Comunismo - Scintilla Rossa

L'insurrezione armata, A. Neuberg

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Public Enemy
view post Posted on 29/11/2012, 17:19 by: Public Enemy




L'insurrezione di Reval

La situazione politica generale in Estonia nel 1924

L'insurrezione proletaria del 1° dicembre 1924 a Reval ci offre un esempio estremamente istruttivo, sotto ogni aspetto, della lotta armata di una parte del proletariato estone. Lo studio di questa vicenda è assolutamente indispensabile a tutto il proletariato rivoluzionario internazionale e a tutti i partiti rivoluzionari che si preparino seriamente alla conquista del potere politico.
Nell'autunno del 1924 la situazione politica in Estonia1 era ritenuta dal Partito comunista favorevole all'organizzazione di una insurrezione vittoriosa e all'istituzione della dittatura del proletariato. Ecco, in grandi linee, come questa organizzazione era caratterizzata.
Fino al 1924 l'industria e il commercio erano stati in larga misura finanziati con i sussidi governativi, forniti dalla Banca d'emissione soprattutto a spese delle riserve auree. All'inizio del 1924 i partiti d'opposizione accertarono che queste riserve erano state quasi completamente saccheggiate ad opera degli amici del partito dirigente degli agrari e della alta borghesia. In Parlamento si formò un raggruppamento di partiti d'opposizione piccolo-borghesi che, sotto il nome di Lega democratica (democristiani, nazionaldemocratici, operaisti) costituì una coalizione governativa di centro con il concorso dei socialdemocratici.
Il nuovo governo si vide costretto a bloccare i crediti agli agenti di cambio e agli speculatori della grande borghesia e degli agrari, provocando però la serrata generale delle fabbriche e una serie di imponenti fallimenti. Nell'estate del 1924 la disoccupazione raggiunse proporzioni inaudite per l'Estonia: 15.000 senza lavoro. Nel corso dell'estate il numero degli operai occupati scese a soli 6.000.
La caduta del marco, verificatasi in autunno, fece salire il costo della vita del 150% circa, mentre i salari rimanevano immutati.
La bilancia commerciale con l'estero era in passivo. Il bilancio nazionale era sommerso da uno spaventoso disavanzo. La crisi industriale e commerciale si aggravò ulteriormente con la crisi agricola. Il raccolto del 1923 era andato abbastanza bene, ma le colture invernali s'annunciavano pessime.
I tentativi compiuti dal governo per ottenere nuovi prestiti erano tutti naufragati. Anzi, Inghilterra, Francia e Stati Uniti reclamavano il rimborso dei vecchi prestiti concessi all'Estonia durante la guerra civile e la guerra contro l'URSS.
La criminalità assunse proporzioni senza precedenti nel paese, mentre si diffondevano la corruzione, la concussione e, in genere, la venalità dei pubblici uffici. Secondo le statistiche ufficiali, nel 1919 erano stati puniti 28.000 reati; nel 1922, 44.000; nel 1924, 64.000.
Nell'esercito la disciplina si era considerevolmente allentata. Secondo lo Stato maggiore, ogni soldato o marinaio finiva almeno una volta l'anno agli arresti di rigore.
La classe dirigente rivelava manifesti segni di cedimento. Dopo la formazione del nuovo governo di centro, le beghe intestine e gli scandali sollevati dalle diverse cricche dirigenti avevano assunto proporzioni enormi. La destra accusava apertamente il centro di usurpazione del potere e d'incapacità di far uscire il paese dalla crisi economica e politica; il centro accusava a sua volta la destra di speculazione, di frode, ecc. Al Parlamento questi attacchi si concludevano solitamente con ingiurie e risse. Il Parlamento aveva perduto ogni autorità presso le masse.
Gli agrari e l'alta borghesia reclamavano cinicamente la revisione della Costituzione a favore delle classi possidenti, parlavano della necessità di liquidare il "governo democratico" e di riportare al potere un uomo dal pugno di ferro, un dittatore.
Il governo era praticamente privo di un programma, di qual-siasi mezzo reale per consolidare la propria autorità e per risanare l'economia del paese. La sola incombenza "effettiva" di questo miserabile regime di speculatori falliti, di giocatori d'azzardo e di ubriaconi (il ministro della Difesa fu trovato sbronzo marcio in un vicolo di Re vai) era la guerra accanita contro gli operai e i contadini rivoluzionari. Nel novembre 1924 inscenò un processo monstre a carico di 149 comunisti. A forza di assassini dei capi operai (il presidente dei sindacati Tomp venne passato per le armi durante il processo dei 149 per oltraggio alla corte), a forza di condanne a militanti rivoluzionari e di distruzioni delle organizzazioni operaie, col fuoco, col ferro e col carcere, la borghesia estone sperava di aver la meglio sul movimento rivoluzionario.
Nonostante tutto, durante l'intero anno 1924 le aspirazioni rivoluzionarie della classe operaia e, in genere, di tutti i lavoratori, crebbero rapidamente. Sempre più frequentemente si sentivano gli operai reclamare lo scioglimento del governo e la costituzione del potere operaio e contadino. La manifestazione del 1° Maggio e la settimana antibellicista ai primi di agosto si tennero dietro la parola d'ordine della guerra civile. Ai comizi e alle manifestazioni si univano quasi sempre folti gruppi di soldati. Gli operai non erano i soli a mostrare questo atteggiamento combattivo. Operai agricoli, piccoli coltivatori, contadini poveri e per-sino la piccola borghesia cittadina solidarizzavano con l'agitazione del Partito comunista.
Era chiaro al Partito che il solo sbocco possibile alla situazione stava nell'adottare arditamente la via dei metodi rivoluzionari attivi. In aprile il Comitato centrale decise di orientarsi alla preparazione dell'insurrezione armata. Da quel momento in poi tutte le riunioni e tutte le conferenze convocate dal Partito, tutta l'opera politica e organizzativa del Partito furono intese a preparare le masse all'azione rivoluzionaria e all'adesione dell'Estonia all'Unione sovietica. Tale atteggiamento era dettato dallo stesso rapporto tra le forze sociali, indubbiamente a favore della rivoluzione. Il Partito calcolava di avere con sé in caso di azione per la primavera del 1924, un buon 50% di probabilità di successo. In autunno il rapporto tra le forze reali era ancor più favorevole. Si riteneva che con una buona organizzazione dell'insurrezione il successo non sarebbe mancato.
