Comunismo - Scintilla Rossa

Trotskismo: controrivoluzione mascherata (1935), Moissaye J. Olgin

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Sandor_Krasna
view post Posted on 10/2/2015, 02:23 by: Sandor_Krasna
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12. I trotskisti negli Stati Uniti

Alla fine del 1928 un gruppo di trotskisti fu espulso dal Partito Comunista degli Stati Uniti. Questo gruppo, guidato da Cannon e Shachtman, aveva formato una fazione all’interno del Partito e aveva iniziato a svolgere una campagna antipartitica. All’epoca il Partito era diviso in due fazioni, i seguaci di Foster e quelli di Lovestone e quelli di Foster, e queste due fazioni operavano quasi alla luce del sole. A ogni modo, la loro esistenza era nota sia ai membri del Partito sia all’Internazionale. I trotskisti, fedeli alla tradizione del loro capo, tennero segreta l’esistenza della propri fazione. Non si erano mai occupati di discutere del trotskismo all’interno del Comitato di Partito. Non avevano mai proposto alcun programma diverso da quelli delle fazioni esistenti. In effetti fingevano di non avere differenze di opinioni che si sarebbero scontrate con quelle dell’una o dell’altra fazione. Nonostante ciò, si raccolsero in un gruppo segreto per progettare una cospirazione contro l’intero Partito.
Erano un gruppo di una dozzina o due di intellettuali senza base sociale. Il loro leader nominale, Cannon, un ex avvocato, non aveva esperienza di lavoro ideologico od organizzativo. Era stato un membro del Comitato Centrale nei giorni in cui la vita del Partito era anormale, ma non ebbe mai alcun contatto con ampie masse di lavoratori. Shachtman, che divenne il “teorico” dei trotskisti, era stato un funzionario minore del Partito. Non avevano radici nella classe proletaria. Le loro “attività” negli Stati Uniti consistevano nel diffamare l’Unione Sovietica e il Comintern e nel denigrare il Partito Comunista degli Stati Uniti. A volte si inserivano in qualche lotta economica dei lavoratori, soltanto per aiutare i burocrati sindacali reazionari e i padroni.
Ci limiteremo ad alcuni esempi caratteristici.
Il 23 giugno 1931 Stalin pronunciò un discorso a una conferenza di dirigenti dell’industria sovietica dal titolo Nuova situazione, nuovi compiti dell’edificazione economica. Nel discorso Stalin elencava sei punti, sei nuove condizioni per lo sviluppo dell’industria. I primi tre punti riguardavano l’organizzazione del lavoro, l’organizzazione dei salari e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori; il quarto punto riguardava il compito di far avanzare e sviluppare gli elementi migliori della classe proletaria così che “la classe operaia debba crearsi la propria intellettualità tecnico-produttiva”. “Ma non ci occorrono degli ingegneri, dei tecnici e dei dirigenti qualunque”, disse Stalin. “Ci occorrono dei dirigenti, degli ingegneri e dei tecnici tali che siano capaci di comprendere la politica della classe operaia del nostro paese, capaci di assimilare questa politica e disposti a realizzarla coscienziosamente. Ma che cosa significa ciò? Ciò significa che il nostro paese è entrato in una fase del suo sviluppo tale che la classe operaia deva crearsi la sua propria intellettualità tecnico-produttiva, capace di difendere i suoi interessi nella produzione, in quanto interessi della classe dominante”. Stalin fa poi notare che l’intelligencija tecnico-produttiva non deve essere reclutata soltanto tra le persone di istruzione più elevata, ma anche “tra i pratici delle nostre aziende, tra gli operai qualificati, tra gli elementi colti della classe operaia nell'officina, nella fabbrica, nella miniera. […] Il nostro compito consiste nel non respingere questi compagni pieni d'iniziativa, ma nello spingerli più arditamente ai posti di direzione, nel dare loro la possibilità di manifestare le loro capacità organizzative e di completare le loro conoscenze, nel creare loro un ambiente adeguato, senza lesinare il denaro [corsivo nostro]”.
Il quinto punto riguarda gli ingegneri e i tecnici delle vecchie scuole. Stalin disse che l’Unione Sovietica doveva fare un uso maggiore di quelle forze tecniche. C’è un nuovo atteggiamento mentale da parte dell’intelligencija borghese, dice Stalin. Molti dei vecchi intellettuali che un tempo simpatizzavano con i sabotatori ora si sono avvicinati ai soviet.

Se, nel periodo in cui infieriva il sabotaggio, il nostro atteggiamento verso la vecchia intellettualità tecnica si esprimeva prevalentemente in una politica che tendeva a sgominarla, oggi, nel momento in cui si compie una svolta di questi intellettuali verso il potere sovietico, il nostro atteggiamento nei loro confronti deve esprimersi prevalentemente in una politica di attrazione e di sollecitudine per questi elementi. […] Sarebbe sciocco e irragionevole considerare oggi ogni specialista e ogni ingegnere della vecchia scuola quasi come un criminale e un sabotatone non ancora preso in flagrante. (Stalin, “Nuova situazione, nuovi compiti dell’edificazione economica”, Opere scelte, p. 733)

