Comunismo - Scintilla Rossa

Posts written by SkateRed

view post Posted: 14/3/2019, 16:02 Per ridere con le vignette - Bar Toto Cutugno
In Ucraina quando i bimbi fanno i cattivi arriva l’uomo Al Bano

Le storielle che si raccontano ai bambini nei vari paesi, spesso sono similari cambiando il nome dei personaggi. In Ucraina le cose sono diverse dopo che il governo ha sentenziato Al Bano Carrisi nemico del popolo, per le sue presunte amicizie con la Russia. Detto questo fa specie come la rabbia per la dittatura comunista sia ancora così forte nella coscienza del popolo ucraino. Crediamo possa essere troppo spaventosa la figura da mostrare ai bambini, ben altro effetto fa sui figli del nostro paese, dove porta tanta “felicità”.

https://larefubblica.it/ucraina-quando-i-b...vCtemFd4kqj1e3k
view post Posted: 14/3/2019, 15:47 Dieci domande a Beppe Grillo - Partiti e movimenti comunisti
Nasce il Partito 5 Stelle, la cui storia assomiglia ora sempre più a quella di Forza Italia

Il Movimento 5 Stelle, divenuta da forza di opposizione e di minoranza a componente di maggioranza di un governo nazionale, sta profondamente cambiando.

continua qui: http://lacamiciarossa.blogautore.espresso....5DbfQkU7mCG6PI4
view post Posted: 14/3/2019, 15:25 Il fascismo rialza la testa con il suo razzismo - Varie
Ladispoli, l'Anpi: «No a piazza Almirante nel giorno delle Fosse Ardeatine»

L'Associazione nazionale partigiani di Roma dice no a piazza Almirante. «Il 24 marzo del'44 i nazisti di Kappler, anche grazie alla fattiva collaborazione di elementi di spicco della repubblica di Salò, trucidarono 335 persone innocenti come criminale rappresaglia al “legittimo atto di guerra” subito in Via Rasella. Giorgio Almirante era personaggio non secondario della repubblica saloina, fascista e razzista mai pentito.

continua qui: https://www.ilmessaggero.it/roma/news/piaz...3aw8L7TvgkED0YY
view post Posted: 14/3/2019, 15:06 habemus Papam: il Conte del Grillo - Interno
Quanto guadagnano Salvini e Di Maio, i due vicepremier italiani
Facciamo i conti in tasca ai due personaggi più in vista della politica italiana

14 marzo 2019 –
Dopo aver accertato che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha uno stipendio in linea, quando non minore, con quello della maggior parte dei suoi colleghi europei, facciamo i conti in tasca a Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due uomini più in vista della politica italiana. Fra stipendio e indennità parlamentari, una cifra compresa fra i 326mila e 336mila euro annui.

https://quifinanza.it/soldi/video/quanto-g...NXtgmkSOORnA-qU
view post Posted: 14/3/2019, 14:51 Spacchiamo il pd - Interno

il pd candida un fascista alla presidenza della regione basilicata:
zingaretti non ne sa nulla?


Pubblicato il 14/03/2019 di pennatagliente

Per capire quale sarà il “nuovo corso” del Partito Democratico appare interessante citare un articolo del direttore del Secolo d’Italia, l’ex senatore Francesco Storace, apparso sull’edizione telematica del quotidiano fascista giovedì sette marzo.

Il titolo è: «I primi comizi di Nicola Zingaretti? A sostegno di un fan di Giorgio Almirante», e racconta la storia di tale Carlo Trerotola, il candidato alla presidenza della Regione Basilicata per la cricca sedicente democratica.

Costui proviene direttamente dalle file del Movimento Sociale Italiano e ha più volte, a quanto si apprende da ciò che scrive il corpulento ex politicante romano, sostenuto che «Almirante è stato il mio unico riferimento politico».

Naturalmente l’ex presidente della Regione Lazio – in carica dal 2000 al 2005 – cita questa storia per sbeffeggiare, con toni insolitamente ironici, il suo ex accolito reo di essere passato alla “sinistra”, e aver giurato fedeltà a Nicola Zingaretti.

Il punto di vista dell’ex segretario nazionale de La Destra è del tutto legittimo: piuttosto stupisce che il novello responsabile politico sedicente democratico non conosca la storia di costui; se invece è al corrente del suo passato la cosa è ancora più grave.

A questo punto pensiamo sia legittimo domandarsi cosa ne pensino personaggi quali Laura Boldrini, la ex presidente della Camera dei Deputati, che ha sempre puntato su di lui per rilanciare la “sinistra”.

Costei, fino a ieri, sosteneva come egli fosse «la figura di cui oggi c’è bisogno per tenere insieme tante sensibilità diverse in un’ottica di cambiamento e di rinnovamento»: crediamo che a tutto ci sia un limite.

https://pennatagliente.wordpress.com/2019/...on-ne-sa-nulla/
view post Posted: 11/3/2019, 19:49 Il fascismo rialza la testa con il suo razzismo - Varie

Shoah, Liliana Segre insultata sul web dai negazionisti


La senatrice a vita Liliana Segre ha rivelato di aver ricevuto insulti via web da parte di alcuni negazionisti della Shoah. Parlando nel corso di un convegno all'Accademia dei Lincei, la testimone diretta degli orrori della persecuzione nazista, sopravvissuta all'esperienza dei lager, ha detto di essere stata destinataria di messaggi d'odio, come "vecchia schifosa, hai imparato molto bene a memoria la tua bugia".

"Esprimo solidarietà e vicinanza alla senatrice Liliana Segre per le minacce subite proprio in un giorno nel quale, per il suo coraggio e la sua tenacia di testimone dell’Olocausto, avrebbe dovuto essere invece celebrata tra le donne che onorano il nostro Paese. Dobbiamo lavorare tutti assieme affinché i germi dell’antisemitismo, dell’odio e dell’intolleranza vengano estirpati per sempre dalla nostra società” ha commentato la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati.

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2...MHfEUvEWy6kaJZM
view post Posted: 10/3/2019, 18:08 L'imperialismo si organizza in Venezuela - Esteri
CITAZIONE (primomaggio1945 @ 9/3/2019, 23:08) 
a 'sto punto Skatered proclamati presidente d'Italia e facciamo 'sta dittatura del proletariato

mi sto sbellicando :woot: :woot: :woot:

Ripristinerò la signoria di famiglia comprendendo tutta l'Italia :D
view post Posted: 10/3/2019, 11:41 habemus Papam: il Conte del Grillo - Interno
Stanno smantellando tutto ciò che di buono c'è in Italia, vogliono farci regredire socialmente ed economicamente per uscire dall'Europa e finire come i paesi fascisti e i paesi teocrati arabi.

