Comunismo - Scintilla Rossa

Marxismo e religione, Estratti da "Breve storia delle religioni", Ambrogio Donini

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view post Posted on 9/2/2019, 04:06
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http://www.academia.edu/36379649/Ambrogio_...on_and_Compton_

Marxismo e religione



La critica della religione, leggiamo in Marx, è «il presupposto di ogni altra critica»2.
Attraverso la religione, nell'impossibilità di darsi ancora una spiegazione razionale della natura e della società, gli uomini hanno tuttavia preso contatto, sia pure in modo distorto, con la realtà che li circonda. La religione «non è altro che il riflesso immaginario,
nella testa degli uomini, di quelle forze esterne che dominano la loro esistenza quotidiana», ammoniva Engels sin dal 1 878, invitando allo stesso tempo la classe operaia a non lasciarsi trascinare, partendo da questa giusta analisi, sul terreno di una generica polemica antireligiosa3.
Sarebbe ingenuo e fuorviante, infatti , trarre dal pensiero di Marx e di Engels la conclusione che ogni singolo aspetto
dell' ideologia, e in particolare di quella religiosa - mito, rito, dogma, ordinamento sacerdotale - non sia che il riflesso immediato delle condizioni materiali di vita dell' uomo e delle basi economiche su cui poggia la società. Una volta nate da una determinata struttura, anche le idee agiscono e reagiscono sulla realtà ambientale da cui hanno avuto origine, in un modo che può apparire, a un esame superficiale, addirittura «autonomo» .
Nella coscienza dell' uomo, nessuna ideologia si presenta direttamente legata ai dati materiali dello sviluppo storico e sociale che la condizionano; ma resta il fatto che senza un esame accurato, e ben documentato, di quelle basi obiettive, nessuna ideologia, e tanto meno quella religiosa, potrebbe trovare una sua spiegazione4.

Sono in primo luogo i fenomeni della natura, di cui l'uomo ignora ancora le leggi, che si presentano a lui come delle forze cieche, misteriose, potenti , ch'egli cerca d'influenzare con il gesto, il rito e la preghiera, e che lentamente finisce col personalizzare, conferendo loro concreti attributi a propria immagine e somiglianza.
« La paura ha creato gli dèi»: così suona un frammento molto citato di un antico poeta latino, che si vuole di solito identificare con Lucrezio5.
In questo assunto, che viene da lontano e per il suo vigore espressivo appare ben degno dell'autore del De rerum natura (il poema «Sulla natura»), c'è senz'altro un elemento di verità, suffragato da tutta una serie di dati sulla psicologia del primitivo. In tempi a noi vicini, il concetto è stato sostanzialmente ripreso da Rudolf Otto, teorico dell'idea del «sacro», che per conferire un valore autonomo all'irrazionale, nella storia delle religioni, ha fatto ricorso proprio alle categorie del «tremendo» , del « fascinoso», del «numinoso», cioè del divino, da lui definite primordiali e collegate con i fenomeni naturali6.

Tali considerazioni possono essere anche accettate, nelle loro linee generali, in quanto prima dell 'insorgere della paura, del timore sacro, nessuna ipotesi di trascendenza poteva venire elaborata dall' uomo. Ma la paura di un padrone umano ha preceduto storicamente la paura dei padroni celesti . Soltanto allora, accanto alle forze della natura, sono entrati in gioco nuovi rapporti sociali, che sembrano dominare l'uomo, sin dalla nascita, con la stessa apparente necessità e incomprensibilità dei fenomeni atmosferici.
La paura di fronte alla dura realtà dell'oppressione, dello sfruttamento, della povertà: ecco le vere radici sociali della religione, studiata nel suo sviluppo storico.

