Comunismo - Scintilla Rossa

Trotskismo: controrivoluzione mascherata (1935), Moissaye J. Olgin

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Sandor_Krasna
view post Posted on 16/1/2015, 02:08 by: Sandor_Krasna
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9. La Rivoluzione cinese

La Rivoluzione cinese è, accanto a quella russa, la più grande conquista delle masse proletarie del mondo. Per la prima volta nella storia, l’imperialismo mondiale fu scosso in uno dei suoi bastioni, in un paese arretrato e spietatamente derubato dal capitale britannico, francese, giapponese e americano. La Rivoluzione cinese è una prova eccellente della correttezza del marxismo-leninismo, che vede due forze fondamentali della rivoluzione mondiale: il movimento proletario nei paesi capitalisti e i movimenti di liberazione nazionale nelle colonie, e che sottolinea che queste due forze devono essere unite in un fronte comune contro un nemico comune, l’imperialismo.
Le tesi della questione coloniale e nazionale presentate da Lenin al Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista (1920) dicono:

Il capitalismo europeo trae il suo poter principalmente non dai paesi europei industrializzati, ma dai suoi domini coloniali. Per la sua esistenza sono necessari il controllo di vasti mercati coloniali e un ampio sfruttamento.
[…]
Il plusvalore ricevuto dalle colonie è la risorsa principale del capitalismo moderno. Il proletariato europeo sarà in grado di rovesciare il sistema capitalista soltanto quando questa risorsa si esaurirà.
La separazione delle colonie [dalla “madrepatria”] e la rivoluzione proletaria rovesceranno il sistema capitalista in Europa. Di conseguenza, l’Internazionale Comunista deve mantenere stretti contatti con quelle forze rivoluzionarie che al momento sono impegnate nel rovesciamento dell’imperialismo nei paesi economicamente e politicamente oppressi. Per il completo successo della rivoluzione mondiale è necessaria l’azione comune di entrambe queste forze [corsivo nostro]. (Lenin, “Tesi per il Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista”, Opere complete, vol. XXXI, pp. 159-166)


Nell’ultimo decennio la Rivoluzione cinese è stata la forza che più ha scosso il capitalismo nei suoi aspetti coloniali cercando e in parte riuscendo a sottrargli il controllo di un vasto mercato semi-coloniale e di un ampio campo di sfruttamento.
Guardate lo spettacolo dei soviet cinesi di oggi. La bandiera rossa con falce e martello sventola su un territorio con una popolazione di circa novanta milioni di persone, circa un quinto di tutta la popolazione cinese. La regione centrale è tutta sotto il controllo dei soviet, e in altre regioni sono sparsi altri distretti sovietici. I soviet hanno un governo centrale e governi locali composti da operai e contadini e guidati dal Partito Comunista Cinese, che all’inizio del 1935 contava oltre 400.000 membri.
Una nuova vita nasce nelle oasi di governo contadino e proletario, nel mezzo di un paese schiacciato dall’imperialismo, impoverito e messo in ginocchio. Gente libera, padrona del proprio destino. Lavoratori liberi marciano sotto la guida del Partito Comunista e dell’Internazionale Comunista verso il socialismo. Il sistema non è ancora socialista. Non può esserci nazionalizzazione della terra finché la maggior parte della Cina non sarà nelle mani della Rivoluzione e i territori sovietici saranno pienamente consolidati; e non può esserci confisca delle fabbriche e dei negozi (che non sono molti nelle zone sovietiche) finché il potere sovietico non si diffonderà nelle aree più industrializzate del paese. Ciò che è stato fatto con i soviet getta però le fondamenta del futuro sistema socialista, che sarà la prossima fase della Rivoluzione. Il potere statale e locale è nelle mani dei lavoratori ed è controllato dal Partito Comunista. Le forze armate dello Stato sono nelle mani dei lavoratori. I proletari hanno il ruolo di guida e sono la maggioranza nei soviet. C’è vera unità rivoluzionaria tra proletari e contadini.
L’Esercito Rosso dei sovietici cinesi è diventato la meraviglia del mondo. Le forze armate sono composte da circa un milione di uomini, dei quali almeno 4.000 sono nell’esercito regolare mentre gli altri formano distaccamenti irregolari. L’Esercito Rosso è il vero esercito del popolo. In caso di necessità sempre più operai e contadini si uniscono alle forze regolari e irregolari o alla guardie rosse, che svolgono anche compiti militari. L’Esercito Rosso dei sovietici cinesi, come l’Armata Rossa, è una forza culturale oltre che militare. Tra i suoi ranghi si svolge educazione politica e le vittorie dei sovietici cinesi sono spiegabili non soltanto grazie all’organizzazione superiore delle forze armate, ma principalmente dal fatto che i combattenti divendono ciò che a loro è caro: la loro patria sovietica.
Una lettera da una repubblica sovietica cinese, scritta nella primavera del 1930, descrive l’organizzazione di un soviet.

Al momento il Fujian occidentale sovietizzato è un mondo totalmente diverso dal resto delle province ancora controllate da Kuomintang. Dopo la rivolta vittoriosa i contadini divisero tra loro la terra e i salari dei lavoratori furono alzati. La qualità della vita delle masse lavoratrici è cambiata drasticamente. Concessioni fondiarie, cambiali, ipoteche e cose del genere furono bruciate. La parola d’ordine “nessuna rendita ai latifondisti, nessuna tassa alle autorità del Kuomintang, nessun pagamento agli usurai” ora si è realizzata. Le vecchie agenzie di riscossione sono scomparse, gli esattori vengono fucilati. Ora facciamo del nostro meglio per aiutare gli altri paesi a sbarazzarsi dei reazionari e iniziare la ricostruzione, aumentare la produzione, migliorare il sistema di irrigazione e le risaie, riparare le strade, aprire scuole, eccetera.
In ogni contea del Fujian occidentale ci sono soviet. […] Dall’età di 16 anni i cittadini di entrambi i sessi possono votare ed essere eletti. Solo a coloro che appartengono alla classe sfruttatrice è stato tolto il diritto di voto. […] In questo momento tutti i deputati sono contadini poveri, operai, soldati, studenti rivoluzionari e artigiani.
Il governo sovietico ha iniziato a lavorare per il riscatto. Ogni contadino ora riceve abbastanza acqua per irrigare i suoi campi. […] abbiamo società cooperative […] e associazioni di credito dove noi contadini possiamo prendere soldi in prestito senza essere derubati dagli usurai. […] Sono organizzate lezioni notturne per gli adulti. […] Tra i delegati eletti nei soviet ci sono donne; le donne sono diventate eguali agli uomini in ogni aspetto. Neppure il loro zelo rivoluzionario è inferiore. […] Puoi trovarne qualcuna anche nell’Esercito Rosso.
Non ci sono ladri o mendicanti nel nostro territorio. Tutti possono lavorare. […] I soviet si prendono cura dei disabili. […] Abbiamo aperto ospedali e farmacie gratuiti; se in passato i contadini non avevano un posto dove andare quando si ammalavano, tranne che da Guanyin[4], ora vengono alle istituzioni sovietiche. […] Ogni comunità ha il suo circolo, che non serve solo per la ricreazione ma anche per l’educazione intellettuale. (Viktor A. Jachontov, The Chinese Soviets, pp. 88-90)


