Comunismo - Scintilla Rossa

L'insurrezione armata, A. Neuberg

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Public Enemy
view post Posted on 30/11/2012, 12:56 by: Public Enemy




II carattere delle azioni militari all'inìzio dell'insurrezione

Osservazioni di carattere generale

L'insurrezione armata mirante alla distruzione dell'apparato governativo e alla conquista del potere da parte del proletariato assume la forma di una lotta armata implacabile tra la frazione militarmente organizzata del proletariato e dei suoi alleati, e la forza militare delle classi dominanti. Nel primo periodo di questa guerra civile dichiarata, la lotta si svilupperà principalmente nelle città, il che significa che assumerà la forma del combattimento negli abitati, che varierà comunque di volta in volta, a seconda delle circostanze, per carattere e per durata. Dall'esito del com¬battimento in questo periodo e dalla rapidità con la quale il pro¬letariato riuscirà a mettere in piedi un numero sufficiente di unità atte al combattimento nel proprio Esercito rosso, dipenderà in larga misura l'esito della lotta per il consolidamento e l'estensione territoriale della rivoluzione. In seguito, quando il potere, nelle principali zone economiche e politiche (le capitali, i grandi centri economici) sarà solidamente acquisito dal proletariato, la lotta armata assumerà un carattere essenzialmente di guerra in campo aperto, tra l'Armata rossa regolare e i residui della controrivo¬luzione indigena o degli interventisti stranieri.
La guerra civile (quindi anche l'insurrezione armata), esatta¬mente come le operazioni degli eserciti regolari, è soggetta alle regole dell'arte militare. Nondimeno, considerati i caratteri spe¬cifici delle operazioni previste per l'insurrezione, la tattica della lotta armata del proletariato per il potere, ossia durante il primo periodo della guerra civile, differirà notevolmente da quella de¬gli eserciti regolari.
Nel duello tra due eserciti regolari, che abbia luogo in campo aperto o all'interno di una città, esiste sempre una certa linea di fronte che li divide. La lotta del proletariato, almeno nei primi momenti della sollevazione armata, si sviluppa in condizioni com¬pletamente diverse.
In primo luogo tra i belligeranti non esiste una linea di fronte determinata. Così per il proletariato come per le classi dominanti // fronte è dovunque. Amici e nemici, da una parte e dall'altra, non sono separati territorialmente. Da un lato il proletariato rivo¬luzionario avrà inevitabilmente dei partigiani, nascosti o dichia¬rati, nel campo delle classi dirigenti (nell'esercito, nella polizia, negli organismi d'ogni sorta posti sotto l'influenza politica e ma¬teriale dei partiti delle classi al potere, ecc.); dall'altro, si trove-ranno tra le file del proletariato diversi partigiani, occulti o dichiarati, del regime costituito (l'apparato del Partito socialdemo¬cratico, la frazione di proletariato e di piccola borghesia sotto¬posta all'influenza della socialdemocrazia, ecc.).
In secondo luogo, al momento della lotta armata per il po¬tere, il proletariato non disporrà ancora di un vero e proprio Esercito rosso regolare, organizzato ed equipaggiato in confor¬mità con le esigenze della tattica moderna. I reparti della guar¬dia rossa, infatti, non sono che l'embrione della futura Armata rossa. L'esercito regolare del proletariato si forma, e si deve for¬mare, nel corso della lotta per il potere.
In terzo luogo l'esperienza dimostra come lo stato delle forze armate delle classi al potere si modifichi notevolmente nel corso dell'insurrezione, e come, per questo motivo, l'esercito diferisca notevolmente, quanto a coesione e a valore combattivo, da quello che combatte in tempi normali contro l'esercito di uno Stato nemico. Tra le sue file, infatti, nel vivo della battaglia e sotto l'influenza dell'agitazione del partito rivoluzionario, si verifiche-ranno processi di differenziazione sociale, che faranno penetrare i germi della decomposizione, compromettendo la capacità com¬battiva dei soldati. In ultima analisi, si troveranno nell'esercito (come nella polizia), accanto alle unità che combattono attiva¬mente il proletariato rivoluzionario, altre unità, grandi e pic¬cole, in cui i soldati potranno esitare tra rivoluzione e contro¬rivoluzione. Si moltiplicheranno i casi di rifiuto d'obbedienza al comando reazionario, i casi di ribellione aperta e le defezioni verso le file della rivoluzione.
Mentre si batte per il potere, il proletariato rivoluzionario forma un esercito regolare proprio, disgregando con l'agitazione, ma anche con la lotta fisica, i pilastri armati delle classi dirigenti, lo stesso esercito, la polizia, la flotta e le varie associazioni fa¬sciste.
Le tre caratteristiche specifiche della lotta del proletariato per il potere che abbiamo appena menzionato impongono una certa etichetta alla tattica impiegata, ragione per cui la tattica di guerra del proletariato durante l'insurrezione differisce sotto molti aspetti da quella degli eserciti regolari. Gli organizzatori e i dirigenti dell'insurrezione, quindi, non devono solo cono¬scere l'arte militare in genere, ma sappiano anche applicare le norme teoriche e tattiche militari alle condizioni particolari del-l'insurrezione.
Le particolarità della tattica insurrezionale appariranno più chiaramente allorquando esamineremo i diversi elementi dell'or¬ganizzazione e dell'esecuzione della sollevazione armata.
Una dette questioni essenziali di ogni insurrezione proletaria sarà in futuro quella della superiorità da assicurare alle forze militari organizzate insurrezionali sulle forze armate del nemico.
Le insurrezioni proletarie di Canton, di Amburgo, di Reval e di tante altre località, sono fallite, in ultima analisi, solo perché i rispettivi dirigenti, per varie cause oggettive e soggettive, di cui si è già parlato, non avevano saputo risolvere a favore degli insorti questo problema di fondo. In mancanza della superiorità militare sul nemico, in mancanza di un rapido accrescimento del¬le forze armate insurrezionali nel corso della sollevazione, gli insorti si videro costretti, subito dopo essere entrati in azione, a tornare sulla difensiva e a rinunciare a ogni operazione attiva. Ed è scontato che la difensiva, nell'insurrezione come in ogni guerra tra due eserciti regolari, non decide né può decidere le sorti di un'operazione.
L'esperienza delle insurrezioni proletarie di questi ultimi de¬cenni consente di concludere che il proletariato avrà molto ra¬ramente, già prima dell'insurrezione, la superiorità militare sulle forze armate delle classi dominanti. Nella maggior parte dei casi, anzi, all'inizio della sollevazione, sarà militarmente molto più debole. La superiorità sulle forze armate nemiche deve essere ottenuta (e può essere ottenuta) nel corso dell'insurrezione. La posizione stessa del proletariato in quanto forza in attacco, la si¬tuazione politica generale favorevole alla rivoluzione, che a van¬taggio della rivoluzione stessa influisce negativamente sull'eser¬cito borghese, sulla polizia e, in genere, su tutte le forze armate delle classi antagoniste, favoriscono aggettivamente l'affermazione di questa superiorità. Il piano insurrezionale e le altre misure organizzative del proletariato non devono quindi perdere di vista la necessità di un accrescimento regolare e rapido delle forze armate nel corso dell'insurrezione, in modo da conseguire la su¬periorità sul nemico, schiacciandolo sotto i colpi concentrici del¬le potenti forze armate della rivoluzione.
A questo si ricollega un'altra questione: come assicurare al¬l'organizzazione tattica, durante l'insurrezione, il sostegno attivo delle masse rivoluzionarie? Come trascinare alla lotta attiva e come utilizzare convenientemente (in conformità con il piano insurrezionale) le masse rivoluzionarie in modo da farle collabo-rare al raggiungimento degli obbiettivi dell'insurrezione? Trascu¬rare questa questione, significa votare all'insuccesso l'organiz¬zazione di combattimento del proletariato. La principale causa della disfatta del 1° dicembre 1924 a Reval, come sappiamo, fu che l'organizzazione militare, una volta scatenato l'attacco, si trovò isolata, in quanto il Partito non aveva saputo organizzare e tra¬scinare il grosso del proletariato nella lotta attiva al momento dell'entrata in azione dell'organizzazione tattica.
Il trascinamento e la saggia utilizzazione delle masse rivolu¬zionarie nel corso dell'insurrezione costituiscono uno dei problemi più complessi e, al tempo stesso, più importanti della direzione dell'insurrezione.
Nella formulazione del piano strategico insurrezionale dun¬que, non bisognerà mai perdere di vista queste considerazioni, ma ancor prima bisognerà tenerne conto nell'elaborare i piani tattici riguardanti i vari obbiettivi (in città, in un quartiere o, in genere, in un luogo abitato).
Le forze armate delle classi dirigenti
La classe al potere dispone delle seguenti categorie di forze armate, le quali, durante l'insurrezione del proletariato, verranno dirette contro il proletariato stesso:

a] Esercito regolare
b] Flotta marittima e fluviale e] Polizia e gendarmeria
d) Organizzazioni volontarie paramilitari.

L'ESERCITO REGOLARE

L'esercito regolare, se non è stato demoralizzato nel vivo del fermento rivoluzionario (o comunque quelle unità regolari non ancora disgregate), è l'arma più potente contro il proletariato rivoluzionario. L'esercito regolare, che possiede un'ufficialità di carriera eccellente dal punto di vista militare e profondamente devota al governo, dotato com'è di tutti i più moderni mezzi d'attacco e di difesa (mitragliatrici, artiglieria, mezzi corazzati, gas, aviazione, ecc.), costituisce oggi una forza estremamente im¬pegnativa, contro la quale e per la conquista della quale il pro¬letariato dovrà battersi con assoluta precedenza nel corso del¬l'insurrezione.
È nella guerra in campo aperto e durante le operazioni diurne che meglio si manifesta tutta la forza dell'esercito regolare, men¬tre il combattimento negli abitati ne riduce notevolmente l'effi¬cacia dei mezzi, soprattutto di notte, sottraendo al comando e al controllo non poche unità. Per tal motivo la tattica in città, soprattutto in caso d'insurrezione, differisce sostanzialmente dal¬la normale tattica degli eserciti regolari.
Le qualità combattive delle diverse armi e la loro possibilità d'impiego negli scontri urbani possono essere caratterizzate ge¬nericamente come segue:
Fanteria. In quasi tutti gli eserciti la fanteria costituisce il grosso degli effettivi e la "regina delle battaglie," tanto in aperta campagna quanto negli abitati. Utilizza contemporaneamente il fuoco e l'arma bianca, si impadronisce materialmente degli edi¬fici e dei quartieri, rastrella le zone degli insorti e mantiene l'oc¬cupazione delle posizioni conquistate.
I fattori essenziali della fanteria nei combattimenti negli abi¬tati sono l'organizzazione, la possibilità di battersi indifferente¬mente in piccole o in grandi unità (squadre, plotoni, compagnie, battaglioni), il tipo di addestramento, l'abitudine all'appoggio re¬ciproco tra unità e uomini, la capacità di conservare il collega¬mento tra unità contigue. La fanteria è mirabilmente dotata per i combattimenti negli abitati (mitragliatrici, fucili, rivoltelle, bom¬be a mano, piccole bocche da fuoco, ecc.). Grazie alla sua mobi¬lità può combattere non soltanto nelle strade, ma anche nei locali all'interno degli edifici e sui tetti. I lati deboli della fanteria sono i seguenti:

a) Le sue armi non possono essere usate efficacemente al¬l'interno degli abitati se non a distanza ravvicinata;
b) Nelle strade le unità di fanteria fanno fatica a spiegarsi non appena raggiungano dimensioni di rilievo (reggimenti, bri¬gate, divisioni); in via generale combattono solo per reparti piccoli e medi (fino a livello di battaglione);
c) Nelle prime avvisaglie del combattimento le caratteristi¬che della città sono poco note dal punto di vista della loro uti¬lizzazione ai fini delle operazioni (difficoltà di orientamento);
d) Vi è sempre il pericolo di essere attaccati all'improvviso da insorti defilati alla vista (cantine, tetti, corridoi, finestre, solai);
e) Quando la fanteria è accasermata, gli insorti possono, soprattutto nottetempo e con la dovuta organizzazione, attaccarla di sorpresa (come del resto ogni truppa regolare), privandola di ogni possibilità di far uso delle armi;
f) La fanteria (come tutto l'esercito regolare) si compone essenzialmente di contadini, di operai e, in genere, di elementi proletari (le armate mercenarie in Cina, Germania, Bulgaria, ecc., comprendono altresì elementi declassati); obiettivamente questa tnassa non ha nessun interesse a difendere le classi dominanti e, tanto meno, un regime borghese o feudal-borghese. La fanteria, entrando a contatto diretto, durante il combattimento, con la po¬polazione operaia delle città, non può non subire, a un dato mo¬mento, l'influenza del proletariato rivoluzionario. La fraternizza-zione e l'agitazione, se ben condotte dal proletariato rivoluziona¬rio, possono demoralizzare i fanti e farli passare dalla parte degli insorti.

