Comunismo - Scintilla Rossa

Giorgio Cremaschi, Autocritica di un imbroglione

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Yuri Gagarin
view post Posted on 2/11/2012, 20:43




Giorgio Cremaschi : Autocritica di un imbroglione




Giovedì 28 giugno è comparso in rete un post molto significativo.


www.comedonchisciotte.org/site//mod...p=124070#124070

Il titolo del post è La costituzione esce dalle fabbriche e l’autore è il ben noto intrallazzatore sindacale Giorgio Cremaschi.

In questo post, pubblicato da MicroMega (per me, MicroMenga), organo raffinato e un po’ snob della sinistra serva del neoliberalismo e della globalizzazione neoliberista, l’intrallazzatore sindacale in questione, oggi “pensionato” e con il culo al sicuro, chiede (umilmente?) perdono per la drammatica sconfitta subita dai lavoratori a causa della manomissione dell’art. 18 e dell’estensione della libertà di licenziamento in Italia.

Sì io sento il bisogno di scusarmi per questa sconfitta e per come e’ maturata, scrive il burocrate sindacalese quando è ormai troppo tardi.

Questo farabutto, dopo aver mentito ai lavoratori per anni, dopo aver contribuito a deviare sui binari morti degli scioperi inutili, “politicamente corretti” e “democratici” (meglio liberaldemocratici) la protesta del lavoro, adesso che è in quiescenza, che non rischia la carriera ed è fuori dei giochi sindacalesi di sottopotere, ci rivela che la CGIL della Camusso ha lavorato contro i suoi stessi iscritti, fingendo, ma soltanto fingendo, di opporsi ai massacratori controriformisti Monti e Fornero.

Ma la Fiom fa parte da moltissimi anni della CGIL e quindi anche Giorgio Cremaschi, come capo del comitato centrale Fiom.

In questo lacrimevole post (lacrime di coccodrillo, naturalmente) il vile imbroglione, l’abile parolaio che si è speso con gli altri farabutti suoi pari per uccidere sul nascere la protesta dei lavoratori, ci rivela che la colpa della sconfitta non è (come sospettavamo) dei lavoratori impauriti e ricattati dalla disoccupazione e dalla precarietà, ma – udite, udite! – dei dirigenti di quello che una volta definivamo movimento operaio ed in particolare di quelli della Cgil. Non e’ vero infatti che su questo tema non ci fossero spinte alla mobilitazione. E’ vero anzi il contrario.

Quindi il compito assegnato dai padroni di Monti ai sotto-servi sindacalesi di CGIL e Fiom era quello di bloccare la protesta sul nascere, per far passare la controriforma del diritto del lavoro, e Cremaschi, che era anche lui della partita, non lo nasconde, tanto il suddetto è “pensionato” e non rischia poltrone!

I sotto-servi sindacalesi, leccapiedi delle Aristocrazie finanziarie, hanno svolto bene il loro compito di kapò, impedendo la rivolta dei lavoratori-internati in quel grande campo di concentramento europoide che è diventata l’Italia.

Uno di questi miserabili kapò è stato lo stesso Giorgio Cremaschi, che oggi piange il morto e chiede scusa alle innumerevoli vittime delle manovre montiane euroglobaliste, appoggiate dal Pd, dalla sinistra neoliberista e, seppur più subdolamente e nascostamente, dalla CGIL con la Fiom al suo interno.

Cremaschi poteva scegliere.

Poteva scegliere la lotta e, come ammette lui stesso nel suo post, avrebbe avuto un gran seguito fra i lavoratori.

Leggete questo, per comprendere meglio ciò che ci rivela questo farabutto: Uno sciopero generale della portata delle lotte del 2002 era alla portata ed avrebbe aperto un fronte complessivo con il governo, mettendo in gravi difficoltà Cisl e Uil e ancor di più il partito democratico. Ed e’ per questo che non si e’ fatto. La squallida mediazione definita tra i partiti di governo si e’ trasferita sul progetto di legge, Cisl e Uil hanno accettato e la Cgil ha finito di opporsi. E, fatto ancor più grave, ha accettato la mediazione che cancellava l’articolo 18 facendo finta di aver vinto. A quel punto la prospettiva di una unificazione delle lotte e’ saltata e anche la Fiom ha drasticamente ridimensionato la propria iniziativa.

Ma le lotte del 2002 erano politiche, ed erano contro il secondo governo Berlusconi, che pur cercava di manomettere lo Statuto dei Lavoratori del 1970 per dare agli imprenditori la possibilità di licenziare (e avere, così, il loro pieno appoggio), mentre in tal caso, nel nostro caso, si sarebbe trattato di lotte contro un governo appoggiato servilmente dalla sinistra politica e sindacalese.

