Comunismo - Scintilla Rossa

prefazione a "l'internazionale comunista e il fascismo", a cura della Sezione Ideologica del Movimento Studentesco, luglio '72

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view post Posted on 28/6/2012, 15:47
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l'internazionale comunista e il fascismo
edizioni movimento studentesco



Prefazione

Le origini e la natura del fascismo non furono immediatamente comprese dai partiti comunisti e dalle forze popolari.
Solo molti anni dopo l'ascesa al potere del fascismo in Italia e mentre Hitler conquistava il potere in Germania, l'Internazionale Comunista, al termine di un dibattito durato parecchi anni, fece propria la definizione di Stalin « il fascismo è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario ».
In effetti non solo la grande borghesia reazionaria, ma anche la borghesia liberale e i socialdemocratici avevano fatto di tutto per nascondere alle masse la reale natura del fascismo, attribuendone le responsabilità alla piccola borghesia in crisi, agli sbandati della guerra o definendolo come un prodotto temporaneo della crisi economica; vedendolo cioè più come un prodotto « psicologico » dell'esasperazione dei ceti colpiti dalla crisi che come una tendenza storica della grande borghesia che con esso cercava una via d'uscita nell'epoca nuova che si apriva, quella del tramonto del dominio incontrastato dell'imperialismo. Con queste teorizzazioni non solo si mirava a scagionare il grande capitale dalle sue responsabilità, a giustificare la collusione tra la socialdemocrazia e i grandi monopoli, ma si mirava a scagliare la piccola borghesia contro la classe operaia che veniva additata, con gli scioperi e le sue rivendicazioni, come responsabile dell'inflazione e della crisi dei ceti medi, e viceversa si mirava a indirizzare l'odio della classe operaia contro la piccola borghesia, vista come responsabile del fascismo.
Come possiamo vedere, dunque, la socialdemocrazia non sbagliò per ingenuità; al contrario, come sostenitrice della grande borghesia, mirò a disorientare la classe operaia spingendola da un lato alla sottomissione ai grandi monopoli « democratici » che, si diceva, avrebbero salvato il paese dall'ondata fascista, e dall'altro a spezzare l'alleanza con la piccola borghesia.
Dicevamo che la natura reale del fascismo non venne compresa immediatamente neanche dai partiti comunisti.
Questa mancata comprensione non fu che la conseguenza inevitabile di errori ben più gravi, cioè di quella tendenza settaria ed estremista prevalente nei partiti comunisti dell'occidente contro cui Lenin lottava strenuamente.
Dimitrov nel suo rapporto al VII Congresso dell'I.C. del 1935 ammette: « nelle nostre file si è verificata un'intollerabile sottovalutazione del pericolo fascista, sottovalutazione che non è ancora superata dappertutto. Questa sottovalutazione che si verificava per il passato nei nostri partiti si esprimeva nell'affermazione "La Germania non è l'Italia", nel senso che il fascismo aveva potuto vincere in Italia, ma che la sua vittoria era da escludersi in Germania, dove l'industria e la cultura erano altamente sviluppate, dove esisteva una tradizione di 40 anni di movimento operaio e dove il fascismo era perciò impossibile. Così dicasi delle opinioni che si riscontrano attualmente e secondo le quali nei paesi della democrazia borghese " classica ", il terreno non è adatto per il fascismo ».
La maggioranza dei partiti comunisti dell'Europa vide nel fascismo che avanzava solo un governo più reazionario dei precedenti, una nuova formula governativa che avrebbe sostituito i governi socialdemocratici e della borghesia conservatrice; questi partiti comunisti dalle connivenze dei conservatori coi fascisti trassero la convinzione che i contrasti tra di essi fossero solo una finzione, una specie di gioco delle parti, sottovalutando in questo modo le possibilità offerte al proletariato di intervenire nei contrasti che l'avanzata del fascismo apriva in seno alla stessa borghesia. Pertanto venne sottovalutata la capacità del fascismo, a differenza dei vecchi ceti conservatori, di adattarsi alle nuove condizioni di lotta venutesi a creare dopo la I guerra mondiale, si sottovalutarono i nuovi orientamenti del grande capitale, e soprattutto gli orientamenti e i bisogni della piccola borghesia urbana e rurale, delle masse contadine e dei percettori di reddito fisso, oltre che delle masse di disoccupati, di sbandati, di reduci create dallo sconvolgimento sociale prodotto e seguito alla prima guerra mondiale.