La necessità di operare nei combattimenti di strada a piccoli gruppi non più direttamente sottoposti al comando reazionario, nonché il contatto di questi gruppi con la popolazione, sono ele¬menti che rendono sempre meno sicuri certi soldati o certi gruppi di soldati. A questo punto, con un opportuno lavoro, non è diffi¬cile far passare i vacillanti dalla parte degli insorti. Di qui la necessità per gli insorti stessi di mettere fuori combattimento il comando (con tiratori scelti, attacchi subitanei e arditi di piccoli gruppi di insorti contro i comandi o contro questo o quell'uffi¬ciale, ecc.) e di fare tra i soldati un'agitazione attiva.1
Artiglieria. L'artiglieria, soprattutto i mortai e i lanciabombe (a grande gittata), è un'arma potente nelle mani del nemico.
Nel combattimento negli abitati, l'impiego dell'artiglieria pe¬sante (da 150 millimetri in su), così come quello dell'artiglieria da campagna a tiro teso, è molto limitato. Nondimeno le bocche da fuoco per tiro diretto possono essere utilizzate con grande suc¬cesso.
Obbiettivo essenziale dell'artiglieria nei combattimenti negli abitati è la distruzione dei vari ostacoli (barricate) o degli edi¬fici occupati dagli insorti. Con il suo tiro ottiene un pesante ef¬fetto psicologico, esercitando conseguenze intimidatorie nei con¬fronti della popolazione in genere e, spesso, degli insorti che siano male istruiti e all'oscuro delle proprietà dell'artiglieria e dei mezzi per defilarsi al tiro e combatterla. Il danno materiale, per degli insorti che sappiano defilarsi, è normalmente trascurabile. Ecco una verità che è necessario far penetrare nella coscienza dei reparti insurrezionali, al momento della loro preparazione, allo scopo di neutralizzare l'effetto psicologico sfavorevole esercitato dall'artiglieria nemica durante la sollevazione.
Le possibilità di disgregazione e di demoralizzazione delle unità d'artiglieria da parte degli insorti (a mezzo di attacchi di sorpresa) sono esattamente identiche a quelle relative alla fante¬ria e, in genere, a tutte le specialità dell'esercito moderno.2
Mezzi blindati. Le autoblindo e i carri armati (con mitraglia¬trici e artiglieria leggera) sono macchine potenti per il combatti¬mento negli abitati e possono assumere una funzione di primo piano in fase d'impiego urbano. Posseggono una corazza che ne difende l'equipaggio e l'armamento contro le normali pallottole di fucile e di mitragliatrice, e possono manovrare rapidamente nei combattimenti urbani. Tranne rare eccezioni, gli insorti non pos¬sono avere nessuna arma particolare contro i carri.3 I carri, inoltre, possono distruggere e sfondare, in marcia, barricate elevate con troppa fretta. Di conseguenza le autoblindo e i carri armati di cui dispone l'esercito moderno, se gli insorti non prendono le opportune misure, possono penetrare impunemente nel disposi¬tivo dei rivoluzionari, provocando gravi perdite e diffondendo il panico, oltre a moltiplicare con il fuoco delle armi di bordo i danni materiali.
Per resistere ai carri e alle autoblindo, gli insorti hanno a disposizione i seguenti mezzi: l'artiglieria, se ne hanno; le bombe a mano e le bombe ad alto potenziale scagliate a grappoli di 5 o 6 contro i mezzi corazzati; i fossati larghi e profondi, scavati trasversalmente alle strade (secondo il tipo di carro, la larghezza andrà da m 1,50 a m 3, e la profondità da m 1,50 a m 2).4
L'esperienza della lotta degli insorti di Amburgo contro le autoblindo (isolamento dei mezzi tramite barricate, ecc.) fornisce un ottimo esempio di buona difesa contro queste macchine.5
Cavalleria. La cavalleria è l'arma più vulnerabile all'interno degli abitati, in quanto può dispiegarsi convenientemente solo nelle strade abbastanza ampie, e anche perché offre un bersaglio •A superficie troppo ampia. Pertanto il suo ruolo nei combattimenti di strada è trascurabile. Solitamente viene impiegata contro masse disarmate o per sorvegliare i quartieri non ancora occupati dagli insorti, per isolare i quartieri insorti e per compiere servizio di collegamento. La cavalleria appiedata può combattere nelle strade al pari della fanteria.
Aviazione. L'aviazione può essere utilizzata nei combattimenti negli abitati per la ricognizione (anche con la fotografia aerea) e per intervenire a bassa quota per spezzonare e mitragliare. Se però gli insorti applicano le più elementari norme di mascheramento (adattamento all'ambiente), la ricognizione aerea non può dare buoni frutti. Il danno psicologico e materiale provocato da un'in¬cursione aerea può essere grave solo se gli insorti, disposti in grandi masse, non prendono opportune misure di mascheramento e di protezione. Gli aerei possono essere impiegati con grande suc¬cesso per disperdere comizi e assemblee all'aperto e per ricono¬scere la disposizione delle barricate (aerofotografia).6
Aggressivi chimici. I mezzi chimici non sono stati ancora im¬piegati nella lotta contro il proletariato insorto. Si deve però pre¬vedere l'eventualità che nelle insurrezioni future in Occidente le classi dominanti siano indotte a servirsene, nonostante certi ef¬fetti negativi per quegli stessi che li impiegano (avvelenamento di tutta la popolazione, bambini, donne, vecchi, da cui l'irritazione delle masse contro il regime).
La miglior difesa contro le armi chimiche è la requisizione da parte degli insorti dei mezzi impiegati (bombole di gas, dispositivi di getto, ecc.) e la distruzione (eliminazione fisica) del personale. Naturalmente bisognerà approfittare della prima occasione per impadronirsi degli eventuali apparecchi protettivi.7

FLOTTA MARITTIMA E FLUVIALE

La potenza della flotta di guerra sta tutta nel suo armamento, nei suoi cannoni. L'impiego dell'artiglieria pesante navale è ov¬viamente da escludere nei combattimenti urbani. I pezzi navali possono essere impiegati solo per tirare su determinati edifici o quartieri (bombardamento da parte dell'incrociatore Aurora sul Palazzo d'Inverno durante le giornate d'Ottobre del 1917) e sui porti. Ciò vale anche per i natanti fluviali. Tuttavia gli equipaggi marittimi, se sono politicamente fedeli al governo, possono essere utilizzati come forza di fanteria, sotto forma di piccoli reparti, nelle zone portuali (tentativi di utilizzazione dell'equipaggio del¬l'incrociatore Amburgo durante l'insurrezione amburghese del 1923).8
POLIZIA E GENDARMERIA9
La finalità fondamentale della polizia e della gendarmeria è la repressione dei "torbidi interni." Il loro armamento varia da un paese all'altro. In Cina, per esempio, come in altri paesi, la poli¬zia non costituisce fonte di gravi preoccupazioni per gli insorti. Le insurrezioni di Sciangai, di Canton e di altre città hanno dimo¬strato come gli insorti possano metterla fuori causa rapidamente e con minimo dispendio di forze. La stessa osservazione vale per la rivoluzione d'Ottobre in Russia. In Cina come in Russia la polizia era praticamente solo un deposito d'armi, che cadde ben presto nelle mani degli insorti.
Lo scarso ardore combattivo della polizia cinese si spiega con il cattivo armamento (pistole, pochi fucili, niente mitragliatrici, niente mezzi blindati), con il cattivo addestramento al combatti¬mento, con l'accantonamento fuori caserma, con la carenza d'or¬ganizzazione militare e con una situazione economica miserevole.10 Tutto questo, combinato con il costante contatto con la popo¬lazione (influenza della popolazione rivoluzionaria sulla polizia), riduce enormemente il valore combattivo degli agenti.
In certi paesi, però, per esempio in Germania, la pubblica sicurezza e la polizia militare non si distinguono minimamente, dal punto di vista qualitativo, dall'esercito regolare. Sono magni¬ficamente armate (pistole, fucili, mitragliatrici, mezzi corazzati), militarmente ben addestrate, provviste di ottimi comandi, tatti¬camente preparate e devote al regime al potere. La polizia tedesca è organizzata sul modello paramilitare (plotoni, compagnie, ecc.) e alloggiata in caserme. Viene reclutata essenzialmente tra i sot¬tufficiali e i militari di truppa dell'ex esercito imperialista, ossia tra gente che ben conosce l'arte militare e che politicamente è molto fidata. Il suo contatto diretto con la popolazione (come per ogni altra polizia) ne aveva indebolito in qualche misura l'ardore combattivo, ma le insurrezioni del 1919-1923 hanno dimostrato che costituiva comunque un punto molto impegnativo, che il pro¬letariato non poteva assolutamente trascurare. Una parte della polizia tedesca, anche se il Partito comunista si dedica a un in¬tenso lavoro politico per sottrarla all'influenza dell'ufficialità con¬trorivoluzionaria, si batterà attivamente contro gli insorti in tempo di rivoluzione, almeno nella prima fase della sollevazione.
È inutile tentare di caratterizzare le polizie dei diversi paesi. Abbiamo indugiato solo su quella più debole, la polizia cinese, e su quella militarmente più forte, la polizia tedesca. Ponderando opportunamente quanto si è detto a seconda dei casi, si può avere un'idea delle polizie degli altri paesi.
Il comando della polizia tedesca, dopo le insurrezioni in quel paese e in altri, ha ricevuto un addestramento speciale sui proce¬dimenti e sulla tattica del combattimento antinsurrezionale.11 A tal fine esistono regolamenti e manuali appositi per lo studio della storia e della tattica della lotta contro il proletariato. Del colon¬nello di polizia Hartenstein possiamo citare: Der Kampfeinsatz der Schutzpolizei bei inneren Unruhen, 1926; dei capitani di poli¬zia e gendarmeria B. Elster e H. Vilski: Polizei Taktik, 1928.