-Malcom- fonte

Salvini: “Ddl Pillon è un punto di inizio, il diritto alla famiglia va riformato”

https://www.tpi.it/2019/03/08/salvini-ddl-...H6xxx4BGBhf71wU
view post Posted: 10/3/2019, 11:28 Il ruolo della donna oggi e nella società socialista e comunista. - Marxismo

A.Kollontaj:
Le origini della "questione femminile"



Alexandra Kollontaj | marxists.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

1921

Conferenze all'università Sverdlov sulla liberazione della donna (*)

VII° conferenza

Nella nostra ultima conferenza eravamo giunti alle seguenti conclusioni: mentre aumentavano le forze produttive e si imponeva la produzione delle grandi industrie capitaliste, aumentava anche il numero delle donne lavoratrici. Oggi stiamo constatando come, nell'ambito del sistema capitalista, la donna non sarà mai in grado di ottenere la totale liberazione, né la completa uguaglianza di diritti, indipendentemente dalla sua partecipazione - attiva o no - alla produzione.

E' infatti tutto il contrario! Rimane la contraddizione insormontabile tra il suo significato economico e la sua dipendenza, la sua condizione senza diritti nella famiglia, nello Stato e nella società. Esamineremo ora in modo più dettagliato come la consapevolezza della necessità di pari diritti e dignità della donna sia riuscita a imporsi nella società, mentre dimostreremo come questo processo sia collegato al rapido progredire del lavoro della donna .

Non ci sarà difficile riconoscere che le donne, lavorando nella produzione e diventando economicamente indipendenti, hanno reagito con una crescente amarezza per la loro esistenza di second'ordine - tanto nella famiglia, che nella società. Qualsiasi osservatore libero da pregiudizi può constatare facilmente che esiste una contraddizione palese tra il riconoscimento della donna come forza lavoro socialmente utile e la sua discriminazione da parte della legislazione borghese. Questa contraddizione tra il significato del lavoro della donna per la produzione da un lato e la sua assenza di diritti da un punto di vista politico e sociale dall'altro, nonché la sua subordinazione al marito che ha da tempo cessato di provvedere i suoi bisogni, questa contraddizione, dunque, la dobbiamo originariamente alla nascita della cosiddetta "questione femminile".

"La questione femminile" fu posta con particolare veemenza nella la seconda metà del secolo scorso, anche se abbiamo già visto che inizia in un periodo chiaramente precedente. La troviamo già quando la concorrenza della manifattura spinse verso il fallimento i piccoli artigiani e i lavoratori a domicilio, costringendoli a vendere la propria forza lavoro alle grandi industrie insieme a quella delle loro mogli e dei loro bambini. Alla fine della XVIII° secolo e all'inizio del XIX° secolo, "la questione femminile" si concentrò tuttavia principalmente sul salario delle donne e il loro diritto "a un lavoro dignitoso". In tre secoli le corporazioni con i loro privilegi e la severità dei loro decreti, fecero in modo che la donna si trovasse esclusa dai mestieri artigianali. Le corporazioni tentarono di relegarla per sempre ai suoi fornelli, ciò voleva dire che la donna doveva ritirarsi dalla produzione e abbandonare questa all'uomo. Questo ha naturalmente portato ad un peggioramento della situazione della donna. Da quando perse la possibilità di esercitare una professione artigianale, è diventata più facilmente preda del fabbricante e vittima della sua politica di sfruttamento.

A quel tempo in Francia il sistema della manifattura era dominante nella produzione. Ma le fabbriche, solo eccezionalmente erano grandi abbastanza per essere chiamate imprese industriali, con più di un centinaio di lavoratori. Il lavoro a domicilio e la manifattura erano fiorenti e si diffusero in tutta la Francia. Piccole imprese manifatturiere che contavano da dieci ai venti operai si moltiplicarono come funghi nella regione parigina e nelle altre città francesi. In queste manifatture si preparavano dai tessuti e teli grezzi e grossolani fino ai più raffinati merletti, ma anche articoli in oro o in metallo, così come tutti i tipi di oggetti di uso quotidiano. Molte donne lavoravano nella tessitura e nella filatura. Rappresentavano spesso fino al 90% della forza lavoro totale occupata in questo settore. In Francia la lavorazione della seta era quasi entrata nella produzione industriale. In questo campo la fabbrica aveva prevalso sull'industria domestica e sulla produzione. Alla vigilia della Rivoluzione francese, il proletariato femminile si era considerevolmente sviluppato e i sobborghi di Parigi erano sommersi da mendicanti e prostitute e da una moltitudine di donne senza lavoro che soffriva per la miseria e per la fame. Non sorprende dunque che, in occasione delle sommosse del luglio 1789, le donne si siano impegnate in modo particolarmente tumultuoso contro la dominazione e lo sfruttamento dei ricchi. "Le donne del popolo" di Parigi rivendicavano costantemente nelle loro parole d'ordine e nelle loro petizioni, il diritto al lavoro e la promessa di poter "guadagnarsi da vivere onestamente". Rivendicavano inoltre il diritto di lavorare per uomini e donne, nonché il divieto per l'uomo di lavorare in attività tipicamente femminili, impegnandosi al tempo stesso ad astenersi dal cercare lavoro in settori specificamente maschili. "Se siamo alla ricerca di lavoro, non è per liberarci dagli uomini, ma per costruirci un'esistenza nostra in un quadro modesto„, diceva una di queste petizioni.

Durante la Rivoluzione francese le donne del terzo stato chiedevano il libero accesso a tutte le professioni artigianali o in altre parole, "la libertà illimitata di lavorare". Queste rivendicazioni dovevano permettere a decine di migliaia di donne che soffrivano per la miseria e la fame, di sfuggire alla povertà e alla prostituzione. Non erano rivendicazioni soltanto femminili, erano proprie degli interessi dell'insieme del proletariato industriale francese. Gli abitanti dei sobborghi di Parigi manifestavano e gridavano insieme: "Libertà di lavoro!" Libertà di lavoro significava chiaramente l'eliminazione definitiva del feudalesimo, il consolidamento e la predominanza della borghesia e la liquidazione dei privilegi delle corporazioni. Il loro interesse di classe indicò ai francesi la migliore via da seguire, se avessero davvero avuto un giorno la possibilità di guadagnarsi "onestamente il pane". Le donne del proletariato francese stavano innegabilmente dalla parte della Rivoluzione.

