Comunismo - Scintilla Rossa

L'insurrezione armata, A. Neuberg

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view post Posted on 30/11/2012, 13:43




II carattere delle operazioni degli insorti nel corso dell'insurrezione

Osservazioni preliminari

Nel precedente capitolo abbiamo insistito sui problemi che si pongono con la tattica dei combattimenti negli abitati nel senso stretto dell'espressione: il baricentro di quel capitolo era infatti l'esposizione dei grandi principi tattici che devono infor¬mare la formulazione di un piano che preveda le primissime azioni di sorpresa del proletariato all'inizio dell'insurrezione.
È difficile però immaginarsi una situazione in cui il proletariato possa in un sol colpo, in un'esplosione repentina, breve e pos¬sente, infrangere la macchina governativa della classe dominante nel momento del suo declino, annientandone la forza armata, l'e¬sercito regolare, la polizia e le formazioni paramilitari che la so¬stengono. In ogni caso una situazione del genere può presentarsi solo al livello dell'eccezione già in una città isolata, per non par¬lare di un intero paese.
Le azioni iniziali delle forze armate del proletariato, in pre¬senza di un nemico non ancora definitivamente compromesso nelle sue contraddizioni interne e tuttora in possesso di qualche possi-bilità di difendere la sua situazione egemonica, possono e devono — con la confisca delle armi e l'armamento del grosso degli ope¬rai e degli elementi proletari disposti a battersi e a morire per la rivoluzione, con l'organizzazione di ammutinamenti presso la trup¬pa e la conquista dei soldati alla causa rivoluzionaria, con l'occu¬pazione degli obbiettivi tattici predominanti e la liquidazione fisica di almeno una parte dei dirigenti controrivoluzionari — infliggere al nemico di classe il più grave colpo materiale e psico¬logico possibile, al fine di ottenere il più favorevole rapporto di forze possibile e condizioni che consentano di proseguire con successo la lotta per il definitivo trionfo del potere proletario.
L'esperienza delle insurrezioni armate conferma categoricamente la giustezza di questo principio. Tuttavia, poiché anche il nemico si prepara a una lotta accanita, e visto che anche per il nemico l'esperienza del passato non è stata inutile, pensare di potersi sbarazzare dell'avversario con un unico colpo fulminante significa sperare in un evento praticamente irrealizzabile. Il pro¬letariato, preparandosi all'insurrezione, deve sapere di accingersi a una lotta armata più o meno prolungata, prima di riuscire a infrangere definitivamente la resistenza delle classi egemoni.
Le condizioni di lotta che si presenteranno dopo l'improvvisa entrata in azione dell'organizzazione tattica saranno essenzial¬mente diverse da quelle di prima. All'atto dello scatenamelo dell'insurrezione (inizio delle ostilità da parte delle forze armate del proletariato), purché l'insurrezione sia stata ben preparata, l'iniziativa apparterrà al proletariato. Le classi dirigenti avranno certamente un vago sentore del movimento che si prepara, ma se l'insurrezione è stata opportunamente predisposta e organizzata, nella necessaria segretezza, l'avversario non saprà, pur presentendo l'avvicinarsi della battaglia decisiva, né quando né in quale ordine la battaglia stessa avrà luogo. Ben diversamente andranno le cose dopo i primi colpi inferti sugli obbiettivi prestabiliti dall'organiz¬zazione tattica. A partire da questo momento, le due parti entrano in stato di guerra civile dichiarata e implacabile. Da questo mo-mento in poi ogni altra forma di lotta di classe va subordinata alla lotta armata; tutta la normale vita cittadina si arresta, la pub¬blica opinione si concentra e si sofferma sulle operazioni militari dei belligeranti.
Converrà applicare tattiche diverse a seconda delle circo¬stanze. La lotta armata, in caso d'insurrezione proletaria, assume tutti i caratteri del combattimento negli abitati. La tattica del combattimento negli abitati non è che una varietà della tattica militare in genere ed obbedisce pertanto, nel suo complesso, agli stessi principi che regolano la tattica degli eserciti in campo aperto.
Scopo del presente capitolo è di esporre i principi fondamen¬tali di tattica da applicare nei casi diversi che si possono presen¬tare nel corso dei combattimenti negli abitati, tenendo conto delle particolarità specifiche di questa tattica quando essa sia mes¬sa in pratica dagli insorti, cioè da forze armate irregolari nel mo¬mento insurrezionale. Nel capitolo precedente avevamo trattato con sufficiente dettaglio di certi fattori comuni, quali il principio della sorpresa, quello dei successi parziali, quello della concentra¬tone del grosso delle forze nella direttrice principale d'attacco, quello dell'iniziativa e della tenacia in battaglia. Su questi elementi tattici non dovremo più tornare, dopo averne però ricordato l'im¬portanza generale.
In caso d'insurrezione proletaria la durata dei combattimenti negli abitati dipende da condizioni molteplici, ma soprattutto dal rapporto delle forze contrapposte. La durata varierà comunque a seconda delle circostanze. L'esperienza dimostra l'inutilità di con¬tare sull'eccessiva rapidità. A Mosca nel 1917 i combattimenti nelle strade si protrassero per più di una settimana, ad Amburgo e a Canton per oltre due giorni, a Sciangai per 38 ore. A Reval du¬rarono solo tre o quattro ore, ma solo perché il rapporto delle forze contrapposte era troppo chiaramente a sfavore degli insorti.
Nelle condizioni di cui teniamo ora conto, i combattimenti nell'abitato, miranti all'eliminazione fisica del nemico, assumono un carattere di assoluta implacabilità. Ogni sentimento di uma¬nità manifestato dal proletariato durante la lotta armata nei con¬fronti del suo nemico di classe non fa che creare nuove difficoltà, rischiando di provocare, in caso di condizioni sfavorevoli, il falli¬mento dell'azione.1
La borghesia ha perfettamente assimilato questo precetto. Ogni insurrezione volta a sfavore del proletariato dimostra con quale disumana crudeltà le classi dirigenti trattino il loro nemico di classe. E la stessa crudeltà la applicano durante la lotta armata.
L'esperienza delle rivoluzioni proletarie di Germania e di Russia permettono a un teorico militare della borghesia tedesca, W. Balle, di esprimersi a questo proposito nei seguenti termini:

L'arresto in massa degli insorti, per mancanza di spazio sufficiente, crea gravi inconvenienti. Ordini opportuni indicheranno il modo di trat¬tare gli insorti colti con le armi in pugno. In ogni caso i ribelli non pos¬sono attendersi un'eccessiva clemenza da parte degli ufficiali e dei soldati resi furibondi dal combattimento nelle strade e, soprattutto, nelle case.2

E si sa bene quale condotta prescrivano gli "ordini opportuni" ai militari nei confronti degli insorti durante i combattimenti. Tutto si riduce alle fucilazioni in massa di tutti gli insorti fatti prigionieri e, in genere, di tutti coloro che, in un modo o nel¬l'altro, hanno preso parte alla rivolta.
L'insegnamento tratto dalla borghesia dalla storia delle guerre civili deve essere messo a frutto anche dal proletariato.
Il combattimento negli abitati è la forma più terribile di combattimento:

Non esiste una forma di guerra che esiga tanto talento da parte dei capi subordinati e tanto coraggio personale quanto le operazioni entro uno spazio limitato e i corpo a corpo che hanno luogo nei combattimenti negli abitati.
Il combattimento negli abitati è ricco di difficoltà e di particolarità che non si ritrovano nelle battaglie di tipo più comune: ogni comandante che vi prenda parte senza uno studio adeguato va incontro al sicuro insuccesso.3

Questo principio del regolamento inglese, redatto da ufficiali dell'esercito britannico, può essere applicato parola per parola dai capi dei reparti insorti.

Caratteristiche detta città

La difficoltà del combattimento negli abitati dipende dal ca¬rattere specifico della città, dalla sua topografia e dalla sua strut¬tura. Per colui che non la conosce, la città è un insieme gigan¬tesco di edifici accostati senza ordine, un labirinto di strade grandi e piccole e di luoghi entro i quali sarebbe impossibile ogni ope¬razione regolare, in cui tutto deve essere affidato all'improvvisa¬zione e al rischio.
Un capo che la pensi così è però assolutamente inidoneo a condurre il combattimento nelle vie di una grande città moderna. Si tratta di operazioni che richiedono una conoscenza perfetta della città nel suo insieme e un'adeguata valutazione tattica dei vari rioni, piazze, piazzali, edifici e isolati, dal punto di vista dell'offen¬siva, della difensiva, dell'organizzazione di difese artificiali, ecc.; ci vuole poi la buona conoscenza della rete dei trasporti urbani (ferrovia, in superficie e sotterranea, tramvie, ecc.) e delle comu¬nicazioni con altre zone del paese, dei collegamenti telefonici e telegrafici all'interno e con il mondo esterno; la conoscenza della composizione sociale della popolazione, ecc.
La storia economica della città determina oggettivamente il rapporto tra le forze della rivoluzione e quelle della controrivo¬luzione, nonché la loro dislocazione territoriale. Nelle città indùstriali, la popolazione proletaria predomina sugli altri ceti sociali. In genere è dislocata in periferia. Ed è qui, subito fuori città, che si trovano solitamente anche le truppe militari di presidio (quartieri militari).
Le autorità di governo, i centri di collegamento e comunica¬zione, le organizzazioni economiche (banche, camere di commer¬cio, sedi delle associazioni padronali, ecc.), si trovano normal¬mente in centro.
Questa struttura della vita sociale e questa organizzazione topografica della popolazione sembrano dettare da sole le moda¬lità d'azione che il proletariato deve adottare nel momento del¬l'insurrezione: sollevazioni nei sobborghi, con azioni contempo¬ranee di disturbo negli altri rioni e, poi, attacco generale e con¬centrico ai quartieri del centro.
L'antichità, la posizione geografica e l'importanza della città incidono moltissimo sulla scelta della tattica da seguire. Le città situate in una zona accidentata sono più decentrate, essendovi meno ordine nella disposizione degli edifici e delle vie, con rioni più dispersi e caotici che non nelle città di pianura. Le città ta¬gliate da un fiume hanno le loro caratteristiche tattiche, di cui i dirigenti del combattimento devono tenere assolutamente conto. Nelle città grandi la battaglia sarà infinitamente più complicata che nelle piccole.
Le vie larghe e lunghe della metropoli moderna si prestano alle operazioni offensive condotte da unità relativamente impor¬tanti, mentre vie e viuzze strette delle città antiche (o dei vecchi quartieri delle città moderne) sono più favorevoli alla difensiva e alle piccole unità.

Gli edifici urbani offrono ogni sorta di intralci al combattimento. Nelle città grandi è molto difficile abbracciare con un sol colpo d'occhio la loca¬lità, osservare il nemico, dirigere le truppe, organizzare i collegamenti, di¬sporsi in ordine di battaglia, prestarsi reciproco appoggio, ecc.
Al tempo stesso gli edifici in pietra offrono una difesa eccellente contro il fuoco di fucileria, difendendo persino, in certa misura, da quello dell'ar¬tiglieria e, con opportune precauzioni, anche dai gas asfissianti; offrono al presidio un riparo in caso di cattivo tempo, celano le truppe all'osserva¬zione aerea e consentono, così, di approfittare maggiormente del fattore sorpresa.
Il rilievo della località, la planimetria della città, la sua architettura, il suo grado di cultura, sono tutti elementi che influiscono sulla natura del combattimento negli abitati. In ogni città questo combattimento assumerà caratteri propri e originali. La complessità delle operazioni aumenta in fun¬zione delle dimensioni della città.
Ciò che è più caratteristico del combattimento negli abitati è l'influenza della popolazione sul carattere generale delle operazioni. L'intervento della popolazione può essere il fattore decisivo, secondo a quale partito aderirà la frazione più attiva della cittadinanza.4

In caso di necessità le vie di comunicazione e i vari collega¬menti di cui è dotata la città moderna possono essere convenien¬temente utilizzati dagli insorti. Le ferrovie elettriche sotterranee, per esempio, rappresentano comodissime vie di accesso e di con¬centramento; le tramvie, le ferrovie di superficie e gli autobus pos¬sono servire a trasportare le forze da un settore all'altro; gli autocarri possono essere rapidamente trasformati in autoblindo (rivestendoli di lamiera abbastanza spessa e con l'installazione di mitragliatrici); anche i vagoni, opportunamente trasformati, possono servire per formare treni blindati.
I mezzi di collegamento, soprattutto il telefono, possono e devono essere interamente destinati alle esigenze militari degli insorti.
A seconda delle condizioni della città non sarà difficile eri¬gere rapidamente le difese artificiali con l'aiuto della popola¬zione e con l'impiego d'ogni sorta di materiali: assi, pietre, og¬getti vari per le barricate, ecc.
I combattimenti urbani consentono agli insorti di manovrare a gruppi isolati; di passare rapidamente e all'improvviso dalla difesa all'offesa e viceversa, di fare ampio uso del maschera¬mento, di diversioni d'ogni genere, ecc.
Per le unità dell'esercito regolare le operazioni più scomode sono quelle notturne. W. Balk, nell'articolo dianzi citato, scrive che "normalmente i combattimenti cessano al sopraggiungere del¬l'oscurità." L'opinione è condivisa dal celebre scrittore militare specialista in combattimenti urbani V. Muratov, ufficiale dell'Ar¬mata rossa.5
Se l'osservazione di W. Balk è relativamente giusta per quanto riguarda l'esercito regolare, non si può dire che valga per gli insorti. Solitamente le prime operazioni dell'organizzazione tat¬tica insurrezionale hanno inizio di notte o all'alba (Reval, Canton, Amburgo, ecc.). Comunque, se la buona condotta delle opera¬zioni è possibile di notte, all'inizio dell'insurrezione, non lo è meno per tutto il periodo dei combattimenti nell'abitato. Sono gli insorti che, approfittando dell'oscurità, detta loro conoscenza dei luoghi e dell'appoggio della popolazione, devono ricorrere alle operazioni notturne e, con attacchi subitanei e arditi, disorien¬tare le truppe, distruggerne la rete dei collegamenti, metterne fuori combattimento gli ufficiali, ecc. Le operazioni notturne da parte degli insorti devono essere considerate procedura abituale e normale, in quanto offrono vantaggi precisi. La città, come teatro d'operazioni, favorisce appunto per sua natura le opera¬zioni notturne degli insorti.
Le condizioni del combattimento all'interno della città esi¬gono la massima iniziativa e la massima risolutezza da parte dei dirigenti dei reparti e di ciascun combattente. La difficoltà che si incontra, nei combattimenti nei luoghi abitati, a mantenere i collegamenti tra i capi e i gregari costringe spesso questi ultimi ad agire di propria iniziativa, anche se nel quadro del piano generale. Di conseguenza converrà dedicare la massima atten¬zione alla scelta dei comandanti e alla composizione dei vari gruppi.