Il pensiero marxista, tuttavia, sin dalle sue prime enunciazioni, ha visto la religione non solo come il riflesso, nel campo dell'ideologia, delle condizioni subalterne in cui gli uomini sono sempre vissuti, e in gran parte continuano a vivere; ma anche come l'espressione di una loro protesta contro questa miseria reale, che non potrà scomparire sino a quando non saranno riusciti a trasferire nei loro rapporti sociali quella stessa razionalità che cercano di applicare nei loro rapporti con la natura. L'idea della religione come «sospiro della creatura oppressa» è già nel giovane Marx e giunge a piena maturazione, attraverso un ampio arco di tempo, sino agli ultimi scritti di Engels sulle origini del cristianesimo, pubblicati, tra il 1882 e il 1895 , in alcune riviste tedesche e inglesi7.
Nelle credenze religiose delle masse si esprime spesso un elementare bisogno di giustizia, di bontà e di felicità sulla terra. Nei movimenti religiosi più imponenti, come nel messianismo e profetismo ebraico, nei culti di «salvezza» del mondo orientale e greco-romano, nel cristianesimo dei primi secoli, nelle «eresie» medievali, nelle ricorrenti reviviscenze dell'islamismo, in molte delle sette protestanti nate sulla scia della Riforma e nei movimenti di libertà e di riscatto dei popoli già coloniali, oggi in via di sviluppo, si riflettono vere e proprie correnti rivoluzionarie, la cui efficacia permane, anche quando le aspirazioni delle masse sono deviate verso soluzioni ultraterrene, illusorie o addirittura reazionarie.
Parrebbe quindi superfluo mettere in rilievo che il marxismo non cerca di «sopprimere» la religione, come viene ingenuamente o interessatamente affermato nella polemica corrente, ma si sforza di spiegarla nelle sue origini e nel suo sviluppo, ben consapevole della funzione reale che ha sempre avuto e continua ad avere nella storia della società.

I marxisti non «aboliscono» né la religione, né il diritto, né la morale, né ogni altra esigenza della vita spirituale.
Essi constatano semplicemente che non esistono «verità eterne», in astratto; ma che quando cambiano le condizioni di vita degli uomini e i loro rapporti sociali, cambiano anche le loro concezioni, le loro idee. In una parola, cambia anche la loro coscienza. Così è stato nel primo passaggio dalle comunità preclassiste alle strutture fondate sulla schiavitù ; così è stato al momento della transizione dall'età antica alla società feudale, quando le vecchie religioni del mondo mediterraneo
furono sostituite dal cristianesimo; così è stato all'epoca della lotta rivoluzionaria della nascente borghesia, quando alla religione cattolica dominante si contrapposero le idee della riforma protestante, dell 'illuminismo e della libertà di coscienza. Cambiamenti ancora più radicali avranno luogo con la fine dello sfruttamento della maggior parte degli uomini ad opera di un'esigua minoranza, dopo il passaggio del potere a una nuova classe dirigente e a nuove forme di sviluppo economico e sociale.
Ma le vecchie idee si dissolveranno soltanto quando saranno completamente scomparsi tutti i residui dei contrasti di classe e delle loro ripercussioni nelle coscienze degli uomini: processo, questo, che non solo non può essere effettuato con mezzi coercitivi, o in via amministrativa, ma richiede e richiederà un lungo periodo di evoluzione della convivenza sociale e dell'etica collettiva. l fondatori del socialismo scientifico ne erano ben consapevoli : Friedrich Engels, anzi, in uno dei suoi scritti più famosi, aveva coperto di ridicolo, accusandolo di voler «sovvertire la scienza», quel filosofastro tedesco dei suoi tempi, Eugen Duhring il quale sosteneva che nella nuova società la religione avrebbe dovuto essere soppressa per decreto.