Per descrivere coscienziosamente il ruolo e le attività della donna nella Rivoluzione francese, la sua risoluzione eroica e la sua lotta rivoluzionaria, un libro intero senza dubbio non basterebbe. "Le donne del popolo" nelle province di Dauphiné e della Bretagna furono le prime ad attaccare la monarchia. Seguite dalle donne d'Angoulême e di Chenonceaux.. Parteciparono alle elezioni dei deputati per gli Stati Generali e il loro voto fu all'unanimità riconosciuto. Abbiamo già osservato che la classe borghese, in tempi di guerre civili o nazionali, accettava volentieri l'aiuto delle donne, dimenticando temporaneamente la loro "inferiorità naturale". Le donne d'Angers redassero un manifesto rivoluzionario contro la sovranità e la tirannia della casa reale e le donne proletarie di Parigi parteciparono alla presa della Bastiglia dove entrarono con le armi in mano. Rose Lacombe, Louison Chabry et Renée Audou organizzarono una manifestazione di donne che camminarono su Versailles e riportarono Luigi XVI sotto stretta sorveglianza a Parigi. Dopo il trasferimento di Luigi XVI a Parigi, le donne gareggiarono con gli uomini per ottenere l'onore di difendere le porte della città. Le pescivendole del mercato inviarono una speciale delegazione agli Stati Generali "per incoraggiare i deputati e ricordare loro le richieste delle donne". "Non dimenticate il popolo" urlò la delegata ai 1200 membri degli Stati Generali, cioè all'Assemblea nazionale francese. Le donne dei sobborghi parigini parteciparono anche alla grande manifestazione del popolo a Champ-de-Mars, firmarono le petizioni e furono vittime della perfidia del re. Le donne dello terzo stato furono parte attiva a tutte queste azioni, mobilitate dalla loro coscienza di classe proletaria. Solo una Rivoluzione vittoriosa poteva salvare le donne francesi dall'assenza di diritti, dalla fame e dalla povertà, come pure dalle conseguenze oltraggiose dell'inflazione e della disoccupazione. Il proletariato femminile francese conservò fino alla tragedia finale la sua fiamma rivoluzionaria e la sua intransigenza, galvanizzando con il suo entusiasmo la folla, a volte più esitante, degli uomini.

Molto tempo dopo il crollo della Rivoluzione, la memoria delle crudeli e sanguinarie "magliaie" ossessionò le notti della borghesia. Chi erano dunque queste "magliaie", queste furie, coma piaceva chiamarle i così pacifici contro-rivoluzionari. Erano artigiane, contadine, operaie, lavoratrici domestiche o della manifattura che soffrivano crudelmente di fame e di ogni sorta di malattia, che odiavano l'aristocrazia e l' "Ancien Régime" con tutto il loro cuore e con tutte le loro forze. Dinanzi al lusso e allo spreco della nobiltà arrogante e pigra, reagirono con un sicuro istinto di classe e sostennero l'avanguardia militante per una Francia nuova, nella quale uomini e donne avrebbero avuto diritto al lavoro e dove i bambini non sarebbero morti più di fame. Per non sprecare inutilmente il loro tempo queste oneste patriote e queste zelanti operaie continuarono a lavorare a maglia le loro calze non soltanto a tutte le feste e a tutte le manifestazioni, ma anche nel corso delle riunioni dell'Assemblea Nazionale e ai piedi della ghigliottina mentre assistevano alle esecuzioni capitali. Del resto, queste calze, non le lavoravano a maglia per loro stesse, ma per i soldati della Guardia Nazionale - divenuti difensori della Rivoluzione.

Dobbiamo senza dubbio cercare gli albori del cosiddetto "movimento delle donne" in un periodo precedente la Rivoluzione Francese, tra il 1774 e il 1783, quando l'America si liberò dalla tutela inglese. Incontriamo nella storia della Rivoluzione francese numerose donne il cui nome è rimasto strettamente legato non soltanto al movimento, ma anche a tutte le fasi dello sconvolgimento rivoluzionario propriamente detto. Accanto alle rappresentanti della tendenza politicamente più moderata dei Girondini, come Mme Roland - se vogliamo stabilire un parallelo con gli eventi attuali, potremmo dire che è una menscevica -, spicca Louise Robert-Kéralio, giornalista e scrittrice di fama, non chè democratica e difensore autentico della Rivoluzione. Nessuna delle due si interessava veramente al movimento delle donne o avanzava rivendicazioni specificamente femminili. Tuttavia, furono le prime femministe della storia nella misura in cui contribuirono al riconoscimento oggettivo della parità delle donne. Con la loro azione al servizio della Rivoluzione, portarono il loro ambiente sociale ad astrarre completamente la loro appartenenza "al sesso debole". Alla fine, sono state viste solo come rappresentanti di una linea politica specifica. A parte loro e l'estremista femminista Olympe de Gouges, c'erano altre due donne che si distinguevano per la natura particolarmente combattiva. Nel primo periodo rivoluzionario, Théroigne de Méricourt e Desmoulins chiamarono il popolo a prendere le armi. Théroigne partecipò alla presa della Bastiglia e l'Assemblea Nazionale le regalò una spada per ricompensarla del suo coraggio. Il 5 ottobre 1789, alla vigilia della manifestazione che la vide dirigersi su Versailles, prese il comando, entrò in città a cavallo e vestita con abito rosso cercò di conquistare le donne alla causa rivoluzionaria. In collaborazione con il filosofo Remond, fondò una società: Les amis de la loi, che si mobilitò per il sostegno dell'esercito nazionale. Fece appello alle donne per la difesa della nuova patria - la Repubblica - e il 15 giugno 1792 diresse essa stessa il cannone verso il castello reale e vi irruppe accanto al popolo di Versailles. La Repubblica le concesse "la corona civica" per ringraziarla dei suoi fedeli servigi. Trovò la morte in occasione degli scontri tra Girondini e Giacobini. Personalmente era vicina ai Girondini.