La ricognizione nei combattimenti nell'abitato

II Partito rivoluzionario dovrà sempre perseguire senza in¬terruzione il suo lavoro di ricognizione e di informazione. A se¬conda del mutare delle circostanze, muteranno anche gli obbiet-tivi da riconoscere. Privo di buone informazioni, il Partito non solo non riesce a guidare l'insurrezione del proletariato, ma non può neppure regolare convenientemente le sue azioni in tempo di pace. Non sempre bastano le informazioni reperite sulla stampa nazionale, presso il gruppo parlamentare, dai corrispondenti ope¬rai e dai gruppi di base del Partito, informazioni che vanno sem¬pre passate al vaglio delle apposite sezioni esistenti in seno ai comitati del Partito. Anche in periodo "di pace" il Partito dovrà sempre preoccuparsi di ottenere informazioni segrete o semi¬confidenziali sulle decisioni degli organi dirigenti dei partiti av-versari, in particolare del Partito socialdemocratico, sulle misure previste dal governo, in particolare quelle riguardanti il Partito e i suoi membri, sulle decisioni e sulle intenzioni delle associa¬zioni padronali, ecc. È impossibile, per esempio, fare un buon lavoro nell'esercito, nella marina, nella polizia e nelle associazioni paramilitari volontarie senza questa incessante opera di ricogni¬zione.
Affinchè il servizio informazioni sia convenientemente orga¬nizzato, il Partito deve avere a disposizione ogni sorta di dispositivi rigorosamente segreti e regolarmente funzionanti. Non ap¬pena la situazione si fa immediatamente rivoluzionaria, l'appa¬rato preesistente dovrà essere ulteriormente allargato, con il re¬clutamento di nuovo personale perfettamente al corrente dei propri compiti, con la moltiplicazione dei nuclei informativi, con l'aumento dei crediti, ecc.
La funzione della ricognizione nel periodo dell'insurrezione vera e propria è di enorme importanza. Senza la buona ricogni¬zione degli obbiettivi prestabiliti è impossibile il successo dei reparti insorti all'inizio della sollevazione. Senza ricognizione è impossibile immaginare il successo delle battaglie urbane per tutto il corso dell'insurrezione. La ricognizione va affidata agli occhi di tutti gli insorti ed è gli occhi della rivoluzione.
L'importanza enorme di questo servizio nel corso dell'insur¬rezione appare lampante dagli esempi da noi citati.
Se durante l'insurrezione di Canton il reparto di Li-Fu-Lin riuscì ad avvicinarsi fino a 150 metri dal comando rivoluziona¬rio, ciò accadde perché gli insorti avevano trascurato la ricogni¬zione, mentre il successo del disarmo dei commissariati ambur¬ghesi si spiega in gran parte con la buona ricognizione compiuta in precedenza. E così per tutte le altre insurrezioni.
Bisogna che il Partito e le sue commissioni militari, all'atto stesso di procedere alla formazione della guardia rossa (gruppi tattici, centurie proletarie, ecc.), creino presso ciascun reparto una sezione esploratori opportunamente utilizzata/Inoltre le com¬missioni militari devono avere a disposizione tutta una rete di agenti (che esiste in precedenza, ma che viene completata all'av¬vicinarsi della situazione direttamente rivoluzionaria).
Il compito principale della ricognizione di cui dispone Porga-nizzazione tattica del proletariato prima dell'inizio dell'insurre¬zione è il servizio degli agenti e degli osservatori.
Quanto agli scopi, la ricognizione dell'organizzazione tattica si può suddividere come segue:
a] Ricognizione delle forze armate nemiche (esercito, po¬lizia, gendarmeria, flotta, organizzazioni fasciste e altre associa¬zioni volontarie paramilitari delle classi dirigenti);
b] Ricognizione della località (la città), comprese le rico¬gnizioni speciali di genieri, artiglieri, ecc.;
e) Ricognizione politica.
Una categoria speciale di ricognizione sarà il controspionaggio. Le finalità da perseguire per quanto riguarda la ricognizione delle forze armate prima dell'insurrezione saranno:
a) Stabilire il dispositivo dettagliato delle truppe in città e nelle immediate vicinanze; determinazione dei depositi di armi e di munizioni, dei comandi, dei posti di guardia, delle vie di accesso, delle possibilità di distruzione; individuare gli alloggi de¬gli ufficiali e la possibilità di isolarli all'inizio dell'insurrezione; analisi dei collegamenti telefonici e telegrafici dei comandi con i distaccamenti di truppa e con il mondo esterno. Bisogna interes¬sarsi in particolare alla vita dei soldati, ai loro rapporti con gli ufficiali, alle inclinazioni politiche delle varie unità e dei reparti minori.
Per tutto questo la ricognizione dovrà essere accurata al mas¬simo e scendere nei minimi particolari. I comandanti di reparto della guardia rossa dovranno conoscere del pari i principi della tattica delle truppe, e le caratteristiche tattiche delle diverse armi e specialità dell'esercito regolare.
Presso l'esercito regolare gli strumenti della ricognizione in¬surrezionale sono: i soldati aderenti al Partito o alla Gioventù comunista e, in genere, i soldati rivoluzionari; le informazioni personalmente raccolte dai comandanti di reparto della guardia rossa; le informazioni fornite dalle staffette appositamente istruite allo scopo.
b) Nei confronti della polizia, la ricognizione deve indivi¬duare tutti i posti e i commissariati, la forza delle varie unità, i depositi di armi, le rimesse di autoblindo, gli alloggi dei capi, la dislocazione degli uomini. Per quanto riguarda i commissariati bisognerà riconoscere esattamente la distribuzione dei locali, le vie d'accesso, la sistemazione delle sentinelle, l'ubicazione delle armerie e delle scorte di armi e munizioni.
Strumenti: i poliziotti simpatizzanti per il Partito comuni¬sta, le informazioni personali dei comandanti dei reparti della guardia rossa e gli esploratori specializzati.
c) Per quanto riguarda le organizzazioni fasciste e le altre organizzazioni paramilitari delle classi al potere, la ricognizione dovrà individuare i depositi di armi nei vari quartieri, i capi e i rispettivi domicili, il morale dei gregari, ecc.
Strumenti: invio di comunisti in incognito, utilizzazione di elementi proletari che facciano parte delle organizzazioni, ecc.
Per quanto riguarda la topografia cittadina i servizi di rico¬gnizione dell'organizzazione tattica dovranno stabilire:
a] la rete dei collegamenti all'interno della città e tra la città e il mondo esterno: centralini telefonici, stazioni telegrafi¬che e radiofoniche, cavi sotterranei e linee sotterranee, posti telefonici degli alti funzionari e ufficiali della polizia e dell'esercito. Questi dati sono indispensabili per assicurare l'occupazione o la messa fuori uso dei vari obbiettivi;
b] il sistema delle comunicazioni all'interno della città e con le altre zone del paese: gestione delle stazioni, ferrovie, treni in superficie e sotterranei, mezzi per impadronirsene o met¬terli fuori uso, autorimesse e parchi automobilistici e mezzi per impadronirsene, tramvie e depositi tramviari;
c) erogazione dell'acqua e rete d'illuminazione; elettricità, gas, altre installazioni energetiche;
d) ponti e guadi se la città è attraversata da un corso d'ac¬qua, ubicazione delle imbarcazioni, approdi della flotta fluviale; difesa dei ponti; mezzi per il forzamento del corso d'acqua nel caso che i ponti siano in mani nemiche;
e) disposizione e orientamento delle strade e delle piazze principali, e loro valutazione dal punto di vista della tattica of¬fensiva e difensiva; valutazione tattica dei diversi edifici o gruppi di edifici;
f) indirizzi delle redazioni dei giornali, delle stamperie, dei depositi di carta, ecc.;
g) indirizzi degli istituti governativi, delle sedi di associa¬zioni padronali, di banche, ecc.;
h) ubicazione delle carceri e possibilità di liberare i de¬tenuti;
i) arsenali, fabbriche di armi, officine di riparazione, mezzi per impadronirsene.
Per raggiungere questi vari scopi, i mezzi possono essere: esploratori specialisti, agenti segreti, personale simpatizzante per il Partito, informazioni personalmente raccolte dai comandanti di reparto della guardia rossa, ecc. Il ricorso a manuali ufficiali, guide, descrizioni e planimetrie varie può essere di grande aiuto.
Gli obbiettivi della ricognizione politica nel periodo imme¬diatamente precedente l'insurrezione sono: la raccolta e la siste¬matizzazione delle informazioni sulla situazione politica delle varie categorie di popolazione (sindacati, cooperative, società spor¬tive, associazioni di vario genere), sulla mentalità degli operai di fabbrica, dei ferrovieri, dei soldati, degli agenti di polizia, dei marinai, ecc. Uno degli obbiettivi sarà l'individuazione degli in¬dirizzi dei principali dirigenti della controrivoluzione, degli alti funzionari, dei capi dei partiti avversari, in modo da isolarli al¬l'inizio dell'insurrezione.
Tutti questi dati devono essere concentrati nelle apposite se-zioni di Partito, studiati e collazionati in modo da formulare in anticipo, su queste basi, un piano d'insieme (suscettibile di mo¬difiche, aggiunte o correzioni a seconda delle circostanze) per le operazioni in tutta la città o nei vari rioni.
Il controspionaggio ha per compito la scoperta nei ranghi del Partito e della sua organizzazione tattica di provocatori e di con¬fidenti della polizia, e in genere di ogni elemento ostile. Per¬tanto il controspionaggio è dovere di ogni membro del Partito, suo impegno essenziale. Tuttavia, visto il carattere specifico di questo lavoro, sarà opportuno, nei grandi partiti, limitarlo a un apparato particolare o, almeno, a un gruppo di compagni parti¬colarmente fidati e risoluti in seno al servizio generale di rico¬gnizione.
Durante i combattimenti nell'abitato la ricognizione ha un carattere un po' diverso da quello che assume prima della sol¬levazione armata, poiché prima dell'insurrezione il fattore tempo non è determinante: l'organizzazione tattica può compiere la ricognizione senza essere pressata dalle ore che passano. Du¬rante i combattimenti, invece, il tempo assume un'importanza enorme. Anche le migliori informazioni restano prive di valore pratico se non sono ottenute a tempo debito e trasmesse nel mo-mento voluto al comandante che deve servirsene. Non bisogna mai dimenticare questo concetto nell'organizzare il servizio di ricognizione durante i combattimenti.
Il baricentro della ricognizione nei combattimenti nell'abi¬tato, esattamente come prima dell'insurrezione, sta nella rete di agenti informatori. Le varie categorie di ricognizione restano im-mutate: ricognizione politica, ricognizione del dispositivo nemico, ricognizione di genieri e altri specialisti, ecc. Tuttavia, durante i combattimenti veri e propri, anche la ricognizione più tipica¬mente militare può avere la sua importanza.
Ecco come si esprime in proposito il regolamento provviso¬rio sul servizio campale dell'Armata rossa:

La ricognizione militare è estremamente difficile. Il baricentro della ricognizione deve poggiare sulla rete degli informatori.
All'interno della città il servizio di esplorazione sarà svolto dalle autoblindo, dai ciclisti, dai motociclisti e dagli esploratori appiedati. Gli autocarri armati di mitragliatrici riconoscono il dispositivo nemico (bar¬ricate, edifici) e precedono rapidamente le colonne in attacco. Questa stessa ricognizione mira a individuare l'andamento delle grandi strade e l'ubica¬zione dei principali gruppi di edifici. Talvolta la ricognizione potrà persino occupare questo o quel punto importante prima dell'arrivo di forze più ingenti.
Se la configurazione della topografia circostante lo permette, si potrà trarre gran vantaggio dall'osservazione dall'alto di edifici a più piani.

Quel che è detto qui della ricognizione nei combattimenti negli abitati si riferisce alla ricognizione delle unità regolari, ma vale anche per i reparti di insorti.
Nei combattimenti negli abitati assume grande importanza l'esplorazione attiva, i cui obbiettivi sono:
a] La distruzione di magazzini, ponti, passaggi, ferrovie, treni militari, ecc., a tergo del nemico;
b] La distruzione delle comunicazioni a tergo del nemico;
c] Attacco e disarmo dei piccoli gruppi di soldati, orga¬nizzazione di atti terroristici contro i capi delle forze antinsur-rezionali;
d] Organizzazione di ammutinamenti tra le truppe e di ri¬volte in genere nel campo nemico;
e] "Disinformazione" del nemico (diffusione di notizie fa¬vorevoli agli insorti, ecc.);
f) Intercettazione di conversazioni telefoniche, mediante inserimento di un apparecchio telefonico nella rete nemica.
Dei piccoli gruppi di diversione, ben addestrati in genere e, in particolare, dal punto di vista tecnico, possono rivelarsi, ope¬rando all'interno del dispositivo nemico, di grande aiuto per i combattimenti negli abitati contro le truppe e la polizia. Alla esplorazione attiva contribuisce in buona parte l'organizzazione di sommosse (e in genere il trascinamento alla lotta) di elementi proletari nelle regioni occupate dalle truppe regolari, soprattutto se l'organizzazione locale del Partito non è abbastanza forte.
Gli altri modi di ricognizione (esplorazione politica, ricogni¬zione delle forze armate nemiche, ricognizione topografica) di cui si è già parlato a proposito del periodo che precede l'insurre¬zione, hanno lo scopo di offrire alla direzione insurrezionale e ai comandanti di reparto le informazioni necessarie sul nemico, sul¬la sua forza, sulla situazione politica delle sue unità e dei suoi reparti minori, sulle intenzioni dei comandi, sullo stato d'animo della popolazione entro il dispositivo avversario, sulle caratteri¬stiche del terreno, ecc.
Ma la ricognizione nella tattica del combattimento negli abi¬tati potrà fornire le informazioni volute in tempo utile, soltanto se l'organizzazione è impeccabile, se il comandante di reparto del¬la guardia rossa ha a disposizione un personale convenientemente addestrato, se lui stesso sa bene che cosa chiedere alla ricognizione e dare ai servizi speciali (esploratori e staffette) le istru¬zioni opportune. Nel conferire un dato compito agli esploratori o al servizio di ricognizione in genere, bisogna calcolare il tempo necessario al suo assolvimento. Di conseguenza la buona orga¬nizzazione della ricognizione esige da ogni comandante il più serio impegno. Nessun comandante di guardie rosse e nessun dirigente dell'insurrezione va esente da questo dovere.
La ricognizione è obbligatoria in qualsiasi circostanza. Sol¬tanto così si potranno limitare le possibilità di sorprese da parte nemica, consentendo al comando insurrezionale di condurre una preparazione razionale e seria e di eseguire con cognizione di causa ogni operazione.
Nei combattimenti negli abitati nel corso dell'insurrezione proletaria, alla ricognizione prende parte l'intera popolazione, circostanza che facilita enormemente il compito ai servizi spe¬ciali dell'organizzazione tattica. Spetta ai comandanti di reparto delle guardie rosse e, in genere, ai dirigenti dell'insurrezione orien¬tare e coordinare opportunamente le operazioni dei servizi spe¬ciali con il concorso della popolazione che prende parte in que¬sto modo al movimento.
L'esperienza dimostra come sia estremamente vantaggioso uti¬lizzare donne e bambini, affidando loro ogni sorta di missioni relativamente facili. Per esempio: sapere se la tal strada, piazza o edificio è sotto occupazione nemica, individuare le postazioni d'artiglieria, sapere se questa o quella unità è passata da questa o quella strada e quando, ecc.

Il collegamento nei combattimenti negli abitati

In ogni sorta di combattimento i collegamenti hanno sem¬pre una grande importanza. Ancor più ne hanno nel combatti¬mento negli abitati nel corso dell'insurrezione proletaria. Senza buoni collegamenti la direzione dei reparti di combattimento non avrebbe modo di orientare gli sforzi degli insorti e di coordi¬narne convenientemente le operazioni. Senza collegamenti gli av¬venimenti si sviluppano spontaneamente, in modo disordinato e improvvisato, senza che la direzione insurrezionale possa eserci¬tare un controllo consapevole.