Preparazione militare dell'insurrezione
A partire dalla primavera del 1924 il Partito si ripropose come obbiettivo militare principale la costituzione di forze proletarie capaci di frantumare, al momento dell'attacco, i raggruppamenti a tendenza controrivoluzionaria disposti alla resistenza (scuole militari, ecc.). In primavera, intanto, avevano cominciato a formarsi squadre di combattimento, prima sotto forma di gruppi a tre, con il nome di "gruppi di difesa" o gruppi antifascisti,2 poi sotto forma di gruppi di dieci.
La settimana prima dell'insurrezione di Reval, i gruppi di dieci vennero riuniti in compagnie, e le compagnie in battaglioni di 120-150 uomini ciascuno. Era previsto che in occasione dei primi successi questi battaglioni, o meglio queste intelaiature di battaglione, andassero completati con l'inserimento di operai e di soldati pronti a combattere. Verso l'autunno erano stati così organizzati un migliaio d'uomini in tutto il paese. I due terzi circa di questa forza erano costituiti da operai senza partito.
Per dirigere l'organizzazione delle squadre di combattimento e in genere tutta la preparazione militare dell'insurrezione, vennero designati, accanto al Comitato centrale e ai comitati comunisti delle varie città, degli specialisti militari.
Al momento dell'insurrezione esistevano a Reval tre battaglioni con la seguente forza:
1° battaglione, 170 uomini; 2° battaglione, 120 uomini; 3° battaglione, 110 uomini; totale: 400 uomini.
L'arte militare (impiego del fucile e di alcuni modelli di rivoltella, delle bombe a mano, nozioni elementari di tattica) era già nota alla maggior parte degli uomini. Ce n'erano però alcuni che non sapevano servirsi delle loro armi. Il comando (comandanti di compagnia e di battaglione) era insufficientemente preparato ni suo ruolo di direzione militare, mentre la necessità della segre-le/za e l'impossibilità di convocare frequentemente gli uomini, o anche soltanto i capi intermedi, rendevano estremamente difficile l'istruzione degli uni e degli altri.
Al momento dell'insurrezione l'armamento dell'intera organizzazione di Reval si componeva di:
#) 100 rivoltelle Parabellum, con 50 colpi ciascuna; b) Una sessantina tra carabine e fucili, con una quantità limitata di cartucce;
e] 3 mitragliatrici a rotazione manuale, sistema Thomson, con un migliaio di colpi ciascuna;
d) Alcune decine di bombe a mano e 20 bombe ad alto potenziale.
Le forze controrivoluzionarie di Reval, che secondo i calcoli del Partito e dell'organizzazione militare, avrebbero potuto prendere le armi contro l'insurrezione, si componevano di:
Scuola di junker e corsi d'allievi ufficiali: 400 uomini; scuola sottufficiali: 200-250 uomini; distaccamento del maggiore comandante la guarnigione: 110-120 uomini; riserva di polizia a cavallo: da 50 a 60 uomini. Totale: da 760 a 830 uomini.
C'erano poi circa cinquecento fascisti armati, che però non rappresentavano una forza di combattimento seria.
Per quanto riguarda la polizia e le unità di guarnigione (un battaglione del 10° reggimento fanteria, un gruppo carri, un battaglione telegrafisti, batterie costiere, artiglieria e una squadriglia dell'aeronautica), il Partito e la sua direzione militare, in base alle informazioni ricevute intorno ai risultati dell'opera di disgregamento e di persuasione politica condotta presso queste unità, stimavano che queste, lungi dal prendere le armi contro gli insorti, una volta scatenata la sollevazione e a patto di una saggia orga-nizzazione, si sarebbero schierate a lato degli operai. Il Partito riteneva il presidio sufficientemente demoralizzato dai nuclei comunisti in seno a ciascuna unità e grazie ai rapporti personali con i soldati, da consentire conclusioni altrettanto ottimistiche.
È opportuno sottolineare che il Partito comunista d'Estonia aveva sempre dedicato la massima attenzione all'agitazione tra le truppe. Nel corso del 1924 tale lavoro era stato ulteriormente intensificato, tanto da assicurare una fortissima influenza del comunismo sull'esercito e, soprattutto, sulle forze di presidio della capitale e sulle unità accantonate nel distretto militare di Pet'ceri (alla frontiera con l'URSS). Se ne aveva la prova anche dai rapporti segreti del comando militare che erano giunti a conoscenza del Partito comunista. Inutile dire che a quest'opera di penetrazione il terrore governativo opponeva ostacoli d'ogni sorta.
Qualche tempo prima dell'insurrezione, però, l'influenza del Partito sull'esercito si era alquanto affievolita: i soldati più anziani, terminata la ferma, erano stati congedati e, con essi, se ne erano andati gli elementi più rivoluzionari. Stavano per giungere le nuove reclute. Tra i giovani dell'ultima leva venne condotta un'intensa agitazione, ma il tono generale della presenza del Partito continuava a scemare: molti dei nuovi nuclei comunisti e dei giovani soldati non avevano avuto il tempo di organizzarsi convenientemente, non erano ancora riusciti a stabilire sufficienti legami con tutti gli elementi rivoluzionari richiamati alle armi. Questa circostanza doveva giocare un ruolo considerevole in occasione della lotta per il potere impegnata il 1° dicembre dal proletariato di Reval.
Il nucleo attivo del Partito, con il Comitato centrale in testa, avendo soppesato per mesi le possibilità di successo nell'eventualità d'una sollevazione armata, era giunto unanimemente alla conclusione che iniziare l'insurrezione con uno sciopero politico o con altro movimento di massa dei lavoratori significherebbe preannunciare all'avversario l'attacco ed esporre prematuramente le masse operaie alle mitragliatrici dei settari della borghesia che a Reval rappresentavano ancora, nonostante tutto, una forza rilevante. Venne deciso che l'insurrezione delle squadre di combattimento sarebbe stata scatenata all'improvviso per cogliere il nemico alla sprovvista e che soltanto dopo i primi successi si sarebbe organizzato lo sciopero generale, trascinando così le masse operaie al combattimento per concludere la rivoluzione e consolidare il potere nelle mani degli insorti.