Il sesto punto riguarda l’introduzione di un rendimento commerciale più efficace e la necessità di “aumentare l'accumulazione all'interno dell'industria”.
L'effetto del discorso fu di ravvivare le forze in tutta l’Unione Sovietica. Erano suggerimenti pratici che mostravano la strada per migliorare il lavoro nell’industria e nell’agricoltura. Rivelarono un nuovo punto di vista, confermando l’affermazione precedente di Stalin secondo cui non c’era fortezza che i bolscevichi non potessero conquistare. Un brivido di gioia attraversò la terra dei soviet, perché in quel discorso milioni e milioni di lavoratori e ingegneri videro in incoraggiamento per il loro lavoro e la profonda convinzione che l’importante obiettivo del piano quinquennale poteva essere raggiunto.
Ma cosa avevano da dire i trotskisti americani sul discorso di Stalin? Videro in esso un passo indietro. “Non c’è dubbio che l’intero spirito della nuova politica di Stalin, l’adozione formale e ufficiale della quale è naturalmente una conclusione rinunciataria, segna un nuovo passo indietro dalla politica rivoluzionaria del tempo di Lenin”, scrive il Militant l’11 giugno 1931. Perché sia un passo indietro, i trotskisti non lo sanno spiegare. In che cosa differisca dalla politica di Lenin, tranne che ha a che fare con nuovi problemi in una nuova fase di sviluppo, è ugualmente difficile da scoprire.
Ma questi trotskisti hanno scoperto un gancio a cui fissare le loro calunnie. “Il socialismo”, dice il Militant, “non può essere costruito da specialisti borghesi. Neppure la fondazione di un’economia socialista può essere tracciata da loro. Possono essere di grande aiuto, ma l’obiettivo principale richiede il sincero entusiasmo dell’iniziativa collettiva, l’attività e la partecipazione delle masse proletarie”.
Sembrerebbe che Stalin, l’iniziatore della competizione socialista, sia contro l’iniziativa collettiva e la partecipazione del proletariato. L’élite trotskista suppone che i suoi lettori non abbiano letto il discorso di Stalin.
Questo è il genere dei loro attacchi contro l’Unione Sovietica. Un’azione intesa a favorire la costruzione del socialismo, che segnò un decisivo passo avanti nel completamento del piano quinquennale, è descritta come una resa alla borghesia, come un passo indietro.
E questo succede ogni giorno.
Il loro atteggiamento nei confronti dell’Internazionale Comunista è esemplificato da quello verso l’Unione Sovietica. Quando il proletariato mondiale celebrava la nuova vittoria raggiunta dalla dittatura del proletariato attraverso il riconoscimento del governo sovietico da parte di quello degli Stati Uniti, i trotskisti si unirono ai socialdemocratici di ogni sorta e alla borghesia nel descrivere il riconoscimento come una resa da parte dell’Internazionale Comunista. I termini dell’accordo tra Litvinov e Roosevelt, che seguivano esattamente la linea tracciata da Lenin nel 1919 per simili problemi dell’epoca, furono interpretati come segni che il governo sovietico accettasse di abbandonare le attività comuniste negli Stati Uniti. In questo modo i trotskisti erano d’accordo con la posizione borghese secondo cui il governo sovietico e il Comintern sarebbero la stessa cosa; in secondo luogo, cercarono di interpretare una vittoria del proletariato mondiale come una sconfitta.
I ruoli erano ben divisi. Trockij assicurò ipocritamente alla borghesia americana attraverso il New Republic che non aveva nulla da temere dal riconoscimento sovietico, mentre i trotskisti americani insistettero sul “tradimento” del comunismo da parte del Comintern.
Scrisse Trockij:

Quanto più decisamente la burocrazia sovietica si è trincerata sulla posizione di un socialismo nazionale, tanto più la questione della rivoluzione internazionale, e il Comintern con essa, sono stati relegati sullo sfondo. […] L’attuale governo sovietico tenta in ogni modo di garantire la propria sicurezza interna contro i rischi legati non solo alle guerre ma anche alle rivoluzioni. La sua politica internazionale è stata trasformata da una politica internazionale rivoluzionaria a una conservatrice. (Lev Trockij, The New Republic, 1 novembre 1933)

Scrisse il Militant il 21 ottobre 1933:

Il Comintern è morto per quanto riguarda la rivoluzione. […] Il Comintern attuale è un costoso apparato per l’indebolimento dell’avanguardia proletaria. Questo è tutto! Non è in grado di fare di più. […] Il Comintern, come apparato centrale, è diventato un ostacolo al movimento rivoluzionario.

I trotskisti danno il loro supporto alla menzogna borghese secondo cui il Comintern sarebbe un’agenzia del governo sovietico, che detterebbe direttamente la politica dei partiti comunisti nei paesi capitalisti. Questo è uno dei molti modi in cui aiutano la reazione.
Le loro invettive contro il Comintern non devono essere intese come un’espressione del loro dispiacere per il lento progresso della rivoluzione mondiale. Il fatto che è che maggiori sono i risultati dell’Unione Sovietica e le ondate dei movimenti rivoluzionari in tutto il mondo tanto più i trotskisti gridano che l’Unione Sovietica sarebbe in fase di collasso e il Comintern sarebbe “morto”.
Naturalmente l’atteggiamento dei trotskisti verso il Partito Comunista degli Stati Uniti è dettato dagli stessi sentimenti. Proprio nel momento in cui il Partito Comunista degli USA doveva fare progressi, nel momento in cui esso si mise alla testa di ampie masse di disoccupati, dando forma alle loro richieste e guidandole in numerose lotte per il pane e l’assistenza sociale contro la disoccupazione, nel momento in cui si legava sempre più agli scioperi di massa dei lavoratori delle industrie di base, formandone l’avanguardia più militante e consapevole, nel momento in cui il Partito stava iniziando a funzionare come un vero partito comunista che ispirava fiducia persino ad ampi settori della piccola borghesia e impauriva la classe dominante, i trotskisti ebbero questo da dire in proposito:

Il Partito Comunista degli Stati Uniti, in generale, può registrare solo stagnazione e recessione. […] La dirigenza imposta sul Partito alle sue spalle durante il Settimo Congresso ha mostrato una tragica bancarotta in tutti i campi. [La dirigenza del Partito fu regolarmente eletta a un congresso di delegati regolarmente eletti in tutte le sezioni del Partito, nelle conferenze di sezione e di distretto, dopo due mesi di discussione sui problemi del giorno, sul programma e sulle tattiche del Partito. – M.J.O.] La crisi nella dirigenza del Partito Comunista ha assunto un carattere permanente, acutizzandosi in proporzione all’aumento delle possibilità di successo. [Proprio in quel periodo la dirigenza del Partito si guadagnava la fiducia dei militanti in una proporzione mai conosciuta nella sua storia. Per la prima volta era stata fissata una vera comprensione e una reciproca fiducia tra la dirigenza e la base del Partito. Questo si espresse in un nuovo spirito di fiducia ed entusiasmo tra i membri. – M.J.O.] I membri sono governati come servi politici, il regime è sempre più meccanizzato; ogni vita interna libera e vitale, ogni iniziativa, ogni indagine e discussione sui problemi vitali è soffocata appena si manifesta. [Era il periodo in cui l’ondata di scioperi di massa (ai quali il Partito partecipava) e il movimento dei disoccupati (che il Partito aveva innescato, organizzato e guidato) necessitavano della più ampia discussione sui nuovi compiti del Partito, sui nuovi metodi di lavoro da applicare e sull’iniziativa dal basso da stimolare. Fu proprio in quel momento che nuova linfa vitale fu iniettata nelle unità di base del Partito, e per la prima volta in molti anni ci fu un’autentica, pulsante vitalità che permeava molte sezioni del Partito. – M.J.O.] Ai membri viene insegnato un disprezzo reazionario per le considerazioni teoriche e viene invece instillata una volgare “praticità”. Viene detto loro, in effetti, di fare il lavoro assegnato senza riflettere o discutere. [Negli ultimi anni, soprattutto dopo l’unificazione del Partito nel 1929, la vendita della pubblicistica è decuplicata. Le opere fondamentali di Marx, Engels e Lenin sono state distribuite tra i membri del Partito e i lavoratori in generale nell’ordine di centinaia di migliaia. Sono state pubblicate intere biblioteche di opuscoli su ogni fase della vita americana e internazionale. I problemi del Partito, in primo luogo la necessità dello studio teorico, vengono discussi non solo al chiuso delle sezioni ma anche agli incontri pubblici dei membri, ai quali tutti i lavoratori sono ammessi. Mai prima d’ora il Partito aveva svolto una vita ideologica così intensa. – M.J.O.] Sono costantemente colti di sorpresa da nuove “svolte”, nelle quali la vecchia politica viene gettata via senza spiegazioni mentre viene giustificata quella nuova. [Se il Partito non si adattasse alle nuove situazioni, i trotskisti direbbero che è stagnante; quando si adatta al cambiamento delle condizioni, parlano di “svolte improvvise”. – M.J.O.] (“Tesi per la discussione pre-congressuale”, The Militant, 25 luglio 1931)

Dopo aver letto i trotskisti che parlano di burocratismo e “stagnazione”, un lettore sprovveduto concluderebbe naturalmente che quelli sono bolscevichi che desiderano soltanto far avanzare la causa della rivoluzione. Niente del genere. Rivelano la loro natura in questa “richiesta” al Partito:

Il Partito deve abbandonare la sua analisi esagerata della tempistica dello sviluppo della classe lavoratrice e adattare il suo corso all’autentico rapporto di forze nella lotta di classe e all’andamento del suo sviluppo. Il Partito deve infine sbarazzarsi del fardello disastroso dei resti del “terzo periodo” e in particolare della teoria del “social fascismo”. (Ibid.)

Ecco il punto. Il Partito sopravvaluta la tempistica dello sviluppo rivoluzionario negli Stati Uniti. I trotskisti non credono che questo sviluppo esista. Nel 1931, due anni dopo l’inizio della crisi, negano la possibilità dell’insurrezione rivoluzionaria. Ribadiscono che il terzo periodo non esiste. Non c’è radicalizzazione, secondo loro. Più di ogni altra cosa sono sdegnati che il Partito chiami Waldmans, Solomons, Lees, Cahans, Pankens e gli altri reazionari alla guida del Partito Socialista “social-fascisti”. Cannon non crede che siano tali, pensa che siano buoni socialisti. Il Partito non rende loro giustizia.
Prima delle elezioni i trotskisti “supportano” ipocriticamente il Partito Comunista. Scrivono sul loro Militant: “Votate comunista”. Nello stesso articolo spiegano che il voto serve a mostrare “quanto negativamente le politiche e i programmi erronei dello stalinismo abbiano respinto questa svolta a sinistra”. In altre parole, fanno appello ai votanti per mostrare che i comunisti si sbagliano. Come possono mostrarlo? Naturalmente, astenendosi dal votare il programma comunista.
La chiamano “strategia”. La strategia dei rinnegati.
Le attività pratiche dei trotskisti si limitano principalmente all’interferenza di esili gruppetti nei compiti dei lavoratori sotto la guida comunista, che siano gli scioperi, il movimento dei disoccupati, manifestazioni o marce per la fame. Ecco un esempio.
Il Partito Comunista organizza una marcia della fame nazionale per la fine del novembre 1932. Questa marcia è un vero fronte unito. I delegati sono eletti alle riunioni dei consigli sindacali, nei consigli dei disoccupati, negli incontri di massa, nelle conferenze di massa dei lavoratori. La stragrande maggioranza dei delegati non fa parte del Partito. Molti di loro partecipano per la prima volta ad azioni di massa. I trotskisti, che pubblicamente fanno appello al fronte unito, sono presenti per spargere un po’ di veleno riguardo alla marcia. Che cosa hanno da dire? Semplicemente che i leader della marcia non un’indennità di disoccupazione. “Aiuti immediati devono sostituire i sussidi per la disoccupazione come parola d’ordine principale”, così interpretano il movimento. Il loro obiettivo è mostrare che la marcia non deve essere supportata. La chiamano “un lavoro comunista subordinato e ausiliario”, lasciando così intendere che non meriterebbe un autentico supporto. (The Militant, 5 novembre 1932).
Queste sono le tattiche dei trotskisti. Questo è il valore della loro retorica sul fronte unito.
Non si può dire che abbiano avuto un ruolo negli scioperi degli anni scorsi. Solo in casi isolati, grazie al tacito assenso dei leader dell’AFL, singoli trotskisti si inserirono negli scioperi in corso, solo per mettere in pratica le politiche dei riformisti. Nello sciopero all’azienda tessile Paterson del settembre-ottobre 1933, che fu tradito dai lovestoniani Keller e Rubenstein, la partecipazione die trotskisti si espresse principalmente nella collaborazione con i burocrati sindacali. I comunisti furono definiti divisori e traditori, mentre Keller e Rubenstein vennero descritti come autentici combattenti.
In un caso riuscirono ad assumere il ruolo di guida di uno sciopero: fu nello sciopero dei camionisti a Minneapolis nell’estate del 1934. Tre trotskisti, Brown, Dunne e Skoglund, erano i leader della sezione 574 della General Drivers’ Union, sotto i cui auspici fu condotto lo sciopero. Questi leader volsero lo sciopero in una direzione tipicamente riformista.
I padroni stavano cercando di diffondere la “paura rossa”. I dirigenti della sezioni 574, invece di spiegare ai lavoratori il significato di quella paura, negarono di essere comunisti. Su un volantino distribuito durante lo sciopero leggiamo:

Non lasciate che la paura rossa vi impedisca di venire a questo incontro. Se siamo “rossi” e “comunisti”, perché non abbiamo spinto l’industria del petrolio verso lo sciopero mentre la gran parte della nostra organizzazione lo è già?

Ciò fu in seguito lodato dal Militant come un tentativo di “affrontare direttamente la questione”.

A Frisco il grido del comunismo ha causato una profonda lacerazione nel fronte dello sciopero. A Minneapolis è stato un fiasco completo. I leader hanno affrontato direttamente la questione. Non si sono precipitati a negare le accuse, né hanno urlato le loro opinioni al mondo intero. (The Militant, 25 agosto 1934)

C’era la questione della legge marziale in relazione a quello sciopero. Il governatore del Minnesota Olson dichiarò la legge marziale a Minneapolis. I padroni, organizzati nell’Alleanza dei Cittadini, lottarono contro la legge marziale perché non volevano che Olson avesse troppo potere e perché credevano che la polizia locale fosse sufficiente per occuparsi dello sciopero. L’Alleanza dei Cittadini fece appello per un’ingiunzione contro la legge marziale. L’amministrazione era irremovibile riguardo alla sospensione della legge. I trotskisti la sostennero. Brown, presidente della sezione 574, dichiarò: “Naturalmente ci fa piacere vedere che la decisione del governatore riguardo alla legge marziale è stata confermata. Credo che la decisione contribuisca allo sviluppo delle condizioni che possono far terminare questo sciopero”.
I trotskisti partivano dal presupposto che Olson, essendo laburista e proprietario terriero, non rappresentasse veramente il capitalismo, che fosse una sorta di individuo neutrale che poteva oscillare da una parte o dall’altra.
La continuazione della legge marziale significava la sconfitta dello sciopero. Invece di combatterla proseguendo con i picchettaggi di massa e facendo appello ad altre industrie per il supporto ai camionisti, i trotskisti si affidarono a Olson.
C’erano grandi aspettative per uno sciopero generale a Minneapolis. Il Partito Comunista avanzò l’idea di una conferenza unita del lavoro che avrebbe dovuto decidere sulla questione di uno sciopero generale “con l’obiettivo di lottare per il diritto dei lavoratori di unirsi a sindacati di loro scelta, per il diritto al picchettaggio, per la libertà di parola e di riunione, per la libertà dei nostri fratelli detenuti e l’abrogazione delle leggi militari che minacciavano di schiacciare lo sciopero”. I comunisti si rifecero all’esperienza di San Francisco, dove uno sciopero generale aveva colpito quasi tutte le attività economiche per cinque giorni. Dissero: ciò che è stato fatto a San Francisco può essere fatto a Minneapolis. I trotskisti dovettero affrontare una straordinaria approvazione dello sciopero generale da parte dei lavoratori che non potevano rifiutare di punto in bianco. Lo fecero, rimandando la questione ai dirigenti dell’AFL nel Minnesota.
Scrisse l’Organizer, l’organo ufficiale dello sciopero, il 18 agosto 1934:

In vista dell’attacco concentrato alla sezione 574 da parte di tutte le forze del capitale, i lavoratori sono pronti a mettere in pratica tutte le loro risorse [cioè dichiarare lo sciopero generale – M.J.O.]? Questo è il problema. La risposta dipende prima di tutto dai dirigenti delle organizzazioni operaie di Minneapolis, e in secondo luogo dai militanti dei sindacati che hanno il potere di decidere.

“I dirigenti delle organizzazioni operaie” erano i riformisti dell’Unione Centrale del Lavoro di Minneapolis, che si opponevano strenuamente allo sciopero generale.
Lo sciopero generale fu schiacciato. Le richieste dei camionisti non furono soddisfatte, anche se i lavoratori avevano il potere di esigere concessioni dai padroni.