Quindi, non solo non si potevano fare lotte contro il governo amico di Monti-Napolitano, euroglobalista e ultraliberista, imposto dalla classe globale dominante, ma si doveva fingere di opporsi, per impedire che la protesta si manifestasse al di fuori dei recinti sindacali e per imbrogliare i lavoratori fino ad approvazione della controriforma.

Inoltre, perché mettere in difficoltà il Pd, sostenitore di Monti, sguattero del grande capitale finanziario, europeista-europoide e filoglobalista?

“Cane non mangia cane”, come recita un noto proverbio.

Questo ci rivela il contrito Cremaschi, e questo lui lo sapeva fin dall’inizio, ma l’ha tenuto nascosto ai lavoratori, imbrogliandoli.

La parte che in questo gioco sporco ha avuto Giorgio Cremaschi, insieme a una gran parte dei dirigenti Fiom e al segretario nazionale Landini, ci è ormai chiara: quella del poliziotto buono, che finge di contrastare il poliziotto cattivo (Camusso) e di strappargli qualche inutile ora di sciopero generale “politicamente corretto” e perciò non incisivo.

Ma ora non c’è più necessità di giocare al poliziotto buono – che vuole lo sciopero generale e la mobilitazione, naturalmente “democratica” e pacifica – e al poliziotto cattivo, impersonato dalla Camusso e dalla sua segreteria che fanno resistenza e tendono a posporre le date.

Non c’è più questa necessità perché i lavoratori sono stati bene imbrogliati e neutralizzati, e la controriforma di Monti e Fornero è passata (con il voto entusiasta del liquame pidiino parlamentare).

Tornando al recente passato, il gioco sporco di CGIL e Fiom, collegati al Pd, e quindi, indirettamente al direttorio Monti-Napolitano, ha permesso, per ammissione dello stesso Cremaschi, di frammentare le lotte in fabbrica e nella società: Il movimento si é quindi ridotto a singole azioni di lotta, da ammirare ringraziare, ma insufficienti a pesare sul quadro politico. Tante fabbriche metalmeccaniche, prime la Same e la Piaggio han continuato eroicamente a scioperare. I sindacati di base hanno generosamente scioperato il 22 scorso. Ma non poteva bastare, tenendo conto anche del terribile regime informativo che censura ogni dissenso mentre ossessivamente grida: viva Monti, viva l’euro, viva il rigore.

Oggi Giorgio Cremaschi sente il bisogno di “scusarsi” per ciò che ha permesso di fare contro quegli stessi lavoratori che lui, Camusso, Landini e gli altri soci della gran camarilla confederale avrebbero dovuto rappresentare e difendere a spada tratta.

Ma perché queste ammissioni, queste dichiarazioni, queste rivelazioni, dobbiamo chiederci, noi che non crediamo nel suo pentimento tardivo, fuori tempo massimo, esattamente come il ladro che si pente soltanto quando rischia di essere scoperto, o quando addirittura lo prendono con le mani nel sacco?

Non certo per rimorso, per crisi di coscienza, per sopraggiunto e sincero pentimento per ciò che ha lasciato che si faccia e per ciò che vigliaccamente non ha fatto.

Cremaschi lo fa per poter accreditarsi ancora, in futuro, come capetto di qualche associazione, o di qualche “movimento”, naturalmente pacifista e (liberal)democratico, che potrà tornar utile, in futuro, ai padroni di Monti, del Pd, della CGIL e della Fiom.

Lo fa per ricostruirsi una (improbabile) verginità e non sparire definitivamente dalla scena.

Lo fa per poter imbrogliare ancora e per poter imbrigliare ancora la protesta, contribuendo a narcotizzarla, a deragliarla su un binario morto.

Leggete ciò che scrive il furbastro alla fine del suo post: Ora abbiamo il modello Marchionne esteso a tutto il mondo del lavoro e dobbiamo ricostruire potere e forza. Non sarà facile ma ci dobbiamo provare, ancor di più noi che siamo consapevoli della portata di questa sconfitta. Senza fare sconti a chi ne e’ più responsabile nel sindacato, e senza dimenticare mai più la colpa di Monti e del Pd che lo sostiene. Dei quali dovremo essere solo intransigenti avversari.

Posto che il modello Marchionne poteva contrastarlo con determinazione quando ancora non era esteso a tutto il mondo del lavoro (ma evidentemente non aveva né la forza, né la determinazione né la volontà per farlo), rileviamo che chi ha tradito una volta può tradire ancora e contribuire a metterlo nel culo, una volta di più, a milioni di lavoratori sempre più poveri, sempre più ricattati e sempre più disperati.


Se la costituzione è uscita dalle fabbriche il “merito” è un po’ anche di Cremaschi.

Grazie Cremaschi, a te e ai tuoi complici bastardi!

Grazie di tutto, astutissimo servo del sistema, ma forse questa volta non ce la farai a riciclarti per continuare a truffare!