Rose Lacombe chiese inoltre la resa del re di Versailles. Era davvero lei alla testa delle donne dei sobborghi di Parigi. Era di grande modestia, ma contemporaneamente molto combattiva, possedeva una volontà potente e un grande senso dell'organizzazione. Era dotata di una voce melodiosa e di un viso piacevole. Il suo discorso alla galleria dell'Assemblea Nazionale, con il quale assunse la difesa della Rivoluzione contro l'esercito della seconda coalizione per una democrazia del potere, resta fra i documenti più importanti della storia della Rivoluzione francese. Lacombe nemica dichiarata della monarchia, fu ferita a una mano durante l'assedio del palazzo. L'Assemblea Nazionale le assegnò, come a Théroigne, "la corona civica". Dal 1793 divenne membro del gruppo giacobino del partito dei Montagnardi e portava il berretto rosso del movimento rivoluzionario dei sanculotti sotto la direzione di Jean-Paul Marat. Richiese l'arresto di tutti i membri dell'aristocrazia e delle loro famiglie, si circondò di numerose partigiane e diresse, con i Giacobini, l'agitazione contro i Girondini fino alla loro definitiva sconfitta. Ma quando si ostinò nel suo ardore a proseguire la lotta versi i contro-rivoluzionari e i cospiratori di ogni tipo e si permise di attaccare la Convenzione stessa, i Giacobini si irritarono e Robespierre iniziò a detestare questo giacobina pericolosa e popolare, particolarmente dotata per la retorica. I membri della Convenzione mal sopportavano di vedere Rose Lacombe e altri membri della Società delle rivoluzionarie repubblicane partecipare ai lavori della Convenzione, di vederle controllare le liste dei prigionieri e se necessario, prendere la difesa dell'uno o dell'altro dei condannati.

La Società delle rivoluzionarie repubblicane fu fondata in origine da Rose Lacombe e dalla lavandaia Pauline Léonie, dunque da due donne dei sobborghi di Parigi. In questo club, Lacombe tentò di istruire i suoi compatrioti allo spirito della Rivoluzione.
Le discussioni delle donne riguardavano argomenti come: "Che possono fare le donne per la Repubblica?" Rose Lacombe era una brillante sostenitrice degli interessi dei lavoratori e intervenne spesso a loro favore con Pauline Léonie. E' accaduto che abbia occupato con una folla di Parigine senza lavoro e senza pane la galleria dell'Assemblea Nazionale e chiedere cosa il governo intendesse fare per alleviare l'evidente povertà delle donne lavoratrici. Per Rose Lacombe, i problemi, i bisogni, in breve la miseria di queste donne le erano familiari e sapeva esporre i loro problemi in modo vivace con discorsi misurati e allo stesso tempo impetuosi.

Quando la Convenzione scioglie le associazioni e i club femminili, Lacombe difese vigorosamente la sua creatura, la Società delle rivoluzionarie repubblicane. Ma perde la sua battaglia. Dopo la caduta dei Giacobini e la vittoria contro-rivoluzionaria, ogni manifestazione pubblica di donne fu rigorosamente repressa. Lacombe non poté ovviamente tacere e proseguì la sua agitazione. È per questo che fu arrestata nella primavera del 1797 e si ritirò successivamente dalla politica. Dopo la definitiva presa del potere da parte della reazione, scomparve per sempre dalla vita politica. Rose Lacombe era una donna che dedicò anima e corpo alla causa della Rivoluzione, ben comprendendo che le necessità delle donne proletarie, le loro rivendicazioni e le loro preoccupazioni dovevano essere inseparabili dalla lotta di classe del movimento operaio nascente. Non richiedeva diritti speciali per le donne, ma esigeva da loro la più grande vigilanza e le invitava a difendere i loro interessi come membri della classe operaia. A causa della formidabile lotta che intraprese per le donne lavoratrici, è per noi oggi naturalmente la più vicina delle donne che si erano impegnate in modo più unilaterale in occasione della grande Rivoluzione.

Il movimento delle donne borghesi fu fondato in America da Abigail Smith Adams (moglie del secondo presidente della giovane Repubblica americana) e dalla sua compagna di lotta Mercy Warren, in Francia da Olympe de Gouges e in Inghilterra da Mary Wollstonecraft. Queste femministe borghesi, instancabilmente, grazie a un pugno di filosofi illuminati del XVIII° secolo e all'azione coraggiosa di alcune donne disinteressate, fecero si che la discussione sulla parità di diritti uomo e donna potesse avere luogo, certe che questi rari individui avrebbero difeso con determinazione "il gentil sesso" , richiesto la stessa educazione per uomo e donna, come pure il riconoscimento dell'uguaglianza di diritti. La loro lotta aperta avrebbe destato nella maggioranza delle donne la coscienza del loro valore fino ad allora dormiente. Le donne avrebbero cominciato ad organizzarsi e a difendere i loro interessi e nel corso del XIX° secolo e avrebbero strappato un diritto dopo l'altro con un'accanita lotta.

Questa visione è completamente falsa. La storia della liberazione delle donne è andata molto diversamente. Le femministe combattive - come Olympe de Gouges in Francia, Abigail Smith Adams in America o Mary Wollstonecraft in Inghilterra - poterono formulare "la questione femminile" in modo così preciso soltanto perché numerose donne lavoravano alla fine della XVIII° secolo nella produzione e perché la società iniziava a riconoscere la loro forza lavoro come necessaria. Olympe de Gouges sostenne la Convenzione in questi termini: "Se la donna ha il diritto di montare sul patibolo, deve anche avere il diritto di salire sulla tribuna". Lottò ostinatamente per il riconoscimento dei diritti politici della donna. Abigail Smith Adams informò il governo rivoluzionario americano che "le donne non si sarebbero sottomesse alle leggi della Repubblica finché non avessero ottenuto il diritto di voto". Fu la prima ad esprimere senza ambiguità la rivendicazione di un'uguaglianza politica tra uomo e donna. Mary Wollstonecraft richiese una revisione totale dell'istruzione delle donne, dunque un'uguaglianza di diritti sul piano dell'educazione. (Fu una scrittrice di talento della fine del XVIII° secolo. La sua opera, Défense des droits de la femme, fu pubblicata nel 1796 e fece scalpore.)

A causa delle loro differenti posizioni iniziali, le donne arrivarono anche a soluzioni diverse dalla contraddizione tra il ruolo della donna nella produzione e i suoi diritti nello Stato e nella società. Ma possono essere raggruppate sotto un unico denominatore comune: il diritto al lavoro. Questo diritto al lavoro equivaleva a quel tempo, alla vittoria della Rivoluzione. Si trattava allora di liquidare definitivamente il feudalesimo e gettare le basi di un nuovo sistema economico. Per questo, come per la conquista del diritto al lavoro per la donna, occorreva garantirsi il potere politico. È per questo che le femministe borghesi fecero un errore enorme nel cercare di dimostrare che la lotta delle donne per l'uguaglianza dei diritti e la loro coscienza crescente del loro diritto alla dignità umana, avrebbe permesso di accedere alla vita professionale. La storia prova esattamente il contrario. Olympe de Gouges scrisse nel suo famoso manifesto: "L'obiettivo di ogni assemblea legislativa deve essere quello di proteggere i diritti inalienabili di entrambi i sessi: libertà, progresso, sicurezza e protezione dall'oppressione. Tutti i cittadini e tutte le cittadine devono potere partecipare direttamente e tramite i loro rappresentanti alla legislazione. Tutte le cittadine devono avere uguale accesso a tutte le professioni dell'amministrazione pubblica e agli onori che le accompagnano.„