Sei guerre sono state scatenate dal governo di Nanchino contro i soviet cinesi negli ultimi cinque anni, e sono tutte fallite. La sesta guerra (chiamata “spedizione” in Cina), iniziata nel settembre 1933, durò fino alla fine del 1934. Il piano d’attacco fu elaborato da un vecchio servitore del kaiser, il generale tedesco Von Seeckt, ora a capo dello Stato Maggiore dell’esercito di Nanchino. Chiang Kai-shek concentrò contro i soviet tra le 65 e le 70 divisioni, comprendente ciascuna dai 7.000 ai 10.000 uomini. Aveva artiglieria da campo, carri armati e 300 aeroplani, in parte acquistati dagli Stati Uniti con i soldi prestatigli sotto forma di “prestiti per grano e cotone”. Il suo piano era di circondare il distretto sovietico da ogni lato ed espellere l’Esercito Rosso dal suo territorio passo dopo passo.
Quale fu il risultato? Nel solo distretto sovietico perse più di 100.000 uomini, tra i quali 40-45.000 uccisi, 12-15.000 prigionieri, 40-45.000 feriti. Tutte le truppe dei militaristi dello Sichuan, dalle 30 alle 35 divisioni, furono sconfitte e persero circa 70.000 uomini. Nello stesso periodo l’Esercito Rosso continuava a crescere; in vari distretti la sua forza aumentò dal 50% al 1.000%. La sola Quarta Armata crebbe in un anno dai 15.000 ai 140-150.000 uomini. Durante la campagna i sovietici persero alcuni territori ma in vari distretti l’Esercito Rosso ne occupò di nuovi due volte più grandi. Non fu nulla di nuovo per la storia dei sovietici cinesi. Potevano essere costretti a evacuare temporaneamente un posto, ma ne occupavano altri. Anche il nemico è costretto ad ammettere che sono qui per restare.
Consideriamo la loro situazione strategica nel fronte di battaglia tra capitalismo e socialismo. Qui c’è l’Unione Sovietica, bastione del proletariato e di tutti gli oppressi del mondo. Qui c’è l’imperialismo giapponese, che si è mangiato la Manciuria, ha occupato la provincia di Jehol e attacca la Repubblica Popolare Mongola, tutto in preparazione dell’attacco definitivo contro l’Unione Sovietica. Qui c’è Chiang Kai-shek, capo del governo di Nanchino, un servo dell’imperialismo giapponese che mette in pratica tutti gli ordini dei signori della guerra giapponesi e permette loro di rafforzarsi a spese della Cina per avanzare contro l’Unione Sovietica. Qui ci sono gli imperialisti inglesi, americani e altri, che sono invidiosi dell’imperialismo giapponese e vogliono prendersi una fetta di Cina ma permettono al Giappone di proseguire perché esso è la punta di lancio dell’imperialismo mondiale contro l’Unione Sovietica in Estremo oriente. E qui, sulla strada dell’imperialismo giapponese e mondiale, in una delle parti più fertili e densamente popolate della Cina, la Repubblica Sovietica Cinese occupa un ampio territorio a sudest e si estende verso le province centrali, baluardo contro l’imperialismo mondiale e lo stesso governo reazionario dei latifondisti e capitalisti cinesi. Al di fuori dell’Unione Sovietica, nessun paese al mondo ha mai giocato un ruolo più importante nel grande conflitto storico tra la dittatura del capitalismo e la dittatura del proletariato.
In un documento presentato alla fine del 1932 dal governo giapponese alla Commissione di Indagine della Società delle Nazioni, la cosiddetta Commissione Lytton, leggiamo:

Il futuro del movimento comunista cinese è materia di seria preoccupazione e difficile da trattare. All’apparenza il movimento può apparire un fenomeno casuale, iniziato nel 1920 con la formazione del Partito Comunista Cinese e attraverso le macchinazioni del Comintern. Ma in realtà le sue origini risalgono in profondità alle particolari condizioni sociali, economiche e politiche della Cina; e a meno che queste non vengano rimosse, il movimento non avrà fine ma probabilmente si espanderà. Non possiamo aspettarci che il governo di Nanchino, nel suo attuale stato di impotenza, raggiunga l’obiettivo di ripulire la Cina dagli eserciti rossi e dalle aree sovietiche. Fortunatamente queste ultime sono ancora geograficamente separate dalla Russia. Nel caso in cui dovessero stabilire un contatto geografico diretto lungo i confini della Siberia, della Mongolia o del Turkestan, potrebbe sorgere una situazione che nessun governo cinese sarebbe in grado di affrontare da solo [corsivo nostro]. La sovietizzazione dell’intera Cina non è un’impossibilità assoluta. E che cosa potrebbe significare per il mondo (e per gli Stati confinanti, come il Giappone) la combinazione di una Cina rossa, con 400 milioni di persone e incommensurabili risorse naturali, e della Russia sovietica, che possiede un sesto della superficie della terra, è una questione dovrebbe essere tenuta in mente quando si seguono gli sviluppi del movimento comunista in Cina.

Anche supponendo che il governo giapponese abbia sopravvalutato qualche elemento, bisogna dire che nel complesso il quadro è corretto. Il nemico più forte del comunismo in Estremo Oriente vede chiaramente il pericolo dei sovietici cinesi per l’imperialismo giapponese e quello mondiale.
I soviet cinesi e l’Esercito Rosso sono la principale forza antimperialista in Cina contro lo sfruttamento del paese da parte del capitale straniero. Sono un faro per le masse lavoratrici degli altri territori cinesi e mostrano come, quando il regime di Nanchino è rovesciato, la vita delle masse migliora immediatamente e gli agenti dell’imperialismo vengono distrutti. Attirano le simpatie di tutti i patrioti cinesi che desiderano sinceramente vedere rovesciato il giogo straniero. È per questo che i sovietici cinesi sono ora in grado di ottenere l’alleanza non solo dei soldati mobilitati dall’esercito di Nanchino ma di intere armate, compresi i comandanti di grado più basso. Ed è per questo che i soviet cinesi sono invincibili e i loro territori crescono.
In un’intervista concessa al corrispondente del mensile giapponese Chun Ya Gun Lien nel giugno 1933 Chiang Kai-shek, comandante in capo dell’esercito di Nanchino, dà la seguente spiegazione del colpo mortale assestato alle sue forze armate dall’Esercito Rosso:

È molto difficile scoprire chi tra la popolazione locale è un buon elemento e chi è cattivo. Oltre alle unità regolari ci sono anche distaccamenti partigiani, cioè i cosiddetti contadini partigiani. […] Questi partigiani insieme alle masse muovono una guerra partigiana a seconda di quello che richiedono le condizioni oggettive, allo scopo di gettare in confusione la retroguardia delle forze di spedizione o di attaccare a sorpresa le unità che si occupano di rifornire le forze di spedizione.
Fanno anche ricognizioni, suscitano il malcontento tra le nostre truppe e camuffano i posti dove le truppe regolari dell’Esercito Rosso sono situate. In breve, fanno tutto quello che è in loro potere per frustrare i nostri piani. […] Quando non combattono lavorano nei campi, ma tutte le volte che c’è bisogno di loro si armano e vengono in aiuto dell’esercito comunista. […] Proprio perché è impossibile tracciare una linea tra un buon cittadino e un partigiano rosso, per le nostre truppe è inevitabile avere la sensazione che “il nemico stia spiando ovunque”. Persino nei distretti dove la popolazione non è ancora stata contaminata dalle attività comuniste, le truppe sentono che non ci sarà pace finché l’intera popolazione non sarà spazzata via.
Questa difficile situazione porta alle avversità incontrate dalle forze di spedizione, che riassumerò così: si è rivelato assolutamente impossibile ottenere rifornimenti di cibo o qualsiasi servizio personale per le nostre truppe; la popolazione dei distretti che confinano o sono soltanto vicini ai distretti dei banditi diventa rossa sempre più frequentemente per paura di essere massacrata senza eccezioni dalle forze di spedizione. (Citato da Wan Ming, Revolutionary China Today, pp. 39-40)