Qui, dal Water Closed, vi saluta il vostro

Anatolio Anatoli
Fonte: http://waterclosed.myblog.it
Link: http://waterclosed.myblog.it/archive/2012/...mbroglione.html

www.comedonchisciotte.org/site//mod...ticle&sid=10526



Tratto da: GIORGIO CREMASCHI: L’AUTOCRITICA DI UN IMBROGLIONE | Informare per Resistere www.informarexresistere.fr/2012/07/.../#ixzz2B5z7H4uE
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!
 
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babeuf
view post Posted on 3/11/2012, 00:03




Articolo pessimo, Don chisciotte è un sito sempre a rischio stronzate.
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 3/11/2012, 13:38




già , proponevo visto che ultimamente landini e cremaschi mi lasciavano perplesso
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 3/11/2012, 14:35




La FIOM ha dismesso l'opposizione sociale



Molti compagni sono davvero increduli rispetto a quanto accaduto intorno alla mia "dimissione" dalla segreteria.
Non si capacitano che Landini, unanimemente riconosciuto come difensore dei diritti dei lavoratori e della democrazia stessa, possa rimuovere dalla segreteria un compagno per dissenso. Eppure e' cosi'. Non c'è nessun altra ragione che ha spinto, per la prima volta nella storia dei metalmeccanici, un segretario Fiom a rimuovere un componente di segreteria. Con questo atto autoritario Landini e Airaudo rompono la maggioranza congressuale degli ultimi 3 congressi estromettendo la rete 28 aprile.
Il dissenso. Di cosa sono accusato? Tralascio le vergognose, false e pretestuose ricostruzioni che vogliono il sottoscritto impegnato a organizzare contestazioni a Landini. Cosi' come é francamente assurdo dover rispondere alle menzogne che descrivono il sottoscritto d'accordo nelle segreterie e contrario nei comitati centrali... Delle due l'una: o mi sono opposto troppo o troppo poco. La macchina del fango ha lavorato alacremente per screditare le ragioni che ho sostenuto attraverso il discredito del singolo, la denuncia dell'untore. C'e' una vecchia e poco nobile tradizione in questo senso. (...)

Tralasciando tutto cio', l'accusa che mi viene mossa e' riferita alla presunta scelta di rompere con la linea maggioritaria e di aver scelto, in un'ottica Cgil, di ricostruire l'opposizione in tutte le categorie della confederazione.
Tutto cio' e' facilmente smontabile. E' evidente a tutti che la Fiom ha dismesso l'opposizione sociale. Ha dismesso l'alterita' e l'opposizione alla paurosa deriva della Cgil con conseguenze nefaste, sconfitta su art.18 e pensioni.
Dopo il 16 ottobre 2010 la Fiom poteva svolgere uno straordinario ruolo di catalizzatore di un vasto movimento contro le politiche del governo e contro marchionne. Cio' avrebbe portato probabilmente la fiom allo scontro frontale con la cgil. landini e Airaudo hanno deciso di non farlo. Cosi la lotta Fiom si e' mantenuta alta sul terreno mediatico,forte di un consenso e di una domanda sociale straordinaria,ma e' via via scemata nelle pratiche concrete, nella politica contrattuale. Da qui una gestione della vertenza per il contratto tutta piegata al tentativo di cercare uno spiraglio per la riaffermazione della titolarita' Fiom piu' che orientata a costruire conflitto in rapporto con i lavoratori.
Cosi come nella vertenza Fiat, dopo la chiusura con sbagliati accordi sindacali di due stabilimenti al sud, termini imerese e irisbus e la pesante vicenda ex bertone, resta forte lo scontro sul terreno dei diritti sindacali e delle agibilita' fiom e sempre piu' evanescente la battaglia contro il modello autoritario e schiavistico di marchionne. In tutto questo considero profondamente sbagliato e incoerente con le battaglie di questi anni, con il valore che diamo al contratto nazionale, considerare l'accordo del 28 giugno come argine agli accordi separati, come riferimento per la democrazia sindacale. Proprio l'accordo che ha accolto le deroghe al contratto, che ha cancellato ruolo e funzioni del contratto nazionale.
Io non ho cambiato idea. Continuo a rivendicare la Fiom del congresso di Livorno e Montesilvano. Rivendico la Fiom che discute, che cerca, con la fatica che la democrazia richiede, di lavorare sempre all'unita' della categoria e della stessa con i lavoratori. La Fiom che parlando il linguaggio semplice e radicale dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici li conquistava alla lotta, dimostrando, in tanto lerciume della politica, che si puo' coniugare dire e fare.
Prendo atto che questo non e' piu' l'orientamento maggioritario in Fiom. C'e' una svolta, profonda dei gruppi dirigenti. Per queste ragioni il dissenso e' particolarmente avversato.
Ho atteso mesi prima di denunciare pubblicamente quanto avviene in Fiom. L'ho fatto per non ledere l'immagine della Fiom, per il bene dei lavoratori.
Oggi, con la rottura netta che landini e airaudo hanno deciso, credo tempo fa, e' necessario organizzare tutti coloro che vogliono salvare la lunga stagione della Fiom. Organizzare coloro, e sono tanti, che vogliono continuare a lottare.
Per mesi ho denunciato negli organismi preposti la gestione scarsamente democratica dell'organizzazione. Ho denunciato le scarse, scarsissime segreterie e quindi l'impossibilita' di poter discutere collettivamente almeno le grandi scelte, su fiat, contratto ecc. Cosi come ho contestato il perenne ricorso al voto di fiducia al segretario nelle discussioni al comitato centrale. Sono stato impossibilitato a esercitare il ruolo a cui il comitato centrale mi aveva chiamato, dalla partecipazione ai direttivi provinciali, agli attivi dei delegati. Persino gli ordini del giorno conclusivi li potevo leggere solo pochi minuti prima del voto.
Queste sono in sintesi le gravissime colpe che hanno indotto landini e airaudo a dimettermi. Oggi ripartiamo, con chi ci sta, a organizzare l'opposizione alla svolta, al rientro nei ranghi della Fiom. Ripartiamo con i tanti e le tante che non vogliono chinare il capo e vogliono lottare contro Monti,Marchionne,Squinzi. E che hanno il diritto e il bisogno di un sindacato democratico, combattivo e di classe. Prossimo appuntamento il 27 ottobre con il "no monti day".