L'area del socialismo si è straordinariamente allargata nel mondo, dopo la rivoluzione dell'Ottobre 1917 . In tutti questi paesi sussistono tuttora contraddizioni e ritardi, che sono il frutto di millenni di vita inquinata dagli egoismi di classe e dalle spinte alla violenza e alla sopraffazione e non cesseranno che con l'ulteriore sviluppo delle forze produttive e del benessere materiale e spirituale di tutto il popolo.
Anche perché l'evoluzione di queste società non si svolge nel vuoto, ma in un mondo segnato da profondi antagonismi economici e nazionali e dalle minacce di una nuova spaventosa guerra, che di per sé alimentano le tendenze all'irrazionale il ricorso a spiegazioni di carattere immaginario, mitologico e ultramondano. Là dove è mancata, su questo terreno, una coerente educazione ideologica, come per esempio in Polonia, la persistenza di un clima religioso si è dimostrata più sensibile e l'influenza delle gerarchie sacerdotali non si è attenuata.
Le classi dominanti, in fondo, chiedono solo alla religione la difesa dei loro interessi terreni e spingono gli uomini a combattersi tra di loro su quel che li attende in un'altra vita, per poter continuare tranquillamente a sfruttarli in questa.

Lenin, come è noto, in un articolo scritto nel corso della rivoluzione russa del 1905, spiegava già con grande chiarezza che «l' unità della lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa per crearsi un paradiso in terra» è ben più importante «dell' unità di opinione dei proletari sul paradiso in cielo»8.
Gli studiosi più seri , che sappiano sottrarsi alle pressioni politiche e confessionali, riconoscono oggi che «l' interpretazione marxista del fatto religioso [...] non è dovuta a una volgare ossessione antireligiosa».
Si veda quel che è avvenuto nell 'Unione Sovietica e negli altri Stati socialisti, dalla Cina a Cuba. Non solo le religioni tradizionali non sono state «abolite»; ma si è assicurata alle chiese la più completa libertà, e prima di tutto la libertà dall'obbligo infamante di servire di strumento alle classi dominanti per mantenere sottomessa l'enorme maggioranza della popolazione.
Quegli Stati non si occupano di problemi di teologia e di dogma, né hanno mai inteso dare una «forma nuova» alla religione: le loro preoccupazioni sono di ordine scientifico e culturale, strettamente laico . La campagna condotta in alcuni ambienti contro la politica religiosa dei paesi dell 'area socialista, e in primo luogo dell'Unione Sovietica, non offre davvero un modello di obiettività e di chiarezza: si confonde, di solito, la popolarizzazione di una visione razionale e moderna del mondo che ci circonda con una precisa volontà di persecuzione nei confronti dei credenti e dei culti .
È questo anche il caso della discussione che si è svolta in Italia, in tempi non troppo lontani, tra un gruppo di specialisti ben preparati, nel campo della storia delle religioni e dell 'etnologia, raccolti intorno ad Ernesto De Martino: il meno che si possa dire, è ch'essa ha rivelato una scarsa conoscenza dei problemi che deve affrontare, oggi, l'intellettualità sovietica10.
Il marxismo non è una religione, ma una concezione scientifica del mondo e della vita. L 'ideologia socialista non ha scritto nel suo programma la parola d'ordine confusionaria della soppressione della religione, ma la parola d'ordine progressiva della soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo.


