Comunismo - Scintilla Rossa

L'insurrezione armata, A. Neuberg

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Public Enemy
view post Posted on 29/11/2012, 18:35 by: Public Enemy




Le insurrezioni di Sciangai

Le tre insurrezioni di Sciangai, oggetto della breve esposizione di questo capitolo, si verificarono in condizioni che differiscono da quelle indicate in precedenza. (Si veda lo schema in fondo al volume.}
In primo luogo, a quell'epoca il Partito comunista di Cina faceva ancora blocco con il Kuomintang, secondo le giustissime decisioni prese dall'I .C. Insieme con il Kuomintang combatteva i signori feudali, i militaristi semifeudali e l'imperialismo straniero. La borghesia nazionale era ancora rivoluzionaria e lottava per l'emancipazione nazionale e l'unione della Cina sotto un'egemonia borghese.
Al tempo della terza insurrezione la borghesia nazionale era indubbiamente già passata, in maggioranza, al campo della rea¬zione, ma tale mutamento di posizioni non era stato compreso a sufficienza dal Partito comunista. E così, come vedremo tra breve, tutta la tattica del Partito continuò a basarsi sul blocco puro e semplice con il Kuomintang.
In secondo luogo, le tre insurrezioni vennero preparate e con¬dotte con la seguente parola d'ordine: aiutare le truppe della rivo¬luzione nazionale, in stato di guerra (campagna dell'esercito rivo¬luzionario verso nord) con i signori della guerra del settentrione (Ciang-Tso-Lin, Sun-Sciuan-Fan, Ciang-Tsiun-Scian, ecc.). Nelle tre insurrezioni il principale fattore tattico era il desiderio di combinare con l'offensiva diretta dell'armata nazionale le azioni rivoluzionarie a tergo delle truppe nemiche.
Sono queste le due caratteristiche che contrassegnarono in pro¬fondità la preparazione e l'organizzazione delle insurrezioni di Sciangai.
La prima (24 ottobre 1926) non si potrebbe definire in realtà un'insurrezione nel vero senso della parola, poiché fu limitata a piccoli scontri tra reparti dell'organizzazione tattica rivoluzionaria e la polizia, ma la situazione del momento e le decisioni del Partito comunista, tendenti alla preparazione di un'insurrezione armata autentica, ci inducono a soffermarci anche su questo primo as¬saggio.
L'insurrezione del 24 ottobre 1926
Nell'ottobre 1926, a Sciangai e sul fronte nella provincia di Ce-Kiang, la situazione era la seguente: a seguito della sconfitta sotto U-ciang, toccata a Wu-Pei-Fu il 10 ottobre, il comando della spedizione al nord (Ciang-Kai-scek) aveva posto in marcia le sue forze principali verso la provincia di Scian-Si, contro l'armata di Sun-Sciuan-Fan. Era da ritenere che quest'ultimo non avrebbe resistito all'esercito nazionale del sud. Il generale Sia-Sciao, go¬vernatore della provincia, desiderando far bella figura con il suo nuovo padrone, il comandante dell'armata nazionale, allo scopo di assicurarsi, dopo la vittoria di quest'ultimo su Sun-Sciuan-Fan, un buon posto nel nuovo governo, decise di ribellarsi a Sun-Sciuan-Fan. A tale scopo si accordò con il generale Niu-Iun-Tsian, rap¬presentante del governo nazionale e esponente di destra del Kuo-mintang, che si trovava in quel momento a Sciangai. Niu-Iun-Tsian era da poco arrivato in città in qualità di delegato della Segreteria politica del Kuomintang appena organizzato nella re¬gione, nell'intento di porre mano alla mobilitazione delle forze di Sciangai, alla disgregazione della retroguardia di Sun-Sciuan-Fan e per organizzare una sollevazione a Sciangai nell'eventualità che le truppe del sud si fossero avvicinate a sufficienza. Tale progetto coincideva con la linea adottata dal Partito comunista. Fin da prima della decisione di Sia-Sciao, i dirigenti comunisti si erano fatta l'opinione che il proletariato di Sciangai, in caso di sconfitta di Sun-Sciuan-Fan e del riconoscimento da parte di Sia-Sciao del governo nazionale, dovesse sollevarsi a favore di Sia-Sciao, aiutan¬dolo a impadronirsi della città. Al tempo stesso il Partito comu¬nista si rendeva conto che, oltre alla classe operaia, bisognava far di tutto per coinvolgere nel movimento anche la piccola borghesia e gli studenti.
L'atteggiamento combattivo del proletariato di Sciangai, con¬siderate le vittorie dell'esercito nazionale e le difficoltà in cui si dibatteva Sun-Sciuan-Fan, si manifestava sempre più chiaramente. L'influenza del Partito comunista era notevole. Vi erano ottime ragioni di sperare che, se avesse lanciato l'ordine dello sciopero generale e dell'insurrezione, il grosso del proletariato avrebbe obbedito.
Niu-Iun-Tsian aveva attirato a sé non soltanto la piccola bor¬ghesia, ma anche parte della media borghesia (lu-Kho-De, ex pre¬sidente della Camera di commercio, ecc.). Era persine riuscito ad attirare a sé parte del lumpenproletariat.
Il Partito comunista fu in grado di costituire una forza armata di 130 operai e di organizzare duemila uomini circa in squadre di combattimento, anche se prive di armi. Niu-Iun-Tsian aveva un distaccamento di circa 600 uomini, reclutati soprattutto tra il sottoproletariato, non osando rivolgersi agli operai e distribuire loro delle armi. lu-Kho-De aveva a disposizione circa cinquecento uomini della milizia mercantile (gli avvenimenti successivi dimo¬strarono che questa forza era in realtà molto meno ingente). Tutte insieme queste unità costituivano la forza armata dell'attesa in¬surrezione.