Intanto era stata riconosciuta l'inutilità di un'azione contemporanea nelle varie regioni del paese: l'insurrezione doveva iniziare a Reval e a Pernov (in questa seconda città la sommossa non scoppiò in quanto, ricevuti troppo tardi gli ordini, era stato ordinato un rinvio di un giorno e poi, dopo la sconfitta di Reval, l'insurrezione non potè naturalmente aver luogo); dopo l'occupazione di questi due centri, ma soprattutto di Reval, il movimento si sarebbe esteso alle altre città.
Tutto era stato subordinato a questa impostazione della sollevazione improvvisa. I preparativi dell'insurrezione erano stati attuati nella massima segretezza. Fin dalla settimana antibellicista dei primi d'agosto, il Partito non aveva più organizzato interventi delle masse operaie, nel timore di farsi schiacciare anzitempo dalla controrivoluzione. Per sino in occasione del processo dei 149 e della barbara uccisione di Tomp, il Partito aveva evitato di chiamare le masse sulle piazze, ritenendo che, se fosse riuscito a vibrare un colpo secco e inatteso ai punti prestabiliti come obbiet-tivo dell'attacco in preparazione, e nonostante l'enorme superiorità delle forze armate del nemico rispetto agli effettivi dell'organizzazione di combattimento, si sarebbe assicurato il successo dell'insurrezione. Sotto questo aspetto l'organizzazione dell'insurrezione rivelava tutti i caratteri di un complotto.
Alla fine di novembre (qualche giorno prima dell'insurrezione), fu presa la decisione di agire il 1° dicembre di prima mattina (nella notte tra la domenica e il lunedì).
In base al racconto di chi vi partecipò, sappiamo che il piano era articolato come segue: in un primo momento ci si sarebbe impadroniti dello stato maggiore, dei servizi di collegamento, della cittadella (residenza del governo, dell'Assemblea nazionale, ecc.); sarebbero stati arrestati i membri del governo; i prigionieri sarebbero stati liberati; sarebbe stato distrutto l'edificio della riserva di polizia per mettere le mani sui carri armati e servirsene contro le truppe, contro la polizia stessa e contro la Lega fascista, se mai questi avessero osato prendere le difese del governo; ci si sarebbe impadroniti degli aerei; la Scuola militare sarebbe stata messa a sacco; sarebbero stati saccheggiati i depositi di armi e gli arsenali d'artiglieria (presso la Scuola militare si trovavano da 120.000 a 130.000 fucili e materiale bellico d'ogni sorta).
Successivamente si doveva far saltare il ponte ferroviario tra Taps e luriev, al fine di ritardare di qualche giorno i mezzi di trasporto in servizio tra questi due centri, in modo da impedire l'invio di truppe fedeli al governo da luriev a Reval. Si doveva inoltre danneggiare il ponte ferroviario tra Reval e Taps per togliere all'avversario la possibilità di inviare da Taps a Reval un treno blindato carico di controrivoluzionari. Queste due missioni furono più o meno fortunosamente condotte a termine da piccoli
reparti di guastatori.
In caso di combattimenti prolungati in Reval, era prevista la demolizione del ponte ferroviario all'imbocco della città. Dopo l'occupazione della capitale sarebbero iniziate altre azioni in direzione di Taps-Narva-Iuriev e Felin, utilizzando le strade ferrate e i trasporti automobilistici.
Per operare l'ammassamento clandestino delle squadre di combattimento, ci si sarebbe garantiti in anticipo la disponibilità di domicili segreti nelle immediate vicinanze degli obbiettivi prestabiliti, nei quali raccogliere anche le armi. Ciascun gruppo doveva entrare in azione in modo tale che l'attacco avesse luogo nello stesso istante in tutti i punti. Il raggruppamento dei reparti doveva essere concluso entro le ore 22 del 30 novembre. A causa del carattere cospiratone dei preparativi, i componenti le squadre non sapevano neppure che si trattava di un'insurrezione il cui inizio era previsto per il 1° dicembre. Era stata loro annunciata soltanto una riunione clandestina alla quale dovevano recarsi ar-mati quelli che possedessero armi. In questi stessi appartamenti segreti, nella notte sul 1° dicembre, i reparti vennero iniziati al maneggio delle armi che sarebbero state distribuite in seguito.
I comandanti di battaglione non riuscirono a radunare tutti gli uomini per l'ora fissata. Alle 4 del mattino del 1° dicembre, nei diversi punti di convegno, erano riuniti:
56 uomini su 170 del 1° battaglione
91 uomini su 120 del 2° battaglione
80 uomini su 110 del 3° battaglione totale 227 uomini su 400
L'insuccesso del concentramento si spiega sicuramente con il fatto che, essendo il 30 novembre una domenica, era stato difficile reperire tutti gli interessati (pochi erano a casa loro). Alcuni, poi, non sapendo che si trattasse dell'insurrezione, si erano rifiutati di recarsi a una normale riunione convocata così tardivamente.
Nonostante il trascurabile numero degli uomini adunati, il Comitato centrale confermò la decisione di iniziare l'attacco il giorno 1° dicembre alle ore 5 del mattino.
I battaglioni avevano ricevuto i seguenti obbiettivi:
1° battaglione - Disarmare la scuola degli junker e i corsi allievi ufficiali; impadronirsi delle armerie e subito dopo della stazione ferroviaria.
2° battaglione - Disarmare la riserva di polizia e il reparto comando del maggiore del presidio, trascinare con sé gli uomini del gruppo carri e della squadriglia aerea, assumere il comando di stato maggiore del 10° reggimento e trascinare il battaglione di questo reggimento in soccorso degli insorti.
3° battaglione - Impadronirsi dei centri amministrativi, del telegrafo, della residenza del governo e del Parlamento, del ministero della Guerra, dello Stato maggiore, della stazione del Baltico, e liberare i detenuti del carcere preventivo.