2 Vedi K. Marx - F. Engels, Sulla religione, Roma, Samonà e Savelli, 1969.
3 F. Engels, Antiduhring III parte, cap. v (trad. it. Editori Riuniti, 1 968 2).
4 K. Marx · F. Engels, La concezione materialistica della storia, Roma, Editori Riuniti, 1 9747 (specialmente pp. 59-77 ((Sulla produzione della coscienza»).
5 Primus in orbe deos fecit timor, ardua coelo - Fulmina cum caderent (<per prima al mondo la paura ha creato gli dèi, alla vista dei fulmini che si abbattevano dal cielo>). La paternità dell'intero passo è dubbia. All'alba del IV secolo, il rétore cristiano Lattanzio l'attribuiva a Stazio o a un anonimo glossatore di Stazio ( Tebaide, III, 661 );
a Petronio, un po' più tardi, il grammatico africano Fulgenzio (Mythologiarum , 1 , l , ed . Muncker, p.11 ).
La citazione, cara a Lenin , si trova già nelle Lezioni sull 'essenza della religione di Ludwig Feuerbach.
6 Il celebre saggio del teologo luterano tedesco Das Heilige, pubblicato nel 1917 con il motto goethiano (( Nel brivido è il maggior bene dell'uomo», è tuttora alla base della cosidetta ((scuola fenomenologica» di storia delle religioni ed ha esercitato una notevole influenza sulle correnti modernistiche in seno alla Chiesa cattolica e tra molti studiosi moderni (G. van der Leeuw, G. Widengren, C . J . Bleecker). In Italia, è stato tradotto nel 1 926 da Ernesto Buonaiuti ( R . Otto, Il sacro. L'irrazionale nell'idea del divino e la sua relazione al razionale, Bologna, Zanichelli, ristampato anche di recente).
L'esperienza dell'Otto, si legge nella prefazione, ((è stata ravvivata da una maturazione profonda delle correnti filosofiche, da Kant a Schleiermachem: un po' troppo, per una indagine che arriva alle stesse conclusioni dell'antica poesia latina .
7 K. Marx, ((Per la critica della filosofia del dirillo di Hegel), negli Annali francotedeschi, pubblicali a Parigi nel febbraio 1 844, e F. Engels, Sulle origini del cristianesimo, Roma, Editori Riunili, 1 9752 (con prefazione di A . Donini).
8 V . I . Lenin, «Socialismo e religione», in Novaja Jizn , n. 28, 16 (3) dicembre 1905 (trad . it. in V.l. Lenin, Sulla religione, Roma, Editori Riuniti, 1957).
9 Ch. Wackenheim, La fai/lite de la religion d 'après Karl Marx, Paris, Presses Universitaires de France, 1963 , p. 326. Altrettanto non si può dire, ad esempio, di massicce opere come l 'Introduzione all'ateismo moderno di Cornelio Fabro, Roma, Editrice Studium, 1964 e degli innumerevoli scritti di Augusto Del Noce (vedi l 'Unità del 7 dicembre 1973).
10 La religione nell'Urss, a cura di A . Bausani, con prefazione di E . De Martino, nella serie l fatti e le idee delle edizioni Feltrinelli, Milano, 1961 ; efficace, anche se un po' paradossale, la replica di Gianroberto Scarcia, «Enciclopedia sovietica e sensibilità religiosa», in Nuovi argomenti, nn. 59-60, nov. 1962-febb . 1963.
Questi limiti, comuni a molti studiosi italiani e stranieri, non incidono però sui meriti specifici del grande etnologo, morto ancora nel pieno delle sue capacità di ricercatore ( 1908- 1965).
 
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Come nasce la religione




La recente scoperta di resti fossili in alcuni sedimenti tellurici del continente africano, a est del lago Vittoria, nel Kenya, e nell'Etiopia del nord, ha permesso di stabilire che la specie umana ha fatto la sua comparsa oltre due milioni di anni fa.
Ma la religione non è nata con l'uomo. Per migliaia e migliaia di secoli , su questa nostra terra, la cui formazione risale probabilmente a quattro miliardi di anni, piccoli gruppi umani hanno condotto un'esistenza ancora vicina all 'animalità, nutrendosi di erbe, di bacche, di radici, di succhi vegetali, di lumache e d'insetti vari ed errando di foresta in foresta, nel clima caldo e umido che ha preceduto il periodo glaciale. Non era ancora noto il fuoco, né si sentiva il bisogno di indumenti o di ripari. Le stesse facoltà intellettive, la capacità di ragionare, erano ancora estremamente limitate.

Il primo strumento di lavoro, che ha provocato una vera e propria rivoluzione, non soltanto fisica, ma sociale, nel lento processo di differenziazione dell'uomo da forme inferiori di esistenza, è stata la mano . Quella che gli antropologi hanno chiamato la «scoperta della mano» , allo stesso tempo attrezzo e prodotto del lavoro, si collega a due caratteristiche essenziali dell 'uomo: la posizione verticale, o «stazione eretta», e lo stimolo del pensiero, del linguaggio.
Anche la lingua è un prodotto della convivenza sociale1.
Per millenni, prima che esistesse il linguaggio fonetico, gli uomini si sono espressi tra di loro a segni, con gesti rudimentali fatti con le mani, a seconda di certe abitudini fisiche contratte nel corso del lavoro o quando fosse necessario dialogare da lontano, a una distanza che superasse la portata della voce.
Né queste vestigia di un così remoto passato sono completamente scomparse.

