Comunismo - Scintilla Rossa

Laibach suonano a Pyongyang

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view post Posted on 3/1/2016, 19:02
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a chi interessasse, il 21 gennaio ci sarà l'unica data italiana del loro tour, a Milano.

http://www.impattosonoro.it/2015/11/09/new...a-gennaio-2016/
 
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view post Posted on 3/1/2016, 19:20

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Bisogna essere tesserati arci?
 
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view post Posted on 3/1/2016, 19:25
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non son mai stato al magnolia, ma si da quel che ricordo la tessera è obbligatoria (costa 10 euri)
questa è la pagina facebook dell'evento

www.facebook.com/events/1341013925915109/

qua le info per la tessera

www.circolomagnolia.it/tesseramento
 
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giulio.
view post Posted on 4/1/2016, 09:44




CITAZIONE (Kollontaj @ 3/1/2016, 19:02) 
a chi interessasse, il 21 gennaio ci sarà l'unica data italiana del loro tour, a Milano.

www.impattosonoro.it/2015/11/09/new...a-gennaio-2016/

ahhhhhh :o:

qualcuno ci va ??
 
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view post Posted on 4/1/2016, 12:25

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Io non posso!
 
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view post Posted on 4/1/2016, 13:55

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L'esecuzione di Nimr in Arabia Saudita: una condanna politica?


Ieri mattina l'Arabia Saudita ha annunciato l'esecuzione capitale di 47 persone, tra cui spicca la figura dello sceicco Nimr al Nimr.
Quest'ultimo è sempre stato considerato uno delle figure di spicco della minoranza sciita che abita le zone orientali del paese del Qatif: Nimr è stato accusato dalla giustizia saudita di essere a capo delle rivolte divampate in questa parte del paese a seguito delle primavere arabe.

Molti analisti inseriscono questo atto all'interno della narrativa del “sectarian divide” tra sunniti e sciiti, ma la condanna ha molto di politico e poco di religioso, come d'altronde lo stesso scontro tra Iran e Arabia Saudita nel contesto medio-orientale. In questo caso, come in molti altri, parafrasando Von Clausewitz, la religione è la continuazione della politica con altri mezzi.

In primis è la stessa figura di Nimr a dover essere spogliata di quelle categorie che i media mainstream gli hanno affibbiato. Lo sheyk (termine col quale si designa un appartenente al clero sciita) saudita infatti tende ad essere associato all'Iran e ad un discorso settario di marca sciita. Niente di più sbagliato. Lo stesso Nimr, nei suoi sermoni, faceva proprio un discorso di unità della Umma islamica, predicando l'anti-settarismo (non aveva rapporti diretti né indiretti con il regime iraniano né con altre organizzazioni sciite settarie dell'area), e, inoltre, si faceva portatore di istanze sociali di tutta la popolazione saudita che andavano al di là del religioso: rivendicando giustizia sociale, dignità e redistribuzione equa delle risorse a tutte le regioni dell'Arabia Saudita, la figura di Nimr è paradossalmente più vicina ad un socialista che ad un religioso. Cosa alquanto minacciosa per il regime saudita, che ha fatto del settarismo e dell'esclusione della minoranza sciita una politica ben precisa: così la protesta legittima per i diritti civili e sociali è stata distorta abilmente dalla casa regnante dei Saud, che hanno accusato Nimr di terrorismo (oltre che di aver incitato la violenza settaria), giustiziandolo insieme a elementi di spicco di AQAP (Al Qaeda nella penisola arabica), tra cui l'ideologo Faris al Suwhail.

La raffica di esecuzioni (47) approvate ieri, a fronte delle 157 di tutto il 2015 e delle 90 del 2014, sono inoltre da inserire all'interno di uno dei momenti più difficili della storia per l'Arabia Saudita.

A livello interno le gatte da pelare sono diverse.

Il prezzo del petrolio è ai minimi storici (indice brent addirittura sotto i $40 al barile ) e l'economia di rendita saudita ne risente. La maggiore parte delle revenues viene infatti dal petrolio, c'è poca diversificazione della base economica e così la fluttuazione al ribasso non ha fatto altro che costringere il regime ad approvare misure di austerity, tagli alla spesa pubblica, con annessi rincari e aumenti delle tasse. Che potrebbero gravare sulla stabilità della casa regnante.
Oltre alla questione economica, c'è lo scontro interno nei Saud.

