Comunismo - Scintilla Rossa

Il Partito dei Bolscevichi in lotta contro il trotskismo

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view post Posted on 30/3/2012, 16:31

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IL PARTITO
DEI BOLSCEVICHI
IN LOTTA
CONTRO IL TROTSKISMO
nel periodo successivo
alla Rivoluzione d'Ottobre




I capitoli 1, 2, 3 e 4 sono stati scritti rispettivamente da N. Slamikhin, F. Essieva, V. Mesenov. V. Ighnatiev e K. Scialaghin. Il testo definitivo è stato curato dal dottore in scienze storiche, prof. V. Ighnatiev, che ha scritto l'introduzione e le conclusioni.


Sulla scorta di una ricca documentazione in parte inedita il libro illustra la lotta del partito comunista contro il trotskismo sul piano politico, ideologico e organizzativo nel periodo della conclusione della pace di Brest-Litovsk, negli anni della ricostruzione su basi socialiste dell'economia nazionale fino alla disfatta completa di questa corrente antileninista. Gli autori illustrano la rottura definitiva di Trotski e dei suoi seguaci con il marxismo-leninismo e il loro passaggio su posizioni antisovietiche.

Traduzione di Graziano Zappi



INTRODUZIONE



Il Partito comunista dell'Unione Sovietica ha condotto per alcuni decenni e continua tuttora a condurre una lotta intransigente contro il trotskismo. Com'è noto, questa lotta ebbe inizio nel 1903, quando al II congresso del partito (1) L. Trotski (Bronstein) attaccò i principi fondamentali del Programma e dello Statuto del partito. Egli voleva spingere la classe operaia della Russia e il suo reparto d'avanguardia sulla strada battuta dai partiti socialdemocratici dell'Europa Occidentale, nei quali predominavano allora gli opportunisti. Trotski si presentava apertamente come un nemico acerrimo del leninismo. La corrente da lui capeggiata, tipicamente menscevica, poteva essere considerata come una variante russa del cen-trismo internazionale. Nell'epoca dell'imperialismo, nelle con-dizioni di un'aspra lotta di classe, il centrismo cercava d'im-pedire che gli operai socialdemocratici, delusi dalla politica dei capi opportunisti dei partiti socialdemocratici, passassero dalla parte dei marxisti rivoluzionari. Per scongiurare il di-stacco degli operai dai menscevichi, i centristi ricorrevano alla fraseologia ultrarivoluzionaria, si appellavano a Marx ed Engels, speculavano sulle aspirazioni ben comprensibili degli operai all'unità della propria classe, all'unità del partito sul-la base dei principi del marxismo-leninismo.
Portavoce del centrismo internazionale in Russia, i trotskisti, si ponevano il compito di raggruppare in un solo partito i bolscevichi cd i menscevichi, subordinando gli elementi rivoluzionari agli opportunisti. Ciò avrebbe significato di fatto la liquidazione del partito bolscevico come partito di nuovo tipo. In tal modo Trotski e i suoi seguaci tendevano a scindere di fatto il partito, cercavano di sostituirlo con un agglomerato di elementi opportunistici. In seguito, quando nel paese fu istaurata la dittatura del proletariato, i trotskisti tentarono nuovamente di liquidare il partito bolscevico, senza la cui direzione è impossibile consolidare e conservare la dittatura della classe operaia, costruire il socialismo e il comunismo. Essi chiedevano la libertà delle frazioni, che avrebbe significato la distruzione del partito stesso.
Nella presente opera si illustra la lotta del partito comunista contro il trotskismo, nel periodo che va dalla Rivoluzione d'Ottobre al 1927, quando Trotski fu espulso dal partito e passò definitivamente su posizioni antisovietiche, mentre il trotskismo si trasformò in uno strumento della borghesia con-trorivoluzionaria. Trotski entrò nel partito come un menscevico irriducibile, che negava la possibilità della vittoria del socialismo nell'URSS e cercava di far incamminare il paese sulla via del parlamentarismo borghese.
La lotta del partito contro il trotskismo acquistò un carattere particolarmente aspro dopo la vittoria della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre, quando ai dissensi teorici sulla questione della possibilità di costruire il socialismo inizialmente in un solo paese, si aggiunsero dissensi radicali circa la valutazione da dare alla linea del partito per la costruzione del socialismo. I trostkisti camuffavano sempre i loro attacchi al partito con frasi altisonanti sulla difesa degli interessi della rivoluzione proletaria mondiale e del socialismo, tacciando il partito bolscevico di grettezza nazionale, accusandolo di dimenticare o di tradire gli interessi del proletariato internazionale. Di fatto essi condividevano pienamente le idee dei capi riformisti della socialdemocrazia internazionale, che avevano rinunciato alla lotta per la dittatura del proletariato e il socialismo. Trotski ed i suoi seguaci cercavano di seminare nella classe operaia del paese dei Soviet la sfiducia nel successo dell'edificazione socialista, di sminuire agli occhi del proletariato internazionale il grande ruolo liberatore dell'Unione Sovietica. In ciò essi venivano aiutati dai gruppi trotskisti creati in seno ai partiti comunisti dei paesi capitalistici e diventati campioni dell'anticomunismo e dell'antisovietismo.
Quotidianamente la stampa socialdemocratica dell'Europa Occidentale, i giornali e le riviste dei rinnegati del comunismo lanciavano calunnie contro il partito comunista, contro l'Unione Sovietica, esaltavano i meriti di Trotski come «combattente per la causa della classe operaia». Occorreva smascherare sino in fondo questa menzogna. dimostrare che il trotskismo non ha nulla in comune con il marxismo-leninismo, con gli interessi della classe operaia e con i compiti della sua liberazione, che esso, nonostante il suo camuffamento raffinato, punta contro la rivoluzione socialista e fa apologia del capitalismo.
E assai sintomatíco che gli elementi antipartito di ogni tendenza, compresa l'opposizione trotskista, si dessero particolarmente da fare nei momenti crociati dello sviluppo della rivoluzione e della costruzione socialista, quando il partito comunista incontrava sul suo cammino delle difficoltà. Pro-prio in questi momenti, gli elementi instabili, subendo la pressione degli strati piccolo-borghesi, cui sono estranei lo spirito d'organizzazione c la disciplina del proletariato, non possedendo la tempra e la fermezza politica che distinguono i marxisti-leninisti, cominciano ad oscillare, ad esprimere dubbi sulla giustezza della linea del partito. Basti ricordare che nei primi dicci anni del potere sovietico il partito si vide costretto ad affrontare una serie di discussioni con i trotskisti su questioni dalla cui soluzione dipendevano le sorti del paese.
Dopo la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre, la questione essenziale dalla quale dipendevano non solo l'esistenza della giovane Repubblica sovietica, ma anche i destini della rivoluzione proletaria mondiale, era quella della conclusione immediata della pace con la Germania ed i suoi alleati (2). La formula avanzata in quei giorni da Trotski: “ne pace e né guerra” faceva di fatto il gioco degli imperialisti tedeschi che cercavano un pretesto per soffocare il potere sovietico. La posizione assunta dal Trotski e dai suoi seguaci era rivolta contro la volontà e le aspirazioni delle larghe masse lavoratrici ed innanzitutto dei contadini, stremati dalla lunga guerra imperialistica.
Alla fine del 1920 e agli inizi del 1921, i trotskisti imposero al partito una discussione sul ruolo dei sindacati, proprio nel momento in coi il paese dei Soviet passava dal comunismo di guerra alla nuova politica economica. Nelle condizioni della grave crisi economica, sociale e politica del momento, quel che importava era di salvaguardare l'unità del partito c di consolidare ancor maggiormente l'alleanza della classe operaia e dei contadini. In sostanza, diceva la risoluzione della sessione plenaria del CC del PC(b)R del gennaio 1925, si trattava «dell'atteggiamento da assumere verso i contadini, che si sollevavano contro il comunismo di guerra, dell'atteggiamento verso la massa degli operai senza partito, e più generalmente, dell'atteggiamento del partito verso le masse nel momento in cui la guerra civile si era conclusa» (3).
La successiva discussione con i trotskisti si ebbe nell'autunno 1923 quando le difficoltà economiche ricomparvero nella forma di un divario catastrofico dei prezzi delle merci industriali ed agricole. I prezzi dei prodotti industriali divennero così alti che i contadini cessarono di acquistarli. I con-tadini medi non nascondevano il loro malcontento per una tale situazione. Proprio in quel momento Trotski ed i suoi seguaci imposero al partito una discussione sullo «apparato di partito», sul «piano», sulla pretesa «deviazione contadina» in seno al CC. sulla «lotta delle generazioni». Ma in realtà la questione verteva di nuovo sull'alleanza del proletariato e dei contadini, sulla politica dei prezzi, sulla riforma monetaria, sul mantenimento del ruolo dirigente del partito nella costruzione economica e in seno all'amministrazione statale, sulla lotta contro la libertà delle frazioni, in una parola, sulla prosecuzione della linea leninista del partito nelle condizioni della Nep.
Alla base di tutte le prese di posizione di Trotski contro la linea del partito negli anni 1918-1924 furono: una valutazione semimenscevica della posizione del proletariato nei confronti degli strati dei lavoratori non proletari e semiproletari; la tendenza a svilire il ruolo del partito nella rivoluzione e nella costruzione del socialismo; la negazione della necessita di un'effettiva unità ideale ed organizzativa del partito.
La discussione svoltasi nell'autunno 1924, mise in luce divergenze ancor più profonde tra i trotskisti ed il partito bolscevico. Lo spunto per la discussione fu offerto dall'articolo calunnioso di Trotski. Le lezioni dell'Ottobre, scritto come prefazione al suo libro. L'anno 1917. L'articolo negava in blocco la dottrina di Lenin sulle forzee motrici della rivoluzione russa. In contrapposto alla valutazione leninista della Rivoluzione d'Ottobre Trotski rispolverò la sua vecchia teoria della «rivoluzione permanente», nonostante che questa fosse stata completamente smantellala dall'esperienza delle tre rivoluzioni russe. Al tempo stesso egli cercava di convincere il partito che il bolscevismo «si era ideologicamente riarmato» ancor prima dell'instaurazione della dittatura del proletariato, cioè aveva optato per il trotskismo, per la sua teoria della «rivoluzione permanente».
Trotski deformava la storia della preparazione e della vittoria della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre, negava la funzione dirigente svolta nel corso di essa dal partito bolscevico e dal suo Comitato Centrale presieduto da Lenin e attribuiva a sé un ruolo particolare in questa rivoluzione. Nella risoluzione della sessione plenaria del CC e della CCC. del PC(b)R del gennaio 1925, questo articolo di Trotski fu valutato conte una revisione del bolscevismo. «Il trotskismo contemporaneo è in sostanza una falsificazione del comunismo nello spirito di un avvicinamento ai modelli «europei» di pseudomarxismo, cioè, in ultima analisi, nello spirito della socialdemocrazia «europea»» (4) - era detto in questo documento.
Tutte le quattro discussioni imposte da Trotski al partito bolscevico dimostrarono che le sue divergenze con il partito si approfondivano di anno in anno, e che esse toccavano gli aspetti fondamentali della concezione marxista-leninista dei mondo, della politica e della tattica del partito, i suoi principi organizzativi. Proprio per la loro essenza menscevica, le idee di Trotski furono riprese dai capi opportunisti dei partiti socialdemocratici della II Internazionale, dai rinnegati del comunismo, i quali cercavano di compromettere il leninismo, la rivoluzione russa e l'Internazionale comunista davanti alle masse operaie d'Europa, di aggiogare queste ultime al carro della borghesia. E proprio a questo scopo che il rinnegato P. Levi pubblicò l'articolo di Trotski Le lezioni dell'Ottobre in lingua tedesca con una prefazione scritta di proprio pugno, mentre la direzione della socialdemocrazia tedesca si incaricò della sua diffusione.
Analizzando nei particolari la lotta dei partito contro il trotskisnto durante il periodo sovietico, gli autori della presente opera si sono proposti di mostrare che le idee e le azioni di Trotski e dei suoi seguaci erano sbagliate e dannose per la dittatura della classe operaia. Sulle pagine di questo libro si possono seguire le vicende della rottura definitiva dei trotskisti col marxismo-leninismo avvenuta nel 1925-1927, di come essi scivolarono sul terreno dell’antisovietismo, si misero ad organizzare un partito antisovietico e passarono definitivamente nel campo della controrivoluzione.
Sulla base di una copiosa documentazione, gli autori dimostrano che la lotta di Trotski e dei suoi seguaci contro il partito dei bolscevichi non fu il risultato di errori e sbandamenti temporanei, bensì un'attività deliberatamente ostile, e che il loro passaggio nel campo della controrivoluzione fu una conseguenza logica.
Nella lotta contro i trotskisti il partito comunista diede prova della sua fedeltà ai principi, della sua intransigenza irriducibile. Si trattava della vita o della morte della giovane repubblica dei Soviet. del destino storico del nostro paese e dell'umanità intera, dei problemi fondamentali dell'ideologia del marxismo-leninismo, del programma, della strategia, della tattica e dei principi organizzativi dei partito di tipo nuovo. In queste condizioni il Comitato Centrale del partito non solo seppe difendere la teoria leninista dalla revisione trotskista, ma anche svilupparla ulteriormente, in modo da salvaguardare la linea volta a far trionfare il socialismo e ad assicurarne l'applicazione.
L'analisi scientifica della storia della lotta del partito comunista contro il trotskismo è di grande attualità anche ai nostri giorni, I falsificatori borghesi della storia non risparmiano le loro forze nell'esaltare Trotski, nel cercare di resuscitare il trotskismo. Oggi la borghesia considera il trotskismo come un valido aiuto nella lotta contro il marxismo rivoluzionario. I suoi ideologi tentano di presentare il trotskismo al movimento operaio e comunista sotto vesti «rinnovate», di riabilitare il trotskismo agli occhi dei combattenti contro l'imperialismo. Nel quadro della lotta contro il comunismo, si vuole assegnare al trotskismo il ruolo di una “quinta colonna» in seno al movimento rivoluzionario. Gli odierni trotskisti seguono le orme del loro maestro. Anch'essi tradiscono gli interessi della classe operaia e assolvono il ruolo di agenti dell'imperialismo nel movimento operaio. Perciò lo studio dell'esperienza della lotta del partito comunista contro il trotskismo, lo smascheramento delle calunnie degli odierni seguaci di Trotski in una serie di paesi, la denuncia davanti alle masse della /oro attività scissionistica all'interno del movimento operaio, sono un compito di immensa importanza ed attualità.



___________________________

(1) Al Il congresso del partito (allora denominato POSDR — Partito operaio socialdemocratico di Russia) si svolse una lotta accanita fra i rivoluzionari marxisti conseguenti capeggiati da Lenin, e gli opportunisti. I sostenitori di Lenin, che ottennero la maggioranza nelle elezioni degli organi dirigenti vennero chiamati da allora «bolscevichi» (maggioritari), mentre gli opportunisti rimasti in minoranza «menscevichi» (minoritari). Alla VI conferenza del partito, tenuta a Praga nel 1912, gli opportunisti furono espulsi dal partito.

(2) Il trattalo di pace fu firmalo tra la Federazione russa ed il Blocco germanico (Germaniam Austria, Ungheria, Turchia, Bulgaria) a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918 . Esso venne poi annullato dal governo sovietico il 13 novembre 1918. (N.d.R.)

(3) Il PCUS nelle risoluzioni e nelle decisioni dei congressi, delle conferenze e delle sessioni plenarie del CC, parte II. Mosca, 1954, pag. 108.

(4) Il PCUS nelle rivoluzioni… op. cit., parte II, pag. 108.


Edited by Sandor_Krasna - 20/5/2020, 18:34
 
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view post Posted on 30/3/2012, 22:46
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Come si può notare in questa introduzione (revisionista breznheviana?) non viene mai nominato il compagno Stalin.
 