Nelle cerimonie rituali di molti antichi culti, e negli stessi gesti simbolici tracciati dai sacerdoti di alcune delle religioni più recenti, cristianesimo compreso, si trovano numerosi residui di questo linguaggio a segni, o cinetico. È stato notato, del resto, che tra alcuni popoli dell' America meridionale e tra gli aborigeni dell'Australia uomini appartenenti a tribù di fferenti non comprendono il rispettivo linguaggio fonetico, ma si capiscono molto bene a gesti; lo stesso avviene tra le donne di alcune popolazioni australiane, che ncorrono al linguaggio cinetico quando sono costrette dalla vecchia legge tribale al silenzio, nei dodici mesi che seguono la morte del marito, o tra gli adolescenti nel periodo di iniziazione alla vita adulta.

La fase prereligiosa

Per tutta l'età che ha preceduto l'epoca glaciale, l'uomo viveva riunito in minuscoli gruppi , di dieci-dodici individui, che gli etnologi
moderni hanno chiamato «orde primitive» e ulteriormente ripartito in due stadi principali : quello dello stato «selvaggio» e quello dello stato «barbaro».
Non vi era ancora nessuna divisione del lavoro, non c'erano né capi né legami di dipendenza sociale precisi, regnava la più assoluta promiscuità sessuale; l'economia consisteva soltanto nella appropriazione e non nella produzione. Si raccoglievano a caso bacche e molluschi, frutti e insetti; la caccia di piccoli animali era un fenomeno occasionale. L'uomo era ancora incapace di prendere coscienza delle sue relazioni con altri uomini e con la natura, e non poteva nemmeno rifletterle in qualsiasi forma di credenze religiose, fossero pure le più elementari e grossolane. «Una base sociale più ampia, dei rapporti sociali più complessi erano necessari perché potesse nascere la religione»2.

Questa fase prereligiosa si è certamente protratta molto a lungo e si chiude soltanto con l' ultimo periodo dell'esistenza dell'uomo di Neandertal, così detto dalla località presso Dosseldorf, dove nel 1856 vennero scoperti i resti di uno scheletro umano antichissimo, datato dai 100.000 ai 34.000 anni fa. Le sepolture contenenti scheletri o teschi di questi «protoantropi», o primi uomini, ritrovate in una fascia che va dalla Francia e dalla Germania alla Crimea, alla Palestina e all'Uzbekistan, non offrono testimonianze sicure dell'esistenza di preoccupazioni d'indole sacrale, anche se alcune di esse sono chiaramente intenzionali e contengono ossa di animali o qualche rudimentale strumento di lavoro; tali caratteristiche possono essere interpretate in modo diverso, senza far ricorso a spiegazioni esplicitamente religiose.

L' essenza della religione deve essere ricercata negli aspetti del mondo materiale che corrispondono a ogni momento dello sviluppo ideologico dell' uomo . I sogni, il sonno, la morte spiegano sì l' origine dei fantasmi religiosi, della prima idea di «anima» e di una sua ancora indistinta sopravvivenza nell'al di là, nel mondo dei non più vivi.
Ma perché ciò potesse accadere, occorreva che al tipo iniziale di esistenza semianimalesca si sostituisse un nuovo tipo di aggregazione sociale, caratterizzato dalla scoperta di alcuni strumenti di lavoro; occorreva che al sistema della raccolta casuale del cibo si aggiungesse una forma organizzata, anche se ancora embrionale, di caccia e di pesca3.
Occorreva infine che i gruppi umani primitivi incominciassero a fissarsi in modi di vita semisedentari, nei ripari naturali e nelle caverne, dove potessero fantasticare sull'apparizione di animali o uomini in sogno, come una specie di «doppio», e studiare i sintomi che accompagnano e seguono la morte.
Si calcola generalmente che questa nuova fase abbia avuto inizio dai 40.000 ai 35.000 anni fa, nell'ultimo periodo del paleolitico, o età della «pietra antica», quando la convivenza umana stava raggiungendo un livello di sviluppo relativamente alto.

