Comunismo - Scintilla Rossa

Trotskismo: controrivoluzione mascherata (1935), Moissaye J. Olgin

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Sandor_Krasna
view post Posted on 3/2/2015, 02:27 by: Sandor_Krasna
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11. La situazione tedesca e la questione del social-fascismo

Il fattore maggiore nella stabilizzazione del capitalismo dopo il primo ciclo di guerre e rivoluzioni fu la socialdemocrazia. In paesi come Germania e Austria i leader socialdemocratici si occuparono di organizzare e sostenere lo Stato capitalista contro l’assalto rivoluzionario dei lavoratori. Un socialdemocratico tedesco, Noske, affogò nel sangue la rivoluzione dei lavoratori tedeschi tra il 1918 e il 1919. I ministri socialdemocratici repressero gli scioperi, spararono alle manifestazioni dei lavoratori e imposero la legge marziale contro di loro. In Gran Bretagna un governo socialista inviò l’esercito per reprimere l’insurrezione dei popoli delle colonie. I socialdemocratici francesi presero l’iniziativa di introdurre la legge marziale imperialista. In breve, ovunque i leader della socialdemocrazia divennero parte dell’apparato statale borghese. Avanzarono l’idea che dove c’era un governo di coalizione, cioè un governo di ministri capitalisti e socialisti, ci fosse anche una transizione dal capitalismo al socialismo. Il fatto in questione è che un governo di coalizione rimane un governo capitalista, dato che non scuote le fondamenta del capitalismo, la proprietà privata e lo sfruttamento. Al contrario, serve soltanto a rafforzare il capitalismo ingannando i lavoratori con l’idea di una pacifica transizione al socialismo.
In Germania e Austria, in realtà, la socialdemocrazia aiutò la crescita del fascismo. Squadre fasciste venivano organizzate sotto la protezione di governi socialdemocratici. Le manifestazioni fasciste non erano disturbate dai capi della polizia, mentre quelle comuniste erano disperse. Alle squadre fasciste fu permesso di armarsi, mentre l’organizzazione militante dei lavoratori tedeschi, il Fronte Rosso, fu messa fuori legge. Leggi marziali e semi-marziali furono rapidamente introdotte per frenare il movimento dei lavoratori, che chiedevano un miglioramento delle loro intollerabili condizioni.
Proprio come Lenin, dopo il tradimento del proletariato da parte della socialdemocrazia all’inizio della guerra, aveva definito i leader socialdemocratici “social-patrioti” e “social-sciovinisti”, dopo i nuovi tradimenti della socialdemocrazia l’Internazionale Comunista definì i suoi leader “social-fascisti” perché aprivano la strada al fascismo.
Fu disastroso per il proletariato tedesco e del mondo intero il fatto che i leader socialdemocratici avessero fatto causa comune con il capitalismo. Fu disastroso che molti milioni di lavoratori fossero ingannati dalla fraseologia socialista dei socialdemocratici e li ritenessero autentici combattenti per gli interessi della classe lavoratrice. Fu una sfortuna il fatto che il Partito Comunista Tedesco potesse ottenere soltanto sei milioni di voti e non avesse la maggioranza della classe lavoratrice dietro di sé. Sarebbe stato meglio per i lavoratori della Germania e per la rivoluzione mondiale se le masse proletarie tedesche avessero coltivato meno illusioni sui loro leader socialdemocratici. Sarebbe stato difficile per il fascismo arrivare la potere se in Germania fosse stato organizzato un potente fronte unito.
Non si può negare che vi furono alcune debolezze nel lavoro del Partito Comunista Tedesco, ma l’opposizione al fronte unito non fu tra queste. Il Partito Comunista non riuscì a far entrare tutti i suoi membri nei sindacati riformisti, così da avere un supporto rivoluzionario più forte. Non lavorò a sufficienza nei sindacati riformisti, e questa fu la più trascurata tra le sue attività, anche se costruì l’Opposizione Sindacale Rivoluzionaria[6] con oltre 30.000 membri prima dell’avvento del fascismo. Non si radicò a sufficienza delle fabbriche e negli stabilimenti. Non fu abbastanza flessibile nell’approccio ai militanti socialdemocratici. Tutte queste mancanze furono ripetutamente sottolineate dall’Internazionale Comunista, e il Partito si sforzò molto per migliorare il suo lavoro. Come risultato la sua influenza crebbe enormemente.