Dalla sua entrata in carica Salman, 79 anni, ha dovuto fronteggiare, oltre ai suoi problemi di salute (c'è addirittura chi sostiene sia inebetito dalla demenza senile e che sia solo una figura di “comodo”), lo scontro tra le due personalità forti, Bin Nayef e Mohammed Bin Salman. Il primo, 56 anni, è ministro degli interni, ha un passato di studi tra FBI e Scotland Yard, è noto per il suo pugno di ferro contro i jihadisti (4 attentati sventati alla sua persona) e gode di molta stima presso l'amministrazione Obama per il suo pragmatismo. É il primo nella linea di successione. Bin Salman, 30 anni, invece è ministro plenipotenziario della Difesa. Si sa poco di lui: è giovane ed ambizioso, gestisce ambiti della sicurezza e diversi settori economici, e molti analisti sottolineano la sua vicinanza con gli ambienti militari. É lui che ha spinto per l'intervento in Yemen contro gli Houthi. È inoltre secondo nella linea di successione.
Terzo problema interno: il terrorismo salafita, generosamente finanziato da donors sauditi all'estero, che ha però colpito più volte nell'ultimo anno nello stesso territorio saudita.

A livello regionale ed internazionale l'Arabia Saudita vede la sua special relationship con gli States minacciata.

L'accordo di controllo sul programma atomico iraniano prosegue spedito e le misure di implementazione di quest'ultimo anche. Al di là dei tecnicismi, Riad legge questo deal come una minaccia politica alla sua centralità: Tehran potrebbe rientrare nella comunità internazionale come attore protagonista, normalizzando le sue relazioni internazionali con gli Stati Uniti e usando il suo leverage nei contesti medio-orientali e internazionali (WTO, FMI). In questo quadro i sauditi avrebbero a che fare con un paese che minaccerebbe l'equilibrio di potere non soltanto in termini militari e geopolitici ma anche in termini economici ed intellettuali. Oltre che, chiaramente, all'interno della sfera del religioso.
Che Riad abbia voluto, con l'uccisione dello Sheyk, provocare Tehran per trascinarla in una reazione a catena è possibile (vedere più avanti sull'uso politico del settarismo anche da parte iraniana). É certo però che a fine gennaio dovrebbero essere annullate del tutto le sanzioni all'Iran e che, a febbraio, ci saranno le elezioni per l'Assemblea degli Esperti. Quest'organo decide l'elezione degli esperti che, a loro volta, decideranno la prossima Guida Suprema: che i sauditi abbiano voluto esacerbare la tensione politica in Iran, spostando così l'asse del paese “a destra” verso gli oltranzisti?

Inoltre i sauditi sono impantanati in una guerra in Yemen da diversi mesi contro i ribelli Houthi, sostenuti da Tehran: la situazione sul campo va peggiorando, la presa della capitale Sana'a sembra lontanissima e, soprattutto, gli Houthi hanno sconfinato più volte in territorio saudita, minacciando direttamente la capitale Riad. L'esercito saudita poi, nonostante gli armamenti di ultimissima generazione, ha poca expertise e quindi si deve rivolgere a truppe di mercenari stranieri.
Anche la situazione in Siria non volge al meglio per Riad. L'eventualità che un accordo politico contempli la permanenza di Assad al potere infastidisce i Saud, che hanno investito milioni di dollari nel finanziamento a formazioni ribelli: ciò implicherebbe una vittoria per Tehran ed una sconfitta d'immagine molto pesante per i Guardiani della Mecca.



Detto della situazione interna e regionale, ancora due parole sul settarismo.

Questo strumento rientra a pieno titolo nella politica regionale di Riad e, in questo caso, nella precisa volontà dell'esecuzione di Nimr al Nimr.
Come, di contro, il discorso settario è fatto proprio anche da parte iraniana.
D'altronde l'immaginario sciita fa riferimento al martirio come elemento centrale della sua pratica religiosa: l'Ayatollah Khamenei su twitter, dopo aver paragonato i Saud all'ISIS e aver parlato di “vendetta divina”, ha postato l'immagine di Nimr (paragonandolo al comandante Kuntar di Hezbollah ucciso poche settimane fa da Israele) vicino ad una scritta recitante “il Risveglio non si può reprimere”. Nonostante lo stesso Nimr parlasse apertamente in termini anti-settari e, soprattutto, nonostante lo sheyk avesse espresso alcune volte la sua contrarietà a determinate politiche perseguite dal regime islamico di Tehran: ovverosia l'invio delle milizie sciite in Siria a sostegno di Assad, che per Nimr era un tiranno, e la politica del pugno duro nei confronti delle minoranze sunnite nel Balucistan iraniano nonché l'alto numero di esecuzioni capitali anche verso attivisti dei diritti umani (tra cui rientrano molti chierici sunniti).

