Comunismo - Scintilla Rossa

Il socialfascismo in Germania, Ernst Thälmann

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Belfagor
view post Posted on 19/6/2012, 14:18




Le tesi del congresso del partito di Essen affermano, a proposito della SPD dominata dal blocco borghese, che: “Essa svolge il ruolo passivo di un partito di governo, di garanzia suppletiva dell’egemonia del blocco borghese, col quale si accorda, sempre pronta ad entrare in una coalizione ad un cenno della borghesia in caso di inasprimento della lotta di classe e di difficoltà rivoluzionarie”.
Da allora la situazione economica è mutata. I rapporti tra le classi si sono anch’essi alterati, e allora la socialdemocrazia non svolge più un ruolo passivo, come ancora si affermava nelle tesi di Essen a proposito della partecipazione della socialdemocrazia. Essa invece è oggi l’avamposto più attivo dell’imperialismo tedesco, della sua politica di guerra contro l’Unione Sovietica, della sua politica di oppressione nei confronti della classe operaia. Ecco perché nelle nostre tesi attuali sul ruolo del fascismo e la crisi della democrazia noi affermiamo tra l’altro: "La fusione tra riformismo e potere statale borghese trova la sua più alta espressione nella politica del socialimperialismo e del socialfascismo".
Ciò è in connessione strettissima con due fatti che voglio qui sottolineare con particolare attenzione.
Primo: la nuova aristocrazia operaia in Germania è sorta sulla base dei profitti monopolistici del trust e della mutata divisione del lavoro nelle aziende razionalizzate.
Secondo: l’intreccio sempre più stretto tra socialdemocrazia e burocrazia sindacale riformista da una parte e apparato statale dall’altra ha particolarmente rafforzato tale aristocrazia operaia, la quale nell’intera cornice dell’ordinamento statale borghese rappresenta, nella figura degli impiegati e dei funzionari dello Stato, un importante strumento di repressione della classe operaia. Un esempio estremamente caratteristico di questo fenomeno è la fusione tra la socialdemocratica Banca dei Lavoratori e il capitale finanziario. Su questa mutata base sociale si sviluppa la politica social-fascista della SPD, e viceversa attraverso questa politica muta la composizione sociale della SPD stessa. Ciò che il nostro compagno Ewert per esempio non riusciva a scorgere al VI congresso mondiale – che cioè questa politica social fascista della socialdemocrazia deve spostare e mutare la sua base anche se ha conquistato oltre centomila nuovi iscritti dal congresso di Kiel a quello di Magdeburgo – ora diventa sempre più chiaro.
Non sempre la forza di un partito sta nella sua dimensione numerica; essa dipende invece – come ci insegnano le esperienze rivoluzionarie del passato – dalla sua capacità di mobilitare le masse per la lotta di classe, dalla misura in cui esso riesce ad incidere nella storia come fattore storico reale. Nella misura in cui noi attueremo una politica corretta, la socialdemocrazia farà leva sulla piccola borghesia in misura molto maggiore di quanto non abbia fatto finora.
La composizione del partito al congresso di Magdeburgo ne è già una dimostrazione. Chi era rappresentato allora? Ministri, presidenti del consiglio e della polizia, molti funzionari dirigenti di partito e del sindacato e tutto l’esercito di coloro che negli apparati dello Stato borghese sono, chi più chi meno, aggrappati all’ordine esistente. Naturalmente noi non possiamo chiudere gli occhi sul fatto che nella socialdemocrazia sono ancora organizzati un gran numero di strati operai; ma molti di loro – e, stando ai dati del congresso di Magdeburgo, si tratta di 635.000 lavoratori manuali – sono lavoratori dei comuni, delle aziende di Stato, impiegatiecc. che soltanto la crisi economica spinge e costringe nella SPD. Ad essi si aggiungono gli elementi dell’aristocrazia operaia, l’esercito dei parassiti piccolo-borghesi i quali, dal momento che la socialdemocrazia è il più forte partito dell’apparato statale e comunale, trovano in essa la garanzia e la promozione dei loro interessi privati. L’aumento degli iscritti verificatosi dopo Kiel riguarda soprattutto queste categorie.
In questi giorni ho sentito una storiella che girava nella tribuna stampa del congresso di Magdeburgo. Si diceva che per ognuno di questi socialdemocratici impiegati nell’apparato statale o altrove che ne sono altri nove o dieci che aspirano ad occupare quel posto. In seguito un oratore lo ha detto apertamente dalla tribuna del congresso.
Questi fenomeni di accentuata degenerazione accelerano il processo di imborghesimento della socialdemocrazia e di corruzione politica dei capi socialdemocratici. D’altra parte c’è da rilevare che decine di migliaia di operai delle industrie strategiche abbandonano la socialdemocrazia, e che specialmente la massa dei simpatizzanti che ancora il 20 marzo del ’28 votò per essa, ha già dato la sua fiducia al comunismo, come dimostrano le elezioni dei Consigli di fabbrica.
