Comunismo - Scintilla Rossa

Trotskismo: controrivoluzione mascherata (1935), Moissaye J. Olgin

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Sandor_Krasna
view post Posted on 22/12/2014, 02:21 by: Sandor_Krasna
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4. Socialismo in un solo paese

La negazione della possibilità del socialismo in un solo paese è la base di tutte le idee e le politiche del trotskismo. La negazione, a sua volta, comprende due premesse:
1. la negazione della possibilità di una rivoluzione proletaria vittoriosa in un solo paese quando non c’è una rivoluzione simultanea in uno o più altri paesi;
2. la negazione della possibilità di costruire il socialismo in un paese dove si è svolta una rivoluzione proletaria se non ci sono rivoluzioni simultanee in altri paesi.
Questo è contrario ai fatti storici e all’essenza stessa della concezione leninista della rivoluzione proletaria.
Iniziamo da quest’ultima.
La concezione leninista della rivoluzione proletaria nasce dall’analisi della presente fase capitalista come imperialismo, la fase della decadenza del capitalismo, l’“agonia del capitalismo”. Le caratteristiche principali della fase imperialista del capitalismo, secondo il leninismo, sono:
1. il dominio del capitale finanziario nei paesi a capitalismo avanzato; l’esportazione di capitali nei paesi arretrati che rappresentano fonti di materie prime; un’oligarchia finanziaria onnipotente e oppressiva;
2. la crescita di “sfere di influenza” del capitale finanziario e dei suoi possedimenti coloniali fino alla formazione di un “sistema mondiale di legami finanziari e dell’oppressione coloniale dell’ampia maggioranza dell’umanità da parte di una manciata di paesi avanzati”;
3. l’inevitabilità di violente lotte tra quei paesi che hanno già preso possesso dei territori del globo e quelli che desiderano ottenere la loro “parte”: una lotta per la ripartizione del mondo.
La prima delle caratteristiche dell’imperialismo elencate implica “un’intensificazione della crisi rivoluzionaria nei paesi capitalisti e la crescita degli elementi di un’esplosione del fronte interno rivoluzionario al loro interno”. La seconda caratteristica porta a “un’intensificazione della crisi rivoluzionaria nei paesi coloniali e un’accumulazione degli elementi di scontento verso l’imperialismo nel fronte esterno, il fronte coloniale”. La terza caratteristica include il concetto di “inevitabilità della guerra sotto l’imperialismo e l’inevitabilità di una coalizione tra la rivoluzione proletaria in Europa e la rivoluzione coloniale in Oriente, portando così alla formazione di un fronte unito mondiale delle rivoluzioni contro il fronte mondiale dell’imperialismo”. (Si veda Lenin, Imperialismo, fase suprema del capitalismo; Stalin, Principi del leninismo; Programma dell’Internazionale Comunista)
Da questa analisi consegue che esiste un sistema imperialista dell’economia mondiale che rappresenta una unità integrale, che questa unità è continuamente spinta alla divisione e all’esplosione dalle sue contraddizioni interne, e che la rivoluzione proletaria che matura ovunque, anche in paesi relativamente arretrati perché il sistema complessivo è maturo per essa, potrebbe spezzare la catena dell’imperialismo mondiale nel suo anello debole.
La concezione dell’imperialismo come sistema integrato e della rivoluzione proletaria che scoppia dove l’imperialismo è più debole fornisce la chiave per comprendere la rivoluzione proletaria.
Ma ciò significa che in un primo momento la rivoluzione si svolgerà inevitabilmente in un solo paese. Altri paesi potrebbero seguirlo, ma la regola sarebbe una rivoluzione in un solo paese, dove per una ragione o l’altra l’imperialismo non può più impedire l’emergere delle forze rivoluzionarie.
Tutto questo è l’ABC e dovrebbe essere noto a tutti coloro che conoscono i fondamenti del leninismo. Ma il trotskismo nega proprio questo.
Troskij concentrò i suoi attacchi contro la teoria leninista dello “sviluppo ineguale del capitalismo”. È in questi termini che Lenin riassunse i suoi insegnamenti sulla fase imperialista del capitalismo, ed è proprio lo sviluppo ineguale del capitalismo che Trockij nega.
Che cos’è lo sviluppo ineguale del capitalismo? Stalin, che più di chiunque altro dopo Lenin si è occupato dello sviluppo della teoria leninista dell’imperialismo e della rivoluzione mondiale, lo spiega in questo modo.
Lo sviluppo ineguale del capitalismo non consiste nel fatto che alcuni paesi sono economicamente più avanzati di altri; in altre parole, sviluppo ineguale non significa diversi gradi di sviluppo dei paesi capitalisti; inoltre, queste differenze nel grado di sviluppo tendono a diminuire nell’epoca presente: è in corso un processo di livellamento delle differenze nel grado di progresso economico dei vari paesi, con i più arretrati che lottano per raggiungere e superare i paesi avanzati. E neppure lo sviluppo ineguale del capitalismo consiste soltanto nel fatto che alcuni paesi raggiungono il livello di altri e li superano come per evoluzione. Questi cambiamenti nelle posizioni relative dei vari paesi non sono una caratteristica peculiare dell’imperialismo: è noto che sono accaduti anche in epoca precedente all’imperialismo.