Tuttavia, tutte queste richieste, incentrate principalmente sul "libero accesso delle donne a tutte le professioni della funzione pubblica", potevano essere formulate solo perché le "donne del popolo" avevano aperto la strada al lavoro produttivo delle donne. Durante la Rivoluzione francese, la richiesta di uguaglianza politica dei diritti non era ancora una questione scottante per le donne proletarie, ma piuttosto una preoccupazione di elementi democratici borghesi. Le donne dei sobborghi parigini erano scarsamente rappresentate nei club femminili. Intendo i club femminili fondati da Palm Alder e da altre pioniere della lotta femminista vera e propria. Le borgatare di Parigi lottavano ardentemente con tutto il proletariato per la soppressione del sistema corporativo e per altre rivendicazioni tipicamente proletarie. Il loro istinto di classe segnalava loro con sicurezza che le rivendicazioni "del diritto al lavoro" e "della soppressione delle corporazioni" avrebbero risolto i loro problemi in modo più radicale della lotta imperniata soltanto sui diritti politici della donna. Tuttavia, Olympe de Gouges, nel formulare le sue rivendicazioni politiche, credeva fermamente di difendere gli interessi della totalità delle donne. La situazione storica del XVIII° secolo era tale che il riconoscimento unilaterale dei diritti politici della donna avrebbe condotto a un ulteriore rafforzamento dei privilegi delle donne già appartenenti alle classi privilegiate. Ciò era valido tanto per la Francia, che per l'America e l'Inghilterra. Le donne del proletariato si sarebbero trovate ancora una volta con le mani vuote.

Il movimento delle donne e la sua rivendicazione per il riconoscimento dei diritti umani della donna sorsero alla fine della XVIII° secolo, in questo caso a causa dello sviluppo generale della produzione e dell'economia nazionale e del ruolo crescente che la donna occupava nella produzione. Ci soffermeremo ora sugli esempi dell'Inghilterra, della Francia e dell'America per sostenere la verità della nostra tesi, cioè che la posizione sociale della donna è dipendente dal suo significato nella produzione.

Abbiamo già visto in modo approfondito il progresso del lavoro femminile nel periodo della manifattura. La produzione industriale si sviluppò nel corso della XVIII° secolo in due stati capitalisti, la Francia e l'Inghilterra. Inutile ritornare su questo. Ma le nostre analisi si applicano anche all'America? Nel XVIII° secolo, l'America era ancora solo una delle numerose colonie del potente Impero britannico e inoltre una delle più arretrate. La sua industria era solo leggermente sviluppata e la piccola produzione era dominante nell'agricoltura. La popolazione era composta soprattutto da contadini. Perché allora fu precisamente l'America che diventò la culla del movimento delle donne? Perché le Americane richiedevano la parità dei diritti della donna e il riconoscimento dei loro diritti politici fondamentali in un'epoca ben precedente a quella dei paesi molto industrializzati dell'Europa? Questo fatto non è in contraddizione palese con la nostra tesi secondo la quale la lotta delle donne per l'uguaglianza dei diritti sarebbe soltanto il risultato del loro ruolo nella produzione? Le rivendicazioni delle donne per i loro diritti politici non derivavano piuttosto dalle rivendicazioni e dalle lotte politiche e democratiche della borghesia? Assolutamente no. Poiché l'America, al contrario, è invece un'ulteriore prova per l'esattezza della nostra tesi. Le rivendicazioni politiche delle donne americane erano naturalmente il risultato diretto del ruolo della donna nella vita economica dell'America settentrionale al XVII° e XVIII° secolo, cioè in un periodo dove l'America era ancora solo una colonia inglese.

L'America del Nord fu colonizzata da emigranti provenienti dal Vecchio Mondo - dall'Europa - che fuggivano generalmente la dominazione e la tirannia del feudalesimo o dalle persecuzioni religiose. La loro forza lavoro e la loro energia erano tutto ciò che possedevano. La maggior parte delle volte questi fuggitivi europei emigrarono con tutta la loro famiglia nel Nuovo Mondo, occuparono e dissodarono le nuove terre e diventarono coloni e contadini. Poiché la manodopera era carente, tutta la famiglia doveva mettersi al lavoro. Le mogli e le figlie dei contadini quindi hanno lavorato duro come gli uomini per cercare di raggiungere una certa prosperità. Le donne condividevano naturalmente le preoccupazioni economiche degli uomini che lottavano a tutti i livelli contro la natura ancora selvaggia e indomita. Come gli uomini, le donne erano permanentemente armate per difendere le fattorie costruite in comune contro gli attacchi degli indiani. È per questo che le donne erano una forza di lavoro preziosa, che contribuiva alla prosperità di tutta la colonia. È di quest'epoca che data il rispetto che gli americani continuano a portare attualmente per le donne. Questa alta stima sta tuttavia diminuendo con l'influenza crescente del capitalismo attuale estremamente sviluppato in questo paese. Quest'ultimo sistema trasforma la donna esclusivamente in schiava salariata, come mero complemento ed appendice del marito e dipendente da lui per il suo mantenimento.

Finché l'America fu una colonia inglese prevalse il seguente principio: rappresentanza per tutti coloro che pagavano le tasse. Tutti i contribuenti avevano dunque il diritto di partecipare agli affari dello Stato, anche le donne. Di conseguenza, non sorprende che le donne partecipino attivamente alla guerra civile americana. Si pronunciarono ovviamente per l'indipendenza del paese che avevano attivamente contribuito a costruire. Le donne lottarono con ardore fino all'ultimo giorno della guerra d'indipendenza per un'America libera e adottarono posizioni politiche spesso più radicali di quelle dei politici rivoluzionari maschili. Ad esempio,Mercy Warren, si pronunciò apertamente per un'indipendenza totale della madre patria in un'epoca dove anche il capo dei separatisti, Washington, non osava ancora avanzare una rivendicazione così radicale. Queste donne erano convinte che la nuova Repubblica andava a garantire loro il pieno esercizio dei diritti politici, dato che ne godevano già nel periodo dove l'America era ancora solo una colonia britannica. Ma dovettero presto ricredersi. In realtà l'Assemblea Costituente non si pronunciò mai ufficialmente contro il diritto di voto femminile (la questione fu abbandonata su iniziativa di ogni Stato federato), ma questo diritto non fu neppure ratificato dalla Costituzione. E' facile spiegare questa decisione: alla fine della XVIII° secolo, l'America non era più un paese di piccoli contadini, la grande industria stava nascendo. La donna cessava di essere una forza produttiva necessaria e il suo riconoscimento per l'economia nazionale declinò di conseguenza. Come sempre e dopo che la borghesia era riuscita a consolidare il suo potere, le donne furono riportate al loro ruolo esclusivo di mogli e di madri e relegate a fare parte della rendita.

