Comunismo - Scintilla Rossa

Capolavoro all’Onu, a vigilare sui diritti umani ci sarà l’Arabia Saudita e Israele alla decolonizzazione

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view post Posted on 24/9/2015, 13:23

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altro che promozione e protezione dei diritti umani, dietro la foglia di fico dell’onu c’è sempre l’imperialismo (da proletari comunisti)

Pubblicato il 24/09/2015 di pennatagliente

Capolavoro all’Onu.
Da oggi a vigilare sui diritti umani ci sarà l’Arabia Saudita



Nella monarchia islamica, dove vige un’applicazione rigida della sharia, vengono violati tutti i principali diritti umani. «Ha fatto decapitare più persone dell’Isis»

Le minoranze, i perseguitati, i discriminati e chiunque nel mondo soffre per il mancato riconoscimento dei suoi diritti umani può stare tranquillo: nel 2016 sarà difeso dall’Arabia Saudita. Purtroppo non è uno scherzo: l’ambasciatore saudita Faisal bin Hassan Trad è appena stato eletto a capo del Consiglio per i diritti umani dell’Onu per l’anno 2016.

DIRITTI UMANI. Toccherà dunque a uno dei pochi paesi a non aver mai firmato la Dichiarazione universale dei diritti umani, difendere per conto dell’Onu i diritti umani nel mondo. Quest’anno la presidenza, che viene ricoperta a rotazione da un paese di una diversa area continentale, toccava al gruppo asiatico e la monarchia assoluta islamica l’ha spuntata su paesi come Bangladesh, Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Indonesia, Giappone, Kazakistan, Maldive, Pakistan, Repubblica di Corea, Qatar e Vietnam.

«PIÙ DECAPITAZIONI DELL’ISIS». L’annuncio, comprensibilmente, ha destato molta perplessità. Hillel Neuer, direttore di UN Watch, ong di Ginevra che monitora il lavoro in difesa dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha commentato così la notizia: «È scandaloso che l’Onu abbia scelto un paese che ha giustiziato più persone dello Stato islamico quest’anno per presiedere il Consiglio dei diritti umani. Petrolio, dollari e politica nuocciono a questi diritti».

RECORD MONDIALE. Neuer non ha usato mezzi termini, ma ha le sue ragioni. L’Arabia Saudita è il quarto paese al mondo per numero di esecuzioni capitali, dietro Iraq, Iran e Cina, che detiene il record assoluto e irraggiungibile con migliaia di condanne a morte contro le centinaia degli altri paesi. Nel 2014 in Arabia Saudita sono state decapitate in tutto 88 persone. Ad agosto è stata decapitata la 102esima del 2015. E mancano ancora quattro mesi alla fine dell’anno.

CONDANNE ALLA CROCIFISSIONE. Pochi giorni fa, il 17 settembre per la precisione, nel Regno è stato condannato alla crocifissione Ali Mohammed Al-Nimr, figlio di un critico della monarchia islamica, arrestato nel 2012 quando aveva appena 17 anni.

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Israele ai vertici della Commissione Onu per la decolonizzazione



La vicepresidenza ottenuta con l’incondizionato sostegno di Usa, Canada e Paesi europei. Gli Stati Arabi insorgono. Intanto, Tel Aviv continua ad annunciare nuovi insediamenti nei Territori occupati

della redazione

Roma, 20 giugno 2014, Nena News - Se non fosse per il dramma quotidiano dei palestinesi nei Territori occupati, la designazione di Israele alla vicepresidenza della IV Commissione delle Nazioni Unite (Politiche speciali e Decolonizzaione) susciterebbe una grossa risata. Invece ha mostrato ancora una volta quanto la cosiddetta comunità internazionale, per lo meno quella parte che sostiene Tel Aviv, sia schierata in maniera acritica a fianco allo Stato ebraico, tanto da metterlo ai vertici di un organismo che ha lo scopo di affermare e garantire il diritto dei popoli all’autodeterminazione e all’indipendenza. Un diritto negato ai palestinesi, le cui terre sono continuamente occupate dagli insediamenti israeliani, in barba a risoluzioni Onu e al diritto internazionale.

Così, questa vicenda della Commissione per la decolonizzazione oscilla dall’assurdo al tragicomico. Mentre Gran Bretagna, Canada (“risoluto sostegno”), Stati Uniti (“Inequivocabile sostegno”) e altri Stati europei votavano per Tel Aviv, incontrando l’opposizione (sbalordita) del blocco dei Paesi arabi, i soldati israeliani demolivano le case dei palestinesi per fare spazio a nuovi insediamenti. Mercoledì scorso sette famiglie palestinesi hanno perso la propria casa. Una settimana fa il governo di Benjamin Netanyahu ha annunciato nuovi progetti di blocchi abitativi per gli israeliani in Cisgiordania. E nel deserto del Naqab (Negev) è in atto la cacciata della comunità beduina palestinese, una vera pulizia etnica.