Non esisteva né un piano d'insieme né un dirigente generale, in quanto nessuno degli aderenti alla coalizione (Partito comuni¬sta, Niu-Iun-Tsian e lu-Kho-De, in rappresentanza dei commer¬cianti) intendeva subordinare le proprie forze a quelle di altri raggruppamenti. Ciascuno schieramento decise di operare indipen¬dentemente, ma la data dell'entrata in azione doveva essere fis¬sata, per comune accordo (è strano che il Partito comunista accet¬tasse un simile compromesso), dal rappresentante del governo na¬zionale Niu-Iun-Tsian.
Secondo il piano del Partito comunista (i mercanti e Niu-Iun-Tsian di piani non ne avevano affatto), l'insurrezione doveva ini¬ziarsi con lo sciopero dei marinai, dei metallurgici, degli operai municipali dell'acqua e dell'elettricità e, per finire, degli operai tessili. Si calcolava che oltre 100.000 uomini avrebbero preso parte all'agitazione.
Le forze di Sun-Sciuan-Fan a Sciangai comprendevano: 1 bat¬taglione di fanteria (circa 1.000 uomini), oltre 2.000 agenti di polizia, 2 cannoniere fluviali (una delle quali destinata a Niu-Iun-Tsian) e la 76a brigata (molto poco sicura) con il generale Li-Bao-Cian, accantonata a due giornate di marcia da Sciangai sulla sponda settentrionale dello Yang-Tse.
Tale era il rapporto delle forze armate organizzate.
Il 16 ottobre il generale Sia-Sciao, che aveva circa diecimila uomini, annunciò il suo passaggio a fianco del governo nazionale. Il 17 ottobre (non si capisce perché mai Sia-Sciao non diresse tutte le sue forze contro Sciangai, misura imposta dalla situazione, invece di inviare un solo reggimento) egli distaccò un reggimento per occupare Sciangai e, nella serata dello stesso giorno, questa unità venne a trovarsi a una quindicina di chilometri dalla città. Intanto entravano a Sciangai le avanguardie della 76a brigata, inviata da Sun-Sciuan-Fan per rafforzare il presidio prima ancora che il reggimento di Sia-Sciao si mettesse in movimento. Quel giorno stesso le unità di Sun-Sciuan-Fan impegnarono battaglia con quelle di Sia-Sciao, ritardandone la marcia su Sciangai.
Per il proletariato questo era il momento più favorevole al¬l'offensiva. Invece i suoi dirigenti si ritennero ancora troppo poco preparati. Il 20 ottobre le squadre comuniste e i reparti di Niu-lun-Tsian erano più o meno disponibili per l'intervento, ma la situazione di Sia-Sciao al fronte si faceva difficile. A Sciangai non si aveva nessuna notizia di quel che stesse accadendo sul luogo della battaglia. La data dell'insurrezione venne rimandata di gior¬no in giorno. Al mattino del 23 ottobre Niu-Iun-Tsian ricevette una notizia, non controllata, secondo cui Sun-Sciuan-Fan sarebbe stato battuto da Sia-Sciao. Niu-Iun-Tsian, prestando fede a questa notizia, impartì l'ordine di iniziare l'insurrezione alle 3 del mat-tino del 24 ottobre.
In realtà, in quello stesso momento, le truppe di Sia-Sciao venivano costrette a ripiegare da quelle di Sun-Sciuan-Fan.
In mancanza di un piano e di una direzione centrale (l'azione doveva cominciare allo sparo di un pezzo di una delle due can¬noniere che, a sua volta, doveva attendere un razzo lanciato dalla casa di Niu-Iun-Tsian: il razzo fu lanciato al momento voluto, ma la cannoniera non se ne accorse e non fece fuoco), l'insurrezione non ebbe luogo, lasciando posto a qualche scontro di poco conto con la polizia. Verso le cinque del mattino, il Partito comunista impartì alle proprie squadre l'ordine di rinviare l'agitazione a data da destinarsi. Questa esperienza non costò praticamente nes¬suna perdita al Partito.
La causa principale dell'insuccesso, senza parlare dei vari er¬rori d'organizzazione, come l'assenza di un piano e di una dire¬zione, le cattive informazioni sulla situazione al fronte e, quindi, la mancanza di coordinamento tra le operazioni delle truppe e quelle del proletariato, consiste nel fatto che il Partito comunista, a quel tempo, contava troppo su Niu-Iun-Tsian, fino al punto di lasciarci di fatto l'iniziativa dell'insurrezione (la data era stata •fissata da Niu-Iun-Tsian), di rinunciare volontariamente a ogni politica indipendente nel corso della preparazione e dell'esecu¬zione del movimento, comportandosi insomma al modo voluto dal Kuomintang. Per questo motivo il Partito non aveva fatto prati¬camente nulla per la seria preparazione dell'insurrezione presso il proletariato. Né ci sarebbe comunque riuscito, poiché si era po¬sto esso medesimo alle dipendenze di Niu-Iun-Tsian. Eppure avrebbe avuto ottimi motivi per mettersi alla guida del movimento e,utilizzare Niu-Iun-Tsian e i mercanti come forze ausiliarie.
Non era stato sfruttato il momento favorevole all'insurrezione (il 17 ottobre, allorché Sia-Sciao si trovava a 15 chilometri da Sciangai). Il Partito aveva accettato per buoni i motivi addotti da Niu-Iun-Tsian, il quale pretendeva di non essere pronto all'azio¬ne: eppure il rapporto di forze a Sciangai era tale che se il Partito avesse chiamato allo sciopero generale il proletariato, quest'ultimo avrebbe certamente risposto in grande maggioranza all'appello, poiché l'aiuto alle truppe nazionali era una parola d'ordine com¬prensibile a tutta la popolazione. L'intervento del proletariato po¬teva decidere la battaglia a favore degli insorti e di Sia-Sciao, per-sino con un'organizzazione materiale inadeguata. Qui il Partito comunista sottovalutò chiaramente l'importanza dello sciopero, so¬pravvalutando il fattore puramente militare (raggruppamento del¬le squadre). Non aveva tenuto conto dell'eventualità che le truppe di Sia-Sciao, mentre all'interno di Sciangai si andavano racco¬gliendo le forze insurrezionali, potessero subire una disfatta, la¬sciando modificare la situazione profondamente a detrimento della rivoluzione. Non comprese che, in casi del genere (azione combi¬nata del proletariato a tergo del nemico con l'avanzata di un eser¬cito al fronte), il fattore dominante è sempre l'esercito, sul quale il proletariato deve regolare tutte le sue operazioni. Non era quindi lecito rinviare l'insurrezione per motivi tecnici e materiali interni. Bisognava invece, alla minima occasione, prendere le armi e assi-curare così anche il successo al fronte.