Le donne appartenenti agli strati più svantaggiati della popolazione diventarono operaie di fabbrica e andarono ad ingrossare la massa degli schiavi del capitale. Occorre osservare che gli Stati federali industrializzati tolsero alle donne il diritto di voto, accordando solo agli uomini i pieni diritti, mentre negli Stati agricoli, come Virginia e New Jersey, le donne hanno mantenuto i loro diritti politici, tanto al livello di comune che al livello dello Stato.

Constatiamo dunque che le rivendicazioni femminili per la parità dei diritti furono generalmente sostenute dalla società americana, in particolare dagli ambiti rivoluzionari. La donna fu sfruttata dalla borghesia in tutti modi possibili e concepibili e utilizzata per la guerra civile. Sono state esaltate le sue qualità civiche "virili", il suo spirito di sacrificio e il proprio entusiasmo per la Repubblica. Ma, appena si sentirono le grida della vittoria e il vecchio nemico - l'Inghilterra feudale - aveva cessato di minacciare le prerogative della borghesia, l'interesse che avevano mostrato i democratici per le rivendicazioni delle donne, cadde rapidamente. Gli esempi francesi ed americani ci permettono di trarre la conclusione secondo la quale le rivendicazioni per l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna sono apparse dopo che la donna aveva impegnato le sue forze produttive lavorative per l'economia nazionale. Non erano dunque le rivendicazioni per la parità di diritti che hanno spinto le donne alla vita professionale, ma esattamente l'opposto, il ruolo della donna nella produzione la portò a chiedere questa uguaglianza.

Ma come spiegare allora che le donne in tutti gli Stati borghesi continuano a subire una manifesta discriminazione rispetto agli uomini? Che lo Stato borghese e la società capitalista rifiutano sempre di considerare la donna come un individuo e una cittadina a pieno titolo nonostante le lavoratrici costituiscano una parte significativa della popolazione attiva?

Questa situazione intollerabile è dovuta all'ordine sociale borghese e capitalista, basato sull'antagonismo di classe e sul lavoro salariato. Negli Stati borghesi la maggioranza delle donne lavoratrici si trova fra la classe operaia, cioè schiave salariate al servizio del capitale. Esattamente come le despote dell'Antichità che disprezzavano i loro schiavi, uomini ai quali dovevano in realtà tutta la loro fortuna, i borghesi al giorno d'oggi non vogliono riconoscere i diritti di migliaia di proletari, produttori di tutte le ricchezze e che costituiscono la base della prosperità della società borghese. Nel sistema capitalista, l'operaio, come l'operaia, non esercita alcun lavoro indipendente, creatore di prodotti che vanno direttamente al consumatore. Tutti e due lavorano in cambio di un salario e vendono la loro forza lavoro all'imprenditore. All'epoca dell'economia naturale, l'artigiano e il lavoratore a domicilio non vendevano la loro forza di lavoro al consumatore, ma il prodotto finito del loro lavoro. Nel periodo della schiavitù salariata, invece, l'operaio deve vendere la propria forza lavoro al capitalista. Abbiamo già avuto occasione di descrivere perché gli economisti borghesi sono fondamentalmente riluttanti a riconoscere la manodopera come la principale fonte di ricchezza. Gli economisti borghesi e gli imprenditori sostengono con tutte le argomentazioni possibili e concepibili l'idea che la macchina è quella forza creatrice di qualsiasi ricchezza e che l'operaio svolge un ruolo subordinato. In questa teoria borghese, operai ed operaie sono, in definitiva, i complementi viventi della macchina. In realtà, nella testa degli imprenditori, è il loro capitale ad essere la vera fonte di abbondanza.

Finché in una società prevarranno i rapporti di produzione borghesi, non ci può attendere che la forza di lavoro umana sia valutata differentemente o che ci possa essere una valutazione nuova del ruolo della classe operaia e della posizione della donna nella produzione. Il lavoro salariato ha strappato la donna alla famiglia per gettarla nella produzione. Il sistema attuale del lavoro salariato rende l'operaio e l'operaia, materialmente e politicamente, completamente dipendenti dalla borghesia. Il loro lavoro è sottopagato, indipendentemente dal loro sesso. Ai tentativi organizzati della classe operaia di ampliare i propri diritti e democratizzare lo Stato borghese, la borghesia reagisce opponendo una resistenza ben organizzata, raddoppiata da una cieca rabbia. Non è colui che crea valore, ma chi vive dello sfruttamento della forza lavoro che è più qualificato per occuparsi degli affari dello Stato e dell'organizzazione della società... Il destino della donna lavoratrice si identifica con quello dell'insieme del proletariato. Mentre milioni di donne sono ora costrette al lavoro salariato, la loro situazione sociale si sta degradando sempre più. Oltre all'asservimento del focolare e alla sua dipendenza nell'ambito della famiglia, il capitalismo impone alla donna un peso supplementare, cioè il lavoro salariato nelle mani dell'imprenditore.

Abbiamo detto precisamente che il matrimonio non può in nessun caso salvare la proletaria dall'obbligo di vendere la propria forza di lavoro. Sempre più frequentemente le operaie sposate sono costrette a combinare il lavoro professionale fuori casa con il lavoro domestico, con l'educazione dei bambini e al servizio del marito. La vita della donna si trasforma in una fatica ininterrotta, non dorme abbastanza e non si riposa mai. È la prima ad alzarsi la mattina e l'ultima a coricarsi. Ciò nonostante le famiglie operaie si sciolgono, la casa è trascurata e i bambini lasciati a loro stessi. Le donne faticano per niente e cercano disperatamente di garantire la coesione della famiglia. La donna vive sempre nel passato e accorda un valore più grande alla famiglia e al focolare che l'uomo, ma i rapporti di produzione implacabili non tengono alcun conto dei desideri degli uomini. Con la comparsa della produzione industriale si restringe il significato dell'economia familiare. Una funzione dopo l'altra si dissolve. I compiti che erano stati importanti un tempo per l'economia familiare e costituivano elementi inseparabili dal lavoro domestico, cadono in disuso e scompaiono. Ad esempio non è più necessario che la donna perda tempo prezioso a rammendare calze, fabbricare sapone o cucire abiti, mentre questi articoli si trovano in abbondanza sul mercato. Cosa che non le è di alcuna utilità, se manca il denaro. Per guadagnare denaro deve vendere la sua forza lavoro e cercarsi un'occupazione. Perché la donna dovrebbe continuare a preparare conserve per l'inverno, cucinare pane o preparare accuratamente il pranzo, se esistono centinaia di conserve già pronte, i panettieri sfornano sufficiente pane e la famiglia operaia può avere un pasto pronto e a buon mercato al grande magazzino o anche al ristorante più vicino?