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view post Posted on 2/4/2012, 13:38

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CAPITOLO I

IL PARTITO DEI BOLSCEVICHI IN LOTTA
CONTRO IL TROTSKISMO ALL'EPOCA DELLE
TRATTATIVE PER LA PACE DI BREST-LITOVSK



LA POSIZIONE ANTIILENINISTA DI TROTSK1 NELLE
QUESTIONI DELLA TEORIA E DELLA TATTICA
DELLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA



L'istaurazione della dittatura del proletariato in Russia modificò il rapporto delle forze di classe nel mondo ed aprì ampie prospettive per l'approfondimento e lo sviluppo del movimento antimperialistico. Si rese necessario analizzare a fondo i mutamenti avvenuti nella vita economico-sociale e politica, definire le vie ed i compiti concreti della costruzio-ne socialista nel paese dei Soviet.
Generalizzando l'esperienza storica di portata mondiale della Rivoluzione d'Ottobre, Lenin dimostrò che quella tra il socialismo cd il capitalismo era diventata la contraddizione fondamentale, che determinava il carattere ed il contenuto della nuova epoca della storia mondiale. Tutti gli avvenimenti della politica mondiale, egli disse, vertono ora intorno ad un punto centrale: la lotta dell'imperialismo contro la Repubblica sovietica. (1)
Per comprendere giustamente i processi che erano in atto nel mondo, era necessario farsi un'idea precisa del carattere della Rivoluzione d'Ottobre, del suo significato internazionale, del posto e del ruolo della Russia Sovietica nella lotta di liberazione dei popoli di tutti i paesi. g noto che già negli anni della prima guerra mondiale, Lenin, partendo da un'analisi della legge dello sviluppo economico e politico ineguale dei paesi capitalistici nella fase dell'imperialismo, aveva previsto la possibilità di una vittoria della rivoluzione socialista dapprima in alcuni o anche in un solo paese. L'ulteriore corso degli eventi storici dimostrò la giustezza e la fondatezza scientifica di questa previsione di Lenin. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre Lenin sviluppò questa tesi dal punto di vista delle prospettive dell'edificazione socialista già avviata nella Russia Sovietica. All'indomani dell'istaurazione della dittatura del proletariato, Lenin dichiarò: «Comincia una nuova pagina nella storia della Russia, e questa terza rivoluzione russa deve condurre come ultimo risultato alla vittoria del socialismo» (2).
Sotto la direzione di Lenin, il partito si accinse alla costruzione dello Stato socialista. Spezzando la resistenza della borghesia, il potere sovietico diede inizio alla consegna delle fabbriche, delle officine, delle centrali elettriche, delle miniere nelle mani del popolo. Alla fine del 1917 e nella prima metà del 1918, il Sovnarkom (3) e il CEC (4) emanarono una serie di decreti sulla nazionalizzazione delle banche, di singole aziende e poi di tutta l'industria pesante, sull'annullamento i dei prestiti stranieri contratti dallo zar e dal Governo provvisorio. Venne introdotto ovunque il controllo operaio sulla produzione e la distribuzione dei prodotti. Fu attuata di fatto la nazionalizzazione della terra. Queste misure del governo sovietico minavano la base economica delle classi sfruttatrici e gettavano le fondamenta del modo di produzione socialista.
Com'è noto, Lenin riteneva che la rivoluzione in Russia poteva e doveva portare alla completa trasformazione su basi socialiste della vita economica e politica. Trotski occupava una posizione contrapposta. Partendo nuovamente dalla sua teoria della «rivoluzione permanente», egli affermava che la posizione della Repubblica sovietica si sarebbe rivelata disperata se non fosse avvenuta immediatamente una vittoriosa rivoluzione europea. Trotski negava categoricamente la possibilità della vittoria del socialismo in un solo paese. Al II Congresso dei Soviet di tutta la Russia egli dichiarò: «Se i popoli insorti dell'Europa non schiacceranno l'imperialismo, allora saremo schiacciati noi, e non può esservi alcun dubbio in proposito» (5).
Dopo la Rivoluzione d'Ottobre il primo dissenso di fondo con Trotski si ebbe sulla questione della conclusione della pace di Brest-Litovsk. La situazione della Russia Sovietica in quel momento era molto precaria. Il compito più urgente del partito comunista era di porre fine alla guerra e di assicurare un momento di respiro allo scopo di salvaguardare le conquiste dell'Ottobre, di consolidare il potere sovietico. di organizzare la resistenza ad un'eventuale aggressione degli imperialisti. di creare condizioni favorevoli alla costruzione del socialismo. «... Fin dall'inizio della Rivoluzione d'Ottobre - disse Lenin - il problema della politica estera e delle relazioni internazionali si è posto per noi come il problema principale …. » (6)
Nel decreto leninista sulla pace, approvato dal II Congresso dei Soviet di tutta la Russia, la guerra imperialistica venne definita come il massimo crimine contro l'umanità. Il primo Stato operaio-contadino del mondo si rivolse a tutti i popoli belligeranti ed ai governi dei loro paesi con l'appello a cessare la guerra sanguinosa, a concludere una pace universale su basi democratiche.
L’iniziativa di pace della Repubblica sovietica fu respinta dai governi dell'Inghilterra. della Francia e degli Stati Uniti d'America, interessati alla continuazione della guerra imperialistica. Il capo del governo francese Clemencceau, alcuni giorni dopo la pubblicazione del Decreto sulla pace, definì la linea di condotta degli ambienti reazionari delle potenze imperialistiche con queste parole: «Io faccio la guerra» (7).
I governi degli Stati imperialistici comprendevano che l'uscita della Russia Sovietica dalla guerra avrebbe rafforzato la sua influenza sulla lotta rivoluzionaria dei lavoratori del mondo intero. Perciò sin dai primi giorni dell'esistenza dello Stato operaio-contadino, essi lanciarono una vasta campagna per screditarne la politica di pace. Per attuare i loro propositi, i circoli reazionari dei paesi capitalistici ricorrevano ai metodi di lotta più perfidi contro la conclusione della pace, non esitando a violare le norme più elementari delle relazioni tra gli Stati. Aperte minacce nei confronti della Repubblica sovietica, tentativi di organizzare un centro antisovietico al Quartier Generale dell'esercito russo, complotti, aperto appoggio alle forze controrivoluzionarie interne - tutto venne utilizzato per bloccare l'iniziativa di pace del potere sovietico.
. Di fronte al rifiuto dei paesi dell'Intesa. il governo sovietico intavolò nel novembre 1917 a Brcst-Litovsk trattative di pace separate con la Germania ed i suoi alleati: l'Austria-Ungheria, la Bulgaria e la Turchia. La delegazione sovietica alle trattative di Brest-Litovsk difese un programma di pace democratica e universale, si batte per il diritto di tutti i popoli all'autodeterminazione, chiese il ritiro delle truppe di occupazione dai territori conquistati, la rinuncia alle annessioni e alle indennità, la concessione dell'indipendenza politica ai popoli.
Ma alla fine del dicembre 1917 prevalse nel governo della Germania un gruppo militarista favorevole alla conquista c all'annessione di terre altrui. Il 29 dicembre 1917 la delegazione tedesca avanzò a Brest-Litovsk pretese territoriali verso la Russia Sovietica, chiedendo categoricamente di accettare le sue condizioni. Al governo sovietico si pose questo dilemma: o una pace a dure condizioni con i paesi della Quadruplice alleanza (Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria), o il proseguimento della guerra. In sostanza, nessun'altra soluzione del problema, disse allora Lenin, era passibile (8).
Tenendo conto della complessa situazione interna ed internazionale della Repubblica sovietica, V. I. Lenin si pronunciò a favore della firma di una pace annessionistica con la Germania ed i suoi alleati. Contro la politica leninista si schierarono i menscevichi, i cadetti (9), gli anarchici, i socialisti-rivoluzionari (10), che con frasi altisonanti sulla necessità della lotta «sino alla vittoria» cercavano di impedire la conclusione della pace, compivano sforzi disperati per spin-gere il paese dei Soviet sulla via disastrosa della guerra con-tro altri Stati.
E’ in quel momento drammatico che Trotski si mise ad attaccare all'interno del partito la strategia t la tattica leniniste sulle questioni della guerra e della pace. Egli avanzò la formula «né pace né guerra» , il che significava: non firmare la pace, non fare la guerra, smobilitare l’esercito. Anche i «comunisti di sinistra» capeggiati da Bukharin presero posizione contro la conclusione della pace di Brest-Litovsk, proponendo di iniziare la cosiddetta guerra rivoluzionaria contro gli imperialisti. Trotski sosteneva che «per quanto noi si Ossa ricorrere alle sottigliezze, qualunque sia la tattica che possiamo inventare, salo la rivoluzione europea può salvarci nel pieno senso della parola (11).
Sia prima della Rivoluzione d'Ottobre che dopo, Trotski non volle comprendere il carattere delle contraddizioni dell'imperialismo, delle tendenze di sviluppo del capitalismo monopolistico. Alla tesi leninista dell'inasprimento dello sviluppo economico e politico ineguale dei paesi imperialistici, egli oppose la tesi del sempre maggiore livellamento degli Stati capitalistici, affermando che nel XX secolo le condizioni della lotta di classe nei diversi paesi si sarebbero «livellate» e l'Europa sarebbe stata nel suo insieme matura per una rivoluzione immediata.
AI tempo stesso Trotski propagandava la teoria della, «stagnazione» del capitalismo, secondo cui l'Europa capitalistica era entrata a partire dalla prima guerra mondiale in un periodo in cui alle sue forze produttive erano connaturali una «stagnazione e decomposizione assoluta».
Là Rivoluzione d'Ottobre aveva meno in luce l'inconsistenza assoluta delle invenzioni trotskiste sulle prospettive del crollo dell'imperialismo. Ma anche dopo l'ottobre 1917, Trotski ed i suoi seguaci continuavano a deformare l'interdipendenza dialettica cd il carattere della lotta di classe condotta dal proletariato in ogni paese e su scala mondiale. Essi costruivano arbitrariamente schemi astratti fondati sulla prospettiva di una vittoria rapida della rivoluzione nei paesi dell'Europa Occidentale, cercavano in tutti i modi di sminuire il significato internazionale della Rivoluzione d'Ottobre, di travisare la posizione e il ruolo della Russia Sovietica nel movimento mondiale di liberazione.
Trotski considerava la Rivoluzione d'Ottobre non come parte integrante della lotta di liberazione del proletariato internazionale, ma come la scintilla che doveva far divampare un immediato incendio mondiale. Egli, inoltre, faceva dipendere la possibilità dell'esistenza della repubblica dei Soviet dal crollo dell'intero sistema imperialistico. Era questa una posizione .di rivoluzionarismo piccolo-borghese, un atteggiamento opportunistico di sinistra sui problemi della teoria della tattica della lotta di classe.
Conseguenza logica di simili impostazioni era la noncuranza dei trotskisti per le sorti della Rivoluzione d'Ottobre. Essi negavano la necessità di difendere e di mantenere la dittatura proletariato in Russia, perché ciò avrebbe fermato il crollo dell’imperialismo mondiale. Tale posizione era condivisa dai «comunisti di sinistra», dai socialisti-rivoluzionari e da altri avventurieri piccolo-borghesi.
Lenin si oppose decisamente ai tentativi trotskisti di svilire il significato internazionale della Rivoluzione d'Ottobre, dimostrò in modo convincente la necessità della difesi della patria proletaria come il principale dovere internazionalista della classe operaia russa e dei suo partito. Sviluppando la teoria marxista, Lenin dimostrò che la spartizione delle sfere d'influenza tra le varie unioni di imperialisti poteva portare a delle intese fra di loro, ad un intrecciarsi degli interessi degli imperialisti dei diversi paesi. L'abbattimento del dominio della borghesia in questo o in quel paese rappresenta. un forte colpo a tutto il sistema dell’imperialismo. Perciò la vittoria del socialismo in un solo paese è Parte integrante del processo rivoluzionario Mondiale, un'importantissima tappa sulla via della liquidazione definitiva delle classi sfruttatrici.
La Rivoluzione d’Ottobre non solo inflisse un duro colpo alla borghesia russa, ma scosse l'intero sistema imperialistico. Essa contribuì a sviluppare l'iniziativa rivoluzionaria degli altri reparti dell'esercito proletario mondiale, diede un forte impulso alla loro attività, favorì il consolidamento ed il rafforzamento delle loro file. Sotto l'influenza diretta dell'Ottobre si ebbero nel 19I8 rivoluzioni in Finlandia, in Germania, si sviluppò il movimento di liberazione nei paesi coloniali c semicoloniali dell'Asia, dell'Africa e dell'America. Sottolineando il legame tra le trasformazioni rivoluzionarie in Russia e la lotta antimperialista del proletariato degli altri paesi, Lenin disse che nell'Ottobre 1917 la classe operaia della Russia aveva aiutato immensamente il movimento di libe-razione mondiale innalzando la bandiera della rivoluzione socialista (12). I trotskisti: ignoravano assolutamente tale dato di fatto.
Il significato storico della Rivoluzione d'Ottobre non si esaurisce certamente nella sola influenza sul corso della lotta di classe negli altri paesi. Lenin insegnò che la Rivoluzione d'Ottobre aveva tracciato le principali direttrici del processo di rinnovamento rivoluzionario del inondo. Essa aveva messo in luce quelle leggi di sviluppo della lotta di classe, che dovevano inevitabilmente ripetersi negli altri paesi. Le tesi di Lenin sul ruolo dirigente del partito di tipo nuovo, sull'egemonia del proletariato e sull'alleanza della classe operaia con i contadini, sulla dittatura del proletariato, sulla neces-sità di liquidare la proprietà privata ed istaurare la proprietà sociale dei mezzi di produzione, sull'organizzazione della difesa delle conquiste rivoluzionarie dai nemici interni ed esterni, sull'amicizia dei popoli e sulla solidarietà internazionale dei lavoratori, tesi che vennero avvalorate dal corso della rivoluzione proletaria in Russia, avevano un significato profondamente internazionale. In contrapposto alle profezie di Trotski, Lenin pose come compito principale al partito della classe operaia, a tutti i lavoratori della Russia, la salvaguardia della repubblica dei Soviet, come punto d'appoggio c baluardo del movimento di liberazione mondiale, la difesa delle conquiste della dittatura del proletariato, poiché «in questo momento non vi sarebbe né potrebbe esservi una sconfitta più grande per la causa del socialismo, del crollo del potere dei Soviet in Russia (13). Le sorti della lotta rivoluzionaria dipendevano d'ora in poi dalla capacità della classe operaia e di tutti i lavoratori della Russia di salvaguardare le proprie conquiste rivoluzionarie.
Smascherando il disfattismo Trotski e degli altri opportunisti, Lenin sottolineo che con la nascita della Repubblica sovietica «al di sopra di tutto, sia per noi, che dal punto di vista dal socialismo internazionale, vi è la salvaguardia di questa repubblica, della rivoluzione socialista già iniziata... » (14). Proprio su questo poggiavano la strategia c la tattica leniniste. Accettando la conclusione di una pace annessionistica imposta dai paesi del blocco austro-tedesco questa strategia e questa tattica tendevano a salvaguardare e a consolidare il primo Stato operaio e contadino.
Nel periodo della lotta per la conclusione della pace di Brest-Litovsk si palesò uno dei tratti distintivi del trotskismo: la tendenza ad utilizzare le dubbie analogie per deformare il senso reale degli eventi storici. Ciò si espresse nel modo più chiaro nell'artificiosa contrapposizione tra la Comune di Parigi e la Rivoluzione d'Ottobre.