Qual è la posizione di Trockij in relazione a questo grande centro della rivoluzione mondiale?
Valuteremo la correttezza di Trockij ricordando che tra il1929 e il 1930, nel periodo di formazione ed estensione dei soviet cinesi, egli definì i soldati dell’Esercito Rosso “banditi”, e che dopo la ritirata temporanea della Rivoluzione tra la fine del 1927 e l’inizio del 1928 continuava a gridate “sconfitta, sconfitta e sconfitta”, “declino, declino e declino”, dichiarando che i tentativi dei primi leader dell’Esercito Rosso, Ho Lung e Yeh Tin, erano “avventure”, proclamando che i soviet erano una maligna invenzione di Stalin e insistendo continuamente sulla “Rivoluzione strangolata”, sul Partito Comunista Cinese “defunto”, su Stalin che aveva “disarmato la Rivoluzione cinese” e l’aveva “pugnalata alle spalle”. In un periodo in cui i congressi dei soviet erano già stati organizzati in numerosi distretti (Jiangxi, Hubei, Fujian, Hunan, Guangdong, Jiangsu, Anhui, Zhejiang e Honan) e si pianificava il primo congresso sovietico pan-cinese, Trockij continuava a lamentare che Stalin

ha subordinato i lavoratori cinesi alla borghesia, messo un freno al movimento contadino, supportato i generali reazionari, disarmato i lavoratori, impedito la comparsa dei soviet e liquidato quelli già fondati. (Lev Trockij, “Stalin e la Rivoluzione cinese”, Problemi della Rivoluzione cinese, 1930, pp. 307-308)

***


Come molti degli “atteggiamenti” di Trockij, questa negazione della Rivoluzione cinese e questa accusa a Stalin di mali immaginari che sono l’esatto contrario dei fatti storici possono sembrare folli ai non iniziati. In realtà hanno una logica: la logica controrivoluzionaria che sgorga delle sue concezioni mensceviche di base. Sono in assoluta armonica con il suo atteggiamento controrivoluzionario verso la Rivoluzione, l’Unione Sovietica e l’Internazionale Comunista.
Quest’uomo nega l’edificazione del socialismo in Unione Sovietica: perché non dovrebbe negare l’esistenza dei soviet in Cina? Afferma che Stalin abbia distrutto la Rivoluzione russa: perché non dovrebbe dire che Stalin ha distrutto la Rivoluzione cinese? Non gli è mai importato minimamente che i fatti evidenti smentiscano le sue bugie.
In questo atteggiamento nei confronti della Rivoluzione cinese, nei suoi “consigli”, nelle sue “raccomandazioni” e “tesi”, nei “memorandum” sulla politica del Comintern in Cina, la sua linea controrivoluzionaria, sempre decorata con frasi “ultra-rivoluzionarie”, è ancora più evidente che nell’atteggiamento verso la Rivoluzione russa. Qui abbiamo Trockij in forma concentrata: la quintessenza del trotskismo, per così dire.
Per iniziare ha sostenuto una posizione menscevica riguardo la natura stessa della Rivoluzione cinese. Non è riuscito a vedere che era una Rivoluzione per la liberazione nazionale in un paese semi-coloniale, in cui la forza di base era la rivoluzione contadina contro i resti del feudalesimo. Per lui non c’era differenza sostanziale tra la Cina e un qualsiasi paese imperialista.
Non c’è bisogno di fornire molte altre prove che la Cina sia da un lato un paese semi-coloniale e dall’altro semi-feudale. All’inizio della seconda Rivoluzione cinese nel 1925 (la prima si svolse nel 1911 e liberò il paese dalla monarchia) la Cina era soggiogata dagli imperialisti stranieri economicamente e politicamente. Circa l’80% delle ferrovie cinesi e il 78% della navigazione negli oceani e nei fiumi erano nelle mani del capitale straniero. Una rete di banche controllate dall’estero succhiava il sangue della popolazione. Il commercio estero e i proventi dei consumi erano nelle mani degli imperialisti stranieri guidati dalla Gran Bretagna. Gli imperialisti fissarono basse tariffe per i beni importati dai loro paesi, a detrimento delle manifatture cinesi. I capitalisti stranieri avevano il monopolio delle tasse su sale, vino e tabacco, che nel 1931 fruttarono 245 milioni di dollari cinesi. Il meglio delle miniere di carbone, dei pozzi di petrolio, dei porti, dei fornitori di macchinari, delle stazioni elettriche, degli impianti chimici, dei mulini, di cotone, zucchero, tabacco e carta era nelle mani dei capitalisti stranieri. Il capitale estero faceva tutto il possibile per ostacolare lo sviluppo indipendente delle forze produttive cinesi.
Per assicurasi l’assoluta libertà di sfruttamento economico, i governi imperialisti si garantirono privilegi politici che privarono il paese della sua sovranità. Avevano i cosiddetti treaty ports[5] dove mantenevano i propri distaccamenti militari e la propria polizia per la protezione delle aziende industriali e finanziarie. Si assicurarono libertà dalla tassazione e dalle legislazioni locali per gli stranieri. Navi mercantili straniere navigavano liberamente per i fiumi cinesi, senza alcun controllo da parte delle autorità locali. Ci sono una cinquantina di città dove i capitalisti stranieri sono i veri governanti. Possiedono territori in affitto dove i loro privilegi sono ancora più grandi. Hanno concessioni e insediamenti che sono Stati all’interno dello Stato cinese. L’Insediamento Internazionale di Shanghai è governato da una municipalità straniera. Oltre a questo, tutti i residenti stranieri godono del privilegio di extraterritorialità, che significa che uno straniero in Cina può essere processato solo da una corte internazionale.
Un patriota cinese descrive così la situazione:

All’inizio uno straniero vestito di nero (missionario) viene da me e mi dice: “amami come un fratello, altrimenti ti manderò ad arrostire nella grande fornace di laggiù”. Poi un uomo in abiti colorati viene da me con delle merci e dice: “compra questa spazzatura ad alto prezzo, altrimenti mi lamenterò con l’uomo vestito di bianco con la pistola”. Alla fine l’uomo vestito di bianco viene e dice: “tu non vuoi amare l’uomo vestito di nero come tuo fratello, non vuoi comprare le merci a buon prezzo dall’uomo con gli abiti colorati. Se è così, vattene e lascia la tua casa e il tuo campo all’uomo in nero e a quello colorato, altrimenti ti ucciderò”. Ma prima che riesca ad aprir bocca, mi uccide comunque, e tutti e tre mi sopraffanno: uno mi schizza con acqua, l’altro mi vuota le tasche, il terzo getta il mio corpo ai cani. Poi tutti loro portano via la mai casa, la mia terra, mia moglie, i miei figli e le sacre immagini dei miei antenati. (P. Mif, Chinese Revolution, p. 21)