Per chi come Bordiga restava indifferente alle forme politiche in cui si esercita la lotta di classe e il dominio della borghesia, il fascismo non doveva rappresentare altro che l'ultimo sanguinoso sussulto della borghesia, da augurarsi dunque, perchè sicuro premonitore della sua prossima fine. I comunisti in Italia, all'inizio degli anni venti, disprezzarono le direttive della I.C. per la conquista della maggioranza della classe operaia e per il fronte unico e non contribuirono nella misura in cui sarebbe stato loro possibile ad arginare il fascismo, non comprendendo la necessità di una difesa rivoluzionaria della democrazia. Diceva Dimitrov: « Noi comunisti siamo sostenitori irremovibili della democrazia sovietica... ». Ma « noi non siamo degli anarchici e per noi non è affatto indifferente il regime politico esistente in un dato paese; dittatura borghese nella forma della democrazia borghese, sia pure con i diritti e le libertà democratiche più ridotte, o dittatura borghese nella forma aperta, nella forma fascista. Pur essendo partigiani della democrazia sovietica, noi difenderemo palmo a palmo le conquiste democratiche che la classe operaia ha strappato in anni di lotta accanita, e lotteremo decisamente perchè siano estese ».
Se a proposito della responsabilità dei comunisti possiamo parlare di errori dovuti ad infantilismo settario, a proposito della socialdemocrazia dobbiamo invece parlare di vero eproprio tradimento verso la classe operaia. Non dimentichiamo mai che i comunisti furono fin dall'inizio i più tenaci avversari dei fascisti mentre i socialdemocratici avevano verso questi ultimi un atteggiamento spesso di connivenza. La socialdemocrazia europea aveva spinto gli operai di ogni paese a scannarsi gli uni con gli altri, a sacrificarsi come carne da cannone per la guerra di rapina dell'imperialismo e in seguito li aveva lasciati disarmati di fronte all'incalzare della reazione.
Dice sempre Dimitrov: « I capi della socialdemocrazia attenuarono e nascosero alle masse il carattere di classe del fascismo e non le chiamarono a lottare contro le misure reazionarie sempre più gravi della borghesia... ».
« Il fascismo è potuto giungere al potere prima di tutto perchè la classe operaia, a causa della politica di collaborazione di classe dei capi socialdemocratici con la borghesia, si trovò divisa, disarmata politicamente ed organizzativamente di fronte alla borghesia che passava all'offensiva. E i partiti comunisti non erano abbastanza forti per salvare le masse, senza e contro la socialdemocrazia, e condurle alla battaglia decisiva contro il fascismo ».
Nella maggior parte dei paesi europei la socialdemocrazia nel primo dopoguerra si era enormemente rafforzata per l'afflusso spontaneo delle masse proletarie che attendevano da essa la guida per uscire dalle condizioni di miseria in cui erano piombate.
Ma la socialdemocrazia ancora una volta lasciò mano libera agli sgherri del fascismo, al grande capitale finanziario. Là dove era al potere si fece un punto d'onore nel perseguitare gli operai comunisti, nello stroncare le lotte popolari, nel diffamare la rivoluzione d'ottobre e i bolscevichi.
In Austria la socialdemocrazia « permise alla borghesia di rafforzare il proprio potere, di abrogare la costituzione, di epurare l'apparato statale, l'esercito e la polizia dai militanti socialdemocratici, di strappare le armi agli operai. Essa permise ai banditi fascisti di assassinare impunemente gli operai socialdemocratici, accettò le condizioni del patto Huttemberg, il quale aprì le porte delle officine agli elementi fascisti. Nello stesso tempo, i capi della socialdemocrazia prendevano in giro gli operai con il programma di Linz, che prevedeva, come alternativa, la eventualità della violenza armata contro la borghesia e della instaurazione della dittatura del proletariato, assicurando agli operai stessi che il partito avrebbe proclamato lo sciopero generale e la lotta armata se le classi dirigenti fossero ricorse alla violenza contro la classe operaia. Come se tutta la politica di preparazione all'attacco fascista non fosse un susseguirsi di violenze, coperte di forme costituzionali, contro la classe operaia! ».