Il Qatar, a nome di tutti gli Stati arabi, ha ricordato che Israele viola il diritto internazionale, che occupa territori non suoi da 66 anni e, pertanto, “non è qualificato” a presiedere a decisioni che riguardano le “questioni pertinenti i profughi palestinesi” e “le indagini sulle proprie attività illegali”. Le obiezioni del blocco arabo non hanno fatto breccia e a News York si è stata presa un’assurda decisione. Una scelta che l’Arabia Saudita ha descritto come “l’equivalente morale di mettere a capo della commissione contro il razzismo il regime Sudafricano dei tempi dell’Apartheid”. Nena News

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Arabia Saudita: Oppositore sarà decapitato e crocifisso



Lo sciita Ali an-Nimr è accusato da Riyad di appartenere ad una organizzazione terroristica. Il giovane partecipò ad una manifestazione pro-democrazia nel 2012 quando era ancora minorenne. Pochi giorni fa, l’Onu aveva affidato all’ambasciatore saudita presso l’Onu un ruolo chiave nel campo dei diritti umani

della redazione

Roma, 23 settembre 2015, Nena News – Sarà decapitato e crocifisso pubblicamente a mò di monito. No, non stiamo parlando della nuova barbarie targata Stato islamico (Is) ma di quanto avverrà a breve in Arabia Saudita, tra le più strette alleate occidentali. A rivelare la notizia sono stati gli attivisti sauditi e l’Ong britannica Reprieve che si batte contro la pena di morte.

Il destinatario della sentenza di morte è il 21enne, Ali Mohammed an-Nimr, arrestato quando era ancora minorenne per aver partecipato ad una protesta contro il regno. I fatti risalgono al 2012. An-Nimr aveva allora 17 anni ed aveva preso parte ad una manifestazione a Qatif (nella parte orientale del Paese). Il giovane fu arrestato e accusato di vari crimini tra cui quello di appertenere ad una organizzazione terroristica, di possedere armi e di aver lanciato bottiglie molotov contro le forze di sicurezza. Fu anche incolpato per aver usato il suo cellulare per organizzare la protesta. Le accuse, confermate in fase processuale, si basano sulla sua confessione che – denuncia Reprieve – fu estorta con torture. Durante il processo – sempre secondo quanto riferisce la Ong britannica – al ragazzo è stato negato un avvocato e quando il giovane ha posto personalmente la questione delle torture, i giudici si sono rifiutati di prendere in considerazione le sue parole.

A complicare la posizione del ragazzo è anche il suo albero genealogico: an-Nimr è infatti il nipote di un famoso imam sciita (Shaykh Nimr Baqr an-Nimr) noto oppositore della monarchia sunnita wahhabita saudita e che, per il suo pubblico dissenso, fu imprigionato e decapitato agli inizi delle rivolte arabe scoppiate nel 2011.

Zena Esia, dell’organizzazione saudita europea per i diritti umani ha dichiarato qualche giorno fa alla stampa britannica che “l’unico modo per salvare Ali è chiedere un perdono reale. Il suo rilascio o meno dipende da una decisione del monarca”.

La notizie della terribile sentenza pronunciata contro an-Nimr stride ancora di più se si pensa che pochi giorni fa le Nazioni Unite hanno affidato all’Arabia Saudita un ruolo chiave nel campo dei diritti umani. Una decisione, questa, che ha mandato su tutte le furie i gruppi per i diritti umani internazionali secondo i quali la monarchia wahhabbita è “indiscutibilmente il Paese peggiore al mondo in quanto a rispetto dei diritti delle donne, delle minoranze e per la libertà a dissentire”. Tra le voci più critiche quelle della moglie del blogger saudita Raif Badawi su cui pende una sentenza di 1000 frustrate per il suo dissenso espresso contro la famiglia reale. Ensaf Haidar, che sta guidando una campagna internazionale per la liberazione del martito, ha scritto sul suo account Facebook che offrire all’ambasciatore saudita Faisal bin Hassan Trad all’Onu a Ginevra un incarico di tale importanza nel campo dei diritti umani, vuol dire “dare luce verde per iniziare a frustarlo”. Nena News

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