Il collegamento è l'insieme dei mezzi che consentono la guida delle truppe. Una buona guida è impossibile se essi sono mancanti o carenti.
II servizio di collegamento deve funzionare in modo sicuro (senza scos¬se e interruzioni), trasmettendo gli ordini necessari, i rapporti, ecc., e in modo da consentire il controllo sul suo funzionamento.6

La topografia della città, l'esigenza di combattere a piccoli gruppi, la dispersione dei gruppi stessi, sono elementi che ren¬dono estremamente difficile la buona organizzazione dei collega¬menti nel combattimento negli abitati. Per gli insorti le cose si complicano ulteriormente in quanto non si hanno sempre a di¬sposizione Ì mezzi materiali necessari, almeno non nella quan¬tità necessaria, oppure manca il personale tecnicamente e tatti¬camente preparato.
Nel combattimento negli abitati, così come nella guerra in campo aperto, saranno le circostanze a dettare i vari modi di collegamento: tecnici, ordinari, posta militare.
Tra i mezzi tecnici ricorderemo il telefono, eventualmente (nelle grandi città come Berlino, Londra, Parigi, ecc.) il telegrafo, il radio-telefono e la radio, i segnali luminosi, audiovisivi e mec¬canici.
I mezzi ordinari sono: i rapporti personali tra i capi e i loro subordinati, gli uomini del collegamento che circolano tra le unità e i comandi, le staffette, le comunicazioni a voce.
La posta militare comprende le varie specie di posta volante, le comunicazioni a mezzo di piccioni e cani viaggiatori.
L'utilizzazione dell'insieme di tutti i procedimenti qui enu¬merati è possibile soltanto presso le grandi unità, le quali di¬spongono di tutti i materiali adatti e del relativo personale. Gli insorti si troveranno spesso, da questo punto di vista, in con¬dizioni di inferiorità. Al momento del colpo iniziale (inizio del-l'insurrezione), avranno mezzi materiali molto limitati, soprat¬tutto staffette appiedate, ciclisti o motociclisti, staffette in auto¬mobile, uomini di collegamento presso i reparti e la compre¬senza dei dirigenti nel loro campo d'azione. La rete telefonica urbana potrà essere impiegata solo in misura molto limitata.
Un più largo uso del telefono, che nei combattimenti urbani è uno dei modi essenziali di collegamento, sarà possibile soltanto con l'occupazione della Centrale telefonica e delle varie centra¬line di quartiere, e con il passaggio all'insurrezione di certi ser¬vizi dell'esercito, in particolare del genio telegrafisti.
Quanto all'utilizzazione da parte degli insorti dei mezzi di collegamento come il telegrafo e la radio, i cani e i piccioni, esi¬stono ben poche possibilità, almeno nella prima fase della sol¬levazione. Prima di potersene servire, bisogna infatti possederli e, anche se allo scoppio dell'insurrezione sarà stato possibile im-padronirsene, bisognerà poi avere il personale capace di usarli. È vero che il telegrafo e la radio possono essere utilizzati per il collegamento con altre regioni insorte, ma il loro impiego come mezzo di collegamento all'interno della stessa città è estrema¬mente incerto.
È indispensabile che fin dal primo momento gli insorti ten¬tino di impadronirsi dei collegamenti urbani: telefono, telegrafo, radio, aviazione, autorimesse, ecc. Tale necessità si impone non soltanto per il bisogno di servirsi di questo materiale ai propri fini, ma anche allo scopo di privarne l'avversario.
A Pietrogrado, durante l'insurrezione di Ottobre, gli insorti si impadronirono innanzi tutto delle centrali telefonica e tele¬grafica, privando in un solo colpo il governo provvisorio di ogni rapporto con la città e con le unità rimaste fedeli (allievi uffi¬ciali, battaglione femminile). A Canton, invece, gli insorti com-misero un grave errore, non isolando fin dal principio il comando del IV corpo d'armata e non distruggendone i collegamenti con le unità subordinate e con Hong-Kong: il comando del IV corpo conservò infatti per tutto il primo giorno dell'insurrezione le sue comunicazioni con il mondo esterno, e i collegamenti tra Hong-Kong e il quartiere aristocratico di Tun-Ciang continua¬rono a funzionare per tutta l'insurrezione.
Gli insorti, mentre si devono sforzare di acquistare la supe¬riorità delle forze nel corso del combattimento, devono e pos¬sono, durante l'insurrezione vera e propria, tentare di impadro¬nirsi dei collegamenti e di assicurarne il regolare funzionamento. Di mezzi per raggiungere lo scopo ne avranno a sufficienza: ba¬sterà prendere l'iniziativa e sapersi organizzare.
La mancanza di materiali in quantità soddisfacente durante le prime operazioni della guardia rossa (inizio dell'insurrezione) può e deve essere compensata dall'organizzazione dei collega¬menti diretti e principalmente attraverso l'unità d'azione e di proposito di tutte le forze combattenti, la buona assegnazione e ripartizione degli obbiettivi ai vari reparti, e le informazioni passate ai responsabili degli obbiettivi su iniziativa delle unità che combattono al loro fianco. Se ogni comandante di reparto conosce esattamente l'obbiettlvo affidato ai suoi uomini e se sarà sufficientemente informato sul piano d'azione generale e sugli obbiettivi dei gruppi collaterali, gli basterà un po' di spirito d'iniziativa per agire nello spirito del piano d'insieme, anche nell'eventualità che non esista alcun collegamento diretto tra i vari comandanti oppure tra essi e il comando superiore. Di con¬seguenza, questo elemento (la buona informazione dei capi di reparto sul piano d'insieme) richiederà un'attenzione particolare al momento di organizzare l'insurrezione.
Inoltre, nell'organizzare i primi combattimenti, la direzione del movimento dovrà preoccuparsi di gestire oculatamente i suoi collegamenti materiali con i reparti combattenti, in modo da es¬sere, subito dopo l'entrata in azione del proletariato, sempre al corrente delle circostanze, così da poter prendere le decisioni più opportune. Questo risultato si può ottenere con i seguenti mezzi:
a] Nominando presso le unità combattenti degli uomini di collegamento, con l'incarico di informare regolarmente l'au¬torità superiore della situazione presso il singolo reparto. Que¬sti agenti di collegamento dovranno possedere una buona pre¬parazione tattica ed essere informati dei piani e delle intenzioni del comando, in modo da poter dare in nome di quest'ultimo, in caso di necessità immediata, le istruzioni necessarie ai reparti isolati;
b] Designando presso ciascun reparto un certo numero di staffette di ciclisti e motociclisti per recapitare i rapporti ope¬rativi. A disposizione del comando (soprattutto del Comitato rivoluzionario) dovranno esservi ciclisti, motociclisti ed eventual¬mente autovetture, per la trasmissione degli ordini ai coman¬danti delle varie unità e per compiere ispezioni personali sul posto;
e) Inviando staffette appiedate al comando superiore o ai reparti collaterali;
d) Designando dei "posti d'informazione," noti ai coman¬danti di reparto, ove questi ultimi possano recapitare i loro rap-portini; a seconda delle circostanze se ne possono stabilire in diversi rioni della città, ma meglio se a poca distanza dal co¬mando centrale o particolare corrispondente;
e) Organizzando un servizio di posta volante, sbrigato da uomini appiedati, da ciclisti o anche da motociclisti i quali, tra¬smettendo gli ordini e i rapporti da un posto all'altro, ne assicu¬rino il recapito rapido a destinazione.
Con una buona organizzazione queste cinque modalità di collegamento, abbinate l'una all'altra (parallelismo indispensabile in tempo d'insurrezione), consentono la guida regolare delle operazioni all'inizio della sollevazione.
Non si deve dimenticare la possibilità di servirsi del telefono urbano anche prima di averne conquistato la centrale. Basta che le conversazioni abbiano luogo secondo un codice convenuto a tempo debito. Tuttavia non si potrà fare affidamento sul largo impiego della rete urbana, cosa che sarà possibile solo quando sia interamente caduta nelle mani degli insorti.
Per ottenere regolarmente i resoconti sulla situazione esi¬stente presso i vari reparti, la direzione insurrezionale deve ela¬borare un piano che preveda i tempi secondo i quali i rapporti dovranno essere consegnati. All'inizio è evidente che la dire¬zione dovrà essere informata immediatamente dell'esecuzione di ciascuna missione, del passaggio alla missione successiva e, in caso d'insuccesso, della situazione del reparto.
In seguito, occupati i mezzi di collegamento, come telefoni, autovetture, motociclette, ecc., e quando dalla parte del popolo si saranno schierate molte unità regolari, e soprattutto gli spe¬cialisti dei servizi di comunicazione e di telefonia, l'organizza¬zione dei collegamenti risulterà molto più agevole.
I collegamenti devono essere inviolabili e sicuri, due obbiet-tivi che dovranno essere sempre tenuti a mente nell'organizzare il servizio. Bisogna inoltre che il sistema di collegamento sia per quanto è possibile mascherato, osservazione che vale soprattutto per il telefono. Nei combattimenti urbani, infatti, non è diffi¬cile all'avversario inserirsi in rete e sorprendere le conversazioni. Per evitare questo inconveniente, non bisognerà trasmettere per telefono nessuna comunicazione segreta suscettibile di essere in¬tercettata dall'avversario, a meno che non ci si serva opportuna¬mente del codice convenuto. Le principali linee telefoniche do¬vranno essere sorvegliate da un servizio di guardia speciale. Bi¬sogna sorvegliare soprattutto gli uffici telefonici centrali e di quar¬tiere, per impedirne la riconquista da parte del nemico.
I rapporti e gli ordini importanti dovranno essere trasmessi per più vie. Se non si è più che sicuri che la staffetta incaricata non sia intercettata dal nemico, la comunicazione non dovrà essere inviata per iscritto, bensì a voce. È molto utile servirsi, a questo scopo, delle donne e dei ragazzi, in quanto attirano meno l'attenzione. Ciò sarà ancor più importante quando il mes¬saggio debba essere inviato all'interno del dispositivo nemico.
II servizio collegamenti dovrà occupare un posto opportuno nell'intero piano operativo:

II comandante è sempre e in ogni circostanza responsabile dei colle¬gamenti nella zona affidata ai suoi uomini. Deve sapere in ogni momento dove si trovino i suoi uomini e che cosa facciano, e quali siano gli ultimi ordini ricevuti da ciascuno. I subordinati, dal canto loro, dovranno sapere sempre dove si trovano i loro diretti superiori.7

Questo principio del regolamento dell'Armata rossa non deve mai essere trascurato neppure dagli organizzatori delle insurre¬zioni. Al pari del comandante di reparto, tutti gli altri dirigenti del combattimento urbano dovranno far di tutto per stabilire e mantenere collegamenti regolari, ricordando che, insieme alle al¬tre condizioni favorevoli, qui sta il segreto del successo.

La difensiva nei combattimenti nell'abitato. Principi generali

La difensiva, come modalità d'azione, si impiega:
a] Per guadagnar tempo, concentrando le forze e le ri¬sorse per riprendere l'offensiva;
b) Per mantenere l'avversario su certi punti, allo scopo di infliggergli il colpo decisivo su altri punti;
e) Per mantenersi sulla linea e sulle posizioni occupate;
d) Per tutelare il dispositivo delle unità in sosta.
Scopo della difensiva è quello di costringere l'avversario a rinunciare all'attacco, infliggendogli il massimo delle perdite.8
Il testo del regolamento dell'Armata rossa che tratta dell'ar¬gomento ha presente l'esercito regolare. Tuttavia la difensiva, in quanto varietà tattica, non va applicata soltanto dagli eserciti regolari e nella guerra in campo aperto, ma può spesso servire anche nell'insurrezione proletaria e all'interno di una città.
La difensiva può essere sfruttata dagli insorti in certi casi e in certi settori, sia durante i combattimenti per le vie della città, sia in caso di attacco portato alla città occupata dagli in¬sorti da parte delle forze antinsurrezionali provenienti dall'ester¬no, allorché gli insorti vincitori, per un motivo o per l'altro, non siano ancora in condizione di continuare l'offensiva per schiacciare il nemico in campo aperto.
Pertanto i criteri enunciati dal regolamento dell'Armata rossa conservano tutta la loro validità anche per i combattimenti nel¬l'abitato nel corso dell'insurrezione.
Ne fa fede l'esperienza della lotta armata del proletariato. Nell'insurrezione di Canton, dopo la conquista degli elementi principali del potere, gli insorti si videro costretti a difendere la città contro le armate militariste provenienti dalla provincia del Kuang-Tung, in attesa di essere sufficientemente organizzati in Canton per riprendere l'offensiva all'esterno. La Comune di Parigi offre un esempio analogo.
Quanto al ricorso alla difensiva nei diversi settori o diret¬trici nel corso della lotta del proletariato per il potere all'interno della città, ossia durante i combattimenti negli abitati, la storia delle insurrezioni dimostra con numerosi esempi che gli insorti sono spesso costretti alla difesa in via provvisoria, senza per questo rinunciare a predisporre l'offensiva decisiva (insurrezione del dicembre 1905 a Mosca e altri esempi).
D'altra parte:

In se stessa la difensiva non è un mezzo decisivo per annientare l'av¬versario. La difesa non consente di venire a capo dell'operazione (annien¬tamento del nemico); a tal fine il solo mezzo è l'offesa.9

