Comunismo - Scintilla Rossa

Laibach suonano a Pyongyang

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giulio.
view post Posted on 6/1/2016, 12:40 by: giulio.




Intervista a cura di Antonella Guerrera...



I Laibach, storica band industrial-pop slovena, festeggia i suoi trentacinque anni con il tour "The Sound Of Music". Li abbiamo intervistati in vista del loro concerto, il 21 gennaio al Circolo Magnolia di Milano, unica tappa italiana per il gruppo di Trbovlje, salito alle cronache la scorsa estate per aver suonato a Pyongyang (Corea Del Nord). Nell’intervista ci hanno fatto un sunto della loro carriera, dell’esperienza coreana, ma anche del futuro dell’Europa e dei loro nuovi progretti.

The Sound of Music è il tour che festeggia i vostri 35 anni di carriera. In questi anni avete suonato ovunque in giro per il mondo; non sono mancate esibizioni memorabili come quella al Tate Modern di Londra e periodi più complicati. Qual è il vostro bilancio di questi 35 anni di attività?
In questi 35 anni abbiamo vissuto una vita che è stata molto piena, abbiamo viaggiato su ogni autostrada, abbiamo programmato ogni percorso, ogni attento passo lungo la strada, abbiamo amato, riso e pianto, abbiamo avuto le nostre vittorie e le nostre sconfitte, ed ora, mentre gli anni passano, troviamo tutto ciò ancora molto divertente. Di rimpianti ne abbiamo avuti pochi, davvero troppo pochi per citarli, abbiamo fatto quello che dovevamo fare ed abbiamo visto tutto senza risparmiarci nulla. Ci sono stati dei momenti, che di sicuro conoscerai, in cui abbiamo ingoiato molto più di quello che potessimo masticare, ma nonostante tutto, anche quando avevamo il dubbio, abbiamo mandato giù il rospo e poi lo abbiamo sputato. Abbiamo affrontato tutto e siamo ancora in piedi: l’abbiamo fatto a nostro modo! (nda. Risposta ispirata dal testo di “My Way” di Frank Sinatra)

Siete stati il primo gruppo straniero che si è esibito nella Corea del Nord. Com’è stata quest’esperienza? Qual è stato il rapporto con le autorità e con il pubblico?
Tutti nella Corea del Nord sono stati molto carini con noi, perfino gli addetti alla censura e le autorità. Sapevano che i Laibach hanno la cattiva reputazione di essere una band problematica e non sono di certo il gruppo più semplice da ascoltare e comprendere, ma si sono presi questo rischio e ci hanno invitati ad esibirci di fronte al loro pubblico, che non avevano mai sentito tale musica prima di allora. Durante lo spettacolo, i Nord Coreani non sapevano davvero cosa pensare, ma hanno reagito in maniera educata, applaudendo dopo la fine di ogni canzone, ed alla fine del concerto ci hanno omaggiati con una standig ovations. Choe Jong Hwan, un anziano spettatore coreano, ha così commentato dopo lo spettacolo: “Non sapevo che tale tipo di musica esistesse nel mondo…ma adesso lo so.” I dieci giorni trascorsi nella Corea del Nord sono stati davvero un’esperienza surreale per noi.

Se escludiamo la colonna sonora di Iron Sky, e "Volk" (disco che ho personalmente adorato), "Spectre", a mio parere, marca delle differenze a livello stilistico sia per le sonorità che per la presenza della voce femminile. In questi dieci anni quali sono stati i dettami stilistici fautori di questa evoluzione di approccio rispetto agli album precedenti?
Ci piace cambiare stili e genere. Gli stili ed il genere sono come dei linguaggi speciali, con cui si può esprimere un determinato tema in maniera più chiara e precisa. Viviamo in un periodo caotico ed eclettico (e non è la prima volta), quindi cerchiamo di interfacciarci in diverse lingue e stili per riflettere la realtà da diverse angolazioni, in modo che ogni disco abbia un tocco ed uno stile un pochino diverso. Ma alla fine, suona sempre come un disco dei Laibach.

Trovo che "Spectre" si caratterizzi per delle liriche sintetiche, brevi, didascaliche, cantate in un inglese molto chiaro e comprensibile anche per chi non ha molta familiarità con la lingua. Ci sono i motivi che vi hanno fatto optare per questa scelta, se di scelta si tratta?
Si, questa è stata una scelta deliberata. In primis "Spectre" è un disco attivista e quindi è pieno di parole dirette. Secondariamente, noi preferiamo mantenere un linguaggio semplice e facile (in modo che anche gli Italiani possano capirlo, senza offesa…) perchè lo consideriamo come uno strumento di comunicazione. Diverse canzoni anglo-americane sono molto difficili da cogliere senza avere in mano il testo scritto, alcune sono difficili da capire anche con i testi sott’occhio, altre invece sono chiare e semplici, ma anche intense e profonde - per esempio le canzoni dei Beatles o di Leonard Cohen, o anche delle poesie elettroniche dei Kraftwerk – è questo quello che ci piace nella musica pop.