Con questo processo, il lavoro familiare della donna diventa sempre più superfluo, tanto dal punto di vista dell'economia nazionale, che dal punto di vista familiare. È per questo che si assiste alla dissoluzione della famiglia, in particolare nelle città. Scompare con lo sviluppo dello scambio delle merci e della produzione di grande quantità di beni di consumo. La famiglia, che era stata una necessità all'epoca dell'economia naturale, diventa di conseguenza un handicap occupando la donna in modo inutile e improduttivo per l'economia nazionale. Poiché la famiglia non è più un'unità economica, è diventata superflua. In URSS, il lavoro femminile è posto al servizio della piccola unità familiare. Il numero di donne occupate nella produzione è in aumento. La Grande Guerra ha confermato definitivamente l'importanza del lavoro femminile per l'ulteriore sviluppo delle forze produttive. Non esiste alcun ramo di attività dove, nel corso degli ultimi sette anni, le donne non abbiano lavorato. Durante la guerra il numero delle donne che hanno esercitato un'attività professionale è aumentato solo in America e in Europa di circa dieci milioni e il lavoro della donna è diventato una necessità assoluta. Le statistiche mostrano che all'inizio del XIX° secolo un terzo del valore che circolava sul mercato mondiale era prodotto da donne. Da allora la partecipazione delle donne alla produzione internazionale di merci è naturalmente aumentata ancora. Il lavoro della donna è diventato un fattore di stabilità economica. Ciò nonostante, "la questione femminile" rimane irrisolta. Le donne di tutti i paesi - ad eccezione della Russia - hanno ancora molta strada da fare prima che finisca la loro lotta per la parità di diritti. Sappiamo tuttavia che la radice del male risiede nel sistema di produzione capitalista e nella divisione della società borghese in classi, società basata sulla proprietà privata. Nella misura in cui abbiamo riconosciuto le cause di questa situazione impossibile, siamo anche in grado di sviluppare forme di lotta che ci permettono di rimediare a questa situazione. La discriminazione di cui la donna è vittima, come pure la sua dipendenza, potranno essere superate definitivamente soltanto quando la società adotterà un nuovo sistema, dove produzione e consumo collettivi sostituiranno la proprietà privata, cioè con la vittoria del comunismo.

*) Conferenze all'università Sverdlov sulla liberazione della donna - 12° Conferenza, Éditions "La Brèche", 1978

Altre conferenze tradotte in italiano su Resistenze.org vedere qui in fondo
view post Posted: 10/3/2019, 11:12 IMCWP - Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai - Partiti e movimenti comunisti

Dichiarazione dei Partiti Comunisti del Centro America e Messico



Firmatari in calce | scribd.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Nel quadro del VI incontro dei partiti Comunisti di Centro America e Messico, realizzato a El Salvator, con il proposito di scambiare informazioni sulla situazione della lotta di classe nella regione e coordinare azioni per il rafforzamento dei nostri partiti, affermiamo che:

1. I Partiti comunisti e operai riuniti, rendono omaggio all'Internazionale Comunista in occasione del centenario della sua formazione e riconoscono il suo contributo alla costruzione dei partiti comunisti, di cui ha beneficiato la lotta della classe operaia e dei popoli dei nostri paesi.

2. Rifiutiamo e condanniamo con decisione il processo di ingerenza imperialista contro i popoli, in particolare il popolo venezuelano. Aggressione che promuove e finanzia il tentativo di colpo di stato, l'autoproclamazione di Juan Gerardo Guaidó come "presidente incaricato", l'aggressione economica, l'ingerenza militare, il furto delle risorse, violando la sovranità e l'autodeterminazione del popolo venezuelano.

3. Manifestiamo il nostro appoggio incondizionato e solidarietà al popolo e alla classe lavoratrice del Venezuela, che resiste all'interventismo imperialista (statunitense e l'Unione Europea) e ai governi subordinati all'imperialismo, come il caso del Gruppo di Lima. Esigiamo il rispetto del processo bolivariano, del suo governo eletto per volontà popolare e della sua autodeterminazione, sotto assedio dall'amministrazione del governo degli Stati Uniti e dell'Unione Europea.

Esprimiamo la nostra solidarietà con il Partito Comunista del Venezuela e con le forze antimperialiste che si trovano in prima linea nella lotta in difesa della sovranità. Per questo i nostri partiti comunisti intensificano la lotta antimperialista in solidarietà con il popolo venezuelano.

4. Condanniamo la politica di aggressione contro il popolo del Nicaragua da parte del governo degli Stati Uniti, che utilizza la stessa strategia messa in atto in Venezuela per rovesciare il governo. Sosteniamo ogni iniziativa orientata a dare una soluzione politica al conflitto senza alcun tipo di ingerenza imperialista.

5. Ribadiamo la nostra solidarietà con la rivoluzione cubana, che continua ad esser sabotata dal blocco economico, dalla minaccia e dall'ingerenza imperialista.

6. Richiamiamo fortemente l'attenzione sul fatto che l'aggressione imperialista ai nostri giorni è preceduta da campagne che enfatizzano false notizie e deformano la verità. In questo senso, i mezzi di comunicazione pro-imperialisti contribuiscono alla criminalizzazione delle espressioni comuniste, operaie, rivoluzionarie, progressiste e della protesta del popolo lavoratore.

7. Denunciamo il ruolo delle ONG servili all'imperialismo, che sono utilizzate per canalizzare fondi che attentano all'autodeterminazione dei popoli.

8. Denunciamo la politica anti-immigranti e xenofoba dei governi di USA e Messico. Al contempo, condanniamo la doppia morale di questi paesi che criminalizzano la migrazione e allo stesso tempo, si approfittano della forza lavoro migrante, precarizzando le sue condizioni di vita.