La legge dello sviluppo ineguale nel periodo dell’imperialismo significa sviluppo a sbalzi di alcuni paesi in confronto ad altri, rapida cacciata dal mercato mondiale di alcuni paesi ad opera di altri, ripartizioni periodiche del mondo già spartito attraverso conflitti armati e catastrofi militari, approfondimento e inasprimento dei conflitti nel campo dell’imperialismo, indebolimento del fronte del capitalismo mondiale, possibilità di rottura di questo fronte da parte del proletariato di singoli paesi, possibilità della vittoria del socialismo in singoli paesi. (Stalin, “Ancora sulla deviazione socialdemocratica nel nostro partito”, Opere complete, vol. IX, pp. 127-128)

Due anni prima della Rivoluzione del 1917 Lenin, criticando la parola d’ordine degli “Stati Uniti d’Europa” avanzata da alcuni bolscevichi all’inizio della guerra, la rifiutò proprio perché implicava l’impossibilità del socialismo in un solo paese. L’idea degli Stati Uniti d’Europa sotto il capitalismo, disse Lenin, era impossibile o reazionaria perché equivaleva a un accordo per spartirsi le colonie. Gli Stati Uniti del Mondo (e non della sola Europa) erano, secondo Lenin, la forma statale di unione e libertà nazionale che i comunisti legavano al socialismo, finché la totale vittoria del comunismo non avrebbe portato alla totale scomparsa dello Stato.

La parola d'ordine degli Stati Uniti del mondo, come parola d’ordine indipendente, non sarebbe forse giusta, innanzitutto perché essa coincide con il socialismo; in secondo luogo, perché potrebbe ingenerare l’opinione errata dell'impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese [corsivo nostro] e la concezione errata dei rapporti di tale paese con gli altri. (Lenin, “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, Opere complete, vol. XXI, p. 314)

Lenin poi afferma:

L’ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo [corsivo nostro]. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo all'inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio paese la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, spingendole ad insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici ed i loro Stati. […] Impossibile la libera unione delle nazioni nel socialismo senza una lotta ostinata, più o meno lunga, fra repubbliche socialiste e Stati arretrati. (Ibid.)