Ma d'altronde in Medio Oriente il settarismo ad uso e consumo degli interessi degli Stati è pratica comune-per l'inquadramento della popolazione, per la costruzione dell'immaginario, per i processi di consensus building.
Così come lo è l'appiattimento dei media su determinate griglie di lettura (religione, settarismo, cultura, idiosincrasie dei leader): in questo modo le situazioni conflittuali del Medio Oriente (e non solo) vengono lette reificando questo o quell'elemento- in questo caso l'elemento settario - per poter essere, come diceva Jacques le Goff, “abilmente sfruttate senza vergogna dai mercanti della memoria”.
 
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view post Posted on 4/1/2016, 17:22
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CITAZIONE (giulio. @ 4/1/2016, 09:44) 
CITAZIONE (Kollontaj @ 3/1/2016, 19:02) 
a chi interessasse, il 21 gennaio ci sarà l'unica data italiana del loro tour, a Milano.

www.impattosonoro.it/2015/11/09/new...a-gennaio-2016/

ahhhhhh :o:

qualcuno ci va ??

senza lavoro e senza una lira, se no ci andavo sicuro.
 
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view post Posted on 4/1/2016, 17:55
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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non me li han fatti vedere a Pyongyang, dovrò pur rifarmi. Penso ci andrò.
 
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giulio.
view post Posted on 4/1/2016, 18:45




mi sa che anche io dovrò saltare.. per l'uni e per la distanza ..

CITAZIONE (Kalashnikoba @ 4/1/2016, 17:55) 
non me li han fatti vedere a Pyongyang, dovrò pur rifarmi. Penso ci andrò.

ahh grande,mi ospiti XD ?
 
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view post Posted on 5/1/2016, 00:39
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Abdullah Calahamed (EAU) Vladimir Sevchenko (Belarus)

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mi contatti su faccialibro che ne parliamo
 
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giulio.
view post Posted on 6/1/2016, 12:40




Intervista a cura di Antonella Guerrera...



I Laibach, storica band industrial-pop slovena, festeggia i suoi trentacinque anni con il tour "The Sound Of Music". Li abbiamo intervistati in vista del loro concerto, il 21 gennaio al Circolo Magnolia di Milano, unica tappa italiana per il gruppo di Trbovlje, salito alle cronache la scorsa estate per aver suonato a Pyongyang (Corea Del Nord). Nell’intervista ci hanno fatto un sunto della loro carriera, dell’esperienza coreana, ma anche del futuro dell’Europa e dei loro nuovi progretti.

The Sound of Music è il tour che festeggia i vostri 35 anni di carriera. In questi anni avete suonato ovunque in giro per il mondo; non sono mancate esibizioni memorabili come quella al Tate Modern di Londra e periodi più complicati. Qual è il vostro bilancio di questi 35 anni di attività?
In questi 35 anni abbiamo vissuto una vita che è stata molto piena, abbiamo viaggiato su ogni autostrada, abbiamo programmato ogni percorso, ogni attento passo lungo la strada, abbiamo amato, riso e pianto, abbiamo avuto le nostre vittorie e le nostre sconfitte, ed ora, mentre gli anni passano, troviamo tutto ciò ancora molto divertente. Di rimpianti ne abbiamo avuti pochi, davvero troppo pochi per citarli, abbiamo fatto quello che dovevamo fare ed abbiamo visto tutto senza risparmiarci nulla. Ci sono stati dei momenti, che di sicuro conoscerai, in cui abbiamo ingoiato molto più di quello che potessimo masticare, ma nonostante tutto, anche quando avevamo il dubbio, abbiamo mandato giù il rospo e poi lo abbiamo sputato. Abbiamo affrontato tutto e siamo ancora in piedi: l’abbiamo fatto a nostro modo! (nda. Risposta ispirata dal testo di “My Way” di Frank Sinatra)