La dominazione straniera, che insidiava la Cina e ne impediva la crescita, fu una delle ragioni della Rivoluzione.
La dominazione straniera era legata inestricabilmente al dominio dei signori della guerra e dei latifondisti. I signori della guerra, con i loro eserciti mercenari, mettevano in pratica la volontà degli imperialisti dentro la Cina, come ricompensa per il loro supporto nel mantenere il popolo cinese sotto il loro tallone di ferro. I signori della guerra (tra i molti che comandavano in Cina, il più potente era Zhang Zuolin, dittatore del Nord) erano qualcosa di simile agli zar, cioè despoti semi-feudali. Il loro potere si basava su quello dei latifondisti locali che comprendeva, come nel feudalesimo, autorità economica, amministrativa e giudiziaria sui contadini. I latifondisti vivevano del sudore e del sangue dei contadini.
Nei primi anni venti le statistiche mostravano che 2.800.000 latifondisti possedevano più della metà della superficie coltivabile totale di una sezione tipica della Cina, mentre 31 milioni di contadini (i due gruppi più bassi) possedevano insieme meno di tutti i latifondisti. Come risultato i contadini non potevano condurre un’“economia” sui loro piccoli appezzamenti di terra e dovevano prenderla in affitto dai latifondisti, pagando dal 60 al 90% del raccolto. L’affittuario doveva fornire al latifondista un certo numero di polli e anatre e una certa quantità di vino gratis. Inoltre doveva lavorare un certo numero di giorni per il latifondista. Su cento contadini della Cina centrale e meridionale, 40 erano affittuari, 28 semi-affittuari e solo 32 possedevano le proprie fattorie. Tutti i contadini pagavano tasse esorbitanti. Oltre alla tassa principale esistevano numerose tasse speciali: per l’esercito, la milizia, i presidi, le guardie, eccetera: complessivamente circa una trentina. I contadini erano spesso obbligati a pagare le tasse in anticipo. Sono noti casi in cui una tassa veniva raccolta dai contadini con 90 giorni di anticipo. Tutto questo andava ai signori della guerra e ai latifondisti.
Lavorando con incredibile assiduità per un numero incredibile di ore su appezzamenti di terreno incredibilmente piccoli, i contadini cinesi non riuscivano a guadagnarsi da vivere, per quanto ci provassero. Carestie, pestilenze e inondazioni erano il destino quotidiano di milioni e milioni di lavoratori della terra.
Le masse contadine, centinaia di milioni di loro, furono la fonte principale della Rivoluzione cinese.
Gli operai (c’erano due milioni di operai in industrie cittadine di larga scala su un totale di cinque milioni di operai in tutta la Cina) soffrivano il tipo di sfruttamento conosciuto in Europa soltanto all’inizio del XIX secolo. Una giornata lavorativa di dodici ore era la norma, con alcuni operai costrretti a lavorare sedici o diciotto ore al giorno. Non c’erano restrizioni per il lavoro minorile; bambini di sette o otto anni lavoravano dodici ore al giorno. Il salario abituale dei lavoratori qualificati è di circa 20 centesimi al giorno. I salari più bassi arrivano a volte fino ai 4 centesimi al giorno. Erano noti casi di ragazzi tra i nove e i quindici anni che lavoravano in fabbriche di fiammiferi in un’atmosfera inquinata dalle 4 del mattino alla 8:30 di sera, con solo una pausa per cena, e ricevevano dai 3 ai 6 centesimi al giorno. Questo barbaro sfruttamento permise ai capitalisti di guadagnare profitti del 100% e oltre. La vita degli operai era tale che il 40% era obbligato a vivere al di sotto persino dello standard di vita dei manovali cinesi. Così gli operai soffrivano nelle mani degli imperialisti in quanto nativi di un paese oppresso e come lavoratori.
Gli operai furono una delle grandi forze della Rivoluzione cinese. Essendo meno numerosi in confronto alla popolazione totale rispetto agli operai della Russia, non potevano assumere immediatamente nella Rivoluzione cinese il ruolo che ebbero gli operai russi; non potevano stabilire immediatamente la dittatura del proletariato come era stato fatto in Russia nel novembre 1917. Ciononostante il loro ruolo nella Rivoluzione fu quello di una forza guida. Lo sciopero generale del maggio-giugno 1925 è considerato l’inizio della Grande Rivoluzione cinese. Seguirono scioperi in altre città. In tutti i movimenti rivoluzionari dopo il 1925 la classe operaia, guidata dal Partito Comunista, sta in prima fila. Nei soviet cinesi attuali gli operai sono riconosciuti come guide. In sostanza la Rivoluzione cinese è comunque una rivoluzione contadina e antimperialista e non una rivoluzione socialista.
Questo fu riconosciuto molto presto dall’Internazionale Comunista. Nelle istruzioni al Terzo Congresso del Partito Comunista Cinese del 1923, l’Internazionale Comunista disse:

La Rivoluzione nazionale in Cina e la creazione di un fronte antimperialista saranno inevitabilmente accompagnate da una rivoluzione contadina contro i resti del feudalesimo. Solo allora la Rivoluzione sarà vittoriosa, quando riuscirà a coinvolgere la massa fondamentale della popolazione cinese, i piccoli contadini.
Perciò la questione centrale dell’intera politica è la questione contadina. […] È per questo che il Partito Comunista, in quanto partito della classe lavoratrice, deve lottare per un’alleanza tra operai e contadini. Questa può essere realizzata soltanto mediante una propaganda incessante e la realizzazione in pratica delle parole d’ordine della Rivoluzione contadina, come la confisca delle terre dei latifondisti, la confisca delle terre dei monasteri e delle chiese e la loro cessione ai contadini senza compensi, l’abolizione delle rendite, l’abolizione dell’attuale sistema tributario, abolizione della riscossione delle tasse, abolizione delle tariffe doganali tra le province, abolizione del mandarinato, creazione di organi di autogoverno contadino che gestiranno le terre confiscate.
Oltre a queste esigenze fondamentali occorre convincere l’intera massa dei contadini poveri della necessità della lotta contro l’imperialismo straniero. […] Solo quando l’istituzione contadina è posta sotto le parole d’ordine dell’anti-imperialismo possiamo sperare in un autentico successo.
Non occorre ribadire che la leadership deve appartenere al Partito della classe lavoratrice. Gli ultimi eventi nel campo del movimento operaio (scioperi straordinari) hanno mostrato chiaramente tutta l’importanza di un movimento operaio in Cina.
Il Partito Comunista è costantemente obbligato a spingere il Kuomintang verso la Rivoluzione contadina.


Il carattere della Rivoluzione cinese, che combina la rivoluzione antimperialista con quella contadina, e il ruolo dei lavoratori e del loro partito, il Partito Comunista, non potrebbe essere definito più adeguatamente di quanto abbia fatto questo documento ancora prima del vero inizio della Rivoluzione nel 1925. L’Internazionale Comunista, ancora guidata da Lenin, non sottovalutò mai il ruolo del proletariato nella Rivoluzione. Vide comunque che si trattava della Rivoluzione di un paese oppresso che insorgeva contro il giogo dell’imperialismo, e che la sua forza principale erano i contadini, la maggioranza della popolazione.
E Trockij? Fedele al suo disprezzo per i contadini, fu semplicemente incapace di vedere i milioni di contadini impoveriti e oppressi che stavano iniziando a formare comitati locali per combattere contro i latifondisti. Per lui i contadini non esistevano, perciò per lui la forza principale delle lotte rivoluzionarie in questo paese semi-feudale non esisteva.
Ancora nel 1920, dopo tre anni di eroica lotta, aveva questo da dire sui contadini e la Rivoluzione:

Numericamente, i contadini cinesi costituiscono una massa ancora più schiacciante di quelli russi; ma stritolati nella morsa delle contraddizioni mondiali, dalla cui soluzione in un modo o nell’altro dipende il loro destino, i contadini cinesi sono ancora meno capaci dei russi di esercitare il ruolo di guida. Al momento non è più una previsione teorica; è un fatto provato e riprovato da ogni lato. (Lev Trockij, Problemi della Rivoluzione cinese, p. 133)