Gli storici revisionisti nel riaffermare a parole il valore del VII Congresso cercano di deformarne le indicazioni. Secondo loro il significato del VII Congresso starebbe essenzialmente nella modificazione della precedente politica dell'Internazionale, della linea del VI Congresso dell'I.C. del 1928, che essi giudicano settaria ed errata.
Secondo i revisionisti il VII Congresso non sarebbe altro che un capovolgimento della linea del VI Congresso, un tentativo di accordo con la socialdemocrazia che nel precedente congresso veniva definita socialfascista.
Questa interpretazione, com'è ovvio, dovrebbe servire a legittimare oggi una politica di accordo a destra nello stesso momento però in cui si dice che il « frontismo » è definitivamente superato e lo si sostituisce con la strategia della « nuova maggioranza ».
E' bene ricordare ai revisionisti che non fu l'I.C. a correggere un'impostazione settaria e a sostituirla con una più « aperta » (anche se gli errori di settarismo commessi vennero francamente riconosciuti e criticati), ma fu lo sviluppo degli avvenimenti che travolse la stessa socialdemocrazia spazzata via dal nazifascismo, fu il fallimento clamoroso dell'Internazionale socialdemocratica che aprì gli occhi alle grandi masse che seguivano la socialdemocrazia.
Come abbiamo ricordato la definizione della socialdemocrazia come una forza socialfascista, come una forza politica che spianò la via al fascismo, fu e resta pienamente indicata dal punto di vista storico.
Con la complicità dei socialdemocratici furono assassinati i migliori figli del proletariato tedesco, furono incoraggiate le pretese delle grandi concentrazioni finanziarie, venne scatenata una politica di aggressione e di odio contro l'URSS e il Socialismo. Il socialdemocratico Kautsky, massimo dirigente della II Internazionale socialdemocratica arrivò a definire i comunisti « manutengoli dei nazisti ».
« La socialdemocrazia non indietreggia davanti a nulla per sostenere gli interessi imperialisti della propria borghesia, offrendo così i suoi servizi al capitale internazionale contro l'URSS » ( Tesi approvate dal Plenum del C.E. dell'I.C.).
Qui si parla non solo della socialdemocrazia tedesca, ma della socialdemocrazia mondiale, compresa quella dei paesi dell'oriente: « La socialdemocrazia e i capi sindacali giapponesi proclamano, col generale Araki, la missione civilizzatrice dell'imperialismo giapponese in Asia e giustificano nel nome degli « interessi del socialismo » la brigantesca occupazione della Cina da parte della loro borghesia ».
Nel VII Congresso del 1935 l'I.C. non rinnegò dunque le precedenti impostazioni, non cessò la lotta di principio contro la socialdemocrazia, ma tenne conto della posizione nuova in cui si venivano a trovare la socialdemocrazia, gli strati proletari e della piccola borghesia che dopo aver in qualche modo appoggiato il fascismo ne erano stati travolti.
Il fascismo aveva portato ai giovani non l'avvenire sicuro che aveva promesso, ma « licenziamenti in massa... dagli stabilimenti, i campi di lavoro e l'incessante addestramento militare per la guerra di conquista ».
Il fascismo aveva portato agli impiegati, ai funzionari subalterni, agli intellettuali non un tranquillo avvenire, ma « la dittatura insopportabile dei trust ».
Il fascismo aveva portato ai contadini miseria e asservimento verso le banche.
Cioè gli strati sociali a cui il fascismo aveva promesso « la rivoluzione », in realtà subivano il più feroce sfruttamento al pari della classe operaia.
Il fascismo dopo essersi servito della socialdemocrazia l'aveva privata « anche della legalità sottoponendola a persecuzioni e condannandola persino alla distruzione ».
Tutto ciò doveva produrre un nuovo orientamento delle grandi masse popolari e della stessa socialdemocrazia. Si sarebbe trattato di un processo difficile. Non c'era da aspettarsi certamente che gli operai influenzati dalla socialdemocrazia corressero in braccio ai comunisti o che la stessa socialdemocrazia rinunciasse alla sua politica capitolazionistica e anticomunista.
Si trattava al contrario di proporre un'azione politica in cui i comunisti diventassero punto di riferimento per le grandi masse, per tutti coloro che volevano scrollarsi di dosso il peso della schiavitù del nazifascismo.