Cercando di argomentare la propria linea capitolarda, Trotski affermò nel 1918 che la Comune di Parigi era stata ai suoi tempi l’avanguardia rivoluzionaria dell’Europa mentre la Russia sovietica non lo era che «il proletariato europeo è più di noi maturo per il socialismo. Anche se ci schiacciassero è fuori dubbio che non si produrrà quel vuoto storico che ci fu dopo la Comune di Parigi» (15).
Tali affermazioni differivano radicalmente dalla definizione data da Lenin alla Rivoluzione d'Ottobre. E noto che Lenin apprezzava molto l'importanza dell'esperienza della Comune di Parigi per il successivo sviluppo del movimento socialista. Nei suoi scritti «Chi è spaventalo dal crollo del vecchio e chi lotta per il nuovo, Come organizzare emulazione? La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, e in altri, Lenin esaminò il programma della Comune di Parigi, analizzò il contenuto c i lati deboli della sua attività che portarono alla sconfitta di quello che fu il primo preannuncio. della rivoluzione proletaria.
In contrapposto alle invenzioni trotskiste Lenin mise in rilievo il nesso storico tra e la Comune di Parigi e ala Repubblica dei Soviet, considerandole come due anelli della stessa catena della lotta di classe del proletariato (16). Al tempo stesso Lenin delfini la Comune come l’embrione del potere sovietico. Egli rilevò che la Repubblica sovietica era un tipo si Stato proletario pia elevato della Comune.
Criticando aspramente i trotskisti e gli altri opportunisti di «sinistra» per l’incomprensione del reale rapporto di forza, Lenin sottolineava che la disfatta della Repubblica sovietica non avrébbe avvicinato l’obiettivo rivoluzionario del proletariato, ma, al contrario, avrebbe indebolito i legami internazionali che andavano rafforzandosi , avrebbe avuto gravi ripercussioni sulla lotta della classe operaia contro l’oppressione imperialistica. Riferendosi alle lezioni delle battaglie di classe del del passato, e particolarmente agli insegnamenti della Comune di Parigi e della rivoluzione russa del 1905-1907, Lenin prevedeva un'inevitabile offensiva della reazione nel caso della disfatta della Russia rivoluzionaria. La scomparsa del potere sovietico, egli disse, avrebbe nuovamente saldato la catena dell'imperialismo spezzata dalla Rivoluzione d'Ottobre, e le posizioni dell’imperialismo si sarebbero riconsolidate.
Oggettivamente, la linea provocatoria di Trotski. e dei suoi seguaci collimava con gli scopi dei circoli aggressivi dell'imperialismo e della controrivoluzione borghese-latifondista, che speravano di distruggere la Russia Sovietica, di indebolire le forze rivoluzionarie, di salvaguardare e consoli-dare le posizioni del capitalismo monopolistico. Caratteristica dell'atteggiamento di Trotski nel periodo della conclusione della pace di Brest-Litovsk fu la tendenza a mascherare carattere avventuristico della sua posizione con dichiarazioni altisonanti, poi subito da lui sconfessate. Una tale linea di condotta si manifestò in modo particolarmente palese nei confronti della parola d'ordine della guerra rivoluzionaria.
La rivendicazione della guerra rivoluzionaria immediata contro la borghesia tedesca e «mondiale» fu avanzata dagli opportunisti «di sinistra» subito dopo la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre. Al VII Congresso del PC(b)R, Bukharin ed i suoi sostenitori posero questa parola d'ordine alla base dei loro interventi. Essi non riconoscevano che due estremi: o la guerra rivoluzionaria che doveva cominciare immediatamente. o la capitolazione di fronte all'avversario, la rinuncia alla dittatura del proletariato. Al congresso Bukharin cercò di dimostrare che nonostante la minaccia di una serie di sconfitte, non bisognava accettare compromessi con la borghesia, in quanto «noi possiamo accettare la prospettiva di una guerra immediata con gli imperialisti» (17). La rinuncia alla guerra rivoluzionaria avrebbe significato, secondo Bukharin, «l'assenza di ogni prospettiva», e allora, sempre secondo lui, «non sarebbe rimasto che farsi a maglia una panciera e starsene a letto… (18). I parolai «di sinistra» accusavano il partito comunista di scivolare verso l'opportunismo, di non voler con-durre la guerra rivoluzionaria contro l'imperialismo. All'inizio della discussione Trotski sembrò disapprovare l'idea di una guerra rivoluzionaria immediata, non solo, ma in alcune sue dichiarazioni la giudicò persino impossibil1 (19).
Gli odierni storici borghesi sfruttano questo fatto per deformare la storia della lotta per la pace di Brest-Litovsk. Essi cercano di presentare le cose in modo come se in quel periodo non ti fossero state divergenze tra Lenin e Trotski. Nel suo libro dal titolo pretenzioso Storia del Partito comunista dell'Unione Sovietica lo storico inglese L. Schapiro afferma che nel 1917-1918 Trotski, insieme a Leniti, «respinse l’alternativa della guerra rivoluzionaria» (20). Anche W. Scharndorf (21) falsifica nello spirito la politica del partito in quel periodo.
Una tale interpretazione della storia della conclusione della pace di Brest-Lifovsk non corrisponde assolutamente alla realtà. Di fatto la posizione di Trotskí sulle questioni fondamentali della guerra, della pace e della rivoluzione fu all'epoca delle trattative di Brest-Litovsk diametralmente opposta a quella di Lenin. Certe sue frasi sull'inopportunità della guerra, pronunciate nel periodo iniziale della discussione, non, furono che una copertura. Tutto il modo di pensare di Trotski, 1a posizione di lui assunta, lo spingevano fra le braccia dei fautori della guerra rivoluzionaria, con la cui piattaforma solidarizzò ben presto apertamente.
Al VII Congresso del PC(b)R Trotski dichiarò che il loro punto di vista era il più giusto. L’unico ostacolo che impediva di lanciare l’appello della guerra rivoluzionaria era, secondo lui, il rifiuto della maggioranza del partito con alla testa Lenin (22). Trotski giustificava l’attività scissionistica dei «comunisti di sinistra» (23), affermando che «essi avevano il dovere, violando alcune considerazioni formali riguardanti il partito, di porre nettamente la questione», poiché ritenevano che la guerra rivoluzionaria immediata contro l'imperialismo era «l'unica soluzione e l'unica salvezza … » (24).
Lenin sottopose. ad una critica demolitrice la posizione dei sostenitori della guerra rivoluzionaria, dimostrando totale inconsistenza di tale tesi nella situazione concreta del 1918. al parte, va notato che i bolscevichi non hanno mai negato in linea di principio la parola d’ordine della guerra rivoluzionaria, anzi, la riconoscevano, partendo però dagli interessi della rivoluzione. Per esempio, all'epoca della rivoluzione democratico- borghese del 1905-1907 Lenin sottolineò che l'esperienza storica aveva confermato non solo la possibilità delle guerre rivoluzionarie nelle condizioni del capitalismo. ma anche il loro significato positivo, e che perciò il proletariato non poteva rifiutarsi di partecipare a tali guerre, considerandole giuste (25).
Negli anni della prima guerra mondiale Lenin rilevò che il proletariato avrebbe condotto la lotta armata contro qualsiasi tentativo di «esportare» la controrivoluzione. Una tale guerra sarebbe stata legittima c giusta. Il partito collegava strettamente la partecipazione alla guerra rivoluzionaria con la lotta contro il pacifismo astratto, il difensismo, contro la negazione della parola d'ordine della difesa della patria.
Nelle Tesi d'aprile (26) e negli interventi al I Congresso dei Soviet tutta la Russia, Lenin ribadì che i marxisti russi subordinavano agli interessi della lotta di classe del proletariato, la rivendicazione della guerra rivoluzionaria, e che perciò essi avrebbero dato il loro consenso all'attuazione di questa parola d'ordine solo alla condizione del passaggio del potere nelle mani della classe operaia e dei contadini poveri. Il rigetto della parola d'ordine della guerra rivoluzionaria avrebbe significato uno scivolamento sulle posizioni del pacifismo (27).
Dopo la Rivoluzione d'Ottobre i bolscevichi non rinunciarono alla parola d'ordine della guerra rivoluzionaria, contrariamente a quanto asserivano demagogicamente Trotski e i suoi seguaci. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre Lenin disse più volte che la guerra era possibile c che bisognava prepararsi perché gli aggressori imperialistici avrebbero certamente tentato di annientare il primo Stato operaio-contadino del mondo. Lenin considerava un errore dei trotskisti postare astrattamente la questione della guerra rivoluzionaria senza tener conto del rapporto delle forze di classe all'interno dei -paese e nell'arena internazionale (28).
Il carattere utopistico dell'idea di una guerra rivoluzionaria immediata nel momento in cui /a dittatura del prole-tariato era appena istaurata, era più che evidente sullo sfondo della grave situazione economica della Russia Sovietica. La gestione zarista, la politica antipopolare del Governo provvisorio, la devastatrice guerra imperialistica avevano portato l'economia del paese sull'orlo di una catastrofe. Era diminuita bruscamente la produzione dei settori principali dell'industria. La produzione dell'industria pesante costituiva nel 1917 il 77% di quella prebellica (29). Ben 44 altiforni su 177 erano fermi mentre il potenziale degli altri non era sfruttato in pieno. Molte aziende chiudevano per la mancanza di metallo, di combustibile e di altre materie prime. Nel paese si faceva sentire la penuria di viveri. «Un paese di piccoli contadini, affamato ed estenuato dalla guerra. che ha appena cominciato a curare le sue ferite, contro una produttività del lavoro tecnicamente ed organizzativamente superiore: ecco - scrisse Lenin - la situazione oggettiva all'inizio del 1918» (30). La contrazione della produzione industriale, la crisi dell'agricoltura,la carenza di combustibile, esigevano imperiosamente una tregua, anche se breve. Per avviare l’economia distrutta.
Un altro importantissimo fattore che rendeva impossibile la guerra rivoluzionaria era l’estrema stanchezza degli operai, l’assenza in essi del desiderio di combattere. Com’è noto,la stragrande maggioranza dei delegati al III Congresso dei Soviet di tutta la Russia, si pronunciò contro la guerra, approvò la linea leninista volta a concludere la pace e garantire le condizioni per l’edificazione del socialismo. I sondaggi effettuati su indicazione di Lenin nel febbraio-marzo1918 presso i Soviet di governatorato, di mandamento e di volost, mostrarono che larghi strati del popolo appoggiavano la politica di pace del governo sovietico. Su 173 Soviet di mandamento, 88 si pronunciarono a favore della pace (31). Quanto fossero infondati gli appelli alla guerra rivoluzionaria era testimoniato anche dalle informazioni che affluivano dalle diverse località. Sui 31 telegrammi spediti all'indirizzo del IV Congresso dei Soviet di tutta la Russia dai Soviet di volost, 22, ossia il 71%, contenevano la richiesta della pace. La necessità di concludere immediatamente la pace era dettata pure dalla situazione militare: la Repubblica sovietica non disponeva delle forze armate indispensabili per difendere le conquiste della Rivoluzione d'Ottobre. Dopo un minuzioso esame della situazione concreta, dei dispacci provenienti dai fronti c delle lettere dei soldati. Lenin giunse alla conclusione che il vecchio esercito si era disgregato ed aveva perso la capacità di combattere. Esso non era che un organismo ma-lato, estenuato dalla lunga carneficina imperialistica (32). Al fronte cominciò la smobilitazione spontanea, i soldati abbandonavano in massa i loro reparti.
L'incapacità totale del vecchio esercito russo di far fronte all'avversario e l'assenza di un nuovo esercito, quello operaio-contadino, rendevano assai pericolosa la situazione nel caso di una continuazione della guerra imperialistica. Predicare in quelle condizioni la guerra rivoluzionaria contro l'imperialismo significava mettere in gioco le sorti del paese dei Soviet.
Sulla base di un'analisi completa dei fatti concreti, Lenin trasse la conclusione che «il mugik non farà una guerra rivoluzionaria», che i lavoratori non potevano condurre in alcun caso la guerra (33). Il partito non poteva non tener conto dello stato d'animo delle larghe masse del popolo. La politica di Lenin, quella di uscire dalla guerra concludendo una pace separata per ottenere una tregua, esprimeva i veri interessi del popolo lavoratore, la sua profonda volontà.
Ben diverso era l'atteggiamento dei trotskisti e degli altri i parolai «di sinistra» . Il loro comportamento mostrava chiaramente che non volevano tener conto dell'opinione delle masse, ignoravano il 1oro stato d'animo, la loro volontà. Essi revisionavano la tesi fondamentale del marxismo sul ruolo decisivo delle masse popolari nella storia. I trotskisti pensavano di essere loro stessi e non il popolo a determinare gli sviluppi della situazione storica.
Quest'atteggiamento, tipico dell'avventurismo piccolo-borghese, si manifestò chiaramente nelle posizioni di Trotski fin dal primo anno della dittatura proletaria in Russi. Al VII congresso del partito egli parlò con disprezzo dell'infingardaggine dei «larghi strati della massa popolare arretrata» che non volevano «fare la guerra contro i tedeschi e contro la nostra borghesia…» (34). Gli avversari della linea leninista invitavano quindi a «far pressione» sulle masse assicurando che in tal modo «noi avremo una vera guerra sacrosanta» (35)
Tuttavia l'esperienza storica dimostra che l’entusiasmo rivoluzionario delle masse popolari non viene ottenuto mediante esortazioni gratuite e tanto meno mediante la coercizione. I lavoratori debbono convincersi per propria esperienza della necessità di condurre una guerra rivoluzionaria. A differenza degli i oppositori di «di sinistra», Lenin sottolinea che la guerra rivoluzionaria suscita energia e la capacità di compiere prodigi a condizione che essa interessi i lavoratori. i quali allora affrontano consapevolmente, poiché sanno per che cosa lottano (36).
Mentre la massa fondaméntale della popolazione della Russia Sovietica era contraria alla guerra, i trotskisti chiedevano l’immediata guerra rivoluzionaria. Era una posizione che metteva in pericolo la dittatura del proletariato. Rispondendo ai fautori della guerra rivoluzionaria, Lenin dichiarò: «Non si può... condurre una guerra. quando l'enorme maggioranza delle masse di operai, contadini e soldati elle eleggono i Soviet, è dichiaratamente contraria». (37).
Lenin mise in luce il carattere vizioso della posizione trotskista anche dal punto di vista degli obiettivi e degli orientamenti della lotta di classe del proletariato. Gli ingiustificati appelli trotskisti assolutamente gratuiti, sulla necessità che la Repubblica sovietica lanciasse immediatamente un'offensiva contro l'imperialismo, poggiavano sulla tesi antimarxista che la dichiarazione della guerra rivoluzionaria al mondo capitalistico avrebbe portato immediatamente alla rivoluzione mondiale.
Opponendosi alla linea leninista Trotski assicurava che la rinuncia alla pace con la Germania avrebbe permesso «di esercitare un’azione rivoluzionaria del proletariato tedesco» (38). Quest'idea trotskista fu formulata ancor più francamente dai «comunisti di sinistra» i quali affermavano che la guerra rivoluzionaria, anche se condotta contro Stati tecnicamente meglio equipaggiati avrebbe favorito lo sviluppo della rivoluzione in occidente, avrebbe accelerato tale rivoluzione (39).