Trockij nega lo sviluppo ineguale dei paesi capitalisti nella fase imperialista. Nega l’intera analisi leninista dell’imperialismo che forma un tutto integrato che deve essere spezzato dalla rivoluzione proletaria nel suo punto debole. Pensa che le contraddizioni interne ed esterne dell’imperialismo non siano abbastanza forti da rendere possibile la rottura del fronte imperialista in un singolo paese. Pensa che le forze della rivoluzione proletaria non siano abbastanza forti da spezzare il fronte imperialista in un singolo paese. Fedele alla sua abitudine di ricoprire il disfattismo con una fraseologia rivoluzionaria, propone l’idea della rivoluzione in un paese supportata dalle rivoluzioni in altri paesi, ma questo non può cancellare il fatto che egli abbia detto ai lavoratori di tutti i paesi: “voi non potete fare una rivoluzione da soli; sarete certamente sconfitti; aspettate che inizino altri paesi; se non c’è una rivoluzione altrove, siete condannati”. Il che equivale a negare la possibilità di ogni rivoluzione.
Accade al tempo in cui la prima Rivoluzione (1905) non era ancora finita, anche se stava declinando, mentre i bolscevichi con Lenin facevano ogni sforzo per tenere in vita le organizzazioni dei lavoratori sotto i colpi della reazione crescente; quando i bolscevichi facevano il possibile per riconoscere il valore di ciò che stava succedendo, per analizzare le forze della Rivoluzione, capire le ragioni della sconfitta delle forze rivoluzionarie e preparare le masse a nuove battaglie che erano inevitabili, dato che la Rivoluzione non aveva raggiunto i suoi obiettivi. Fu proprio in quel contesto che Trockij se ne uscì con questa previsione:

Senza il supporto statale diretto del proletariato europeo, la classe operaia di Russia non può mantenere il potere e trasformare il suo governo temporaneo in una dittatura socialista durevole. Su questo non possiamo avere dubbi nemmeno per un istante. (Trockij, La nostra rivoluzione, edizione russa, 1906, p. 278)

Che cosa afferma qui Trockij? Dice ai lavoratori che, anche se per coincidenza si trovassero in possesso del potere statale, essi non sarebbero in grado di mantenere quel potere. Avrebbero bisogno, sostiene, del supporto stata del proletariato europeo, cioè del supporto del proletariato europeo in possesso del potere statale. In assenza di quel supporto, la riuscita di una rivoluzione in Russia è impossibile, ed è inutile per i lavoratori russi tentare di prendere il potere. Trockij è d’accordo con i menscevichi che, non considerando la natura imperialista del capitalismo attuale, sono ancora attaccati alla vecchia idea che il movimento proletario rivoluzionario debba essere più forte nei paesi a capitalismo più avanzato. Trockij, insieme ai menscevichi, non considera lo sviluppo ineguale del capitalismo che spiega perché i movimenti rivoluzionari possono essere più forti dove la catena imperialista è più debole, non necessariamente nei paesi capitalisti più avanzati.
Ecco la risposta di Trockij alla teoria leninista dello sviluppo ineguale del capitalismo. La scrisse nel suo opuscolo del 1917 Programma di pace. La ripubblicò nel 1924 nelle sue Opere complete, ritenendola ovviamente corretta.

L’unica considerazione storica più o meno concreta mossa contro la parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa venne formulata sullo svizzero Social-Democrat [organo bolscevico] in questa frase: “Lo sviluppo economico e politico ineguale è una legge assoluta del capitalismo”. Da questo il Social-Democrat trasse la conclusione che la vittoria del socialismo fosse possibile in un solo paese, e che perciò non avesse senso considerare la creazione degli Stati Uniti d’Europa la condizione per la dittatura del proletariato in ogni singolo paese. Che lo sviluppo del capitalismo nei diversi paesi sia ineguale è un fatto assolutamente incontrovertibile. Ma questa stessa ineguaglianza è essa stessa estremamente ineguale. Il livello capitalista di Inghilterra, Austria, Germania o Francia non è identico. Ma a paragone con l’Africa o l’Asia tutti questi paesi rappresentano l’“Europa” capitalista, che è matura per la rivoluzione sociale. Che nessun singolo paese debba “attendere” gli altri nella propria lotta è un’idea elementare che è utile e necessario ripetere, al fine di evitare la sostituzione dell’idea dell’azione internazionale simultanea con quella dell’inazione internazionale attendista. Senza attendere gli altri, noi iniziamo e continuiamo la nostra lotta sul nostro suolo nazionale, sicuri che la nostra iniziativa darà impeto alla lotta negli altri paesi; ma se questo non dovesse succedere, allora sarebbe inutile, alla luce dell’esperienza storica e delle considerazioni teoriche, pensare per esempio che una Russia rivoluzionaria possa resistere di fronte all’Europa conservatrice o che una Germania socialista possa rimanere isolata nel mondo capitalista. (Lev Trockij, Opere complete, edizione russa, vol. III, parte I, pp. 89-90)