Lo svolgimento dell'insurrezione

II 1° dicembre, alle ore 5 e 15 minuti in punto, tutti i battaglioni entrarono in azione per eseguire le rispettive missioni. L'insurrezione si svolse come segue (v. la cartina in fondo al volume}'.
Operazione del 1° battaglione. La preparazione dell'attacco alla scuola degli junker ebbe un carattere assolutamente fulmineo. Il comandante del battaglione, con i suoi diretti collaboratori, uscì dalla riunione della direzione militare del Partito soltanto alle 4,45 (si trovava così a trenta minuti di cammino dalla scuola degli junker}) per iniziare l'attacco esattamente alle 5,15. In tre quarti d'ora doveva suddividere gli uomini (al punto di riunione si erano recati degli isolati appartenenti a gruppi diversi), distribuire le armi non ancora consegnate, far conoscere al battaglione il suo obbiettivo, informare dei particolari dell'azione i vari gruppi, ecc.
Gli obbiettivi particolari di gruppo erano i seguenti:
a} Un gruppo di 13 uomini doveva impadronirsi del piano inferiore dell'edificio, dove erano alloggiati gli junker (era una caserma a due piani, occupati entrambi dagli }unker}\
b} Un gruppo di 16 uomini doveva impadronirsi del piano superiore del medesimo edificio;
e} Tutti gli altri (a eccezione di 5 uomini) dovevano costituire la riserva e sopprimere l'ufficiale di picchetto;
d} Un gruppo di 5 uomini doveva impadronirsi dello scalo ferroviario entro la cinta della caserma.
Alle ore 5,15, dopo aver eliminati gli ostacoli artificiali intorno alla caserma (in precedenza il comandante di battaglione e i comandanti di compagnia avevano eseguito un'accurata ricognizione delle vie d'accesso), il battaglione s'impadronisce del Circolo ufficiali e il primo gruppo, penetrato al piano inferiore, sopprime l'ufficiale di picchetto e sorprende gli junker nei propri letti. Preleva una gran quantità di fucili e, con qualche colpo di pistola e due o tre bombe a mano, getta in un tale panico i duecento cadetti del primo piano che questi validi difensori dell'Estonia democratica si rifugiano chi sotto le coperte, chi sotto il letto. Molti saltano in strada così come sono, in camicia da notte, e si disperdono per la città.
Il secondo gruppo sferrò con un certo ritardo il suo attacco al secondo piano, scontrandosi con un posto di guardia e subendo l'uccisione di un uomo e il ferimento di due. In tal modo gli junker di quel piano ebbero il tempo di prepararsi e di respingere l'attacco. L'insuccesso del secondo gruppo provocò la ritirata dell'intero battaglione, così che l'assalto alla scuola degli allievi ufidali si concluse con uno smacco. Le armerie rimasero al completo nelle mani dell'avversario. Gli uomini, ad eccezione di 5 o 6, si disperdettero.
Perdite: da parte degli insorti, 1 morto e 2 feriti; da parte degli allievi, 4 morti e 9 feriti.
I cinque uomini inviati a impadronirsi dello scalo ferroviario portarono a termine la loro missione alla perfezione e senza perdite.
Le cause dell'insuccesso del primo battaglione sono abbastanza chiare: prima di tutto l'insufficienza numerica (il nemico era otto volte più forte), in secondo luogo il ritardo del secondo gruppo e, infine, la mancanza di sufficiente tenacia nella lotta per la conquista della scuola. Infatti fin dalla prima contrarietà i gruppi si disperdettero, mentre sarebbe stato facile proseguire la battaglia dopo il cedimento dei duecento allievi ufficiali del piano inferiore.
Operazioni del 2° battaglione. Le forze del secondo battaglione erano ripartite come segue:
a} Attacco alla riserva di polizia a cavallo: 20 uomini. b} Attacco al gruppo carri: 20 uomini. e} Attacco allo stato maggiore del 10° reggimento: 3 uomini.
d} Attacco al 3° battaglione del 10° reggimento: 9 uomini. e} Attacco alla squadriglia aerea: 13 uomini. Ed ecco come si svolsero le operazioni: Compiuta la ricognizione, fu accertato che il reparto di polizia era accantonato in un edificio in legno a 2 piani. Si doveva attaccare questo edificio. Risultò in seguito, tuttavia, che colà abitavano solo pochi poliziotti, mentre il nucleo principale occupava un edificio in pietra contiguo al primo, ma che la ricognizione aveva scambiato per dei bagni pubblici. Per tale motivo, e anche perché il gruppo designato per l'attacco ai carri armati era entrato in azione, aprendo il fuoco, dieci minuti prima del momento stabilito, ciò che mise in allarme la riserva di polizia, l'assalto all'edificio fallì e gli assalitori ripiegarono disperdendosi. Fallì del pari l'attacco al gruppo carri.
La rimessa dei carri armati venne occupata senza la minima difficoltà. Il gruppo di combattimento comprendeva 4 soldati motoristi, tra i quali un sottufficiale comandante di carro, il quale uscì dalla rimessa sul suo veicolo, dirigendosi verso la caserma (distante un chilometro) dove si trovavano gli equipaggi dei carri armati. Questo sottufficiale fu però ucciso da un tenente. Gli altri carri non poterono uscire. L'aiutante del battaglione telegrafisti (accasermato di fronte al gruppo carri) doveva, secondo il piano, condurre quaranta dei suoi uomini a unirsi agli insorti. Questo aiutante era un traditore e quegli uomini non vennero, così fallì l'attacco al gruppo carri.
A motivo di questo insuccesso, l'attacco alla scuola allievi sottufficiali non ebbe luogo, poiché il gruppo all'uopo destinato doveva, all'inizio dell'insurrezione, coprire dalla parte della scuola sottufficiali l'attacco al gruppo carri e, in seguito, con il concorso dei carri armati, dare l'assalto alla scuola.
Lo stato maggiore del 10° reggimento fu preso: tre ufficiali che avevano tentato di resistere furono passati per le armi.
Il 3° battaglione rifiutò di unirsi agli insorti e restò neutrale. I nove uomini colà inviati, considerato il loro numero esiguo e constatata anche l'assenza del battaglione di un nucleo sufficiente di soldati rivoluzionari, non riuscirono a trascinare con sé l'unità. I 13 uomini inviati a sollevare il gruppo dell'aeronautica portarono a compimento la loro missione in modo esemplare. Durante la strada (il gruppo aereo si trovava a due chilometri dalla città) disarmarono l'undicesimo posto di polizia e s'impadronirono di molti fucili e revolver. All'improvviso, senza sparare un colpo, penetrarono nella caserma dove si trovavano un'ottantina di avieri, balzarono sulle armi e dichiararono che il potere era nelle mani degli operai e dei soldati e che agli avieri non restava che unirsi agli insorti. Gli avieri risposero all'unanimità di essere con gli operai rivoluzionari. Gli ufficiali consegnarono le armi e si dichiararono neutrali (evidentemente in attesa di ulteriori informazioni). In seguito questi ufficiali, per la loro neutralità, vennero fucilati con sentenza della Corte marziale.
Gli insorti commisero però un grave errore, che doveva avere per loro e per tutti i partecipanti all'insurrezione conseguenze fatali. Padroni di un distaccamento di cinquanta uomini, di un centinaio di fucili e di dieci mitragliatrici con sufficiente munizionamento, di 10 autocarri e 2 automobili, invece di rientrare in città in aiuto dei compagni, rimasero sul posto, limitandosi a inviare allo stato maggiore insurrezionale una staffetta motociclista con un rapporto e la richiesta dì nuovi ordini. La staffetta non tornò e il gruppo rimase sul posto fino all'arrivo di junker in autoblindo, i quali li dispersero (alle 11 del mattino) dopo aspro combattimento.
Operazioni del 3° battaglione. Per l'esecuzione delle varie missioni le forze del terzo battaglione erano ripartite come segue:
a) Espugnazione del castello di Reval (Parlamento, presidente, autorità governative): 12 uomini.
b] Occupazione della centrale telefoni e telegrafi: 12 uomini.
e] Occupazione del ministero della Guerra e dello stato maggiore generale: 12 uomini.
d) Occupazione della stazione del Baltico: 20 uomini.
e) Occupazione del carcere mandamentale: 12 uomini.
Il gruppo inviato contro la cittadella portò a termine la sua missione. Il posto di guardia, forte di 11 uomini, venne disarmato e l'ufficiale comandante il posto, che aveva tentato di resistere, fu passato per le armi. Il primo ministro riuscì a fuggire. La cittadella rimase nelle mani del gruppo fino al sopraggiungere delle forze controrivoluzionarie, dopo di che gli insorti si dispersero senza offrire molta resistenza.
L'occupazione della centrale telefoni e telegrafi fu portata a compimento rapidissimamente. Gli insorti vi rimasero tre ore, impadronendosi di alcuni agenti di polizia, tra cui il questore ; Iella città in seguito liberato dalle truppe fedeli al governo.
Fallì invece l'attacco al ministero della Guerra, allo stato maggiore generale e alla questura. I detenuti del carcere mandamentale non vennero liberati, poiché la squadra incaricata della missione, non essendo stata avvertita in tempo, rimase inattiva per tutta la durata delle operazioni.
La stazione del Baltico fu occupata senza resistenza. Nel con-icmpo l'occupazione del quinto commissariato di polizia fruttò mi bottino discreto di armi. Il ministro delle Strade e delle co-municazioni, che si trovava nella stazione, venne passato per le ; inni non appena aprì bocca per incitare contro l'insurrezione roloro che gli erano accanto. Per lo stesso motivo fu arrestato il commissario di polizia del quartiere. La stazione rimase in mano agli insorti fino alle 8 del mattino; il gruppo respinse numerosi assalti della polizia a cavallo e degli junker.
In città l'insurrezione fu repressa definitivamente verso le 9 del mattino. Il distaccamento dell'aeronautica fu occupato dai icp.-irti controrivoluzionari, liberati dopo la disfatta dell'insurre-mne all'interno della città, verso le 11 del mattino.