I parolai «di sinistra» cercavano di convalidare la loro posizione con affermazioni sul rapido maturare della rivoluzione nei paesi dell'Europa Occidentale. Sopravvalutando il ruolo degli scioperi scoppiati in Germania e in Austria, essi, nel gennaio-marzo 1918, non cessavano di annunciare l’inizio della rivoluzione nell'Europa Occidentale, la fine imminente del governo di Guglielmo, l'ascesa di Liebknecht al potere entro pochi giorni. I trotskisti tentarono persino di prevedere il momento preciso in cui sarebbe completamente crollato il sistema imperialistico, di stabilire le date dell'inizio delle rivoluzioni negli altri paesi. Alla base di siffatti ragionamenti antimarxista della possibilità di «sospingere» mediante la guerra la rivoluzione mondiale, di accelerare la fine del regime imperialistico. Parlando dei congiurati piccolo-borghesi, K. Marx e F. Engels li definirono alchimisti della rivoluzione, poiché il loro scopo non era quello di organizzare la lotta rivoluzionaria delle larghe masse del popolo, ma di accelerare ad arte con l'azione dei solitari il processo rivoluzionario, «per spingerlo artificiosamente alla crisi, improvvisare la rivoluzione anche se sono assenti le condizioni ad essa necessarie» (40)
. Nella nuova situazione storica i trotskisti tentarono di resuscitare le vecchie idee piccolo-borghesi, di erigerle a «piattaforma» della politica estera dello Stato sovietico, della strategia e della tattica del partito nell'arena internazionale. Lenin criticò aspramente la posizione ultrasinistra, dimostrandone l'assoluta inconsistenza sia dal punto di vista dei principi generali della dottrina marxista della lotta di classe del proletariato, sia in rapporto allo sviluppo concreto degli avveni-menti rivoluzionari nel periodo successivo alla Rivoluzione d'Ottobre.
Generalizzando l'esperienza della lotta del proletariato russo ed internazionale, Lenin mostrò che le rivoluzioni nascono e si sviluppano non in seguito ad un intervento esterno, ma sulla base del maturare delle contraddizioni di classe in una data società. Esse sono condizionate da profondi processi oggettivi e non possono verificarsi senza una situazione rivoluzionaria. Lenin respinse categoricamente ogni tentativo trapiantare la violenza il socialismo negli altri paesi, ogni tendenza avventuristica ad estendere la rivoluzione all'Occidente mediante la guerra. Nell'articolo Strano e mostruoso egli qualificò come antimarxista la tesi della necessità di «sospingere» la rivoluzione mondiale.
Denunciando l'inconsistenza e il carattere dannoso della posizione trotskista, Lenin ribadì più volte la necessità di valutare con criteri scientifici il grado di maturità della rivoluzione, mettendo in guardia contro le previsioni infondate, i salti ingenui e puerili nell'avvenire. Egli sottolineò (quanto fosse dannoso avere fretta nel valutare le prospettive e l’andamento della lotta di classe del proletariato. Lepin disse che i paladini della fraseologia «di sinistra» spacciavano i loro desideri per realtà poiché la rivoluzione in Occidente andava si maturando ma non era ancora matura (41) e sarebbe stato un’imperdonabile sciocchezza cercare di «sospingerla» mediante la guerra. Correre il rischio di uno scontro armato con il capitalismo mettendo in pericolo l'esistenza stessa del potere sovietico, significava in realtà non aiutare ma ostacolare il maturare della rivoluzione, poiché ciò poteva portare alla disfatta del suo principale baluardo. Ecco perché i tentativi degli opportunisti «di sinistra» di costruire una tattica. partendo dal presupposto di uno sviluppo accelerato della rivoluzione nell'Europa Occidentale, furono bollati da Lenin come avventurismo, come amore per la vuota frase.
Lenin criticò aspramente a più riprese i dottrinari «di sinistra» per il loro atteggiamento settario e volontaristico verso i problemi del movimento antimperialistico, perché ignoravano la necessità di tenere rigorosamente conto del grado di maturità dei fattori oggettivi e soggettivi della rivoluzione socialista.
Egli qualificava gli appelli ad imporre con le armi il regime socialista agli altri paesi come una rottura completa con la teoria marxista,come una negazione delle leggi di sviluppo della lotta di classe del proletariato (42). Respingendo qualsiasi idea di abbattere mediante la guerra i governi di Guglielmo II e di Wilson, Lenin disse: «Non possiamo abbatterli con una guerra. Ma possiamo tuttavia spingere avanti la loro disgregazione interna. E con la nostra rivoluzione proletaria sovietica. siamo riusciti a far questo in grande misura» (43). In tal modo la critica mossa da Lenin alla teoria della necessità di «sospingere» il processo rivoluzionario mondiale, aveva un carattere universale. Lenin mise in luce il carattere antiscientifico di questa concezione che ignorava i fattori oggettivi interni ed il rapporto delle forze di classe, respinse l'idea che una guerra dello Stato sovietico contro il capitalismo avrebbe stimolato i ritmi di sviluppo della rivoluzione mondiale, mostrò il vero volto degli autori di questa teoria, che cercavano di revisionare il marxismo e facevano il gioco degli imperialisti.
Il sottofondo piccolo-borghese della tesi antimarxista della necessità di «sospingere» la rivoluzione si manifestava anche nel fatto che i suoi autori ignoravano assolutamente le condizioni in cui possono essere applicati i metodi di lotta violenti. Lenin condannava i dottrinari «di sinistra» perché attribuivano un valore assoluto alla violenza armata, considerandola quasi l'unico motore del progresso storico. I paladini della fraseologia «di sinistra» rigettavano un'importantissima tesi del marxismo, secondo cui non tutti i compiti rivoluzionari si risolvono con mezzi violenti, con la lotta armata.
La violenza esercita di per sé un ruolo immenso nella rivoluzione, fungendo, secondo l'espressione di Marx, da levatrice della vecchia società nel momento in cui essa è gravida del nuovo. Sviluppando questa tesi marxista, Lenin rilevò che la violenza armata è un procedimento necessario e legittimo della rivoluzione soltanto in determinati momenti del suo sviluppo, soltanto in certe condizioni particolari, mentre una proprietà assai più profonda, assai più costante della rivoluzione proletaria, la premessa della sua vittoria, rimane l'organizzazione del proletariato e dei larghi strati dei lavoratori (44).
I classici del marxismo-leninismo hanno più volte sottolineato che la politica e la tattica della classe operaia c del suo partito poggiano soprattutto sull'umanesimo rivoluzionario e si propongono di abbattere il dominio capitalistico con un minimo di perdite e di sofferenze per il popolo. Se ne esistono le condizioni oggettive, il proletariato é sempre interessato allo sviluppo pacifico della rivoluzione. I trotskisti ed i «comunisti di sinistra», al contrario, non valevano nessun'altra soluzione che non fosse quella della lotta armata contro l’imperialismo criticava la loro esaltazione feticistica dei metodi violenti della lotta di classe, poiché ciò poteva privare la classe operaia della possibilità di applicare una tattica sufficientemente duttile e poteva frenare, in ultima analisi la soluzione dei compiti rivoluzionari.
La classe rivoluzionaria in lotta contro la vecchia società non può ottenere il successo se non si impossessa di tutte le forme di lotta - pacifiche c non pacifiche. parlamentari ed extraparlamentari - e non sa utilizzarle secondo le circostanze. E’ interessante far notare in proposito che al VII congresso del partito, Lenin si oppose decisamente alla proposta di non menzionare nel Programma del partito la possibilità dell'impiego delle forme parlamentari di lotta. «In nessun modo bisogna far pensare che noi non teniamo assolutamente in conto le istituzioni parlamentari borghesi - disse Lenin. - Esse rappresentano un enorme passo avanti rispetto alle istituzioni precedenti... Aprire la strada a un rifiuto puramente anarchico del parlamentarismo borghese, non possiamo» (45).
Secondo Lenin, il dovere rivoluzionario dei comunisti consiste nell’utilizzare la benché minima possibilità, tenendo conto della situazione, del rapporto di forze, dell’acutezza della lotta di classe all’interno e all’esterno,per raggruppare sotto la propria direzione la stragrande maggioranza del popolo allo scopo di isolare i gruppi dirigenti della borghesia monopolistica e i suoi ausiliari social-conciliatori. Lenin considerava l’utilizzazione delle istituzioni parlamentari borghesi come uno dei mezzi possibili e perfettamente accettabili per raggiungere questo scopo. Condannando ogni atteggiamento semianarchico nei confronti della possibilità di uno sviluppo pacifico della rivoluzione, egli insegnava al partito ad analizzare in modo creativo la situazione, a definire i mezzi e le forme della rivoluzione portento dalla realtà concreta c dai compiti di classe del proletariato. Solo a questa condizione il partito avrebbe potuto mettersi alla testa del movimento operaio e democratico e condurlo con fermezza e sicurezza, alla vittoria della rivoluzione socialista.
Lenin si batté pure contro la tendenza dei «sinistri» a standardizzare le condizioni della lotta antimperialistica nei diversi paesi, ad estendere meccanicamente la tattica della Rivoluzione d’Ottobre al movimento di liberazione mondiale. Prigionieri del loro schema illusorio del crollo del mondo capitalistico, i trotskisti si ostinavano a non comprendere che il ripetersi inevitabile su scala internazionale del tratti essenziali della Rivoluzione d'Ottobre non significa affatto-che gli altri reparti del proletariato debbano copiare meccanicamente la tattica dm bolscevichi, senza tenere conto delle condizioni locali e del grado di asprezza della lotta classe nazionale. E’ assai indicativo che nella polemica condotta contro i «sinistri» al VlI Congresso del PC(b)R. Lenin tenne a sottolineare l'erroneità dei tentativi di trapiantare meccanicamente nell'arena internazionale la tattica della lotta contro la borghesia all'interno di un paese (46). L'internazionalismo autentico non consiste affatto nell'uniformare ovunque i metodi e i mezzi della lotta, come cercavano di far credere i trotskisti, ma nella comprensione da posizioni scientifiche delle. leggi generali della trasformazione rivoluzionaria del mondo c particolarmente degli aspetti specifici del loro manifestarsi in ogni paese.
Sottolineando l'inevitabilità oggettiva della fine imperialismo Lenin rilevava al tempo stesso che il cammino verso un tale obiettivo sarebbe stato lungo, difficile e complesso. Egli respingeva categoricamente ragionamenti assolutamente infondati dei dogmatici di tipo trotskista, che cerca-vano di inculcare l'illusione che la vittoria sul capitalismo internazionale sarebbe stata rapida e facile. Lenin invitò i comunisti a studiare in modo approfondito l'esperienza della Rivoluzione d’Ottobre, la strategia e la tattica del bolscevismo per una loro applicazione non pedissequa, ma creativa in ogni singolo paese.
Negli scritti del periodo successivo alla rivoluzione. Lenin, illustrando il carattere oggettivo della vittoria riportata dalla classe operaia della Russia nell'ottobre 1917, mise anche in luce tutte quelle particolarità specifiche che avevano facilitato l'instaurazione in Russia della dittatura del proletariato. Secondo lui, le principali erano: la presenza della monarchia zarista, che aveva dato una forza eccezionale all'assalto delle masse; la fusione della lotta del proletariato contro la borghesia e del movimento contadino contro i grandi proprietari fondiari; l'immensa esperienza politica accumulata dagli operai e dai contadini di Russia nelle battaglie di classe, particolarmente negli anni della prima rivoluzione russa; le condizioni geografiche favorevoli; la nascita di una nuova forma di organizzazione proletaria rivoluzionaria come i Soviet, ecc. (47).
Queste particolarità specifiche determinarono l'eccezionale acutezza delle contraddizioni economico-sociali, conferirono uno slancio possente alla lotta di classe del proletariato e dei contadini lavoratori della Russia, il che per l'appunto condizionò la rottura della catena dell'imperialismo nel suo anello più debole: la Russia. La coincidenza che si ebbe tra gli antagonismi di classe all’interno del paese, e la favorevole situazione internazionale (gli imperialisti divisi dalla guerra intestina non poterono prestare un sufficiente aiuto alla borghesia russa), determinò anche la relativa facilità dell’istaurazione della dittatura del proletariato in Russia.
Sulla base di un'analisi concreta, Lenin giunse alla conclusione che per il proletariato dell'Europa Occidentale sarebbe stato ben più difficile che non per quello della Russia iniziare la rivoluzione socialista (48). Lenin sottolineò che la lotta rivoluzionaria della classe operaia nell’Europa Occidentale era seriamente complicata dalla presenza di una borghesia economicamente e politicamente potente, dall’impiego da parte del capitale monopolistico dell'arsenale dei mezzi della dittatura militare contro il proletariato; della presenza di un’ «aristocrazia operaia» considerevole e quindi della forte influenza dell’ideologia sciovinistica borghese; dell’attività dei partititi piccolo-borghesi conciliatori. In relazione a ciò egli consigliava ai comunisti dell’Europa Occidentale di affrontare in modo ponderato le questioni della direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato e delle masse lavoratrici, di valutare realisticamente il rapporto delle forze di classe all'interno del paese c nell'arena internazionale, di fondare la loro politica, strategia e tattica su solide basi scientifiche.
Mettendo in luce l'inconsistenza della posizione di Trotski e degli altri opportunisti «di sinistra», delle loro astratte e scolastiche concezioni della teoria e della pratica della lotta di classe, Lenin poneva ai partiti comunisti ed operai, quali i reparti d'avanguardia del proletariato internazionale, il compito di trovare forme particolari che permettessero loro di avvicinare le larghe masse dei lavoratori alla rivoluzione socialista, di cogliere ciò che vi era di particolarmente nazionale, di specifico in ogni paese.
Al tempo stesso Lenin fu intransigente verso la benché minima manifestazione di sfiducia nelle forze rivoluzionarie del proletariato internazionale da parte dei «comunisti di sinistra», dei trotskisti, degli anarchici c dei socialisti-rivoluzionari di sinistra. Alla riunione del GEC del 29 aprile 1918 egli prese decisamente posizione contro le affermazioni anar-coidi che in Germania il proletariato era «infetto», «corrotto». «Il proletariato d'Europa - disse Lenin - non è affatto più infetto che in Russia, ma è più difficile colà cominciare la rivoluzione perché il potere non è in mano di idioti come Romanov né di fanfaroni come Kerenski. ma vi sono dirigenti seri del capitalismo, che in Russia non c'erano» (49). Lenin giudicava una manifestazione di nazionalismo ogni ragionamento sulla presunta insufficiente attività del proletariato europeo.
Le leggi oggettive che avevano determinato la Rivoluzione d'Ottobre, agivano anche negli altri paesi, rendendo ineluttabile la rivoluzione proletaria a scadenza più o meno breve. Secondo Lenin, l'internazionalismo del partito comunista di Russia consisteva non nello scatenare una guerra rivoluzionaria immediata contro l'imperialismo, ma nell'appoggiare il movimento operaio c democratico nei paesi capitalistici, coloniali e semicoloniali, nell'influenzare con la forza dell'esempio e con le realizzazioni economiche il carattere e i ritmi del progresso storico.