FONTE


www.contropiano.org/it/archivio-new...sizione-sociale


Anche se Cremaschi sembra sia contrario a questa espulsione

"Il cambiamento in Fiom c'è. Chi ama questo sindacato non taccia"



In Fiom non è successo niente su cui valga la pena di soffermarsi e di riflettere? Un segretario nazionale è stato dimissionato dalla segreteria perché il suo dissenso è stato giudicato incompatibile con il segretario generale e quindi con l'incarico.

Poco più della metà del comitato centrale dell'organizzazione ha eletto una nuova segreteria, più ampia della precedente e preventivamente omogenea al segretario generale. Il diritto al dissenso è stato così equamente bilanciato dal diritto a cacciare chi dissente. Ma pare non sia successo niente. Una crisi nel gruppo dirigente di una bocciofila avrebbe suscitato più rumore. Il solo giornale che ha commentato , in anticipo e positivamente, la vicenda è stato il Sole 24 Ore. Poi silenzio, salvo una notiziola sul Manifesto che alterava la realtà. La realtà? Un lusso che non ci si può permettere di affermare ed approfondire.

Ecco allora che la vicenda della destituzione di Sergio Bellavita viene trasformata in un episodio increscioso di cui è meglio tacere. La politica non c'entra, sono altre le questioni, slealtà, ambizioni personali, forse peggio. Il fatto non sussiste.

In questi anni la Fiom è stata il simbolo e il riferimento di chi non si arrende. In Fiat ha detto no al ricatto di Marchionne e ha pagato assieme ai lavoratori un prezzo altissimo. Non ha scelto di salvare l'organizzazione anche quando i lavoratori perdevano tutto. Ha perso con loro non firmando e per questo è ancora viva.(...)

In un paese disabituato al rigore, quello della giustizia e della moralità non quello di Monti a favore delle banche, il no della Fiom ha coperto un vuoto politico enorme ed è diventato una cartina di tornasole della buona politica. Questo però ha avuto un doppio prezzo. La Fiom è diventata una specie di acquasantiera per una sinistra confusa e subalterna al moderatismo e al liberismo del centrosinistra, dell'antiberlusconismo di facciata, dei governi tecnici. E questo ha evitato un chiarimento di fondo, come avviene invece nel resto d'Europa. Per dirla più brutalmente, molti gruppi dirigenti a sinistra del Pd si sono nascosti dietro alla Fiom per continuare ad essere e a fare quello di prima. Così oggi c'è chi sta con la Fiom e contemporaneamente con chi sostiene Monti.

In secondo luogo la Fiom e il suo gruppo dirigente hanno ricevuto un ritorno di immagine che ha finito per supplire alle difficoltà dell'agire concreto. Così come negli anni della concertazione il sindacato confederale sembrava contare moltissimo mentre la condizione concreta dei lavoratori precipitava in basso, così il mito della Fiom si dilatava ben oltre la sua forza reale.

Naturalmente non c'è un male assoluto in questo. Se un gruppo dirigente usa un prestigio e un consenso superiori alla forza per far crescere nella libertà del confronto l'organizzazione che dirige, l'immagine viene usata bene. Se invece ci si presenta alle riunioni carichi di gloria solo per pretendere fedeltà qualunque scelta si faccia., questo non va bene, ma Landini e Airaudo si sono incamminati su questa seconda strada.