Alla repressione presero parte alcuni plotoni di allievi sottufficiali, alcuni gruppi della scuola allievi ufficiali, lo squadrone di polizia a cavallo e i fascisti. Circostanza caratteristica, la borghesia non affidò questo compito agli ufficiali di reparto: alla testa dei piccoli distaccamenti costituiti in tutta fretta nell'ambito delle unità superiori, si trovavano colonnelli e generali facenti funzione di comandanti di squadra e di plotone.
L'insurrezione di dicembre costò gravi perdite al proletariato di Reval. Senza contare i morti e i feriti in occasione dell'insurrezione vera e propria, con sentenza della corte marziale furono messi al muro circa cinquecento proletari, tra i quali diverse decine di soldati, e altrettanti vennero incarcerati (il numero degli uccisi nel corso della sollevazione ascendeva a una ventina circa). La borghesia estone, senza esitare davanti ai mezzi più drastici, si vendicò sanguinosamente sul proletariato di Reval di questo tentativo di costituzione del potere degli operai e dei contadini.

Le cause della sconfitta

Quali furono le cause dell'insuccesso dell'insurrezione di Re-vai? Quel che è stato detto fin qui circa i preparativi e la condotta dell'insurrezione dimostra come gli insorti abbiano commesso, in fatto di organizzazione e di tattica, una serie di errori gravidi di conseguenze. In linea di massima tali errori si possono così riassumere:

1. La direzione dell'insurrezione aveva sopravvalutato il grado di demoralizzazione delle truppe del presidio nonché la forza organizzativa militare del Partito, Per venire a capo degli obbiet-tivi prestabiliti, le forze erano chiaramente insudicienti. Ciò resterebbe vero anche nell'eventualità che la direzione fosse riuscita a radunare tutti gli appartenenti alle unità organizzative. La so-pravvalutazione del grado di demoralizzazione delle truppe derivò dal fatto che la direzione del Partito, nell'inviare 9 uomini al 3° battaglione del 10° reggimento, contava di trascinare a favore degli insorti il battaglione in blocco, per dargli una parte attiva nel rovesciamento del governo borghese. La stessa osservazione vale per il gruppo carri e per il battaglione telegrafisti. I soldati del 3° battaglione, il battaglione telegrafisti e il gruppo carri simpatizzavano senza alcun dubbio per il Partito comunista, essendo ostili agli ufficiali e a tutto il regime borghese. Queste unità si sarebbero schierate tra i ranghi degli insorti se soltanto si fosse trovato tra esse un nucleo solido di comunisti o della Gioventù comunista, o anche soltanto un gruppo di soldati rivoluzionari che avessero ricevuto in anticipo dal Partito istruzioni precise e che fossero capaci di opporre resistenza al comando reazionario. Non fu cosi. Invece di orientare l'intera azione alla partecipazione dei soldati e dei marinai all'insurrezione, a unità intere o almeno mediante frazioni precostituite, invece di organizzate un'opportuna agitazione politica in seno all'esercito, il Partito comunista aveva isolato i soldati rivoluzionari dalle rispettive unità per mandarli a raggiungere i gruppi d'operai. E questo era stato un grave errore. Era semplicemente ingenuo illudersi che il battaglione del 10° reggimento, privo dei soldati comunisti, si sarebbe schierato attivamente a fianco degli insorti, semplicemente in risposta all'appello di nove operai sconosciuti. Immaginatevi la situazione: ore 5,15 del mattino, oscurità profonda, il battaglione immerso nel sonno. Viene svegliato da un gruppo sparuto di uomini che nessuno conosce, i quali assicurano che è scoppiata l'insurrezione e invitano il battaglione a unirsi agli insorti. I soldati questa insurrezione non la vedono, le strade sono deserte, non ci sono operai in giro. Nulla sanno dei preparativi di sollevazione. Quale comporta-mento ci si poteva attendere da parte loro? Il battaglione, come era ovvio prevedere, resta in posizione di neutralità, in attesa di nuovi sviluppi. La stragrande maggioranza dei soldati non sa chi ha organizzato la rivolta, se gli operai o non, per caso, i fascisti. Mi pare quindi che, se qualcosa ci si poteva attendere da questo battaglione (cosa del resto verosimile, poiché non prese parte all'azione contro gli operai e venne parzialmente disarmato), ciò si sarebbe verificato soltanto se gli si fosse presentato davanti un gruppo più nutrito d'uomini o se tra le file vi fossero stati da tempo dei comunisti e dei soldati rivoluzionari organizzati.
2. Il piano d'insurrezione e gli obbiettivi dei diversi gruppi non corrispondevano alle reali forze dell'organizzazione tattica. Se si osserva bene la ripartizione delle forze e degli obbiettivi cor-rispondenti, non si può fare a meno di concludere che la dire-xione dell'insurrezione si era sforzata di essere ugualmente forte ni ogni punto, mentre mancava degli effettivi necessari allo \copo: di qui la grave dispersione degli uomini. Che cosa poteva arrecare di veramente buono, e che cosa arrecò in effetti agli insorti dal punto di vista del loro rafforzamento e dell'indebolimento delle forze nemiche, l'occupazione immediata di ob-biettivi come lo scalo interno della scuola allievi ufficiali, la stazione del Baltico o anche la cittadella con tutti i servizi governativi? I gruppi che portarono a termine con successo queste missioni, occupando lo scalo, la stazione e la cittadella, esercitarono un'influenza in fondo trascurabile sullo sviluppo dell'insurrezione.
Ci sembra che, una volta decisa l'insurrezione, sarebbe stato più ragionevole, almeno in un primo momento, alle 5,15 del mattino, concentrare le forze sulla conquista dei quattro o cinque obbiettivi più importanti, per dirigersi soltanto in seguito, ottenuto il primo successo, sugli obbiettivi di ordine immediatamente successivo dal punto di vista dell'importanza. Gli obbiettivi principali potevano essere, per esempio, il battaglione del decimo reggimento, il gruppo carri e la squadra aerea, il carcere mandamentale e la scuola allievi ufficiali (o quella dei sottufficiali). Dopo aver liberato i detenuti, aggregati il battaglione del 10° reggimento e gli avieri, magari anche senza il successo completo nella scuola allievi ufficiali, la lotta per gli obbiettivi successivi ne sarebbe stata enormemente facilitata, e quanto meno gli insorti avrebbero potuto disporre di una forza ragguardevole che avrebbe loro permesso di operare a seconda delle circostanze.
Dal punto di vista militare il piano insurrezionale nel suo complesso non era stato studiato fino in fondo: non era stato rispettato il principio della concentrazione delle forze sugli obbiettivi principali.
Inutile sottolineare che le operazioni del gruppo incaricato di occupare l'accantonamento dell'aeronautica costituirono semplicemente un cumulo di errori. L'indecisione dopo il primo successo dimostra come non si debba assolutamente agire nel momento dell'insurrezione. Anche in questo caso si deve risalire all'errore della direzione, che non aveva indicato in anticipo i compiti da svolgere successivamente al compimento della prima missione. La sollecita comparsa di questo gruppo in città, a bordo di automezzi dotati di mitragliatrici e un'energica iniziativa ovunque avesse incontrato il nemico, avrebbero mutato considerevolmente a favore degli insorti il rapporto di forze. Oltre a questo, si pensi all'effetto psicologico di un'azione così fulminea e risoluta. Purtroppo al responsabile del gruppo mancò completamente questo spirito di iniziativa: restò sul posto con i suoi uomini fino all'arrivo delle truppe governative, che non tardarono ad avere la meglio.
L'occupazione del distaccamento dell'aeronautica e l'adesione pronta degli avieri all'insurrezione presentano un grande interesse dal punto di vista di un problema particolare: il miglior mezzo per far scendere in piazza un'unità che, nella sua massa, sia già stata lavorata dalla propaganda e compenetrata di spirito rivoluzionario, ma che non abbia ancora la forza di emanciparsi dalla disciplina di caserma. Se gli insorti riuscissero a disarmare un'unità in queste condizioni, sarebbe poi relativamente agevole riorganizzarla per ulteriori azioni a fianco dell'insurrezione, spiegando agli uomini la situazione, isolando (con l'aiuto del gruppo comunista) gli elementi ostili alla rivoluzione, e consegnando le armi ai soldati rivoluzionari. Nei confronti delle unità del 10° reggimento, per esempio, gli insorti di Reval non seppero agire in questo senso. Si limitarono alle esortazioni verbali, i militari esitarono e l'intera impresa finì in un buco nell'acqua.