Siete stati il primo gruppo straniero che si è esibito nella Corea del Nord. Com’è stata quest’esperienza? Qual è stato il rapporto con le autorità e con il pubblico?
Tutti nella Corea del Nord sono stati molto carini con noi, perfino gli addetti alla censura e le autorità. Sapevano che i Laibach hanno la cattiva reputazione di essere una band problematica e non sono di certo il gruppo più semplice da ascoltare e comprendere, ma si sono presi questo rischio e ci hanno invitati ad esibirci di fronte al loro pubblico, che non avevano mai sentito tale musica prima di allora. Durante lo spettacolo, i Nord Coreani non sapevano davvero cosa pensare, ma hanno reagito in maniera educata, applaudendo dopo la fine di ogni canzone, ed alla fine del concerto ci hanno omaggiati con una standig ovations. Choe Jong Hwan, un anziano spettatore coreano, ha così commentato dopo lo spettacolo: “Non sapevo che tale tipo di musica esistesse nel mondo…ma adesso lo so.” I dieci giorni trascorsi nella Corea del Nord sono stati davvero un’esperienza surreale per noi.

Se escludiamo la colonna sonora di Iron Sky, e "Volk" (disco che ho personalmente adorato), "Spectre", a mio parere, marca delle differenze a livello stilistico sia per le sonorità che per la presenza della voce femminile. In questi dieci anni quali sono stati i dettami stilistici fautori di questa evoluzione di approccio rispetto agli album precedenti?
Ci piace cambiare stili e genere. Gli stili ed il genere sono come dei linguaggi speciali, con cui si può esprimere un determinato tema in maniera più chiara e precisa. Viviamo in un periodo caotico ed eclettico (e non è la prima volta), quindi cerchiamo di interfacciarci in diverse lingue e stili per riflettere la realtà da diverse angolazioni, in modo che ogni disco abbia un tocco ed uno stile un pochino diverso. Ma alla fine, suona sempre come un disco dei Laibach.

Trovo che "Spectre" si caratterizzi per delle liriche sintetiche, brevi, didascaliche, cantate in un inglese molto chiaro e comprensibile anche per chi non ha molta familiarità con la lingua. Ci sono i motivi che vi hanno fatto optare per questa scelta, se di scelta si tratta?
Si, questa è stata una scelta deliberata. In primis "Spectre" è un disco attivista e quindi è pieno di parole dirette. Secondariamente, noi preferiamo mantenere un linguaggio semplice e facile (in modo che anche gli Italiani possano capirlo, senza offesa…) perchè lo consideriamo come uno strumento di comunicazione. Diverse canzoni anglo-americane sono molto difficili da cogliere senza avere in mano il testo scritto, alcune sono difficili da capire anche con i testi sott’occhio, altre invece sono chiare e semplici, ma anche intense e profonde - per esempio le canzoni dei Beatles o di Leonard Cohen, o anche delle poesie elettroniche dei Kraftwerk – è questo quello che ci piace nella musica pop.

C’è sempre stato un fortissimo connubio fra visual/video, musica, testi, abbigliamento di scena, che ha caratterizzato sia le vostre produzioni discografiche che le esibizioni live. Quali sono i principali dettami estetici e le fonti d’ispirazione?
Siamo sempre stati fortemente ispirati da Marcel Duchamp, René Magritte, Kazimir Malevich, Jacques Tati, Joseph Beuys, Josip Broz Tito, John Heartfield, ma anche da Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Benito Mussolini ed altri... In realtà siamo ispirati da tutta la storia ma anche dal futuro.