I partiti comunisti, che avevano sopportato il peso maggiore del terrore fascista, adesso si assumevano il compito di portare le masse alla riscossa. E le giuste posizioni dei comunisti, che le masse cominciavano a riconoscere tali per propria esperienza diretta, penetrarono tra le masse.
Sarebbe stato certamente ingenuo aspettarsi, dal nuovo orientamento che si veniva a creare tra le masse, il crollo automatico della socialdemocrazia e un miracoloso rafforzamento dei partiti comunisti, già decimati dalla repressione fascista. Ma sarebbe stato sbagliato non cogliere la possibilità storica che si apriva, che faceva dei comunisti, dei figli migliori del popolo, l'anima della resistenza al fascismo, la guida delle grandi masse che volevano lottare contro il fascismo. Questa possibilità venne colta dall'I.C. e messa in pratica sotto forma di indicazione della costruzione del fronte popolare antifascista sulla base del fronte unico del proletariato.
Così come nel '17 la Russia di Lenin era il centro della tempesta rivoluzionaria, così come fino agli anni '30 i rivoluzionari di tutto il mondo vedevano nel gruppo dirigente bolscevico che aveva liquidato le deviazioni di destra e di « sinistra », il baluardo della resistenza al fascismo e al social-fascismo, così nel 1935 dal VII Congresso dell'I.C. doveva partire la riscossa, la marea montante che avrebbe travolto, per mezzo dei fronti popolari e della Resistenza armata, il nazifascismo.
Nel sottolineare la giustezza della politica dell'I.C. non intendiamo certo mettere in ombra gli errori di settarismo e di valutazione politica compiuti precedentemente dai partiti comunisti. (Gli storici revisionisti odierni, però, dimenticano di mettere in luce che i comunisti hanno sempre lottato non solo contro il settarismo, ma anche e soprattutto contro il riformismo).
Ma questi errori non vanno ricercati come affermano gli storici revisionisti, solo o principalmente nell'atteggiamento dei comunisti verso la socialdemocrazia, nella lotta contro il « socialfascismo ». Certamente errori di esagerazione in questo senso ci furono e divennero tanto più gravi quando i comunisti si attardarono in una polemica che ormai non aveva alcun senso. Questi errori tuttavia furono solo un aspetto di un errore molto più grave che, come abbiamo detto, riguardava la comprensione della natura stessa del fascismo e delle sue possibilità di affermazione.
Dimitrov, dopo aver ricordato tutti i casi in cui i comunisti furono colti di sorpresa dall'affermazione del fascismo, ricorda il caso tragico della Germania: « Quando il nazionalsocialismo, in Germania, era già divenuto un minaccioso movimento di massa, certi compagni per i quali il governo di Bruning era già un governo di dittatura fascista, affermavano presuntuosamente: "Se mai il 'terzo impero' hitleriano verrà al mondo, verrà al mondo un metro e mezzo sotto terra e sopra vi sorgerà il potere operaio vittorioso" ».
Tutto ciò oltre a rappresentare una intollerabile sottovalutazione di ciò che ormai era sotto gli occhi, derivava da una sottovalutazione delle tendenze aggressive e scioviniste del capitale nell'epoca dell'imperialismo, da una incomprensione della crisi profonda che scuoteva la società e degli orientamenti di larghissimi strati di piccola borghesia urbana e rurale, oltrechè da una sopravvalutazione delle forze del movimento operaio indipendentemente dalla sua giusta direzione. I riformisti guardavano alle migliaia di cooperative, alla rete di organizzazione e pensavano che essa di per se stessa, senza una salda direzione rivoluzionaria leninista, avrebbe costituito un baluardo contro il fascismo. In realtà dove predomina l'orientamento della socialdemocrazia le masse non sono in grado di esprimere tutta la loro forza.
Anche da noi in Italia i riformisti pensavano che la loro organizzazione avrebbe retto alla prova. Dallo scarso successo avuto dai fascisti nelle elezioni del '21 traevano la conclusione che il fascismo non avrebbe avuto la possibilità di avanzare, mentre dal proprio successo elettorale pensavano che esso di per se stesso avrebbe frenato l'incalzare della reazione. In realtà furono le organizzazioni socialiste a crollare in poco tempo, prive di direzione, sotto l'urto del fascismo, mentre i capi del PSI fino all'ultimo speravano che il Re e Giolitti salvassero il proletariato dalla dittatura fascista.