ORGANIZZAZIONI PARAMILITARI DELLE CLASSI AL POTERE

Praticamente non esiste oggi in Europa un sol paese in cui non siano presenti varie organizzazioni paramilitari e fasciste, sotto il nome di Società di tiro a segno, Leghe e Corpi di difesa, Società di ex combattenti, Organizzazioni giovanili, Leghe fasci¬ste vere e proprie, ecc. Fatto caratteristico, la socialdemocrazia prende parte attiva alla loro costituzione e al loro sviluppo (Lega del vessillo nazionale in Germania). In certi paesi, come Germa¬nia, Polonia, Finlandia e Lettonia, queste organizzazioni contano un numero di aderenti superiore agli effettivi dell'esercito regolare.
La finalità essenziale di queste varie organizzazioni è, come si è già accennato, la difesa del regime costituito.
In periodo di sussulti rivoluzionari, queste organizzazioni non possono restare estranee all'influenza della situazione, grazie alla presenza nel loro ambito di un'alta percentuale di elementi prole-tari e sottoproletari. Tuttavia certe unità e certi gruppi combatte-i ;i mio attivamente contro il proletariato rivoluzionario. Su questo non si possono nutrire dubbi. Le autorità le impiegheranno in vario modo. Sotto forma di reparti armati indipendenti, subordi¬nati alla polizia e al comando militare, una parte andrà ad aggiungersi alla polizia per l'assolvimento di compiti ausiliari nei quartieri di secondaria importanza; un'altra parte, come si è visto in Germania nel 1923, entrerà nell'esercito regolare.
Le forze armate del proletariato
II punto più debole del proletariato insorto è la mancanza d'armi all'inizio delle operazioni. Rari i casi in cui l'organizza¬zione militare sarà stata in grado, prima dell'insurrezione, di accu¬mulare le scorte sufficienti. L'esperienza delle insurrezioni pas¬sate dimostra come l'organizzazione militare del proletariato sia spesso impossibilitata, a causa del regime di terrorismo e della mancanza di risorse finanziarie, a procurarsi prima dell'insurrezione la quantità di armi e di munizioni necessaria (Amburgo, Sciangai, Reval, ecc.), senza parlare dell'impossibilità di armare le masse proletarie. Solitamente le armi vengono procacciate nel corso dell'insurrezione.
Altro lato debole del proletariato è che gli insorti, per la maggior parte, tranne rare eccezioni (quando, per esempio, la presa del potere si verifica in tempo di guerra o subito dopo una guerra), non conoscono a sufficienza l'impiego delle armi, soprattutto mi-I Tagliatrici e artiglieria. Ciò si è visto soprattutto nell'insurrezione di Canton (su 30 cannoni conquistati se ne usarono a malapena 5) e in quella di Reval. Gli insorti di Reval, come abbiamo già detto, non si seppero servire di tre mitragliatrici Thomson in loro mani, solo perché non ne conoscevano l'uso.
Di solito gli insorti sono militarmente male addestrati. La cosa si spiega soprattutto con cause oggettive (carenza d'armi, terrorismo governativo, ecc.). Tuttavia la maggior parte dei par¬tili comunisti attribuisce troppo poca importanza all'addestra¬mento militare degli operai. Per la sua organizzazione di combattimento il proletariato è privo di personale preparato in tattica (esempio: a Reval le operazioni del reparto che occupò il distac¬camento dell'aeronautica, di quello che doveva liberare i carce¬rati, ecc.).
Gli insorti sono in gran parte molto impressionabili: bastano spesso piccoli insuccessi temporanei a minarne disastrosamente il morale e l'ardore combattivo, mentre il successo ne innalza enor¬memente il coraggio, dando loro nuovo impulso per operazioni audaci. Pertanto il perseguimento di successi continui, anche se limitati, deve essere in tempo di insurrezione una necessità im¬periosa. Ciò si riferisce in particolare alla prima fase dell'insur¬rezione.
D'altra parte le forze armate del proletariato (organizzazione di combattimento) posseggono qualità combattive rilevanti e mol¬to preziose, che conferiscono loro importanti vantaggi sulle forze armate della borghesia. Eccole: la coscienza di sé, l'interesse vitale per la vittoria dell'insurrezione, il collegamento costante con le masse lavoratrici che le sostengono, l'idea che nelle classi domi¬nanti regni il caos, che il governo è in un mare di contraddizioni insormontabili, e che il solo modo per uscire dal caos e per mi¬gliorare le condizioni materiali e culturali miserevoli dei lavora¬tori è una lotta senza quartiere contro gli sfruttatori, instaurando finalmente, sull'esempio dell'Unione Sovietica, la dittatura del proletariato. Di qui nascono le condizioni favorevoli allo sviluppo, da parte di ogni combattente, del maggior spirito d'iniziativa, di qui l'entusiasmo per la lotta, la disposizione al sacrificio, la possibilità di ordinare attacchi audaci contro il nemico, di con¬durre la lotta urbana sia in forti unità (100-300-500 uomini) sia in piccoli gruppi sparsi ovunque.
Gli insorti, abitando sempre nella città, la conoscono a mena¬dito, si sanno orientare, ne conoscono le condizioni di vita, ecc. Grazie a questa conoscenza, essi dispongono di ogni mezzo per assicurarsi i vantaggi di un attacco di sorpresa, di comparire al¬l'improvviso là dove il nemico meno se lo aspetta, di condurre con successo fulminee incursioni con il favore del buio e, in caso d'insuccesso, di scomparire senza esser visti, pronti a iniziare una nuova azione in un altro rione e con nuovi obbiettivi.
Tutti questi elementi, uniti alla lotta rivoluzionaria delle mas¬se che, già prima che inizino le operazioni per l'organizzazione del combattimento del proletariato e, poi, durante l'insurrezione vera e propria, hanno disorientato e disgregato il potere governativo con la loro crescente attività, oltre al costante sopraggiungere (grazie al reale entusiasmo dei lavoratori) di nuovi operai pronti a combattere e di unità dell'esercito passate al campo rivoluzio¬nario, compensano almeno fino a un certo punto i difetti di ca-rattere tecnico o tattico di cui si è già parlato, aumentando note¬volmente il successo delle operazioni.
Per riassumere ciò che è stato detto delle forze armate delle classi al potere e del proletariato, è opportuno tracciare il se¬guente schema conclusivo, che servirà di norma nella formulazione del piano insurrezionale.
1. Le truppe dell'esercito regolare sono una forza militare di tutto rispetto non soltanto in campo aperto, ma anche nei com¬battimenti negli abitati. Se tra esse non si trova almeno qualche unità solidale con la rivoluzione e se gli insorti non riescono a guadagnare a sé questa o quella unità regolare, l'insurrezione è votata alla sconfitta. Per assicurarsi il successo il proletariato deve, già prima di entrare in azione, condurre un'aspra lotta per la conquista dell'esercito e per trascinare le forze armate dalla parte del proletariato rivoluzionario o, quanto meno, neutralizzarle. A questo compito devono dedicare la massima attenzione il Partito e l'intero proletariato che lo segue.
Non si dimentichi che l'insurrezione nel senso più ampio della parola non ha inizio con l'entrata in azione dell'organizza¬zione di combattimento vero e proprio, bensì diversi giorni o settimane prima dello scatenamento della lotta armata, nel mo¬mento stesso in cui viene fissata la data della sollevazione e in cui il Partito conduce (deve condurre) il suo lavoro per la conquista delle truppe, per l'armamento del proletariato, per la mobilita¬zione di sempre nuovi elementi proletari e sottoproletari per la battaglia decisiva; nel momento, insomma, in cui le masse, di propria iniziativa, entrano in conflitto con le forze governative. In questo periodo, che ha inizio prima della battaglia generale, in questo periodo di preparazione all'attacco, il Partito deve con¬centrare la sua attenzione sulla demoralizzazione e sulla conquista politica dell'esercito. È opportuno destinare all'agitazione tra i soldati i militanti migliori, organizzare la fraternizzazione dei soldati con gli operai, distribuire la stampa di Partito, rafforzare le cellule comuniste nelle unità, impartendo loro istruzioni rego¬lari, "lavorando" singolarmente ogni uomo, ecc.
Questo lavoro non sarà naturalmente interrotto neppure du¬rante l'insurrezione vera e propria; dovrà essere anzi intensifi¬cato, nonostante i possibili sacrifici e insuccessi.
2. Le truppe a mentalità controrivoluzionaria vanno disarmate con un attacco di sorpresa portato da reparti di operai ar¬mati, nel momento in cui i controrivoluzionari non sono ancora pronti al combattimento e non possono utilizzare interamente il loro armamento.
Nelle unità in cui esista una cellula comunista abbastanza forte, che abbia influenza su parte dei soldati, bisogna organizzare la sollevazione per sopprimere il comando reazionario e poter suc-cessivamente utilizzare questi soldati contro le altre unità even¬tualmente non demoralizzate. È opportuno travasare nelle truppe passate alla rivoluzione o nei vari gruppi di soldati solidali, un certo numero di operai. In genere, nel corso dei combattimenti nell'abitato, è utile rafforzare le unità militari acquisite alla rivo¬luzione con reparti di guardie rosse.
3. Nel caso in cui l'attacco di sorpresa non fosse coronato da successo, bisogna circondare le truppe nelle loro caserme, im¬pedendo loro di avvicinarsi al centro della città. In tale eventua¬lità sarà necessario utilizzare le barricate, organizzare l'assedio alle caserme e agli accantonamenti, in attesa che negli altri rioni gli insorti abbiano apprestato forze armate proprie, rafforzato le posi¬zioni conquistate e organizzato le forze per l'attacco al nemico bloccato. Durante l'assedio si deve tentare di privare l'avversario di ogni contatto con il mondo esterno, con le unità vicine e con i comandi, togliendo acqua e luce e indebolendo materialmente gli assediati con attacchi audaci e repentini e disorientandoli psicolo¬gicamente con voci allarmistiche, ecc.
4. Se in città sono entrate truppe regolari per combattere l'insurrezione, si deve ricorrere alla tattica delle barricate, con¬tenendo la spinta frontale e attaccando da tergo, dall'alto delle finestre e dei tetti degli edifici, sferrando puntate ardite e improv¬vise, organizzando la fraternizzazione e l'agitazione politica, de¬moralizzando i soldati e inducendoli a passare dalla parte della rivoluzione.