Nel periodo prima che Hitler arrivasse al potere, il Partito Comunista riuscì a penetrare tra ampie masse e persino a influenzare alcuni socialdemocratici, alcuni membri dei sindacati riformisti e anche alcuni membri del Reichsbanner[7], proprio perché fu in grado di organizzare la lotta contro il decreto d’emergenza. L’autorità del Partito aumentò molto e alcuni membri dei sindacati riformisti iniziarono a partecipare agli scioperi guidati dall’Opposizione Sindacale Rivoluzionaria e dai comunisti. Così, oltre ai comunisti, al comitato per lo sciopero dei trasporti a Berlino parteciparono anche membri dei sindacati riformisti e persino alcuni nazional-socialisti. (Osip Pjatnickij, La situazione attuale in Germania, p. 20)

Il Partito Comunista Tedesco era pronto a combattere il fascismo. In effetti i comunisti combatterono le squadre fasciste per le strade in numerose occasioni, subendo i loro attacchi e quelli della polizia che, per esempio in Prussia, era comandata dai socialdemocratici e proteggeva ovunque le camicie brune.
Che i comunisti stavano lavorando per un fronte unito con i lavoratori socialdemocratici, se necessario attraverso un accordo con i leader della socialdemocrazia, può essere visto da quanto segue.
Nel 1925 il Partito Comunista propose al Partito Socialdemocratico una lotta unitaria contro il pericolo monarchico. Più tardi, quello stesso anno, vedendo che comunisti e socialdemocratici erano la maggioranza tra i membri dell’amministrazione comunale di Berlino, i comunisti proposero ai socialdemocratici un programma di azione comune per gli interessi dei lavoratori. Nel 1926 i comunisti proposero ai dirigenti socialdemocratici di partecipare a un plebiscito contro la restituzione delle proprietà alla vecchia famiglia reale tedesca. Nella primavera del 1928 il Partito Comunista propose manifestazioni unitarie per il 1° maggio. Nell’ottobre 1928 propose un’azione antimilitarista unita contro la costruzione di un incrociatore da battaglia. Tra il 1929 e il 1932 propose ripetutamente un’azione congiunta contro i tagli ai salari. Nell’aprile 1932 propose una lotta unita di tutte le organizzazioni proletarie contro i tagli ai salari.
Tutte queste proposte furono rifiutate dai socialdemocratici. Ampie masse di lavoratori risposero ad alcuni appelli comunisti per l’azione unitaria. I dirigenti socialdemocratici preferirono cooperare con i partiti capitalisti.
Quando Von Papen espulse i socialdemocratici dal governo prussiano, il Partito Comunista propose uno sciopero generale unitario per il ritiro dei decreti di emergenza e per lo smantellamento delle Sturmtruppe. Il 30 gennaio 1933, quando Hitler arrivò al potere, il Partito Comunista propose di nuovo uno sciopero generale per combattere la reazione. Nel marzo dello stesso anno, dopo il rogo del Reichstag, il Partito Comunista propose di nuovo al Partito Socialdemocratico e ai sindacati di dichiarare uno sciopero generale contro l’attacco ai lavoratori. Tutte queste proposte furono rifiutate dai socialdemocratici, che preferirono credere di poter funzionare e mantenere un minimo di potere sotto qualunque regime capitalista.
Di chi è la colpa?
Trockij dice: è colpa dei comunisti. Perché? Perché definirono i socialdemocratici “social-fascisti”. Trockij non può negare il fatto che i comunisti stessero tentando di organizzare il fronte unito. Organizzarono l’Azione Antifascista, che avrebbe dovuto unir ei lavoratori di tutti i partiti. Tentarono di organizzare il fronte unito nelle fabbriche e nei sindacati. I dirigenti socialdemocratici seminarono sfiducia nei confronti dei comunisti e del fronte unito, e questo ostacolò l’azione comunista. Trockij fece la sua parte.
Ora è scontento.
Ecco il suo asso:

Se alla definizione della sua politica il Comintern avesse sostenuto, dal 1929 o persino dal 1930 o 1931, l’obiettiva inconciliabilità tra la socialdemocrazia e il fascismo, o più esattamente tra il fascismo e la socialdemocrazia; se su questa base avesse costruito una politica del fronte unito sistematica e persistente, entro pochi mesi sarebbe stato ricoperto da una rete di potenti comitati di difesa popolare, potenziali soviet dei lavoratori. (Lev Trockij, The Militant, 10 marzo 1934)