"La difensiva è la morte dell'insurrezione" (Lenin). Questo è un fatto incontestabile. Gli insorti, dunque, pur ricorrendo in certi casi alla difesa come modalità tattica, non devono dimen¬ticare in un solo istante che alla prima occasione hanno il do¬vere di passare dalla difesa all'offesa.
La difensiva in sé deve essere considerata come mezzo per preparare l'offensiva (indebolimento delle forze nemiche, concen¬tramento delle forze amiche per vibrare il colpo decisivo).
Considerando la difesa come modalità tattica adottata dagli insorti durante l'insurrezione urbana, bisogna insistere sulla que¬stione seguente: si verificano insurrezioni proletarie che, stori¬camente, non possono trionfare e sono votate all'insuccesso. Eempi: la Comune di Parigi, l'insurrezione moscovita del 1905, l'insurrezione di Canton, ecc. Che obbiettivamente l'insurrezione del dicembre 1905 non potesse trionfare, è un fatto di cui ci si è resi conto solo dopo qualche tempo. La medesima osser-vazione vale per Canton: nel corso della battaglia nessuno po¬teva dire se l'insurrezione non fosse altro che un punto fermo in una certa fase della storia della lotta rivoluzionaria, o se si fosse verificata durante un riflusso dell'ondata rivoluzionaria ci¬nese, o se invece non fosse altro che una battaglia di retroguardia del proletariato di Canton. Si potè dirimere la questione solo dopo alcuni mesi.
E c'è di più. Anche se nello stesso Partito comunista c'è gente capace di prevedere l'inevitabilità dell'insuccesso, sarà tut¬tavia impossibile, nella maggior parte dei casi, rinunciare al com¬battimento, abdicare alla guida delle masse, quand'anche ap¬paia inevitabile in ultima analisi la sconfitta del proletariato in¬sorto. Si prendano come esempi dei movimenti di massa tipici, come l'insurrezione viennese del 1927 e, ancora, quella cantonese che, in fondo, si imponeva.
In avvenire avranno luogo altre insurrezioni, oggettivamente condannate in partenza, come quelle del dicembre 1905, di Can¬ton, di Vienna e di molte altre località.
Da quel che si è detto si può concludere che, in queste in¬surrezioni storicamente condannate, il proletariato, in quanto parte attaccante, dopo aver inferto al nemico di classe una serie di colpi più o meno sensibili, è fatalmente costretto prima o poi a trincerarsi in difesa, sforzandosi di infliggere così all'avversario altri gravi danni materiali e psicologici, nella speranza di schiac¬ciarlo in una prossima offensiva, non appena tornino le condi¬zioni favorevoli. In tal caso la difensiva è per il proletariato il solo modo di combattere che gli resta. Meglio essere schiacciati in battaglia, infliggendo all'avversario di classe un insuccesso par¬ziale, disorganizzandone le file, anziché restar sconfitti senza bat¬tersi. La lotta sarà allora difensiva per il proletariato, non solo tatticamente, ma anche politicamente (strategicamente).
Difesa di una città occupata dagli insorti e operazioni difensive all'interno di una città
Come abbiamo già detto, la difesa di una città potrebbe tra-dursi in esigenza reale qualora gli insorti non siano ancora riu¬sciti a portare a termine l'organizzazione delle forze interne e a predisporle per l'annientamento del nemico esterno in aperta campagna.
Il successo dipenderà allora da una serie di circostanze, le più importanti delle quali sono:
a] II concorso prestato al Partito dalla maggioranza della popolazione e la volontà dei cittadini di difendere a qualunque costo la città;
b] La presenza di una direzione politico-militare risoluta, competente, gradita alla cittadinanza, e di una buona organizza¬zione tattica;
c] L'esistenza delle risorse tecniche per il combattimento;
d] La forza degli assalitori.
Nel caso qui esaminato balza in primo piano la parte che può avere la popolazione, che diventerà ancor più importante nel¬l'eventualità che gli insorti non abbiano a disposizione forze suffi¬cienti (truppe regolari passate al loro fianco nel corso dell'insurre¬zione) da poter mandare immediatamente incontro al nemico, e nel caso in cui le forze armate della rivoluzione debbano essere create dal nulla in piena battaglia. A questo punto le sorti della città dipenderanno interamente dalla partecipazione attiva della popolazione.
Di qui l'impellente necessità che il nuovo regime, con l'agi¬tazione e la propaganda, con un oculato ordinamento economico e politico, dimostri alle masse proletarie e semiproletarie come la rivoluzione sia in atto allo scopo di frantumare radicalmente l'an¬tico regime e creare un regime nuovo, diametralmente opposto, e che di conseguenza spetta al proletariato e a tutti gli abitanti poveri difendere la città contro la reazione.
Il Partito comunista e il comando dell'aspetto militare della difesa devono trovare forme concrete di partecipazione delle mas¬se alla difesa della città, diffondendo le parole d'ordine più op¬portune.
Uno degli obbiettivi essenziali della direzione della difesa con¬siste nell'incremento delle forze armate, formando nuovi reparti proletari, addestrandoli, armandoli, fornendoli di munizioni, di capi, di equipaggiamento, ecc.
L'intera vita della città dovrà essere regolata conformemente alle necessità della difesa. Le fabbriche e le officine suscettibili di essere impiegate per la fabbricazione di materiale bellico (armi, munizioni, filo spinato, trasformazione di automezzi in autoblindo, conversione dei pianali ferroviari in treni blindati, polvere da sparo, cavi telefonici, ecc.) devono essere messe al servizio degli insorti. A quest'opera deve essere interessato (oppure costretto a lavorare sotto il controllo delle nuove autorità) il preesistente personale tecnico (ingegneri, capomastri, ecc.). Con una direzione competente, con l'oculata determinazione degli scopi da perseguire e con la partecipazione delle masse operaie, questa militarizza¬zione dell'industria può risultare di grandissimo aiuto per la difesa della città.
Tutti gli approvvigionamenti della città dovranno essere contabilizzati e ammassati nei magazzini. La distribuzione dei viveri alla popolazione dovrà essere razionata (con apposite carte anno¬narie), in conformità con i principi di classe e con le esigenze della difesa. La borghesia dovrà essere costretta ad accettare mi¬sure restrittive. Il commercio degli alimentari dovrà essere proi¬bito o, almeno, regolamentato d'autorità.
Nella ripartizione dei viveri ci si dovrà preoccupare in primo luogo dei reparti combattenti o in via di formazione, e anche degli operai degli stabilimenti che producono il materiale bellico.
Tutti gli istituti sanitari e il personale medico-infermieristico dovranno essere registrati e utilizzati per la difesa. Bisognerà or¬ganizzare il trasporto dei feriti sul campo e la loro evacuazione all'interno della città: questo è un provvedimento che avrà un'ot¬tima influenza sul morale dei combattenti.
La direzione della difesa deve organizzare la partecipazione del grosso della popolazione e la costituzione a difesa dell'intera città. I combattenti dovranno essere esenti da ogni lavoro che non sia attinente alle opere campali di interesse immediato, in modo da poter dedicare tutto il loro tempo all'addestramento al com¬battimento.
Dovrà essere isolata la parte attiva della borghesia. Per pre¬venire il tradimento della borghesia dimorante in città, è oppor¬tuno annunciare in partenza che nei suoi confronti, e in partico¬lare nei confronti dei capi dei partiti borghesi e degli uomini poli¬tici già agli arresti, verrà esercitato il terrore.
La parte non attiva della borghesia potrà essere utilizzata, in caso di bisogno, per le opere pubbliche e, in particolare, per orga¬nizzare la città a difesa.
La difesa dovrà essere organizzata dopo un'accurata ricogni¬zione delle forze nemiche, della direttrice d'attacco e delle possi¬bilità offerte dal terreno sia per la difensiva, sia per l'offensiva.
Se le forze nemiche sono poco consistenti e i difensori si sen¬tono forti abbastanza, disponendo di abbondante materiale (arti¬glieria, mitragliatrici, ecc.), la difesa si può organizzare nel se¬guente modo: contenere il nemico alla periferia, infliggendogli col fuoco perdite sensibili, attaccandolo e battendolo nei sobborghi, senza consentirgli di trasferire il combattimento all'interno della città. È ovvio che comunque l'interno della città dovrà essere or¬ganizzato a difesa, nell'eventualità che gli scontri in periferia ter¬minassero a sfavore degli insorti.
Ma anche se il nemico scatena forze ingenti contro la città, bisognerà organizzare una prima linea difensiva alla periferia di traverso alla direttrice d'attacco, e quindi una seconda linea di difesa all'interno dell'abitato.
La funzione della prima linea difensiva è di riconoscere le forze nemiche e la direttrice dello sforzo principale. A tale scopo si crea un sistema di punti d'appoggio in periferia o nelle imme¬diate vicinanze della città, con guarnigione sufficiente e con l'in¬carico di impegnar battaglia per costringere gli assalitori a sco¬prire le proprie forze e la direttrice d'attacco. Eseguita la mis¬sione, cioè quando diventa impossibile la difesa della prima linea, questi avamposti si ritirano in buon ordine sulla linea difensiva principale all'interno della città.
I centri di fuoco devono essere costituiti in modo da potersi sostenere a vicenda col fuoco e di essere sostenuti tutti dall'arti¬glieria situata all'interno della città.
Secondo il suo sviluppo, la natura del terreno e la direttrice dell'attacco (se già la si conosce), la linea difensiva dovrà essere suddivisa in settori, ciascuno agli ordini di un suo comando. La direzione generale di tutti i settori appartiene allo stato maggiore della difesa.
Le forze in difesa dovranno essere ripartite tra i vari settori in modo da consentire le combinazioni di fuoco e movimento (con¬trattacco) là dove le circostanze lo richiedano. A questo fine (con¬trattacco e contrassalti) i comandanti di settore dovranno avere a disposizione forze d'urto abbastanza numerose.
In questo periodo della battaglia, la direzione della difesa deve cercare i mezzi di influire sull'avversario e di indebolirne il vigore combattivo tramite l'agitazione o ricorrendo a diversioni a tergo o lateralmente alla direttrice d'attacco. L'invio di agitatori operai in zona nemica per lavorare alla demoralizzazione delle truppe controrivoluzionarie; la diffusione tra i soldati (anche dall'aria) di manifestini, di proclami, di decreti del nuovo potere e di gior¬nali; la buona organizzazione delle diversioni e delle azioni parti-giane a tergo del nemico; tutti questi elementi possono dare ri¬sultati estremamente favorevoli alla difesa della città.
La forza della difesa sta nella combinazione del fuoco con l'oculato sfruttamento del terreno e l'esecuzione di contrattacchi portati da forze vive provenienti dalla seconda schiera.10
Questo principio del servizio campale dell'Armata rossa deve essere alla base del piano difensivo all'interno della città (seconda linea di difesa). Questa combinazione di fuoco, sfruttamento del terreno e contrattacco, se esiste una direzione della difesa razio¬nale e competente, non è difficile da realizzare.
Parte essenziale del piano difensivo è la costruzione di forti¬ficazioni, da concepire come un sistema di opere campali che co¬prano per quanto è possibile i difensori al fuoco e alla vista del nemico, consentendo al tempo stesso di bersagliare gli assalitori e di sviluppare i contrattacchi. Dalla buona combinazione dei tre fattori, fortificazione, fuoco e movimento, dipende in larga mi¬sura il successo della difesa.
Nel 1919, in occasione dell'offensiva di Judenic contro Pie-trogrado, così scriveva Trotzkij in un ordine del giorno:

Dal punto di vista rigorosamente militare, la cosa migliore sarebbe la¬sciare che le bande di Judenic penetrino all'interno della città, poiché non sarebbe difficile fare di Pietrogrado una gigantesca trappola per le guardie bianche.
La capitale settentrionale della rivoluzione operaia occupa una super¬ficie di 41 kmq. Pietrogrado conta all'incirca 20.000 comunisti, un forte presidio, immense riserve, quasi inespugnabili, di materiali del genio e d'artiglieria. Una volta entrate in questa metropoli colossale, le guardie bianche si troverebbero come in un labirinto, in cui ogni casa sarebbe per loro un enigma, una minaccia o un pericolo mortale.
Da dove attendersi il colpo fatale: dalle finestre, dal solaio, dal fondo del cortile, da dietro l'angolo? Dovunque noi abbiamo a disposizione mitragliatrici, fucili, pistole, bombe a mano. Possiamo intasare le strade con filo spinato, lasciando altre strade completamente aperte, sì da trasfor¬marle in sacche mortali: a tanto bastano poche migliaia d'uomini riso¬luti a non abbandonare Pietrogrado.
Poiché occupiamo una posizione centrale, potremmo agire in senso radiale, dal centro alla periferia, portando ogni volta un fiero colpo nella direzione per noi più importante.11

Trasformare la città in una trappola per annientarvi il ne¬mico: ecco quale deve essere l'idea fondamentale del piano di difesa.
Già nella prima fase della difesa, la città dovrà essere suddi¬visa in più settori. A capo di ciascuno si trova il comando respon¬sabile della difesa di quel settore. In ciascuno si troverà anche un centro di fuoco principale (caposaldo di settore), dove si trove¬ranno di preferenza il comando di settore e la riserva alla mano del comandante.
Nel centro città converrà installare un centro di fuoco princi¬pale, dove si troveranno lo stato maggiore della difesa e i servizi generali: depositi di armi, viveri, centri di collegamento, ecc. Questo caposaldo maggiore dovrà comprendere un'intera zona fortificata, che sia in condizione di continuare la lotta anche dopo la caduta dei vari settori difensivi. Tale zona fortificata assume un'importanza particolare allorché comprenda un'altura che do¬mina i settori circostanti (a Mosca, per esempio, il Kremlino).
Dopo la caduta dei centri di fuoco settoriali, tutte le forze disponibili si ritireranno nella zona fortificata nel centro urbano per continuare la battaglia.
La fortificazione dei settori consiste nella fortificazione di tutte le strade longitudinali che dal centro vanno nel senso della direttrice d'attacco nemica. Allo scopo verranno erette potenti barricate di traverso alle strade suddette, appostando sul fronte e sui fianchi, dietro alle barricate, dei centri di fuoco, e organiz¬zando altre postazioni di fuoco sui tetti, alle finestre, sui bal¬coni, ecc.
Ecco come vanno costruite le barricate: trasversalmente al fondo stradale si scava un fossato largo da 1 metro a 1 metro e mezzo, e profondo da 55 cm a 1 metro. I bordi della trincea van¬no rivestiti di pietre tolte al selciato. Al di sopra si erige un riparo alto da 50 a 70 centimetri, costituito da filo spinato, carrette, mo¬bili, barili pieni di sabbia o pietre, insomma tutto ciò che si avrà sottomano. Le barricate conviene installarle agli incroci stradali, in modo da tagliare su più lati gli accessi alla via principale che conduce al centro della città.

Erezione di una barricata

II tipo di barricata rappresentato (vedere schema in fondo al volume], cioè all'incrocio di più strade per sbarrare l'accesso alla via principale che conduce al centro della città, fornisce ai difen¬sori il massimo vantaggio. Se poi dispongono di mitragliatrici dis¬simulate sui tetti, sui balconi o nelle finestre delle case d'angolo, gli insorti hanno ottime occasioni per infliggere al nemico, con il loro fuoco incrociato, perdite disastrose.
Non è necessario lasciare un gran numero di tiratori nella trincea della barricata, la quale offre un bersaglio troppo comodo all'artiglieria nemica. Basterà invece lasciarvi un esiguo gruppo di tiratori, dissimulando gli altri sui tetti, dietro i balconi, nei vani delle finestre e nei solai delle case d'angolo, per poter mitragliare il nemico allorché questi verrà all'assalto della barricata. Nel disporre i tiratori e le mitragliatrici, bisogna badare alla necessità di avere un fuoco parallelo su più piani di tiro, cosa che si otterrà sistemando gli uomini ai diversi piani degli edifici. Questo of¬frirà anche un'ulteriore copertura ai difensori.
Sul davanti delle barricate i difensori devono avere gruppi di esploratori incaricati di scoprire a tempo il nemico.
Se l'avversario è in possesso di carri armati, i difensori devono provvedere alle relative misure cautelative. Il tipo di barricata da noi illustrato in precedenza non fornisce un sufficiente riparo contro i carri, che con il peso e la potenza sono in grado di rove¬sciare qualsiasi sbarramento. Tuttavia, un mezzo di protezione molto efficace sarà l'artiglieria leggera da campagna (76 mm). I carri si spostano lentamente, alla media di 10-20 km orari, per cui costituiscono un buon bersaglio per l'artiglieria. Basta un sol colpo ben diretto a mettere il carro fuori combattimento. Se quindi i difensori posseggono delle bocche da fuoco, dovranno impiegarle anche in funzione anticarro.
Contro i carri armati esiste un altro sistema efficace: scavare sul davanti delle barricate più ordini di fossati accuratamente ma¬scherati e disposti trasversalmente alla strada. Avranno una lar¬ghezza di tre metri e una profondità dai tre ai quattro metri, con le pareti quanto più ripide è possibile. Le fosse saranno ricoperte in modo da non costituire ostacolo al traffico normale, il che si¬gnifica che la copertura dovrà poter sostenere un carico di 2-3 tonnellate. Meglio sarebbe effettuare gli scavi nottetempo e con¬servare il segreto.
Bisogna ricordare anche che le bombe a mano, ben lanciate sul carro a grappoli da 5 a 7, oppure a bomba singola, ma ad alto potenziale, sono in grado di mettere il carro fuori combatti¬mento.
Queste stesse misure consentono di aver la meglio sulle auto¬blindo, che non sono in grado né di superare una barricata nor¬male né di forzare una trincea. Una bomba ben lanciata sotto alle ruote, del tipo della granata Novitzki (da 2 chilogrammi e mezzo), oppure un grappolo di bombe normali, bastano a metter fuori combattimento l'autoblindo.
In genere ai difensori non mancheranno i mezzi per combat¬tere con successo i mezzi corazzati: basta imparare a servirsi delle risorse a disposizione e a sfruttare convenientemente la minima occasione.
Un'arma di grande importanza nel combattimento negli abi¬tati, e in particolare nella difesa, è la mitragliatrice. Il suo fuoco deve essere utilizzato nel miglior modo possibile, poiché da ciò dipende in larga misura il successo della difesa. Nel piazzare una mitragliatrice ci si deve preoccupare sempre di mascherarla. Ri¬cordarsi che l'attenzione del nemico sarà rivolta soprattutto su queste armi, che cercherà di annientare con il fuoco d'artiglieria, o anche con spezzoni d'aereo, qualora la mitragliatrice sia postata sui tetti e visibile dall'alto.
Non appena l'arma viene scoperta dal nemico, bisogna mutare postazione. La cosa migliore è sistemare le mitragliatrici ai piani superiori delle case (l'angolo morto sarà minore).
La difesa dovrà avere carattere attivo, perché solo così si può sperare nel successo. Nella sua organizzazione e nel costruire le barricate bisogna sempre pensare alla possibilità e alla necessità di infliggere colpi rapidi e decisivi. A tal scopo verranno dislocati gruppi assaltatori ben dissimulati, che avranno il compito, alla minima occasione, di sferrare sul nemico violenti contrassalti con la protezione del fuoco dalle case.
Nell'eventualità che fallisca l'attacco nemico, parte delle forze difensive dovranno essere lasciate sul posto per continuare il fuo¬co, mentre il resto, con i gruppi assaltatori, dovrà dedicarsi ad energici contrattacchi.
Nel caso che il nemico penetrasse nel dispositivo difensivo, i difensori, lungi dall'abbandonate le posizioni, dovranno tenersi pronti a combattere all'interno degli edifici e delle case. In que¬sto periodo i gruppi assaltatori, come del resto tutti i difensori, dovranno dar prova di grande spirito d'iniziativa.
L'attacco nel combattimento negli abitati
Non rientra nel nostro piano di lavoro analizzare le questioni concernenti l'occupazione di una città a mezzo di attacchi dall'e¬sterno seguiti da combattimenti all'interno. Ci limiteremo quindi a esaminare l'attacco all'interno della città come uno degli aspetti dell'attività tattica degli insorti contro forze armate controrivo¬luzionarie non ancora annientate dai primi colpi dell'organizza¬zione tattica.