***


Qual è il ruolo dei trotskisti? Si nascondono dietro frasi rivoluzionarie. Fanno credere di essere terribilmente preoccupati per il progresso della rivoluzione mondiale. In realtà ostacolano il movimento rivoluzionario con la loro propaganda e le loro tattiche. Questo esiguo gruppo di piccoli borghesi scontenti ha un solo obiettivo: screditare la teoria e la pratica rivoluzionarie.
Il seguente passaggio di una delle “tesi” trotskiste si adatta perfettamente agli autori. “L’obiettivo dell’opposizione di sinistra”, dicono, “non è l’organizzazione di un nuovo partito di elementi semi-riformisti, semi-sindacalisti, demoralizzati, passivi e screditati a margine del movimento comunista”. I trotskisti danno inconsapevolmente un’ottima descrizione di se stessi. Questa gente prova soltanto odio: odio per i vivi movimenti rivoluzionari delle masse, odio per un Partito Bolscevico organizzato che guida il movimento rivoluzionario, odio per il centralismo democratico che garantisce il massimo della forza con la massima iniziativa dal basso nel Partito, odio per il prototipo del bolscevismo, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, odio per i dirigenti di quel Partito e odio per l’Internazionale Comunista.
In nome del “comunismo” parlano la stessa lingua di Hamilton Fish, Matthew Woll, William Randolph Hearst e Abraham Cahan.
Scrive il Militant del 10 febbraio 1934:

Il fatto è che se nella lotta per il potere i fascisti hanno preso molto dal bolscevismo, allora nell’ultimo periodo la burocrazia sovietica si è familiarizzata con molti tratti del fascismo vittorioso, prima di tutto sbarazzandosi del controllo del Partito e imponendo il culto del leader.

Con fare innocente i trotskisti chiedono: perché c’è una dittatura così “dura” in Unione Sovietica? Ci avevano detto, sostengono, che il socialismo significa l’abolizione delle classi. Quindi non dovrebbero esserci più nemici interni. Ma allora perché un governo così forte?

La durezza della dittatura è causata dalla necessità di sopprimere la resistenza delle classi dominanti rovesciate e di minarne le radici economiche. Ma secondo la teoria ufficiale il compito fondamentale dello Stato dei lavoratori è quasi del tutto raggiunto. Il secondo piano quinquennale dovrà soltanto completarlo.

Eppure,

Il secondo piano quinquennale […] non prevede affatto una mitigazione della coercizione di governo né una diminuzione dei finanziamenti alla GPU. La burocrazia al potere non si prepara minimamente a cedere le posizioni di comando; al contrario, le rifornisce di garanzie nuove e più sostanziali. (The Militant, 10 febbraio 1934)

Quando furono scritte queste righe i trotskisti americani mantenevano un contatto diretto con il “centro leningradese” dal quale venne l’assassinio di Kirov, oppure era soltanto a conoscenza della sua esistenza? Ce lo chiediamo.
Una cosa sembra certa: quando protestano contro la “burocrazia al potere”, contro la GPU, contro quella che chiamano “coercizione”, quando sono scontenti della disciplina che esiste, come dicono, “anche all’interno del quadro formale del Partito”, quando esagerano sulla “durezza” della dittatura del proletariato dicendo che non era mai stata così nemmeno “durante gli anni delle guerra civile”, parlano a nome di se stessi. Vorrebbero che la dittatura del proletariato fosse debole, così da permettere ai sabotatori trotskisti di fare il loro sporco lavoro indisturbati.
Quando ricevono un colpo, quando vedono che la giustizia sovietica può essere spietata contro il nemico di classe, mandano avanti James P. Cannon a proporre un’azione.

Noi affermiamo che i metodi attuali della leadership di Stalin […] stanno sferrando un colpo mortale alla stessa Rivoluzione russa. Il gruppo stalinista guiderebbe l’Unione Sovietica, come ha guidato i lavoratori tedeschi, verso la catastrofe. La classe operaia internazionale è l’unica forza al mondo che può impedire questa catastrofe. Deve farlo nel suo stesso interesse, così come nell’interesse della Rivoluzione russa.
La classe operaia internazionale deve correre subito in aiuto dell’Unione Sovietica contro i pericoli mortali che la minacciano dall’interno. (The Militant, 22 dicembre 1934)


Lasciando perdere tutte le dichiarazioni di amicizia per la “Rivoluzione” in astratto e per la “classe operaia” in generale, che cosa significa questo sproloquio? È un appello all’azione. Prepara le menti dei lavoratori per il supporto all’intervento in Unione Sovietica. Fa credere al lettore che qualunque cosa sia meglio del governo del Partito Comunista in Unione Sovietica.
Da questo alla decisione da parte di qualche seguace esaltato di uccidere i leader della Rivoluzione non c’è che un passo.

***


I gruppi e i partiti politici dovrebbero essere giudicati non dalle parole ma dalle azioni, ci ha detto Lenin molte volte. Le azioni supreme dei trotskisti americani rivelano la loro natura. Si fusero con i seguaci di Muste nel Partito dei Lavoratori degli Stati Uniti.
Chi è Muste? Citeremo i trotskisti stessi. Sul Militant del 4 luglio 1931 parlano della “posizione intrinsecamente riformista del progressismo di Muste”. Dopo la fondazione da parte di Muste della Conferenza per l’Azione Progressista del Lavoro, il Militant scrisse questo in un editoriale. Prima di tutto elencava alcuni nomi, uno dei quali era un ex seguace di Lovestone “che ha rinunciato persino a quella tenue varietà di comunista per strisciare verso la CPLA”, poi un altro che era stato espulso dal Partito Comunista e da allora si era impegnato a difendere il regime di Hillman dall’accusa di ingannar ei lavoratori, e poi lo stesso Muste, “il leader degli pseudo-progressisti nel movimento operaio”, e poi continuava così:

Questi sono elementi senza una casa politica, i classici esponenti centristi che tentano di ripetere oggi gli esperimenti farseschi fatti un decennio fa con la formazione dell’“Internazionale due e mezzo”. Che gli esponenti del nuovo partito guardino ai recenti tentativi dei leader della “sinistra” del Partito Laburista Indipendente Britannico per costruire una nuova Internazionale non può essere messo in dubbio nemmeno per un istante. È ugualmente certo che a una seconda edizione dell’Internazionale due e mezzo, compresa una sua “sezione” americana, seguirà una ritirata nel campo della socialdemocrazia di cui è un’emanazione [corsivo nostro]. Nessun altro destino è riservato ai politici piccolo-borghesi che tentano di allungare una breve esistenza indipendente sulla base dell’insoddisfazione dei lavoratori verso la socialdemocrazia. (The Militant, 8 agosto 1931)

La Conferenza di Muste fu in seguito trasformata nel Partito dei Lavoratori Americani. Si aggiunsero ad esso numerosi individui scontenti che si definivano comunisti ma il cui comunismo consisteva in sostanza nella lotta ideologica contro il marxismo-leninismo. Tra loro c’era Max Eastman, l’autore di libri antimarxisti; c’era Sidney Hook il cui libro su Marx è una grossolana deformazione del marxismo; c’era V.F. Calverton che per molti anni aveva pubblicato riviste antimarxiste, eccetera.
Il Partito dei Lavoratori Americani venne formato aggiungendo questi individui alla Conferenza per l’Azione Progressista del Lavoro. L’anima del nuovo “Partito” rimase il blando riformista Muste, il cui ruolo nei sindacati consisteva nel collaborare con i peggiori burocrati sindacali e ricoprire le loro azioni con una fraseologia progressista.
Alla fine del 1934 il gruppo trotskista si unì al Partito dei Lavoratori Americani. Si fuse con il gruppo di Muste formando il Partito dei Lavoratori degli Stati Uniti. Cannon lodò la fusione. Sul Militant del 17 novembre 1934 si disse certo che la formazione di questo “partito” avrebbe portato all’unità comunista. “Il caos e la disintegrazione lasceranno il posto a un chiaro schieramento di partiti: i socialdemocratici, gli stalinisti (centristi) e il partito del marxismo rivoluzionario”.
Il partito del marxismo rivoluzionario è quello che consiste in Cannon più Muste, Eastman, Hook, Calverton e alcuni intellettuali che non sono mai stati marxisti.
I gruppi politici si riconoscono dalle azioni.
I trotskisti si sentivano troppo insignificanti. Come la vacca magra del faraone, si “mangiarono” il gruppo di Muste “e non si poteva ignorare che l’avevano fatto”. Si vantano di aver consolidato il “marxismo rivoluzionario”. È una smorfia da clown. Il nuovo “partito” non è altro che una formazione alla “Internazionale due e mezzo”. Che presto o tardi si sistemerà sulle ginocchia della Seconda Internazionale è dimostrato dall’esempio del gruppo trotskista in Francia, che si è unito al Partito Socialista Francese.

***


Un esempio di veracità trotskista.
Una delle prime azioni del Partito dei Lavoratori degli Stati Uniti fu di celebrare l’anniversario della morte di Lenin con un volantino, Il testamento di Lenin. Questo pezzo di calunnia trotskista, che descrive lo “stalinismo” come “rozzo, infido e burocratico”, riproduce quello che viene spacciato per un autentico documento scritto da Lenin nel 1923 e “soppresso” dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Nel documento si legge che Trockij sarebbe più adatto come segretario generale del Partito rispetto a Stalin, che è “troppo rude”.
A proposito del “testamento di Lenin” Trockij, mentre era ancora membro del Partito, disse questo in un articolo intitolato “Trockij rimprovera Eastman” e pubblicato sul Daily Worker di New York l’8 agosto 1925:

Lenin non h lasciato nessun “testamento”, e lo stesso carattere dei suoi rapporti col Partito, come il carattere del Partito stesso, escludevano la possibilità di un tale “testamento”. La stampa dell’emigrazione, la stampa estera borghese e quella menscevica di solito ricordano come “testamento” una lettera di Lenin (tanto alterata da essere irriconoscibile) contenente consigli di carattere organizzativo. […] Qualsiasi chiacchiera sull’occultamento o sulla violazione del “testamento” è una maligna invenzione ed è interamente diretta contro l’effettiva volontà di Lenin e gli interessi del Partito da lui creato.

Quando era nel suo interesse prendere le distanze da un “discepolo” come Max Eastman (il cui libro Dopo la morte di Lenin era fetore al naso di ogni rivoluzionario) Trockij scrisse un articolo sprezzante per confutare la leggenda del testamento di Lenin che si chiudeva con queste parole: “il libercolo [di Eastman] può servire soltanto ai peggiori nemici del comunismo e della Rivoluzione. Costituisce perciò oggettivamente un’arma della contro-rivoluzione” (Ibid.). Quando è nell’interesse di Trockij esibire la propria ampia influenza, Eastman diventa uno dei pilastri del nuovo “partito del marxismo rivoluzionario” e la “maligna invenzione” è spacciata per il testamento di Lenin. Ora Trockij pubblica un opuscolo per mostrare che il “testamento” era autentico.
Questi controrivoluzionari si sono talmente invischiati in una rete di menzogne e falsità che non possono fare una singola mossa senza perfidia.
Lenin disse: “Trockij vive sempre con i pettegolezzi”, “Trockij inganna i lavoratori nella maniera più ipocrita e svergognata”.
Discutendo del “testamento” di Lenin alla Sessione Plenaria del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo del Partito Comunista dell’Unione Sovietica nell’ottobre 1927, Stalin fece notare il fatto che il documento non era un “testamento” ma una lettera inviata da Lenin al Tredicesimo Congresso del Partito Comunista, che la lettera era stata letta al Congresso e che quest’ultimo aveva deciso all’unanimità di non pubblicarla, tra le altre ragioni perché Lenin stesso non desiderava né aveva chiesto la pubblicazione. Simili lettere inviate da Lenin a funzionari e conferenze di Partito non erano rare. Le lettere venivano lette da coloro a cui erano rivolte, e non c’era “occultamento”. La questione del “testamento” di Lenin era stata affrontata ripetutamente alla Sessione Plenaria, disse Stalin in quell’occasione; delle grida si levarono dalla platea: “decine di volte”. Certamente il Partito non trascurò la lettera in questione.
Riguardo ai contenuti della lettera, Stalin fece notare che il Partito non aveva motivo di esserne insoddisfatto o di nasconderla, perché in realtà annichiliva tre leader dell’opposizione, mentre a proposito di Stalin nominava soltanto la sua “rudezza” ma non trovava errori nella sua linea politica. Stalin citò questo passaggio della lettera di Lenin:

Non mi dilungherò sulle caratteristiche personali degli altri membri del Comitato Centrale. Ricordo soltanto che l’episodio di ottobre di Zinov’ev e Kamenev [l’opposizione alla presa di potere – M.J.O.] non è naturalmente dovuto al caso, ma lo si può ascrivere a loro colpa personale tanto poco quanto a Trockij il suon non bolscevismo.

Stalin attira l’attenzione della Sessione sul fatto che

nel “testamento” non vi sia né una parola, né un accenno agli errori di Stalin. Si parla solo della rudezza di Stalin. Ma la rudezza non è né può essere un difetto della linea o della posizione politica di Stalin. (Stalin, “L’opposizione trotskista ieri e oggi”, Opere complete, vol. X, p. 189)

Sul suggerimento di Lenin di “togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, eccetera”, Stalin disse:

È assolutamente vero. Sì, io sono rude, compagni, nei riguardi di coloro che in modo rude e perfido distruggono e scindono il Partito. Questo non l’ho nascosto, né lo nascondo. […] Alla prima seduta dell’assemblea plenaria del CC dopo il XIII Congresso [nel 1924] ho chiesto all’assemblea plenaria del CC di esimermi dalla carica di segretario generale. Il congresso stesso ha discusso la questione. Ogni delegazione l’ha discussa, e tutte le delegazioni, all’unanimità, compresi Trockij, Kamenev e Zinov’ev, hanno imposto al compagno Stalin di restare al suo posto.
Che cosa potevo dunque fare? Fuggire dal mio posto? Non è nel mio carattere; non sono mai fuggito da nessun posto e non ho il diritto di farlo, poiché questa sarebbe una diserzione. Come ho già detto prima, non sono libero di disporre di me; quando il Partito impone una cosa devo sottomettermi.
Un anno dopo ho di nuovo chiesto all’assemblea plenaria di essere esonerato dalla carica, ma di nuovo mi è stato imposto di restare.
Che cosa dunque potevo fare? (Ibid., p. 188)


La “quarta internazionale” di cui ora predicano i trotskisti è solo una somma delle caratteristiche principali dell’avanguardia controrivoluzionaria.
I trotskiski “dovrebbero cominciare a negoziare apertamente con le organizzazioni socialiste di sinistra”, disse Cannon nell’ottobre 1933 adeguandosi al programma del suo maestro. Le negoziazioni ebbero successo. In Francia i trotskisti si unirono al Partito Socialista per rafforzarlo in un’epoca in cui le masse di lavoratori si spostavano a sinistra. L’obiettivo dei trotskisti è rendere il Partito Socialista Francese più attraente per i lavoratori. “Se il Partito Comunista tenta di disorganizzare quello Socialista”, scrive il loro organo, la Voix Communiste n. 38 del 1934, “allora solo le nostre idee e i nostri metodi potranno innestare un nucleo rivoluzionario nel Partito Socialista, permettendogli di resistere alla rovina assoluta”. I trotskisti vogliono essere la tinta rosa sopra il contenuto giallo della leadership della Seconda Internazionale che impedirà ai lavoratori di unirsi ai ranghi del movimento rivoluzionario.
All’autentica maniera di Trockij, la fusione del gruppo trotskista con il partito della Seconda Internazionale viene salutata come un fattore progressista.

Noi marxisti dobbiamo ammettere che in questo momento la fusione dei due partiti sarebbe progressista non rispetto alle parole d’ordine di Lenin del 1914, non rispetto al Congresso di Tours, ma rispetto alla situazione attuale. Perciò la fusione di entrambi i partiti significherebbe la possibilità di un nuovo inizio. Questa è l’essenza dell’intera questione.
[…]
Il movimento della classe lavoratrice è stato guidato verso un’impasse storica […] e l’inizio dell’impasse, la “capitolazione”, si trasforma in un fattore progressista. (The Communist International, n. 21, 5 novembre 1934)