In questo tour suonerete delle tracce di repertorio come Now You Will Pay e The Great Divide, incluse nell’album "WAT" del 2003, e riguardanti il tema dell’emigrazione e dei rifugiati in Europa. Come vivono i Laibach questo periodo di incertezza caratterizzato dal palesarsi di una “guerra santa” nella culla della cultura europea, da tensioni internazionali sempre più forti tra il blocco Nato e la Russia, e da un’ingerenza esasperata e soffocante degli Stati Uniti nei confronti dell'Europa?
La situazione politica, sociale e culturale internazionale in questo momento è davvero molto tesa, ma ci sono stati periodi ben peggiori nel recente passato e quindi non dobbiamo perdere le nostre speranze per cambiare la situazione e migliorarla. L’Europa (ed il mondo intero) oggi, prima di tutto, ha bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale, economica e politica; la vera utopia è che gli obiettivi di giustizia sociale, stabilità finanziaria e la sostenibilità ambientale possano essere raggiunti entro i paramentri del sistema capitalistico globale. Le reali cause della miseria delle persone e della tensione politica e culturale internazionale, dopo tutto, non sono causate dalla corruzione di poche centinaia di politici o dall’avidità di poche centinaia di banchieri, e soprattutto non sono causate dagli eserciti di fanatici religiosi che stanno combattendo la loro “guerra santa”, ma dalle dinamiche strutturali che, in primo luogo, consentono e premiano tali comportamenti. La crisi odierna non può essere risolta mediante un regolamento, o con una qualsiasi “chirurgia estetica”, comprese le guerre dirette nei “territori caldi”. Può essere risolta solamente con la trasformazione in un sistema completamente diverso. Ci auguriamo vivamente che l’idea di un’Europa Unita possa essere salvata. Ma non l’indifferente e gelida Europa della tecnocrazia politica di Brussels e del settore bancario, che opera secondo i dettami del dogma neoliberista, ma un’Europa ri-politicizzata, fondata su un progetto di emancipazione condiviso. L’unione Europea deve trovare il giusto equilibrio fra il dibattito ed il consenso su una visione d’insieme. I cittadini europei hanno bisogno di una nuova identità che porti sia un profondo significato che un senso di aspettativa ed eccitazione per il futuro. Questo tipo di rivoluzione spirituale deve giungere dalle strade di Parigi e Berlino, e da quelle di Amburgo, Atene, Istanbul, Kiev, Barcellona, Sarajevo o Milano. L’avanguardia di questa rivoluzione saranno i giovani europei e tutti quelli che hanno a cuore il futuro. Ora più che mai, la risposta alla crisi dovrebbe essere più internazionalista ed universalistica di quanto non sia l’universalità del capitale globale. Questa visione deve permeare tutti gli aspetti della società. Senza questa visione l’Europa non può progredire ma può solo continuare il suo inesorabile declino fino a quando gli Europei saranno costretti ad emigrare in Africa, Asia o nel Medio Oriente….

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro dai Laibach?
In primis il Tour di "The Sound of Music" che da Gennaio ad Aprile ci vedrà impegnati sui palchi di tutta l’Europa. Il 09 Febbraio faremo un grande concerto con l’Orchestra Sinfonica Slovena a Brussels, nella Henry Le Bouef Hall/Bozar. A Maggio faremo due spettacoli a Lubiana, ospitando dei musicisti dalla Corea del Nord. Stiamo pensando anche di fare un altro tour in America il prossimo anno e magari di andare anche in Australia. Inoltre, stiamo già lavorando alla colonna sonora del sequel di “Iron Sky” ed alla musica per la piéce teatrale “Così parlò Zarathustra”. A parte questo, abbiamo in programma di pubblicare diversi contenuti speciali nel 2016, dischi tematici come "Sound of Music" o "Laibach Revisited". Ma soprattutto inizieremo a lavorare sul materiale per il nostro prossimo album. Insomma, ci aspetta un futuro intenso e pieno di attività…

Vi ringraziamo per la disponibilità. C’è una canzone che vi piace particolarmente e che possiamo usare come colonna sonora per chiudere quest’intervista?
Potete usare quella che preferite, ma forse Koran assume maggior senso in questi tempi difficili che stiamo vivendo ora.

www.troublezine.it/interviews/20572/laibach
 
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giulio.
view post Posted on 16/4/2016, 07:54




I Laibach e la loro tournée italiana.

State tornando in Italia per due show. Che tipo di rapporto avete con il pubblico italiano?

Laibach: Non abbiamo un rapporto speciale diciamo, non vogliamo fare differenze con il pubblico; prendiamo ciò che ci viene dato senza fare differenze. Ma certamente l’Italia è il nostro “vicino di casa”, condividiamo una storia comune – metà della Slovenia è stata occupata dall’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, perciò ora dovremmo essere noi a “occuparla” e ad esibirci più spesso nel vostro Paese.

Nel nostro Paese c’è spesso una dicotomia tra musica classica e moderna. Voi siete in grado di trovare la giusta armonia tra musica classica ed elettronica… Da dove viene questa grande capacità che avete di mixare questi due differenti mondi?