« Il fascismo, nato in seno alla democrazia borghese, è agli occhi dei capitalisti una tavola di salvezza contro lo sfacelo del capitalismo. E' solo per ingannare e disarmare gli operai che la socialdemocrazia nega la fascistizzazione della democrazia borghese e contrappone in linea di principio i paesi della democrazia ai paesi della dittatura fascista. D'altra parte, la dittatura fascista non è per nulla una tappa inevitabile della dittatura borghese in tutti i paesi. La possibilità di evitarla dipende dalla forza del proletariato in lotta, forza paralizzata principalmente dall'influenza dissolvente della socialdemocrazia ». Così si legge nelle tesi approvate dalla XIII Sessione del C.E. dell'I.C. nel 1933. Aggiungeva Dimitrov nel 1935: « La dittatura fascista della borghesia è un potere forte ma instabile ».
Sono valide tutt'ora le indicazioni della Terza Internazionale?
Basta esaminare la realtà per rispondere sì. Evidentemente non siamo più nel '35 mentre montava la marea fascista che avrebbe portato all'aggressione contro l'URSS e i popoli di tutto il mondo.
Certamente il socialismo sta avanzando in tutto il mondo, ma non per questo la borghesia consegna spontaneamente il potere. Anzi, come l'esperienza dimostra, il fascismo sta diventando di nuovo agli occhi della borghesia « una tavola di salvezza contro lo sfacelo del capitalismo ».
Ma ciò non significa che il fascismo è inevitabile.
Il fascismo crea più contraddizioni di quante si propone di superarne.
Il fascismo suscita l'odio profondo delle masse.
E' vero che la borghesia anche nel nostro paese punta alla fascistizzazíone. Ma è anche vero che il processo di fascistizzazione può essere sconfitto se sappiamo mobilitare giustamente le masse, se i rivoluzionari non lasciano preda della demagogia fascista i vasti settori della piccola borghesia, se si affermerà tra le masse la giusta direzione marxista-leninista, se sarà sconfitto il capitolazionismo di destra e l'avventurismo piccolo-borghese di « sinistra ».
Malgrado tutte le calunnie e le deformazioni dei revisionisti di destra e di « sinistra », è certo che solo il fronte unico delle masse. popolari, sulla base del fronte unico del proletariato, può salvare la democrazia nel nostro paese e farci avanzare verso il socialismo. Questa indicazione politica va applicata creativamente in ogni singolo paese, a seconda delle situazioni in cui si opera, delle forze sociali che si possono coalizzare contro la borghesia monopolistica e l'imperialismo, e deve avere a contenuto i bisogni reali delle masse.
Molti hanno voluto vedere nel fronte unito una specie di tattica difensiva, una specie di fronte interclassista senza principi. In realtà solo nel fronte unito si misura la capacità del proletariato di esercitare la propria egemonia e di isolare il nemico di classe e di spezzarne il potere.
Chi ha cercato di gettare da parte il fronte unito, gli insegnamenti della Terza Internazionale, del compagno Stalin, e ha cercato di sostituire ad essi l'obiettivo del centro sinistra, o della « nuova maggioranza », ha arrecato al proletariato solo sconfitte e amarezze.
Milano, luglio 1972

a cura della Sezione Ideologica del
Movimento Studentesco
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 28/6/2012, 21:00




Dove posso trovare il libro completo ?
 
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view post Posted on 28/6/2012, 23:39
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Dove, non lo so. Come, con molto culo.
Però se vuoi te lo posso fotocopiare.
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 29/6/2012, 18:50




Sarebbe ganzo ma quante pagine sono ?
 
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view post Posted on 29/6/2012, 20:24

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mandato a ritirare qui , spero arrivi
 
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view post Posted on 29/6/2012, 22:06
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CITAZIONE (Yuri Gagarin @ 29/6/2012, 19:50) 
Sarebbe ganzo ma quante pagine sono ?

Le pagine sono 132. Però hai visto che Tiziano l'ha trovato in vendita?
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 1/7/2012, 20:08




Quindi ce la fate a scannerizzarlo e a postarlo qui ?
 
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view post Posted on 1/7/2012, 21:56
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Io no.
 
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