C’è sempre stato un fortissimo connubio fra visual/video, musica, testi, abbigliamento di scena, che ha caratterizzato sia le vostre produzioni discografiche che le esibizioni live. Quali sono i principali dettami estetici e le fonti d’ispirazione?
Siamo sempre stati fortemente ispirati da Marcel Duchamp, René Magritte, Kazimir Malevich, Jacques Tati, Joseph Beuys, Josip Broz Tito, John Heartfield, ma anche da Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Benito Mussolini ed altri... In realtà siamo ispirati da tutta la storia ma anche dal futuro.

In questo tour suonerete delle tracce di repertorio come Now You Will Pay e The Great Divide, incluse nell’album "WAT" del 2003, e riguardanti il tema dell’emigrazione e dei rifugiati in Europa. Come vivono i Laibach questo periodo di incertezza caratterizzato dal palesarsi di una “guerra santa” nella culla della cultura europea, da tensioni internazionali sempre più forti tra il blocco Nato e la Russia, e da un’ingerenza esasperata e soffocante degli Stati Uniti nei confronti dell'Europa?
La situazione politica, sociale e culturale internazionale in questo momento è davvero molto tesa, ma ci sono stati periodi ben peggiori nel recente passato e quindi non dobbiamo perdere le nostre speranze per cambiare la situazione e migliorarla. L’Europa (ed il mondo intero) oggi, prima di tutto, ha bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale, economica e politica; la vera utopia è che gli obiettivi di giustizia sociale, stabilità finanziaria e la sostenibilità ambientale possano essere raggiunti entro i paramentri del sistema capitalistico globale. Le reali cause della miseria delle persone e della tensione politica e culturale internazionale, dopo tutto, non sono causate dalla corruzione di poche centinaia di politici o dall’avidità di poche centinaia di banchieri, e soprattutto non sono causate dagli eserciti di fanatici religiosi che stanno combattendo la loro “guerra santa”, ma dalle dinamiche strutturali che, in primo luogo, consentono e premiano tali comportamenti. La crisi odierna non può essere risolta mediante un regolamento, o con una qualsiasi “chirurgia estetica”, comprese le guerre dirette nei “territori caldi”. Può essere risolta solamente con la trasformazione in un sistema completamente diverso. Ci auguriamo vivamente che l’idea di un’Europa Unita possa essere salvata. Ma non l’indifferente e gelida Europa della tecnocrazia politica di Brussels e del settore bancario, che opera secondo i dettami del dogma neoliberista, ma un’Europa ri-politicizzata, fondata su un progetto di emancipazione condiviso. L’unione Europea deve trovare il giusto equilibrio fra il dibattito ed il consenso su una visione d’insieme. I cittadini europei hanno bisogno di una nuova identità che porti sia un profondo significato che un senso di aspettativa ed eccitazione per il futuro. Questo tipo di rivoluzione spirituale deve giungere dalle strade di Parigi e Berlino, e da quelle di Amburgo, Atene, Istanbul, Kiev, Barcellona, Sarajevo o Milano. L’avanguardia di questa rivoluzione saranno i giovani europei e tutti quelli che hanno a cuore il futuro. Ora più che mai, la risposta alla crisi dovrebbe essere più internazionalista ed universalistica di quanto non sia l’universalità del capitale globale. Questa visione deve permeare tutti gli aspetti della società. Senza questa visione l’Europa non può progredire ma può solo continuare il suo inesorabile declino fino a quando gli Europei saranno costretti ad emigrare in Africa, Asia o nel Medio Oriente….

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro dai Laibach?
In primis il Tour di "The Sound of Music" che da Gennaio ad Aprile ci vedrà impegnati sui palchi di tutta l’Europa. Il 09 Febbraio faremo un grande concerto con l’Orchestra Sinfonica Slovena a Brussels, nella Henry Le Bouef Hall/Bozar. A Maggio faremo due spettacoli a Lubiana, ospitando dei musicisti dalla Corea del Nord. Stiamo pensando anche di fare un altro tour in America il prossimo anno e magari di andare anche in Australia. Inoltre, stiamo già lavorando alla colonna sonora del sequel di “Iron Sky” ed alla musica per la piéce teatrale “Così parlò Zarathustra”. A parte questo, abbiamo in programma di pubblicare diversi contenuti speciali nel 2016, dischi tematici come "Sound of Music" o "Laibach Revisited". Ma soprattutto inizieremo a lavorare sul materiale per il nostro prossimo album. Insomma, ci aspetta un futuro intenso e pieno di attività…

Vi ringraziamo per la disponibilità. C’è una canzone che vi piace particolarmente e che possiamo usare come colonna sonora per chiudere quest’intervista?
Potete usare quella che preferite, ma forse Koran assume maggior senso in questi tempi difficili che stiamo vivendo ora.

www.troublezine.it/interviews/20572/laibach
 
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