La spiegazione delle cause d'insuccesso non sarebbe completa e resterebbe in superficie, se non ci si soffermasse anche sull'altro elemento, quello della tattica del Partito comunista nei confronti del Kuomintang e la sua concezione del ruolo del proletariato nella rivoluzione cinese. Soltanto alla luce di tale questione è possibile capire come mai a Sciangai la direzione del Partito si sia posta al seguito del Kuomintang, nella persona di Niu-Iun-Tsian, rinun¬ciando così a ogni politica propria in materia d'insurrezione.
La direzione del Partito comunista sottovalutò il ruolo del pro¬letariato cinese nella rivoluzione, giudicando che il proletariato non fosse politicamente già abbastanza forte da conquistare l'ege¬monia della rivoluzione nazionale democratica. Se, insomma, alcuni dirigenti del Partito ammettevano la necessità di combattere per assicurare al proletariato una funzione egemone nella rivolu¬zione, ciò rimaneva allo stato di vuota enunciazione verbale, senza alcuno sforzo pratico per l'attuazione.
Dal momento che negli ambienti responsabili del Partito vi¬geva una simile concezione errata del ruolo del proletariato, la conclusione poteva essere una sola: la parte di guida della rivo¬luzione democratica doveva appartenere al Kuomintang; il prole¬tariato e la sua avanguardia dovevano dimensionare la loro tattica su quella del Kuomintang, accodandosi al Kuomintang. Era così che la direzione del Partito interpretava le direttive dell'I.C. sul¬l'alleanza transitoria del Partito comunista con il Kuomintang nel quadro della rivoluzione democratica.
La direzione del Partito non si era neppure posta la questione del possibile tradimento della borghesia cinese ai danni della rivo¬luzione democratica, sopravvalutando così lo spirito rivoluzionario
della stessa borghesia.
Queste vedute trovano conferma nell'esame della politica del Partito all'epoca della prima insurrezione su qualsiasi questione: "L'accodamento, ecco ciò che caratterizzò in quei momenti la direzione del Partito," scrive Yang-Tsao-Sceng, protagonista de¬gli avvenimenti di Sciangai.1
Questo "accodamento," cioè la subordinazione del Partito co¬munista alla politica del Kuomintang, non caratterizza però sol¬tanto il periodo della prima insurrezione, bensì anche, in larga misura, il periodo successivo fino alla conferenza straordinaria del mese d'agosto 1927 che sostituì la vecchia direzione opportunista. Le cause dell'insuccesso della prima insurrezione da noi se¬gnalate si verificarono semplicemente perché la direzione del P.C. cinese aveva assunto un falso orientamento sulla seguente que¬stione: chi deve svolgere il ruolo dirigente nella rivoluzione, il Kuomintang o il Partito comunista? Giustissimo conservare il blocco con il Kuomintang e battersi con il Kuomintang per le parole d'ordine della rivoluzione nazionale, ma non si doveva per¬dere di vista, neppure per un momento, che il Kuomintang po¬teva, anzi, doveva fatalmente tradire la rivoluzione; bisognava ri¬vendicare senza indugio al Partito comunista il diritto di avere una propria politica nel quadro della rivoluzione nazionale demo¬cratica. Bisognava tenere sempre presente che gli obbiettivi della rivoluzione nazionale democratica, in Cina come altrove, possono essere pienamente raggiunti soltanto attraverso la rivoluzione pro¬letaria.
La seconda insurrezione di Sciangai (22 febbraio 1927)
Dopo una certa interruzione delle operazioni sul fronte (se¬guita alla disfatta di Sun-Sciuan-Fan nella provincia dello Scian-Si), in febbraio riprese l'offensiva dell'esercito nazionale in vista dell'obbiettivo di sbaragliare definitivamente Sun-Sciuan-Fan. Il 17 febbraio le truppe nazionali (generale Bai-Sun-Sci) occuparono Hankeu e, il 18, la stazione di Kiahing, 60 chilometri a sud di Sciangai.
Il Comitato centrale del Partito comunista, vista la situa¬zione favorevole sul fronte, prese dopo lunga discussione la de¬cisione secondo cui a Sciangai si dovesse proclamare lo sciopero generale, organizzando intanto una sollevazione armata nell'even¬tualità che le truppe del sud si avvicinassero fino a una trentina di chilometri da Sciangai (verso il nodo ferroviario di Sung-Kiang). A differenza della prima insurrezione, la direzione del Partito ri¬conobbe questa volta di manifestare un maggior spirito d'ini¬ziativa e d'indipendenza nella preparazione e nell'esecuzione del movimento.
Tuttavia, la sera del 18 febbraio una riunione dei militanti sindacalisti attivi a Sciangai, ritenendo, sotto l'impressione delle vittorie dell'esercito del sud sul fronte di Sciangai, che Sun-Sciuan-Fan fosse definitivamente debellato, decise all'unanimità di pro¬clamare immediatamente lo sciopero generale, chiamando gli operai all'insurrezione. Il rappresentante del Comitato centrale comuni¬sta presente alla riunione si vide costretto a unirsi alla decisione. Lo sciopero venne dichiarato e iniziò il 19 febbraio. Il 20 aveva raggiunto l'apice, con oltre 200.000 operai organizzati in agita¬zione.