Gli obbiettivi tattici durante l'insurrezione

Gli insorti, una volta conquistato il potere nella città consi¬derata, avranno naturalmente come primo obbiettivo quello del consolidamento del potere conquistato e di allargarlo a nuovi cam¬pi d'azione, ossia alle unità dell'esercito regolare e ai vari reparti controrivoluzionari provenienti da altre zone per schiacciare l'in¬surrezione, oppure rimasti intatti e usciti temporaneamente di città durante la sollevazione. In questo caso non è difficile deter¬minare la direzione più favorevole per attaccare questo unico ob¬biettivo: le forze armate controrivoluzionarie. La necessità di con¬centrare le risorse e le forze del nuovo potere contro un nemico non ancora definitivamente battuto è fin troppo evidente.
Una questione del tutto diversa, molto più difficile da risol¬vere, è quella della scelta degli obbiettivi da attaccare non appena entra in azione l'organizzazione tattica in occasione di un'insurre¬zione in città. Di fronte ai dirigenti dell'insurrezione si presenta, a questo punto, una gran quantità di edifici e impianti che è necessario attaccare per conseguire la vittoria conclusiva: edifici governativi (ministeri, commissariati di pubblica sicurezza, servizi pubblici, ecc.), istituti economici (camere di commercio, banche, sedi direzionali di fabbriche e di società, ecc.), stazioni, telegrafi, comandi e stati maggiori militari, armerie, sedi fasciste, organi dirigenti dei partiti ostili alla rivoluzione, redazioni di giornali e stamperie, ecc.
Naturalmente tutti questi obbiettivi devono essere occupati e, quindi, o distrutti (polizia, partiti e associazioni controrivolu¬zionari, ecc.) o utilizzati a vantaggio del proletariato per il conse¬guimento degli scopi prestabiliti. Ma non si tratta tanto di que¬sto, quanto di sapere in quale ordine debbano procedere le occu¬pazioni. Qual è il miglior modo di utilizzare l'organizzazione tat¬tica e le armi di cui essa dispone? L'esperienza ci dice che, prima della presa del potere, il proletariato avrà un disperato bisogno di armi. A Canton, per esempio, l'organizzazione locale di combatti¬mento, forte di circa duemila uomini, non aveva che 200 bombe e 27 rivoltelle. L'organizzazione tattica di Sciangai, con i suoi seimila uomini, non ne poteva armare che centocinquanta. Nel 1923 in Germania le centurie proletarie raggruppavano 250.000 operai, ma le armi bastavano appena per poche migliaia. Nelle insurrezioni future, a meno che non abbiano luogo in piena guerra (eventualità verosimile e possibile in vari paesi), la questione delle armi sarà comunque gravissima: tranne poche eccezioni, il pro¬letariato non avrà mai la quantità di armi necessaria.
Di conseguenza, visto lo scarso numero di armi a disposizione, il loro buon impiego diventa, nella prima fase dell'insurrezione, uno dei problemi essenziali della tattica rivoluzionaria.
L'uguale ripartizione degli armati, il desiderio di impadro¬nirsi contemporaneamente di tutti gli obbiettivi possibili, come è stato a Reval, comportano fatalmente la sconfitta non soltanto di certi reparti, bensì di tutta l'insurrezione nel suo insieme. Con questa ripartizione uguale delle forze e delle armi a disposizione, le guardie rosse riusciranno soltanto a impadronirsi di obbiettivi secondari che, forse, non hanno un'influenza direttamente decisiva (né per l'avversario né per gli insorti) sull'andamento generale dell'insurrezione: stazioni, edifici governativi, aziende municipali, centrali telefoniche e telegrafiche, ecc. Anzi, nella lotta per gli obbiettivi essenziali e decisivi (le truppe, le armerie, la polizia, i comandi controrivoluzionari, ecc.), i reparti del proletariato, a motivo del loro numero esiguo (per mancanza di armi di cui do¬tare il maggior numero possibile di operai), falliranno lo scopo, riducendo sensibilmente le possibilità di vittoria. Ecco perché il principio della vittoria parziale (essere più forti dell'avversario nel momento voluto e nel punto voluto), uno dei fondamenti della tattica degli eserciti regolari, acquista in caso di insurrezione un'importanza anche maggiore.
La direzione dell'insurrezione deve determinare, tra tutti gli obbiettivi, quello da considerare il principale, cioè quello il cui conseguimento avrà il potere di far pendere la bilancia delle forze a favore degli insorti, per concentrarvi il massimo degli uomini e dei mezzi (armi). In questo frangente non ci si deve preoccupare di certi obbiettivi o quartieri di secondaria importanza, tenendo bene a mente che, una volta raggiunto l'obbiettivo principale, non sarà difficile avere la meglio sugli obbiettivi secondari.
L'obbiettivo principale varierà a seconda delle circostanze. In linea di massima, possiamo ricordare: in primo luogo l'esercito regolare, in secondo luogo la polizia (in mancanza di truppe rego¬lari oppure se i soldati sono già passati nel campo rivoluzionario prima dell'insurrezione), in terzo luogo i depositi di armi per ar¬mare gli operai, in quarto luogo la liquidazione dei capi della con¬trorivoluzione (governo, comandi, organi centrali di partiti e as¬sociazioni, ecc.).
Tra gli obbiettivi enumerati, i dirigenti dell'insurrezione de¬vono scegliere il principale, orientandosi in base alla funzione poli¬tica e militare di ciascuno. Secondo le circostanze e le forze degli insorti, il bersaglio principale può essere costituito da tutti que¬sti obbiettivi insieme o da alcuni di essi. E le forze armate del proletariato dovranno essere ripartite di conseguenza. Per la con¬quista di tutti gli obbiettivi secondari, almeno nel primo momento dell'insurrezione, bisognerà destinare il minimo delle forze; se la loro conquista non contribuisce direttamente alla soluzione del compito principale, allora bisognerà temporaneamente accanto¬narla. È bene non dimenticare che molti obbiettivi per la conquista dei quali vengono a volte prescelti gruppi dotati di armi (a Reval 25 uomini armati occuparono le stazioni ferroviarie) solitamente possono essere benissimo occupati da reparti di ope¬rai provvisti solo di armi raccogliticce (sbarre di ferro, accette, coltelli, pistole, ecc.), sotto la guida di un piccolo gruppo di mem¬bri del Partito energici ed esperti.
Nei confronti delle unità regolari, si possono presentare agli insorti problemi diversi: da un lato l'organizzazione di una ri¬bellione nell'unità o nelle unità che interessano, se il grosso dei soldati è già sotto l'influenza dei comunisti che operano tra loro; dall'altro, l'organizzazione di un attacco di sorpresa per soppri¬mere il comando e trascinare il grosso dei soldati, se si è certi che, almeno in parte, sono disposti a marciare con la rivoluzione. In entrambi i casi converrà inviare con i reparti della guardia rossa alcuni comunisti sperimentati, abbastanza conosciuti e influenti tra i soldati.
Per illustrare le precedenti considerazioni sulla scelta dell'obbiettivo principale, possiamo prendere a prestito alcuni esempi dalla storia delle insurrezioni.
Nel 1917, a Pietrogrado, il Comitato rivoluzionario scelse come obbiettivo principale per l'attacco della guardia rossa e delle unità rivoluzionarie del presidio, la sede del governo e le scuole militari. Data la situazione, questa era la soluzione più ragione¬vole, in quanto una volta arrestati i membri del governo e i più importanti generali o capi-partito controrivoluzionari, una volta soffocate le scuole di junker, alle quali si aggiungeva la sede del battaglione controrivoluzionario femminile, la rivoluzione poteva considerarsi nel complesso terminata. E così avvenne. Se nella capitale russa è stato possibile portare a termine tanto facilmente la rivoluzione, il motivo è che, in ultima analisi, il potere era già passato nelle mani del proletariato e del presidio rivoluziona¬rio, posto sotto l'influenza del Partito comunista, già prima che il II congresso dei Soviet dichiarasse decaduto il governo Kerenski. L'entrata in azione della guardia rossa e l'arresto dei membri del governo altro non furono che la ratifica del fatto compiuto. Già molte settimane prima della rivoluzione il governo di Kerenski non poteva più contare né sulla guarnigione di Pietrogrado né sulla flotta del Baltico, a eccezione di poche unità (allievi ufficiali, battaglione femminile, ecc.), senza parlare naturalmente del pro¬letariato. È inutile dire che una situazione del genere non era scaturita dal nulla, ma era in gran parte frutto del lavoro di organizzazione e di agitazione politica del Partito bolscevico, sia tra la classe operaia sia tra i soldati e i marinai.12
Sempre nel 1917, però a Mosca, l'obbiettivo principale du¬rante l'insurrezione era la conquista dell'esercito. Per motivi par¬ticolari, propri della città (il Partito bolscevico era meno forte che a Pietrogrado, centro della rivoluzione; la borghesia, per ra¬gioni storiche, era più forte), l'agitazione tra i soldati non aveva raggiunto la medesima ampiezza, la guardia rossa era meno adde¬strata e meno armata che a Pietrogrado e, in genere, la prepara¬zione materiale e politica del Partito e della classe operaia la¬sciava molto a desiderare. Questa è la causa degli otto lunghi giorni di combattimenti nelle strade moscovite.
L'obbiettivo principale dell'insurrezione di Canton era innan¬zitutto l'organizzazione dell'ammutinamento del reggimento reclute. Data la situazione, come abbiamo visto a suo tempo (v. capitolo V), la scelta era assolutamente giusta e ragionevole. Con il numero eccessivamente limitato di armi a disposizione e con la presenza di una forte cellula comunista in quel reggimento, era impossibile immaginare un obbiettivo più importante dell'organiz¬zazione dell'ammutinamento delle reclute e del disarmo dei reggi¬menti di fanteria e d'artiglieria, nonché di un battaglione di fan¬teria accantonato poco distante e che già vacillava. Ma i dirigenti dell'insurrezione, dopo aver saggiamente scelto per cominciare il vero obbiettivo principale, commisero il grave errore di lasciare intatti i depositi di armi: questo era invece, subito dopo l'orga¬nizzazione dell'ammutinamento del reggimento reclute e il disar¬mo delle unità ricordate, un obbiettivo di gran lunga più impor¬tante che non la lotta prolungata che venne ingaggiata contro i comandi della 2a e 12a divisione e del IV corpo d'armata.
Ad Amburgo l'obbiettivo primo e principale degli insorti era la conquista di armi per organizzare la battaglia e per l'armamento delle masse operaie. La soluzione stava esclusivamente, date le circostanze, nel disarmo della polizia. E così fu fatto.
A Reval, come abbiamo visto nell'esposizione del piano insur¬rezionale, non si riuscì a individuare un obbiettivo principale sul quale concentrare il grosso delle forze insorte: sembrava che tutti gli obbiettivi avessero più o meno la stessa importanza. E così, per l'occupazione di un gran numero di località, vennero inviati altrettanti gruppi poco numerosi di insorti, mentre con una quantità così esigua di uomini e di mezzi, sarebbe stato infi¬nitamente più ragionevole concentrare il grosso (la quasi totalità) delle forze sia sull'occupazione della scuola allievi ufficiali, sia sulla conquista politica alla rivoluzione del 3° battaglione del X reggimento. Conquistato l'obbiettivo principale, si potevano poi utilizzare le forze per quelli successivi, in ordine d'importanza.
Il rispetto del principio della vittoria parziale (essere nel mo¬mento e nel punto voluti più forti dell'avversario) è indispensa¬bile nella ripartizione delle forze all'inizio dell'insurrezione, ma anche per tutto il periodo della lotta. La mancata osservanza di questa norma fondamentale dell'arte militare non permette agli insorti di ottenere la rapida rottura dell'equilibrio delle forze a proprio vantaggio, comportando, alla resa dei conti, il franamento della sollevazione. Subito dopo aver risolto il problema dato, biso¬gna rivolgere il grosso delle forze verso la soluzione del problema successivo in ordine d'importanza, liquidando di passaggio i grup¬pi nemici isolati e impadronendosi dei vari obbiettivi che possano essere d'ostacolo al conseguimento dello scopo principale. Ancora più importante è che questo medesimo principio d'arte militare sia rispettato da ciascun comandante di reparto nel momento in cui predispone le forze per eseguire la missione particolare a lui affidata.
È stato già detto che uno degli obbiettivi primari dell'insurre¬zione, il cui conseguimento assicura immediatamente enormi van¬taggi agli insorti, potrebbe essere la liquidazione dei capi contro-rivoluzionari occupazione dei comandi, cattura degli alti funzionari (ministri, capi della polizia, ecc.), soppressione dei coman¬danti reazionari, dei capi dei partiti avversi, ecc. Tale obbiettivo si presenterà spesso nella prima fase dell'insurrezione, come ac¬cadde a Pietrogrado nel 1917, predominando su tutti gli altri. Tuttavia l'esperienza rivoluzionaria ci costringe a sottolineare che tale obbiettivo non deve essere perduto di vista già all'atto della formulazione del piano insurrezionale, anche nel caso che gli in¬sorti debbano comunque consacrare in un primo momento il grosso delle loro forze ad altri obbiettivi di suprema importanza (organizzazione dell'ammutinamento tra i reparti regolari, disarmo delle unità controrivoluzionarie, requisizione di armi, ecc.). La liquidazione delle autorità superiori e dei difensori attivi dell'ex governo nel corso dell'insurrezione è un elemento di capitale im¬portanza. Tuttavia certi compagni, prima dell'insurrezione, si preoccupano esclusivamente della tattica dei combattimenti urbani, ritenendo che la liquidazione dei capi controrivoluzionari e l'orga¬nizzazione di azioni di questo tipo non siano fattori di primo piano. Ecco cosa scrive in proposito Anulov nella raccolta II com¬battimento urbano:

Per quanto riguarda le azioni terroristiche, si tratta di iniziative che non possono dare buoni risultati nei combattimenti di strada, poiché in queste condizioni il singolo individuo non può assumere grande impor¬tanza.™