Sul piano delle politiche sindacali concrete non c'è dubbio che l'attuale maggioranza della Fiom abbia compiuto due significativi cambiamenti di rotta. Mentre i metalmeccanici e tutti i lavoratori accumulavano dissenso e sfiducia verso un sindacalismo confederale che lasciava passare senza vero contrasto tutte le peggiori controriforme di Monti, con la segreteria della Cgil è stata progressivamente attenuata la differenza e la lotta politica.

E soprattutto si è scelto di fare dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 lo strumento, la piattaforma, per superare la stagione degli accordi separati. Questa davvero non è piccola cosa.

Quell'accordo rafforza e restringe la gabbia concertativa che da venti anni soffoca la contrattazione, Il contratto nazionale si può rinnovare solo se vengono concesse ulteriori flessibilità su tutte le condizioni di lavoro, fino alle vere e proprie deroghe. Tutti gli accordi nazionali firmati dopo quell'intesa hanno comportato brutali peggioramenti delle condizioni di lavoro in cambio di risibili aumenti salariali. Ai lavoratori sarebbe convenuto mantenere i vecchi contratti senza finti miglioramenti, ma le aziende non avrebbero firmato, perchè sono esse che fanno le piattaforme e decidono se e quando accordarsi.

La Fiom ha deciso di rivendicare il 28 giugno per i pallidi e mai applicati accenni che in esso si fanno ad una misurazione della rappresentanza sindacale. Questo per non essere più discriminata in Fiat e in altri luoghi di lavoro. Ma a parte il fatto che si tratta di intenzioni rimaste sulla carta, è evidente che una sia pur pallida possibilità di renderle concrete è strettamente legata alle disponibilità sindacali sulla flessibilità del lavoro.

Alle difficoltà e alle contraddizioni dell'azione sindacale si è poi aggiunta una sempre più marcata iniziativa politica. Anche questa scelta non è destinata necessariamente a produrre risultati negativi. Se viene vissuta e discussa in tutta l'organizzazione, se è una maturazione del conflitto sociale senza esserne un vincolo, essa è una manifestazione di quel principio dell'indipendenza sindacale che la Fiom mise nel suo statuto, anche con polemiche, nel congresso del 2004.

Anche qui però si è progressivamente affermata una doppiezza negativa. Mentre nelle riunioni interne si negava che che ci fossero scelte politiche in corso, all'esterno si lasciava crescere il mito del partito Fiom. Fino ad una recente intervista di Airaudo che parla, confusamente, di partito del lavoro, candidature e altro ancora. Non son più dirigente da qualche mese, posso però dire che finchè lo sono stato non ho mai partecipato a discussioni interne su questo tema.

Il cambiamento di linea c''è stato dunque, ed è cosi riemerso un dilemma storico del movimento operaio. Devi dire la verità o devi difendere l'immagine dell'organizzazione? La verità o la rivoluzione? Gramsci diceva la verità è sempre rivoluzionaria, e la storia gli ha drammaticamente dato ragione.

Landini ed Airaudo avrebbero dovuto ammettere il cambiamento, spiegarne le ragioni e accettare le diverse valutazioni. Invece si è usato il prestigio per affermare che nulla era cambiato e che chi affermava il contrario era un nemico dell'organizzazione.

E' vero, chi lotta in situazioni difficili come quelle degli operai oggi, ha bisogno anche di fede. Ma questo suo bisogno non può, non deve essere usato per comandare. Se due dei licenziati di Melfi dicono che in Fiom le cose non vanno come dovrebbero, c'è il dovere di discutere e capire. E non è giusto rispondere al dissenso degli operai della Same di Bergamo con il trasferimento di Eliana Como.

In questi anni la Fiom è stata diversa dal palazzo anche per la sua vita interna. Mentre nella Cgil si affermavano le logiche di apparato, il voto di fiducia come conclusione delle riunioni, la crisi della partecipazione, nella Fiom vigeva la più ampia libertà di discussione. Questo non era solo un portato della della storia dei metalmeccanici, ma il frutto del lavoro dei gruppi dirigenti degli ultimi 18 anni, da Claudio Sabattini in poi. Ci si divideva aspramente se necessario, ed è successo, ma non scattava la ghigliottina per i dissenzienti dopo. Questo dava forza e intelligenza alla Fiom e a tutti i metalmeccanici. Landini ed Airaudo hanno rotto con questo principio ed hanno così provocato un danno all'organizzazione che dirigono.

La lotta per la democrazia nella fabbrica e nella società richiede la pratica della democrazia nelle organizzazioni che quella lotta conducono. E la democrazia è prima di tutto che chi dissente non viene punito.

Chi ama la Fiom e la sua storia trovi il modo di dirlo e non taccia, magari perché tentato di usare il bel nome dei metalmeccanici per rendere più appetibili le proprie scelte politiche e elettorali.