Il rapporto delle forze armate in città era il seguente:
II Partito comunista aveva 130 gregari armati di pistole a tamburo e circa 3.000 privi di armi. Inoltre, grazie al lavoro compiuto in seno alla flotta, godeva di un'influenza enorme presso i marinai. Delle 4 cannoniere alla fonda sul fiume Wampu, il Partito poteva contare pienamente su una sola, ma anche sulle al¬tre aveva le sue cellule, ciò che gli consentiva di attendersi che, in circostanze propizie nel corso dell'insurrezione, le tre cannoniere restanti sarebbero passate dalla parte della rivoluzione. Il Par-tito non disponeva di altre forze armate. Niu-Iun-Tsian aveva visto i suoi uomini disperdersi dopo la prima insurrezione, per¬dendo contemporaneamente le armi che erano state distribuite in quell'occasione. lu-Kho-De non si trovava a miglior partito.
La questione dei dirigenti militari si presentava piuttosto dif¬ficile. Gè n'erano pochissimi, e quei pochi a disposizione del Par¬tito erano stati nominati solo alla vigilia della sollevazione. Per tale motivo non potevano fare la conoscenza dei loro uomini e neppure studiare la città e i vari obbiettivi tattici. Questa circo¬stanza avrebbe avuto conseguenze funeste sullo sviluppo degli avvenimenti.
A Sciangai le autorità di Sun-Sciuan-Fan disponevano, il 19 febbraio, di 500 soldati e di 2.000 poliziotti. Il resto delle loro forze si trovava, come sappiamo, al fronte. Di conseguenza il rap¬porto delle forze contrapposte in città era, questa volta, più favo¬revole che non in occasione del primo tentativo, quello dell'ot¬tobre 1926.
Gli avvenimenti precipitarono rapidamente: lo sciopero ge¬nerale era stato proclamato da altri e il Comitato centrale si vide posto davanti al fatto compiuto; a eccezione del rappresentante in seno alla riunione del giorno 18, tutti gli altri membri del Comitato erano venuti a sapere della decisione dei militanti sin¬dacali soltanto verso il mezzogiorno del 19 febbraio, quando lo sciopero era già iniziato; conscguentemente il Comitato fu co¬stretto a esaminare precipitosamente tutta una serie di problemi relativi all'imminente insurrezione (come la formazione del go¬verno, ecc.) e, in genere, a prendere provvedimenti vari per la preparazione della sollevazione. L'intera giornata del 19 feb¬braio trascorse in preparativi e in discussioni del genere. Il Par¬tito nel suo insieme e la sua direzione in particolare non erano affatto preparati all'insurrezione.
Il 20 febbraio si venne a sapere che l'attacco a Sciangai dal sud era stato sospeso e che l'esercito era fermo in attesa di rin¬forzi. I rappresentanti di Sun-Sciuan-Fan, tenendo conto di que¬sta circostanza, cominciarono a ricorrere al terrorismo contro gli scioperanti, alcuni dei quali vennero suppliziati. Sun-Sciuan-Fan fece affiggere un manifesto nel quale chiunque scioperasse era definito traditore e passibile della pena di morte per decapitazione.
La sospensione dell'offensiva da sud e il terrorismo nei con¬fronti degli scioperanti posero al Partito un nuovo interrogativo: sospendere lo sciopero o continuarlo nella prospettiva di trasformarlo in sollevazione armata? Presero forma tre pareri diversi, l'uno dei quali per la cessazione dell'agitazione, l'altro per la sua continuazione e l'organizzazione della lotta armata fino alla presa del potere a Sciangai, il terzo per la prosecuzione dello sciopero senza organizzare l'insurrezione.
Dopo molto dibattere, si venne finalmente alla decisione di proseguire lo sciopero e di fissare l'insurrezione per le ore 18 del 21 febbraio. Nonostante tutto, l'insurrezione non ebbe luogo per¬ché non fu dato il segnale che doveva scatenarla. Anche questa volta la sollevazione doveva iniziare all'udire un colpo sparato da una cannoniera. Per motivi eminentemente materiali lo sparo non avvenne. Le squadre insurrezionali si sciolsero. In seguito la direzione del Partito censurò il fatto.
Tutto questo affievolì il morale dei gregari ed ebbe un effetto disastroso sugli avvenimenti che seguirono.
L'insurrezione venne fissata una seconda volta per il 22 feb¬braio alle ore 18.
Le circostanze erano però ormai mutate a favore di Sun-Sciuan-Fan, il quale, garantitosi una posizione relativamente sta¬bile al fronte (avendo le truppe del sud interrotto l'offensiva), si dedicò alla più crudele repressione del movimento di sciopero, moltiplicando le decapitazioni di operai. I comunisti non erano in condizione di trascinare in sciopero anche i ferrovieri, i quali permisero a Sun di trasportare celermente a Sciangai un batta¬glione di fanteria di rinforzo al presidio. Il 21 febbraio erano ancora in sciopero non più di un centinaio di migliaia di operai, mentre gli altri, sbandati dal terrorismo, avevano ripreso il lavoro. Il piano d'insurrezione prevedeva che la solita cannoniera, alle 18 precise, aprisse il fuoco contro l'arsenale, le caserme, il comando del presidio (generale Li-Bao-Cian) e il gruppo delle residenze dei funzionari governativi.
In quel momento, nei vari quartieri, le squadre insurrezionali avrebbero disarmato la polizia e si sarebbero impadronite degli uffici pubblici; i disarmati si sarebbero impossessati delle armi così conquistate, da distribuirsi anche agli altri operai. Inoltre, al mo¬mento in cui fosse iniziato il cannoneggiamento, un distaccamento di 100 operai si sarebbe diretto alla cannoniera per farsi conse-gnare 70 fucili dai marinai.