Ma, mio caro Trockij, non c’era inconciliabilità tra socialdemocrazia e fascismo, o più esattamente tra i dirigenti socialdemocratici e il fascismo. Non c’era inconciliabilità per quanto riguardava i dirigenti socialdemocratici. Certamente non si aspettavano di venir tolti di mezzo così spietatamente. Avevano costituito una parte considerevole dell’apparato statale sotto ogni regime prima di quello di Hitler, ed erano convinti che persino sotto Hitler avrebbero mantenuto una certa quota di potere. Non importava quanto i comunisti avessero cercato di mostrare loro le conseguenze dell’ascesa del fascismo: semplicemente non ci credevano. Avrebbero detto di saperla più lunga.
Osservate il comportamento dei dirigenti socialdemocratici austriaci, che dovevano essere molto più radicali dei loro confratelli tedeschi e che conoscevano l’esperienza dei compagni tedeschi. Ascoltate la testimonianza del marxista di “sinistra” Otto Bauer, che in un’intervista al corrispondente del New York Times G. E. R. Gedye (pubblicata il 18 febbraio 1934) parlava di come i socialdemocratici austriaci fossero pronti a collaborare con il dittatore fascista Dollfuss a spese della Costituzione austriaca:

Dalla data del trionfo di Hitler in Germania (5 marzo), quando le “elezioni” per il Reichstag imposero il controllo nazista sul paese, il nostro Partito ha fatto i massimi sforzi per giungere a un accordo con il governo. […] Nelle prime settimane di marzo i nostri dirigenti erano ancora in stretto contatto personale con Dollfuss e cercarono frequentemente di convincerlo a una soluzione costituzionale. Alla fine di marzo promise personalmente al nostro leader, Dennenberg, che all’inizio di aprile avrebbe aperto i negoziati con noi per la riforma della Costituzione [per limitare la democrazia borghese secondo la volontà del fascismo]. Non mantenne mai quella promessa, perché all’inizio di aprile passò definitivamente al campo fascista […] e rifiutò di parlare con qualunque socialista. Quando disse che non poteva incontrare i leader dell’epoca, ci offrimmo di mandargli altri negoziatori. Rifiutò risolutamente. Dato che non potemmo incontrarlo di nuovo, cercammo di negoziare mediante altre persone. Onestamente, non lasciammo nulla di intentato. Avvicinammo il presidente Miklas. […] Poi tentammo con i politici clericali, che conoscevamo da molto tempo. […] Ma tutto si infranse di fronte alla cocciuta resistenza di Dollfuss, che semplicemente rifiutò di sentir parlare ancora dei socialisti. Un gruppo di socialisti religiosi si unì a un gruppo di democratici cattolici e tentò di indurre la Chiesa a intervenire. Anche quello fu inutile.

Supponiamo che a quell’epoca avessero offerto loro un fronte unito con i comunisti per lottare contro Dollfuss. Non pensavano a combattere il fascismo. Non avevano intenzione di difendere la democrazia borghese. Sentite questa preziosa ammissione di Bauer nella stessa intervista:

Ci offrimmo di fare la concessione più grande che un partito democratico e socialista avesse mai fatto. Informammo Dollfuss che se soltanto avesse fatto passare un decreto in Parlamento avremmo accettato una misura che autorizzava il governo a governare per decreto, senza il Parlamento, per due anni [corsivo nostro], a due condizioni: che una piccola commissione parlamentare, in cui il governo aveva la maggioranza, doveva essere in grado di criticare i decreti, e che una corte costituzionale, l’unica protezione contro le violazioni della Costituzione, doveva essere ripristinata.