FONTE

www.contropiano.org/it/archivio-new...cato-non-taccia

Propongo agli admin se possono di cambiare il nome della discussione in malumori in FIOM , visto che l'articolo su cremaschi sembra tendenzioso , ma anche di cremaschi non mi fido granchè , possibile che la vicenda Bellavita possa essere strumentalizzata.
 
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babeuf
view post Posted on 4/11/2012, 20:47




Non è che sembra . Bellavita è della corrente di Cremaschi. La Fiom sta facendo fuori la sua sinistra interna.
 
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view post Posted on 4/11/2012, 21:35
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CITAZIONE (babeuf @ 4/11/2012, 20:47) 
Non è che sembra . Bellavita è della corrente di Cremaschi. La Fiom sta facendo fuori la sua sinistra interna.

Beh è l'iter dei sindacati...
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 5/11/2012, 17:51




anchio avevo dubbi su questo articolo , m, cremaschi mi sembra moderato , ma non a quei livelli propinati dall'articolo citato sul mio post , landini invece è il concertazionista infiltrato
 
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babeuf
view post Posted on 5/11/2012, 18:03




Io non ne faccio neanche questione di dibattito politico. L'articolo è semplicemente scritto da un ignorante su un sito frequentato da neofascisti.

CITAZIONE (Yuri Gagarin @ 5/11/2012, 17:51) 
anchio avevo dubbi su questo articolo , m, cremaschi mi sembra moderato , ma non a quei livelli propinati dall'articolo citato sul mio post , landini invece è il concertazionista infiltrato

 
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view post Posted on 16/9/2015, 14:01

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Cremaschi: "Perché lascio la Cgil"