L'insurrezione ebbe inizio all'ora prestabilita. Le quattro can¬noniere aprirono il fuoco prima sull'arsenale e, in seguito, dopo che sull'arsenale era stata issata la bandiera bianca in segno di resa, sulle caserme, sulla stazione e sul comando della guarnigione. Le cannonate si susseguirono ininterrottamente per due ore e mezza.
La missione degli insorti incaricati di prendere in consegna i 70 fucili fallì perché l'imbarcazione che doveva trasportare gli uomini fino alla cannoniera non giunse in tempo. Così fu im¬possibile conquistare materialmente gli obbiettivi già conquistati dal fuoco d'artiglieria.
Nella parte meridionale di Sciangai gli insorti riportarono il più completo insuccesso. A Putung (uno dei sobborghi operai) le squadre si dispersero dopo un breve scontro con la polizia. Ciapei (il più grosso centro operaio, a nord della città) non partecipò neppure alla lotta, poiché gli uomini del quartiere non avevano udito le cannonate (il nord e il sud di Sciangai erano separati dalla fascia della concessione francese e delle legazioni interna¬zionali, pari a un intervallo di quasi dieci chilometri). Dopo aver atteso il segnale per qualche tempo, gli insorti di Ciapei si di¬spersero.
Considerata la situazione (il sud privo di contatti e di aiuto dal nord, lo sciopero in estinzione, l'insuccesso di Putung), la di¬rezione dell'insurrezione decise, nella notte sul 23, di ordinare la cessazione dei combattimenti.
Le cause dell'insuccesso sono chiare.
Da una parte, il movimento era stato pregiudicato dalle cause di ordine tecnico già ricordate: ritardo del natante che doveva consentire il prelevamento dei 70 fucili, donde l'impossibilità di sfruttare il successo registrato dalle cannoniere; fissazione dell'ini¬zio dell'insurrezione, non già a un'ora prestabilita, bensì a un se¬gnale aleatorio, fatto che provocò l'inazione di Ciapei; mancanza di una direzione opportuna e di collegamento tra il comando in¬surrezionale e i quartieri. Pur se Ciapei, non avendo udito il segnale, non era entrato in battaglia, spettava alla direzione, dopo l'inizio della sollevazione in altri quartieri, far pervenire al quar¬tiere inattivo, sia pure in ritardo, l'ordine di entrare in azione. Erano insufficienti le informazioni sulla situazione al fronte. Quasi mancava ogni collegamento tra i vari quartieri e il comando del¬l'insurrezione.
Una delle cause fondamentali dell'insuccesso dell'insurrezione va sicuramente ricercata nel fatto che era stata organizzata nel momento in cui il movimento rivoluzionario delle masse non era più in fase ascendente, bensì discendente. L'occasione buona, pre¬sentatasi il 20 febbraio, era ormai passata. Una simile circostanza non poteva non avere un peso decisivo sull'esito dell'insurrezione. Sarebbe stato infinitamente più saggio che il Partito, te¬nendo conto della situazione di Sciangai, chiamasse appunto le masse all'insurrezione quel giorno, il 20 febbraio. Da un lato il morale del proletariato era alle stelle, dall'altro il Partito doveva rispondere ai supplizi inflitti da Sun-Sciuan-Fan agli scioperanti, con un'azione più incisiva dello sciopero, con l'insurrezione, ap¬punto. Lo stesso rapporto reale tra le forze in campo sembrava invocare questa soluzione.
C'è poi un'altra questione che conviene ricordare: avendo le autorità di Sun-Sciuan-Fan trovato il modo di disgregare i moti di massa, costringendo gli avversari a tornare subito al lavoro, non è forse lecito supporre che ormai la velleità combattiva del proletariato di Sciangai non bastasse più all'azione decisiva? Dare una risposta precisa all'interrogativo non è facile, ma ciò non toglie che bisogna perselo. Il Partito, come abbiamo già detto, mancava assolutamente di preparazione, non aveva condotto una adeguata agitazione tra le masse a favore dell'insurrezione e, quindi, non era stato in condizione di trascinare allo sciopero i ferrovieri e le altre categorie della classe operaia.
D'altra parte la sospensione dell'offensiva dell'esercito nazio¬nale proprio il 19, il 20 febbraio e i giorni seguenti non poteva non avere un effetto negativo sul morale del proletariato.
La terza insurrezione di Sciangai (21 marzo 1927)
L'insurrezione del 21 marzo 1927, con l'azione combinata dell'esercito e del proletariato rivoluzionario alle spalle del ne¬mico e il blocco del Partito comunista con il Kuomintang, è un esempio classico, a un tempo, sia di organizzazione e di scelta del momento opportuno, sia di direzione e di esecuzione tecnica. L'esperienza dell'ottobre 1926 e del febbraio 1927 venne otti¬mamente messa a profitto. Nella terza insurrezione il proletariato di Sciangai servì da autentica guida del blocco allora esistente tra le quattro forze della coalizione (proletariato, borghesia, con¬tadini e popolazione povera della città). L'insurrezione venne preparata e condotta principalmente dal proletariato: la borghe¬sia, che in occasione delle due precedenti insurrezioni aveva avuto una parte considerevole, e addirittura predominante la prima volta, nella terza insurrezione fu semplicemente utilizzata come forza ausiliaria. Data la situazione, questo fu un grandissimo passo avanti.
Immediatamente dopo la sconfitta del 22 febbraio, il Comi¬tato centrale del Partito comunista impartì alle diverse organiz¬zazioni la direttiva di analizzare le cause dell'insuccesso delle due sollevazioni precedenti, traendone le opportune conseguenze e preparandosi attivamente a una nuova insurrezione. Al fronte la situazione era tale da far ritenere che l'organizzazione dell'insur¬rezione potesse trasformarsi in breve in una pratica necessità.