In difesa si può soltanto indebolire l'avversario, non lo si può an¬nientare.12

Gli insorti, avendo impegnato battaglia contro l'apparato go¬vernativo, dovranno sfruttare nel miglior modo possibile i van¬taggi derivanti dalla loro posizione di attaccanti. Dopo aver sfrut¬tato i primi successi ottenuti con gli attacchi di sorpresa, non dovranno perdere un solo istante per schiacciare l'avversario, gruppo per gruppo, ovunque si mostri, allo scopo di non farsi mettere in condizioni difensive. L'elemento "tempo," come ab¬biamo già visto, ha un ruolo di primissimo piano nella prima fase dell'insurrezione. Talvolta può bastare un'ora, mezz'ora, a deci¬dere dell'esito del combattimento. Nessuna considerazione né po¬litica né di diverso ordine (carenza di armi, mancanza di notizie sul nemico, ecc.), capace di indebolire le operazioni insurrezionali offensive, potrà essere ritenuta valida. A questo punto domina su ogni altra cosa il criterio dell'iniziativa, dell'offensiva, dell'attacco ad ogni costo.
Soltanto quando l'avversario sia pronto a combattere, assu¬mendo a sua volta l'offensiva e riducendo alla difesa gli insorti, le operazioni dovranno prendere carattere sistematico:
II principale fattore del successo in attacco nei combattimenti negli abitati è la perfetta preparazione e organizzazione prima dell'invio delle truppe all'attacco. Forse non vi è altro tipo di guerra che, come nel com¬battimento negli abitati, comporti perdite tanto pesanti in caso di attacco non preparato. Un errore eventualmente commesso può essere rimediato solo a costo di gravi danni; il successo può essere conseguito soltanto at¬traverso lo studio sistematico dei metodi e dei piani tattici del combatti¬mento negli abitati. La cosa è tanto più importante quando il nemico ri¬corra a stratagemmi e disponga di tempo sufficiente a organizzarsi a difesa.13
Prima dell'offensiva l'attaccante dovrà eseguire la più accu¬rata ricognizione delle forze nemiche e del terreno, soprattutto nelle vicinanze dell'avversario rimasto sulla difensiva. Questa ri¬cognizione servirà a fornire dati precisi e completi sul sistema di fortificazione, sui caposaldi, sulle postazioni di mitragliatrici, sul¬la possibilità di sferrare un attacco concentrico, ecc. È in base a questi dati sul nemico e sul terreno che il comandante stabilisce il suo piano d'attacco.
Nella sua impostazione essenziale il piano d'attacco dovrà es¬sere semplice, ma al tempo stesso scrupolosamente sistematico, e prevedere la demolizione metodica del dispositivo nemico. I com¬piti dei diversi reparti dovranno essere enunciati chiaramente e concretamente, per evitare la fatale mescolanza tra le unità e la conseguente confusione nella condotta delle operazioni, fatto che può condurre al fallimento l'intera impresa.
Il piano d'attacco deve prevedere la necessità di fortificare immediatamente le abitazioni o le strade occupate dagli assalitori, allo scopo di costituire importanti centri di fuoco per eseguire l'ulteriore sbalzo.
Bisogna dedicarsi in particolare allo smantellamento dei nidi di mitragliatrici. Nelle mani di chi si difende la mitragliatrice è un'arma eccellente. Se l'assalitore dispone di artiglieria o di lan-ciabombe, dovrà servirsene innanzi tutto per annientare le mi¬tragliatrici nemiche. Le postazioni d'artiglieria saranno normal¬mente sistemate sia sul limitare della città sia sulle piazze. In questo caso gli osservatori di tiro dovranno accompagnare gli assaltatori. Si possono presentare dei casi in cui converrà avere dei cannoni nelle immediate vicinanze della colonna in attacco, per eseguire il tiro a vista.
Per esempio, durante la rivolta dei socialrivoluzionari di sini¬stra a Mosca nel 1918, il comando rosso diede l'ordine di con¬durre una batteria di due pezzi davanti all'albergo Morozov occu¬pato dai rivoltosi con mitragliatrici. Uno dei cannoni venne in¬stallato a 300 passi dall'albergo e iniziò il fuoco. I risultati del tiro furono eccellenti. Vatzetis, che dirigeva le operazioni, scrive a questo proposito:
Come si venne a sapere dopo la repressione, nel momento in cui Berzin (comandante la batteria) ordinò il fuoco, nell'albergo era in corso una riunione di s.-r. di sinistra. La prima granata esplose nel locale accanto a quello dove si teneva la seduta. La seconda ebbe la medesima sorte. I colpi successivi, sparati a mitraglia, grandinarono sui tetti e sui balconi. Le esplosioni assordanti produssero un effetto paralizzante sui partecipanti alla riunione, i quali si precipitarono in strada, disperdendosi in ogni di¬rezione. Al seguito dei capi si videro fuggire le truppe.14
Grande importanza hanno in attacco, nel combattimento negli abitati, i lanciabombe.15 W. Balk, basandosi sulla storia dei com¬battimenti negli abitati a Berlino nel 1919, ritiene che i lancia-bombe risultino più utili della stessa artiglieria da campagna. Nel¬l'articolo già citato del Balk, si leggono alcuni esempi di impiego delle bombarde durante la repressione dell'insurrezione spartachi¬sta a Berlino.

L'obbiettivo principale degli assalitori era l'annientamento delle po¬sizioni spartachiste all'ingresso della galleria. Dal lato del mercato Werder, la piazza Alessandro era battuta dalle bombe pesanti che scavavano crateri profondi dai 6 ai 7 metri. I proietti perforavano la pavimentazione stradale al di sopra della galleria della metropolitana e causavano gravissime perdite agli spartachisti. Come d'abitudine, l'effetto psicologico fu decisivo. Gli spartachisti, terrorizzati, si ritirarono, abbandonando i loro centri di fuoco e portandosi verso la Mùntzstrasse. Il presidio comunista della Casa dei sin¬dacati e quello del caffè Braun tentarono di opporre una fiera resistenza. Poiché contro questi edifici nulla poteva l'artiglieria, gli stabili vennero demoliti a colpi di bombarda. Anche qui l'effetto fu immediato. Gli insorti superstiti abbandonarono ben presto gli edifici e caddero nelle mani delle truppe. Due bombarde cadute sul magazzino Tietz misero fuori causa la mitragliatrice ivi appostata. Nei combattimenti nell'abitato i lanciabombe sono più vantaggiosi dell'artiglieria da campagna.16

Questa opinione sui vantaggi dei lanciabombe rispetto ai pezzi da campagna nei combattimenti negli abitati è condivisa dagli americani, i quali, nel loro manuale di istruzioni sulla repressione delle insurrezioni nelle città e, in genere, sull'intera tattica dei combattimenti negli abitati in tempo d'insurrezione, mettono a frutto l'esperienza tedesca. Nell'attacco ai vari obbiettivi di una città "i mortai da trincea risulteranno con ogni probabilità più utili dell'artiglieria leggera." (Istruzioni militari americane.)
Nell'attacco agli edifici le bombe a mano e le bombe ad alto potenziale rivestono una considerevole importanza. Possono essere impiegate con grande utilità contro la forza viva dei difensori, contro le mitragliatrici (purché vi sia possibilità di avvicinamento defilato fino a portata di lancio delle bombe), e anche per la distru¬zione di ostacoli di lieve entità (porte, ecc.).
Tutto l'onere dell'attacco nei combattimenti urbani spetta alle piccole unità dell'organizzazione tattica del proletariato: squadra, plotone, compagnia o battaglione, raggruppamento di più compa¬gnie. Considerato che queste unità devono quasi sempre agire in¬dipendentemente e risolvere da sole diversi problemi, bisogna do¬tarle, nella misura del possibile (al livello di compagnia e di bat¬taglione, ma a volte anche di plotone), di uno o due cannoni o lan¬ciabombe. Ciascuna di queste unità dovrà essere abbondantemente provvista di bombe a mano e di bombe ad alto potenziale. Inol¬tre dovranno essere dotate di un gran numero di asce, picconi, badili, scale di corda, materiale necessario per il combattimento all'interno degli abitati (per forzare le porte dei locali, sfondare pareti, passare da un piano all'altro, ecc.).
La manovra d'attacco negli abitati si compone dell'occupazione suc¬cessiva di vari isolati, di piazze e di barricate. Potrà essere eseguita con un'offensiva che segua la direzione della strada oppure, se la strada è oc¬cupata, aggirando case, cortili e giardini. Il primo procedimento è più ra¬pido; il secondo più sicuro, in quanto comporta minori perdite, ma più lento. La scelta del metodo spetta al comandante del reparto, secondo le circostanze generali e l'importanza delle risorse tecniche di cui dispone.17
Se l'attaccante ha a disposizione abbastanza artiglieria (pezzi da campagna e lanciabombe) per ridurre al silenzio le mitraglia¬trici nemiche, è preferibile ricorrere al primo procedimento, che offre il risultato più rapido. In caso contrario converrà attaccare aggirando le case, i cortili e i giardini. A volte si potrà ricorrere al metodo combinato: avanzare contemporaneamente lungo la strada e con movimenti aggiranti.
I movimenti aggiranti hanno lo scopo di penetrare successi¬vamente nelle case, una dopo l'altra, impegnando con assalti fre¬quenti la forza viva del nemico, disorganizzandone il sistema difen¬sivo e costringendolo ad abbandonare le posizioni.
Una volta penetrato in un edificio, l'attaccante deve com¬piere un'attenta perquisizione di tutti i locali. In caso che sco¬pra che degli abitanti dell'edificio hanno preso parte al combatti¬mento, dovrà privarli della libertà, rinchiudendoli per il resto della battaglia in locali appositi e sotto buona guardia.
L'attacco alle barricate riuscirà meglio se compiuto con il concorso di autoblindo o di carri armati. Se gli assalitori ne sono privi, saranno costretti a inviare all'assalto reparti di fanteria so¬stenuti da mitragliatrici, ma soprattutto dall'artiglieria, che pren¬derà di mira le postazioni di mitragliatrici e la forza viva dei difensori più vicini, nonché le case che dominano la barricata. L'attacco frontale deve essere accompagnato da movimenti aggi¬ranti, per prendere i difensori della barricata da tergo.
Nella formulazione del piano d'attacco a una data via o quar¬tiere, bisognerà badare particolarmente all'organizzazione dei col¬legamenti. Oltre all'utilizzazione delle comunicazioni urbane esi¬stenti (telefono), si dovrà fare largo uso dei collegamenti vivi. Solo nel caso in cui i collegamenti funzionino senza interruzione, il comandante potrà influire sull'andamento della battaglia con le sue direttive.
Un buon mezzo per influire sulla battaglia in fase d'attacco è l;i riserva alla mano del comandante dell'operazione. Di qui la necessità di prestabilire, nel piano di ripartizione delle forze, una riserva abbastanza numerosa, che verrà dislocata nelle immediate vicinanze della zona d'attacco. Talvolta questa riserva dovrà es¬sere messa a disposizione dei comandanti di battaglione o di compagnia.
La sua funzione è: a) sfruttare il successo in caso di attacco riuscito; h) rinforzare le unità attaccanti; e) far fronte all'impre¬visto.
Nell'occupazione di un dato edificio, bisogna in primo luogo isolare lo stabile da quelli vicini, poi organizzare l'attacco a fuoco e solamente a questo punto dare l'assalto conformemente ai piani prestabiliti. L'isolamento dell'edificio da attaccare si otterrà oc¬cupando gli stabili vicini e ogni via d'accesso.
L'attacco a fuoco dovrà essere condotto dall'artiglieria e dalle mitragliatrici. Il ruolo dell'artiglieria consiste nell'annientamento delle mitragliatrici nemiche, nella distruzione di portoni, ecc. Le mitragliatrici dovranno battere i balconi, le finestre e i tetti. La cosa migliore è di organizzare il fuoco dalle finestre e dai tetti delle case vicine, purché siano state completamente rastrellate.
L'attacco propriamente detto, condotto dalla fanteria, deve essere rapido ed energico.
Il comandante dell'attacco dovrà prendere tempestivamente le misure per impedire la fuga dell'avversario.
Il comandante dell'attacco a un edificio o a un blocco di edifici dovrà prendere in anticipo misure adeguate in caso d'in¬successo,

1 Comunque, anche nella tattica delle moderne unità di combattimento degli eserciti "regolari," le norme essen2iali che il singolo combattente deve rispettare sono nell'ordine: 1. Uccidere il nemico; 2. Non abbandonare mai la propria arma; 3. Recuperare le armi abbandonate, dando la precedenza a quelle di reparto (fucili mitragliatori, mortai, ecc.) Nel caso della guerriglia si potrebbe forse premettere a queste norme la regola prelimi¬nare: "Sopravvivere." [N.d.T.]
2 W. BALK, La tattica dei combattimenti negli abitati, citato nella raccolta di articoli II combattimento negli abitati, Mosca 1924, p. 115.
3 Regolamento per gli ufficiali subalterni dell'esercito inglese, nella raccolta II com¬battimento negli abitati, cit., p. 117.
4 Regolamento provvisorio sul servizio campale dell'Armata rossa, paragrafo 1321,2-3-4.
5 V. le osservazioni di Muratov sull'articolo di W. Balk citato.
6 Regolamento... dell'Armata rossa, cit., pp. 40-41.
10 Regolamento... dell'Armata rossa, cit.
11 L. TROTZKIJ, Come la rivoluzione si è armata.
12 Regolamento... dell'Armata rossa, cit.
13 Regolamento inglese già citato a p. 239, nota.
14 VATZETIS, La sommossa dei s.-r. di sinistra a Mosca, in "Guerra e rivoluzione," 1927, nn. 10-11.
15 Sono, le "bombarde," micidiali armi messe a punto nel corso della prima guerra mondiale. La loro funzione è oggi assolta dai mortai leggeri e dai tromboncini montati sul tubo di presa gas dei fucili all'uopo predisposti. Da non confondersi con i tubi lancia¬razzi ("bazooka"). [N.d.T.]
16 W. BALK, op. cit.
17 Regolamento... dell'Armata rossa, cit.
 