3. Nonostante l'enorme superiorità degli avversati, i gruppi militari scesero in battaglia con grande entusiasmo, ma questo entusiasmo scomparve, almeno presso la maggior parte degli uomini, subito dopo i primi insuccessi. A eccezione del gruppo che occupò la stazione del Baltico e il distaccamento dell'aeronautica, mancò al combattimento ogni ardore. Così si spiega in gran parte il fatto che al momento di assumere la difensiva non venne eretta alcuna barricata, mentre gli insorti, una volta costretti alla difesa, avrebbero potuto applicare i metodi dei combattimenti sulle barricate, sfruttandone tutti i vantaggi: a tanto non sarebbero certo mancati i mezzi, purché esistesse una precisa volontà di continuare la lotta con accanimento.
4. Non tutti gli uomini delle squadre sapevano servirsi delle armi in dotazione. Le mitragliatrici Thomson, armi efficacissime nel combattimento negli abitati, rimasero praticamente inutilizzate perché gli uomini non sapevano usarle. Del resto la quantità di colpi a disposizione (un centinaio di cartucce per arma) era assolutamente insignificante. Alcune bombe a mano, lanciate Di-I momento in cui l'esito del combattimento dipendeva proprio da una bomba bene aggiustata (alla caserma di polizia, per esempio), non esplosero perché il lanciatore non era addestrato. Anche questa circostanza influì sfavorevolmente sull'azione.
5. La ricognizione di certi obbiettivi era stata condotta in misura insoddisfacente. L'ignoranza della disposizione esatta dell'accantonamento di polizia sta all'origine del fallito attacco in quel punto. Stessa considerazione per la cittadella. L'occupazione della cittadella venne, in realtà, condotta a vuoto, poiché gli insorti, non sapendo esattamente dove cercare, non riuscirono a mettere le mani sugli uomini di governo.
6. Risultarono insufficienti anche i collegamenti e il sostegno reciproco tra i vari gruppi. I gruppi, fallite le rispettive missioni, non si unirono ai gruppi vicini per continuare la battaglia in uno sforzo comune: in massima parte si sciolsero. Con una precisa volontà di battersi e un minimo d'iniziativa, invece, anche in assenza di una guida generale, il sostegno reciproco sarebbe stato possibile. L'esempio più evidente di questa mancanza d'iniziativa e di desiderio di soccorrere i compagni vicini si ebbe nelle operazioni della scuola allievi ufficiali (dispersione dopo il fallimento) e del distaccamento dell'aeronautica (inazione).
7. Tutti gli errori fin qui elencati hanno inciso profondamente sull'esito dell'insurrezione di Reval. È evidente l'impossibilità di evitare ogni e qualsiasi errore nella preparazione e nella condotta di un'impresa tanto complessa come un'insurrezione armata: il Partito e il proletariato non posseggono e forse non possiederanno mai un numero sufficiente di capaci dirigenti militari. Tuttavia, con un'organizzazione più oculata, buona parte degli strafalcioni sopra ricordati si sarebbe potuta evitare. Senza nulla togliere all'importanza del fattore soggettivo, che ha un'incidenza enorme, noi riteniamo che a Reval le sorti dell'insurrezione non dipendessero dagli errori elencati. Quel che ebbe una parte decisiva nel determinare l'esito dell'insurrezione è che dei gruppi esigui di operai rivoluzionari organizzati militarmente, una volta scatenata l'insurrezione, si erano trovati isolati dal grosso del proletariato. Le masse operaie, a eccezione di gruppi isolati di operai, e soprattutto di operai che ai gruppi si erano uniti a battaglia già iniziata, portando un vario contributo alla lotta, non sostennero attivamente gli insorti di fronte alla controrivoluzione. La classe operaia di Reval, nel suo complesso, rimase spettatrice disinteressata del combattimento. Ecco la circostanza che ebbe un'importanza decisiva.
E tutto questo accadde anche se il Partito godeva di una profonda influenza sulla massa operaia, anche se gli operai avevano perduto ogni fiducia nella politica della borghesia e nel successo dello sviluppo dell'"Estonia indipendente," reclamando l'adesione dell'Estonia all'Unione sovietica, nell'idea che soltanto le parole d'ordine del Partito comunista - rovesciamento della borghesia e istituzione di un governo operaio e contadino - potessero offrire una via d'uscita allo stato di disordine e, in genere, al vicolo cieco in cui li aveva cacciati la politica di una borghesia bancarottiera.
L'inazione delle masse operaie si spiega non perché al proletariato di Reval mancasse lo spirito rivoluzionario, bensì a causa del fatto che non era politicamente e materialmente preparato a entrare in azione esattamente quel 1° dicembre. Dopo la settimana antibellicista, il Partito comunista non aveva tentato di inscenare neppure una manifestazione di massa, non aveva fatto appello neppure una volta agli operai perché entrassero in sciopero o perché scendessero in piazza, nel timore di una repressione prematura a opera dei mercenari armati dalle autorità. Persino in occasione del barbaro assassinio del comunista Tomp, il presidente dei sindacati estoni fucilato tre giorni prima dell'insurrezione, il Partito aveva evitato di chiamare alla protesta le masse. Il Partito aveva esagerato l'importanza del fattore mi-litare nell'insurrezione, sottovalutando invece quello del movimento rivoluzionario di massa. L'intera preparazione dell'insurrezione è infatti dominata dal principio, tipicamente militare, della sorpresa. Però gli eventi del 1° dicembre non furono assolutamente compresi dal proletariato, poiché il passaggio del Partito all'azione diretta era stato troppo brusco. Così l'insurrezione risultò inattesa non soltanto alla borghesia, ma anche alle classi lavoratrici d'Estonia e, in particolare, di Reval. Il Partito sperava, con piccoli gruppi rivoluzionari devoti, con l'avanguardia dell'avanguardia, per così dire, di strappare il potere alla borghesia attraverso azioni militari improvvise, o almeno di praticare una prima breccia nello Stato borghese per poi trascinare le masse a coronare la battaglia con un'insurrezione generale dei-In popolazione lavoratrice.
Già abbiamo visto in quali condizioni la bozza di programma dell'I.C. ritiene possibile l'organizzazione di una sollevazione armata:

Quando le classi dominanti siano disorganizzate, quando le masse sinno in uno stato di fermento rivoluzionario, quando gli elementi intermedi esitano a favore del proletariato, quando le masse sono disposte al-l'n/ione e al sacrificio, allora si impone al partito del proletariato il dovere di condurle all'assalto immediato dello Stato borghese. Tale risultato si ottiene attraverso la propaganda di parole d'ordine di transizione sempre più attive (Soviet, controllo operaio sulla produzione, consigli contadini per l'occupazione dei latifondi, disarmo della borghesia e riarmo del pro-letariato) e l'organizzazione dell'azione di massa, a cui vanno subordinate tutte le ramificazioni dell'agitazione del Partito e della propaganda, ivi compresa l'azione parlamentare. In queste azioni di massa rientrano: gli scioperi, gli scioperi abbinati a dimostrazioni o a manifestazioni armate e, infine, lo sciopero generale di concerto con l'insurrezione armata contro il potere della borghesia.

A Reval il Partito fece esattamente il contrario, ragione per cui l'insurrezione del 1° dicembre doveva inevitabilmente concludersi con la sconfitta. Il terrore governativo scatenato alla minima manifestazione di attività rivoluzionaria di parte operaia, i timori di repressione prematura o di disorganizzazione delle azioni di massa, non potevano essere motivi di rinuncia a queste azioni di massa, ma una ragione in più per prepararle in vista di uno scontro decisivo con la borghesia, ossia della sollevazione armata. E comunque, anche ammettendo che a Reval fosse estremamente difficile mobilitare le masse per una battaglia decisiva, organizzare scioperi e dimostrazioni immediatamente alla vigilia dell'insurrezione, sarebbe stato assolutamente indispensabile prendere tempestivamente i provvedimenti atti a garantire l'appoggio di determinati gruppi di operai, sufficientemente numerosi, all'indomani dell'azione. Così non è stato.
A nostro parere la causa della carenza di iniziativa e di ostinazione nella lotta da parte delle squadre insurrezionali sta nel fatto che gli insorti si sentivano isolati dalla massa operaia e che non ne ricevettero un apporto sufficiente: per la loro avanguardia le masse provavano soltanto una solidarietà passiva.
Non sono le azioni militari di un'avanguardia armata che possono e devono suscitare la lotta attiva delle masse per il potere, ma è il potente slancio rivoluzionario delle masse lavora-trici che deve provocare le azioni militari dei reparti d'avanguardia; l'entrata in azione di questi ultimi (secondo un piano ben studiato in anticipo in ogni suo aspetto) deve prodursi sotto la spinta rivoluzionaria delle masse. Non si vuoi dire con questo che la parte che può avere il fattore puramente militare nello svolgimento dell'insurrezione debba essere una parte subordinata, ma è il potente slancio rivoluzionario delle masse a dover costituire la base sociale, la piattaforma sociale e politica sulla quale costruire le azioni militari ardite, audaci e decisive dei reparti avanzati del proletariato rivoluzionario risoluto a frantumare la macchina governativa borghese. La sollevazione armata deve essere fissata in un momento saliente della rivoluzione, allorché sia giunta al massimo grado la preparazione dei nuclei derisivi del proletariato e dei suoi alleati (contadini e popolazione povera della città), allorché è giunta al culmine la disgregazione delle file delle classi dirigenti e, in particolare, delle loro forze armate.

1 a) L'Estonia è l'ex provincia d'Estonia dell'impero zarista russo, divenuta indipendente nel 1918 a seguito della rivoluzione d'Ottobre. Ha un territorio di 48.100 km2. I contadini costituiscono il 70% della popolazione.
b) Alla fine del 1922 i sindacati estoni contavano circa 27.000 aderenti. Esistevano circa 34.000 operai industriali. All'inizio del 1924 tutti i sindacati, ad eccezione di qualche lega locale, erano sotto l'influenza organizzativa e politica del Partito comunista.
I lavoratori agricoli erano 60.000, di cui circa un decimo sindacalizzati. Tale esigua percentuale si spiega con la dispersione della popolazione agricola in una miriade di cascine (khutor), circostanza sfavorevole all'organizzazione, e, per altro verso, con il terrore governativo che con tutti i mezzi ostacolava la penetrazione dei sindacati tra la popolazione rurale. Nel 1924 i sindacati vennero disciolti e ridotti alla clandestinità.
e) All'inizio del 1924 il Partito comunista contava circa 2.000 aderenti, dei quali 500 a Reval. Era fuori legge. Ideologicamente era sano. Il terrore, subito dopo la dichiarazione d'indipendenza dell'Estonia, aveva continuato a strappare alle file del Partito i suoi membri migliori, però il Partito conservava un legame diretto con le masse, continuando a dirigerne le lotte. Se ne ha la prova nel numero di voti raccolti alle elezioni amministrative dell'autunno 1923 dalle liste del Fronte unico operaio e contadino. A Reval questa lista comunista raccolse all'incirca il 36% dei voti, a Pernov e in altri grossi centri conquistò circa il 30%. In numerose località rurali il Partito comunista ottenne la maggioranza assoluta. Gli arresti più numerosi si ebbero nel 1921. Vennero arrestati più di 200 compagni, 115 dei quali rinviati a giudizio. Nella primavera del 1924 erano stati arrestati 250 compagni, dei quali 149 rinviati a giudizio (processo dei 149)
2 Tali denominazioni erano rese necessarie per le esigenze dell'attività clandestina.
 
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