Comunismo - Scintilla Rossa

L'insurrezione armata, A. Neuberg

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Public Enemy
view post Posted on 29/11/2012, 18:55 by: Public Enemy




L'opera del Partito comunista per la disgregazione delle forze armate delle classi dominanti

Nelle sue decisioni l'Internazionale comunista si è più volte soffermata sull'atteggiamento che il proletariato deve tenere nei confronti dell'esercito della borghesia, ma con le tesi sulla lotta contro la guerra imperialista e sui compiti dei comunisti, che sono state adottate dal VI congresso mondiale in base alla relazione di Bell, il proletariato internazionale possiede ora un programma dettagliato e conforme alla dottrina di Marx, Engels e Lenin sui problemi della guerra e dell'atteggiamento del proletariato nei confronti di diverse categorie di guerre e di eserciti nelle diverse fasi della rivoluzione proletaria. Queste tesi forniscono un orientamento preciso verso la tattica del Partito e di tutto il proletariato rivoluzionario riguardo ai diversi eserciti a seconda del carattere di questi (eserciti articolati sul servizio militare obbligatorio, eserciti di milizia o mercenari, eserciti imperialisti, organizzazioni volontarie della borghesia, eserciti nazional-democratici) e a seconda degli scopi di classe che essi servono. L'enorme importanza di queste tesi sta nel fatto che i problemi della guerra e dell'esercito non vi sono trattati in astratto, accademicamente, bensì in corretto rapporto con tutta la politica e la tattica del partito rivoluzionario nella preparazione e nell'organizzazione della rivoluzione proletaria.
La precisa impostazione dei rapporti del proletariato con l'esercito e l'esatto inquadramento della linea tattica da adottare in merito, acquistano un'immensa importanza di principio e anche in pratica. L'esercito è la parie essenziale dell*organizzazione dello Stato. Dal suo grado di solidità e dalle sue condizioni in genere dipende il grado di solidità dello Stato tutto. Dal grado di disgregazione di un esercito borghese dipenderà, in larga misura, la possibilità per il proletariato di rovesciare la borghesia e di frantumare lo Stato borghese in presenza di una situazione immediatamente rivoluzionaria, momento in cui si dovrà porre la questione del rovesciamento della classe borghese sul terreno attuale e pratico.
La storia di tutte le rivoluzioni dimostra come un esercito e una polizia militarmente bene addestrati, muniti di tutti i più moderni dispositivi d'attacco e di difesa (mitragliatrici, mezzi blindati, aggressivi chimici, aviazione, ecc.), con un buon comando e sostenuti dalle squadre armate fasciste che oggi esistono in ogni paese, se si battono efficacemente contro la rivoluzione, sono in grado di rendere particolarmente difficile il trionfo di quest'ultima, anche quando tutte le altre condizioni siano favorevoli.
... non è il caso di parlare di una lotta seria finché la rivoluzione non è divenuta un movimento di massa e non abbraccia anche l'esercito.1
Un fatto certo è che, in periodi di crisi in presenza di un'acuta situazione rivoluzionaria, l'esercito e la polizia non possono sot-trarsi all'influsso dello spirito rivoluzionario dell'ambiente. In virtù della loro composizione di classe, il fermento rivoluzionario si farà sentire tra le loro file in modo più o meno accentuato. Nondimeno sarebbe ingenuo pensare che lo scoperto trasferimento dell'esercito, o anche soltanto di una parte di esso, nel campo della rivoluzione sia possibile senza una congrua azione del partito rivoluzionario, o che il processo di rivoluzione nell'esercito e nella polizia nasca e si sviluppi da solo. In seno alle truppe il fermento rivoluzionario, la loro esitazione tra rivoluzione e con-trorivoluzione saranno tanto più forti e le unità isolate che passeranno dalla parte del proletariato saranno tanto più numerose, quanto più intensamente il partito rivoluzionario avrà condotto il lavoro politico e organizzativo tra le loro file, sia prima della situazione immediatamente rivoluzionaria, sia, soprattutto, in piena situazione rivoluzionaria. Nel corso di tutta l'insurrezione questo lavoro d'organizzazione in seno all'esercito dovrà essere abbinato ai metodi della lotta fisica contro l'esercito stesso.
Infatti, se in Germania fosse stata condotta un'opportuna agitazione rivoluzionaria nelle unità della Reichswehr e della polizia, cosa perfettamente possibile nonostante l'isolamento della Reichswehr, il quartier generale non sarebbe certamente riuscito a inviare agevolmente le sue truppe all'occupazione della Sassonia e della Turingia rivoluzionarie, come accadde invece nel settembre-ottobre 1923. Se nell'autunno 1924 in Estonia fosse esistita l'organizzazione indispensabile (cellule comuniste, gruppi di soldati rivoluzionari, ecc.), l'influenza già notevole del Partito comunista sull'esercito non avrebbe consentito alla reazione di reprimere tanto rapidamente l'insurrezione di Reval del 1° dicembre. Infine, se il Partito comunista cinese fosse stato in grado di compiere nella provincia del Kuan-Tung, sia pure a un livello minimo, quest'opera di disgregazione e di conquista politica delle truppe di Ciang-Fa-Ku, di Li-Tin-Sings e di Li-Fu-Lin, inviate a soffocare Canton rossa (non parliamo qui del reggimento reclute e nemmeno di tutte le altre unità nelle quali l'organizzazione del Partito aveva lavorato brillantemente), l'esito della battaglia sarebbe stato certamente diverso. Del resto l'insurrezione di Canton prese l'avvio proprio dalla ribellione di un'unità militare, il reggimento reclute. Senza la rivolta delle reclute, nelle condizioni in cui si trovava Canton ai primi di dicembre del 1927, l'insurrezione in genere sarebbe stata impossibile.
Assolutamente in tutte le insurrezioni (Sciangai, Pietrogrado, Mosca, Cracovia, numerose insurrezioni in Germania, ecc.) la parte decisiva è sempre toccata all'esercito. Dal grado di solidarietà dell'esercito con la rivoluzione, dalla misura in cui il comando militare può servirsi dei soldati contro il proletariato rivoluzionario, dalla soluzione data al problema della lotta per la conquista politica dell'esercito, dipende spesso l'esito stesso della rivoluzione, poiché in ultima analisi il passaggio del potere da una classe alle mani di un'altra classe è deciso dalla forza materiale. E l'esercito è appunto l'elemento essenziale di questa forza.
In questo o in quel paese la situazione diventa rivoluzionaria non soltanto a seguito di una guerra (nel qual caso la circostanza e inevitabile], ma anche e certamente a dispetto di una stabilizzazione temporanea del capitalismo e in tempo di "pace"
L'esperienza di questi ultimi anni - 1919 e 1923 in Germania; 1923 in Bulgaria; 1924 in Estonia; luglio 1927 in Austria, a Vienna - dimostra come la guerra civile del proletariato è provocata non solo dalle guerre imperialiste della borghesia, ma anche dalla situazione "normale" del capitalismo contemporaneo, che aggrava irrimediabilmente la lotta di classe, creando situazioni rivoluzionarie.2
Ma da questo non discende affatto la conclusione alla quale vogliono pervenire gli elementi di destra dell'I.C., i quali pretendono che la rivoluzione sarebbe possibile soltanto a seguito di una guerra. La conclusione che se ne può trarre è semplicemente che l'insurrezione si deve preparare al tempo stesso con l'agitazione nell'esercito e con la costituzione di forze armate proletarie vere e proprie, capaci di battersi armi in pugno contro la frazione non ancora disgregata dell'esercito regolare. Non si deve dimenticare che al momento dell'insurrezione la lotta per il sopravvento sull'esercito deve essere condotta anche con le armi. Più sarà avanzata la decomposizione dell'esercito borghese, più potenti saranno le forze armate del proletariato, e più facile sarà la lotta in occasione dell'insurrezione vera e propria. E viceversa.
In tempo di guerra questo principio serba tutta la sua validità. Va da sé che la parola d'ordine della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile resterà un'espressione priva di significato se il partito rivoluzionario non condurrà con il massimo impegno possibile un regolare lavoro di agitazione in seno all'esercito.
A proposito della decisione della Federazione internazionale dei metallurgici, riunitasi a Hannover, circa la necessità di rispondere alla guerra con lo sciopero, Lenin, in una nota indirizzata ai membri della Segreteria politica, scriveva:

Sollevare nella prossima seduta allargata del C.E. dell'I.C. la questione della lotta contro la guerra e adottare mozioni dettagliate che spieghino come solo un partito rivoluzionario sperimentato e preparato in anticipo, con un buon apparato clandestino, sia capace di condurre con successo la campagna contro la guerra, e che il mezzo di lotta non è lo sciopero contro la guerra, bensì l'organizzazione delle cellule rivoluzionarie negli eserciti belligeranti e la loro preparazione ai fini della rivoluzione.3

Ma quest'opera di agitazione e d'organizzazione politica in seno all'esercito in tempo di guerra sarà notevolmente facilitata se già in tempo di pace il Partito si è adoperato a prepararla sistematicamente.

Uno dei più gravi errori della maggior parte dei partiti comunisti sta nell'impostare la questione della guerra in modo astratto e esclusivamente dal punto di vista della propaganda e dell'agitazione, senza esaminare con sufficiente impegno la questione dell'esercito, fattore decisivo in ogni guerra. Bisogna spiegare alle masse il significato della politica rivoluzionaria sulla questione della guerra e bisogna lavorare l'esercito, senza di che ogni lotta contro la guerra imperialista, ogni sforzo per preparare le guerre rivoluzionarie si limiterebbero al campo della teoria*

Nelle sue decisioni TLC. ha più volte insistito sull'importanza "K-I lavoro da compiere nell'esercito e nella marina. Nondimeno molte sezioni - tra le quali una come quella cinese, che il corso (k-o,I i eventi ha posto ripetutamente di fronte al problema della lolla armata contro le truppe militariste, e che la prevista avan-/ata dell'ondata rivoluzionaria doveva fatalmente condurre a organizzare e a condurre l'insurrezione generale del proletariato - non hanno capito a sufficienza, almeno fino a tempi recenti, cioè (ino ai primi del 1928, l'importanza delle decisioni dell'I.C., astenendosi quasi ovunque, tranne in regioni isolate, da un opportuno lavoro presso l'esercito.
Per ogni partito rivoluzionario il principio essenziale è che il lavoro rivoluzionario va condotto là dove siano concentrate le masse. I vari eserciti e le varie marine borghesi schierano sempre decine e centinaia di migliaia di giovani proletari o contadini, che non sono meno predisposti a ricevere le parole d'ordine e le idee rivoluzionarie degli operai delle fabbriche e di certe categorie contadine. Dato che l'esercito, la polizia e la marina sono gli strumenti principali di oppressione, i mezzi preferiti dallo Stato borghese (e da ogni altro Stato) per combattere il proletariato rivoluzionario, è impossibile esagerare la necessità dell'agitazione rivoluzionaria tra le loro file. Un partito che rinunci direttamente o indirettamente a questo aspetto essenziale dell'azione rivoluzionaria si espone a conseguenze estremamente deleterie per la rivoluzione stessa. È un'azione che va condotta instancabilmente da tutto il Vanito comunista, tanto in periodo di ammassamento delle forze rivoluzionarie, quanto, e a maggior ragione, in periodo di slanci rivoluzionar i. Noi riteniamo che tale agitazione, viste le considerazioni precedentemente esposte, non sia meno essenziale dell'opera del Partito in tanti altri campi (conciliisi a delle classi medie, ecc.}.
Se in moltissimi casi l'agitazione nell'esercito è assente o insufficiente, il motivo sta nella gran difficoltà e nei molteplici rischi insiti in quest'opera. La cosa vale soprattutto per degli eserciti puramente mercenari come quello cinese, nonché per certi eserciti europei, quello bulgaro, quello tedesco, ecc. È chiaro che la struttura dell'esercito, la disciplina militare, l'isolamento dei soldati dalla popolazione creano difficoltà enormi, a parte il fatto che la borghesia non esita di fronte a nessuna forma di terrorismo nei confronti dei partiti che svolgono opera rivoluzionaria in seno all'esercito. Ma proprio per questo si richiede al partito, nel condurre questo lavoro, di armarsi della massima energia, della massima risolutezza, della massima tenacia.
L'obbiettivo essenziale del lavoro in seno all'esercito, alla marina e alla polizia (o ai carabinieri) è di far entrare il grosso dei soldati (marinai, poliziotti) nel fronte comune della lotta di classe del proletariato; di fare in modo che i soldati conoscano le parole d'ordine e gli obbiettivi del Partito comunista, e siano pronti ad adottarli.
L'azione del Partito e della Gioventù comunista per la demoralizzazione dell'esercito e della marina borghesi deve svolgersi su due piani essenziali:
a) All'interno dell'esercito e della flotta;
b] Con il lavoro generale dell'insieme del Partito al di fuori dell'esercito: attività del gruppo parlamentare sulle questioni militari, agitazione a voce e a stampa per divulgare nelle forze armate questa o quella parola d'ordine, ecc.
Queste due modalità d'azione, all'interno e all'esterno delle forze armate, devono essere intimamente collegate, sotto la direzione di un centro unico, il Comitato centrale del Partito.
I metodi e le forme di propaganda e di agitazione presso le forze armate variano a seconda dei paesi. Ogni partito comunista, regolandosi sulle condizioni locali del paese e delle forze armate, deve elaborare le forme e i modi di attuazione corrispondenti. L'essenziale è che la disgregazione dell'esercito della borghesia deve essere perseguita con il massimo impegno possibile, che il lavoro dell'organizzazione militare del Partito nell'esercito (organizzazione che va costituita) e quello di tutto il Partito in vista della disgregazione delle forze armate, siano messi in rapporto diretto con l'azione politica quotidiana, con le parole d'ordine che il Partito lancia di volta in volta come parole d'ordine pratiche ed attuali di combattimento.
II lavoro rivoluzionario all'interno delle forze armate borghesi di terra e di mare deve essere quasi ovunque rigorosamente clandestino e segreto. La borghesia ricorre a ogni sforzo e a tutte le sue risorse per tutelare le proprie forze armate contro ogni influenza rivoluzionaria che possa demoralizzarle, e prende drastiche misure contro gli elementi rivoluzionari che si fanno scoprire. Nondimeno, con l'accentuazione della lotta di classe e, in particolare, con l'approssimarsi di una situazione immediatamente rivoluzionaria (sia in tempo "di pace" sia in tempo di guerra), cioè quando tra il proletariato e le classi egemoni inizia la lotta a fondo per la conquista dell'esercito, i quadri del lavoro clandestino tiri Partito si allargano gradualmente, coinvolgendo nella lotta rive )luxionaria ispirata dalle parole d'ordine comuniste un numero sempre crescente di soldati. A questo punto il Partito rivoluzio-nario deve abbinare opportunamente ai metodi segreti all'interno tic-Ile forze armate l'azione rivoluzionaria di massa per la conquista delle forze armate stesse.
Un ottimo esempio ci viene a questo proposito dal lavoro compiuto dai bolscevichi presso l'esercito nelle varie fasi della rivoluzione russa. Il Partito bolscevico conduceva instancabilmente la sua agitazione rivoluzionaria clandestina nell'armata zarista fin dal 1902: durante la rivoluzione del 1905 questo lavoro aveva raggiunto, in numerosi presidi, una penetrazione che consentiva veramente di incidere sulle masse; i bolscevichi avevano saputo combinare l'azione segreta organizzata con l'agitazione di massa tra le truppe. Dopo il fallimento della rivoluzione del 1905, anno in cui il Partito fu costretto dal terrorismo zarista a rifugiarsi nell'azione clandestina per proseguire la preparazione delle masse a nuove battaglie rivoluzionarie, il lavoro nelle forze armate assunse un carattere ancor più segreto. Così si andò avanti fino al 1917. Subito dopo il rovesciamento del regime zarista, il Partito bolscevico non interruppe la sua vasta azione di massa tra le truppe, solo che i metodi clandestini lasciarono il posto all'opera di disgregazione in piena legalità: cellule comuniste, comitati di soldati, riunioni e assemblee dei deputati dei soldati, fogli a stampa per militari, ecc.
Il vero orientamento leninista del proletariato rivoluzionario nei confronti della guerra imperialista è la trasformazione di questo tipo di guerra in guerra civile. Nei confronti delle forze armate, principale elemento della guerra imperialista, l'atteggiamento del Partito e di tutto il proletariato rivoluzionario deve tendere a conseguire la disgregazione assoluta delle file imperialiste e il passaggio dei soldati al campo del proletariato. È questo lo scopo ultimo di ogni agitazione presso le forze armate, scopo che potrà essere realizzato perfettamente soltanto con il trionfo della rivoluzione proletaria. Fin tanto che il potere resta nelle mani dello Stato borghese, le forze armate borghesi continueranno ad essere uno degli elementi fondamentali di questo Stato. Indipendentemente dalla situazione politica del paese, l'obbiettivo del proletariato è di disgregare il più possibile le forze armate borghesi e di farvi penetrare le idee rivoluzionarie.
Per guadagnare le forze armate borghesi alla rivoluzione e per indebolirle, bisogna contare anche sull'agitazione a favore di rivendicazioni parziali, nonché sulla lotta rivoluzionaria per la riforma di questo o quell'aspetto della vita militare nello Stato borghese. In ogni paese le rivendicazioni parziali del proletariato in materia militare variano a seconda della natura delle forze armate regolari, delle modalità di reclutamento, della durata del servizio di leva, delle condizioni materiali e giuridiche degli ufficiali e dei soldati, ecc. Il partito rivoluzionario dovrà di volta in volta presentare delle rivendicazioni parziali la cui realizzazione possa stare a cuore alla maggioranza dei militari di truppa e che siano comprensibili, nella situazione concreta data, al maggior numero possibile di lavoratori.
Ecco come il VI congresso dell'I.C. definisce gli obbiettivi dei comunisti per quanto riguarda le rivendicazioni parziali in materia militare:

Pur combattendo per la rivoluzione e per il socialismo, noi non ci rifiutiamo di portare le armi. La nostra campagna ha come scopo lo smascheramento dei metodi impiegati con la militarizzazione imperialista a vantaggio della borghesia.
A questa militarizzazione noi contrapponiamo la parola d'ordine: le armi al proletariato. Al tempo stesso i comunisti devono presentare e sostenere le rivendicazioni parziali dei soldati, le quali, nella situazione concreta data, possano stimolare la lotta di classe tra le forze armate e affermare l'unità tra i soldati di estrazione proletaria o contadina e gli operai all'esterno dell'esercito.

A titolo d'esempio citeremo alcune rivendicazioni parziali:
a) Per quanto riguarda il sistema difensivo:
Congedamento dei reparti di mercenari, delle unità fondamentali e dei quadri;
Disarmo e congedamento dei carabinieri e della polizia, ecc., nonché delle forze appositamente armate in vista della guerra civile;
Disarmo e scioglimento delle associazioni fasciste;
Rivendicazioni concrete concernenti l'abolizione delle corti marziali e la riduzione della ferma militare;
Applicazione del criterio regionale (i soldati devono fare il servizio militare nella regione di origine);
Soppressione della residenza obbligatoria in caserma;
Formazione dei comitati di soldati;
Diritto per le organizzazioni operaie di addestrare i propri aderenti al maneggio delle armi, con libera scelta degli istruttori.
Per i corpi mercenari o formati da professionisti si deve reclamare in genere non già la riduzione della ferma bensì il diritto a lasciare il servizio in qualsiasi momento.
b) Per quanto riguarda le condizioni materiali e giuridiche dei soldati
Aumento del soldo;
Miglioramento del rancio;
Istituzioni di commissioni rancio elette dai soldati;
Soppressione delle punizioni;
Soppressione del saluto obbligatorio;
Pene severe a carico di ufficiali e di sottufficiali che passino a vie di fatto nei confronti dei militari di truppa;
Diritto di vestire in borghese fuori servizio;
Diritto di uscire ogni giorno dalla caserma;
Licenze e aumento del soldo durante le licenze;
Diritto di prender moglie senza speciale autorizzazione;
Indennità ai familiari;
Diritto di abbonarsi a qualsiasi giornale;
Diritto di raccogliersi in sindacati;
Diritto di voto e di partecipazione a riunioni politiche.
Il fatto che in molti paesi imperialisti le forze armate accolgono normalmente un'alta percentuale di soldati provenienti da minoranze nazionali oppresse, mentre i quadri appartengono, nella loro totalità, o in gran parte, alla nazione che opprime, fornisce un terreno estremamente favorevole all'agitazione rivoluzionaria presso le forze armate. Tra le rivendicazioni parziali da presentare a favore dei soldati devono convenientemente trovar posto le rivendicazioni delle minoranze etniche: diritto di prestar servizio nel paese di nascita, di parlare la lingua materna anche in servizio e con ufficiali e graduati.3

Non si ha naturalmente nessuna difficoltà ad allungare questa lista di rivendicazioni parziali. Qui abbiamo presentato solo le più importanti, quelle che possono essere presentate a favore dei militari di truppa nella maggior parte degli Stati capitalisti.
Le tesi così proseguono:

Queste due categorie di rivendicazioni (di cui sono qui state elencate soltanto alcune) devono essere presentate non solo all'interno delle forze armate, bensì anche all'esterno, in Parlamento, nei raduni popolari, nei comizi, ecc. La loro propaganda risulterà efficace solo avendo un carattere di concretezza. A tal fine è necessario:
1. Conoscere bene le forze armate in questione, le condizioni del servizio, le esigenze e le lagnanze dei soldati, ecc.; informazioni, queste, che possono essere ottenute con un contatto personale permanente.
2. Conoscere concretamente il sistema di difesa dello Stato e la situazione in cui si trova di volta in volta la questione militare.
3. Conoscere le condizioni del morale dell'esercito e la situazione politica del paese in un dato momento (per esempio, l'elezione degli ufficiali da parte dei soldati si potrà rivendicare solo se la demoralizzazione è già giunta a un certo grado).
4. Combinare opportunamente le rivendicazioni parziali con le parole d'ordine generali del Partito comunista: armamento del proletariato, milizia proletaria, ecc.
Tutte le rivendicazioni avranno valore rivoluzionario solamente se saranno inquadrate in un preciso programma tendente a rivoluzionare le forze armate borghesi.
Bisogna dedicarsi soprattutto a organizzare i soldati affinchè difendano i loro interessi, in unione completa con il proletariato rivoluzionario, sia prima dell'arruolamento (associazioni di coscritti, fondi di solidarietà), sia dopo (comitati dei soldati), e infine quando saranno usciti dal servizio (associazioni di ex soldati rivoluzionari). I sindacati operai hanno il compito di mantenere il collegamento con quelli dei loro aderenti che sono nelle caserme e di contribuire alla costituzione delle suddette organizzazioni.
Le condizioni del lavoro rivoluzionario nell'ambito degli eserciti di mestiere differiscono da quelle relative alle forze armate reclutate per il servizio obbligatorio. Di solito è molto difficile condurre nei primi la propaganda delle rivendicazioni parziali sopra elencate. Non per questo, però, si dovrà rinunciare in partenza al lavoro di penetrazione. Gli eserciti di professionisti sono costituiti essenzialmente da elementi proletari (disoccupati) e da contadini poveri: ecco già una base per operare sulla massa di questi soldati. Si terrà saggiamente conto della composizione sociale e delle particolarità della truppa. Contro le unità speciali costituite dalla borghesia per combattere il proletariato (polizia, gendarmeria, carabinieri, ecc.) e, in particolare contro le squadre armate di volontari (fascisti), si condurrà la più energica propaganda. Si lotterà soprattutto e implacabilmente contro le omelie riformiste che parlano di "servizio d'ordine pubblico" e di "polizia popolare," di "diritto democratico" dei fascisti e di altre insulsaggini, occupandosi in special modo di suscitare l'indignazione popolare contro queste unità speciali di cui si denuncerà la vera natura. Ma intanto si dovrà operare per provocare in queste organizzazioni militari la disgregazione sociale, riguadagnando gli elementi proletari che ne facessero eventualmente parte.
L'opera rivoluzionaria tra le forze armate dovrà concordare con quella condotta tra le masse del proletariato e dei contadini poveri. In caso di situazione rivoluzionaria, se il proletariato delle fabbriche elegge comitati pro-pri, la parola d'ordine dei comitati dei soldati diventa attuale e deve contribuire a riavvicinare la massa dei soldati al proletariato e ai contadini poveri nella lotta per il potere.6

I vettori dell'azione rivoluzionaria all'interno dell'esercito e della marina devono essere (e all'approssimarsi della situazione rivoluzionaria saranno legali o semilegali) le cellule clandestine dei comunisti e della gioventù comunista, oppure i gruppi di soldati rivoluzionari nelle unità in cui non vi siano comunisti.
La costituzione di questi punti d'appoggio nelle unità di base dell'esercito e della flotta (compagnie, squadroni, batterie, parchi d'artiglieria, servizi di retrovia, compagnie comando, unità navali) richiede la massima attenzione a ogni partito comunista. A tal fine, prima della chiamata alle armi, si dovrà compilare l'elenco di tutti i comunisti e aderenti alla gioventù comunista, impartendo loro istruzioni dettagliate sulla condotta da tenere sotto le armi, sui collegamenti da intrattenere con il Partito, ecc. Senza la formazione di una solida organizzazione militare del Partito nell'esercito e nella marina, sarebbe da escludere ogni attività rivoluzionaria tra i soldati e tra i marinai.
A tempo debito bisogna anche occuparsi dell'agitazione tra le truppe e della formazione di cellule comuniste nelle regioni e nei presidi in cui sia già preponderante l'influenza a favore della vittoria della rivoluzione (capitali, grandi centri industriali, ecc.), ossia dovunque si debba prendere preliminarmente il potere e dove sia necessario creare delle basi, dei focolai, per allargare la rivoluzione agli altri territori. In queste regioni il Partito dovrà inviare un maggior numero di attivisti e di risorse che non in ogni altra zona.
Non si deve mai dimenticare che il successo dell'agitazione presso le forze armate dipenderà in larga misura dalla composizione sociale di ciascuna unità. In tutto l'esercito esistono delle specialità e dei servizi nei quali, a motivo dell'intrinseca composizione sociale, il Partito non potrà mai sperare di far penetrare gli elementi della lotta di classe. Alludiamo alle scuole di allievi ufficiali, ai reparti speciali, per esempio la cavalleria che, in molti paesi, viene reclutata tra i piccoli proprietari terrieri, e altri gruppi del genere. Queste unità possono e debbono essere disgregate soltanto con la forza delle armi dal proletariato insorto. Nella sua propaganda militare, il Partito dovrà invece pensare innanzi tutto all'artiglieria e alle specialità tecniche, presso le quali normalmente la percentuale di operai è più alta che non presso le altre armi e servizi. Lo stesso discorso (tenendo conto dei contadini) vale evidentemente per la fanteria.
Quanto alla possibilità di guadagnare alla causa della rivoluzione gli ufficiali subalterni, l'esperienza ha dimostrato che in tempo di pace le speranze sono molto limitate. Va da sé che il Partito non rinuncerà mai, né deve rinunciare, a utilizzare gli 11 (Cedali rivoluzionari per demoralizzare questa o quella unità. Tuttavia la sua azione dovrà interessare in linea di massima il grosso dei militari di truppa.
Ecco che cosa si legge a proposito dell'agitazione del Partito ira gli ufficiali nella risoluzione della conferenza delle organizzazioni militari e di combattimento del Partito social-democratico ( bolscevico) del 1916:

Considerato:
a) che la composizione sociale dell'ufficialità, al pari degli interessi in quanto casta di militari di carriera, obbliga gli ufficiali a ricercare la conservazione dell'esercito permanente e dell'inferiorità giuridica delle masse popolari;
b) che per questo motivo gli ufficiali, nella rivoluzione democratica borghese in via di realizzazione, assumono nel complesso un ruolo rivoluzionario;
e) che i gruppi d'opposizione esistenti tra gli ufficiali non svolgono una funzione attiva;
d) che nonostante tutto l'ingresso di alcuni ufficiali nel nostro Partito è possibile e che questi individui, per le loro cognizioni e per il loro particolare addestramento militare, possono rendere importanti servigi al momento dell'insurrezione della truppa e del suo passaggio dalla parte del popolo, nonché per la preparazione tecnica della sollevazione armata,
la conferenza delle organizzazioni militari e di combattimento ritiene:
1. Che le organizzazioni militari non possano istituire organizzazioni socialdemocratiche indipendenti tra gli ufficiali;
2. Che sia indispensabile utilizzare i gruppi d'opposizione esistenti tra gli ufficiali per ricavarne informazioni e per farne entrare alcuni in qualità di istruttori e di dirigenti pratici nelle nostre organizzazioni militari e di combattimento.7
Le cellule dei comunisti e della gioventù comunista all'interno delle varie unità, al pari delle analoghe cellule o frazioni operanti nelle fabbriche, nelle imprese, nei sindacati e, in genere, nelle varie organizzazioni di massa del proletariato, rappresentano il Partito e nella loro attività in seno all'unità corrispondente rispecchiano la tattica del Partito su tutte le questioni, nessuna esclusa. L'organizzazione militare comunista nell'esercito non ha e non può avere una linea politica propria, non essendo altro che una frazione del Partito e dovendo attuare in pratica la linea politica generale del Partito stesso.
In presenza di una situazione immediatamente rivoluzionaria, nel momento in cui il Partito invita le masse a sollevarsi per impadronirsi del potere, l'obbiettivo essenziale delle cellule comuniste nelle forze armate sarà di opporsi Normalmente al comando reazionario e di trascinare con sé il grosso dei soldati, al fine di condurre a termine, di concerto con il -proletariato, i compiti rivo-luzionari.
In una risoluzione del 1906 sugli obbiettivi del Partito, la Conferenza delle organizzazioni militari e di combattimento del Partito social-democratico (bolscevico) così definiva gli scopi delle organizzazioni militari:

1. Gli obbiettivi dell'organizzazione militare [di partito] al momento attuale sono: a) la formazione di solide cellule social-democratiche in ogni unità; b) il raggruppamento attorno a queste cellule, e per loro tramite, di tutti gli elementi rivoluzionari dell'esercito, allo scopo di appoggiare attivamente le rivendicazioni popolari e di schierarsi apertamente a fianco del popolo insorto; e] il coordinamento perfetto della loro attività con quella delle organizzazioni proletarie tattiche, la subordinazione di tutto il loro lavoro alle esigenze generali del momento e alla direzione politica delle organizzazioni comuni del proletariato. Inoltre la conferenza ritiene che: 1. il carattere stesso dell'agitazione presso le forze armate debba essere determinato dagli obbiettivi perseguiti dal proletariato in quanto avanguardia del popolo in lotta; 2. questi obiettivi e la composizione stessa degli elementi delle forze armate suscettibili di essere guadagnati alla rivoluzione indichino la via da seguire per ottenere il massimo dei risultati nella propaganda e nell'agitazione social-democratiche in seno alle forze armate e assicurare l'influenza ideologica e organizzativa del Partito; 3. soltanto un lavoro coordinato di tutte le organizzazioni militari del Partito socialdemocratico, compiuto nel modo indicato, possa garantire il passaggio a fianco del popolo insorto di vasti strati democratici delle forze armate.8

L'organizzazione militare, per essere in condizioni tali da espletare le proprie funzioni, deve trovarsi a stretto contatto con l'organizzazione locale del Partito. In considerazione delle condizioni particolari del suo lavoro, tale collegamento sarà effettuato con l'ausilio dei delegati designati dalle autorità del Partito per l'organizzazione del lavoro presso le forze armate. Il delegato del Partito (organizzatore), ricevute dalle cellule militari, dai vari comunisti o membri della gioventù comunista e dai soldati senza partito, ma politicamente sicuri, le informazioni necessarie intorno alla situazione dell'unità (disposizione dei diversi reparti, numero di ufficiali, morale dei soldati, organizzazione della vita di caserma, ecc.), trasmette a sua volta alle cellule e ai compagni le istruzioni su ciò che debbono fare, sui metodi da impiegare, fornendo inoltre pubblicazioni (giornali di partito, volantini, appelli), ecc.
Le condizioni specifiche dell'agitazione tra le forze armate (cospirazione) impongono alle autorità del Partito di designare all'uopo il numero necessario di militanti, i quali dovranno essere politicamente sicuri. Converrà magari far seguire loro dei corsi speciali di breve durata, durante i quali possano ricevere le opportune indicazioni sui metodi di lavoro nell'esercito (tecnica del lavoro clandestino). Le organizzazioni del Partito, a loro volta, devono organizzare sul medesimo argomento riunioni didattiche con i soldati comunisti o membri della gioventù comunista. Considerata l'inquisizione poliziesca e il terrore esercitato dalle autorità governative nei confronti degli individui e delle organizzazioni che fanno propaganda nell'esercito, assume un'importanza considerevole la stretta osservanza delle norme dell'attività clandestina.
A proposito del lavoro presso le forze armate, le varie sezioni dell'I.C. possono raccogliere indicazioni estremamente proficue nella storia del Partito bolscevico.
Ecco che cosa dice del lavoro dei bolscevichi nell'esercito prima della rivoluzione, in un discorso tenuto al VI congresso mondiale dell'I .C., Jaroslavskij :