In un momento in cui le masse di lavoratori socialisti sono insoddisfatte dalle politiche della Seconda Internazionale e si uniscono al fronte unito dell’azione militante con i comunisti, i trotskisti tentano di ritornare all’epoca precedente al 1914, per un “nuovo inizio”. Come se in questi vent’anni non fosse successo nulla. Come se si potesse riportare indietro l’orologio della storia.
Vediamo ora chi c’è nella “quarta internazionale”. Il gruppo trotskista tedesco, che non fu mai forte, si sciolse nel 1933. Nel suo giornale, Die Permanente Revolution, affermò che tutte le stime di Trockij sull’Unione Sovietica, la Germania e la Spagna si erano rivelate sbagliate. Non c’è alcun gruppo trotskista tra gli émigré tedeschi, per non parlare della Germania vera e propria. C’è un piccolo gruppo in Inghilterra, del tutto insignificante. C’è il gruppo francese che è unito in matrimonio con il Partito Socialista. C’è il gruppo americano che è unito con Muste. Vorrebbero portare con loro nella quarta internazionale l’intero Partito Socialista Francese. Proveranno a portare con loro nella quarta internazionale il Partito dei Lavoratori degli Stati Uniti. Qualcuno può dubitare che sarà un’internazionale di autentici “bolscevichi-leninisti”? Forse alla quarta internazionale si unirà un altro “centro leningradese”, che sotto gli slogan di Trockij e Zinov’ev sta covando proprio ora nuove cospirazioni contro i dirigenti sovietici.
E questa accozzaglia di riformisti e degenerati trotskisti, questo mucchio di intellettuali scontenti che aspirano a essere leader mondiali, questo misto di sentimenti, desideri, opinioni e “programmi” ripieni di ipocrisia, che mascherano il riformismo con frasi “rivoluzionarie” e “marxiste” altisonanti, impegnati a dire cose del tutto diverse da quelle che in realtà i leader credono, questa truffa che insozza soltanto il nome “comunista” è spacciata per l’organo internazionale destinato a strappare i lavoratori del mondo all’Internazionale Comunista.
Qui un’analogia storica non è inappropriata. Tra il 1912 e il 1914 Trockij sognava di unire tutte le fazioni dei menscevichi russi e alcuni bolscevichi “migliori” (quelli che sperava di separare da Lenin) in un unico grande partito di cui sarebbe stato il leader riconosciuto. Allora aveva la sua piccola fazione e pubblicava un giornale a Vienna. Si unì al blocco di numerose fazioni mensceviche noto come “blocco d’agosto”. Poi iniziò a predicare ai bolscevichi perché abbandonassero Lenin (che considerava il leader “dell’ala reazionaria” del Partito Socialdemocratico) e si unissero alla sua creatura. Il suo argomento dell’epoca somiglia molto a quello che oggi usa per spiegare la quarta internazionale. Pensava di rappresentare “tutto” il marxismo. Secondo lui i bolscevichi erano parziali, e anche i menscevichi lo erano. Soltanto lui, Trockij, era il marxista completo.
Formulò in concetto in questi termini:

La posizione basata sulla combinazione dialettica degli obiettivi riformisti e rivoluzionari sembra a entrambi [menscevichi e bolscevichi] “conciliatoria” e “un’aurea via di mezzo”. Avendo frazionato il marxismo, sono sinceramente incapaci di riconoscerlo quando appare di fronte a loro nella sua forma integrale. (Borba, n. 1, 1914)

Anche qui troviamo gli “obiettivi riformisti e rivoluzionari” combinati tra loro come nella quarta internazionale. Anche qui troviamo un appello a menscevichi e bolscevichi a non essere parziali e ad accettare Trockij come l’autentico leader del marxismo. Lenin non trovò parole abbastanza forti per criticare questa posizione:

Uomini come Trockij, con le sue frasi roboanti sul Partito Operaio Socialdemocratico Russo e le sue leccate di piedi ai liquidatori [i menscevichi di estrema destra], che non hanno nulla in comune con il POSDR, sono oggi la “piaga dei nostri tempi”. Vogliono costruirsi una carriera sulle prediche a buon mercato a proposito della “conciliazione” con chiunque, con tutti. […] In realtà essi predicano la capitolazione di fronte ai liquidatori che stanno costruendo il Partito dei Lavoratori di Stolypin[12]. (Lenin, “Risoluzione del secondo gruppo parigino del POSDR sulla situazione esistente nel Partito”, Opere complete, vol. VII, pp. 199-208)

Allora come oggi stava sorgendo l’ondata di un movimento rivoluzionario. I tempi bui che avevano seguito la Rivoluzione del 1905 stavano per finire. Era un sentore comune che i lavoratori avevano recuperato e stavano per dare il via a un nuovo ciclo rivoluzionario. I bolscevichi rivendicavano la necessità di una repubblica, la confisca delle proprietà fondiarie a favore dei contadini e la giornata lavorativa di otto ore, le richieste più estreme dell’incombente rivoluzione democratica-borghese. Allora come oggi Trockij pensava che i lavoratori non fossero pronti a lottare per le richieste estreme della rivoluzione incombente (che oggi è la rivoluzione socialista proletaria). Propose le parole d’ordine di “libertà di associazione, raduno e sciopero”, e nient’altro. Lo considerava un passo verso la lotta per una repubblica. “Perché la lotta per una repubblica non sia il vuoto slogan di pochi privilegiati”, scrisse sul suo giornale viennese, la Prava, il 29 novembre 1911, “è necessario che voi, lavoratori consapevoli, insegnate alle masse a comprendere nella pratica la necessità della libertà di associazione e a lottare per questa vitale richiesta di classe”: un’anticipazione del suo attuale consiglio alle masse perché traggano conclusioni “dalla loro logica democratica”. Commentando quelle parole d’ordine, Lenin fece notare che “la fraseologia rivoluzionaria è usata qui per mascherare e giustificare la falsità del liquidazionismo, per riempire di immondizia le teste dei lavoratori”.
Lenin chiuse così la sua descrizione di Trockij:

Con Trotskij non si può discutere sulla sostanza, in quanto egli non ha idee. Si può e si deve discutere con i liquidatori e gli otzovisti[13] convinti, ma con un uomo che gioca a nascondere gli errori sia degli uni che degli altri non si discute: lo si smaschera come diplomatico della peggiore lega. (Lenin, “Sulla diplomazia di Trockij e su una piattaforma unitaria dei partitisti”, Opere complete, vol. VII, p. 340)

Oggi lo si smaschera come rinnegato controrivoluzionario che ispira l’assassinio di dirigenti rivoluzionari.
___
[12] Pëtr Arkad’evič Stolypin, primo ministro dal 1906 al 1911, restaurò con misure autoritarie lo potere monarchico colpito dalla Rivoluzione del 1905. Fu assassinato da un rivoluzionario. [N.d.t.]
[13] Bolscevichi favorevoli al ritiro della delegazione di Partito dalla Duma. [N.d.t.]

Edited by Sandor_Krasna - 20/2/2015, 02:28
 
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