La ragioni per le quali ho restituito dopo 44 anni la tessera della Cgil sono semplici e brutali. Oramai mi sento totalmente estraneo a ciò che realmente è questa organizzazione e non sono in grado minimamente di fare sì che essa cambi.La mia è quindi la presa d'atto di una sconfitta personale: ci ho provato per tanto tempo e credo con rigore e coerenza personale, non ci sono riuscito. Anzi la Cgil è sempre più distante da come avrei voluto che fosse. Non parlo tanto dei proclami e
delle dichiarazioni ufficiali, ma della pratica reale, della vita quotidiana che per ogni organizzazione, in particolare per un sindacato, è l'essenza. Non è questo il sindacato che vorrei e di cui credo ci sia bisogno, e soprattutto non vedo in esso la volontà di diventarlo.
Naturalmente mi si può giustamente rispondere: chi ti credi di essere? Certo la mia è la
storia di un militante come ce ne sono stati tanti, che ha speso tanto nell'organizzazione ma che non può pretendere di essere al centro del mondo. Giusto, tuttavia credo che la mia fuoriuscita possa almeno essere registrata come un pezzetto della più vasta e diffusa crisi sindacale di cui tanto si parla, e che come tale possa essere collocata e spiegata.
Nei primissimi anni 70 del secolo scorso a Bologna come lavoratore studente ho preso con orgoglio la mia prima tessera Cgil. Poi sono stato chiamato a Brescia per cominciare a lavorare a tempo pieno nella Fiom. Nella quale sono rimasto fino al 2012. Ho visto cambiare il mondo, ma se tornassi indietro con la consapevolezza di oggi rifarei tutte le scelte di fondo. Scherzando penso che io ed il mondo siamo pari, io non sono riuscito a cambiarlo come volevo, ma pure lui non ce l'ha fatta con me.
CremaschiQuando ho cominciato a fare il "sindacalista" a tempo pieno questa parola suscitava rispetto. Io la maneggiavo con un pò di timore. Il sindacalista era una persona giusta e disinteressata che raddrizzava i torti, era il difensore del popolo. Oggi se dici che sei un sindacalista ti vedi una strana espressione intorno, molto simile a quella che viene rivolta ai politici di professione. Sindacalista eh? Allora sai farti gli affari tuoi...
Questo discredito del sindacato è sicuramente alimentato da una disegno del potere economico e delle sue propaggini politiche ed intellettuali. Ma è anche frutto della burocratizzazione e istituzionalizzazione delle grandi organizzazioni sindacali. Paradossalmente oggi è proprio il sindacalismo moderato della concertazione, che ho contrastato per quanto ho potuto, ad essere messo sotto accusa.
Negli anni 80 e 90 è stata la mutazione genetica del sindacato più forte d'Europa, la sua scelta di accettare tutti i vincoli e le compatibilità del mercato e del profitto, che ha permesso al potere economico di riorganizzarsi e riprendere a comandare. In cambio le grandi organizzazioni sindacali hanno chiesto compensazioni per se stesse.
Questo è stato il grande scambio politico che ha accompagnato trent'anni di politiche liberiste contro il lavoro. I grandi sindacati accettavano la riduzione dei diritti e del salario dei propri rappresentati e in cambio venivano riconosciuti ed istituzionalizzati. Partecipavano ai fondi pensione, a quelli sanitari, agli enti bilaterali, firmavano contratti che costruivano relazioni burocratiche con le imprese, stavano ai tavoli dei governi che tagliavano lo stato sociale, insomma crescevano mentre I lavoratori tornavano indietro su tutto.
Quando il mondo del lavoro è precipitato nella precarietà e nella disoccupazione, quando si è indebolito a sufficienza, il potere economico reso più famelico dalla crisi, ha deciso che poteva fare a meno dello scambio della concertazione. Ha dato il via Marchionne e tutti gli altri lo hanno seguito. Quelle concessioni sul ruolo e sul potere della burocrazia, che le stesse imprese ed il potere politico elargivano volentieri in cambio della "responsabilità" sindacale, son state messe sotto accusa. Coloro che più si sono avvantaggiati dei "privilegi" sindacali ora sono i primi a lanciare lo scandalo su di essi.
giorgio-cremaschi.jpg.aspx copiaI vecchi compagni da cui ho imparato l'abc del sindacalista mi dicevano: se al padrone dai una mano poi si prende il braccio e tutto il resto. Ma nel mondo moderno certe massime sono considerate anticaglie, e quindi i gruppi dirigenti dei grandi sindacati son rimasti sconvolti e travolti dalla irriconoscenza di un potere a cui avevano fatto così ampie concessioni. Hanno così finito per fare propria la più grande delle falsificazioni sul loro operare. I sindacati hanno difeso troppo gli occupati e abbandonato i giovani ed i precari, questo è passato nei mass media. Mentre al contrario non si sono trasmessi diritti alle nuove generazioni proprio perché si è rinunciato a difendere coloro che quei diritti tutelavano ancora. I grandi sindacati han subito la catastrofe del precariato non perché troppo rigidi, ma perché troppo subalterni e disponibili verso le controparti. Questa è la realtà rovesciata rispetto all'immagine politica ufficiale, realtà che qualsiasi lavoratrice o lavoratore conosce perfettamente sulla base della proprie amare esperienze.
La condizione del lavoro in Italia oggi è intollerabile e dev'essere vissuta come un atto di accusa da ogni sindacalista che creda ancora nella propria funzione. Non è solo lo perdita di salari e diritti, il peggioramento delle condizioni di lavoro, lo sfruttamento brutale che riemerge dal passato di decenni. Sono la paura e la rassegnazione diffuse, il rancore, la rottura di solidarietà elementari, che mettono sotto accusa tutto l'operato sindacale di questi anni.
Di Vittorio rivendicò alla Cgil il merito di aver insegnato al bracciante che non ci si toglie il cappello quando passa il padrone. Di chi è la colpa se ora chi lavora deve piegarsi e sottomettersi come e peggio che nell'800? È chiaro che la colpa è del potere economico e di quello politico ad esso corrivo, oggi ben rappresentato da quella figura trasformista e reazionaria che è Matteo Renzi. È chiaro che c'è tutto un sistema culturale e mediatico che educa il lavoro alla rassegnazione e alla subordinazione all'impresa. Ma poi ci son le responsabilità da questo lato del campo, quelle di chi non organizza la contestazione e la resistenza.