Si noti l’espressione: “morsa delle contraddizioni mondiali”. Sembra che la contraddizione tra gli interessi di milioni di contadini e quelli di latifondisti e signori della guerra cinesi non appartenga alle contraddizioni mondiali; sembra che neppure la contraddizione tra gli interessi dei contadini e quelli degli oppressori e sfruttatori imperialisti appartenga alle contraddizioni mondiali. Sembra che i contadini debbano aspettare che qualche altra forza risolva i loro problemi.
Trockij non si accorse neppure del carattere antimperialista della Rivoluzione cinese. Mentre il suo disprezzo per i contadini come forza rivoluzionaria era un vecchio tratto rivelato dal suo atteggiamento verso la Rivoluzione russa, qui si rivela da un nuovo punto di vista. Non riuscì a vedere che la liberazione dal giogo del potere straniero era una questione di vita o morte per la stragrande maggioranza della popolazione della Cina. Quello che vide nella Rivoluzione non era affatto una rivoluzione: considerava l’intero movimento come un tentativo degli industriali cinesi di sbarazzarsi del controllo straniero sulle dogane, di stabilire un’“autonomia doganale”.
Con un approccio del genere poteva soltanto commettere errori, uno più grossolano dell’altro, e avanzare proposte che, se accolte, avrebbero condannato la Rivoluzione al disastro.
Fino alla metà del 1927 il Kuomintang, menzionato sopra nelle istruzioni dell’Internazionale Comunista, era un partito della rivoluzione nazionale. Fondato nel 1912 da Sun Yat-sen, guadagnò grande influenza e potere nei primi anni venti. Nel 1925 controllava la città meridionale di Canton e i territori confinanti, aveva un proprio esercito e la sua influenza cresceva. Inizialmente un partito di intellettuali e piccoli borghesi, attrasse presto un gran numero di contadini e operai. A metà del 1926 il suo esercito, guidato da Chiang Kai-shek, allora un rivoluzionario, iniziò la famosa marcia verso nord (la spedizione settentrionale).
Fu la più grande ondata rivoluzionaria che il mondo avesse mai visto fuori dalla Russia. In breve tempo gli eserciti rivoluzionari conquistarono le più importanti province della Cina: Hunan, Hubei, Jiangxi, Henan, Jiangsu, Zhejiang, eccetera. La marcia procedette dalle zone cinesi meno industrializzate alle più industrializzate e sviluppate. Ovunque arrivassero gli eserciti veniva organizzato un governo rivoluzionario, il dominio straniero era abolito, i privilegi stranieri limitati. La marcia verso nord fu accompagnata da una crescita straordinaria del movimento proletario. Ovunque ci fosse il governo rivoluzionario, la classe operaia emergeva dalla clandestinità in cui era stata confinata dai signori della guerra e iniziava a operare alla luce del sole. Organizzava sindacati; usava l’arma dello sciopero per migliorare la propria condizione. Il Partito Comunista crebbe in modo straordinario e organizzò grandi manifestazioni proletarie con decine di migliaia di partecipanti. Più ancora, i lavoratori si armarono qui e là nelle province liberate. Allo stesso tempo ci fu un grande sviluppo del movimento contadino. Milioni di contadini insorsero contro i latifondisti organizzando comitati dei poveri, rifiutandosi di pagare le rendite, fondando i loro governi locali nei villaggi, spesso attaccando le proprietà dei latifondisti e occupando le terre.
Fu una grande ondata rivoluzionaria che si abbatté su gran parte della Cina, spazzando via i signori della guerra e gli imperialisti e dando sfogo all’energia creativa rivoluzionaria degli operai e dei contadini.
Quale doveva essere l’atteggiamento dell’Internazionale Comunista e del Partito Comunista Cinese nei confronti di questa rivoluzione nazionale? Nel 1923 l’Internazionale chiese al Partito Comunista di “spingere il Kuomintang a sinistra”. Nel novembre 1926, nella Risoluzione del Settimo Plenum del Comintern, dichiarò:

Se il proletariato non avanzerà un programma agrario non sarà in grado di coinvolgere i contadini in una lotta rivoluzionaria e perderà l’egemonia nel movimento di liberazione nazionale.

Il Comintern insisté ripetutamente sullo sviluppo del movimento proletario rivoluzionario contro i capitalisti e del movimento contadino contro i latifondisti. Le istruzioni del Comintern al Partito Comunista Cinese, diffuse nel dicembre 1926, dicono:

La politica generale di ritirata nelle città e di limitazione della lotta degli operai per il miglioramento delle loro condizioni è scorretta. Nei villaggi la lotta deve essere sviluppata, ma allo stesso tempo è necessario sfruttare il momento favorevole per migliorare la posizione materiale e legale dei lavoratori, impegnandosi in ogni modo per dare alla loro lotta un carattere organizzato che escluda eccessi e imprudenze. In particolare è necessario impegnarsi perché la lotta nelle città sia diretta contro gli strati della grande borghesia e prima di tutto contro gli imperialisti, così che la piccola e media borghesia cinese sia mantenuta per quanto possibile all’interno del quadro di un fronte unito contro il nemico comune. […] Riteniamo necessario avvertire che decreti contro la libertà di sciopero e riunione tra lavoratori sono assolutamente inammissibili.

All’inizio del 1927 il Comintern disse nelle sue istruzioni:

È necessario puntare ad armare gli operai e i contadini, a trasformare i comitati contadini locali in veri organi di potere con autodifesa armata, eccetera.
È necessario che il Partito Comunista appaia ovunque come tale; la politica di semi-legalità volontaria è inammissibile; il Partito Comunista non deve apparire come un freno al movimento di massa; non deve celare la politica traditrice e reazionaria dell’ala destra del Kuomintang; ma il suo smascheramento deve mobilitare le masse attorno al Kuomintang e al Partito Comunista.


Da ciò è ovvio che mentre l’Internazionale Comunista lottava per ottenere il massimo sviluppo possibile della Rivoluzione contro l’imperialismo mondiale, lottava anche per ottenere il massimo guadagno per gli operai e i contadini dentro la Rivoluzione e attraverso la Rivoluzione.
Un uomo come Trockij, che non riusciva a comprendere i contadini antifeudali e la portata nazionale antimperialista della Rivoluzione, era costretto ad avanzare proposte controrivoluzionarie.
Propose che il Partito Comunista si ritirasse dal Kuomintang e formasse i soviet. Sostenne che il blocco antimperialista tra il proletariato e la borghesia durante la marcia verso nord fosse contrario al leninismo. Ribadì che la formazione immediata dei soviet fosse l’unica strada leninista.

Se all’inizio della campagna nel Nord avessimo iniziato a organizzare i soviet nei distretti “liberati” (e le masse lottavano istintivamente per questo) avremmo portato al nostro fianco l’insurrezione contadina, avremmo costituito il nostro esercito, avremmo danneggiato gli eserciti avversari e nonostante la sua giovane età il Partito Comunista Cinese sarebbe stato in grado, con una guida giudiziosa da parte del Comintern, di maturare in quegli anni di stress e arrivare al potere, se non in tutta la Cina in una volta, almeno in una parte considerevole di essa. E soprattutto avremmo avuto un partito. (Lev Trockij, Problemi della Rivoluzione cinese, p. 134)

Non dimentichiamoci che i soviet sono organi di potere. Trockij non li concepiva come organi della dittatura rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. Voleva saltare la fase storicamente necessaria della Rivoluzione e arrivare subito ai soviet come dittatura del proletariato.
Quale sarebbe stato il compito di tali organi? Sarebbero stati un governo diretto contro il governo nazionale. Avrebbero scatenato i contadini contro di sé, perché i contadini avrebbero visto, nel tentativo di sabotare il Kuomintang rivoluzionario in cui ancora avevano fiducia, un tentativo di interferire con la Rivoluzione contadina. Non sarebbero stati in grado di costituire un esercito sovietico perché la stragrande maggioranza dei contadini e gran parte degli operai credevano in Chiang Kai-shek, che all’epoca era un rivoluzionario. Non sarebbero stati in grado di danneggiare l’esercito di Chiang Kai-shek perché quell’esercito era impegnato in una rivoluzione vittoriosa. Non avrebbero rafforzato il Partito Comunista perché esso si sarebbe isolato dalle masse rivoluzionarie. Riguardo a prendere il potere in una parte considerevole della Cina, essi riuscirono a farlo proprio perché non si presentarono agli occhi delle masse come sabotatori della Rivoluzione nazionale, ma mostrarono alle masse in base alla propria esperienza che Chiang Kai-shek era un traditore.
La parola d’ordine dei soviet suona rivoluzionaria, ma in date circostanze, quando è impossibile da realizzare, il suo uso sarebbe stato un atto controrivoluzionario. Avrebbe tagliato le gambe alla Rivoluzione.
Riassumendo le esperienze della Rivoluzione cinese al Sesto Congresso dell’Internazionale Comunista, Kuusinen, uno dei dirigenti del Comintern, disse:

Bene, compagni, questo è soltanto il soggettivismo ultra-rivoluzionario alla massima potenza di un piccolo borghese impazzito, o che cosa? Non so cosa sia soggettivamente, ma so perfettamente quale sarebbe stato il significato oggettivo di una tale azione messa in pratica. Se avessimo tentato una cosa del genere, sarebbe stato il metodo più sicuro per provocare l’immediato collasso della Rivoluzione, o almeno del […] movimento contadino. Nella situazione attuale della Cina avanzare una parola d’ordine del genere poteva avere soltanto l’effetto di una provocazione. (Momenti del Sesto Congresso del Comintern, edizione tedesca, vol. III, p. 24)