LA LOTTA DEL PARTITO PER LA CONCLUSIONE
DELLA PACE DI BREST-LITOVSK



L'uscita della Russia Sovietica dalla guerra, e la tregua che questo passo comportava, furono un'importantissima condizione per la realizzazione dei compiti dell'edificazione economica. Perciò la lotta di Lenin per la firma della pace con la Germania ed i suoi alleati ebbe un’importanza primaria dal punto di vista del rafforzamento del potere sovietico, del consolidamento del primo Stato operaio-contadino del mondo.
La formula trotskista «né pace né guerra» poggiava su due presupposti assurdi. Una valutazione antileninista dell'essenza dell'imperialismo, la negazione della legge oggettiva del suo sviluppo economico e politico ineguale, determinarono lo schematismo e il semplicismo che caratterizzavano i ragionamenti dei trotskisti sui rapporti fra la repubblica dei Soviet c i paesi capitalistici. I trotskisti ignoravano la necessità di sfruttare le contraddizioni fra i paesi imperialistici, la loro divisione in raggruppamenti ostili. Trotski sconsigliava di «firmare una pace che creerà una tregua fittizia» e dichiarava che non bisognava cedere alla Germania «in nome di una tregua dalla prospettiva indefinita.... » (50). Questo nichilismo nei confronti di una questione cosi importante per il paese dei Soviet scaturiva direttamente dalla tesi trotskista sull'impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese.
Parallelamente, i trotskisti avanzavano e sostenevano ostinatamente la tesi che la pace con i paesi del blocco austro-tedesco sarebbe stata un tradimento del principio dell’internazionalismo, avrebbe fatto perdere alla Repubblica sovietica le simpatie del proletariato internazionale e sarebbe stato un colpo alle spalle per i popoli ucraino e finlandese, che sarebbero caduti sotto il giogo degli imperialisti tedeschi (51). Una posizione analoga era sostenuta anche dai «comunisti di sinistra» e dai socialisti-rivoluzionari di sinistra, che di fatto, facevano fronte comune contro la politica leninista del partito comunista nel periodo del consolidamento del potere sovietico.
La necessità impellente di concludere il trattato di pace di. Brest-Litovsk fu profondamente motivata da Lenin nelle «Tesi sulla conclusione immediata di una pace separata e annessionistica».
Egli mise in luce la totale inconsistenza delle idee dei fautori della guerra rivoluzionaria immediata, il carattere vizioso della parola d'ordine trotskista «né pace guerra». Al tempo stesso, polemizzando con gli opportunisti «di sinistra», Lenin mostrò la fondatezza scientifica e la vitalità della politica estera dello Stato sovietico, argomentò la necessità di saper servirsi delle contraddizioni fra gli imperialisti nell'interesse della dittatura del proletariato, diede una definizione precisa del ruolo dei compromessi e degli accordi nella lotta della classe operaia per il socialismo.
Lenin dimostrò in primo luogo l'inevitabilità oggettiva dei compromessi rivoluzionari, dettati dalle difficoltà della lotta di liberazione. La trasformazione rivoluzionaria del vecchio mondo, rilevò Lenin, non può seguire una linea retta senza zigzag e ritirate temporanee. I marxisti rivoluzionari conseguiranno il successo solo a condizione che tengano conto delle svolte degli avvenimenti, elaborino e applichino una duttile tattica nella lotta per gli obiettivi finali del proletariato, sappiano evitare uno scontro impari con l'avversario
Accettando dei compromessi temporanei, i bolscevichi non cessavano al tempo stesso nemmeno per un attimo la lotta ideologica e politica per l’unità di tutte le forze rivoluzionarie, per la purezza del marxismo-leninismo. Prima della vittoria della Rivoluzione d’Ottobre il partito si servi dei com-promessi nell'interesse dell'istaurazionc della dittatura del proletariato, e dopo la sua istaurazione, per la realizzazione vittoriosa delle trasformazioni socialiste.
I trotskisti e gli altri deviazionisti piccolo-borghesi non volevano prendere in considerazione il fatto che la Repubblica sovietica avrebbe dovuto sostenere una lunga c difficile lotta con la borghesia non solo all'interno del paese ma anche nell'arena internazionale. Per questo era necessaria la mas-sima tensione di tutte le forze c un'intelligente utilizzazione dei contrasti sia tra le potenze capitalistiche che tra i diversi gruppi della borghesia nella stessa Russia. Lenin scrisse in proposito: «Chi non ha capito questo, non ha capito un’acca né del marxismo né del moderno socialismo scientifico in generale». (52).
La linea del partito in politica estera, consistente nell'ottenere mediatile un accordo coi paesi del blocco austro-tedesco un po’ di respiro per rimettere in piedi l'economia ed accrescere il potenziale difensivo del paese, non fu per nulla un'ipotesi astratta e teorica e neppure una tattica «dalla prospettiva indefinita», come asseriva Trotski, bensì un passo concreto, pienamente legittimo alla luce di un'analisi delle condizioni oggettive.
Nel periodo successivo alla Rivoluzione d'Ottobre si delinearono nella politica delle potenze imperialistiche due tendenze fondamentali. Da un lato, gli imperialisti volevano creare un'alleanza contro la Russia dei Soviet. Questo desiderio poggiava sulla comunanza di interessi economici dei monopoli, interessati alla spoliazione dei popoli degli altri paesi e alla repressione della lotta rivoluzionaria. Dall'altro lato, i paesi capitalistici, come risultato di contraddizioni assai concrete, erano divisi in gruppi e coalizioni ostili tra di loro, il che rendeva difficile e talora impossibile una loro azione congiunta contro la repubblica dei Soviet. Proprio per questo Lenin disse che l’alleanza di classe imperialistica, anche se restava la principale tendenza economica del regime capitalistico, non era «la forza motrice della politica (53). Il conflitto fra queste due tendenze non solo condizionava le relazioni internazionali, ma offriva anche la possibilità oggettiva di sfruttare i contrasti imperialistici per salvaguardare e consolidare la dittatura proletaria in Russia, per gettare le basi dell'economia socialista.
Lenin denunciò anche l'altra tesi trotskista che la firma del trattato di Brest-Litovsk avrebbe significato una collaborazione con l'imperialismo., un abbandono dei principi dell’internazionalismo proletario.
Riassumendo l'esperienza della lotta del partito comunista per ottenere una tregua. Lenin scrisse che una delle maggiori difficoltà della rivoluzione socialista in Russia era rappresentata dal fatto che l'avanguardia cosciente del proletariato si era vista costretta ad urtarsi nel modo più duro con il patriottismo degli elementi piccolo-borghesi, che nulla volevano riconoscere all'infuori dei vantaggi immediati, intesi all'antica, della propria patria (54). L'ideologia di questi elementi è il nazionalismo piccolo-borghese che proclama come internazionalismo il riconoscimento a parole dell’uguaglianza delle nazioni, lasciando intatto l'egoismo nazionale. Per quanto essi cerchino di presentarsi nelle vestì di «internazionalisti», di «patrioti», di fatto la loro azione rimane motivata dai pregiudizi nazionalistici diametralmente opposti alle convinzioni proletarie. Quando parla di patriottismo, la piccola borghesia pone al di sopra di tutto i propri interessi, e reagisce morbosamente ad ogni minimo attentato al suo sentimento nazionale.
I rappresentanti dei partiti piccolo-borghesi vedevano nella pace di Brest-Litovsk solo un vano sacrificio ed un’umiliazione. Di qui le loro grida sull’ «onta di Brest», inammissibilità di qualsiasi concessione al nemico, l'appello a combattere fino alla «vittoria completa». Di fatto la posizione degli elementi piccolo-borghesi era pseudopatriottica, ed era in contrasto non solo con gli interessi dei lavoratori del mondo intero, ma era rivolta, in ultima analisi, contro lo stesso popolo della Russia.
I trotskisti riflettevano questa pressione del fanatismo piccolo-borghese, le sue idee utopistiche e astratte sulle vie e i metodi di lotta contro il capitalismo mondiale. Travisando le prospettive di sviluppo della rivoluzione socialista mondiale ed anche il posto ed il ruolo della Russia dei Soviet nel movimento di liberazione, essi interpretavano erroneamente anche il dovere internazionalista del proletariato della Russia. Alla base del loro errore era un'incapacità totale di far distinzione tra l'accordo rivoluzionario e il compromesso reazionario. In altre parole, secondo i paladini della fraseologia di «sinistra», qualsiasi compromesso con la borghesia significava uno scivolamento nel pantano dell'opportunismo, un'abbandono del marxismo rivoluzionario.
Criticando i frazionisti «di sinistra». Lenin diceva che soltanto; «signorine schizzinose» e «giovinetti leziosi», oltre gli affetti dalla «scabbia della vuota frase rivoluzionaria», ci possono vedere nella soluzione, sulla base di un compromesso, di questa o quella questione controversa, qualcosa di «poco pulito», un atto antirivoluzionario (55). I comunisti debbono saper distinguere tra i compromessi reazionari conclusi dai traditori degli interessi della classe operaia con i capitalisti. cd i compromessi derivanti dallo sviluppo oggettivo della lotta di classe, volti a promuovere la soluzione dei compiti rivoluzionari.
Se gli opportunisti sacrificano gli interessi essenziali della classe operaia per ottenere vantaggi temporanei e parziali, i veri rivoluzionari considerano possibili solo i sacrifici temporanei, secondari dal punto di vista della lotta per il socialismo, per salvaguardare e consolidare le conquiste della rivoluzione. Qui stava la differenza di principio tra la politica del partito e la posizione degli elementi opportunisti riguardo alla pace di Brest-Litovsk. La firma apposta in calce all'ultimatum tedesco non fu una trasgressione ai principi dell'internazionalismo proletario. Si trattava, rilevò Lenin, di una valutazione realistica delle forze in scena (56). I dottrinari «di sinistra» ignoravano deliberatamente il fatto che il partito aveva accettato un compromesso con l'imperialismo in nome degli interessi fondamentali della dittatura del proletariato. Esso non solo aveva preservato nella loro integrità i principi formulati nel suo programma, ma aveva anche consolidato il potere sovietico in Russia. Lenin disse che firmando il trattato di Brest-Litovsk «in realtà non abbiamo concluso nessun blocco, non abbiamo mai varcato il limite oltre il quale il potere socialista veniva minato o perdeva il suo onore, e abbiamo invece sfruttato il conflitto tra i due imperialismi in modo tale che in fin dei conti hanno perduto entrambi» (57). Contrariamente alle profezie di Trotski, la conclusione del trattato di pace di Brest-Litovsk non portò, e non poteva, del resto, portare, ad alcun'altra concessione all'imperialismo.
La posizione piccolo-borghese e nazionalistica di Trotski si manifestò anche nell'affermazione che la conclusione del trattato di pace di Brest-I,itovsk avrebbe significato un tradimento degli interessi dei lavoratori dell'Ucraina, Lettonia, Polonia e Lituania. Tale posizione era infondata, poiché poggiava su una falsificazione del principio marxista dell’armonizzazione degli interessi nazionali ed internazionali della classe operaia, scaturiva da una valutazione antimarxista del rapporto fra i compiti della rivoluzione socialista ed il principio del diritto delle nazioni all’autodecisione (58).
Concludendo la pace di Brest-Litovsk il partito subordinava gli interessi della lotta del proletariato di un paese agli obiettivi del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo su scala mondiale. Considerando la classe operaia del paese dei Soviet come uno dei reparti dell'esercito mondiale del so-cialismo, e la rivoluzione proletaria in Russia come parte integrante del movimento di liberazione mondiale dei lavoratori, Lenin richiamava l'attenzione di tutto il partito sulla necessità di risolvere i compiti nazionali in stretto legame con il compito generale e principale della lotta antimperialistica.
Nel periodo della lotta per la conclusione della pace di Brest-Litovsk, Lenin argomentò in modo esauriente un importantissimo principio dell'internazionalismo proletario: la classe operaia, giunta al potere, deve essere pronta ad accettare sacrifici sul piano nazionale se lo esigono gli interessi generali del proletariato internazionale. Lenin considerava il trattato di Brest-Litovsk, come una concessione forzata fatta ad un imperialismo che in quel momento era più forte del socialismo, come una ritirata temporanea per raccogliere le forze e consolidare le conquiste della rivoluzione. Secondo lui, la causa oggettiva della ritirata era che le rivoluzioni non maturano simultaneamente in tutti i paesi e che lo sviluppo della rivoluzione socialista in un qualsiasi paese è lungi dal rassomigliare ad un'ininterrotta marcia trionfale. «Le onde della rivoluzione - scrisse Lenin - non si succedono le mie alle altre regolarmente, dolcemente, uniformemente» (59).
Lenin era convinto che la lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale avrebbe fatto fallire le trarne dei governi imperialistici e avrebbe annullato il trattato di Brest-Litovsk, imposto con la forza al paese dei Soviet. La previsione di Lenin si avverò in pieno.
La lotta per far uscire la Russia Sovietica dalla guerra e per ottenere una tregua richiese sforzi molto intensi da parte idi Lenin.
La Germania aveva presentato di fatto l'ultimatum alla repubblica dei Soviet già alla fine del dicembre 1917, e le potenze del blocco austro-tedesco cercarono di sfruttare nel proprio interesse tutto il periodo di tempo antecedente la firma della pace di Brest-Litovsk. Il 13 (26) dicembre 1917 esse invitarono per telegrafo la Rada controrivoluzionaria dell'Ucraina ad inviare propri rappresentanti a Brest-Litovsk, informandone la delegazione sovietica solo il giorno successivo. Il capo della delegazione sovietica a Brest-Litovsk, Trotski, accettò la partecipazione della Rada alle trattative di pace (60). La posizione di Trotski andava a genio alle potenze della coalizione austro-tedesca. che speravano di pervenire ad una transazione vantaggiosa con i traditori del popolo ucraino. Il 28 dicembre 1917 (10 gennaio 1918) la delegazione della Rada ucraina lesse una dichiarazione in cui chiedeva lo smembramento della Russia e l'autonomia della Rada nelle questioni internazionali. Contemporaneamente essa annunciò di non riconoscere il governo sovietico.
Il 3 febbraio 1918 Berlino decise di presentare al paese dei Soviet delle condizioni di pace ultimative. Lo stesso giorno furono formulate le modalità del trattato con la Rada ucraina (61). Il 9 febbraio 1918, subito dopo la firma proditoria del trattato da parte della Rada ucraina, la Germania ed i suoi alleati chiesero in forma ultimativa che la repubblica dei Soviet accettasse le loro condizioni.
Lenin rilevò che prima della partenza di Trotski per Brest-Litovsk, «era stato stabilito di tener duro fino all’ultimatum dei tedeschi e di cedere però dopo l'ultimatum» (62). Tuttavia Trotski trasgredì a questa direttiva di Lenin ed in risposta all'ultimatum tedesco del 27 gennaio (9 febbraio) 1918 lesse una dichiarazione secondo cui la Russia, astenendosi dal firmare il trattato annessionistico, dichiarava cessato lo stato di guerra con la Germania, l'Austria-Ungheria, la Turchia e la Bulgaria. Simultaneamente a questa dichiarazione, Trotski inviò al Comandante in capo N. Krylenko un telegramma in cui chiedeva di dare l'ordine della smobilitazione dell'esercito. Venutone a conoscenza, Lenin diede la direttiva di annullare la decisione arbitraria di Trotski (63).
Documenti inediti, rinvenuti recentemente nell'Archivio della politica estera dell'URSS, dimostrano che i rappresentanti tedeschi a Brest-Litovsk avevano la facoltà di differire la presentazione dell'ultimatum, nella speranza che la delegazione della Russia Sovietica si sarebbe lasciata prendere dal nervosismo e avrebbe offerto il motivo per interrompere le trattative. Il governo di Guglielmo cercava in ogni modo di dissimulare i suoi propositi aggressivi, di trarre in errore le masse lavoratrici circa il carattere e il contenuto delle trattative di pace, di far ricadere sulla repubblica dei Soviet la responsabilità del loro fallimento. Trotski, assumendosi praticamente l'iniziativa di interrompere le trattative contribuiva così alla realizzazione degli obiettivi del circoli di aggressione dell’imperialismo.
Le conseguenze di questo passo di Trostski si rivelarono eccezionalmente gravi per la repubblica dei Soviet. Subito dopo la sua dichiarazione le trattative di pace vennero interrotte, ed il 16 febbraio la Germania dichiarava clic avrebbe ripreso le operazioni militari a partite dal 18 febbraio. Questa decisione fu una grossolana violazione delle modalità dell'armistizio, poiché il cessate-il-fuoco doveva durare dopo l’annuncio del comando tedesco non due, ma sette giorni.
Il 17 febbraio 1918 il CC del partito discusse la dichiarazione del comando tedesco. Lenin chiese che fosse inviata immediatamente alla Germania la proposta di intavolare nuove trattative per la firma della pace, senza attendere la ripresa delle operazioni militari. Ma a favore della proposta di Lenin votarono solo cinque membri del CC (6 votarono contro) ed essa venne respinta. Trotski, Bukharin e gli altri oppositori fecero approvare li decisione di rinviare la ripresa delle trattative di pace fino a quando «non si fosse precisata» sufficientemente l'offensiva tedesca e si fossero fatte sentire le sue -ripercussioni sul movimento operaio (64).
La mattina del giorno seguente, il CC discusse nuovamente» sull’invio di un telegramma con l'offerta di pace. «.. Non si può perdere neppure un'ora», disse Lenin chiedendo di proporre immediatamente ai tedeschi la pace. A favore della proposta di Lenin di riprendere le trattative di pace votarono sei persone contro sette (sostenitori di Trotski e di Bukharin) (65). Il direttore dei servizi del Consiglio dei Commissari del popolo, V. Bonc-Bruevic ha scritto nei suoi ricordi: «Vladimir Ilic sembrava bruciare di una fiamma interna. La sua tensione raggiunse limiti incredibili. Egli Sentiva chiaramente che tutto era in gioco. La minima perdita di tempo poteva essere fatale: il potere sovietico non ancora consolidato, non organizzato, poteva essere spazzato in un attimo dalla faccia della terra. Egli lasciò in disparte ogni cosa e rivolse tutta la sua attenzione a questa importantissima questione (66).
Trotski ed i suoi seguaci. tentando di giustificare la propria posizione antipartito che aveva portato alla rottura delle trattative di Brest, affermavano che le truppe tedesche «non avrebbero potuto lanciare un'offensiva» contro il paese dei Soviet, poiché sarebbero state impedite in ciò dalla rivoluzione tedesca (67). Sostenere l'impossibilità del governo di Guglielmo II di organizzare un'offensiva militare contro la repubblica dei Soviet equivaleva a dichiarare: «Noi sappiamo che il governo della Germania verrà rovesciato nelle prossime settimane». Ma era impossibile stabilire il momento dell’inizio della rivoluzione in Germania e «tutti i tentativi di tal genere - disse Lenin -equivarrebbero oggettivamente ad un cieco gioco d'azzardo» (68). Perciò Lenin definì le dichiarazioni trotskiste vuote frasi altisonanti di uomini staccati completamente dalla realtà.
La rivoluzione in Germania, diceva Lenin, sarebbe maturata senza dubbio. Ma come attesta l'esperienza storica, per far cessare la guerra non è sufficiente una crisi rivoluzionarla. Lenin ammoniva i frazionisti «di sinistra» che il rifiuto di firmare la pace avrebbe portato alla ripresa delle ostilità e che la Russia sarebbe stata costretta ad accettare condizioni ancora più dure. Gli avvenimenti successivi dimostrarono che aveva ragione Lenin e non i rivoluzionari a parole.
Il18 febbraio 1918 le truppe tedesche sferravano l'offensiva su tutto il fronte. Si era avverato quanto aveva detto Lenin e che i trotskisti avevano invece ignorato. Il comandante in capo delle truppe tedesche ordinò alle sue truppe di occupare Kiev, Mosca, Pietrogrado. l circoli dirigenti tedeschi, pregustando una facile vittoria, si erano già suddivisi tra loro il territorio della Russia. L'imperatore Guglielmo voleva ottenere come propria tenuta il ducato di Kurlandia. Il principe Friedrich Karl di Assia, cognato dell'imperatore, agognava alla corona finlandese, il duca di Wurtemberg von Urach voleva divenire re di Lituania (69). Gli imperialisti tedeschi speravano di abbattere il potere sovietico e di concludere la pace con un altro governo, non più bolscevico.
La repubblica proletaria si trovò in una situazione assai critica. «La settimana dal 18 al 24 (11) febbraio 1918 entrerà nella storia della 'rivoluzione russa e internazionale come una delle più grandi svolte storiche» (70). Gli avvenimenti di quella settimana dimostrarono che il giovane Stato sovietico non era in grado di condurre la guerra. Allo Stato Maggiore della difesa rivoluzionaria del paese, costituito in quei giorni, giungevano le notizie di come i reparti non ancora smobilitati del vecchio esercito, rifiutavano di tenere le loro posizioni. Essi disertavano in massa dal fronte, senza eseguire l'ordine di bruciare e distruggere tutto durante la ritirata, trascinando con sé persino le unità di nuova formazione dell'Esercito Rosso (71).