L: Abbiamo imparato molto dalla storia, non necessariamente solo dalla storia della musica, ma della storia in generale: dai film, dai libri, dall’arte alla poesia, dalla politica, anche da quella Italiana. L’Italia ha grandi artisti e ha avuto ancor di più una storia eccezionale, che è sempre stata un mix pazzesco di opposti che coesistono in un’armonia perfetta.

Viene prima il vostro interesse per la musica classica o per quella elettronica?

L: La nostra conoscenza della musica classica è molto ampia; vediamo già la musica elettronica come la musica classica del giorno d’oggi, specialmente la musica elettronica degli anni ‘60 e ’70, ma consideriamo Bach come il vero precursore della musica elettronica, specialmente il suo lavoro Kunst der Fuge, sebbene non avesse mai avuto l’opportunità di comporre la sua musica con strumenti elettronici.

Cosa ne pensate dei talent show?

L: E’ piuttosto ovvio che questi show siano frutto della manipolazione televisiva che influenza anche emotivamente e sono spesso ritenuti negativi per l’artista stesso. Infatti di solito questi programmi uccidono i reali talenti che diventano famosi troppo velocemente o troppo facilmente, senza affrontare quel percorso che creerebbe invece la loro carriera passo dopo passo, sebbene poi la maggior parte di loro resta famoso per soli “15 minuti”. I talent show sono l’abuso della democratizzazione dei media; infatti sono l’immagine reale della democrazia (distorta) stessa. In pratica questi show sono come il cibo-spazzatura: hanno il sapore del cibo spazzatura quando li guardi, e una volta che sono terminati ti senti abbastanza nauseato che non ne mangerai ancora la prossima volta.

Da quando siete diventati musicisti, che impatto hanno avuto su di voi i tragici eventi successi a Parigi al Bataclan?

L: Sebbene non ci consideriamo musicisti, certo che ha avuto un impatto su di noi e ci ha ricordato ancora una volta quanto la vita moderna sia a volte molto vicina alla guerra. Questo è particolarmente vero in America, dove le persone si uccidono a colpi di pistole ogni giorno. Ciò nonostante non possiamo paragonare queste situazioni alla vera Guerra come sta accadendo in Syria o in Iraq, o alle bombe e ai morti della Prima e Seconda Guerra Mondiale, ma per le vittime e i loro familiari, gli attacchi terroristici a Parigi, Bruxelles, ecc, non sono di certo meno tragici. Gli attacchi terroristici in Europa sono effettivamente in declino, se facciamo un paragone con il terrorismo negli anni ‘70, ‘80 e ‘90, ma la differenza con ora è che sempre più gli attacchi terroristici sono causati dallo ‘scontro di culture’, o come risultato di una moderna politica di neo-colonialismo, prodotta dalla ‘dominazione del Mondo Bianco Cristiano’. In un certo modo la situazione attuale ricorda molto le guerre Crociate ed è come se stessimo tornando indietro di secoli.

Quali aspettative avete per i prossimi concerti che farete in Italia? C’è qualcosa di nuovo che vorreste anticipare ai vostri fan italiani?

L: Ci aspettiamo un bel pubblico, speriamo che tutti si divertano durante il nostro concerto e che quindi tornino una prossima volta.

Avete qualche programma per il futuro di cui vorreste parlarci?

L: Al momento ci stiamo occupando di diversi nuovi progetti; uno di questi è un film tratto dal nostro concerto in Nord Corea che dovremmo lanciare dalla seconda metà di quest’anno. Insieme al film verrà anche lanciato un CD con le musiche del ‘Sound of Music’. Un altro progetto a cui stiamo lavorando è un grande concerto con l’Orchestra Sinfonica che stiamo pensando di fare il 2 Settembre a Ljubljana. Stiamo anche iniziando a lavorare sulle musiche per il sequel di Iron Sky e sulle musiche della performance teatrale ‘Così parlò Zaratustra’. E poi avremmo anche molti altri progetti per il futuro, ma è ancora troppo presto per poterne parlare.

Flavia Severin

http://www.corrieredellospettacolo.net/201...istorta-stessa/
 
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view post Posted on 11/4/2020, 15:58
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view post Posted on 11/4/2020, 17:07
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vietcong

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Tra l'altro è uscito da qualche giorno il nuovo disco, devo ascoltarlo di più ma ad ora non è mi è dispiaciuto, sia per la musica che per le tematiche (c'è anche un pezzo dedicato a Tito mi pare).
 
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