Nelle più difficili condizioni di illegalità, noi siamo riusciti a creare oltre 20 fogli clandestini per la propaganda rivoluzionaria tra le truppe dal 1905 al 1907. Ogni importante presidio, Reval, Riga, Dvinsk, Batum, Odessa, Ekaterinoslav, Varsavia, Sveaborg, Cronstadt, San Pietroburgo, Mosca, ecc., aveva il suo giornale per soldati, diffuso dall'organizzazione clandestina e distribuito capillarmente dai membri stessi dell'organizzazione o tramite operai in contatto con i soldati. Se si vuoi contare il numero dei volantini che abbiamo diffuso, si può dire soltanto che non c'è stato un solo evento politico di qualche importanza che non abbia dato luogo a un appello ai soldati. I volantini venivano stampati in un gran numero di copie, diverse migliaia di copie. E non venivano distribuiti soltanto tra la guarnigione locale, ma anche, approfittando di ogni occasione, in intere regioni militari.
La struttura della nostra organizzazione era la seguente: tenendo conto che l'esercito non era omogeneo, non ci proponevamo affatto di attirare a noi, a qualunque costo, tutte le unità, ma sceglievamo quelle che, per composizione sociale, fossero più propense ad accogliere la nostra propaganda rivoluzionaria. Sceglievamo le specialità e i corpi in cui gli operai fossero in maggior numero, per esempio gli artiglieri, i genieri, i marinai e tutte le unità con una buona percentuale di operai, dirigendo in questa direzione il nostro sforzo principale. Negli eserciti moderni il ruolo di queste unità, marina, artiglieria e specialità varie, è notevolissimo. Là dove i risultati prevedibili erano minimi, era presso certe armi quali la cavalleria, che in Russia si reclutava principalmente tra i piccoli proprietari terrieri. Del resto capita così anche in Occidente, soprattutto dove abbonda la piccola proprietà contadina.
Nei limiti del possibile inserivamo in ogni unità un piccolo nucleo segreto, i cui rappresentanti si riunivano in comitati clandestini di battaglione o di reggimento. Questi comitati erano in contatto con le nostre cellule militari segrete al di fuori delle caserme. Si intende che tutti i collegamenti dell'organizzazione militare erano coperti dalla massima segretezza. Sceglievamo compagni di provata fede, senza mai badare al numero, in quanto non consideravamo l'organizzazione militare clandestina come una forza capace da sola di esercitare un'influenza diretta. La consideravamo invece come elemento organizzativo idoneo a trascinarsi al seguito, al momento voluto, la massa dei soldati e dei marinai simpatizzanti. Ecco perché non ci interessava il numero. Devo dire, però, che in certi casi, come a C'ronstadt, a Sebastopoli e altrove, avevamo organizzazioni forti di diverse centinaia di uomini. Ricorderò anche che, pur in condizioni di ille-jAliila estremamente difficili, siamo riusciti a tenere diverse conferenze mili i ari. Una la tenemmo nella primavera del 1906 qui a Mosca. È vero che i piirtccipanti vennero quasi tutti arrestati fin dalla prima riunione, ma quell'i.-pi sodio lasciò tracce profonde. Nel novembre 1906 avevamo tenuto in Finlandia, a Tammerfors, una importante conferenza delle organizzazioni militari e tattiche. Anche questo convegno ebbe una portata considerevole. Nelle opere di Vladimir Ilio si può leggere un libro che è stato consacrato a quell'avvenimento, con l'analisi dettagliata delle risoluzioni adottate e con lusinghieri apprezzamenti.'