Nonostante la vittoria conseguita sul proletariato il 22 feb¬braio, Sun-Sciuan-Fan non aveva osato protrarre il terrore instau¬rato in occasione dello sciopero. Opportunamente ne approfittò il Partito comunista per prepararsi a nuove battaglie decisive.
La preparazione militare tra la seconda e la terza insurre¬zione si può così riassumere:
a) II Comitato centrale del Partito comunista decide di portare da 2.000 a 5.000 il numero dei componenti le squadre, compito perfettamente portato a termine dalla direzione militare entro un breve lasso di tempo.
b] Compiuto il censimento dei comandanti le squadre di combattimento, si designano nuovi capi. Poco prima dell'insur¬rezione del 21 marzo tutte le squadre saranno già pronte, con un capo ogni venti o trenta uomini.
e) Viene svolto un gran lavoro per l'addestramento mili¬tare degli uomini, ma soprattutto dei loro capi. Tanto per i primi che per i secondi le esercitazioni hanno luogo regolarmente.
d] Si costituisce un comando elastico e attivo, destinato a dirigere le operazioni nel corso dell'insurrezione. Accanto a que¬sto stato maggiore vengono costituiti un reparto speciale di col-legamento e uno di esploratori e staffette.
e] Grande attenzione viene dedicata allo studio della città dal punto di vista tattico. Ogni caposquadra deve conoscere a menadito il proprio quartiere e almeno a grandi linee il resto della città. Deve saper valutare dal punto di vista tattico ogni edificio da occupare durante l'insurrezione, ogni strada, ecc. A tale scopo i capi e gli uomini compiono personalmente la rico¬gnizione degli obbiettivì da occupare, ne studiano le vie d'accesso, predispongono il dispositivo delle barricate nell'eventualità che sìa necessario ricorrere alla difensiva, esaminano persine i tetti degli edifici principali per scegliere buone postazioni di tiro, ecc.
/) Vengono acquistate un centinaio di nuove pistole a tam¬buro, che vanno ad aggiungersi alle 50 rimaste dalla seconda in¬surrezione.
Fin verso la metà di marzo il Partito rimase scarsamente informato sulla situazione al fronte. Intanto il 12 marzo l'esercito nazionale aveva ripreso l'offensiva generale contro Sciangai: il Partito lo venne a sapere, e in modo piuttosto vago, solamente verso il giorno 16. Contemporaneamente ricevette informazioni secondo cui si poteva supporre che l'esercito del sud contava di essere a Sciangai tra il 20 e il 22. In base a questa supposizione il Comitato centrale condusse tutti i preparativi in modo da poter scatenare l'insurrezione il 20 o il 22.
In concreto venne deciso che, quando le truppe del sud si fossero avvicinate allo scalo di Sung-Kiang in direzione di Hankeu e allo scalo di Cen-Ce-U in direzione di Nanchino (entrambi i nodi ferroviari sono a 30 chilometri da Sciangai), il Partito avrebbe chiamato gli operai e la piccola borghesia allo sciopero generale, organizzando la sollevazione armata.
Per quanto riguarda i preparativi d'insurrezione e la collabora¬zione dell'esercito nazionale, il Partito, e in particolare il suo personale militare, portò avanti un intenso lavoro tra i ferrovieri della linea Sciangai-Nanchino. Infatti in quel momento, in soc¬corso di Sun-Sciuan-Fan, stavano giungendo per ferrovia delle truppe della provincia dello Sciantung con il governatore Cian-Sun-Scian. L'8 marzo i ferrovieri della linea entrarono in scio¬pero. È vero che buona parte delle truppe dello Sciantung erano già concentrate sui punti prestabiliti, ma questo sciopero lungo una linea che serviva il fronte creò comunque grosse difficoltà al nemico. I treni marciavano soltanto quando si riuscivano a trovare macchinisti e altri dipendenti costretti con le armi a mettersi al lavoro. Tra la seconda e la terza insurrezione, e so¬prattutto durante lo sciopero, i ferrovieri, sotto la guida del¬l'organizzazione militare del Partito, provocarono deragliamenti di treni militari, disorganizzando, con ogni sorta di diversioni, il traffico ferroviario. Le truppe dello Sciantung, per poter eÉet-tuare i necessari trasferimenti, dovettero destinare una gran quan¬tità di reparti armati alla protezione della strada ferrata.
L'azione del Partito tra i ferrovieri è veramente esemplare, e dimostra come bisogna agire in casi del genere nelle retrovie del "proprio" esercito.
Per quanto riguarda la preparazione politica del proletariato e delle classi medie di Sciangai, il Partito non fece di meno. Oltre alla normale opera di mobilitazione rivoluzionaria delle masse proletarie e semiproletarie, ottenne ottimi risultati con la preparazione e la convocazione di un'assemblea di delegati. Que¬sta assemblea doveva eleggere nel proprio seno un Comitato esecutivo che, durante l'insurrezione, si proclamasse autorità su¬prema. Nei quartieri si lavorò intensamente a preparare l'assem¬blea; il 12 marzo si tenne la prima seduta, che elesse un comi¬tato di 26 membri, 15 dei quali comunisti. Durante l'insurre¬zione questo Comitato esecutivo, comprendente i rappresentanti delle diverse classi, espresse il nuovo governo rivoluzionario di Sciangai con la partecipazione dei comunisti.
La mattina del 21 marzo si venne a sapere che le truppe del sud potevano arrivare in serata. Gli scali ferroviari di Sung-Kiang e di Cen-Ce-U erano stati occupati. Senza por tempo in mezzo il Comitato centrale decise di proclamare lo sciopero ge¬nerale a partire da mezzogiorno e l'insurrezione a partire dal¬l'una.
Il rapporto di forze in città all'inizio dello sciopero generale era il seguente.