Al congresso del partito di Essen noi abbiamo già accennato in vari documenti all’evoluzione social fascista della socialdemocrazia. Nelle discussioni con i fautori della politica del compromesso nelle elezioni di maggio, questi sostenevano che la socialdemocrazia al governo offre una certa garanzia contro il fascismo e che nella fase attuale il pericolo principale è la democrazia borghese. Cito il documento ormai “storico”, la piattaforma dei conciliatori al congresso del partito, piattaforma che essi finora non hanno revocato.
L’elemento caratteristico della situazione presente consiste nella tendenza della borghesia ad attuare per il momento la sua politica imperialistica non con metodi fascisti o dittatoriali, ma in stretta unione con la socialdemocrazia sul terreno della democrazia capitalistica.
Io chiedo a questi conciliatori di dire qui, al congresso, chiaro e tondo se hanno ancora il coraggio e il cervello, di fronte agli sviluppi che si sono avuti in questo ultimo anno, di fronte al bagno di sangue di maggio a Berlino, di fronte alla proibizione del RFB, di fronte al congresso di Magdeburgo, di fronte ai discorsi e ai decreti dei ministri socialdemocratici, di continuare a difendere questa “teoria”.
Io affermo – e me ne assumo la piena responsabilità di fronte al congresso – che se tale difesa ci dovesse essere, essa equivarrebbe ad una giustificazione e ad una difesa del corso social fascista così come hanno avuto modo di fare con tanto zelo i miserabili seguaci di Brandler.
Noi abbiamo invece dichiarato fermamente che l’acutizzazione della situazione obiettiva, l’inasprimento della lotta di classe in generale, la crescente attività rivoluzionaria della classe operaia, la preparazione dell’intervento militare contro l’Unione Sovietica accelereranno l’evoluzione della socialdemocrazia verso il social fascismo. Il congresso del partito di Magdeburgo conferma pienamente questo fatto. Da una parte dunque noi vediamo un partito la cui base sociale viene gradualmente indebolita, un partito dunque dal quale, per questa sua natura, la classe operaia deve allontanarsi. Dall’altra parte si trova il partito comunista in costante avanzata, deciso a continuare la sua politica rivoluzionaria, ad onta di tutte le misure reazionarie. Di fronte al nemico di classe noi lotteremo fino all’ultimo istante per difendere il “possesso legittimo” del partito. Noi utilizzeremo tutte le possibilità della legalità. Anche se la borghesia tedesca insieme ai suoi lacchè social fascisti ci “proibisce”, noi non fermeremo i l nostro corso rivoluzionario, né ridurremo di un etto la nostra attività rivoluzionaria.
I capi della socialdemocrazia, al congresso di Magdeburgo, si sono apertamente riconosciuti nel socialfascismo. Nel suo discorso di apertura, il presidente del partito socialdemocratico Wels ha detto: “È nostro compito rafforzare la democrazia e proteggere la Repubblica. Se i nemici della Repubblica riuscissero ad infliggere alla democrazia in Germania danni così gravi che l’unica via d’uscita fosse la dittatura, ebbene, compagni, sappiano quelli della Stahlhelm, sappiano i nazionalsocialisti e i loro fratelli comunisti di Mosca che la socialdemocrazia e i sindacati, come rappresentati della grande massa del popolo tedesco, compatti nelle loro organizzazioni, con azione consapevolmente responsabile e con disciplina inflessibile, e ad onta della loro posizione fondamentalmente democratica, saprebbero imporre la
dittatura. Il diritto alla dittatura spetterebbe soltanto a loro, e a nessun altro.”
Noi abbiamo colto in maniera insufficiente, persino nell’ambito dei nostri iscritti, il significato di questo discorso, e ancor meno di quanto fosse necessario lo abbiamo utilizzato all’esterno nell’agitazione.
Ora il nostro compito più impegnativo nelle settima ne e nei mesi venturi è appunto questo: denunciare la natura, il significato del social fascismo così come è stato esplicitamente proclamato dai principali esponenti della socialdemocrazia. Ciascun lavoratore deve riconoscere ciò che i fautori del compromesso non hanno riconosciuto, e cioè che il social fascismo, sotto il mantello della cosiddetta democrazia pura, apre la strada alla dittatura fascista.

Edited by Sandor_Krasna - 5/12/2014, 17:47
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 21/6/2012, 13:43




Che dire... La socialdemocrazia tedesca è stata uno dei peggiori esempi di riformismo.

Edited by Sandor_Krasna - 4/12/2014, 19:49
 
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1 replies since 19/6/2012, 14:18   356 views
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