Nonostante il pericolo estremo, i trotskisti continuavano a sostenere la necessità della continuazione della guerra. Alla riunione pomeridiana del Comitato Centrale del 18 febbraio, quando si apprese la notizia dell'offensiva tedesca. Bukharin dichiarò che «ora non c'è la possibilità di differire lo scontro. c propose di «gettare i mugik contro i tedeschi». Bukharin fu appoggiato da Lomov, che propose di attendere fino a quando gli operai tedeschi non avessero avvertito «l'influen-za» dell'offensiva delle truppe tedesche. In quel giorno decisivo per la rivoluzione, Trotski si comportò di nuovo da avventuriero politico. Alle riunioni antimeridiana e pomeridiana del CC egli consigliò di «attendere l'effetto» dell'offensiva tedesca, asserendo che la firma della pace avrebbe «arrecato solo confusione nelle nostre file...». Invece di prendere immediatamente misure atte ad arrestare l'offensiva tedesca e a salvare la repubblica dei Soviet. Trotski propose di «tastare il polso» dei tedeschi, di chiedere a Berlino e a Vienna che formulassero le loro richieste.
Quel giorno Lenin prese la parola a due riprese, demo-lendo tutte le tesi di Trotski e dei «comunisti di sinistra».Attendere ora, disse Lenin, significa far abbattere ti rivoluzione russa. Adesso è tardi per «sondare il terreno» Poiché i fatti bando dimostrato che i tedeschi sono in grado di attaccare, c non si può fermare l'offensiva tedesca scrivendo delle note. «Il mugik non farà una guerra rivoluzionaria - disse Lenin - e caccerà via dunque glielo dirà apertamente» (72). Il punto di vista di Lenin fu appoggiato da Sverdlov, Stalin, Smilga ed altri. A maggioranza di voti (7 contro 5) il Comitato Centrale prese la decisione di inviare al governo tedesco la proposta per l'immediata conclusione della pace.
Simultaneamente il governo sovietico adottò una serie di misure dirette ad organizzare e a rafforzare l'Esercito Rosso, a consolidare la capacità difensiva del paese. Alla riunione del Consiglio dei Commissari del popolo del 19 febbraio fu dato l'incarico alla Commissione militare di elaborare per il 20 febbraio le misure indispensabili per organizzare la difesa della repubblica dei Soviet. Il giorno successivo, il Consiglio dei Commissari del popolo esaminò nuovamente i problemi della difesa del paese. decise di lanciare un appello alla popolazione e di prendere tutte le misure per organizzare la resistenza agli interventisti.
Nel suo appello al popolo, il governo sovietico chiamava i Soviet locali a dispiegare tutte le loro forze per consolidare l'Esercito Rosso. Tutti gli operai e i contadini non impegnati nell'attività produttiva, dovevano entrare nelle sue file. «Operai, contadini, soldati! - si sottolineava nell'appello. - Sappiano i nostri nemici - all'interno e all'esterno - che noi siamo pronti a difendere le conquiste della rivoluzione fino all'ultima goccia di sangue (73). Per organizzare la difesa di Pietrogrado venne costituito uno Stato Maggiore di Militari con alla testa il generate M. Bonc. Bruevic, subordina direttamente a Lenin. Si procedette pure alla formazione di nuovi reparti della Guardia Rossa e al loro e al loro addestramento.
Il 21 febbraio si costituì a Pietrogrado un Comitato di difesa rivoluzionaria che chiamò alle armi tutta la popolazione della città. La flotta del Baltico proclamò la mobilitazione rivoluzionaria. In un'assemblea delle maestranze delle officine Putilov fu deciso di inviare nell'Esercito Rosso tutti gli operai dai 18 ai 47 anni (74). I diversi rioni di Pietrogrado fornirono circa 60 mila volontari. Il 22 febbraio l'assemblea generale dei membri del POSD(b)R del rione N°2 della città decise all'unanimità che tutti i membri del partito entrassero nell'Esercito Rosso, per difendere la rivoluzione russa ed internazionale. La stessa decisione fu presa dall'assemblea generale dei membri del POSD(b)R del distretto di Kolpino del governatorato di Pietrogrado. I partecipanti all'assemblea invitarono tutti i membri del partito in grado di impugnare le armi ad accorrere in difesa della rivoluzione.
Nell’assemblea degli operai delle officine Langezippen fu a approvata una risoluzione nella quale era detto: «Condividendo in pieno il punto di vista del compagno Lenin sul programma della pace, noi riteniamo al tempo stesso necessario respingere l’attacco delle guardie bianche del capitale internazionale, che combattono contro il potere sovietico ed il socialismo». L'assemblea decise la mobilitazione di tutti gli operai ed impiegati dai 18 ai 50 anni e l'addestramento di ognuno all'uso delle armi per due ore al giorno.
Un'intensa attività per costituire reparti dell'Esercito Rosso fu svolta in quei giorni anche nelle aziende di Mosca. Una prima unita venne costituita e inviata al fronte il 22 febbraio 1918, e alla metà di maggio erano già affluiti nelle file dell'Esercito Rosso oltre I5 mila moscoviti. Nei reparti della riserva entrarono oltre 40 mila persone. Nelle giornate della mobilitazione rivoluzionaria delle forze del popolo per respin-gere l'offensiva degli invasori tedeschi, i reparti dell'Esercito Rosso ricevettero il loro battesimo del fuoco. Nonostante l'offerta di pace inviata dal Consiglio dei Commissari del popolo al governo tedesco le truppe tedesche continuarono l'offensiva. Alla nota del governo sovietico del 10 febbraio I918 la Germania rispose solo il mattino del 23 febbraio, proponendo per la conclusione di pace condizioni più dure delle precedenti. Il governo tedesco chiedeva che venissero cedute in più alla Turchia le città di Kars, di Ardagan e di Batumi, e alla Germania una serie di territori lettoni ed estoni. La Russia doveva, inoltre, concludere la pace con la Rada ucraina, ritirare le proprie truppe dall'Ucraina e dalla Finlandia, pagare alla Germania enormi riparazioni, smobilitare l'esercito. Si concedevano 48 ore per accettare l'ultimatum tedesco. La delegazione sovietica fu invitata a recarsi immediatamente a Brcst-Litovsk e a firmare entro tre giorni la pace che doveva essere ratificata nel giro di due settimane.
Il nuovo ultimatum del governo tedesco fu discusso alla riunione del CC del 23 febbraio 1918, L'atmosfera era estremamente tesa. Trotski e Bucharin e i loro seguaci, attaccarono nuovamente la linea leninista, cercando in tutti i modi di far fallire la conclusione del trattato di pace. Trotski assicurava che la firma del trattato sarebbe stata in contrasto con il punto di vista internazionalista ed avrebbe portato inevitabilmente alla perdita dell'appoggio fra gli elementi avanzati del proletariato. Egli dichiarò che la guerra si sarebbe potuta condurre se nel partito ci fosse stata l'unanimità: cioè se Lenin ed i suoi sostenitori avessero modificato il loro atteggiamento. Trotski riteneva possibile cedere ai tedeschi Pietrogrado e Mosca, assicurando che con tale misura «noi manterremmo il mondo intero in uno stato di tensione» (75). In quella riunione Lenin prese la parola ben otto volte, dimostrando la necessità di accettare le nuove condizioni di pace per salvare la dittatura del proletariato in Russia. Egli si vide costretto a dichiarare che se la politica della «fraseologia rivoluzionaria» avesse ulteriormente ostacolato la conclusione della pace, si sarebbe dimesso «dal governo e dal CC». Il 23 febbraio 1918 Lenin scrisse nel suo articolo Pace o guerra?: «Solo uno sfrenato amor della frase può spingere la Russia, in tali condizioni, a fare la guerra in questo momento. ed io personalmente, s'intende, non rimarrei un minuto di più nel governo e nel CC del nostro partito se la politica della frase dovesse prevalere» (76).
Al termine di una tempestosa discussione, il Comitato Centrale approvò con una maggioranza di sette voti contro quattro contrari e quattro astenuti la proposta di Lenin di concludere la pace.
Nella notte dal 23 al 24 febbraio un'aspra discussione sul trattativa di Pace si ebbe nella riunione dal CEC di tutta la Russia. Demolendo le prese di posizione dei socialistirivoluzionari di destra e di sinistra, dei menscevichi, degli anarchici, anch'essi contrari alla conclusione della pace. Lenin ottenne l'approvazione della linea del CC del partito sul problema della pace e della guerra. lI 24 febbraio il governo sovietico comunicò ai paesi del blocco austro-tedesco di accettare le loro proposte ultimative.
Il 3 marzo la delegazione sovietica composta da G, Sokolnikov, L, Karakhan, G. Petrovski e G. Cicerin, firmava il trattato di pace di Brest-Litovsk senza discutere per sottolineare il carattere ingiusto e coercitivo della pace.
In tal modo, il corso e l'esito della lotta all'interno del Partito confermò in pieno la giustezza delle posizioni di Lenin e dimostrò l'inconsistenza e l'infondatezza delle posizioni di Trotski e degli altri opportunisti e frazionisti «di sinistra». Gli avvenimenti di quei giorni furono, secondo Lenin, una lezione amara, cocente, dura, ma necessaria, utile e benefica (77) .
Si poteva pensare che la realtà stessa avrebbe imposto agili opportunisti «di sinistra” di ammettere il loro errore c di rivedere il lori atteggiamento. Ma essi continuaronoa loro opposizione. Ciò apparve con evidenza al VII Congresso straordinario del PC(b)R, tenutosi nel marzo 1918 per decidere in merito alla pace di Brest-Litovsk. Trotski, Bucharin e gli altri oppositori «di sinistra”, fecero praticamente blocco comune contro la politica leninista sui problemi della guerra, della pace e della rivoluzione.
Trotski, appoggiato da N. Krestinski, K. Radek ed altri oppositori, cerco di ottenere dal congresso l'approvazione della sua linea avventuristica. Sfoderando la sua famigerata teoria della «rivoluzione permanente», egli affermò l'impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese, l'inammissibilità della conclusione della pace di Brest-Litovsk, il danno dei compromessi con la borghesia. Trotski ricorse ad un falso deliberato, cercando di presentare la rottura da lui voluta delle trattative di Brest-Litovsk quasi come rispondente alla linea di tutto il partito.
Nel suo rapporto sulla guerra e la pace e nel suo discorso a conclusione del dibattito Lenin dimostrò l'infondatezza della linea tattica di Trotski e dei «comunisti di sinistra», denunciò il carattere avventuristico della posizione degli avversari della conclusione della pace con la Germania, e dei loro appelli a scatenare immediatamente una guerra rivoluzionaria. Egli fornì un'analisi profondamente scientifica dello sviluppo della rivoluzione socialista in Russia, illustrò le difficoltà che si ponevano al partito e al paese nell'opera di edificazione dell'economia socialista. Il potere sovietico doveva costruire il socialismo nelle condizioni dell'accerchiamento ostile del mondo capitalistico, che mirava alla restaurazione nel paese degli ordinamenti borghesi. La situazione interna ed esterna richiedeva la mobilitazione di tutte le forze, l'applicazione di una politica estera assai duttile tendente a non consentire la formazione di una coalizione capitalistica antisovietica.
Lenin argomentò con tutta la necessaria chiarezza l'urgenza della conclusione della pace di Brest-Litovsk per difendere le conquiste della Rivoluzione d'Ottobre, per ottenere una tregua che permettesse di rafforzare lo Stato operaio-contadino. Per tutto il rapporto passa come un filo rosso l'idea della necessità di consolidare questa tregua e di trasformarla in una pace duratura per consolidare ed approfondire le trasformazioni socialiste, per creare un esercito efficiente e solide retrovie. «Afferrate la tregua, anche solo di un'ora, poiché ve l'hanno data, – disse Lenin - per mantenere il contatto con le lontane retrovia, per creare colà nuovi eserciti, Abbandonate le illusioni che la vita vi farà pagare ancora più caro. Davanti a noi si delinea un'epoca di durissime sconfitte, essa è già cominciata, bisogna saperne tener conto... Se sapremo agire in questo modo, allora noi, nonostante le sconfitte, possiamo dire con assoluta certezza che vinceremo» (78).
Lwnin strappò a Trotski la maschera del suo pseudorivoluzionarismo mettendo in luce le gravi conseguenze causate dalla tattica avventuristica degli opportunisti «di sinistra», per colpa della quale le condizioni della pace di Brest-Litovsk erano divenute infinitamente più dure.
La linea di Lenin al congresso fu sostenuta da J. Sverdlov, E. Sergheiev (Artiom), dal delegato degli operai di Pietrogrado K. Scelavin e da numerosi altri oratori. Nei loro interventi essi diedero una degna risposta a Trotski, Bukharin ed ai loro seguaci, misero in luce l'essenza piccolo-borghese della concezione trotskista della guerra rivoluzionaria. Non aiutarono i «sinistri» neppure i tentativi di speculare sul malcontento delle masse per le condizioni draconiane della pace.
I lavoratori si resero rapidamente conto della situazione ed appoggiarono la politica leninista. Questa svolta nello stato d'animo del popolo fu chiaramente espressa nell'intervento del delegato K. Scelavin: «Ora nei rioni operai di Pietrogrado é accaduto ciò che è accaduto a Mosca e in tutto il paese. Uno dopo l'altro gli operai sono venuti a dirci: «due settimane fa parlavo così, ma ora vedo le cose diversamentes (79). Il delegato della III Conferenza regionale degli Urali Ja. Mascov- jaremciuk disse a sua volta: «Quando sono venuto qui dagli Urali avevo più materiale esplosivo di Riazanov, ma avvicinandomi a Pietrogrado ho cominciato a perderlo. Il più grande pericolo per noi in questi tempi difficili è la crepa comparsa nell'edificio del nostro partito al vertice... Da tempo bisognava concludere la pace e passare all'organizzazione delle masse» (80).
Ja. Sverdlov stigmatizzò l'incapacità di Trotski e dei «comunisti di sinistra» di farsi un'idea giusta della situazione reale, il loro atteggiamento altezzoso nei riguardi dei lavoratori. Egli condannò aspramente il comportamento degli avversari della pace, che spingevano il partito sulla via funesta di una guerra con l'imperialismo. «…In nessun caso noi possiamo condurre una guerra rivoluzionaria - egli dichiarò - e non solo perché non abbiamo un esercito, non solo perché ci troviamo in un periodo di estremo dissesto, ma anche perché le larghe masse popolari non vogliono la guerra» (81). Sverdlov invitò i delegati al congresso ad approfittare della pace per rafforzare lo Stato sovietico, per avviare l'attività organizzativa tra le masse, per prepararsi alle future battaglie per il trionfo del socialismo.
Gli oppositori trotskisti furono smascherati al congresso come degli scissionisti, la cui propaganda pseudorivoluzionaria veniva a collimare di fatto con quella dei socialisti-rivoluzionari, dei menscevichi e dei cadetti a favore della guerra contro gli «stranieri». Al riguardo è assai istruttivo l'intervento della delegata di Jaroslavl, O. Rozanova, la quale disse che Jaroslavl i cadetti invitavano i contadini a respingere la pace con la Germania e a prepararsi alta lotta armata. In altre parole, i cadetti facevano blocco con i trotskisti e i «comunisti di sinistra» sulla questione della «guerra rivoluzionaria». Rozanova affermò che i discorsi degli avversari della politica leninista di pace «portano acqua al mulino della borghesia» (82).
Il congresso approvò a maggioranza di voti (30 favorevoli, 12 Contrari, 4 astenuti) la risoluzione leninista Sulla guerra e la pace, ritenendo indispensabile la ratifica del trattato di pace firmato con la Germania ed i suoi alleati. Il congresso espresse cosi la volontà della maggioranza del partito di far uscire immediatamente la Russia Sovietica dalla guerra e di ottenere la tregua necessaria per la salvaguardia dello Stato operaio-contadino.
Tuttavia anche dopo che il congresso ebbe approvato la risoluzione favorevole alla firma della pace, i trotskisti non cessarono la loro attività frazionistica. Tentando di rinfocolare la tensione, Trotski dichiarò che poiché il congresso aveva respinto la politica da lui perseguita a Brest-Litovsk, egli si sarebbe dimesso da tutte le cariche da lui ricoperte. I delegati Krestinski e Joffe, seguaci di Trotski, avanzarono la proposta di riconoscere giusta la tattica della delegazione sovietica a Brest-Litovsk. Era un nuovo tentativo di giustificare la condotta proditoria di Trotski durante le trattative di Brest-Litovsk. La discussione al congresso riprese con nuovo vigore. I delegati valutarono giustamente la presa di posizione di Trotski e dei suoi seguaci come una manovra scissionistica volta a spezzare l’unità del partito, in quel momento cosi difficile per la repubblica dei Soviet (83). I tentativi dei frazionisti «di sinistra» di mettere in bella luce la tattica proditoria seguita da Trotski a Brest-Litovsk risultarono vani. Su proposta di Lenin i delegati al congresso condannarono la manovra trotskista (84).
Per decidere in merito alla ratifica del trattato di Brest-Litovsk venne convocato per il 14-16 marzo 1918 il IV Congresso straordinario dei Soviet di tutta la Russia. La sua composizione era estremamente eterogenea. Sui 1172 delegati presenti al congresso vi erano 814 bolscevichi. 238 socialistiri-voluzionari di sinistra, 15 socialisti-rivoluzionari di destra, 14 anarchici, 16 menscevichi-internazionalisti, 3 menscevichi ucraini, 18 senza partito. Ciò lasciava prevedere un'aspra lotta.
Nel suo rapporto Lenin, illustrò i principi basilari della strategia e della tattica bolscevica nella lotta per la pace, demolì gli argomenti degli avversari della politica estera del paese dei Soviet, i quali auspicavano la guerra rivoluzionaria, ed invitò i delegati a rata mare il trattato di Brest-Litovt,k.
I partiti piccolo-borghesi ed i gruppi antibolscevichi, servendosi di calunnie e insinuazioni, cercarono nuovamente di dividere le file dci congressisti e di far fallire la ratifica del trattato. I socialisti-rivoluzionari di sinistra Kamkov e Steinberg, il menscevico Martov ed il socialista-rivoluzionario di destra Likhac, l'anarchico Ghe, e il socialista-rivoluzionario massimalista Ryvkin levarono grida isteriche contro 2l’onta di Brest», cercarono di dimostrare l'inutilità e il danno di una tregua, affermando che la Russia Sovietica stava per .tradire, la rivoluzione mondiale.
A favore della linea leninista parlarono al IV congresso dei Soviet Ja. Sverdlov, G. Cicerin, F. Sergheiev (Artiom), V. Volodarski ed altri oratori. Essi diedero una ferma risposta alle dichiarazioni demagogiche degli elementi piccolo-borghesi, misero in luce il carattere assolutamente infondato e avventuristico della loro posizione, smascherarono gli apologeti della guerra contro gli imperialisti come servitori delle forze controrivoluzionarie. Nelle votazioni per appello nominale la risoluzione leninista ricevette 784 voti favorevoli, 261 contrari, con 115 astenuti tra i quali 55 voti erano dei seguaci di Bukharin e Trotski.
E da notare che nella sua riunione del 15 marzo 1918, il CC, considerando la gravità della situazione, aveva approvato una risoluzione che impegnava tutti i membri del partito a votare al IV congresso dei Soviet a favore della ratifica del trattato di Brest-Litovsk. In tal modo i seguaci 4 di Trotski e Bukharin, astenendosi dal voto, compirono un nuovo atto antipartito violando le risoluzioni del VII congresso e del CC del partito sulla pace di Brest-Litovsk. Essi dimostrarono cosi an-cora uni volta di agire da veri frazionisti.
Gli avvenimenti successivi, la prassi rivoluzionaria delle masse dimostrarono l'inconsistenza delle profezie trotskiste circa il crollo del capitalismo mondiale. Gli errori degli oppositori «di sinistra» si spiegavano non solo con la loro incapacità di comprendere la concreta situazione storica, ma anche con i criteri da essi usati nell'affrontare l'analisi degli obiettivi, dei compiti e del carattere dell'epoca che si apriva. Essi cercavano di interpretare in modo semplicistico, da posizioni antileniniste, i processi interni di sviluppo dell'imperialismo, non vedevano l'immensa complessità delle contraddizioni di classe in seno alla società borghese. Cercando di «abbreviare» arbitrariamente l'esistenza dell'imperialismo e di saltare alcune tappe, i trotskisti e gli altri «sinistri» si mostrarono incapaci di elaborare un atteggiamento giusto, obbiettivo verso la realtà. Confondendo estremamente i concetti e le categorie di epoche diverse, la premonopolistica e l'imperialistica, svilivano il ruolo della classe operaia nella lotta di liberazione dei popoli.
La teoria della «rivoluzione permanente», che Trotski continuò a difendere ostinatamente anche in quel periodo, condannava il proletariato che aveva vinto in un paese, ad una attesa passiva o ad atti avventuristici, il che era in stridente contrasto con lo spirito ed i principi del marxismo rivoluzionario, con l’ideologia e la politica dell'internazionalismo e in ultima analisi avrebbe potuto portare alla fine della repubblica dei Soviet.
La vittoria della linea leninista del partito nella questione della conclusione della pace di Brest-Litovsk ebbe grande importanza per le sorti della rivoluzione socialista. Il partito comunista fece fallire i calcoli della reazione mondiale, che cercava di distruggere con l'uso delle armi la repubblica dei Soviet e di ripristinare in Russia il dominio dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari. Il primo tentativo degli imperialisti di soffocare il potere sovietico venne cosi respinto.
L'immensa attività teorica e pratica svolta in quel periodo da Lenin per smascherare l'ideologia antimarxista di cui erano portatori i trotskisti, i «comunisti di sinistra», i socialisti-rivoluzionari, arricchì l'esperienza del bolscevismo nell'azione per superare gli sbandamenti e le oscillazioni di carattere piccolo-borghese. Lo studio degli insegnamenti della lotta che i bolscevichi leninisti condussero contro la revisione compiuta dagli opportunisti «di sinistra» nelle questioni della guerra, della pace e della rivoluzione, preparò il partito comunista a fronteggiare i nuovi tentativi di Trotski e dei suoi seguaci di sostituire al marxismo-leninismo il socialismo piccolo-borghese. Poggiando sul retaggio ideologico, teorico e politico di Lenin i1 partito seppe consolidare e la compattezza delle proprie file, elaborare e applicare una politica interna ed estera dello Stato sovietico scientificamente fondata, tendente ad assicurare il trionfo della causa del socialismo.