I grandi fenomeni atmosferici e geologici che contraddistinguono le diverse fasi dell'epoca glaciale cacciarono gli uomini nelle grotte, nelle caverne, e stimolarono la ricerca di nuovi mezzi per proteggere e mantenere l'esistenza del gruppo. Si impara a conservare un fuoco accidentalmente prodotto; poi si scopre il modo di far scaturire scintille per attizzarlo artificialmente. S'incomincia a lavorare la pietra grezza e a produrre strumenti atti alla caccia o alla pesca, condotta ancora in comune contro animali enormi, le renne preistoriche, i rinoceronti giganti, i rettili marini, i mammut , sospinti essi pure dal freddo verso i luoghi abitati dagli uomini .
Catturata in comune, la preda resta proprietà comune. Sarà necessaria la scoperta di mezzi ben più perfezionati, come l'ascia a due tagli, la freccia, l 'asta con le prime punte metalliche e infine l'ascia di bronzo, perché con l'uccisione individuale della preda nasca anche l'idea del possesso, che dalle cose si trasmette agli uomini e segna il passaggio dal comunismo primitivo a un tipo di economia già basata sulla proprietà privata.

Comunità primitiva e «totemismo»

Quali testimonianze dell'esistenza di una vita religiosa nei periodi più antichi, possiamo disporre soltanto di scarse manifestazioni esteriori, spesso di difficile

interpretazione. I mezzi di ricerca di cui ci dobbiamo servire, per seguire la religione primitiva nelle sue origini e nel suo sviluppo, sono sostanzialmente questi :

1 . l'archeologia preistorica, che studia i monumenti residui , le tombe, il paesaggio e soprattutto gli strumenti di lavoro delle età
passate, nella loro evoluzione e nelle ripercussioni che hanno avuto sul modo di vivere degli uomini;
2. l'antropologia, che affronta il problema dei cambiamenti della struttura fisica dell'uomo, nelle successive epoche storiche, in relazione ai mutamenti intervenuti nella struttura sociale e all' interno del gruppo stesso (antropologia "culturale")
3. la linguistica , atta a individuare le varie tappe dell'umanità riflesse in fonemi e in formule precise, scritte o non scritte;
4. il folklore, riserva inesauribile di leggende, miti, costumi e tradizioni popolari, vera e propria letteratura di una società subalterna, soprattutto rurale, culturalmente poco sviluppata, ma già in grado di ri tlettere sulle proprie esigenze esistenziali;
5. la paletnologia e l'etnologia, le sole scienze cui si faccia abitualmente ricorso per lo studio delle origini della religione4.
Le ricerche sulla «società antica» di Lewis H . Morgan costituiscono il punto di partenza per ogni seria indagine etnografica.
Le deduzioni che i primi teorizzatori del marxismo hanno tratto dalle acute elaborazioni del Morgan, in primo luogo nel saggio di Engels su Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, pubblicato nel 18845, hanno trovato conferma nei lavori moderni del Gordon Childe, del Thomson, del Tokarev e delle più serie scuole sociologiche contemporanee6.