Più avanti, criticando il regolamento sul servizio campale del¬l'Armata rossa, secondo il quale "la persona del comandante a cui è affidata un'unità armata ha un'importanza di primo piano nella repressione dell'insurrezione,"14 Anulov insiste: "quanto agli atti terroristici, la loro importanza nella lotta delle masse organiz¬zate è infima.""
Accettare una simile affermazione, assolutamente inesatta e antileninista, è impossibile. Anulov confonde due nozioni diverse del terrorismo individuale. Prende di peso il giudizio marxiano sul terrorismo individuale in tempo "di pace" non rivoluziona¬rio, e lo trasferisce nel campo della lotta di massa del proleta¬riato per la conquista del potere, mentre nei due casi l'atteg¬giamento marxista deve essere diverso: negando il terrorismo individuale, che per i populisti era la panacea contro la malattia sociale in genere, il marxismo ammette il terrore in periodo rivoluzionario, durante la lotta diretta di parte proletaria per la conquista del potere.
Ecco che cosa scriveva a questo proposito Lenin nel suo ar¬ticolo del 1906 "Gli insegnamenti dell'insurrezione di Mosca":
Non dobbiamo fare propaganda di passività, non ridurci alla semplice "attesa" che l'esercito "venga a noi," ma dobbiamo proclamare ai quattro venti la necessità dell'offensiva coraggiosa, dell'assalto con le armi in pugno, la necessità di annientare le autorità e di condurre la lotta più energica per guadagnare l'esercito esitante.16
A un certo punto, poi, Anulov si contraddice da sé. Citando un passo da Rote Fahne (Bandiera rossa) sull'imponente movi¬mento delle masse e sull'ardore combattivo di queste masse in occasione dell'insurrezione spartachista del gennaio 1919 a Ber¬lino, e sull'inazione e passività dei dirigenti che "sedevano a dibattere" nel momento in cui 200.000 operai attendevano di¬speratamente direttive e ordini per l'azione, giunge alla seguente conclusione:
Esempio classico di insuccesso causato dalla passività e dalla mancanza di decisione delle masse insorte e soprattutto dei loro dirigenti, quello fornito dall'insurrezione degli spartachisti del 1919 in gennaio a Berlino.17
Le masse sono state sconfitte a causa della passività dei capi. E allora il ruolo dei dirigenti nell'insurrezione è sconfinato. In tutte le insurrezioni in cui gli insorti non hanno saputo,
0 non hanno voluto con sufficiente tenacia, liquidare per tempo
1 capi della controrivoluzione, sono stati battuti oppure costretti a combattere in condizioni estremamente più difficili che non se avessero soppresso a tempo debito i dirigenti avversari. Insur-rezioni come quella di Amburgo o quella dell'esempio citato da Rote Fahne, in cui è mancata la guida, in cui le masse sono state abbandonate a sé medesime, sono votate all'insuccesso. Le insurrezioni vittoriose sono invece quelle in cui, a parte gli altri fattori indispensabili al successo, si ha una direzione ferma e spe¬rimentata, e in cui il proletariato insorto si preoccupa tempe¬stivamente di "mozzare il capo" alla controrivoluzione. La "te¬sta" della controrivoluzione può essere tagliata con diversioni ac¬curatamente predisposte e vari atti di terrorismo, eliminazione fi¬sica o arresto.
Qui siamo di fronte a un principio incontestabile. Dovunque se ne offra l'occasione, lo si dovrà applicare con fermezza, sia nei confronti dei dirigenti politici e dei capi dell'esercito e della po¬lizia, sia nei confronti dei comandanti delle varie unità di minor conto con cui si ha a che fare durante il combattimento negli abi¬tati. Il regolamento sul servizio campale dell'Armata rossa attri¬buisce appunto, alla persona del capo al quale è affidato il co¬mando delle truppe, un'importanza enorme.
È bene ricordarsi che il conseguimento di questo obbiettivo, cioè la soppressione delle autorità nemiche o, almeno, di una parte delle persone che, per la loro carica e per la loro posizione sociale, potrebbero avere un'influenza diretta e attiva sulla re¬pressione dell'insurrezione nei primissimi momenti, richiede solitamente un numero molto limitato di uomini. Se viene accura¬tamente riconosciuta in anticipo la residenza di queste perso¬nalità, in modo da effettuarne l'arresto in casa o nelle sedi di lavoro, basteranno a prelevarle piccoli gruppi isolati, accurata¬mente addestrati in genere e per questa missione in particolare.
Nell'organizzare l'insurrezione bisogna dunque far di tutto per bene impostare il problema della liquidazione delle perso¬nalità nemiche e per risolverlo fin dagli inizi dell'offensiva gene¬rale del proletariato. Se nell'insurrezione cantonese fossero stati designati (cosa perfettamente possibile) dei gruppi appositamente addestrati alla soppressione dei capi più in mostra del Kuomintang e, in genere, dello schieramento reazionario, tra i quali Ciang-Fa-Ku, le cose sarebbero forse andate in modo ben diverso. Come sappiamo, infatti, subito dopo l'insurrezione del proletariato, le autorità controrivoluzionarie ebbero la possibilità di rifugiarsi a Hong-Kong e nell'isola di Honan, presso Li-Fu-Lin, per dirigere da questi luoghi sicuri la repressione di Canton. Se i compagni estoni avessero avuto forze sufficienti e avessero predisposto azioni collaterali per l'arresto dei funzionari più reazionari, an-che se questa azione fosse stata eseguita in modo incompleto, l'insurrezione di Reval si sarebbe comunque svolta nelle condi¬zioni più favorevoli. È vero però che, data l'esiguità delle forze a disposizione degli insorti, il problema non poteva essere posto nella prima fase della sollevazione.
Tra gli obbiettivi principali non va dimenticata la rete di comunicazioni: telefono, telegrafo e stazioni radio (si tratti di centrali urbane o ferroviarie, di scali o di comandi militari). La direzione del movimento deve dedicare la massima attenzione al¬l'occupazione tempestiva e alla buona utilizzazione di tutte que¬ste installazioni. Se a tanto non bastano le forze a disposizione, si dovranno prendere almeno i provvedimenti necessari alla neu¬tralizzazione della rete per evitare che il nemico possa continuare a servirsene. Questi obbiettivi è molto più facile distruggerli che conquistarli: allo scopo basteranno alcuni uomini per reci¬dere i fili delle linee telefoniche e telegrafiche principali.
Di solito gli insorti inviano, all'inizio della sollevazione, forze ingenti all'occupazione dei diversi impianti municipali: uffici po¬stali, stazioni ferroviarie, banche, ecc., indebolendo cosi le unità che dovrebbero essere destinate all'esecuzione dei compiti essen¬ziali che si rivelano decisivi nella prima fase. In altri termini, la ripartizione delle forze risulta difettosa. Installazioni come le stazioni ferroviarie, gli uffici postali, i palazzi comunali, ecc., non hanno una capitale importanza ai fini dell'insurrezione. Sarà ab¬bastanza facile impadronirsene, ma molto più difficile conservarle se prima non va distrutta la forza viva del nemico. Pertanto, quando gli insorti non posseggano un congrue numero di uomini, l'occupazione di questi impianti va retrocessa in secondo piano o, quanto meno, affidata a reparti di operai non dotati di armi moderne.
Nella formulazione del piano insurrezionale non bisogna nep¬pure dimenticare la liberazione dei detenuti politici, obbiettivo clic, come ha dimostrato l'esperienza di Canton e di Reval, può assumere un'importanza di primo piano. La liberazione dei dete¬nuti deve essere portata a termine, se se ne offre la minima oc¬casione, fin dall'inizio della sollevazione.
La sorpresa e il fattore "tempo" all'inizio dell'insurrezione
Passando in rassegna gli obbiettivi dell'insurrezione, abbiamo sempre insistito sui primi momenti, sulla prima fase, sui primi istanti dell'entrata in azione dell'organizzazione tattica del pro¬letariato. L'organizzazione tattica del proletariato, essendo mili¬tarmente molto più debole del nemico, è costretta a compensare questo stato d'inferiorità con l'immediatezza e la imprevedibilità delle sue azioni, in modo da impadronirsi così delle armi che man¬cano, assorbendo sempre nuove forze armate (per esempio provo¬cando la rivolta tra le unità regolari e armando con le armi conqui¬state nuovi reparti operai) e indebolendo e disgregando le forze nemiche. Ecco perché il primo momento dell'insurrezione ha una funzione decisiva. Dal successo o dall'insuccesso delle operazioni della prima ora o delle prime due ore dipenderà in gran parte l'esito della battaglia.
Nella lotta armata per il potere in una città, grande impor¬tanza assume la sorpresa. Gli insorti, in fase di attacco, devono sfruttare al massimo la loro posizione di attaccanti, soprattutto nel primo momento dell'entrata in azione, in modo da cogliere il nemico alla sprovvista, quando ancora non ha avuto il tempo di organizzarsi a difesa. Il vantaggio maggiore lo si ottiene at¬taccando di sorpresa in piena notte o nelle prime ore del mattino, quando i soldati e i poliziotti (quelli mobilitati oppure quelli appartenenti ai reparti permanenti di pubblica sicurezza, come in Germania) stanno dormendo, cioè quando è particolarmente facile occupare le armerie e sopprimere i capi controrivoluzionari.
Tuttavia l'attacco di sorpresa deve essere organizzato in modo da garantire, al momento buono, l'entrata in azione anche delle masse operaie.
Nella maggior parte dei casi noti l'elemento "sorpresa" non è mancato mai, concedendo agli insorti (tranne sporadiche ecce¬zioni) un vantaggio enorme. Il disarmo di diciassette posti di polizia e il sequestro in ognuno di essi di una trentina tra fucili e mitragliatrici da parte di distaccamenti debolmente armati e numericamente scarsi, sono stati possibili ad Amburgo, come abbiamo visto, solo grazie a un attacco di sorpresa. Se gli insorti di Reval fallirono il loro attacco improvviso alla scuola allievi ufficiali, ciò si spiega con l'assenza di coordinamento e di simul¬taneità tra i due gruppi incaricati di occupare rispettivamente il primo e il secondo piano della caserma. Senza questo errore, i 56 insorti sarebbero riusciti certamente a occupare tutta la scuola e a disarmare gli junker, che pure erano otto volte supe¬riori per numero. Sempre a Reval gli attacchi agli altri obbiettivi, proprio grazie alla sorpresa, furono invece coronati dal successo.
Nell'insurrezione di Canton la sorpresa fu sfruttata intelli¬gentemente, fruttando favorevoli risultati: disarmo di due reg¬gimenti di fanteria e artiglieria e di un battaglione di fanteria, disarmo delle unità di polizia, ecc. Nella terza insurrezione di Sciangai (21 marzo 1927), l'attacco di sorpresa alla polizia venne condotto in pieno giorno, assicurando comunque agli insorti il pieno successo.
Per contro, nell'insurrezione contadina bulgara del 1923, l'elemento sorpresa non venne quasi mai sfruttato: i gruppi contadini entrarono in azione isolatamente contro le truppe e la gendarmeria, che non ebbero difficoltà a disperderli.
Tuttavia le azioni a sorpresa, che comunque richiedono au¬dacia e decisione da parte degli insorti, possono riuscire solo in presenza di certi fattori decisivi:
a) Attenta ricognizione degli obbiettivi da occupare;
b) Formulazione di un piano molto dettagliato e perfetta coordinazione (per quanto concerne i tempi e la ripartizione dei compiti] tra le diverse unità o individui che prendono parte al¬l'attacco;
c) Sostegno al reparto o ai reparti, al momento voluto, da parte delle masse operaie, in modo da sfruttare il successo.
La funzione della ricognizione nell'insurrezione armata è im¬mensa. Prima di predisporre il piano d'azione bisogna infatti riconoscere accuratamente e dettagliatamente gli obbiettivi, e sol¬tanto in seguito distribuire le forze tra i vari obbiettivi. Poiché l'iniziativa appartiene al proletariato, poiché il momento del¬l'entrata in azione dipende dal proletariato e poiché in una città gli obbiettivi sono quasi sempre già dati, non è difficile con¬durre in tempo utile una ricognizione perfetta e completa. Si possono naturalmente dare delle eccezioni, per esempio nella eventualità che il proletariato, a motivo del suo grado di prepa¬razione o per altre circostanze, sia costretto ad attaccare in questo o in quel momento, ma questi casi saranno sempre l'eccezione alla regola. Non bisogna dimenticare che, quanto più piccolo è l'obbiettivo, tanto più minuziosa dovrà essere la ricognizione. In una città grande, per esempio, la direzione dell'insurrezione non avrà bisogno di conoscere la disposizione dei locali di que-sto o quel commissariato, gli accessi a questo o quel posto di polizia, il grado di preparazione tattica o le qualità personali di questo o quel brigadiere di polizia o comandante di piccole unità dell'esercito; né sarà necessaria la conoscenza perfetta del¬la situazione di ogni caserma, dei vari servizi di guardia o del¬l'ubicazione dell'armamento ordinario dei soldati. Basteranno dati più generici: il grado di influenza esercitata dagli ufficiali sui soldati, la mentalità delle varie unità, l'ubicazione delle grandi armerie, degli alloggi dei massimi funzionari e dei capipartito controrivoluzionari, ecc. Ma i dirigenti dell'insurrezione in que¬sto o quel rione della città e i capi di ciascun reparto di guardie rosse avranno bisogno di possedere informazioni molto detta¬gliate sull'avversario diretto e sui luoghi che sono suo normale campo d'azione.
Nel combattimento negli abitati la ricognizione personale dei capi di reparto e dei dirigenti dei gruppi chiamati a questa o quella missione indipendente avrà un'importanza anche maggiore che non nel caso della guerra in campo aperto. Questa ricogni¬zione personale è, del resto, molto più agevole all'interno della città prima dell'inizio dell'insurrezione, che non in aperta cam¬pagna o nel corso dell'insurrezione. Pertanto, oltre alle rico¬gnizioni normali sulle forze nemiche, i dirigenti insurrezionali, dal primo all'ultimo, dovranno sfruttare la minima occasione per eseguire ricognizioni personali sugli obbiettivi prestabiliti.
Il disarmo dei posti di polizia amburghesi sarebbe stato as¬solutamente impossibile se gli insorti non avessero condotto in anticipo un'accurata ricognizione dei commissariati da attaccare e se non ne avessero studiato le vie d'accesso, la disposizione dei locali interni, la dislocazione delle armi e delle sentinelle, ecc. L'attacco di sorpresa alla scuola degli allievi ufficiali di Reval fu possibile solo perché il comandante del reparto e i suoi più prossimi collaboratori avevano sistematicamente studiato con una settimana d'anticipo i dintorni dell'edificio, la vita interna dei suoi occupanti, la disposizione dei locali della scuola e del circolo ufficiali. Sarebbe assolutamente impossibile, per esempio, soppri¬mere tempestivamente e convenientemente i principali esponenti della controrivoluzione qualora i gruppi all'uopo destinati non disponessero di dati precisi sulla residenza della persona da se¬questrare e sui mezzi per giungervi, o almeno di dati generici: questo o quel funzionario abita in via tale, numero tale, ecc. A parte la via e il numero della casa o dell'appartamento, i gruppi devono conoscere anche l'ora in cui la personalità rientra a casa, il modo per penetrare nel suo domicilio e, se non vi è modo di sopprimere l'uomo in strada, le modalità di sorveglianza della casa, ecc. La liberazione del comunista tedesco Braun (dalla pri¬gione di Berlino nel 1928) dimostra come operazioni del genere (dopo un'accorta ricognizione e con una buona organizzazione) non offrono alcun ostacolo insormontabile, essendo anzi perfet¬tamente realizzabili.
Per assicurarsi il successo, gli insorti devono possedere, oltre ai dati forniti dalla ricognizione, un piano d'azione dettagliato e precisato fin nei minimi particolari, che preveda l'esatta distri¬buzione delle forze tra i vari compiti particolari, i collegamenti tra i vari gruppi o individui, il momento dell'inizio e della fine del concentramento, il minuto esatto dell'attacco a questo o quell'obbiettivo, ecc. Notevole importanza assume, nelle primissime azioni di sorpresa (e in genere in tutte le operazioni di sorpresa in qualsiasi fase dell'insurrezione), il fattore "tempo." Di qui la necessità per i gruppi insorti di rispettare scrupolosamente i tempi previsti dal piano per l'inizio e per le diverse fasi del combattimento: questa è una delle più vitali esigenze tattiche. Basta la minima infrazione a questo principio essenziale per mandare a monte l'operazione e provocare perdite gravissime.
Alcuni esempi:
L'attacco alla scuola allievi ufficiali di Reval fallì perché il gruppo destinato all'occupazione del piano superiore era soprag¬giunto con uno o due minuti di ritardo rispetto al gruppo inca¬ricato del piano inferiore.
Ad Amburgo, i dirigenti dei gruppi insurrezionali attribui¬rono la massima importanza al rispetto scrupoloso dei tempi indicati. Pertanto il dirigente di Barmbeck aveva dato ai subordi¬nati il seguente ordine: ogni gruppo dovrà concentrarsi alle ore 4,55 precise sul punto prestabilito; questi luoghi erano stati scelti in modo che fossero distanti dal posto di polizia da attac¬care esattamente cinque minuti. Alle ore 5 in punto doveva ini¬ziare l'attacco ai commissariati. Per ottenere questa simultaneità, gli orologi dei capigruppo erano stati controllati e sincronizzati subito prima dell'attacco.
Grazie a questa severa determinazione dei tempi, l'operazione ebbe, per quasi tutti i gruppi, un risultato brillantissimo.
Quanto si è detto fin qui riguarda l'esecuzione dei compiti particolari durante l'insurrezione. Ma l'elemento "tempo" ha una grande influenza sulle sorti dell'insurrezione in tutta una grande città o anche nei singoli rioni o, infine, in più città. Si tratta di contemporaneità d'azione. La simultaneità è indispensabile in una città grande, ma lo è anche in un'intera provincia (o in tutta una nazione, se non è troppo estesa). Consente agli insorti di utilizzare nello stesso momento tutte le forze disponibili, osta-colando la libertà d'azione del nemico e impedendogli di concen¬trare le forze per tentare di battere gli insorti partitamente, uno dopo l'altro. Bisogna sempre fare in modo di iniziare l'insurre¬zione, nello stesso momento e con tutte le forze disponibili, nel maggior numero di punti possibile. Al proletariato, forza attac¬cante, è relativamente facile iniziare contemporaneamente tutte le azioni in un intero paese. Tuttavia l'esperienza dimostra che non sempre si è saputo sfruttare opportunamente questo van¬taggio.
Ecco come questo elemento tattico della simultaneità è stato valutato da un compagno che aveva studiato l'insurrezione bul¬gara del 1923:

Per l'occupazione del capoluogo del distretto di Staraia-Zagoram ven¬nero inviati quattro reparti contadini di circa 10.000 uomini, i quali do¬vevano occupare segretamente gli accessi alla città in modo da scatenare simultaneamente l'attacco da ogni lato (le forze governative erano valutate a circa 1.500 uomini, con 30 mitragliatrici e 12 cannoni). Il segnale d'at¬tacco doveva essere dato da un'improvvisa incursione di operai, all'interno della città, con l'assalto alle prigioni a colpi di bombe a mano. L'incur¬sione ebbe luogo nel momento prestabilito, ma i reparti contadini non avevano ancora terminato la concentrazione, così che venne a mancare l'at¬tacco simultaneo. L'avversario non ebbe difficoltà a battere isolatamente gli insorti.

Lo stesso compagno aggiunge:

Per occupare nottetempo il capoluogo del distretto di Kazanlyk, ven¬nero inviati diversi reparti contadini per un totale di oltre 1.000 uomini. Le forze governative della città erano circa 600 uomini con 20 mitra¬gliatrici. Il segnale dell'attacco simultaneo doveva essere dato dall'improv¬visa caduta della corrente elettrica. Il segnale non venne e così fallirono le operazioni degli insorti.

L'esperienza delle prime due insurrezioni di Sciangai (23 ot¬tobre 1926 e 21 febbraio 1927) dimostra come sia a volte im¬possibile, per motivi puramente materiali, conseguire la contem¬poraneità. Il 23 ottobre, infatti, l'entrata in azione dell'organiz¬zazione tattica era stata stabilita per le ore 3 del mattino, ma le operazioni dovevano essere iniziate solo al segnale dato da una cannoniera passata agli insorti (un colpo di cannone). A sua volta questo segnale doveva dipendere dal lancio di un razzo dal balcone della residenza di Niu-Iun-Tsian, esponente del governo nazionale. Il colpo di cannone non fu però esploso perché dalla cannoniera non venne notato il razzo.
Nella seconda insurrezione, come abbiamo visto a suo tempo, si verificò un malinteso dello stesso tipo. Il cannoneggiamento navale dell'arsenale, che doveva essere il segnale dell'insurre¬zione, non ebbe luogo e l'insurrezione fu rimandata dal 21 al 22 febbraio. Questa volta la cannoniera aprì il fuoco sull'arsenale esattamente all'ora prestabilita (6 del pomeriggio). L'insurrezione scoppiò, ma solo nella parte meridionale della città, perché le squadre del settore settentrionale (Ciapei), non avendo udito le cannonate, non presero parte alla sollevazione.
La terza insurrezione di Sciangai, come si sa, iniziò esatta¬mente nell'ora fissata (alle 13 in punto), senza altri segnali e in tutti i rioni contemporaneamente.
Si era capito finalmente che non bisogna far dipendere l'ini¬zio dell'azione da segnali acustici o luminosi o da altri segnali che, per questa o quella causa materiale e magari accidentale, pos¬sono non essere dati o, se dati, possono non essere rilevati dagli insorti. Il miglior segnale è l'orario. Si deve fissare l'inizio delle operazioni per un'ora precisa. Ecco il miglior mezzo per garan¬tire la contemporaneità.
Anche nel caso di reparti contadini ci si può e ci si deve regolare sul tempo. Bisognerà prima accertarsi, però, che i distac¬camenti siano veramente giunti sui luoghi di raccolta previsti. A questo riguardo l'esperienza bulgara e quella cantonese (per l'inizio dell'insurrezione doveva arrivare un distaccamento contadino di 1.500 uomini, ma ne giunsero soltanto 500) sono de¬finitive.
Molto più difficile è ottenere la simultaneità in un settore più esteso: un'intera nazione in Occidente, una provincia o un gruppo di province in Cina e altrove. Tuttavia bisogna cercare in ogni modo di riuscirvi. Sarebbe un errore, per esempio, or¬dinare come avvenne in Germania un'insurrezione in una sola città come Amburgo, senza nulla prevedere almeno per le città più vicine e per la zona circostante, in cui le condizioni erano altrettanto favorevoli.
, Ogni partito comunista che organizzi e guidi dei preparativi insurrezionali deve sapere che, quanto più è centralizzato l'ap¬parato governativo, tanto più sviluppate saranno le vie di comu¬nicazione e di collegamento, e tanto maggiore sarà l'importanza della contemporaneità d'attacco che la direzione del movimento dovrà sforzarsi di conseguire.
Le incursioni a sorpresa degli insorti contro i vari obbiettivi dovranno essere sostenute, al momento opportuno, dalle masse proletarie, con il loro ingresso nella fase di lotta attiva: in caso contrario l'organizzazione tattica non sarà in condizioni di sfrut¬tare il successo iniziale, causando una frattura tra le operazioni dei gruppi di combattimento e il movimento del grosso del pro¬letariato. In considerazione dello scarso armamento e della limi¬tatezza numerica dell'organizzazione di combattimento (a sua volta derivante sempre dalla carenza di armi), bisogna che i reparti in attacco siano in grado, subito dopo i primi successi, di distri¬buire le armi conquistate tra gli operai disposti a combattere, sfruttando immediatamente, grazie a questo incremento di forze, il successo iniziale.
L'insurrezione armata non si limita alle operazioni militari di reparti, anche se questi sono numericamente forti. I vari di¬staccamenti, in presenza di una situazione favorevole all'insurre¬zione (si vedano le condizioni indicate da Lenin e i criteri pro¬grammatici segnalati dall'I.C.), devono portare immediatamente un colpo improvviso all'avversario; dopo di che dovranno entrare nella lotta armata le grandi masse della popolazione proletaria. Tu questo senso il movimento delle masse proletarie è contem¬poraneamente la base delle operazioni della guardia rossa (orga¬nizzazione tattica) e la schiera di riserva immediatamente alle spalle della stessa guardia rossa. La direzione dell'insurrezione deve ottenere ad ogni costo la partecipazione delle masse al com¬battimento non appena entra in azione l'organizzazione tattica. Questo è uno dei principi tattici fondamentali dell'insurrezione armata. In nessun caso si potrà contare esclusivamente sull'ini¬ziativa delle masse rivoluzionarie. Il Partito, subito dopo l'en¬trata in azione dell'organizzazione di combattimento, dovrà pren¬dere le misure necessarie per garantire la partecipazione delle masse nel momento voluto.
Molti partecipanti all'insurrezione di Reval hanno affermato che uno degli errori tattici dei dirigenti è stato quello di non aver previsto una riserva. È un'accusa senza fondamento, poiché a Reval era impossibile predisporre le riserve a causa dell'irri¬soria consistenza numerica dei gruppi d'insorti. Ma non è que¬sto il solo motivo. Noi riteniamo che in genere, al momento del primo colpo vibrato di sorpresa (inizio dell'insurrezione), ben raramente si potrà disporre di riserve. Le riserve costituiranno l'eccezione alla regola secondo cui è inutile predisporre delle ri¬serve per la primissima fase dell'insurrezione. Gli insorti do¬vranno infatti consacrare tutte le forze disponibili al primo colpo di sorpresa da infliggere all'avversario. La funzione di riserve per lo sfruttamento del successo deve essere affidata agli operai di¬sarmati i quali, nel corso dell'insurrezione, si procureranno le armi togliendole al nemico e impadronendosi delle sue armerie. Le riserve saranno necessarie in seguito, nel caso che perduri la battaglia negli abitati o in aperta campagna; ma predisporre di ri¬serve già all'inizio dell'insurrezione dei reparti armati, significa indebolire la forza d'urto dei rivoluzionari. Le riserve devono na¬scere e ingrandirsi durante i combattimenti, con l'aggiungersi di nuovi reparti operai. Se la cosa è impossibile, se la direzione del¬l'insurrezione non riesce a conseguire nel corso della battaglia il costante aumento del nucleo attivo delle sue forze, allora non si potrà contare sulla vittoria.
Inoltre, dal punto di vista tattico, non ha alcun senso desi¬gnare le riserve al principio dell'insurrezione. Se gli attacchi ai vari obbiettivi sono concepiti nel rispetto del principio della sor¬presa (e capiterà 95 volte su 100), le operazioni degli insorti nel periodo iniziale non potranno avere naturalmente un carattere prolungato. Si tratterà di colpi di mano di breve durata che nella maggior parte dei casi, si concluderanno con il completo annienta¬mento del nemico o con il lampante insuccesso dell'insurrezione. In caso di successo, il reparto attaccante diventa disponibile per eseguire la missione successiva, trasformandosi così, in un certo senso, in schiera di riserva, in quanto potrà essere trasportato là dove si pensa che la sua presenza sia più necessaria in quel momento. Per esempio, il reparto che a Reval, impadronitosi del distaccamento dell'aeronautica, si trovava conseguentemente in possesso di mitragliatrici e di fucili con una certa quantità di mu¬nizioni, di autovetture e di autocarri, e che era ulteriormente au¬mentato di una quarantina d'uomini, era una specie di riserva, di cui ci si poteva e ci si doveva servire per eseguire nuove missioni. Se, invece, il reparto che opera l'attacco di sorpresa fallisce lo scopo, non ci saranno riserve capaci di ristabilire la situazione. Visto il carattere fulmineo di questo tipo di operazioni (organizza¬zione secondo il principio della sorpresa con il minimo dispendio di forze) e considerata l'assenza, in questo periodo dell'insurre¬zione, di ogni collegamento tecnico tra la direzione (alla mano della quale si dovrebbe trovare la riserva) e i capi dei gruppi tat¬tici, la riserva non potrebbe giungere a tempo debito.