Certamente erano pronti a spingersi molto lontano. I socialdemocratici di “sinistra” erano pronti ad accettare l’abolizione del Parlamento, a condizione che l’abolizione fosse approvata dal Parlamento (una procedura messa in pratica da Hitler in Germania). Erano pronti, dicono, ad accettare un governo senza Parlamento “per due anni”, ma è ovvio che non sarebbe stato molto difficile convincerli ad accettare un’estensione dei tempi. Erano interessati a mantenere le loro posizioni nei sindacati, nei consigli comunali, nella polizia, nel sistema giudiziario, sapendo molto bene che quelle posizioni si sarebbero ridimensionate sotto il fascismo. Si aggrapparono a un’ombra di potere in un momento in cui, secondo la loro stessa testimonianza, “l’insoddisfazione e l’agitazione dei lavoratori contro la politica conservatrice del nostro comitato di Partito cresceva mentre crescevano le provocazioni del governo. […] L’agitazione è diventata febbrile nelle ultime settimane” (Ibid.).
È per non aver indotto dirigenti del genere a organizzare un fronte unito che Trockij accusa i comunisti.
Bisogna ricordare che egli non accusa i comunisti di non aver avvicinato i lavoratori, perché sa molto bene che lo fecero e fecero ogni sforzo per convincerli a unirsi al fronte unito. Il suo asso nella manica è l’accusa che i dirigenti comunisti non abbiano fatto pace con quelli socialdemocratici.
L’argomento di Trockij a supporto della possibilità di un fronte unito con i dirigenti socialdemocratici non regge.

La socialdemocrazia non può vivere né respirare senza appoggiarsi alle organizzazioni politiche e sindacali della classe lavoratrice. Perciò è precisamente lungo questa linea che si realizza la contraddizione inconciliabile tra la socialdemocrazia e il fascismo; precisamente lungo questa linea si apre la necessità e la fase incolmabile della politica del fronte unito con la socialdemocrazia. (The Militant, 10 marzo 1934)

Questo argomento è scorretto tanto quanto la traduzione in inglese delle frasi è pessima. Gli eventi hanno dimostrato che la borghesia ricorre al fascismo quanto trova che la socialdemocrazia non sia più in grado di tenere in scacco il movimento rivoluzionario delle masse. Per questo motivo tutte le organizzazioni di massa della classe lavoratrice, anche se dominate da dirigenti socialdemocratici, vengono soppresse. Ma prima dell’avvento di Hitler i dirigenti socialdemocratici non ci credevano.
Facevano affidamento sulla democrazia borghese, sulla Costituzione di Weimar, sul rispetto tedesco per la legge e l’ordine e, ultima ma non ultima, sulla loro carriera al servizio della borghesia. Si inventarono la politica di supporto al “male minore” solo per avere uno ascusa per collaborare con la borghesia. Il loro capo della polizia di Berlino, Zoergiebel, aprì il fuoco sui lavoratori che partecipavano alla manifestazione del 1° maggio (1929), senza permesso. Il numero di vittime fu superiore a 30. I loro dirigenti approvarono una legge semi-marziale introdotta per soffocare le rivolte operaie. I loro dirigenti sostennero i tagli ai salari e la corsa agli armamenti. La socialdemocrazia sostenne i governi di Bruening, Von Papen e Schleicher. Era pronta a sostenere Hitler. Non riconobbe il governo di Hitler dopo le elezioni del 5 marzo 1933, affermando che Hitler era stato legalmente nominato da Hindenburg e gli era stato dato un chiaro mandato di maggioranza dal popolo? Non era pronta a collaborare con il suo governo se gliene fosse stata offerta la possibilità? Non aveva assunto il ruolo di opposizione leale anche dopo essere stata presa a calci in faccia dagli stivali nazisti? Il gruppo parlamentare socialdemocratico non votò all’unanimità al Reichstag, il 17 maggio 1933, a favore della politica di Hitler? Carl Severing[8] non restò un sostenitore di Hitler nonostante tutto? Lo stesso vecchio dirigente socialdemocratico non fece appello alla popolazione del Saar perché votasse per i nazisti? I dirigenti sindacali socialdemocratici non si schierarono con Hitler?
Quando arrivò il crollo, quando furono ignominiosamente estromessi senza resistenza, allora il processo di rivalutazione dei valori iniziò non soltanto tra i lavoratori socialdemocratici ma anche tra alcuni dirigenti. Una parte (Severing e compagni) stanno aspettando solo un’opportunità per essere “arruolati” dai fascisti. Il centro vacilla. L’ala sinistra è a favore di un fronte unito con i comunisti. I fronti uniti si fanno avanti soprattutto in Francia, in Spagna e anche negli Stati Uniti, sotto l’iniziativa e la guida dei comunisti. Ma per aspettarsi che i dirigenti socialdemocratici tedeschi accettino un fronte con i comunisti prima del gennaio 1933, bisogna essere Trockij.
In sostanza questa predica è l’atteggiamento menscevico di Trockij nei confronti della socialdemocrazia. Il vecchio menscevico si definisce la guida dell’“opposizione di sinistra”. Non crede che la socialdemocrazia sia “così male”. È sincero quando dice che i comunisti non avrebbero dovuto definire “social-fascisti” i socialdemocratici. Crede che non lo siano. Crede che siano anche combattenti, almeno per la democrazia borghese e per gli interessi dei lavoratori fino a quando posso essere difesi sotto la democrazia borghese. Per lui i socialdemocratici sono “anche” socialisti. Ora, è perfettamente vero che se i comunisti avessero abbandonato le proprie posizioni comuniste e avessero fatto pace con i dirigenti socialdemocratici tedeschi alle condizioni di quei dirigenti, allora ci sarebbe stato un fronte unito. Il problema è che non sarebbe stato un fronte unito contro il fascismo.
La natura grottesca di questo sbarramento è evidente dall’esperienza francese. Quando il fronte unito fu fondato in Francia, quando un grande movimento di massa contro il fascismo cominciò a svilupparsi sulla base del fronte unito, il gruppo trotskista si unì al Partito Socialista, si fuse con esso e combatté all’interno del Partito contro il fronte.
Ecco i trotskisti in azione.
Ma perché il Partito Comunista non tentò un’insurrezione armata in Germania all’inizio del 1933 con le proprie forze? I trotskisti pongono spesso questa domanda.
La risposta è data da Lenin, che spiega “la legge fondamentale della rivoluzione”:

Per la rivoluzione non basta che le masse sfruttate e oppresse siano coscienti dell’impossibilità di continuare a vivere come per il passato ed esigano dei cambiamenti; per la rivoluzione è necessario che gli sfruttatori non possano più vivere e governare come per il passato. Soltanto quando gli “strati inferiori” non vogliono più il passato e gli “strati superiori” non possono più vivere come in passato, la rivoluzione può vincere. In altri termini questa verità significa che la rivoluzione non è possibile senza una crisi di tutta la nazione (che coinvolga cioè sfruttati e sfruttatori) [corsivo nostro]. Per la rivoluzione è quindi innanzi tutto necessario che la maggioranza degli operai (o, quanto meno, la maggioranza degli operai coscienti, pensanti, politicamente attivi) comprenda pienamente la necessità del rivolgimento e sia pronta ad affrontare la morte per esso, e, inoltre, che le classi dirigenti attraversino una crisi di governo che trascini nella politica anche le masse più arretrate […] indebolisca il governo e consenta ai rivoluzionari di abbatterlo al più presto. (Lenin, “L’estremismo, malattia infantile del comunismo”, Opere complete, vol. XXXI, pp. 74-75)

Discutendo della situazione tedesca al tempo in cui Hitler prese il potere, Osip Pjatnickij[9], un dirigente dell’Internazionale Comunista, cita questa definizione della situazione rivoluzionaria data da Lenin e ne trae l’inevitabile conclusione.

Queste condizioni erano maturate in Germania nel gennaio 1933? No. L’intera borghesia, di fronte alla minaccia della rivoluzione proletaria, nonostante l’esistenza di disaccordi al suo interno rimase unita contro il proletariato rivoluzionario. La stragrande maggioranza dei piccoli borghesi seguì la borghesia rappresentata da Hitler, che promise loro il ritorno della “grande” vecchia Germania, in cui la piccola borghesia aveva vissuto in condizioni più o meno tollerabili. Il proletariato era diviso dal Partito Socialdemocratico, che era ancora seguito dalla maggioranza dei lavoratori. Così gli sfruttatori furono ancora in grado di vivere e dirigere, furono ancora in grado di sfruttare la classe lavoratrice come in passato, anche se con nuovi metodi fascisti. (Osip Pjatnickij, La situazione attuale in Germania, p. 27)

Valutando la situazione tedesca, il Presidium del Comitato Esecutivo del Comintern arrivò alla sola conclusione che una dirigenza responsabile poteva trarre dalle relazioni esistenti tra le forze sociali tedesche:

In quelle circostanze il proletariato era in una posizione in cui non poteva organizzare (e in effetti non riuscì a organizzare) un colpo immediato e decisivo contro l’apparato statale, che allo scopo di lottare contro il proletariato assorbì le organizzazioni di lotta della borghesia fascista: le Sturmtruppe, gli elmi d’acciaio e la Reichswehr[10]. La borghesia fu in grado di consegnare, senza seria resistenza, il potere di governo del paese ai nazional-socialisti, che agirono contro i lavoratori per mezzo di provocazioni, terrore sanguinario e banditismo politico.
Analizzando le condizioni per un’insurrezione vittoriosa del proletariato, Lenin disse che una battaglia decisiva può essere considerata pienamente matura a condizione “che tutte le forze di classe a noi ostili si siano sufficientemente ingarbugliate, si siano sufficientemente azzuffate tra loro, si siano sufficientemente indebolite in una lotta superiore alle loro capacità; che, a differenza della borghesia, tutti gli elementi intermedi esitanti, vacillanti, instabili, e cioè la piccola borghesia, la democrazia piccolo-borghese, si siano sufficientemente smascherati dinanzi al popolo, si siano sufficientemente screditati con il loro fallimento nell’azione politica; che nel proletariato sia sorta e abbia preso ad affermarsi vigorosamente una tendenza di massa a sostenere le azioni rivoluzionarie più energiche e coraggiose contro la borghesia. In tal caso la rivoluzione è matura, in tal caso, se abbiamo saputo calcolare tutte le condizioni indicate e brevemente tratteggiate qui sopra e se abbiamo scelto opportunamente il momento, la nostra vittoria è assicurata”[11].
La specificità delle circostanze al tempo del colpo di stato di Hitler era che queste condizioni per un’insurrezione vittoriosa non erano ancora riuscite a maturare in quel dato momento. Esistevano soltanto in fase embrionale.
Riguardo all’avanguardia del proletariato, il Partito Comunista, non desiderando scivolare nell’avventurismo non poteva ovviamente compensare questo fattore mancante con le proprie azioni.


La critica di Trockij al Comintern è l’espressione della disperazione di un piccolo borghese spaventato dal fascismo e privo di fiducia nelle forse rivoluzionarie del proletariato. Le politiche proposte da Trockij, quindi, sono quelle di un riformista piccolo-borghese.

Le parole d’ordine e le illusioni democratiche non possono essere abolite per decreto. È necessario che le masse attraversino e le superino nell’esperienza della lotta. […] È necessario trovare gli elementi dinamici nell’attuale situazione difensiva del proletariato; dobbiamo far sì che le masse traggano delle conclusioni dalla loro logica democratica; dobbiamo allargare e accrescere le vie della lotta. (Lev Trockij, “I nostri compiti presenti”, The Militant, 9 dicembre 1933)

In queste parole è contenuto un intero programma. Esso presuppone una situazione politica generale in cui la reazione nera sia destinata a regnare suprema per un periodo molto lungo e in cui una determinata lotta proletaria per il potere sia impensabile. Presuppone un sistema capitalista stabile. Suppone che la lotta dei lavoratori per il miglioramento delle loro condizioni immediate debba procedere necessariamente per le vie parlamentari. Perciò propone la lotta per delle riforme democratiche come compito principale dei lavoratori.
Come tutte le creazioni socialdemocratiche del genere, è reazionario e utopistico.
È reazionario perché abbandona la lotta proletaria per il potere in un momento in cui le condizioni stanno rapidamente maturando per quella lotta. È utopistico perché non è mai possibile per i lavoratori limitarsi alle sole “parole d’ordine democratiche” se devono difendere il loro diritto a vivere.
I lavoratori sono affamati. Sono oppressi. Devono lottare per salari più alti e assistenza sociale, contro la violenza poliziesca e i linciaggi. Ogni volta che intraprendono una vera lotta, essi superano inevitabilmente i limiti della democrazia borghese. Si scontrano con la polizia, sfidano le corti, violano le imposizioni. Annullano gli sfratti con la forza. “Si rivoltano”. Quando il capitalismo è scosso e indebolito alle fondamenta, come in questo momento, la presa di potere diventa un obiettivo per l’immediato futuro. Ogni lotta è un passo verso la presa di potere. Ogni battaglia dà alla classe lavoratrice una nuova esperienza, le insegna la lezione di unità e permette l’avanzata contro la borghesia. Solo questa avanzata può portare a un miglioramento immediato delle vite presenti dei lavoratori e può assicurare loro i diritti fondamentali e migliori condizioni economiche.
È la lotta di classe contro il capitalismo che i comunisti stanno scrivendo sulla bandiera del proletariato: la lotta di classe che nella sua forma più estrema è l’insurrezione armata, la battaglia finale per la dittatura del proletariato.
È sulla collaborazione di classe che Trockij sta costruendo la fragile impalcatura del programma della sua “quarta internazionale”.
Ascoltate un “bolscevico” trotskista esortare il mondo in questo pezzo di roboante declamazione:

Noi bolscevichi riteniamo che la vera salvezza dal fascismo e dalla guerra stia nella conquista rivoluzionaria del potere e nella fondazione della dittatura proletaria. [Ma il nostro “credo” è solo un’ombra senza sangue né vita. – M.J.O.] Voi lavoratori socialisti [leggi: burocrati socialdemocratici. – M.J.O.] non siete d’accordo con questa strada. Sperate non solo di salvare ciò che è stato guadagnato ma anche di avanzare lungo la strada della democrazia. [In collaborazione con Roosevelt, Richberg e Perkins. – M.J.O.] Bene! Finché non vi abbiamo convinti e attratti al nostro fianco, siamo pronti a seguire questa strada con voi fino alla fine. [È più facile seguirvi che avere a che fare con lavoratori militanti che potrebbero non essere d’accordo con la sottomissione agli editti “democratici” dei capi della polizia. – M.J.O.] Ma vi chiediamo di portare avanti la lotta per la democrazia non a parole ma nei fatti. [Per esempio, lasciate che Norman Thomas faccia di nuovo visita alla First Lady – M.J.O.] […] Lasciate che il vostro Partito inizi una vera lotta per un forte movimento democratico. [Che deve essere ancora più ingannevole di quelli di Epic o LaFollette, che nei loro programmi hanno delle rivendicazioni economiche. – M.J.O.] Per questo è necessario prima di tutto spazzare vie tutti i resti dello Stato feudale. È necessario dare il suffragio a tutti gli uomini e le donne che hanno compiuto i 18 anni, anche ai soldati nell’esercito. [Dimenticatevi la fame di ragazzi e ragazze. Dategli la felicità del suffragio, che sarà un balsamo per le loro ferite. Incidentalmente, ai capi costa meno dell’assistenza sociale. – M.J.O.] Piena concentrazione del potere legislativo ed esecutivo nelle mani di una camera! Lasciate che il vostro Partito apra una seria campagna sotto queste parole d’ordine! Fategli stimolare milioni di lavoratori, fategli conquistare il potere con la spinta delle masse! [Viva il nuovo governo Ebert-Noske-Scheidemann-Ramsay MacDonald! – M.J.O.] Questo sarebbe in ogni caso un serio tentativo di lotta contro il fascismo e la guerra. [Nello stesso modo in cui Severing, Otto Bauer e Julius Deutsch lottarono contro il fascismo e la guerra. – M.J.O.] Noi bolscevichi manterremmo il diritto di spiegare ai lavoratori l’insufficienza delle parole d’ordine democratiche; non potremmo assumerci la responsabilità politica del governo socialdemocratico; ma vi aiuteremmo onestamente nella lotta per quel governo. [Vi aiuteremmo a ingannare le masse. – M.J.O.] Insieme a voi respingeremmo tutti gli attacchi della reazione borghese. [E vi aiuteremmo a sparare ai lavoratori e contadini che infrangono le leggi “democratiche” nella lotta per il pane. – M.J.O.] Più ancora, ci impegneremmo di fronte a voi a non intraprendere alcuna azione rivoluzionaria che vada oltre i limiti della democrazia (vera democrazia) finché la maggioranza non si schiererà coscienziosamente dalla parte della dittatura rivoluzionaria. [Sarà nostro dovere democratico reprimere gli scioperi “illegali” e disperdere le manifestazioni “illegali”. Come osano superare i limiti della vera democrazia borghese?! – M.J.O.] (Lev Trockij, “I nostri compiti presenti”, The Militant, 9 dicembre 1933)