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view post Posted on 30/11/2012, 14:02




II lavoro militare del Partito tra i contadini

I partiti rivoluzionavi

Nei paesi agricoli e semiagricoli la vittoria della rivoluzione proletaria è impossibile se il proletariato rivoluzionario non è atti¬vamente sostenuto dalla popolazione contadina. Questa è una ve¬rità incontestabile, tanto per la rivoluzione borghese democratica quanto per la rivoluzione proletaria. Nel periodo della rivoluzione borghese democratica, la lotta del proletariato per la realizzazione delle sue parole d'ordine e per la trasformazione della rivoluzione borghese democratica in rivoluzione proletaria non può essere co¬ronata da successo senza il blocco rivoluzionario del proletariato e dei contadini e senza la partecipazione attiva della massa dei contadini oppressi alla realizzazione delle parole d'ordine della rivoluzione. Una prova evidente è quella fornita da tre rivolu¬zioni in Russia, dalla grande rivoluzione cinese e dalle lotte rivo¬luzionarie in molti altri paesi. Questo principio leninista essen¬ziale è oggi un fatto assolutamente indiscutibile per ogni autentico rivoluzionario. In Cina, in India, nell'America latina e in molti paesi d'Europa (paesi balcanici, Romania, Polonia, Italia, Francia, Spagna, ecc.), l'alleato decisivo del proletariato nella rivoluzione sarà la popolazione contadina. Solo nel caso in cui l'ondata rivo¬luzionaria trascinerà le masse agrarie, guidate dal proletariato, la rivoluzione sarà in grado di trionfare. Di qui l'eccezionale impor¬tanza che riveste l'agitazione del Partito nelle campagne.
Ogni serio movimento rivoluzionario tra i contadini, come si è visto in Cina e come ancor oggi si può notare, almeno fino a un certo punto, assume prima la forma di sommosse isolate, spontanee e non organizzate di reparti partigiani contro i grandi proprietari, i kulak, i mercanti e gli usurai, contro gli esattori dei balzelli e dei dazi, insomma contro tutti i poteri amministrativi e politici della campagna e delle città e contro il regime esistente, per la confisca e la spartizione delle terre, per l'abolizione delle affittanze e la remissione dei debiti, e per la conquista del potere politico da parte delle organizzazioni contadine. Nella prima fase del movimento rivoluzionario i contadini lanciano raramente pre¬cise parole d'ordine di rivoluzione agraria, limitandosi a solle¬varsi contro i "cattivi" proprietari fondiari, a reclamare l'aboli¬zione delle affittanze e delle imposte, ecc.
Il tratto essenziale della rivoluzione contadina in questa pri¬ma tappa, è il suo carattere spontaneo, l'isolamento e la non or¬ganizzazione degli interventi, la mancanza di un programma poli¬tico preciso e unificato per tutte le regioni, l'assenza di parole d'ordine fisse.
L'obbiettivo del partito proletario nei confronti dei contadini consiste nella conquista della guida del movimento, nell'organiz-zare e nel mobilitare le masse contadine attorno a determinate pa¬role d'ordine di classe in conformità con la natura della rivolu¬zione, cioè nel dirigere l'intero movimento alla realizzazione di queste parole d'ordine. Il partito del proletariato deve coordinare il movimento contadino con gli scopi e le operazioni rivoluzio¬narie del proletariato dei centri industriali.
Per il partito rivoluzionario deve essere evidente che il mo¬vimento contadino, per quanto vasto sia, non può sperare in nes¬sun successo definitivo se non entrando nel movimento della classe operaia. Lo stesso dicasi per le operazioni di quest'ultima (nei paesi agricoli o semiagricoli) senza l'accompagnamento di una possente azione rivoluzionaria dei contadini. Organizzare e pre¬parare operazioni combinate e, possibilmente, simultanee nelle città e nelle campagne: questo sarà lo scopo essenziale del partito rivoluzionario nei paesi agricoli o semiagricoli.
In Cina, a seguito della campagna del Nord, lo sviluppo del movimento contadino raggiunse proporzioni gigantesche. Attorno all'epoca del V congresso del Partito comunista cinese (maggio 1926), si contavano nel centro e nel meridione del paese circa dieci milioni di contadini organizzati in leghe contadine. La stra¬grande maggioranza, soprattutto nel sud, nel bacino dello Yang-Tze-Kiang, combatteva coscientemente, fin da allora (1927), nella parola d'ordine della rivoluzione agraria. Il Partito comunista ci¬nese (cioè la sua direzione di allora), invece di condurre secondo le direttive dell'I.C. l'agitazione rivoluzionaria tra i contadini e di trascinare le masse della popolazione rurale sulla via dell'azione rivoluzionaria, aiutandole a organizzarsi e a elaborare un pro¬gramma politico e un piano d'azione, accelerando la differenziazione sociale nelle campagne, e invece di sottoporre il movimento alla propria influenza e di orientarsi fermamente verso l'esten¬sione e l'approfondimento della rivoluzione agraria, impastoiò il movimento contadino, combattendo di concerto con il Kuomin-tang i cosiddetti eccessi, cioè gli interventi autenticamente rivo-luzionari delle organizzazioni contadine. Questo fu il più grave errore della direzione comunista di allora.
Nulla di sorprendente nel fatto che questa politica del Par¬tito comunista nei confronti dei contadini e questo suo blocco con il Kuomintang abbiano avuto come conseguenza che gli in¬sorti di Ye-Tin e di Ho-Lun, in marcia verso sud dopo essersi sollevati il 1° agosto 1927 a Nantghan, non riuscirono a trovare un numero sufficiente di coolies per trasportare le munizioni e in genere il loro materiale bellico.1 I contadini abbandonavano i vil¬laggi per sottrarsi alla mobilitazione del lavoro. Gli eserciti di Ye-Tin e di Ho-Lun si videro così costretti ad abbandonare sul posto ingenti quantitativi di munizioni, che caddero in mano ne¬mica. La stessa cosa si ripetè nella regione di Svatou, dove il co¬mando dell'esercito rivoluzionario locale, avendo alla testa dei comunisti e dei membri della sinistra del Kuomintang, tentò di attirare nelle sue file i contadini, distribuendo loro le armi non utilizzate. I contadini non entrarono però nell'esercito rivoluzio¬nario, poiché non vedevano nessuna differenza tra questo e l'eser¬cito dei militaristi. In realtà non esisteva nessuna differenza so¬stanziale, poiché, nonostante che in alcune divisioni (la 24a e la 25a) tutti i comandanti di reggimento e il 20% degli ufficiali fos¬sero comunisti e benché il Comitato militare rivoluzionario com¬prendesse anche dei comunisti, la politica dell'esercito nei con¬fronti dei contadini (come del resto su ogni altra questione) non si distingueva in nulla da quella della sinistra del Kuomintang. Invece delle parole d'ordine "Abbasso i grandi proprietari," "Confisca delle terre," ecc., lanciate dalle leghe contadine, il Co¬mitato rivoluzionario lanciava queste altre: "Abbasso i cattivi pro¬prietari! Confisca dei fondi di oltre 20 mu, riduzione dei fitti al 50%," ecc. Non deve sorprendere, quindi, che le masse contadine si allontanassero da un simile esercito, abbandonando i villaggi e ritirandosi sulle montagne al solo annuncio del suo approssimarsi. Né c'è da meravigliarsi se nella città di Lin-Ciuan le truppe di Ye-Tin e di Ho-Lun vennero accolte da una dimostrazione di giubilo dei commercianti. Alla manifestazione mancarono completa¬mente i contadini.
Non ci si deve dimenticare che questi stessi contadini, agli inizi e durante la campagna del Nord, sperando che l'esercito del Kuomintang portasse loro la liberazione sociale ed economica, l'avevano aiutato in mille modi a prevalere sull'esercito dei signori della guerra di vecchio stampo (Sun-Ciuan-Fan, Wu-Pei-Fu e altri), sollevandosi nelle retrovie, tormentando le truppe con con¬tinue azioni partigiane, assassinando ufficiali e latifondisti, disor¬ganizzando l'intera vita economica, militare e sociale alle spalle del nemico.
È bene sottolineare che la pessima politica del Partito comu¬nista sulla questione contadina fu una delle cause principali della sconfitta della rivoluzione cinese del 1927.
Un altro esempio del modo in cui non ci si deve comportare nei confronti del movimento contadino ci viene dai fatti di Bul¬garia del 1923. Nell'autunno di quell'anno, in quel paese, scop¬piarono spontaneamente varie insurrezioni contadine in tutte le regioni, eppure il Partito comunista bulgaro lasciò passare un'in¬tera settimana senza nulla intraprendere per assicurarsi la guida del movimento. Le insurrezioni contadine, prive di organizzazione e di coordinamento, a motivo del loro isolamento e della man¬canza di una buona direzione del Partito comunista, vennero schiacciate dalla controrivoluzione.
D'altra parte la vittoria della rivoluzione d'Ottobre sarebbe stata impossibile se il Partito bolscevico non avesse saputo mo¬bilitare le masse contadine con parole d'ordine proprie, condu¬cendole in battaglia per il rovesciamento del potere borghese e per l'affermazione della dittatura del proletariato. Senza questa saggia politica del Partito bolscevico nei confronti dei contadini, non si sarebbe mai riusciti a conquistare l'esercito zarista alla rivoluzione, poiché proprio l'ardita politica del Partito bolscevico verso i contadini creò le grandi occasioni per far passare dalla parte della rivoluzione le forze armate zariste, composte in massi¬ma parte di contadini.
Una delle cause della sconfitta dell'insurrezione di Canton fu che, nelle regioni circonvicine, non esistevano seri movimenti rivo-luzionari contadini al tempo in cui il proletariato urbano si sol¬levò all'interno della città. Anzi, gli innumerevoli moti contadini delle varie province cinesi, e soprattutto in quella dello Scian-tung, vennero sconfitti proprio perché isolati dal movimento rivoluzionario della classe operaia dei centri industriali, e perché non sostenuti dall'intervento del proletariato urbano.
All'epoca della lotta rivoluzionaria attiva del proletariato rus¬so nel 1905, la gran massa dei contadini manifestava ancora troppo scarso ardore rivoluzionario. In Russia il movimento contadino raggiunse l'apice solo nel 1906-7, all'incirca dopo il riflusso del¬l'ondata rivoluzionaria del proletariato urbano. Il mancato coor¬dinamento tra il movimento rivoluzionario delle città e quello delle campagne fu la causa essenziale del fallimento della prima rivoluzione russa.
Per garantire nel miglior modo possibile la simultaneità di azione tra proletariato e contadini, il partito del proletariato, nei paesi agrari e semiagrari soprattutto, deve concentrare la sua at¬tenzione sul lavoro politico e organizzativo (e militare) tra i contadini. Questo lavoro non deve essere condotto a caso, senza un piano o in modo uniforme in tutto il paese, bensì in confor¬mità con i criteri essenziali del Partito intorno all'ordine di suc¬cessione e al calendario dei vari interventi rivoluzionari possi¬bili in questa o quella regione o provincia. In un paese tanto vasto come la Cina un'agitazione politica e un'opera organizza¬tiva uniformi provocherebbero fatalmente la dispersione impro¬duttiva delle forze e delle risorse. La diversa importanza delle varie province nella vita politica cinese (e in paesi simili) deve determinare i diversi gradi di intensità dell'azione del Partito tra i contadini di ciascuna zona. Naturalmente l'agitazione rivoluzio¬naria in mezzo ai contadini deve essere condotta ovunque, ma il suo baricentro dovrà trovarsi in una provincia o in un gruppo di province determinato. Tale principio discende dalla verità uni¬versalmente riconosciuta, secondo cui la rivoluzione (presa del potere da parte del proletariato alleato ai contadini e alla popo¬lazione povera delle città) in paesi come la Cina e altri analoghi, che presentano una vasta gamma di condizioni geografiche, eco-nomiche e politiche diverse, non può realizzarsi come atto istan¬taneo (ossia nel corso di poche settimane o di pochi mesi), bensì deve occupare un periodo di tempo più o meno prolungato con movimenti rivoluzionari nelle diverse province o centri industriali o politici. Si può considerare cosa certa che il potere sovietico si costituirà in Cina prima in qualche provincia o gruppo di pro¬vince con un grande centro industriale o commerciale, e poi, par¬tendo da questa base, si svilupperà ulteriormente, allargando la rivoluzione. Il calendario dell'aggiunta di nuovi territori a que¬sta piattaforma rivoluzionaria dipenderà dal rapporto tra le forze rivoluzionarie e controrivoluzionarie non soltanto in Cina, ma in tutto il mondo. È comunque una questione che sarà risolta solo dalla lotta. E in ogni caso il consolidamento e l'unione rivoluzio-naria della Cina richiederanno molto più tempo di quanto ce ne sia voluto per scacciare dalla Russia tutte le forze controrivolu¬zionarie dopo la rivoluzione d'Ottobre a Pietrogrado e a Mosca.
Di conseguenza bisogna che il partito rivoluzionario, preve¬dendo l'avvicinarsi di una situazione direttamente rivoluzionaria, mentre continua con l'educazione e la mobilitazione rivoluziona¬rie della classe operaia, indichi quelle province o territori da considerare della massima importanza dal punto di vista dell'agi¬tazione tra i contadini, accentrando quindi tutta la sua attenzione e tutte le sue risorse su questa zona. In materia di agitazione tra i contadini, ci si deve preoccupare soprattutto delle regioni vicine ai centri industriali e politici. Ciò vale anche per molti paesi eu¬ropei (Polonia, Francia, Romania, ecc.).
Non v'è dubbio che, nell'eventualità che un possente moto contadino rivoluzionario abbia inizio dopo una sconfitta del pro¬letariato (prima rivoluzione russa; la Cina dopo la disfatta del proletariato nel 1927), il Partito debba mettersi a capo di que¬sto movimento e dirigerlo. La lotta rivoluzionaria dei contadini, soprattutto se si sviluppa con successo nelle regioni dotate di centri industriali e commerciali, è un'arma potente, che incita la classe operaia sconfitta, e ricaduta tra gli artigli della reazione, a riprendere l'iniziativa dell'azione.
Considerato che ogni serio movimento rivoluzionario della popolazione contadina assume necessariamente la forma di inter¬venti armati contro l'arbitrio dei latifondisti, degli usurai, del-l'amministrazione fiscale, ecc., cioè a dire, in realtà, la forma di operazioni militari per bande contadine, è essenziale e indispen¬sabile indugiare sul lavoro militare che il Partito deve compiere tra i contadini.
Non si può in un momento qualsiasi intraprendere la costi¬tuzione di formazioni armate di contadini, così come non si può da un giorno all'altro costituire la guardia rossa nelle fabbriche. La lotta armata dei contadini, essendo una forma di lotta di massa, sorge in certe circostanze politiche, allorché le masse ru¬rali, a causa dell'insopportabile giogo delle classi dominanti, si trovano in uno stato di fermento rivoluzionario e pronte a bat¬tersi attivamente contro il regime al potere. Le azioni spontanee delle formazioni armate contadine indicano che "le masse sfrut¬tate e oppresse hanno preso coscienza dell'impossibilità di continuare a vivere come prima, e che reclamano mutamenti" (Lenin), e che nel paese si è prodotta la situazione immediatamente rivo¬luzionaria. Non esiste alcuna possibilità di movimenti di parti-giani rivoluzionari in una situazione "normale e pacifica," poiché si tratta sempre dell'espressione di un periodo di guerra civile dichiarata tra due frazioni di un popolo.
L'esperienza della guerra partigiana in vari paesi ci dice che, nel periodo iniziale, considerata la debolezza anche numerica del¬le formazioni armate, considerata la scarsa coscienza che hanno i contadini dei loro obbiettivi, mancando d'esperienza rivoluzio¬naria e della influenza di un partito rivoluzionario nelle campa¬gne, la lotta assume il carattere di piccoli scontri d'importanza locale. In questo periodo l'obbiettivo principale dei reparti par-tigiani è la difesa dei contadini di una regione, di una località, di un villaggio, contro le violenze della burocrazia reazionaria, contro le requisizioni arbitrarie dell'esercito (in tempo di guerra), ecc. Per questo la lotta dei reparti partigiani assume spesso la forma di atti terroristici individuali o di sabotaggio a danno di funzionari rurali, di mercanti, di proprietari fondiari,^di ufficiali, di poliziotti, di capi di organizzazioni fasciste o di "centoneri," con assalti ai piccoli distaccamenti di repressione o alle piccole unità dell'esercito, allo scopo di impadronirsi delle loro armi, di liberare i detenuti, di sabotare e disarmare le vie di comunica¬zione, di espropriare somme di denaro, di mettere a fuoco intere proprietà, ecc.
La presa del potere politico, il coordinamento delle operazioni partigiane tra le diverse regioni, l'adattamento di queste opera¬zioni alla lotta politica o economica del proletariato urbano, sono problemi che solitamente non si pongono in questo periodo ini¬ziale della guerra civile nelle campagne. Le parole d'ordine della guerra partigiana non hanno ancora un carattere sociale tanto
marcato.
In seguito, mentre s'intensifica lo slancio rivoluzionario nel¬le campagne, si accentuano gli antagonismi di classe nella popo¬lazione rurale e aumenta l'influenza del proletariato sui conta¬dini, gli interventi partigiani andranno moltiplicandosi. Al tempo stesso aumenterà il numero delle formazioni armate, abbracciando sempre nuove regioni, ampliando e intensificando le operazioni, mentre la lotta armata dei contadini oppressi contro la reazione comincerà ad assumere un carattere di massa e dalla difesa pas¬serà all'attacco, tenendo le autorità nella paura continua di es¬sere esposte alle improvvise incursioni dei reparti contadini.
In questo periodo le formazioni partigiane non si limitano più a operare nelle rispettive regioni d'origine, ma escono dal villaggio e dal distretto, trasformandosi un po' per volta in for¬mazioni volanti di varia entità, unendosi ai reparti delle regioni vicine e osando sempre più, fino a intraprendere operazioni più vaste. Intanto aumenterà sensibilmente il numero degli obbiet¬tivi d'attacco. Alle piccole incursioni contro i granai, all'assassinio dei latifondisti, dei reazionari e dei poliziotti, all'incendio delle grandi proprietà, ecc., si aggiungeranno attacchi in piena regola contro la polizia, contro le truppe e le loro retrovie, gli assalti di sorpresa e il saccheggio di piccoli centri, ecc.
La storia della lotta contadina nei vari paesi illustra abbon¬dantemente il modo in cui il movimento partigiano si trasforma gradatamente in una forza seria e, con buoni dirigenti, capace di portare a termine missioni rivoluzionarie di grande importanza.
Durante la campagna del Nord nel 1926 e ai primi del 1927, l'esercito rivoluzionario del governo cantonese, che al momento di uscire dalla provincia di Kuang-Tung contava circa 90.000 com¬battenti, sconfisse gli eserciti, più volte superiori e di potenza in¬solita per la Cina, di Wu-Pei-Fu, Sun-Ciuan-Fan e Cian-Tsu-Cian. Questo grande successo militare dell'esercito cantonese, poco nu¬meroso, debolmente armato e mal equipaggiato, fu possibile sola¬mente grazie alle operazioni attive delle formazioni contadine che agivano alle spalle del nemico. Durante tutta la campagna del Nord, e in particolare agli inizi, i contadini delle province, del meridione e del centro, che vedevano allora nell'esercito rivolu-zionario lo strumento della lotta contro i latifondisti, gli impe¬rialisti, i militaristi e, in genere, contro tutta la Cina reazionaria, recarono all'esercito nazionale un aiuto inestimabile, con le loro azioni, le loro rivolte, il sabotaggio delle vie di ritirata delle truppe militariste, gli attacchi improvvisi contro le unità nemi-che isolate. Le forze militariste si videro costrette a sostenere di fronte l'attacco delle truppe rivoluzionarie e di opporre a tergo un'accanita resistenza alle formazioni contadine. In queste con-dizioni nessun esercito può essere in grado di battersi efficace¬mente. L'armata militarista al sud e al centro della Cina, energi¬camente appoggiata dall'imperialismo, si disgregò, né poteva non disgregarsi, sotto i colpi coordinati e combinati dell'esercito na¬zionale e degli innumerevoli reparti contadini che ne aggredivano le retrovie.
Nell'organizzazione e nella direzione delle formazioni parti¬giane contadine che disorganizzarono le retrovie dei militaristi, grande merito va al Partito comunista e al Kuomintang, per la propaganda svolta tra i contadini delle province in mano ai mi¬litaristi.
Sempre la storia della lotta rivoluzionaria in Cina ci offre un altro eccellente esempio di utilizzazione delle formazioni parti¬giane a vantaggio dei controrivoluzionari.
All'inizio del 1926 la seconda armata popolare di Feng-Yu-Sian, acquartierata nella provincia di Hunan, si trovò in stato di guerra con l'armata di Wu-Pei-Fu. A seguito degli incessanti combattimenti tra le cricche militariste, la provincia di Hunan era andata completamente in rovina e i contadini ridotti alla mendicità. Il processo di pauperizzazione della popolazione con¬tadina era continuato durante il soggiorno della seconda armata, i cui 200.000 uomini erano ovviamente mantenuti a spese della popolazione stessa. Tale pauperizzazione aveva indotto centinaia di migliaia di contadini a entrare nelle bande di "tiu-fei" (banditi). Altri si organizzarono in leghe contadine, religiose e semireli¬giose, il cui numero si accrebbe sensibilmente tra il 1925 e il 1926.
Il malcontento dei contadini dello Hunan venne sfruttato da Wu-Pei-Fu, i cui agenti condussero un'abile agitazione contro la seconda armata popolare. Diverse organizzazioni contadine (Pic¬che rosse, Lunghi coltelli, Ventri tesi, ecc.) si ribellarono atti¬vamente contro il regime imposto dalla seconda armata, disorga¬nizzando con attacchi improvvisi le retrovie, tendendo continue imboscate alle piccole unità, invitando i soldati a disertare e a entrare nelle formazioni contadine.