Il fatto che nel marzo 1927 Chiang Kai-shek tradì la Rivoluzione e divenne uno strumento dell’imperialismo mondiale è sfruttato d Trockij per dimostrare il proprio acume. Non sapeva in precedenza che non si può fare affidamento sulla borghesia? Non aveva proposto i soviet? Finge di non sapere che una cosa è quando la borghesia tradisce la rivoluzione, e un’altra quando il Partito Comunista tenta di sabotarla. “Dimentica” che ciò che aveva proposto avrebbe portato a una guerra degli operai contro i contadini. Continua a ripetere ad nauseam che il Partito Comunista non poteva essere “un’appendice del partito della borghesia”. Attribuisce al Comintern la falsa affermazione che “milioni di operai e contadini potrebbero essere messi in movimento e guidati se solo la bandiera del Kuomintang venisse sventolata un po’ nell’aria” (Lev Trockij, La Rivoluzione cinese e le tesi di Stalin, 1927). Si è soltanto “dimenticato” di considerare una piccola cosa: quei milioni di contadini erano in realtà impegnati in una vera rivoluzione contadina contemporaneamente alla lotta del fronte unito antimperialista. Non ha mai capito le varie fasi di una rivoluzione e passa da una all’altra.
L’Internazionale Comunista era consapevole del fatto che la Rivoluzione non poteva fare affidamento sulla borghesia a lungo? Tutte le sue istruzioni sottolineano il fatto che, nonostante ci fosse un fronte unito, un blocco delle masse con la borghesia, il destino della Rivoluzione dipendeva dagli operai e dai contadini. Il Comintern consiglio agli operai e ai contadini di armarsi, e se necessario sfidare i leader del Kuomintang. Consigliò loro di formare comitati contadini, combattere la destra del Kuomintang e spingere il partito a sinistra, di far avanzare il Partito Comunista con coraggio. Avvertì i comunisti che era necessario sviluppare il movimento di massa, che da solo avrebbe salvato la Rivoluzione. “Altrimenti”, dicono le istruzioni del dicembre 1926, “la Rivoluzione è minacciata da un pericolo terribile”.
Il Partito Comunista Cinese, giovane, militante, ardente ma privo di esperienza, commise degli errori. Ci furono dirigenti comunisti che non si accorsero della necessità di un fronte rivoluzionario proletario indipendente. Ci furono dirigenti comunisti che dissero: “Non dobbiamo mettere in imbarazzo il fronte unito antimperialista con una Rivoluzione troppo contadina”. Ci furono comunisti che dissero: “Non devono esserci troppi scioperi perché allontanerebbero la borghesia dalla Rivoluzione”. Ci furono comunisti che, per la stessa ragione, esitarono ad armare i lavoratori. Furono commessi molti errori di questo tipo. Alcuni erano inevitabili, data la complessità e la novità della situazione. La dirigenza comunista dell’epoca era, a causa delle condizioni storiche, piccolo-borghese (dalle città) e intellettuale. Non si era ancora temprata nella lotta. Non aveva ancora assorbito pienamente i principi leninisti di disciplina comunista. Ma questo non significa affatto che la linea dell’Internazionale Comunista e di Stalin fosse sbagliata.
Al Sesto Congresso dell’Internazionale Comunista gli errori del Partito furono descritti così:

Il Partito Comunista Cinese ha sofferto una serie di gravi sconfitte, che sono legate a una serie di gravi errori opportunisti: l’assenza di indipendenza e libertà di critica riguardo al Kuomintang; la mancata comprensione della transizione da una fase della Rivoluzione all’altra e della necessità di prepararsi in tempo per la resistenza; infine, l’aver intralciato la Rivoluzione contadina. (Momenti del Sesto Congresso del Comintern, edizione tedesca, vol. IV, p. 40)

La linea del Comintern, comunque, era in accordo con gli insegnamenti di Lenin e gli interessi della Rivoluzione.
Lenin disse questo riguardo al supporto alla borghesia nazionale in una rivoluzione:

L’Internazionale Comunista deve stringere un’alleanza temporanea con la borghesia democratica delle colonie e dei paesi arretrati, ma non fondersi con essa e deve assolutamente conservare l’indipendenza del movimento proletario, sia pure nella forma più embrionale. (Lenin, “Tesi per il Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista”, Opere complete, vol. XXXI, p. 159)
Noi, come comunisti, dobbiamo sostenere e sosterremo i movimenti borghesi di liberazione nelle colonie solo nei casi in cui questi movimenti siano effettivamente rivoluzionari, in cui i loro rappresentanti non ci impediscano di educare ed organizzare nello spirito della rivoluzione i contadini e le grandi masse degli sfruttati. (Lenin, “Secondo Congresso dell’Internazionale Comunista”, Opere complete, vol. XXXI, p. 228)


Il movimento del Kuomintang dal 1926 fino al marzo 1927 era veramente rivoluzionario e i suoi rappresentanti non solo non impedirono ai comunisti di educare e organizzare le masse contadine e operaie nello spirito rivoluzionario, ma li blandirono persino. Così al Settimo Plenum del Comintern (nel novembre 1926) un portavoce di Chiang Kai-shek affermò: “Ciò per cui lotta il Kuomintang è che dopo la Rivoluzione nazionale in Cina non si crei un dominio borghese, come è successo in occidente e come vediamo in tutti i paesi eccetto l’Unione Sovietica. […] Siamo tutti convinti che sotto la guida del Partito Comunista e del Comintern il Kuomintang realizzerà il suo compito storico”. (Momenti del Settimo Plenum, edizione tedesca, p. 404)
L’Internazionale Comunista non si fece mai illusioni su un blocco duraturo del proletariato con la borghesia. Quello su cui insisteva era usare i rivoluzionari borghesi finché era possibile, allo scopo di raggiungere il massimo risultato.
Chiang Kai-shek tradì. Quando gli imperialisti iniziarono a bombardare Nanchino nel marzo 1927, Chiang si unì a loro contro i rivoluzionari. Perché? Perché la borghesia era spaventata dallo spettro di un eccessivo potere dei contadini e degli operai. Messa di fronte all’alternativa di soffrire nelle mani degli imperialisti stranieri o essere schiacciata dall’onda in piena delle rivolte proletarie, la borghesia scelse la prima strada. Chiang Kai-shek eseguì il volere dei suoi padroni, e si separò dal Kuomintang.
Qui inizia la seconda fase della Rivoluzione, quella di Wuhan. “La borghesia nazionale si allontanò dalla Rivoluzione mentre il movimento contadino cresceva verso una potente rivoluzione di decine di milioni di contadini” (Stalin). La sinistra del Kuomintang formò il governo di Wuhan. I comunisti vi parteciparono. Trockij, che non ha mai capito il passaggio di una rivoluzione da una fase all’altra, ora inverte la rotta e “consiglia” ai comunisti di partecipare al Kuomintang. “Siamo a favore che i comunisti lavorino e attraggano pazientemente gli operai e i contadini al proprio fianco”, dichiara nel suo opuscolo La Rivoluzione cinese e le tesi di Stalin (maggio 1927). Perché adesso? Le forze di Wuhan non erano diverse in linea di principio da quelle di Chiang Kai-shek prima del marzo 1927. Ma qui abbiamo una delle tante contorsioni che sono così tipiche di Trockij.
Che cos’era il periodo di Wuhan? Con insuperabile chiarezza Stalin spiegò questo nel suo discorso di fronte alla Sessione Plenaria del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo dell’Unione Sovietica del 1° agosto 1927:

Mentre nella prima fase la punta della rivoluzione era rivolta principalmente contro l’imperialismo straniero, il tratto caratteristico della seconda fase consiste nel fatto che la rivoluzione rivolge la sua punta principalmente contro i nemici interni, e innanzi tutto contro i signori feudali, contro il regime feudale.
È stato adempiuto nella prima fase i compito di abbattere l’imperialismo straniero? No, non è stato adempiuto. L’adempimento di questo compito è stato lasciato in eredità alla seconda fase della rivoluzione cinese. La prima fase ha dato alle masse rivoluzionarie soltanto la spinta iniziale contro l’imperialismo, per poi terminare il suo corso e trasmettere questo compito al futuro.
C’è da supporre che neanche nella rivoluzione non si riuscirà ad adempiere interamente il compito di cacciar via gli imperialisti. La seconda fase darà una nuova spinta alle grandi masse degli operai e dei contadini cinesi contro l’imperialismo, ma lo farà solo per lasciare il compimento dell’opera alla fase successiva, alla fase sovietica. (Stalin, “Sessione plenaria comune del CC e della CCC del PC(b) dell’URSS”, Opere complete, vol. 10, pp. 34-35)


Stalin, il leninista, comprese e spiegò ciò che era incomprensibile a Trockij: la transizione da una fase della rivoluzione all’altra. Previde che la fase successiva della rivoluzione sarebbe stata la fase sovietica. Sapeva che il blocco con la borghesia nel governo di Wuhan non sarebbe durato a lungo. Comunque, non poteva suggerire al Partito Comunista di porsi contro il regime di Wuhan. Sarebbe stato pericoloso per la Rivoluzione che ora aveva contro di sé, oltre ai signori della guerra e gli imperialisti, anche un’ampia parte della borghesia guidata da Chiang Kai-shek, il cosiddetto regime di Nanchino.
Perché era necessario per i comunisti restare nel governo di Wuhan? Secondo Stalin, il loro compito

consisteva nell’utilizzare in tutti i modi possibili l’organizzazione legale del Partito, del proletariato (sindacati), dei contadini (leghe) e della rivoluzione in generale.
Consisteva nello spingere i membri del Kuomintang di Wuhan a sinistra, dalla parte della rivoluzione agraria.
Consisteva nel fare del Kuomintang di Wuhan il centro della lotta contro la controrivoluzione, l’anima della futura dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. (Ibid., pp. 35-36)


In risposta alle richiesta dei trotskisti di formare immediatamente i soviet, Stalin spiegò che sarebbe stato “avventurismo”, un “avventuroso salto di fasi”, dato che avrebbe significato saltare la fase di sviluppo del Kuomintang di sinistra. “Il Kuomintang di Wuhan non si era ancora screditato e svelato agli occhi delle ampie masse di operai e contadini; non era ancora esaurito come organizzazione borghese-rivoluzionaria”.
Le rivoluzioni si muovono rapidamente. La seconda fase della Rivoluzione fu seguita da una terza alla fine del 1927. La borghesia divenne davvero completamente screditata agli occhi degli operai e dei contadini. Gran parte del territorio conquistato dalla marcia verso nord era adesso nelle mani del regime di Nanchino, che aveva al suo fianco anche la borghesia del regime di Wuhan. Il Partito Comunista, ora solo, guidava il movimento operaio e contadino. Le differenze di classe entrarono in gioco. La borghesia si ritirò dagli imperialisti stranieri per cercare rifugio, anche se a un prezzo mortale, contro l’ondata rossa della Rivoluzione agraria e proletaria. Il passo successivo della Rivoluzione erano, inevitabilmente, i soviet. La Rivoluzione democratica-borghese entrò nella fase della dittatura rivoluzionaria democratica del proletariato e dei contadini.
Il primo soviet fu organizzato a Canton dopo l’insurrezione armata dell’11 dicembre 1927. La Comune di Canton durò soltanto tre giorni. Fu soffocata nel sangue degli eroici combattenti dalle forze unite della borghesia cinese, dei latifondisti e degli imperialisti internazionali. Ma quella non fu la fine della Rivoluzione. Fu soltanto uno dei suoi passi indietro. Certo, nel territorio di Nanchino il Partito Comunista era costretto all’illegalità. Numerosi operai e contadini furono condannati a morte dal boia Chiang Kai-shek. Ma la Rivoluzione continuava a marciare. Anche prima della sconfitta della Comune di Canton, i comunisti cinesi guidati dai generali Yeh Tin, Ro Lung e Zhu De organizzarono una rivolta vittoriosa tra i migliori corpi dell’esercito del Kuomintang a Nanchang, nella provincia di Jianxi. Riuscirono a far schierare con il Partito Comunista una forza armata di circa 15.000 uomini, che fu il nucleo dei futuri eserciti rossi. Per un po’ gli eserciti rossi si ritirarono nelle regioni di montagna, ma già nel febbraio 1928 abbiamo un regime sovietico fondato nel distretto di Yongding, nella provincia di Fujian. A maggio c’è un congresso di operai, contadini e soldati rossi nello Jiangxi orientale. Tra settembre e ottobre abbiamo un regime sovietico nella provincia di Hunan. Da allora i soviet cinesi continuarono a crescere fino a raggiungere l’attuale fase di potere e consolidamento.
È impossibile sopravvalutare l’importanza di questo sviluppo di fronte alle difficoltà soverchianti. I soviet erano, e in larga parte sono ancora oggi, isolati dai grandi centri con le masse del moderno proletariato. Hanno sofferto invasioni e assedi. Numerose spedizioni furono organizzate contro di loro, non solo di natura militare ma anche propagandistica. La nuova Repubblica Sovietica dovette creare il suo esercito rosso e armarsi in un paese che non è altamente industrializzato. Le armi furono ottenute in gran parte con battaglie vittoriose contro le armate di Chiang Kai-shek. Eppure, che progresso straordinario!
Che cosa fu la Comune di Canton? L’Internazionale Comunista, nelle tesi per il Sesto Congresso, disse:

L’insurrezione di Canton, l’eroica battaglia di retroguardia del proletariato cinese nel periodo appena trascorso della Rivoluzione cinese, rimane, nonostante i gravi errori della dirigenza, il vessillo della nuova fase sovietica della Rivoluzione.

All’incirca nello stesso periodo in cui l’Internazionale Comunista stava abbozzando le tesi sul soviet di Canton come bandiera della nuova fase della Rivoluzione, Trockij dichiarò:

Il soviet [di Canton] che fu creato di fretta, solo per rispettare il rituale, era semplicemente il travestimento di un putsch avventurista. Perciò scoprimmo, quando tutto era finito, che il soviet di Canton era solo uno di quei vecchi draghi cinesi: era semplicemente disegnato su carta. (Lev Trockij, “L’insurrezione di Canton”, Problemi della Rivoluzione cinese, p. 157)