Lo slancio e la tenacia nei combattimenti durante l'insurrezione

Alla fine d'agosto del 1906 Lenin scriveva:

Ricordiamo che una grande lotta di massa si avvicina. Sarà l'insurre¬zione armata. Essa deve scoppiare, se è possibile, simultaneamente dapper¬tutto. Le masse devono sapere che esse vanno a una lotta armata, sangui¬nosa, accanita. Il disprezzo della morte deve propagarsi nelle masse e ga¬rantire la vittoria. L'offensiva contro il nemico deve essere condotta nel modo più energico. Attacco e non difesa: questa deve essere la parola d'ordine delle masse; loro compito sarà l'implacabile annientamento del nemico. L'organizzazione della lotta dovrà essere mobile e duttile, gli ele¬menti tentennanti dell'esercito dovranno essere attratti alla lotta attiva. Il partito del proletariato cosciente deve compiere il suo dovere in questa grande lotta.

Già alla vigilia della rivoluzione d'Ottobre (il 9 ottobre 1917), nella sua lettera "Consigli d'un assente," Lenin così scriveva a proposito dell'attività necessaria nell'insurrezione:

Ma l'insurrezione armata è una forma particolare di lotta politica, sot¬toposta a leggi speciali sulle quali bisogna meditare con attenzione. Karl Marx espresse questo concetto con grande efficacia, quando scrisse: "L'in¬surrezione è un'arte, come la guerra..."1*

Tra le regole principali di quest'arte Marx sottolineò le se¬guenti:

1. Non giocare mai con l'insurrezione, ma, quando la si inizia, mettersi bene in testa che bisogna andare sino in fondo.
2. È necessario raccogliere nel punto decisivo, nel momento decisivo, forze molto superiori a quelle del nemico, perché altri¬menti questi, meglio preparato e meglio organizzato, annienterà gli insorti.
3. Una volta iniziata l'insurrezione, bisogna agire con la più grande decisione e passare assolutamente, a qualunque costo, all'offensiva. "La difensiva è la morte della insurrezione armata."
4. Bisogna sforzarsi di prendere il nemico alla sprovvista, di cogliere il momento in cui le sue truppe sono disperse.
5. Bisogna riportare ogni giorno (si potrebbe anche dire "ogni ora," se si tratta di una sola città) dei successi, sia pure di poca entità, conservando ad ogni costo la "superiorità morale."

Marx riassunse gli insegnamenti di tutte le rivoluzioni per quanto riguarda l'insurrezione armata, citando le parole di Dan-ton, "il più grande maestro di tattica rivoluzionaria finora cono¬sciuto: De l'audace, de l'audace, encore de l'audace!"*
Dopo aver esposto questi principi tattici essenziali, Lenin ne trae una conclusione pratica per Pietrogrado e fornisce al Partito ogni sorta di consigli sui provvedimenti militari e politici da pren¬dere per impadronirsi del potere in quella città. In particolare attira l'attenzione dei compagni sulla necessità di sviluppare al massimo, nella lotta, il coraggio e la decisione, la tripla audacia di cui parla Danton.
L'esperienza di tutte le rivoluzioni ha confermato sempre più categoricamente i principi tattici di Marx e di Lenin. Bisogna che gli insorti diano prova di un'audacia assoluta, siano attivi fino all'ardimento, non si lascino sfuggire una sola occasione per in¬fliggere seri colpi al nemico; bisogna che ciascun reparto, ciascun combattente isolato, dopo aver eseguito la missione affidatagli, si sforzi di cercare il nemico e di impegnarlo finché non l'abbia com¬pletamente annientato; ci vuole inoltre una buona organizzazione del movimento, la scelta felice del momento in cui scatenare l'in¬surrezione e una salda direzione nelle mani del Partito e della sua organizzazione di combattimento, affinchè sia possibile il successo.
Abbiamo visto fallire appunto quelle insurrezioni (non si tratta della vittoria definitiva, bensì della buona condotta del¬l'intera lotta armata del proletariato, anche nelle insurrezioni che, come quella del 1905 a Mosca, la Comune di Parigi, le insurrezzioni di Germania del '19, '20 e '21, e altre ancora, per condizioni sfavorevoli d'ogni genere non potevano riuscire), in cui non è stata sviluppata abbastanza tenacia, ostinazione, sprezzo della vita e accanimento nella lotta, oppure nelle quali tutte queste qualità si sono rivelate solo all'inizio della battaglia, per affievolirsi rapi¬damente nel seguito.
Nel movimento del marzo 1921 nella Germania centrale, gli insorti delle officine Leunàwerk, diverse decine di migliaia di operai (questo solo gruppo di stabilimenti ne contava circa venti¬ci nomila), avevano tranquillamente la possibilità di occupare i centri vicini, soprattutto Merseburgo (a circa 4 km dal Leunàwerk), di schiacciare l'apparato governativo e le caserme di polizia, di estendere la zona dell'insurrezione e di riunirsi agli insorti delle al i re regioni (Sassonia settentrionale, ecc.). Dopo aver organizzato 15 centurie proletarie e altre forze ausiliarie (un reparto genieri, un gruppo ciclisti, ecc.) ed essersi impadroniti di ingenti scorte di ai-mi (non abbiamo dati precisi sull'armamento degli insorti, ma al momento dell'occupazione degli stabilimenti Leunàwerk da parte della Reichswehr e della polizia, vi si trovavano circa 800 fucili, tre mitragliatrici e armi varie, e quindi gli insorti ne pos¬sedevano molte di più, poiché un buon numero le nascosero dopo l'insurrezione), gli insorti si fermarono nella propria regione, re¬stando inattivi fino al momento in cui la Reichswehr, avanzando contemporaneamente da tre lati con il concorso dell'artiglieria e della polizia, non riuscì ad avere il sopravvento su questo teatro operativo, il più importante dell'insurrezione di marzo. Le cose sarebbero andate ben altrimenti in tutta la Germania se gli ope¬rai della Leunàwerk avessero dato prova di spirito d'iniziativa.
In questa inerzia alla Leunàwerk non si deve naturalmente ve¬dere una mancanza di attività da parte di quelle migliaia di ope¬rai che già avevano dato prova di spirito d'iniziativa all'atto stesso della sollevazione; in questo caso i colpevoli furono i dirigenti del¬l'insurrezione, i quali non seppero consegnare alle masse delle pa¬role d'ordine utili e delle direttive pratiche. L'errore ricade per intero sulle spalle del comitato rivoluzionario (Aktionsausschuss], costituito da rappresentanti del Partito comunista unificato di Germania e del Partito comunista operaio (schieramento d'estre¬ma sinistra, con forti accenti anarchici e oggi degenerato e pri¬vato d'ogni influenza sulle masse).20
Tanti esempi si potrebbero trovare nella storia della lotta ar¬mata del proletariato per illustrare e confermare i principi già citati di Marx e di Lenin sulla necessità di sviluppare al massimo la tenacia nell'insurrezione. Ne citeremo però uno solo, il più cla¬moroso di tutti, a dimostrazione che il successo del proletariato e la presa del potere sono possibili anche quando gli operai fos¬sero completamente inermi, purché esista l'incrollabile volontà di vincere e di dar prova della massima attività. Si tratta dell'insur¬rezione di Cracovia del 6 novembre 1923.
Ecco che cosa scrive un comunista polacco che ha analizzato l'avvenimento:

I fatti di novembre e l'insurrezione di Cracovia sono un esempio istrut¬tivo della lotta di classe proletaria. Il 4 novembre il governo emanò un decreto che proibiva le riunioni all'aperto. Il 6 novembre la folla si diresse verso l'edificio della Casa del popolo, situato al centro della città. Le strade d'accesso erano sbarrate da ingenti forze di polizia. Alle spalle della poli¬zia, una compagnia di fucilieri. La folla sfondò i cordoni di agenti e di¬sarmò i soldati. Le armi di cui si servirono i cittadini, come riconosce lo stesso atto d'accusa, erano bastoni, bottiglie e torsoli di cavolo! Ora, però, parte degli operai possedevano armi vere. Comunque quasi tutti con¬tinuarono a battersi con i bastoni. Furono sparati alcuni colpi d'arma da fuoco. Un rinforzo di polizia appena sopraggiunto formò quadrato. La folla sfidò senza esitazione la fucileria e la polizia si vide costretta a ripiegare nei vicoli, dove venne accolta, a sua volta, da colpi di fucile. Gli agenti si volsero in fuga, nascondendosi nelle case. A questo punto entrò in azione la cavalleria. Uno dopo l'altro, sotto la protezione di un gruppo di mitra¬glieri e di 3 autoblindo, si gettarono allo sbaraglio quattro squadroni a cavallo i quali, sotto una pioggia di pallottole che li accolse dall'alto delle finestre e dal fondo di ripari improvvisati, si trovarono nell'impossibilità di avanzare o retrocedere, venendo massacrati come lepri impazzite. L'asfalto era cosparso di cavalli caduti, che impedivano l'avanzata ai cavalleggeri delle ondate successive. Le autoblindo, una volta fuori combattimento i loro equipaggi, rimasero immobili. Una cadde nelle mani degli insorti. Dopo tre ore di battaglia la classe operaia si trovò padrona della città. Dal punto di vista strettamente militare il proletariato di Cracovia aveva riportato la vittoria. Le autorità politiche e militari avevano perduto la testa. Il co¬mandante militare del presidio si era dato alla fuga.21