La demoralizzazione della seconda armata popolare, a seguito di questo atteggiamento ostile delle organizzazioni paramilitari contadine, giunse a un punto tale che, subito dopo i primi at¬tacchi delle truppe di Wu-Pei-Fu, numericamente trascurabili, questo esercito di 200.000 uomini crollò come un castello di carte.
Wu-Pei-Fu seppe sfruttare a fini controrivoluzionari le incli¬nazioni rivoluzionarie dei contadini dello Hunan, ma quando le sue truppe entrarono nella provincia, quegli stessi contadini che avevano appena sconvolto la seconda armata popolare, rivolsero i loro colpi contro gli uomini di Wu-Pei-Fu. Costui, a sua volta, negli scontri con l'esercito di Canton, subì pesanti sconfitte a causa dell'ostilità delle formazioni contadine.
Nella storia della guerra civile russa si possono trovare molti esempi di azioni eroiche dei partigiani in Siberia, in Ucraina, sul Don, nel Caucaso settentrionale, ecc. I partigiani aiutarono l''Armata rossa a ripulire il paese dalle forze controrivoluzionarie dei generali, dei latifondisti e della borghesia.
Condizione essenziale del duraturo successo delle formazioni partigiane è la solidità dei loro collegamenti con le masse con¬tadine. Non esistono azioni partigiane senza una situazione rivo-luzionaria, senza un fermento rivoluzionario tra le masse conta¬dine. Bisogna che la lotta partigiana rifletta specularmente gli interessi delle grandi masse contadine e che vi sia una situazione immediatamente rivoluzionaria, affinchè sia possibile il successo. Le squadre degli agrari artificiosamente costituite dai partiti controrivoluzionari in diverse regioni della Russia durante la guerra civile non avrebbero potuto aspirare a un successo dura¬turo semplicemente perché non rispecchiavano le aspirazioni della popolazione contadina, che si rifiutava assolutamente di combat¬tere il potere sovietico. I temporanei successi dei kulak (per esempio nella provincia di Tambov nel 1920) diedero ben presto luogo alla sconfitta di fronte alla sollevazione delle masse lavo-ratrici delle campagne contro i mestatori controrivoluzionari.
Le forme della lotta partigiana sono determinate dall'ampiezza del movimento rivoluzionario nelle campagne e dal carattere de¬gli obbiettivi che si propone la popolazione rurale in ogni mo¬mento e nei vari paesi. Da queste forme derivano, a loro volta, l'organizzazione e la struttura delle formazioni partigiane. Spetta al partito del proletariato, nel momento dato, tener conto delle condizioni concrete per conferire al movimento partigiano le forme corrispondenti alla situazione in atto e per condurre le ope¬razioni. La direzione del movimento partigiano non deve essere solo politica, ma anche militare e tattica.
In fatto di organizzazione e di tattica le ricette generiche e gli schemi di massima sono assolutamente inapplicabili alla lotta dei partigiani contadini. Le forme che, per esempio, assume la lotta in Cina differiscono fondamentalmente da quelle che potrà assumere in Francia, già per il solo fatto che il teatro delle ope¬razioni sarà completamente diverso, ma soprattutto a causa di ogni sorta di differenze e di particolarità. Ci si può soltanto limi¬tare a parlare, per non abbandonare il terreno del marxismo e rischiare di cadere nell'astrattezza, di forme e di strutture estre¬mamente generali delle formazioni partigiane, esponendo solo le questioni di principio.
Prima di raccomandare questa o quella forma organizzativa della lotta partigiana, è opportuna un'analisi approfondita della situazione politica nella regione considerata, tenendo conto delle particolarità di vita e di cultura della popolazione, dell'esperienza di lotta di classe già acquisita dai contadini, ecc.
Nello schema d'insieme della lotta di classe, il movimento partigiano assume la funzione di fattore ausiliario: non basta di per sé a risolvere gli obbiettivi storici, bensì contribuisce alla soluzione fornita da un'altra forza, il proletariato. Ne consegue che il carattere degli obbiettivi particolari delle operazioni par-tigiane consiste nell'ostacolare le forze reazionarie e nel disgre¬garle, facilitando così la vittoria unitaria delle classi lavoratrici guidate dal proletariato.
I requisiti essenziali ai quali deve rispondere il movimento partigiano in fatto di organizzazione sono i seguenti:
a) La struttura deve essere agile, formata su più livelli capaci di agire indipendentemente gli uni dagli altri;
b] Deve essere mobile, idonea alle azioni rapide, capace di passare rapidamente, se le circostanze lo impongono, dalla clandestinità alla legalità e viceversa, di combinare saggiamente metodi legali, semilegali e illegali;
e) Deve essere tale da consentire al Partito di realizzare la propria guida in materia politica e operativa;
d) Deve essere semplice, intelligibile alle masse, conforme alle loro usanze, in modo da permettere la continua adesione di forze nuove.
Le formazioni partigiane (piccoli gruppi elementari), nella fase iniziale in cui il movimento si ripropone la difesa dei con¬tadini locali contro l'arbitrio della reazione, si costituiscono se¬condo il criterio della territorialità. Di regola sono clandestine. Di conseguenza, con l'accentuarsi della lotta di classe nelle cam¬pagne, e con la sua graduale trasformazione in guerra civile aperta, questi gruppi primari si riuniscono a formare dei reparti regionali di maggiore ampiezza (villaggi, distretti).
È ovvio che le formazioni partigiane devono accogliere (fatto che del resto si verifica puntualmente) gli elementi più avanzati del villaggio. Nondimeno, nel periodo iniziale, considerata la ne¬cessità di restare nella clandestinità e considerata l'opera di spio¬naggio e di provocazione delle autorità, è opportuno sorvegliare molto da vicino il reclutamento per i gruppi primari. In seguito, quando il movimento si sarà trasformato in un vasto e potente torrente di massa, che trascina con sé tutto quanto vi è di più progredito e attivo nei villaggi, la clandestinità e la selezione del personale potranno perdere un po' della loro importanza. La buona scelta dei dirigenti, che devono essere politicamente sicuri e militarmente ben preparati, resterà sempre un problema di attualità: ogni trascuratezza su questo punto porta sempre conse¬guenze funeste per l'intera organizzazione.
Una buona guida del movimento partigiano da parte del par¬tito del proletariato è possibile soltanto se quest'ultimo possiede una certa influenza sui contadini e se i contadini ne accettano le parole d'ordine e lottano per la loro realizzazione. Nei paesi in cui esistono organizzazioni contadine di massa, il Partito si deve sforzare di farvi penetrare il proprio influsso e di condurre il movimento partigiano sia direttamente sia indirettamente, attra¬verso le organizzazioni esistenti (le formazioni partigiane sono appunto dirette da queste organizzazioni di massa). Là dove que¬ste strutture di massa non esistono ancora, il Partito dovrà ser¬virsi delle organizzazioni partigiane come strumento per dirigere politicamente i contadini. L'organizzazione partigiana dovrà co¬stituire essa stessa l'avanguardia dei contadini lavoratori, la loro frazione attiva, combattiva e dirigente.
Le insurrezioni contadine del 1923 in Bulgaria vennero sfa¬vorevolmente influenzate dal fatto che a quell'epoca non vi era ancora nel paese una buona organizzazione di forze armate e di apparati direttivi delle formazioni partigiane. Di qui le azioni mal combinate e mal coordinate dei vari reparti e, quindi, la campagna relativamente facile per le truppe di repressione. Sol¬tanto al principio del 1924 il Partito comunista cominciò a costi¬tuire un apparato direttivo. Le forze armate contadine dovevano costituirsi, o piuttosto riorganizzarsi, secondo il seguente sche¬ma: alla base, gruppi di 6 (un comandante e 5 uomini armati); 3 o 4 gruppi di 6 costituenti una "ceta" e 3 o 5 cety costituenti una "drujina." In caso di bisogno le drujiny potevano essere riu¬nite in gruppi da 3 fino a 5.
La direzione dell'organizzazione tattica dei contadini si rea¬lizza nel circondario a mezzo di un comando politico-militare e nel distretto a mezzo di un dirigente distrettuale, a cui sono sot¬toposte le drujiny.
È bene notare come l'organizzazione della drujina bulgara si fondi su una distinzione funzionale netta: oltre alle cety di com¬battenti, la drujina comprende esploratori, mitraglieri, staffette, eccetera.
Tale organizzazione rigorosa e rispondente alle esigenze im¬poste dal luogo, dagli obbiettivi, dalla segretezza, ecc., avrebbe certamente consentito il buon andamento delle missioni affidate agli insorti bulgari. Purtroppo il Partito comunista intraprese troppo tardi la riorganizzazione delle forze partigiane secondo questo schema, che poi non fu possibile realizzare veramente in pratica. L'organizzazione cominciò a vedersi solo quando ormai l'ondata rivoluzionaria, dopo la disfatta del settembre 1932, era già in declino.
In Cina la struttura organizzativa tattica della popolazione contadina (Picche rosse e altri gruppi) è diversa da quella bulgara. La cellula fondamentale è di 10 uomini; queste cellule si uni¬scono in gruppi di 100, e questi gruppi costituiscono in genere unità più forti.
In Germania, alla fine del 1923 e all'inizio del 1924, le for¬mazioni contadine della Pomerania e della Prussia orientale si costituirono secondo il medesimo schema delle centurie prole¬tarie urbane: squadre di 10-15 uomini, plotoni di tre o quattro squadre, centurie di due o tre plotoni.
In quale misura questa struttura sia favorevole o sfavore¬vole, è difficile dire, poiché l'organizzazione delle centurie con¬tadine tedesche non ha ricevuto grande impulso: il Partito co¬minciò a costituirle solo al momento del riflusso dell'ondata rivo¬luzionaria, provocandone la rapida disintegrazione. Tuttavia, poi¬ché sostanzialmente le centurie riproducevano la struttura delle compagnie dell'esercito imperiale, con le quali le masse avevano una certa familiarità a seguito dell'esperienza bellica, e poiché le centurie proletarie urbane avevano acquistato nel 1923 (se non prima) una vasta popolarità, si può ritenere che questa or¬ganizzazione per centurie fosse la forma più congeniale alla si¬tuazione tedesca.
In Russia, durante la guerra civile, il movimento partigiano assunse generalmente la stessa forma delle piccole unità dell'eser¬cito regolare: plotoni, compagnie, squadroni (di cavalleria), bat¬taglioni, reggimenti di cavalleria e di fanteria. In seguito, quando l'Armata rossa, attaccando di fronte, e i partigiani a tergo ricac¬ciarono con azioni combinate il nemico dalle posizioni da esso occupate, le formazioni partigiane si fusero nelle unità dell'Ar¬mata rossa oppure, come accadde spesso, continuarono a esistere quali unità indipendenti dell'Armata rossa, ricevendo i coman¬danti e le scorte di materiale generale dall'esercito e agendo secondo gli ordini del comando superiore.
Gli esempi fin qui citati a proposito della struttura del mo¬vimento partigiano nei vari paesi dimostrano come, in ultima analisi, sia opportuno regolarsi secondo gli stessi principi rela¬tivi alle unità elementari dell'esercito regolare, però tenendo conto delle particolarità specifiche di ciascun paese, degli obbiet-tivi del movimento partigiano nei vari momenti, delle armi esi¬stenti o reperibili nel corso detta lotta, e tutto questo mantenendo la segretezza. Quando queste condizioni siano rispettate, avremo la struttura delle formazioni partigiane: nel periodo iniziale, pic¬coli gruppi agguerriti, convenientemente dissimulati, di 5, 8 o 10 uomini, formati villaggio per villaggio e subordinati, tramite comandanti propri, alle commissioni militari di zona e di distretto e ai delegati delle commissioni stesse presso i villaggi. Svilup¬pandosi il movimento (con l'accentuazione della lotta dei con¬tadini oppressi), questi piccoli gruppi si riuniscono in unità su¬periori (plotoni, dmjiny, picchetti) che, a loro volta, andranno a costituire le grandi unità.
Nel raggruppare le formazioni in unità più grandi, è oppor¬tuno attenersi al principio, fissato dall'arte militare, secondo cui in azione un solo capo non può avere ai suoi ordini più di 3-5 unità, poiché se il numero è troppo elevato, la direzione si ap-pesantisce, con gravi conseguenze sul successo finale. Tanto più è necessario osservare questo principio nei confronti delle for¬mazioni partigiane, che per il loro carattere specifico e anche per la cronica carenza di buoni dirigenti tra i contadini stessi rendono quanto mai spinoso il problema della direzione.
Per quanto concerne la direzione della costituzione dei re¬parti, dell'addestramento militare e delle operazioni nella zona, nel distretto, nella provincia e in tutto il paese, la responsabilità è affidata alle commissioni militari dei corrispondenti comitati del Partito comunista, incaricati di tutto il lavoro militare del Par¬tito. In queste commissioni vanno fatti entrare compagni spe¬cialisti in propaganda e agitazione contadina. Le commissioni distrettuali e di zona avranno eventualmente delegati militari pro¬pri tra i contadini in ogni villaggio o gruppo di villaggi, per gui¬dare, tramite i dirigenti interessati (comandanti di formazione), le varie unità partigiane e le altre organizzazioni contadine in cui si trovino dei partigiani, per dirigere la costituzione delle forma¬zioni e il loro addestramento sul luogo di costituzione.
L'addestramento dei partigiani alle operazioni militari e, in particolare, al maneggio delle armi, sarà uno dei compiti prin¬cipali degli organizzatori e dirigenti, soprattutto nei paesi in cui i contadini non abbiano la possibilità di apprendere l'arte della guerra nell'esercito regolare (unità mercenarie, limitazione degli armamenti, non partecipazione all'ultima guerra mondiale o ad altre guerre). Non basta insegnare ai partigiani a maneggiare le armi in loro possesso in un dato momento, ma bisognerà anche che essi sappiano servirsi il più possibile delle armi che in se¬guito vengano strappate al nemico. La parola d'ordine essenziale, in questo caso, deve essere: ogni partigiano deve imparare bene a usare il fucile, a servirsi di vari tipi di pistole, a lanciare la bomba a mano e a manovrare abilmente Tarma bianca (picche, sciabole, ecc.).
È anche importantissimo che ogni reparto sia dotato di un buon numero di esploratori, di mitraglieri, di staffette, di gua¬statori e di infermieri convenientemente preparati. La formazione di un contingente di questi specialisti deve essere oggetto delle più attente cure da parte del comando delle unità partigiane.
Come procurarsi le armi per armare l'organizzazione parti-giana in via di costituzione? Ecco un problema non meno diffi¬cile a risolversi di quello dell'armamento della guardia rossa. Nonostante le difficoltà, lo si potrà comunque risolvere, almeno approssimativamente, quanto basta per iniziare la lotta per la conquista delle armi. In genere non si avranno mai dei depositi dì armi predisposti da tempo. Bisognerà servirsi di quanto capita tra le mani, delle armi di cui dispongono solitamente i contadini (fucili da caccia, rivoltelle, accette, sbarre di ferro, ecc.), oltre alle bombe a mano, alle picche e alle sciabole che ciascuno ten¬terà di procurarsi da sé. Solo in certi casi sarà possibile mettere le mani sulle armi da fuoco. Comunque la principale fonte di armamento per i partigiani saranno le incursioni contro i depo¬siti di armi, i sequestri, il disarmo dei poliziotti e dei piccoli gruppi di soldati, conducendo queste azioni con le armi rudi¬mentali di cui si sia in possesso in un primo momento. È bene sottolineare che ogni serio movimento partigiano avrà come com¬pito continuo e sempre attuale il completamento delle proprie riserve di armi e munizioni.
La storia del movimento partigiano in Russia, in Cina e al¬trove, dimostra che le unità che hanno iniziato la lotta contro le autorità e l'esercito senza aver altro a disposizione che ac¬cette, sbarre di ferro, forconi, falci o anche semplici bastoni, si sono sempre impadronite in seguito, nel corso della battaglia, di tutte le armi moderne necessarie (fucili, mitragliatrici, bocche da fuoco, ecc.) e delle relative munizioni.
La guerra partigiana, proprio come le operazioni della guar¬dia rossa urbana, deve essere condotta sempre secondo i principi fondamentali dell'arte militare, soprattutto della tattica. Tuttavia si dovrà tener conto, in ogni momento, delle particolarità della situazione e delle condizioni in cui l'unità partigiana si trova ad agire.
Esattamente come l'organizzazione tattica urbana, anche la formazione partigiana può contare sul successo solo se ciascuno dei suoi membri, soprattutto i capi, sa dar prova di spirito di iniziativa, se nel preparare le operazioni si rispetta rigorosa¬mente il fattore "tempo," se il piano d'azione è stato accurata¬mente predisposto, con la opportuna distribuzione delle forze, con l'attenta ricognizione del nemico e del terreno, con il rispetto del principio della sorpresa, ecc. La scarsità di armi, la mancanza di grandi unità (dispersione delle forze), la difficoltà di ottenere una buona guida per un'intera provincia o distretto, devono e possono essere compensate dai vantaggi della sorpresa, dell'au¬dacia e della risolutezza in azione.
A conferma di quanto si è detto, citeremo solo uno dei tanti esempi che ci offre la storia dei partigiani rossi in Russia.
Sul finire del luglio 1918, le guardie bianche circondano il Soviet della regione del Sai. Il villaggio di Platovskaia viene occupato dal reparto di Gnilorybov con un centinaio di ufficiali e circa duecento calmucchi reclutati a forza. Cominciano col fucilare i contadini favorevoli ai bolscevichi. Nel villaggio di Ku-zorino Budenny forma un gruppo di quattro uomini e decide di attaccare Platovskaia per liberare i prigionieri non ancora passati per le armi. Nella notte tra il 27 e il 28, il gruppetto esegue un'incursione audace, libera i prigionieri, disarma i calmucchi pa¬ralizzati dallo stupore e immediatamente arma i prigionieri libe¬rati. Dopo un aspro corpo a corpo, la compagnia di ufficiali re-trocede, lasciando in mano a Budenny 2 cannoni, 4 mitragliatrici, 300 fucili, 60.000 cartucce e 150 cavalli già sellati.2
Le formazioni partigiane, finché non sono raggnippate in un esercito contadino più o meno forte, non sono in condizione di condurre una lotta a fondo contro l'esercito regolare in battaglia campale e allo scoperto. Pertanto, nell'eventualità che vengano attaccate da truppe regolari, la miglior cosa per loro è di rifiutare il combattimento, piuttosto che organizzarsi a difesa al modo dell'esercito regolare, in quanto i partigiani non sono mai abba¬stanza forti da sperare nel successo in una battaglia difensiva. La forza dei partigiani non sta nella difensiva, bensì negli attac* chi repentini e audaci. I partigiani non sono militarmente abbastanza forti per difendersi. Devono sempre e dovunque cercare di manovrare: sferrare un colpo rapido e improvviso al nemico nel momento e sul punto in cui quest'ultimo meno se lo aspetta; ritirarsi velocemente e rifiutare lo scontro decisivo, se le circo¬stanze e il rapporto di forze sul punto dato e nel momento dato non sono a loro favore, al fine di attaccare in un altro punto.
Nell'organizzazione di attacchi di grande entità contro città, corpi d'armata, ecc., il comando delle formazioni partigiane deve dedicare la massima attenzione alla scelta della direttrice princi¬pale dello sforzo d'attacco. Voler essere ugualmente forti in tutte le direzioni significa disperdere le forze. Il comando deve con¬centrare i suoi sforzi e tutta la sua attenzione sulla direttrice principale, lungo la quale è lecito sperare in un successo rapido e decisivo, riservando per gli obbiettivi secondari un minimo di mezzi e di forze. Inoltre, nell'organizzazione di azioni combi¬nate di più formazioni per l'occupazione di sorpresa di questo o quell'obbiettivo, bisogna tener presente l'enorme importanza del fattore "tempo." La mancata osservanza di questi due fondamen¬tali criteri tattici comporta sovente l'insuccesso e anche l'annien¬tamento delle formazioni in attacco.
In queste operazioni combinate assume una parte di primo piano anche l'unità di comando. La mancanza di una buona dire¬zione, così come la presenza di numerosi centri direttivi, sono inammissibili. Il piano operativo deve essere deciso di comune accordo ed è il comando comune a impartire gli ordini, nel corso della battaglia, alle formazioni che prendono parte all'operazione. Questa è la condizione essenziale affinchè le operazioni combi¬nate siano coronate da successo.
La necessità dell'unitarietà del comando nelle azioni parti¬giane è un fatto acquisito della tattica partigiana e di ogni com¬battimento in genere. Tuttavia l'esperienza della guerra parti¬giana, soprattutto in Cina, insegna che questo requisito elemen¬tare non viene sempre rispettato e ben raramente messo in pratica. Si è dato spesso il caso di numerose formazioni parti¬giane che, avendo uno scopo comune, ma prive di un comando unico, hanno disperso le loro forze e, per questo motivo, sono rimaste battute.
Nessuna operazione può essere iniziata senza che sia stata compiuta un'attenta ricognizione. I dati precisi sull'avversario, i suoi impianti, i suoi punti forti e i suoi punti deboli, i partico¬lari topografici, stradali, sui mezzi di trasporto, sulla popolazione, ecc., devono essere ottenuti a mezzo di esploratori e formare la base del piano operativo. La continuità delle operazioni di rico¬gnizione è una delle esigenze fondamentali della tattica parti¬giana. Prima di ogni operazione i partigiani dovranno condurre una ricognizione speciale sui rispettivi obbiettivi d'attacco, fin nei minimi particolari.