Deve essere chiaro da tutto questo che quando Trockij si rivolge ai “lavoratori socialisti” intende i leader socialisti, quelli che hanno impedito ai lavoratori socialisti di impegnarsi in un’autentica lotta di classe. In secondo luogo bisogna notare che il programma proposto è puramente riformista. Aiuterebbe la socialdemocrazia a governare in uno Stato capitalista (l’aiuterebbe “onestamente”); aiuterebbe la socialdemocrazia a migliorare la macchina dello Stato capitalista; si obbligherebbe a non intraprendere alcuna azione che vada contro la democrazia borghese (quando dice “vera democrazia” deve sapere che una tale democrazia esiste solo come dittatura del proletariato, e che ogni democrazia borghese, non importa quanto abbellita, è una democrazia fittizia progettata come arma degli sfruttatori contro gli sfruttati); in altre parole egli aiuta a imporre sui lavoratori il dominio dei capitalisti che agiscono mediante lo strumento della falsa democrazia. In terzo luogo bisogna notare che Trockij non omette invano delle richieste vitali come i salari più alti, una giornata di lavoro più breve, l’assistenza contro la disoccupazione, il diritto delle nazioni oppresse. Perché nel momento in cui i lavoratori iniziano a lottare per quelle richieste la legalità borghese va in frantumi. I suoi limiti sono superati. Trockij promette implicitamente ai dirigenti socialdemocratici di non impegnarsi in quelle azioni, di non favorirle. Inoltre sa bene che quando i socialdemocratici saranno al potere useranno le forze armate dello Stato contro i lavoratori che metteranno in pratica quelle azioni. Quando fa appello ai socialdemocratici perché si uniscano a lui, è obbligato a limitarsi a richieste innocue come una singola camera e l’abbassamento dell’età del voto. Solo qui i socialdemocratici possono venirgli incontro. Ed è solo con un programma del genere che ha intenzione di legare il destino dei trotskisti a quello dei dirigenti socialdemocratici.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un piccolo borghese preso dal panico. Ha visto l’avvento del fascismo. Crede che il fascismo durerà a lungo. Crede che la classe lavoratrice sia schiacciata. Calunnia il Partito Comunista Tedesco, dicendo che è morto quando in realtà è vivo e lotta. Non vuole vedere le forze lottare per una rivoluzione sociale. Non vuole capire che una volta che le masse insorgono (ovunque insorgano) devono lottare per la vita, contro la fame, contro l’annichilimento a opera del capitale finanziario, e ciò significa lottare contro lo Stato capitalista nella sua forma fascista o socialdemocratica. Non vuole rendersi conto che i lavoratori (le masse dei lavoratori, la maggioranza dei lavoratori) si uniranno sotto la bandiera della lotta contro i capitalisti, che è sempre una lotta che mina lo Stato capitalista. Vuole impedire alle masse dei lavoratori di impegnarsi nella lotta contro il capitalismo sotto la guida comunista. Fa appello ai leader socialdemocratici per un fronte unito su questo programma. Non è una sorpresa che sia contrario al fronte unito organizzato dai partiti comunisti. Quel fronte unito è diretto contro il capitalismo, non costruisce fortezze per esso. Viene per distruggerlo.
___
[6] La Revolutionäre Gewerkschafts Opposition, il sindacato comunista, venne dichiarata illegale subito dopo la presa di potere da parte dei nazisti. Continuò a operare in clandestinità fino al 1935, quando fu definitivamente stroncata. [N.d.t.]
[7] Il Reichsbanner Schwarz-Rot-Gold (“Bandiera nera, rossa e oro del Reich”) era un’organizzazione paramilitare costituita da socialdemocratici e liberali allo scopo di difendere la democrazia parlamentare borghese e la sua Costituzione. Avversò sia il Partito Comunista che quello Nazional-Socialista. Fu disciolta dai nazisti nel 1933 e ricostituita nella Repubblica Federale Tedesca nel 1953 come organizzazione culturale. [N.d.t.]
[8] Carl Severing, politico socialdemocratico dell’epoca di Weimar, fu ministro degli interni della Prussia dal 1920 al 1926 e dal 1930 al 1932 e ministro degli interni del Reich dal 1928 al 1930. Nel 1932, con l’ascesa di Von Papen, cadde in disgrazia. Nel 1930 aveva introdotto una legge per la difesa della Repubblica che limitava notevolmente i diritti di associazione e di stampa. [N.d.t.]
[9] Osip Pjatnickij fu a capo del Dipartimento Internazionale del Comintern negli anni venti e trenta. Nell’ottobre del 1937 fu rimosso da tutte le cariche ed estromesso dal Comitato Centrale del PCUS e arrestato. L’anno seguente fu condannato a morte. [N.d.t.]
[10] La Reichswehr era l’esercito di difesa del Reich dal 1919 al 1935. Il 16 marzo 1935 fu rinominata Wehrmacht. [N.d.t.]
[11] La citazione è tratta da “L’estremismo, malattia infantile del comunismo”, in Opere complete, vol. XXXI, p. 84. [N.d.t.]

Edited by Sandor_Krasna - 9/2/2015, 01:45
 
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