Gli operai di Cracovia, assolutamente privi di armi all'inizio dei combattimenti, si armarono nel corso della lotta, sconfiggendo sul campo un mezzo battaglione di fanteria, un reggimento di cavalleria appoggiato da autoblindo e tutta la polizia della città. Se l'insurrezione venne in seguito soffocata, la causa va ricercata nel tradimento del Partito socialista polacco (P.P.S.) e nel cattivo uso che fece in quel momento della situazione rivoluzionaria il Partito comunista.
L'insurrezione di Cracovia entra nella storia della lotta ar¬mata del proletariato internazionale come magnifico esempio della lotta delle masse per il potere.
"La difensiva è la morte dell'insurrezione" (Lenin). È una verità incontestabile. La vittoria può essere conseguita soltanto con l'offensiva, con decise operazioni d'attacco da parte degli in¬sorti. Persine la difensiva temporanea, alla quale si può essere costretti in questo o quel settore, deve conservare un carattere aggressivo. Non è, insomma, la difensiva per la difensiva, bensì per riprendere al più presto le operazioni attive e mettere il ne¬mico fuori combattimento: questo deve essere il motto degli insorti.
Se in un punto o nell'altro un rapporto di forze troppo svan¬taggioso costringe gli insorti a ripiegare provvisoriamente in di¬fesa, essi dovranno manifestare la più strenua tenacia, tenere im¬pegnato il maggior numero possibile di nemici, infliggere loro per¬dite su perdite con il fuoco e, al tempo stesso, sfruttare la prima occasione per il contrattacco, portando almeno assalti fulminei sul fianco o a tergo del nemico, organizzando improvvise scariche di fucileria battente,, disorientando con ogni mezzo l'avversario e, finalmente, tornare all'offensiva generale per liquidare definitiva¬mente le forze nemiche.
Gli insorti ridotti in difesa, purché sappiano dar prova della dovuta risolutezza e utilizzare convenientemente i vantaggi della loro posizione (case, finestre, solai, tetti e, in genere, ogni possi¬bile riparo, comprese le barricate), possono infliggere gravi danni materiali e psicologici al nemico.
Trotzkij, nel suo libro 1905, racconta un episodio caratteristico della difesa degli insorti moscoviti nel dicembre:
Un gruppo di 13 uomini, installatosi in una casa, sostenne per ben quattro ore il fuoco di 500 o 600 soldati, i quali avevano a disposizione 3 cannoni e 2 mitragliatrici. Dopo aver esaurito le munizioni e aver causato gravi perdite alla truppa, gli insorti si allontanarono indenni. I soldati ave¬vano demolito a cannonate molti isolati, incendiando diverse case in legno e massacrando inermi cittadini, prima di poter costringere alla ritirata un esiguo gruppo di rivoluzionari.

Nell'insurrezione di Mosca si possono trovare molti episodi del genere.
Per contro, l'insurrezione di Reval del 1924 fornisce un esempio negativo sul medesimo tema. Gli insorti, come abbiamo visto a suo tempo, non diedero mostra di sufficiente ostinazione. Basta¬rono i primi insuccessi locali a volgerli in fuga, dissuadendoli da ogni abbozzo di resistenza. La cosa si spiega in parte, almeno fino a un certo punto, per il fatto che gli insorti, non sentendosi ap¬poggiati dalle masse, si erano scoraggiati. L'insurrezione non era stata preceduta da importanti interventi operai o da scioperi, da comizi, da dimostrazioni o altro. Nel corso dell'insurrezione vera e propria, poi, le masse non avevano avuto neppure il tempo di entrare in lizza, poiché la sollevazione venne soffocata nello spa¬zio di 3-4 ore. Tutto sarebbe stato possibile se il grosso degli ope¬rai fosse stato a conoscenza a tempo debito del proposito di sca¬tenare l'insurrezione e dei preparativi già in corso. Invece la sol-levazione si rivelò inaspettata anche per il proletariato di Reval.

Il piano d'insurrezione armata

La necessità di disporre di un piano è più che evidente. Non predisporre il piano e contare esclusivamente sull'improvvisazione significa rinunciare volontariamente a esercitare una qualsiasi in-fluenza cosciente e razionale sull'andamento dell'insurrezione.
Nei suoi grandi tratti il piano deve avere carattere strategico generale e abbracciare l'intero paese. In conformità con questo piano d'insieme si devono elaborare i piani dettagliati (piani tat¬tici) per ciascuna città e ciascun centro abitato.
Il piano strategico generale deve far perno su quei centri abitati (la capitale, le grandi metropoli industriali, questa o quella provincia) che, nelle condizioni date, abbiano un'importanza de¬cisiva per il movimento prestabilito. Deve tener conto dello stu¬dio di tutte le regioni o centri abitati che possano essere focolai d'insurrezione rivoluzionaria, di dove la rivoluzione possa pren¬dere le mosse per irradiarsi nelle altre regioni. Deve prevedere, almeno in grandi linee, i rapporti reciproci tra i diversi focolai d'insurrezione, sia dal punto di vista cronologico (data d'inizio della sollevazione) sia, in seguito, nel corso dell'insurrezione, dal punto di vista del concorso materiale e politico scambievole ai fini del coordinamento delle operazioni. Il piano strategico deve rispondere a questo interrogativo: deve l'insurrezione essere ne¬cessariamente preceduta da uno sciopero generale, da cui essa nasca come conseguenza naturale, oppure la situazione politica data consente di scatenare l'insurrezione senza sciopero generale (come per esempio in Russia nell'ottobre del '17)? Nell'elaborare il piano, la direzione dell'insurrezione armata deve chiedersi se il movimento debba essere fissato in occasione di questo o quel congresso delle organizzazioni proletarie (sindacati, Soviet, comi¬tati di fabbrica), come avvenne a Pietrogrado nel 1917 (II con¬gresso dei Soviet) e in Germania nel 1923 (congresso dei comitati di fabbrica a Chemnitz, che secondo il piano del Comitato cen¬trale del Partito comunista doveva proclamare lo sciopero gene¬rale, il cui inizio sarebbe stato il segnale dell'insurrezione), ossia di un organismo politico che proclami l'impossibilità di lasciar sus¬sistere il regime costituito e si dichiari autorità suprema del nuovo regime rivoluzionario; oppure se non sia più ragionevole, nelle condizioni date, organizzare la presa del potere e il rovesciamento del regime costituito a opera di un'azione diretta del proleta¬riato qualora non esista, nei centri vitali del paese, un organismo proletario autorizzato e capace di assumere il ruolo di autorità legislativa suprema della rivoluzione.
Il piano strategico deve infine prevedere, sempre a grandi li¬nee, le misure che il Partito deve adottare in caso d'intervento straniero, nonché la costituzione di un esercito rosso regolare dopo il consolidamento del potere rivoluzionario in questa o quella regione o grande città. È ovvio che i dirigenti devono comunque tener presenti i grandi provvedimenti politici (nazionalizzazione delle terre e della grande industria, giornata lavorativa, salari, al¬loggi, ecc.) che il nuovo potere dovrà immediatamente decretare e applicare in pratica.
Come è facile capire, il piano strategico (ossia la proiezione delle considerazioni insurrezionali essenziali) deve essere formu¬lato, almeno nelle grandi linee, con sufficiente anticipo sulla data dell'insurrezione. In seguito, se si modificano le circostanze, il piano potrà essere approfondito e perfezionato. Conformemente al piano strategico, il Partito dovrà tempestivamente prendere tutte le misure politiche e organizzative atte a creare le condi¬zioni favorevoli alla rivoluzione, soprattutto nelle regioni decisive.
Nella formulazione del piano insurrezionale per un dato cen¬tro, una città o, comunque, per ogni luogo abitato, non si dovrà dimenticare che è impossibile prevedere tutte le mutevoli circo¬stanze della lotta imminente, per cui non si potrà neppure stabi¬lire in anticipo la condotta che dovranno tenere gli insorti durante tutta l'operazione. Il piano tattico per una città isolata dovrà essere quanto più dettagliato sarà possibile, ma dovrà prevedere esclusivamente il momento d'inizio dell'insurrezione, le azioni iniziali, i primi compiti da affidare a ciascuna grande unità della guardia rossa. In seguito la direzione dell'insurrezione potrà e dovrà impartire tempestivamente direttive d'ordine generale, da precisarsi poi a seconda delle circostanze che si verificheranno nel corso del movimento in città e nella regione circostante. Il piano insurrezionale per una città deve indicare:

a) La valutazione delle circostanze e del rapporto di forze all'interno della città;
b) La data d'inizio dell'insurrezione;
c) I principali obbiettivi sui quali gli insorti debbono as¬solutamente prevalere e la cui occupazione dovrà avere il massimo influsso sull'andamento dell'insurrezione;
d) Le regioni e gli obbiettivi secondari, la cui occupazione verrà in secondo luogo (a meno che non possano essere occupati da una forza di operai non armati);
e) La distribuzione delle forze tra i vari obbiettivi, riser¬vando il massimo degli effettivi agli obbiettivi principali;
f/) I compiti generici che i reparti dovranno assolvere dopo il riuscito assolvimento del primo;
g) Indicazioni sulla condotta da osservare in caso di falli¬mento di questo o quel reparto;
h) I provvedimenti da prendere per impedire il sopraggiun¬gere di truppe governative da altre città o regioni (sabotaggio delle vie di comunicazione, operazioni partigiane, ecc.);
i) Misure atte ad attrarre alla lotta armata il grosso degli operai, e la distribuzione delle armi agli operai disposti a battersi;
j) Soppressione dei capi controrivoluzionari;
k) Formazione di unità regolari dell'esercito rosso nel corso dei combattimenti;
l) Organizzazione dei collegamenti nel corso dell'insurre¬zione;
m) La collocazione del dirigente militare generale e degli altri dirigenti militari e politici, tra i quali i membri del Comi¬tato rivoluzionario, all'inizio dell'insurrezione;22
n)Le misure politiche che il Comitato rivoluzionario dovrà prendere come rappresentante e organizzatore del nuovo regime.

I dati che devono essere alla base del piano sono i seguenti:

a) La mappa sociologica delle città, indicante i quartieri più favorevoli per il loro carattere sociale; il grado di organizzazione e di predisposizione alla lotta dei quartieri destinati a focolaio della sollevazione e a iniziatori del movimento, nonché a serbatoio di sempre nuove forze combattenti; i quartieri socialmente av¬versi, da distruggere nel corso dell'insurrezione;
b) II dispositivo dettagliato e il grado di disgregazione delle truppe di polizia e delle associazioni paramilitari controrivoluzio¬narie, se queste ultime sono già sul piede di guerra (mobilitate);
c) L'indirizzo dei funzionati, dei capi di partiti e di asso¬ciazioni ostili alla rivoluzione, e dei comandanti delle truppe e della polizia;
d) Ubicazione dei depositi di armi e relativo servizio di guardia.
e) Valutazione tattica della città, con indicazione delle vie d'accesso, degli edifici, degli isolati, ecc., dal punto di vista delle possibilità di offesa e difesa;
f) Informazioni sulle rimesse di autovetture, autocarri, mo¬tociclette, ecc., appartenenti allo Stato o a privati e che bisognerà occupare;
g) Utilizzazione nel corso dell'insurrezione dei mezzi di co¬municazione urbani, dei telefoni, ecc.;
h) Consistenza numerica e armamento delle forze rivoluzio¬narie, con valutazione tattica dei diversi dirigenti della guardia rossa.

Il piano insurrezionale, o almeno i suoi diversi elementi, de¬vono essere prestabiliti in modo tale che i capi dei reparti e delle varie suddivisioni unitarie, nonché il nucleo attivo e fidato del Partito, possano studiare tempestivamente i rispettivi obbiettivi principali e prepararsi di conseguenza, e che la direzione stessa possa prendere per tempo i provvedimenti politici ed organizzativi atti ad assicurare la migliore esecuzione possibile delle prime ope¬razioni.
Va da sé che il piano insurrezionale e ciascuno dei suoi ele¬menti sono segreto militare e che i capi devono prendere le do¬vute precauzioni affinchè il piano medesimo e i diversi problemi che vi sono trattati non cadano in mani nemiche (per provoca¬zione, per millanteria dei compagni, ecc.).




 
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