In questi ultimi anni anche gli altri partiti comunisti (di Francia, di Germania, ecc.) hanno acquistato una ricchissima esperienza in merito all'agitazione tra l'esercito e la marina. Purtroppo, e per motivi ben comprensibili, tale esperienza non può diventare patrimonio comune a tutto il proletariato rivoluzionario (impossibilità, per ragioni di sicurezza, di pubblicare le informazioni sull'opera clandestina del Partito in seno all'esercito e alla flotta). Va sottolineato però che, in certi paesi, il lavoro nell'esercito ha dato e da ancora risultati ragguardevoli presso tutti i presidi e le unità presso cui è stato organizzato.
Per quanto riguarda questo stesso lavoro in presenza di una situazione immediatamente rivoluzionaria o in tempo di guerra, conviene tornare sulla storia della lotta organizzata e condotta dal Partito bolscevico dopo la rivoluzione di febbraio del 1917 per conquistare politicamente le forze armate e guadagnarle alla rivoluzione. Non rientra nel piano di questo libro la descrizione di questo lavoro, che del resto è già stato presentato in diversi opuscoli e articoli pubblicati in vari libri e giornali. Vogliamo soltanto segnalare che le sezioni dell'I.C. possono così risalire a un'inesauribile fonte di preziosi insegnamenti sui metodi di lavoro politico e organizzativo da applicare per guadagnare alla causa della rivoluzione il grosso dei soldati, portandoli al fronte comune della lotta per il rovesciamento del potere della borghesia e dei grandi proprietari.
L'atteggiamento del proletariato nei confronti degli eserciti dei paesi colonizzati o semicolonizzati sarà molto diverso da quello da tenere nei confronti delle forze armate imperialiste. Nelle colonie e nelle semicolonie esistono diversi tipi di esercito: le armate imperialiste o d'occupazione, le formazioni democratiche nazionaliste che lottano per l'indipendenza del paese, gli eserciti le cui unità reazionarie marciano di pari passo con l'imperialismo contro il movimento di liberazione nazionale, ecc.
Per determinare la posizione da adottare riguardo all'ordinamento militare nei paesi coloniali e semicoloniali, è necessario tener conto del ruolo politico che di volta in volta ha questo o quel paese nel corso delle tappe decisive della rivoluzione internazionale: il paese in questione è un alleato o un nemico dell'Unione sovietica? È un alleato o un nemico della rivoluzione cinese? ecc. In genere il proletariato e le masse lavoratrici dei paesi oppressi devono difendere l'ordinamento militare democratico, in base al quale tutti i lavoratori hanno la possibilità di imparare il maneggio delle armi, ordinamento che accresce la capacità difensiva del paese contro l'imperialismo, assicura agli operai e ai contadini una propria influenza sulle forze armate e agevola la lotta per l'egemonia del proletariato nella rivoluzione democratica. Le parole d'ordine: servizio militare obbligatorio, educazione militare della gioventù, milizia democratica, esercito nazionale, ecc., fanno in tal caso parte integrante del programma rivoluzionario. Non è la stessa cosa negli Stati imperialisti. Nella nostra epoca la tattica dei movimenti nazionali rivoluzionari deve essere subordinata agli interessi della rivoluzione proletaria mondiale. I rivoluzionari non possono adottare lo stesso programma in quei paesi oppressi che assumono contemporaneamente la parte di oppressori e di vassalli dell'imperialismo, facendo guerra a una rivoluzione proletaria o nazionale. In questo caso i militanti devono assolutamente coordinare la propaganda della guerra rivoluzionaria per la difesa di altri paesi rivoluzionari con la propaganda di una politica di guerra per la ri-voluzione, ma di disfattismo riguardo alla guerra condotta dal loro paese e dalle sue forze armate. Questa è la linea politica che conviene seguire attualmente, per esempio, nelle province cinesi che sono in balia dei generali del Kuomintang.10
Se nei confronti degli eserciti imperialisti delle colonie e semicolonie, così come nei confronti degli eserciti e degli schieramenti politici reazionari di questi stessi paesi alleati o subordinati agli imperialisti, dobbiamo riproporci di disgregarli completamente e di scacciare le forze imperialiste dal paese in questione, nei confronti degli eserciti di liberazione nazionale, che non sono ancora sotto ogni aspetto degli eserciti rivoluzionari, ma che comunque lottano contro l'imperialismo straniero e contro le forze reazionarie indigene per far trionfare l'indipendenza nazionale e la rivoluzione democratica (esempio: gli eserciti nazionalisti cinesi durante la campagna del Nord nel 1926 e ai primi del 1927, oppure, prima ancora, le armate del Kuang-Tung), dobbiamo invece riproporci di democratizzarli e ài guadagnarli alla rivoluzione per afermare tra le loro file l'influenza del proletariato. Per questi eserciti le rivendicazioni parziali dei comunisti dovranno appunto tendere a questo scopo. Il lavoro del Partito in questi eserciti nazionali democratici ha una portata immensa. Dal grado di spirito rivoluzionario delle armate nazionali-democratiche, dal grado d'influenza politica e materiale che nel loro ambito avranno il proletariato e la sua avanguardia, il Partito comunista, dipenderà in larga misura la rapidità con cui la rivoluzione nazional-demo-cratica si trasformerà in rivoluzione socialista. L'esperienza ne-gativa del Partito comunista cinese a tale proposito deve essere messa a frutto da tutti i partiti comunisti dei paesi coloniali o semicoloniali.
A proposito delle pecche del lavoro delle sezioni dell'I.C. nei confronti delle forze armate è opportuno segnalare brevemente gli errori commessi dal Partito cinese. Nel periodo del blocco con il Kuomintang (fino al luglio 1927), il Partito comunista cinese si trovava in condizioni eccezionalmente favorevoli per condurre la sua opera di persuasione politica nell'esercito rivoluzionario nazionalista e per guadagnare alla rivoluzione il grosso dei soldati. Nonostante questo, il Partito cinese, o meglio sarebbe dire il Comitato centrale che lo diresse fino alla conferenza dell'agosto 1927, con la sua politica di opportunismo e di capitolazione su tutte le questioni fondamentali e decisive della rivoluzione, non fece praticamente nulla per conquistare alla rivoluzione i soldati dell'esercito nazionalista. Ecco le indicazioni fornite dalle tesi della Commissione militare del Kuang-Tung per il lavoro nell'esercito del Kuomintang (tesi dell'autunno 1925):
Se noi operiamo nell'esercito rivoluzionario non è per disorganizzare le truppe del Kuomintang, bensì per l'affermazione delle forze armate della rivoluzione nazionale e per la conservazione della loro unità. Nell'esercito non dobbiamo adottare una propaganda politica che approfondisca le differenze tra le nostre vedute e quelle del Kuomintang, rischiando di proverà i e fratture tra i ranghi.
Questo orientamento nei riguardi dell'esercito nazionale fu quello del Partito comunista cinese dall'inizio fin quasi alla fine "K-1 suo blocco con il Kuomintang. Corrispondeva alla "conce-y.ione" di uno dei dirigenti più in vista di questo partito prima della conferenza di agosto. Si trattava di Cen-Du-Siu la cui tesi si enunciava così: "Prima capire la rivoluzione, poi approfonci i ria." Ciò significava che, prima di distruggere l'esercito mili-I arista del Nord (Ciang-Tso-Lin e altri) e di occupare Pechino, s;irebbe stato inammissibile comprendere la questione agraria, sviluppare il movimento rivoluzionario della classe operaia contrapposto alla politica del Kuomintang, condurre un lavoro rivoluzionario presso l'esercito nazionalista (a costo di distruggerne l'unità e di affievolirne l'ardore combattivo). Tutto questo sarebbe diventato necessario soltanto alla conclusione della spedizione al nord.
Facendo blocco con il Kuomintang, il Partito comunista cinese non si pose mai seriamente la questione del tradimento, prima o poi inevitabile, del Kuomintang. Per tal motivo aveva compiuto nell'esercito un'agitazione -puramente legale, rinunciando a costituire cellule clandestine. Ecco perché il giorno in cui il Kuomintang passò al campo della controrivoluzione non durò alcuna fatica a espellere dalle forze armate tutti i comunisti e a privare il Partito di ogni controllo sorretto su di una base materiale. In tal modo il Partito comunista aveva -perduto l'esercito.
Durante la spedizione al nord il Partito comunista non si preoccupò mai neppure di conquistare i posti di comando nell'esercito nazionale, nonostante le condizioni estremamente favorevoli. Pertanto si potevano incontrare solo pochi comandanti comunisti e sempre nei gradi inferiori: comandanti di squadra e di plotone, qualche comandante di compagnia, rarissimi comandanti di battaglione. La nomina del comunista Ye-Tin a comandante di reggimento sul finire del 1926 fu più il risultato di un accordo con Li-Tin-Sings che non un intervento cosciente del Partito. E persine questo reggimento non si distingueva molto dalle altre unità dei militaristi, per quanto vi si trovassero molti comunisti. Mancò l'epurazione del comando reazionario, mancò ogni lavoro politico tra i soldati, non venne creato nessun apparato politico. La sola differenza era che il reggimento aveva al comando supremo, invece di un militarista, un comunista. In tutto quel "periodo il Vanito comunista non tentò mai di rinforzare il reggimento di Ye-Tin fino a farne una divisione, né di organizzare tra le sue file l'agitazione politica. Solo poco prima dell'insurrezione di Nangan (agosto 1927) questo reggimento venne trasformato in divisione. L'assenza di lavoro politico e di parole d'ordine politiche fu una delle cause principali della disfatta della divisione di Ye-Tin (e Holun] davanti a Svatou nell'ottobre del '27.
Nonostante che durante la campagna del Nord il Partito comunista avesse moltiplicato i suoi effettivi, il numero dei comunisti nell'esercito rimase trascurabile. E così all'inizio dell'ottobre 1926 l'esercito nazionale contava circa 74.000 combattenti, dei quali soltanto 1.200 comunisti, di cui 900 nelle unità lasciate nella provincia di Kuang-Tung. Verso la metà del 1927 il numero dei comunisti nell'esercito era considerevole, ma la loro azione, in mancanza di un organismo idoneo, non era diretta dall'alto.
Il lavoro politico tra i soldati era quasi inesistente (quel poco che si faceva era dovuto esclusivamente all'iniziativa dei comunisti della truppa). È anche vero che i dirigenti, per salvar la forma, ricordavano di quando in quando la necessità di rafforzare l'influenza del Partito nelle unità dell'esercito nazionale, ma la maggior parte dei soldati non conoscevano neppure l'esistenza del Partito comunista, e quelli che ne sapevano qualcosa non vi vedevano alcuna differenza con il Kuomintang.
Invece di dedicarsi a una seria preparazione rivoluzionaria dell'esercito, i dirigenti del Partito si preoccupavano di ogni tipo di accordi superficiali con i generali militaristi, con il pretesto di conservare l'unità nelle forze armate, tentando di convincere i soldati a restare fedeli ai principi della "sinistra" del Kuomintang.
Come si sa, tale atteggiamento della direzione del Partito venne condannato dalla Conferenza di agosto (1927). Ecco come si esprimono le tesi di questa conferenza nei confronti della condotta dell'ex direzione del Partito comunista cinese:

Tutti sanno che l'esercito del governo di Ukhang, nella stragrande maggioranza (a eccezione della piccola componente comunista e di operai o contadini che alla chiamata del Partito comunista sono entrati nei suoi ranghi), è un'armata mercenaria come quelle di tutti i militaristi di Cina. Tutti sanno del pari che il comando di questa armata proviene, nella schiacciante maggioranza, dagli ambienti agrari o borghesi e che la rivoluzione la segue solo in via temporanea, nella speranza di trame qualche vantaggio e di rare una carriera militare più brillante. La direzione del Partito comunista deve comprendere, ci sembra, che nei confronti di un esercito del genere la politica del Partito deve tener conto unicamente del grosso dei militari di truppa, senza badare al comando reazionario, e che bisogna condurre una propaganda attiva tra i soldati e tra l'ufficialità subalterna, in modo da acquistare un solido appoggio contro le manovre controrivoluzionarie del comando superiore.
La direzione del Partito comunista ha invece ritenuto di fare, come fa, esattamente il contrario. Tutta la sua politica e tutto il suo lavoro nei confronti di questo esercito si sono limitati a civettare con i generali e a imbastire accordi superficiali con il comando reazionario. In pratica non è stata fatta alcuna agitazione tra i soldati, non è stato fatto neppure un tentativo di organizzare tale agitazione. Il V congresso del Partito non ha esaminato lale questione a parte, nonostante tutta la sua importanza: la commissione militare del Comitato centrale è andata per le lunghe nell'esame della questione del lavoro presso l'esercito e, dopo quattro mesi, ha preferito lasciare il problema senza soluzione."