Si noti il riferimento a una sola frase. L’unica “considerazione storica più o meno concreta”, dice Trockij, contro la parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa e a favore della possibilità di una rivoluzione proletaria vittoriosa in un singolo paese si trova in una sola frase. Trockij ignora l’intera teoria leninista dell’imperialismo come fase del capitalismo decadente, del capitalismo morente. L’intera teoria leninista della rivoluzione per lui non esiste. Cancella il riferimento allo sviluppo economico ineguale affermando che i principali paesi europei sono tutti maturi per la rivoluzione sociale. Quello che non nota è, da un lato, la contraddizione tra Inghilterra, Austria, Germania o Francia, e dall’altro le contraddizioni tra quei paesi e le loro colonie e sfere di influenza. Per lui la rivoluzione non è il risultato di quelle contraddizioni, della rottura del fronte imperialista in questo o quel paese. Per lui la rivoluzione arriva simultaneamente o quasi simultaneamente nei paesi più avanzati, oppure non arriva affatto. Dato che le rivoluzioni non avvengono in questo modo, è ovvio che Trockij non vede la possibilità di una rivoluzione. Occorre ricordare che questo fu pubblicato nel 1924, sette anni dopo la Rivoluzione d’ottobre. Era inutile, disse Trockij, pensare che la Rivoluzione in Russia potesse “resistere” di fronte all’Europa conservatrice.
Questo è, come lo definì Stalin, “un peccato contro la realtà”. Il fatto che il proletariato dell’Unione Sovietica avesse mantenuto il potere per sette anni di fronte all’Europa capitalista avrebbe dovuto convincere chiunque della correttezza della teoria leninista sulla vittoria della rivoluzione socialista in un singolo paese. Ma cosa sono i fatti storici per Trockij? Ancora oggi si attacca alla sua fallimentare teoria dell’impossibilità del socialismo in un solo paese.
Quando i leninisti parlano della rivoluzione socialista in un solo paese non negano il supporto e l’assistenza rivoluzionari provenienti dalle masse di altri paesi. È ben noto che senza l’aiuto delle masse nei paesi capitalisti l’Unione Sovietica non avrebbe potuto resistere. Questo stesso aiuto alla dittatura del proletariato da parte delle masse dei paesi capitalisti è una delle contraddizioni dell’imperialismo: la situazione nei paesi capitalisti potrebbe non essere matura per una rivoluzione, ma i lavoratori e gli altri sfruttati sono abbastanza rivoluzionari da rendersi conto che la dittatura del proletariato in Unione Sovietica è la più grande conquista del proletariato mondiale, e sono abbastanza determinati da combattere l’imperialismo dei loro paesi a difesa della patria dei lavoratori.
D’altro lato, la teoria leninista non nega la possibilità che la dittatura del proletariato di un singolo paese venga schiacciata da un’azione concertata dell’imperialismo mondiale, anche se la probabilità di un attacco del genere diminuisce con la crescita dell’Unione Sovietica e del movimento rivoluzionario nel mondo capitalista, comprese le colonie. Ma, essendo rivoluzionari, i leninisti si chiedono: che cosa farebbe il Partito proletario in una situazione rivoluzionaria in cui c’è la possibilità di un attacco vittorioso allo Stato capitalista, la possibilità di una presa di potere da parte del proletariato? I leninisti dicono che in quelle condizioni è un dovere per i lavoratori prendere il potere. I trotskisti dicono che i lavoratori devono prima assicurarsi che ci sia la possibilità di una rivoluzione in altri paesi; se questa possibilità non c’è, i lavoratori non devono prendere il potere. I leninisti sono proletari rivoluzionari. I trotskisti tendono a disarmare il proletariato per impedirgli di sfruttare la situazione rivoluzionaria.
Come ha potuto Trockij ignorare l’esistenza dell’Unione Sovietica? I lavoratori russi non presero il potere sotto la guida dei bolscevichi nell’ottobre 1917, “di fronte all’Europa conservatrice”? Non fu quella una rivoluzione in un solo paese? I lavoratori non sono stati al potere per così tanti anni?
Trockij non può ignorare il fatto che sta di fronte a lui, ma lo aggira per sostenere la sua “teoria” originale sull’impossibilità di una rivoluzione socialista vittoriosa in un singolo paese. Ciò che esiste in Unione Sovietica, per lui, non è una vera rivoluzione socialista; quello che viene fatto in Unione Sovietica non è la costruzione del socialismo.
Nella postfazione del 1922 del suo opuscolo Programma di pace scrive:

L’asserzione, ripetuta molte volte nel Programma di pace, che la rivoluzione proletaria non può arrivare a una conclusione vittoriosa all’interno dei confini di un solo paese potrebbe apparire, agli occhi di alcuni lettori, confutata dall’esperienza quasi quinquennale della nostra Repubblica Sovietica. Ma questa conclusione non avrebbe basi. Il fatto che lo Stato dei lavoratori abbia resistito contro il mondo intero in un singolo paese, e per di più in un paese arretrato, testimonia la colossale potenza del proletariato, che in altri paesi più avanzati, più civilizzati, sarà capace di realizzare autentiche meraviglie. Ma anche se come Stato abbiamo resistito dal punto di vista politico e militare, non abbiamo ancora iniziato a lavorare per creare una società socialista e non ci siamo neppure avvicinati a questa fase. Finché la borghesia rimane al potere in altri paesi europei siamo costretti, nella nostra lotta contro l’isolamento economico, a fare accordi con il mondo capitalista; allo stesso tempo si potrebbe dire con certezza che questi accordi potrebbero al massimo aiutarci a curare alcuni dei nostri mali economici, a fare questo o quest’altro passo avanti, ma quell’autentica avanzata nella costruzione dell’economia socialista in Russia sarà possibile solo dopo la vittoria del proletariato nei più importanti paesi europei. (Lev Trockij, Opere complete, edizione russa, vol. III, parte I, pp. 92-93)

Questo è il modo in cui Trockij liquida i successi della Rivoluzione proletaria in Russia. Si sbaglia ma accumula un’affermazione fantastica sopra l’altra per coprire il suo errore originale. I lavoratori hanno mantenuto il potere in Russia; la Rivoluzione proletaria ha resistito di fronte a un mondo ostile, ma Trockij deve sempre avere ragione. È la Rivoluzione che, nella sua interpretazione, si sbaglia sempre. Il socialismo in Russia non può essere costruito senza la vittoria del proletariato “nei più importanti paesi europei”. Ciò che viene costruito in Russia, quindi, non è socialismo.
Così scrisse nel 1922, e così scrive ancora nel 1935, quando dichiara che l’Unione Sovietica si sta avvicinando alla “crisi generale”:

Le crisi politiche convergono verso la crisi generale, che si fa strada e si esprime nel fatto che, nonostante il titanico spreco di energie da parte delle masse e i più grandi successi tecnologici, i risultati economici sono ancora molto arretrati e la stragrande maggioranza della popolazione continua a condurre un’esistenza all’insegna della povertà. (Lev Trockij, L’assassinio di Kirov, 1935, p. 12)

Eccoci di fronte al cuore del metodo di Trockij. Per provare che il socialismo in un solo paese è impossibile, tenta di dimostrare che tutti i risultati dell’Unione Sovietica sono il contrario della costruzione del socialismo. Per rafforzare i suoi argomenti, guida la controrivoluzione che tenta di danneggiare la costruzione socialista e distruggere l’Unione Sovietica. Trockij resta sempre fedele a se stesso.

Edited by Sandor_Krasna - 24/2/2015, 02:33
 
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