l dati forniti dall'etnologia hanno una grande importanza, se usati con intelligenza e cautela, anche per farci constatare una delle caratteristiche essenziali dell'ideologia religiosa, e cioè la sua tenace sopravvivenza nelle fasi più recenti di sviluppo della società.
Numerose pratiche rituali nate nelle condizioni della comunità primitiva, in ragione di determinati attributi economici e sociali, sono
passate poi immutate o con leggere modifiche nelle religioni delle età successive. Basti pensare ai riti di iniziazione, che si sono tramandati nei «sacramenti» delle varie denominazioni cristiane; al pasto sacrale primaverile detto inticiuma, praticato dalla tribù degli Arunta nell'Australia centrale per favorire la moltiplicazione della specie, che ha già tutti gli aspetti essenziali del rito eucaristico; alle funzioni e cerimonie mortuarie, che sopravvivono, pur essendosene smarrito il senso originario, nella pratica del lutto, e così via. Un imponente materiale su questi fenomeni religiosi , e sulle loro analogie nelle diverse
epoche storiche, si trova raccolto nella grande opera Il ramo d'oro dell'etnologo inglese James George Frazer, edita in dodici volumi tra il 1890 e il 1915 7.

Il periodo della comunità primitiva si estende per molte decine di migliaia di anni, dal paleolitico inferiore, che ha visto vivere l'uomo di Neandertal , sino all'età del bronzo, nel terzo millennio avanti Cristo.
Di questo tipo di società restano alcune rare sopravvivenze presso popolazioni che vivono tuttora in condizioni semiselvagge, nel centro dell'Australia, ad esempio, o nelle foreste intorno al Rio delle Amazzoni, nell' America del sud; ma i contatti con forme di società più sviluppate sono troppo frequenti, perché si possano prendere per buone tutte le conclusioni che si sono volute trarre dalle loro attuali condizioni di vita.
La comunità primitiva, che non conosce ancora divisioni in classi contrastanti e ignora quindi ogni forma di organizzazione basata sullo Stato, è tenuta insieme da legami di parentela, di sesso, di età e solo in via subordinata da vincoli che scaturiscono dalla specializzazione di alcuni gruppi nella costruzione e nell 'uso di rudimentali mezzi per la caccia e per la pesca, o per incursioni a scopo di rapina. È naturale che anche la religione in questa antichissima fase della vita associata sia basata su legami analoghi di parentela, di sesso e di età, trasferiti dal clan originario a un mondo di rapporti irreali, fantastici, nei quali si esprime la debolezza del gruppo di fronte alla natura e la sua incertezza del domani, nello stato imperfetto di società nel quale si trova a vivere.

Ben presto, e quasi impercettibilmente, anche l'animale o la pianta di cui il gruppo si nutre vengono considerati come il progenitore, l'antenato, espressione e garanzia della sua coesione ed emblema collettivo, oggetto di sacra venerazione. Questo legame misterioso, quasi biologico, di parentela, di affinità di sangue e di gruppo, è espresso dal termine totem, o totam , che in un vecchio dialetto algonchino, parlato da una tribù pellirosse nordamericana della regione dei Grandi Laghi, significa «l'affine del fratello», o «della sorella» , il «consanguineo», ed è entrato nell' uso proprio per indicare il rapporto religioso al quale si riferisce il clan nelle confuse e contraddittorie manifestazioni della sua vita sociale primitiva8.
Possono essere totem l'orso, il lupo, il cinghiale, la renna, l'aquila, il canguro, ogni specie di bacche, di alberi da frutta o d'uso protettivo, come la quercia; ma anche, in via analogica, il sole, la luna, il vento, la pioggia, manufatti vari, pietre, rocce e montagne. Il rapporto che si stabilisce tra loro e il gruppo umano è quello della mutua dipendenza e, al limite, della figliolanza: ed è già un rapporto di tipo non solo biologico, ma religioso.
La denominazione di «figli del lupo», «figli del cielo», «figli della pietra», «figli dell'ascia», e gia di per sé indicativa.
Nel mito latino dei due gemelli, Romolo e Remo, allattati da una lupa, affiorano senza dubbio residui leggendari di una società totemica a base matriarcale.