1 Gli eserciti del sud non possedevano convogli speciali, e il trasporto del materiale bellico avveniva appunto a mezzo di coolies, cioè di contadini mobilitati o liberamente salariati.
1 V. La rivoluzione proletaria sul Don, Raccolta n. 1, 1922.
 
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Public Enemy
view post Posted on 30/11/2012, 14:48




FINE



Felice di esservi stato utile.
Saluti.
 
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view post Posted on 1/12/2012, 00:32
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compagno

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Dopo attenta lettura sulla tratta Roma-Milano, ho dovuto cancellare le "Note di presentazione" perché sono di stampo decisamente "revisionista" ed ingiuriose per il compagno Stalin e per tutto il movimento marxista.-leninista, nonché, ovviamente, nel suo piccolo, per il forum di Scintilla Rossa.
Vorrei chiederti: ma chi le ha scritte? Quando le ha scritte? Ma tu le hai lette?
Gradirei una risposta alle mie mie tre domande.
Grazie compagno.
 
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Public Enemy
view post Posted on 26/12/2012, 18:20




Chiedo scusa se riesco a rispondere solo ora, dopo quasi un mese.

1)Non fanno parte propriamente dell'insurrezione armata. Fanno parte della presentazione della mia edizione, che è quella Feltrinelli 1970. Le ha scritte un certo Erich Wollenberg che non so chi sia e sono state scritte 2) nel 1970
3) Io le avevo lette ma da un po' e non avevo dato molto peso dato che la parte importante era un altra. I motivi dell'eliminazione dal forum sono evidenti.
 
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20 replies since 29/11/2012, 15:39   876 views
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