Stalin, chiaramente, si limitò a mettere in scena un rituale per dimostrare di essere un buon rivoluzionario. Fece un putsch per dimostrare di non essere peggio di Trockij! Ma Trockij non si lascerà ingannare. “Eravamo a favore della creazione dei soviet in Cina nel 1926. Eravamo contrari alla farsa dei soviet di Canton nel dicembre 1927” (Ibid.). Era a favore dell’industrializzazione e della collettivizzazione nel 1925 in Russia. Vede l’industrializzazione come un “travestimento” e la collettivizzazione come una “farsa” nel 1935. “Non ci sono contraddizioni qui”, dice. No, non ci sono contraddizioni. La politica di Trockij è sempre controrivoluzionaria; o propone la separazione delle forze rivoluzionarie o descrive una grande battaglia rivoluzionaria come una “farsa”. Quella “farsa di soviet” di Canton, ricordiamolo, fu una delle insurrezioni più eroiche degli operai e dei contadini. Più di 7.000 combattenti furono fucilati solo a Canton quando l’insurrezione fu stroncata.
Negli anni successivi al 1927 Trockij rifiuta di riconoscere la diffusione della Rivoluzione in Cina e la fondazione dei soviet. Ciò che in realtà è la transizione verso una fase superiore della Rivoluzione, per lui è la fine di ogni cosa: oscurità e sconfitta. Il desiderio è il padre del pensiero. In questo, la sua malignità confina con il grottesco. “Ho Lung e Yeh Tin, anche tralasciando la loro politica opportunista, non poterono evitare di essere degli avventuristi isolati, degli pseudo-comunista alla Machno [Machno era mezzo bandito e mezzo rivoluzionario durante la Rivoluzione russa], non poterono far altro che schiantarsi contro il loro isolamento, e si sono schiantati” (Problemi della Rivoluzione cinese, pp. 149-150). Questo è il modo in cui salutò la formazione del nucleo del futuro esercito rosso. Il rapporto del Partito Comunista Cinese al Sesto Congresso (nell’estate del 1928) sulla crescita del numero dei membri del Partito, un rapporto che mostrò che la Rivoluzione non era sconfitta, fu definito da Trockij come “un’informazione mostruosa” che meritava una “confutazione indignata” (Ibid., p. 160). Non poté affatto confutare le cifre, ma allora trovò un altro problema: la maggioranza dei nuovi membri, disse, erano contadini, e perciò il Partito Comunista Cinese “ha cessato di essere in conformità con la sua destinazione storica” (Ibid., p. 161), cioè in conformità con la pretesa di Trockij che i contadini non possano avere un ruolo rivoluzionario. La Rivoluzione, secondo lui, è persa. “Al momento la rivoluzione è rimandata a un futuro indefinito. E inoltre, le conseguenze della sua sconfitta non sono ancora completamente esaurite” (Ibid., p. 177, ottobre 1928).
La formazione dei soviet nel 1929 fu trattata da lui come uno scherzo. “Forse i comunisti cinesi sono insorti perché hanno ricevuto gli ultimi commenti di Molotov sulla risoluzione a proposito del ‘terzo periodo’. […] Questa insurrezione nasce dalla situazione della Cina, o piuttosto dalle istruzioni sul ‘terzo periodo’?” (Ibid., p. 233, novembre 1929).
Mentre gli operai e i contadini cinesi guidati dai comunisti combattevano eroicamente e sacrificavano le loro vite sui campi di battaglia per fondare il potere sovietico, Trockij, al sicuro ad Alma Ata, dava sfogo al suo odio velenoso contro Stalin e i comunisti. Oh, alla fine svelò il segreto di Ho Lung, Yeh Tin e l’insurrezione di Canton del 1927, e anche il sinistro significato della formazione dei soviet nel 1929. “Le campagne avventurose di Ho Lung e Yeh Tin nel 1927 e l’insurrezione di Canton [erano] programmate per il momento dell’espulsione dell’opposizione dal Partito Comunista Russo” (Ibid., pp. 233-234): furono organizzate, cioè, per distogliere l’attenzione dei lavoratori; in sé non erano nulla. Riguardo alla formazione dei soviet in alcune aree della Cina nel 1929, questo è il segreto, e la sua rivelazione rende Trockij decisamente allarmato:

I comunisti cinesi sono insorti a causa della conquista da parte di Chiang Kai-shek delle ferrovie orientali? Questa insurrezione, interamente partigiana nella sua natura, ha come scopo sorprendere alle spalle Chiang Kai-shek? Se così stanno le cose, ci chiediamo chi abbia dato un tale consiglio ai comunisti cinesi. Chi ha la responsabilità politica del passaggio alla guerriglia? (Ibid., p. 235)

Si noti la doppia malizia: la noncuranza per una delle conquiste più grandi della Rivoluzione mondiale e il disprezzo per la sicurezza dell’Unione Sovietica. Trockij è contro la difesa delle frontiere sovietiche da parte degli operai e i contadini cinesi (forse sarebbe stato contento se le forze di Chiang Kai-shek fossero riuscite a colpire l’Unione Sovietica?). Afferma:

Il proletariato sovietico, che ha il potere e le marmi nelle sue mani, non può chiedere che l’avanguardia del proletariato cinese inizi subito una guerra contro Chiang Kai-shek, cioè che usi i mezzi che lo stesso governo sovietico, correttamente, non ritiene possibile applicare. (Ibid., p. 234)

Questo la dice lunga sull’atteggiamento di Trockij riguardo all’Unione Sovietica. Incidentalmente, l’attacco degli imperialisti alle ferrovie orientali cinesi fu fermato da un’azione rapida e decisa dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica, l’esercito degli operai e dei contadini.
Come al solito Trockij fa previsioni, e le sue previsioni sono stupide. Così vede entro la fine del 1929 “la prospettiva di una terribile debacle e di una degenerazione avventurista dei resti del Partito Comunista”. Che sia successo il contrario non è colpa di Trockij.
Basta con le codardie di un controrivoluzionario impazzito. Potremmo citare molti altri esempi per mostrare che quest’uomo è un acerrimo nemico della Rivoluzione cinese, che è incapace di vedere nei soviet cinesi una conquista rivoluzionaria, che ancora nell’agosto 1930 dichiara che “i contadini sono incapaci di creare indipendentemente il proprio governo sovietico”, che la guida dei soviet cinesi, secondo lui, non sarebbe nelle mani del Partito Comunista ma “è stata consegnata a qualche altro partito politico”, eccetera. Ma le perle citate fin qui saranno sufficienti per descrivere questo nemico della Rivoluzione mondiale.
Comunque, un caso va citato per completare il quadro. Dopo il 1928 Trockij inizia improvvisamente a predire la stabilizzazione economica della Cina sotto il regime di Nanchino, l’aumento delle sue forze produttive, un’autentica “ripresa economica” e di conseguenza “una relativa stabilizzazione (politica) borghese”, che è “radicalmente diversa da una situazione rivoluzionaria”. Non abbiamo bisogno di insistere sul fatto che oggi la Cina è in una crisi più profonda e che le forze rivoluzionarie stanno crescendo molto in fretta nell’area di Nanchino. Quello che ci interessa è la parola d’ordine di Trockij, “Per un’Assemblea Costituente”:

Il Partito Comunista può e deve formulare la parola d’ordine di un’Assemble Costituente con pieni poteri, eletta a suffragio universale, equo, diretto e segreto. (Ibid., p. 189, scritto nell’ottobre 1928)

Niente più Rivoluzione. Niente più soviet. Niente più armi agli operai e ai contadini. Il Partito Comunista dovrebbe iniziare, dice Trockij, “dall’inizio”, e ciò significa aiutare la borghesia a consolidare il potere statale, aiutare la borghesia a unire tutta la Cina sotto un’unica Assemblea Costituente, formare un’opposizione, legale per sua natura, all’interno del parlamento borghese.
Un controrivoluzionario sconfitto smascherato dal corso della Rivoluzione e con la bava alla bocca a causa della sua debolezza: questo è diventato Trockij riguardo alla Rivoluzione cinese. Al suo odio per l’Unione Sovietica si è aggiunto l’acre odio per la Cina sovietica. Quando vede la due cose insieme, quando vede i comunisti cinesi alzare la parola d’ordine di una guerra nazionale rivoluzionaria contro l’imperialismo giapponese, si muove per “mettere in guardia” nello stesso modo in cui ha “messo in guardia” contro la difesa delle ferrovie cinesi orientali.
Stava cercando di trarre profitto dagli errori del Partito Comunista Cinese, ora cerca di nascondere i suoi successi storici mondiali. Evita comunque con attenzione di nominare una cosa: il dirigente comunista cinese responsabile più di ogni altro degli errori opportunisti del Partito era un uomo di nome Chen Duxiu, che fu poi espulso e divenne il leader dei controrivoluzionari trotskisti in Cina.
___
[4] - Guānyīn è il nome cinese di Avalokiteśvara, bodhisattva della grande compassione secondo il buddismo mahāyāna. [N.d.t.]
[5] - Città portuali aperte al traffico commerciale grazie a trattati ineguali tra i paesi imperialisti e quelli semi-coloniali, ovviamente a condizioni vessatorie per questi ultimi. [N.d.t.]

Edited by Sandor_Krasna - 31/1/2015, 02:21
 
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