NOTE

(1) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 31. pag. 229. (Le citazioni di Lenin si riferiscono all'edizione italiana delle Opere complete a cura degli Editori Riuniti. N.d.R.)
(2) V. 1. Lenin. Opere complete. vol. 26, pag. 223.
(3) Consiglio dei Commissari del popolo, denominazione di allora del governo sovietico. (N.d.R.)
(4) Comitato Esecutivo Centrale dei Soviet di tutta la Russia, supremo organo legislativo, deliberativo e di controllo della Federazione Russa. (N.d.R.)
(5) Il II Congresso dei Soviet di tutta la Russia. Mosca-Leningrado, 1928, pag. 29.
(6) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 28. pag. 152.
(7) I Si veda: Doprosy istorii. Meosca, 1967. n. 10. pag. 61.
(8) Si Si veda: V. I. Lenin, Opere completem vol. 26. pag. 423.
(9) Caderti (partito costituzionale democratico) - così si chiamava la principale formazione politica della borghesia imperialistica in Russia. Fu fondato nel 1905. (N.d.R.)
(10) Socializti-sivoluzionari - partito piccolo-borghese sorto in Russia nel 1905. Dopo la vittoria detta Rivoluzione d'Ottobre esso lottò attivamente contro il potere sovietico. (N.d.R.)
(11) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti, Mosca, 1962, pag. 65.
(12) Si veda: V. L Lenin. Opere complete, vol. 27. pag. 167.
(13) V. I. Lenin. Opere compiere. vol. 27. pag. 48.
(14) V. I. Lenin. Opere compiere. vol. 27. pag. 431.
(15) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti, pag. 71.
(16)2 Si veda: V. L Lenin, opere complete, vol. 28, pag. 436.
(17) Settimo Congresso straordinario da PC(b)R. Atti, pag. 26.
(18) Ibidem, pag. 33.
(19) Si veda: Atti del Comitato Centrale del POSD(b)R. Mosca, 1958, pag. 211
(20) L Schapiro, The Communist Party of the Soviet Union. London, 1960. p. 184.
(21) W. Scharndorf m Die Geschichte der KPdSU, Munchen 1961, S. 35.
(22) Si veda: Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti. pagg. 65, 66, 72 129.
(23) “Comunisti di sinistra” , gruppo frazionistico antipartito, costituito all'interno del PC(b)R agli inizi del 1918 in seguito ai dissensi sulla conclusione del trattato di pace di Brest-Litovsk. (N.d.R.)
(24) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti, pag. 69.
(25) Si veda: V. I. Lenin. opere complete. vol. 13. pagg. 72-33.
(26) Si intendono le tesi di Lenin Sui compiti del proletariato nella presente risoluzione, da lui presentate a Pietrogrado all'assemblea dei bolscevichi il 4 (17) aprile 1917. (N.d.R.)
(27) Si veda: V. I. Lenin, Opere complete. vol. 25, pag. 31.
(28) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 27, pag. 56.
(29) Si veda: Istoria SSSR. 1957, n. 4, pag. 27.
(30) V. I. Lenin, Opere Complete. vol. 27, pg.
(31) Si veda: Miscelanea di Lenin. XI, pag. 6O.
(32) Si veda: V. I. Lenin, Open complete, vol. 27, pag. 82. 2
(33) Si veda: V. I. Lenin,. Open complete, vol. 20, pag. 501; vol. 27. pag. 34.
(34) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti. pag. 66.
(35) Ibidem pagg. 106, 107.
(36) Si veda: V. I. Lenin, Opere Complete, vol. 30, pag. 132
(37) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 27, pagg. 45, 46.
(38) Settimo Congresso straordinario PC(b)R. Atti, pag. 68
(39) Si veda: Sotsial-Demokratn 23 febbraio (8 marzo) 1918.
(40) K. Mari e F. Engels, Opere. vol. 7, pagg. 287-253 (ed. russa).
(41) Si veda:V. I. Lenin, Opero Complete, Vol. 27, pagg. 14, 81.
(42) Ibidem. pegg. 57-58.
(43) V. I. Lenin. Opere complete. vol. 23. pag. 113.
(44) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete. vol. 29. pag;. 75.
(45) V. I. Lenin. Opere complete. vol. 27, pag. 128.
(46) Si veda: V. I. Lenin, Opere complete, vol. 27, pag. 88.
(47) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 29, pagg. 282-283.
(48) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 31, pagg. 52-54.
(49) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 27, pag. 276.
(50) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti, pagg. 69. 71.
(51) Ibidem pagg. 67, 72.
(52) V. I. Lenin, Opere complete, vol. 31. Pag. 60.
(53) V. I. Lenin. Opere complete. vol. V. pag. 334.
(54) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete. vol. 28. pag. 112: vol. 29, pagg. 132-133.
(55) Si veda: V. I. Lenin, Opere complete, vol. 27, pagg. 24-27.
(56) Si veda: Miscellanea di Lenin, XI, pag. 69.
(57) V. I. Lenin, Opere complete. vol. 31, pag. 422.
(58) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, V ed. russa, vol. 35, pagg. 353-355.
(59) V. L Lenin. Opere complete. V ed. russa. vol. 35, pag. 188.
(60) Si veda: Le trattative di pace a Brest-Litovsk, vol. 1. Mosca, 1920. pagg. 92, 49-53.
(61) Si veda: E Ludemdorff, 1 miei ricordi della guerra 1914-1918. vol. II. Mosca 1924, pag. 129.
(62) V. I. Lenin, Opere complete. vol. 27, pag. 97.
(63) Si veda: M. .D. Bonc.Bruivic, Tutta il Potete ai Soviet. Ricordi. Mosca. 1958, pag. 239.
(64) Si veda: Atti del Comitato Centrale de1 POSD(b)R. pagg. 194-195.
(65) Ibidem, pagg. 197-199.
(66) V. Bonc.Bruevic, Agli avamposti delle rivoluzioni di Febbraio e d'Ottobre. Mosca. 1930, pag. 267.
(67) Si veda: V. I. Lenin, Opere complete, vol. 27, pag. 12; Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti. pag. 67.
(68) V. I. Lenin, Opere complete, vol. 26. pag. 423; vol. 27. pag. 13.
(69) Si veda: B. Bulow, Memorie, Mosca. 1935. pagg. 509-510.
(70) V. I. Lenin, Opere complete, vol. 27. pag. 49.
(71) Si veda: V. I. Lenin, Opere compiete. vol. 27, pag. 50.
(72) V.I. Lenin, Opere complete. vol. 26, pag. 501.
(73) Documenti di politica estera dell'URSS. vol. I. Mosca. 1957. pag. 100.
(74) Si veda: Izvestia del CEC, 27 febbraio 1918.
(75) Atti del Comitato Centrale del POSD(b)R. pag. 212.
(76) V. I. Lenin. Opere compiete. vol. 27. pag. 29.
(77) Ibidem. pag. 50.
(78) V. I. Lenin, Opere complete, vol. 27. pag. 93.
(79) Settimo Congresso straordinario del PC(b)R. Atti, pag. 89
(80) Ibidem, pag. 99.
(81) Settimo Congresso straordinario PC(b)R. Atti, pag 78.
(82) ibidem. pag. 98.
(83) Settimo Congresso Straordinario del PC(b)R. Atti. pagg. 129. 135-136,. 2
(84) Ibidem, pagg. 124-125.
 
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TARAS BULBA
view post Posted on 2/4/2012, 14:50




si notato meglio meno che meno ..che ci possiamo fa'? ..l'importate è parlarene ,male o bene l'importante e' parlarne caro carre ....poi abbiamo altre cartuccie piu' micidiali sa sparare
 
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view post Posted on 2/4/2012, 14:53
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compagno

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CITAZIONE
l'importate è parlarene ,male o bene l'importante e' parlarne

Dissento da questa impostazione "idealista".
Come se ne parla resta sempre di sostanziale importanza.
 
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view post Posted on 2/4/2012, 15:26

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a mio avviso il fatto che non si parli di Stalin forse può avere anche il suo aspetto positivo, infatti si evita, come spesso accade, di ridurre il caso "trotski" a una mera questione personale tra Stalin e Trotski quando invece il problema ha radici ideologiche ben più profonde...
 