Oltre ai 6.000 gregari non armati (invece dei 5.000 previsti, il Partito ne aveva già mille in più) e ai 150 uomini armati, il Partito non aveva altro. La flotta, che aveva preso parte alla se¬conda insurrezione, aveva lasciato le acque di Sciangai e si tro¬vava ora alla fonda davanti alla fortezza di Putung. Non si po¬teva più contare sul suo concorso a tempo debito.
Il nemico aveva a Sciangai una brigata di fanteria e un treno blindato con a bordo guardie bianche russe. Disponeva inoltre di tutta la polizia, forte dei soliti 2.000 uomini.
Secondo il piano l'insurrezione doveva iniziare contempora¬neamente in tutti i quartieri (tranne quello delle legazioni stra¬niere), con il concorso della polizia. Ciò fatto, le squadre dove¬vano convergere sui punti di raccolta prestabiliti, in attesa dei nuovi compiti concernenti soprattutto il disarmo delle truppe.
Verso mezzogiorno iniziò lo sciopero. Per una mezz'ora circa l'intera città sembrò morta. Tutto il proletariato e la maggior parte della piccola borghesia (bottegai, artigiani, ecc.) erano in sciopero. Alle ore 13 esatte in tutta Sciangai cominciò il disarmo della polizia. In poche decine di minuti tutti gli agenti vennero disarmati. Alle 14 gli insorti erano già padroni di circa 1.500 fu¬cili. Subito dopo le forze degli insorti vennero inviate contro i principali edifici governativi e si preoccuparono di disarmare i soldati.
Scontri di qualche rilievo si ebbero a Ciapei (presso la sta¬zione nord, la chiesa russa e l'editrice Commerciai Press}. Final¬mente, alle ore 16 del secondo giorno dell'insurrezione, il nemico (circa 3.000 soldati e il treno blindato con a bordo gli istruttori russi bianchi) poteva dirsi definitivamente battuto. Sfondato l'ul¬timo baluardo, tutta Sciangai (a eccezione delle concessioni e del quartiere internazionale) si trovava nelle mani degli insorti.
La sera del 22 marzo fecero il loro ingresso in città le truppe tlel generale Bai-Sun-Sci, il tristo protagonista dei successivi fatti del 12 aprile (aggressione di fucileria a una manifestazione operaia).
I dirigenti della terza insurrezione avevano opportunamente scelto il momento dello sciopero generale e dell*insurrezione ar¬mata. Si ebbe così un esempio di buon coordinamento dette ope¬razioni tra l'armata in avvicinamento e l'intervento rivoluzionario all'interno della città: da un lato il culmine di un grande slancio rivoluzionario dei lavoratori di Sciangai, dall'altro l'avvicinarsi del¬le truppe di Ciang-Kai-scek e la disgregazione delle file nemiche. Infine azioni abili e ardite delle squadre tattiche per il disarmo della polizia e delle truppe.
La tesi marxiana "l'insurrezione è un'arte" venne messa in pratica, e in modo assolutamente esemplare, in occasione dell'in¬surrezione del 21 marzo nella lotta per la conquista del potere.
Questo successo del proletariato di Sciangai fu acquistato a prezzo delle due sconfitte precedenti. Le masse si erano adde¬strate con l'esperienza. L'esperienza delle battaglie precedenti aveva dimostrato la necessità, già molto tempo prima dell'insur¬rezione vittoriosa, di una preparazione accurata e sistematica al combattimento decisivo, la necessità di lasciar guidare questo combattimento esclusivamente dal partito del proletariato. Era stata un'esperienza che, nella terza insurrezione di Sciangai, venne sfruttata ottimamente dal Partito comunista cinese.
Particolare attenzione merita la straordinaria disciplina e la buona attitudine al combattimento della classe operaia di Sciangai. Lo sciopero generale è fissato per un'ora precisa e proprio nel¬l'istante voluto tutta Sciangai operaia scende in sciopero. Alle 13 in punto inizia in tutti i quartieri operai il disarmo della polizia. E, quel che più conta, questo disarmo viene effettuato da operai la maggior parte dei quali era priva d'armamento (non c'erano che 150 rivoltelle).
Un'esecuzione così esatta dello sciopero generale e dell'insur¬rezione era stata possibile esclusivamente grazie all'enorme in¬fluenza di cui godeva finalmente il Partito comunista tra la classe operaia e presso una frazione della piccola borghesia cittadina.
Ogni lettore che poco o tanto conosca gli eventi cinesi di quel periodo potrebbe porsi, e si pone certamente, il seguente interrogativo: se il morale del proletariato aveva raggiunto, all'epoca della terza insurrezione, un grado così elevato d'entusiasmo, e se il Partito comunista esercitava una simile influenza sulle classi lavoratrici della città, perché mai il potere dei Soviet non venne proclamato? Perché mai i generali reazionari di Ciang-Kai-scek riuscirono a sciogliere il governo costituitosi durante l'insurre¬zione? Perché, infine, il proletariato si lasciò disarmare? Infatti una settimana dopo. l'insurrezione Ciang-Kai-scek sferrò un colpo di mano controrivoluzionario e la classe operaia, al potere già prima dell'arrivo delle truppe del sud, non seppe sfruttare la propria vittoria.
Per rispondere a queste domande, del resto legittime, bisogna tornare sui problemi di politica generale che già abbiamo accen¬nato nell'esaminare le cause dell'insuccesso della prima insurre¬zione.
Il Partito comunista cinese, che nell'insieme aveva seguito una linea giusta nell'organizzazione, nella preparazione e nella guida della sollevazione, seguì una linea meno giusta (nella persona dei suoi dirigenti) per quanto riguarda il Kuomintang: sottovalutò il ruolo rivoluzionario del proletariato, continuando a vedere in tutto il Kuomintang e nella borghesia nazionalista un fattore rivoluzio¬nario, mentre una frazione di questa borghesia, e di conseguenza il Kuomintang (sua ala destra), era già entrata decisamente nello schieramento controrivoluzionario, pronta ad accordarsi con i rag-gruppamenti reazionari indigeni e con l'imperialismo straniero.
