione che infrange la macchina dello Stato borghese e della sostituzione della dittatura borghese con la dittatura proletaria. Perché senza tale rivoluzione tutto il parlare di trasformazione socialista è senza significato e il capitalismo monopolistico di Stato rimane capitalismo e niente altro. Lenin ha ben detto che l’esistenza e lo sviluppo del capitalismo monopolistico, incluso il capitalismo monopolistico di Stato, può solo dimostrare il maturare dei preliminari requisiti materiali per il socialismo e l’incombente avvicinarsi e l’inevitabilità della rivoluzione socialista, ma non può servire affatto “come un argomento in favore del tollerare il ripudio di una tale rivoluzione e in favore degli sforzi per far apparire più attraente il capitalismo: un’occupazione in cui sono impegnati tutti i riformisti”. Qui vi è una differenza fondamentale nella valutazione della nostra epoca. Quando i marxisti-leninisti dicono che “il principale contenuto della nostra epoca è il passaggio dal capitalismo al socialismo, iniziato in Russia dalla grande Rivoluzione socialista d’Ottobre” (Dichiarazione di Mosca dei rappresentanti dei partiti comunisti e operai dei paesi socialisti, 14-16 novembre 1957), essi si basano sul punto di vista della rivoluzione proletaria e della dittatura proletaria e sull’esperienza fondamentale della grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Ma i moderni revisionisti, scansando questo punto di vista come la peste, distorcono l’esperienza della Rivoluzione d’Ottobre ed evitano di riferirsi alla strada della Rivoluzione d’Ottobre come alla strada comune che porta all’emancipazione dell’umanità. In realtà essi considerano la nostra un’epoca in cui “il capitalismo si sviluppa pacificamente in socialismo”. Il marxismo-leninismo ha sempre attribuito grande importanza alla lotta per la democrazia. Nei paesi dove la rivoluzione democratica borghese non è stata portata a termine, il proletariato deve mobilitare le masse, compiere ogni sforzo per guidare la rivoluzione democratica borghese e lottare per la sua vittoria. Nei paesi dove esiste la democrazia borghese, il proletariato deve utilizzare i diritti democratici già conquistati per lottare per altri diritti democratici, allo scopo di educare, ridestare e organizzare le masse per la lotta contro il sistema borghese di sfruttamento e di violenza. Dopo la presa del potere, il proletariato deve consolidare e rafforzare la dittatura del proletariato e allo stesso tempo realizzare una larga democrazia sotto una direzione altamente centralizzata. In altre parole, deve usare la dittatura sul nemico e praticare la democrazia tra il popolo, per assicurare il successo nell’edificazione del socialismo e del comunismo. La democrazia ha invariabilmente un carattere di classe. I marxisti-leninisti hanno sempre trattato il problema della democrazia nel suo contesto storico e non hanno mai parlato di “democrazia in astratto” o di “democrazia in generale”. Lenin ha sottolineato che nelle condizioni del capitalismo il proletariato può conservare la sua indipendenza solo se fa servire la sua lotta per la democrazia al suo obiettivo ultimo della dittatura proletaria. Egli poi mise in evidenza che la sostituzione della dittatura borghese con la dittatura proletaria significa un’estensione della democrazia che è di significato storico mondiale; significa un cambiamento da falsa democrazia a vera democrazia; significa privare dei diritti democratici i pochi che sfruttano e mettere in grado il popolo lavoratore, la stragrande maggioranza, di godere della democrazia. Pensare che la dittatura del proletariato implichi il rigetto della democrazia è una degenerata “asserzione liberale e falsa” che perde di vista la lotta di classe5 . Come i vecchi revisionisti, i revisionisti moderni usano ogni genere di pretesti per cancellare il carattere di classe della democrazia e la differenza tra democrazia borghese e democrazia proletaria. Nel difendere la “democrazia in generale” o “democrazia di tutto il popolo”, essi in realtà fanno un feticcio della democrazia borghese, cioè della dittatura borghese. Procedendo da questo punto di vista, essi fanno di tutto per confondere rivoluzione con riforma e per limitare tutto il loro lavoro nei confini permessi dalla dittatura borghese. Lenin aveva molto tempo fa criticato questo punto di vista estremamente sbagliato. Egli disse: “Sarebbe pura sciocchezza pensare che la più profonda rivoluzione della storia umana, una rivoluzione che per la prima volta trasferisce il potere dalla minoranza sfruttatrice alla maggioranza sfruttata, possa essere attuata entro la vecchia intelaiatura della democrazia borghese parlamentare, senza cambiamenti drastici, senza la creazione di nuove forme di democrazia e di nuove istituzioni conformi alle nuove condizioni per applicare la democrazia, ecc.”. Questa asserzione di Lenin si è dimostrata corretta nella Rivoluzione d’Ottobre e anche completamente corretta di fronte alle vittorie ottenute in seguito da alcuni paesi di varie parti del mondo nella loro rivoluzione socialista. Tuttavia ciò che i revisionisti moderni continuano a sostenere è proprio l’assurda teoria che Lenin aveva confutato. Nelle condizioni del socialismo i moderni revisionisti, ancora con il pretesto della “democrazia in generale”, negano il carattere di classe della democrazia e si sforzano di conseguire gradualmente il loro obiettivo di eliminare la dittatura del proletariato, allo scopo di facilitare la graduale restaurazione del capitalismo in una forma o nell’altra. Leninismo e revisionismo moderno, editoriale di Bandiera Rossa, 1963. La "teoria dei tre mondi", ti è stato detto in tutte le maniere, non ha che vedere con mao, ma con deng. È una teoria che assolutizza la contraddizione interimperialista rispetto alla contraddizione di classe, funzionale alla strutturazione di una politica internazionale conforme alla restaurazione del capitalismo in cina. Questa teoria riprende singole affermazioni di mao tse tung a scopo strumentale...il discorso all'onu di deng contro usa e urss può essere letto, col senno di poi, come un'anticipazione di quella teoria ma in sé non ha nulla di sbagliato, rilevando il ruolo dei popoli oppressi nella lotta alle potenze imperialiste. Edited by primomaggio1945 - 24/6/2021, 18:03
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