Enfatizziamo che la migrazione è conseguenza dell'imposizione del modo di produzione capitalista nella nostra regione. In questo senso, condanniamo i governi che continuano ad amministrare questo modo di produzione, beneficiando la borghesia e i monopoli.

9. Affrontiamo la politica aggressiva del capitale contro la classe lavoratrice, i contadini, i popoli indigeni, le donne e la gioventù, che deteriora le loro condizioni di vita.

10. Attualità dei partiti comunisti:

Di fronte ai limiti storici del capitalismo, l'alternativa percorribile è quella del socialismo come fase primaria del comunismo. È motivo di speranza, che in tutta la regione avvenga, nonostante le difficoltà, un processo di riorganizzazione dei partiti comunisti, che rivendicano il loro carattere marxista-leninista, di classe e internazionalista.

I nostri partiti valutano che in quasi due decenni del progressismo in America Latina, questo ha solamente continuato ad amministrare il modo di produzione capitalista, per cui non ha dato soluzioni alle problematiche che affronta il popolo lavoratore.

11. Ringraziamo il partito comunista di El Salvador e la Gioventù Comunista di El Salvador per aver reso possibile questo VI Incontro, organizzando e generando le condizioni per il suo sviluppo.

Proletari di tutto il mondo, unitevi!
Viva l'internazionalismo proletario!

Incontro dei Partiti Comunisti e Operai del Centro America e Messico
El Salvador, 1,2 e 3 marzo 2019

Partito Comunista del Messico
Partito Guatemalteco del Lavoro
Partito Comunista di El Salvador
Partito Comunista di Honduras
Partito Avanguardia Popolare (Costa Rica)
view post Posted: 10/3/2019, 11:04 Sono passati 60 anni dalla scomparsa del compagno Stalin - Bar Toto Cutugno

Russia: chissà perché Stalin riscuote più consensi di Putin



di Fabrizio Poggi

Capita a volte di pensare allo smarrimento dei putiniani a ogni costo di casa nostra, messi di fronte alle accuse che il PCFR, non certo un partito rivoluzionario, rivolge alla leadership del Cremlino. Accuse che riguardano non singole scelte, ma il carattere di classe dell’orientamento governativo. I seguaci di Gennadij Zjuganov, attaccando il governo Medvedev e plaudendo agli obiettivi dichiarati da Vladimir Putin, lo fanno generalmente in termini di “potenza statale” della Russia nello scacchiere internazionale. Ma, nella sostanza, il loro attacco è rivolto alla caratterizzazione di classe di una leadership che non solo esalta le figure più tristi del periodo eltsiniano – Gajdar, Čubajs, ecc. – ma ne continua la strada.

Nei giorni scorsi il Presidium del CC del PCFR ha lanciato un atto di accusa contro la politica economica del governo russo, in cui si stigmatizza anche la persecuzione ai danni di rappresentanti del partito: “La repressione del potere contro le forze patriottiche è un segno di paura di fronte al popolo” – è il titolo della dichiarazione.

continua qui http://contropiano.org/news/internazionale...i-putin-0113116
view post Posted: 10/3/2019, 10:38 CARC - (n)PCI - Partiti e movimenti comunisti
A prescindere dalle fonti e di come il compagno pennatagliente abbia scritto il suo articolo i carc hanno da sempre fatto buon viso e cattivo gioco. Per dimostrare che hanno appoggiato il m5s non c'è bisogno di link e non si può negare che sono anche responsabili (benché in minima parte vista la loro scarsa consistenza) dell'ascesa di questo governo reazionario. I dirigenti carc non sono pivellini e sapevano benissimo chi fossero grillo, casaleggio & C.
Quindi queste loro stranezze non sono qualcosa di recente ma è da tempo che razzolano nelle aree reazionarie!
#entry387206485

CITAZIONE
I Carc sono il non plus ultra dell'opportunismo di destra nell'area marxista leninista italiana, tirano fuori dal cappello delle formule astruse che scimmiottano, distorcono e rendono grottesco il patrimonio del movimento comunista... (cit. compagno Primomaggio)
view post Posted: 9/3/2019, 18:00 CARC - (n)PCI - Partiti e movimenti comunisti

Chissà se avranno ancora il coraggio di guardarsi allo specchio

Pubblicato il 09/03/2019 di pennatagliente

Alle ore 20:13 di giovedì sei marzo riceviamo in redazione la newsletter del (nuovo) Partito Comunista Italiano, ed ancora una volta abbiamo un irrefrenabile desiderio di rispondere per le rime a questi personaggi sedicenti comunisti marxisti leninisti maoisti, nella realtà irrimediabilmente intrisi dell’ideologia reazionaria che guida l’azione dei loro amichetti del Movimento 5 Stelle.

I seguaci di Giuseppe Maj scrivono: «Il M5S paga le sue oscillazioni, i suoi cedimenti, la continuità con le politiche delle Larghe Intese. Questo e la sua storica debolezza a livello locale (scarsa strutturazione organizzativa, assenza di clientele e di sostegno da parte delle organizzazioni criminali e della Chiesa) sono alla base del suo risultato alle elezioni regionali di Abruzzo e Sardegna. Quello che il M5S farà dipende ora dai suoi dirigenti, eletti, attivisti ed elettori».

Ci piacerebbe sapere come si possa sostenere – senza avere problemi a guardarsi allo specchio la mattina – che i pentastellati hanno subito i tracolli che vengono menzionati a causa dell’assenza di legami con i poteri forti: è del tutto evidente che i loro problemi derivano dai continui cedimenti ai voleri di uno squallido personaggio, il Truce, che pretende che si faccia sempre e solo come vuole lui, e di certo non da una presunta, quanto inesistente, «continuità con le politiche delle Larghe Intese».

Quindi soggiungono: «Una cosa è certa: il M5S con la sua opera e con il governo che ha creato assieme alla Lega sta oggettivamente contribuendo ad alimentare il processo che sfocerà nel Governo di Blocco Popolare. La mobilitazione delle masse popolari che PD, sindacati di regime e sinistra borghese di vecchio tipo stanno facendo, è una delle manifestazioni di questo processo positivo in atto».

Pertanto per questi “signori” il fatto di avere un Governo palesemente di estrema destra sarebbe positivo perché risveglierebbe le coscienze del proletariato, aiutandolo ad arrivare a quello che, a detta di costoro, sarebbe la naturale aspirazione della classe lavoratrice: il Governo di Blocco Popolare; poco importa se, per attivare questo cammino, si debba passare per tutta una serie di provvedimenti oggettivamente di stampo fascista.

https://pennatagliente.wordpress.com/2019/...-allo-specchio/
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