Ecco dove va ricercata la causa dello scacco subito dal prole¬tariato di Sciangai immediatamente dopo l'ingresso delle truppe di Ciang-Kai-scek.
La direzione del Partito comunista non capì o non volle ca¬pire che la marcia su Sciangai delle truppe di Ciang era stata com¬piuta soltanto allo scopo di impadronirsi della città, la più ricca fonte di ricchezze materiali agli occhi dei militaristi; costoro pote¬vano nel contempo sbarazzarsi dell'influenza del governo di sini¬stra di Ukhang e opporre Sciangai a Ukhang. Il Comitato centrale sapeva che la campagna contro Sciangai era stata intrapresa da Ciang-Kai-scek senza l'autorizzazione del governo di Ukhang,
Nonostante questo, e benché fossero note al Comitato cen¬trale la politica di Ciang, le sue intenzioni, le sue prolungate di¬spute con Ukhang, la direzione del Partito portò avanti i prepa¬rativi d'insurrezione esclusivamente con questa parola d'ordine: "Aiutiamo le truppe del sud!" Il Partito non aveva però preavvi¬sato la classe operaia del pericolo che la minacciava per il fatto stesso dell'offensiva di Ciang-Kai-scek. Sperava che in un modo o nell'altro si sarebbe riusciti ad avere la meglio su Ciang e sui suoi tirapiedi, che così non avrebbero mai osato condurre né in città né nella regione una politica reazionaria. Continuò, insom¬ma, a considerare il proletariato come una forza ausiliaria, e non come dirigente della rivoluzione democratica. Per questo motivo non preparò le masse operaie alla resistenza contro i tentativi controrivoluzionari che era lecito attendersi da Ciang-Kai-scek.
Così si spiega come mai il nuovo governo formato durante l'insurrezione, nel quale fianco a fianco con Niu-Iun-Tsian e altri esponenti di destra del Kuomintang si trovavano diversi comu¬nisti, aspettò soltanto di essere sciolto da Ciang. I comunisti non provarono neppure a influenzare gli altri membri del governo, non approfittarono delle loro cariche ufficiali per continuare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse.
Il Partito non fece nulla per opporsi alla designazione alla carica di questore di un uomo di destra, mettendo così in mano al suo nemico di classe tutto il potere esecutivo di Sciangai. Come se non bastasse, una parte del Comitato centrale era del parere di lasciar disarmare la guardia operaia e di restituire le armi al co¬mando militare. E si noti che parte delle armi era già stata ricon¬segnata alle truppe a titolo di grazioso presente. Se non tutte le armi non vennero consegnate, ciò si deve unicamente alle pressioni dei responsabili militari del Partito.
La direzione del Partito, nonostante le direttive ricevute dal¬l'I.C., nonostante le categoriche richieste di alcuni compagni, nulla fece per far penetrare lo spirito rivoluzionario tra le forze del presidio. Contro le proposte avanzate affinchè fossero fatti entrare degli operai tra le truppe, in vista di un'intensa opera politica d'agitazione tra i soldati, la frazione dirigente dell'appa¬rato centrale del Partito si conservò ostinatamente sulle proprie posizioni.
Fatto tipico della direzione comunista di allora è il seguente episodio, narrato da Yang-Tsao-Sceng nell'articolo già citato. Tra le unità del presidio, la più rivoluzionaria era la prima divisione. Ciang-Kai-scek, che subito dopo l'occupazione della città aveva cominciato ad applicare la sua politica personale (arresto del se¬gretario della corrente di sinistra del Kuomintang a Ciapei, fuci¬li ix ione della sezione politica designata dal governo di Ukhang, allontanamento dei capi a lui invisi, ordine ai battaglioni operai tli riconsegnare le armi, ecc.), impartì l'ordine alla prima divisione di abbandonare Sciangai e di partire per il fronte.

Si presentò allora al Partito il comandante della prima divisione, Se-Io, il quale chiese: "Ho ricevuto l'ordine da Ciang-Kai-scek di lasciare Sciangai. Che devo fare? Se non obbedisco bisogna arrestare Ciang." Nonostante il tempo perduto, la sinistra aveva ancora la preponderanza a Nanchino, a Su-ciu e nella stessa Sciangai, ma a questa proposta di un attacco deciso contro Ciang-Kai-Scek non venne data nessuna risposta chiara. Venne con¬sigliato a Se-Io di sabotare l'ordine, di darsi malato, ma arrivò il momento in cui non era più possibile rinviare. Se-Io aveva ricevuto un ultimatum, e quando tornò a rivolgersi al Partito non c'era più via d'uscita: o prendere le armi contro Ciang con il sostegno e sotto la guida del Partito comunista, oppure obbedire, cioè a dire condurre fuori da Sciangai un'unità numerosa e rivoluzionariamente preziosissima.2

Dopo la partenza della prima divisione, Ciang-Kai-scek sciolse il governo e disarmò i battaglioni operai. Ecco dunque, in poche parole, i fatti che caratterizzarono la politica d'opportunismo dei dirigenti del Partito comunista nel periodo del blocco con il Kuo-mintang, politica che provocò la sconfitta del proletariato nel marzo 1927. Come segnalò TLC., si sarebbe dovuto invece, pur conservando il blocco con il Kuomintang, rivendicare al Partito comunista il diritto di fare la politica propria del proletariato nella rivoluzione democratica.
Comunque la situazione a Sciangai e il rapporto di forze erano tali che il proletariato aveva il diritto di attendersi dal Partito un'azione decisiva.

1 YANG-TsAO-ScENG, Gli avvenimenti di Sciangai nella primavera del 1927, in "Ma¬teriali sulla questione cinese," n. 13, pubblicato dall'Università dei lavoratori della Cina.
2 YANG-TsAO-ScENG, "Materiali sulla questione cinese" cit., p. 20.
 
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