L'onomastica gentilizia, specialmente tra le popolazioni celtiche e anglosassoni, ha mantenuto sino ai nostri giorni tali radici totemiche: in Irlanda i Mac-Cecht sono i « figli dell'erpice», i Mac-Tail i « figli della grande scure», in Inghilterra i
Wolfson i «figli del lupo>> , e così via. La stessa parola che denota il tipo più antico di organizzazione sociale indicava probabilmente tanto l 'agglomerato umano, quanto il rapporto di parentela tra il gruppo nel suo insieme e un determinato agente animato o inanimato: non si dimentichi che in etrusco la voce clan significa «figlio» e che il suo plurale, clenar, ha valore di «figliolanza » (la desinenza -ar indica un collettivo di formazioni geologiche e vegetali).
Reminiscenze totemiche si possono riscontrare anche nella designazione popolare, in quasi tutte le lingue, di diversi animali, trattati come parenti: tipico il caso dell'allocco, chiamato familiarmente barbagianni, «zio Giovanni»9.

Il totemismo, che attraverso metodici riti propiziatori e una mitologia sacra lega tra di loro i componenti dei più antichi gruppi sociali, garantendone l'unità e la sopravvivenza, è la prima forma di religione che l' umanità abbia conosciuto : e ad esso bisogna rifarsi, per spiegare gli altri riti e costumi della comunità primitiva dall'epoca di Neandertal in poi .


1 G.C. Lepschy, La linguistica strutturale, Torino, Einaudi, 1 966 (molte ristampe: l'autore è italiano, ma lavora a Londra). Anche lo strutturalismo linguistico è una filiazione del marxismo (vedi Mario Ali nei, La struttura de/ lessico, Bologna, I l Mulino, 1974).
2 C. Hainchelin , Les origines de la religion, cit., p. 74.
3 Vedi A.C. Blanc, Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1956.
4 Di grande utilità, per chi desideri avere una prima informazione sulla preistoria dell'uomo, sono alcuni volumetti pubblicati dagli Editori Riuniti nella collana Libri di base (Roberto Fieschi, Dalla pietra a/ laser; Lia Formigari , La scimmia e le stelle e Louis-René Nougier, L 'economia preistorica, tutti editi nel 1981).
Vedi anche Grahame Clark, La preistoria del mondo, Milano, Garzanti , 1 972 e Tullio Tentori, Antropologia culturale: il rischio ideologico di una scienza, Roma, Edizioni Ricerche, 1976.
5 F. Engels, Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, a cura di Fausto Codino, Roma, Editori Riuniti, 1970.
6 L . H . Morgan, A ncient Society, New York, Macmillan, 1887. I l libro di questo grande etnologo americano, divenuto un classico negli ambienti socialisti e liberali della seconda metà del secolo scorso, è stato finalmente tradotto anche in italiano, Milano, 1 970. Ampi riferimenti nelle voci redatte dal di Nola per l'Enciclopedia delle religioni della Vallecchi; segnaliamo anche Giuseppe Cocchiara, L'eterno selvaggio, Milano, I l Saggiatore, 1961 (cap. IX , « Nel regno della famiglia»).
7 U na traduzione italiana basata su un compendio dell'intera opera, pubblicato dall'autore nel 1925, è uscita nel 1950 a cura della casa editrice Einaudi, in due volumi, nella Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici; nuova edizione in un unico volume, Torino, Boringhieri, 1964.
8 La parola totem (forma abbreviata di ototeman) s'incontra per la prima volta nei racconti di viaggio di J . Long, Voyages and travels oj an India n interpreter and trader, London, 1 79 1 ; l' uso è proprio degli indiani Ojibwa (Storia e costumi dei pellirosse, di R . Thévenin e P . Coze, Milano, Schwartz, 1 958).
9 Lo studio di questi residui linguistici del totemismo è appena agli inizi: di estremo interesse i saggi di un glottologo italiano, Mario Alinei, professore all'università di Utrecht e direttore della rivista internazionale Quaderni di semantica, che esce dal 1980 a Bologna, Il Mulino (citiamo, per tutti, anno 11, n . 2, 1 98 1 , pp. 363-385 e anno IV, n . l e 2, 1 983, pp. 5-3 1 e 24 1 -269).
 
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