Lascio la Cgil perché non vedo nei gruppi dirigenti alcuna volontà di cogliere il disastro in cui è precipitato il mondo del lavoro e le responsabilità sindacali in esso. Vedo una polemica di facciata contro le politiche di austerità e del grande padronato, a cui corrispondono la speranza e l'offerta del ritorno alla vecchia concertazione. E se le dichiarazioni ufficiali, come sempre accade, fanno fuoco e fiamme sui mass media, la pratica reale è di aggiustamento e piccolo cabotaggio, nell'infinita ricerca del minor danno. Il corpo burocratico della Cgil è più rassegnato dei lavoratori posti di fronte ai ricatti del mercato e delle imprese, come può comunicare coraggio se non ne possiede? Certo ci sono tante compagne e compagni che non si arrendono , che fanno il loro dovere, che rischiano, ma la struttura portante dell'organizzazione va da un'altra parte, è dominata dalla paura di perdere il residuo ruolo istituzionale e quando ci sono occasioni di rovesciare i giochi, volge lo sguardo da un'altra parte. Quando la FIOM nel 2011 si è opposta a Marchionne, quando Monti ha portato la pensione alla soglia dei 70 anni, quando si è tardivamente ripristinato lo sciopero generale contro il governo, in tutti quei momenti si è vista una forza disposta a non arrendersi. Quei momenti non sono lontani, eppure sembrano distare già decenni perché subito dopo di essi i gruppi dirigenti son tornati al tran tran quotidiano. E temo che lo stesso accada ora nel mondo della scuola ove un grande movimento di lotta non sta ricevendo un adeguato sostegno a continuare.
Non si può ripartire se l'obiettivo è sempre solo quello di trovare un accordo che permetta all'organizzazione di sopravvivere. Così alla fine si firma sempre lo stesso accordo in condizioni sempre peggiori. In fondo è una resa continua. Il 10 gennaio 2014 CGiL CISL UIL hanno firmato con la Confindustria un'intesa che scambia il riconoscimento del sindacato con la rinuncia alla lotta quotidiana nei luoghi di lavoro. Una volta che la maggioranza dei sindacati firma un contratto la minoranza deve obbedire e non può neppure scioperare. Se non accetti questa regola non puoi presentarti alle elezioni dei delegati. Se negli anni 50 del secolo scorso la Cgil, in minoranza nelle grandi fabbriche, avesse accettato un sistema simile non avremmo avuto l'autunno caldo e lo Statuto dei Lavoratori. Che non a caso oggi il governo cancella sicuro che le grida sindacali non siano vera opposizione.
Il movimento operaio nella sua storia ha incontrato spesso dure sconfitte, ma le ha superate solo quando le ha riconosciute come tali e quando ha cambiato la linea politica, la pratica e, a volte, i gruppi dirigenti. Invece nulla oggi viene davvero rimesso in discussione.
La Cgil ha sempre avuto una dialettica interna. Tra linee politiche, tra esperienze, tra luoghi di lavoro, territori e centro, tra categorie e confederazione. Dagli anni 90 il confronto tra maggioranza e minoranze si è intrecciato con quello tra la FIOM e la confederazione. In questi confronti e conflitti si aprivano spazi di esperienze ed iniziative controcorrente. Oggi tutto questo non c'è più. Una normalizzazione profonda percorre tutta l'organizzazione e l'ultimo congresso le ha conferito sanzione formale. Non facciamoci ingannare dalle polemiche televisive e dalle imboscate di qualche voto segreto. Fanno parte di scontri di potere tra cordate di gruppi dirigenti, mentre tutte le decisioni più importanti son state assunte all'unanimità, salvo il voto contrario della piccola minoranza di cui ho fatto parte e di cui non si è mai tenuto alcun conto.
Una piccola minoranza che al congresso ha raggiunto successi insperati là dove c'erano le persone in carne ed ossa, ma che nulla ha potuto contro i tanti risultati bulgari per partecipazione e consenso verso i vertici, costruiti a tavolino. Con l'ultimo congresso la struttura dirigente della Cgil ha deciso di ingannare se stessa. La partecipazione bassissima degli iscritti è stata innalzata artificialmente per mascherare una buona salute che non c'è. Ed il resto è venuto di conseguenza. A differenza che nel passato non ci son più problemi nella vita interna della Cgil, tutto è pacificato a parte i puri conflitti di potere. Ma forse anche per questo la Cgil non ha mai contato così poco nella vita sociale e politica del paese.
A questo punto non bastano rinnovamenti di facciata, sono necessarie rotture di fondo con la storia e la pratica degli ultimi trenta anni.
Bisogna rompere con un sistema Europa che è infame con i migranti mentre si genuflette di fronte all'euro. I diritti del lavoro sono incompatibili con una moneta unica i cui vincoli,come ha ricordato il ministro delle finanze tedesco, sono tutt'uno con le politiche di austerità.Bisogna rompere con il PD ed il suo sistema di potere se non se ne vuol venire assorbiti e travolti.
Bisogna rompere con le relazioni subalterne con le imprese e ripartire dalla condizione concreta dei lavoratori .
Questo rotture non sono facili, ma sono indispensabili per ripartire e sono impossibili nella Cgil di oggi.
Certo, fuori dalla Cgil non c'è una alternativa di massa pronta. Ci sono lotte, movimenti, sindacati conflittuali generosi e onesti, ma spesso distanti se non in contrasto tra loro. Ma questa situazione frantumata per me non giustifica il permanere in un'organizzazione che sento indisponibile anche solo a ragionare su queste rotture.
So bene che la svolta positiva per il mondo del lavoro ci sarà quando tutte le organizzazioni sindacali, anche le più moderate, saranno percorse da un vento nuovo. Ho vissuto da giovane quei momenti. Ma ho anche imparato che nell'Italia di oggi questo cambiamento sarà possibile solo se promosso da una spinta organizzata esterna a CGIL CISL UIL. A costruirla voglio dedicare il mio impegno.
Per questo lascio la Cgil da militante del movimento operaio così come ci sono entrato. Saluto con grande affetto le compagne e compagni di tante lotte che non condividono questo mio giudizio finale. Siccome li conosco e stimo, so che ci ritroveremo in tanti percorsi comuni. Saluto anche tutte e tutti gli altri compagni, perché ho fatto mio l'insegnamento di Engels di avere avversari, ma mai nemici personali.
Grazie soprattutto a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori che hanno insegnato a me, intellettuale piccolo borghese come si diceva una volta, cosa sono le durezze e le grandezze della classe operaia. Spero di poter apprendere ancora.

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8 replies since 2/11/2012, 20:43   293 views
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