Per intrattenersi con i generali, per ingraziarseli, si è sempre trovato, invece, il tempo necessario.
Questo atteggiamento della direzione del Partito comunista su una questione così essenziale per la rivoluzione, era la conseguenza diretta della tattica opportunista seguita nell'insieme della rivoluzione cinese.
È più che naturale che, dati questi precedenti, nel momento in cui la borghesia cinese si ritirò nel campo della controrivoluzione, a fianco dei rivoluzionari sia rimasto soltanto l'esiguo gruppo di Ye-Tin e di Holun, mentre tutto il resto dell'esercito nazionale rimaneva docilmente obbediente ai generali controri-voluzionari, eseguendone gli ordini intesi a schiacciare le organizzazioni di classe del proletariato e dei contadini, fucilando i capi rivoluzionari, ecc.
Sarebbe tuttavia difficile immaginarsi condizioni più favorevoli all'agitazione nell'esercito di quelle che esistevano a quel tempo in Cina.
Oggi nelle armate militariste l'agitazione è estremamente difficile, ma non è detto che sia impossibile. I metodi da seguire saranno notevolmente diversi da quelli che potevano essere allorquando i comunisti facevano legalmente parte dei reggimenti, in qualità di soldati semplici, di comandanti subalterni o di militanti politici.
Oltre al lavoro nell'esercito e nella marina i partiti comunisti devono riproporsi di disgregare le associazioni volontarie della borghesia che oggigiorno si trovano praticamente in ogni paese. Gli obbiettivi essenziali di queste associazioni, i cui effettivi superano spesso la forza numerica dello stesso esercito regolare,12 sono la mobilitazione dell'opinione pubblica a favore della guerra, l'addestramento militare degli aderenti e, soprattutto, come l'esperienza insegna, la difesa del regime borghese, ossia la lotta contro il proletariato rivoluzionario all'interno del paese.
Per la loro composizione sociale alcune di queste associazioni sono in larga misura proletarie. I partiti comunisti dei paesi che le ospitano devono trovare il mezzo di sottrarre all'influenza della borghesia questi elementi proletari.
In linea generale, i partiti comunisti devono esigere lo scioglimento di queste associazioni paramilitari e, mentre condurranno una campagna politica di questo tenore, cercheranno in ogni modo di disgregarlo dall'interno. L'esperienza dimostra che un'arma molto efficace da questo punto di vista, particolarmente per staccare gli elementi proletari dal nucleo militarista borghese, sta nella costituzione di organizzazioni paramilitari proletarie, come il Fronte rosso in Germania. Pertanto, ovunque sia possibile, ci si dovrà sforzare di creare organizzazioni di questo tipo> che avranno tra gli altri obbiettivi quello di lavorare (politicamente e organizzativamente) per disgregare le associazioni militari della borghesia.
Il Fronte rosso in Germania, organizzazione di massa a carattere misto del Partito comunista e della classe operaia (oltre 10.000 aderenti), che conta nelle sue file alcune sezioni comuniste, è uno dei centri di mobilitazione rivoluzionaria delle masse proletarie, un mezzo per staccarle dall'associazione riformista borghese del Vessillo nazionale, sottoposto all'influenza del Partito socialdemocratico e del centro. Il Fronte, però, non si preoccupa soltanto di far penetrare lo spirito rivoluzionario nel Vessillo nazionale, creandovi un'opposizione di sinistra, ma nel contempo conduce anche una lotta politica attiva contro la reazione in genere e, in particolare, contro le manifestazioni reazionarie delle associazioni militarizzate borghesi e monarchiche (Elmetti d'acciaio). Il Fronte rosso conduce anche la propaganda contro le nuove guerre imperialiste e per scoraggiare la guerra contro TURSS.
Il partito rivoluzionario deve altresì porre e risolvere convenientemente la questione del lavoro nella polizia. Per sua natura sociale, la polizia è spesso composta in larga misura da clementi proletari, così che un'azione rivoluzionaria tra i semplici agenti è sempre oggettivamente possibile. Ne ha dato prova l'esperienza della rivoluzione tedesca del 1923. La polizia di Sas-sonia, di Turingia e di altre regioni solidarizzava in parte con i comunisti, anche senza che il Partito avesse condotto nessuna agitazione particolare tra i poliziotti. Certi agenti manifestarono le loro simpatie anche all'atto pratico e non in pochi casi, preavvisando in tempo i comunisti, per esempio, di perquisizioni, di arresti, ecc.
E la polizia tedesca non è un'eccezione. Il lavoro rivoluzionario tra gli agenti di polizia è necessario e possibile anche tra i poliziotti di altri paesi. Considerata l'importanza della polizia come strumento di oppressione nelle mani delle classi dirigenti, e considerati i risultati che si possono ottenere già in momenti di evoluzione "pacifica," senza parlare dell'incidenza che le inclinazioni politiche della polizia possono avere in tempo di rivoluzione sulla lotta di parte proletaria per il potere, questo ramo di attività conserva validità e importanza senza confronti.


1 LENIN, Le opere, cit., Gli insegnamenti dell'insurrezione di Mosca, p. 438. Il corsivo è nostro.
2 Tesi e risoluzioni del VI congresso, cit., p. 126. "Tesi sulla lotta contro la guerra imperialista e il compito dei comunisti."
3 Nella "Pravda" del 20 gennaio 1929.
4 Tesi e risoluzioni del VI congresso, cit., p. 135, "Tesi sulla lotta contro la guerra imperialista e il compito dei comunisti." (Il corsivo è nostro).
5 Tesi e risoluzioni del VI congresso, cit., pp. 139-140.
7 II Partito comunista e l'esercito, Mosca 1928, p. 49.
8 II Partito comunista e l'esercito, Mosca 1920, p. 47.
9 Discorso di Jaroslavskij al VI congresso mondiale dell'I.C.
10 Tesi e risoluzioni del VI congresso, cit., pp. 144-45.
11 Tesi della conferenza del Partito comunista cinese dell'agosto 1927.
12 Così in Finlandia lo Schùtzkor e altre organizzazioni militari raggnippano 140-150.000 elementi, donne comprese; la Lega di difesa estone raccoglie circa 37.000 aderenti; la Lega di difesa lettone ne ha 30.000; in Polonia diverse organizzazioni militari e paramilitari contano oltre mezzo milione di iscritti. In Germania le organizzazioni militari delle varie denominazioni (Elmetti d'acciaio, Lega del vessillo nazionale, Jung-Dp, ecc.) annoverano 4 milioni di aderenti. Associazioni analoghe esistono praticamente in tutti i paesi. In Lettonia, Estonia, Finlandia e Polonia esse ricevono dal governo ingenti sussidi e quantitativi di armi, si addestrano sotto il comando di ufficiali della riserva, ecc.
 
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