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view post Posted on 2/4/2012, 19:03
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compagno

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No, ti sbagli. In tutti gli scritti dal '56 in poi vi è una totale damnatio memoriae nei confronti di Stalin. Una damnatio memoriae preconcetta e premeditata.
D'altro canto capisci bene che, parlando di lotta al troschismo, verrebbe impossibile a chiunque, con un minimo di buonafede, non nominare la parola "Stalin"(almeno in bibliografia!). I revisionisti sono riusciti ad evitare di nominarlo anche celebrando l'industrializzazione dell'URSS, la Grande Guerra Patriottica e la ricostruzione post-bellica.
E non si capisce come un mostro di inettitudine, di idiozia e di crudeltà, quale Stalin viene descritto dal pidocchio Kruscev nel XX Congresso, abbia potuto stare alla guida di un Partito che pure ha ottenuto successi così eclatanti.
Ma questo sarebbe il meno.
Il fatto è che tutto ciò si associa ad una concezione fondamentalmente sbagliata del materialismo storico e dialettico. Per la quale, prima o poi, escono fuori - ripeto in praticamente tutte le opere dal '56 in poi - degli strafalcioni antimarxisti ed una esaltazione, più o meno velata, dell'opportunismo tipico del revisionismo moderno.
 
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babeuf
view post Posted on 3/4/2012, 16:28




Effettivamente e' davvero geniale come in un testo contro il trotzkismo si riesca a non parlare di Stalin..un mistero buffo.
 
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Leonid Brezhnev
view post Posted on 3/4/2012, 19:33




Il fatto di non menzionare Stalin non equivale alla sua denigrazione. Personalmente reputo ridicoli ed autoreferenziali taluni testi che, pur proponendosi di trattare un determinato argomento, si rivelano nientemeno che meschini panegirici encomiastici.

La lotta contro il trotskismo è stata la lotta del Popolo sovietico, dello Stato sovietico, non una diatriba condominiale fra due inquilini.

Peraltro, mi risulta che questa opera sia incentrata, come affermato nell'introduzione, sulle modalità troschiste di mistificazione antimarxista, non sull'operato del governo sovietico per la liquidazione di Troschi.
 
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view post Posted on 3/4/2012, 23:01
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compagno

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Questa tua excusatio non petita (accusatio manifesta!) è assolutamente resa infondata dal fatto che nelle parti postate si fanno nomi di molti eminenti bolscevichi, tranne che di uno ....
Tutti i revisionisti, come tutti i veri antimarxisti, sia dell'epoca di Kruscev che del suo degno successore, non sono mai stati in grado di confrontarsi col più grande difensore del leninismo e del più strenuo combattente dei falsi comunisti.
 
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view post Posted on 14/4/2012, 11:40

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CAPITOLO II
IL PARTITO IN LOTTA CONTRO
IL TROTSKISMO NEL PERIODO DEL PASSAGGIO
DALLA GUERRA ALL'EDIFICAZIONE ECONOMICA
PACIFICA (1920-1921)


Il. PARTITO SMASCHERA L'ATTIVITÀ FRAZIONISTCA
DEI TROTSKISTI E DEGLI ALTRI GRUPPI D'OPPOSIZIONE.
LA DISCUSSIONE SUI SINDACATI


Dopo aver sconfitto gli interventisti stranieri e la controrivoluzione interna, la giovane repubblica dei Soviet ottenne la possibilità di passare all'edificazione economica pacifica. In quel periodo il partito comunista dovette lottare accanitamente per l'unità delle sue file, contro i trotskisti, contro l’opposizione operaia» (1), contro i «centralisti democratici» e contro gli altri gruppi antipartito. L'ispiratore ideologico degli oppositori fu Trotski. Alla vigilia del X congresso, egli ed i suoi seguaci imposero al partito una discussione facendo sprecare non poco tempo ed energie in una polemica su questioni già risolte.
Questa polemica passò alla storia conte «discussione sui sindacati», benché i sindacati non fossero l'unico motivo delle divergenze. Si trattava, in sostanza, delle sorti della dittatura del proletariato, della scelta delle vie concrete per la costruzione del socialismo, della partecipazione a tale costruzione delle grandi masse lavoratrici.
Il passaggio all'edificazione economica pacifica ebbe inizio in una situazione estremamente complessa. Le guerre imperialistica e civile avevano portato il paese sull'orlo di una catastrofe. Negli anni della guerra e dell'intervento armato straniero era andata persa circa la metà del patrimonio nazionale della repubblica. La produzione dell'industria pesante era ridotta a un settimo di quella prebellica, la produzione di acciaio costituiva meno del 5% di quella d'anteguerra. La produzione agricola costituiva circa la metà di quella del 1913. Approfittando di queste difficoltà. l'imperialismo internazionale e la controrivoluzione interna fecero nuovi tentativi di abbattere il potere sovietico. « ...I nemici che ci attorniano. avendo perso la possibilità di un intervento armato, contano sull'insurrezione (2), disse Lenin.
Alla fine del 1920 e all'inizio del 1921 scoppiarono moti controrivoluzionari in diverse regioni del paese: in Siberia, negli Urali, in Ucraina, nel Caucaso settentrionale. in Bielorussia. Dall'autunno 1920 all'estate 1921 il governatorato di Tambov e in parte quelli di Voronezh e Saratov furono teatro di una rivolta dei kulak e dei socialisti-rivoluzionari, diretta dal socialista-rivoluzionario A. Antonov. Alla fine del febbraio 1921 scoppiò una rivolta a Kronstadt, ispirata dalle forze imperialistiche. Questa roccaforte, che protegge gli accessi marittimi di Pietrogrado, cadde nelle mani dette guardie bianche, dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. che cercarono di trasformarla in focolaio di un'insurrezione nazionale.
I moti controrivoluzionari trovarono l'appoggio dei diversi piccolo-borghesi. Durante la guerra civile i contadini avevano tollerato la politica del «comunismo di guerra» che comportava i prelevamenti di tutte le eccedenze di generi alimentari e talvolta anche di una parte dello stretto necessario per poter assicurare l'approvvigionamento della popolazioni. L’alleanza politico-militare della classe operaia c dei contadini aveva avuto negli anni della guerra una base determinata: il potere sovietico assicurava ai contadini la terra e li garantiva contro la restaurazione del potere della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. mentre gli operai ricevevano dai contadini i prodotti alimentari a credito fino a che non fosse stata riattivata la grande industria. Tale forma di alleanza delle due classi lavoratrici aveva avuto un ruolo decisivo nella sconfitta degli interventisti e dei nemici interni. Ma nelle condizioni di pace si manifestò il malcontento dei contadini per la politica del «comunismo di guerra». Il contadino, come piccolo produttore di merci, non poteva più sop-portare le restrizioni al commercio, il sistema dei prelevamenti che ostacolava lo sviluppo delle forze produttive. «Per la prima volta, e, spero, per l’ultima volta nella storia della Russia Sovietica, - disse Lenin - le grandi masse dei contadini sia pure non coscientemente ma istintivamente - per il loro stato d'animo erano contro di noi» (3). I tentennamenti del contadino medio, il suo malcontento per la politica del «comunismo di guerra» minacciavano di rompere l'alleanza della classe operaia e dei contadini e di portare quindi alla fine della dittatura del proletariato. La guerra civile aveva apportato profonde modificazioni anche nella struttura del proletariato. Decine di migliaia di operai industriali erano partiti per il fronte o erano stati assorbiti dall'apparato statale. Nel 1920 il numero degli operai nelle industrie censite si ridusse del 50% rispetto al 1916 (4). Numerose fabbriche e officine erano ferme per mancanza di materie prime c di combustibile, i trasporti non funzionavano. Sui 212 stabilimenti metallurgici nazionalizzati ne funzionavano nel 1920 solo 122, il numero degli operai si ridusse in essi di circa il 78% rispetto al 1913. Sulle 1342 aziende specializzate nell'estrazione e nella lavorazione del petrolio ne erano attive solo 503, e sui 329 cotonifici e lanifici ne erano attivi 180(5).
Molti operai si trasferivano nelle campagne, si adattavano ai mestieri più vari, una parte degli operai specializzati si trasformava in artigiani, la classe operaia si smembrava, si polverizzava. Un grave pericolo minacciava la base sociale della dittatura del proletariato. «Nel 1921, dopo aver finito di lottare contro il nemico esterno, - disse Lenin - abbiamo visto che il pericolo principale, il male più grande era la nostra incapacità di assicurare il funzionamento ininterrotto dei più grandi stabilimenti che ci erano rimasti in numero esiguo. Questo è l'essenziale. Senza questa base economica, la classe operaia non può avere un saldo potere politico (6). Una parte della classe operaia, particolarmente quella legata alle campagne, era preda della stanchezza e del malcontento.
E’ noto che all'inizio del passaggio all'edificazione pacifica il partito era aumentato numericamente, si era conquistato un'enorme autorità ed influenza tra le masse dei lavoratori. Basti dire che nel 1919-1920 le sue file si erano rinnovate per il 61,3%. Nei cinque anni successivi alla rivoluzione il partito aumentò di 25 volte i propri iscritti (7), il loro numero raggiunse i 730.000. raggruppati in oltre 32 mila cellule (8). Tuttavia l'influsso dell'elemento spontaneo piccolo-borghese non poteva non farsi sentire anche nel partito. Delle esitazioni si osservavano fra i militanti meno coscienti, dovute in parte alle notevoli modificazioni nella struttura sociale del PC(b)R e nella consistenza numerica delle sue file. Nel 1921 i comunisti con un'anzianità risalente agli anni antecedenti la rivoluzione erano nel partito meno del 10% (9). Molti di coloro che aderirono al partito dopo il 1917 non erano passati per la scuola della lotta rivoluzionaria contro lo zarismo e la bor-ghesia, non avevano ancora fatto in tempo a temprarsi politicamente. D'altra parte, gli organi di partito non avevano avuto negli anni di guerra la possibilità di dedicare una sufficiente attenzione all'educazione ideologica.
Si accrebbe l'incidenza degli clementi non proletari sul totale degli iscritti. Nel 1920 la struttura sociale del partito cambiò, rispetto al 1917, nel modo seguente (10):

tabella2r




In tal modo circa il 44% degli iscritti erano operai, i contadini risultavano più che triplicati, ed oltre il 30% erano impiegati e rappresentanti di altre categorie sociali.
Dopo la rivoluzione entrarono nel partito numerosi ex menscevichi. socialisti-rivoluzionari, borotbisti (11), bundisti (12), massimalisti (13), ed altri rappresentanti di partiti non proletari.
Oltre 22 mila aderenti, cioè il 5.8% di tutti gli iscritti, avevano militato in precedenza in altri partiti politici (14). Questi iscritti costituivano a volte un fertile terreno per le tendenze ostili, e molti di essi proseguivano nella loro attività antipartito. Tutto ciò portò al sorgere di gruppi frazionistici, trotskisti in primo luogo, i quali di fronte all'inasprirsi della lotta di classe nel paese presero posizione contro la politica del partito comunista.
Il partito doveva risolvere i complessi compiti della liquidazione delle conseguenze delle due guerre devastatrici. Era necessario ripristinare l'industria e l'agricoltura, garantire una solida alleanza economica tra la classe operaia e i contadini, gettare le fondamenta della futura società socialista. Proprio in quel momento, i trotskisti e gli altri gruppi d'opposizione proposero di «concentrare l'attenzione del partito sui sindacati». di «fare di ciò il compito centrale del partito in generale (15).
Secondo i trotskisti, i sindacati stavano attraversando una grave crisi. L'indeterminatezza dei compiti che dovevano essere loro assegnati nel campo della produzione, li aveva portati sull'orlo della scomparsa. «La non corrispondenza tra il sindacato, come esso è, ed il sindacato come deve essere, è divenuta ora la maggiore contraddizione all'interno dello Stato operaio. (16). affermava Trotski sostenuto dagli altri capi dell'opposizione trotskista.
Il Comitato Centrale del partito stigmatizzò i tentativi dei trotskisti di mettere in discussione la questione dei sindacati senza un'analisi della situazione politica. I sindacati, disse Lenin, sono un anello di congiunzione tra il partito c la classe operali. Perciò parlare di essi, astraendosi dalla situazione del partito c del potere sovietico, significa porre il problema in modo fondamentalmente errato sul piano dei principi, in modo non marxista. Fin dagli inizi della discussione sui sindacati fu sottolineato che il problema più importante della politica del partito e dello Stato sovietico era il carattere dei rapporti tra la classe operaia ed i contadini. La Pravda scrisse: «E un delitto dimenticare, intavolando una discussione sui sindacati, tutta una serie di questioni estremamente acute, dalla cui soluzione dipende tutto l'ulteriore sviluppo della rivoluzione. Una di tali questioni è quella di rapporti tra la città c la campagna» (17).
Il CC del PC(b)R qualificò la sortita dei trotskisti come un tentativo di distogliere l'attenzione del partito dalle questioni dell'edificazione economica, dalla definizione di giusti rapporti tra l'avanguardia e le masse. Nel corso della discus-sione Lenin ne sottolineò più volte il pericolo politico. definendola un lusso inammissibile, veramente sorprendente. con tutte le inaudite difficoltà d'ordine esterno e interno (18).
. Il posto e il ruolo dei sindacati nel sistema della dittatura del proletariato erano stati definiti nel Programma del PC(b)R, approvato dall'VIII congresso del partito nel 1919. Vi si specificava che i compiti principali dei sindacati stavano nella sfera economica. che «l'apparato organizzativo dell'industria socializzata deve appoggiarsi in primo luogo sui sindacati (19). Ai sindacati si assegnava il compito di far partecipare le masse lavoratrici, nella più larga misura, alla gestione dell'industria, di educarle nello spirito della disciplina e della coscienza socialista.
All’inizio del 1929, precisando e concretizzando alcuni punti del Programma. del PC(b)R, i1 IX Congresso del PC(b)R approvò la risoluzione Sulla questione dei sindacati e della loro organizzazione, in cui si rilevava che i compiti dei sindacati erano fondamentalmente di carattere economico-organizzativo ed educativo. «Essendo una scuola del comunismo ed un anello di congiunzione tra le masse proletarie più arretrate, non ancora completamente esenti dalla vecchia gretta mentalità corporativistica, e la loro avanguardia - il partito comunista - i sindacati debbono educare queste masse, organizzarle sul piano culturale, politico, amministrativo, elevarle al livello del comunismo... » (20). Nelle decisioni del congresso vennero precisati i compiti generali e correnti dei sindacati, le forme della loro partecipazione all'attività dell'apparato di gestione economica, i principi che dovevano regolare i rapporti tra il partito e i sindacati, tra lo Stato sovietico ci sindacati. Nel settembre 1920 il Comitato Centrale del partito indirizzò una lettera a tutti i comitati di governatorato e di distretto del PC(b)R (21), in cui si indicavano le misure da prendere per prestare un'assistenza efficace ai sindacati. Tutte queste decisioni furono preparate ed approvate con la partecipazione diretta di Lenin. I compiti dei sindacati nell'attività economica furono definiti abbastanza chiaramente anche nelle risoluzioni dei loro congressi e della loro V Conferenza panrussa. Ai lavori del Il (gennaio 1919) e del III (aprile 1920) Congresso dei sindacati di tutta la Russia, prese parte Lenin. Le idee da lui formulate da quelle tribune, furono poste alla base delle risoluzioni approvate. Il progetto della risoluzione approvata dalla frazione del PC(b)R alla V Conferenza dei sindacati di tutta la Russia (novembre 1920), era stato redatto dallo stesso Lenin.
In tal modo le dichiarazioni dei trotskisti che il partito non avrebbe avuto idee chiare sul ruolo dei sindacati nella produzione, sui compiti che spettavano loro dopo l'ascesa del proletariato al potere, erano un tentativo di trarre in errore le masse, di farsi passare per i soli difensori della classe operaia.
La discussione imposta dagli oppositori rappresentava una grave minaccia all'unità del partito, poiché essi si posero fin dall'inizio sul terreno della lotta frazionistica, senza principi.
Il via alla discussione fu dato dall'intervento di Trotski alla riunione della frazione comunista alla V Conferenza dei sindacati di tutta la Russia. Affermando che i sindacati erano travagliati da una «profondissima crisi interna», a causa della non corrispondenza tra il ruolo svolto nella produzione e i compiti che dovevano assolvere, egli chiese di «scuotere» la direzione dei sindacati, «di scuoterla dall'alto in basso affinché ne sia eliminato tutto quello che è superfluo». Contrariamente alla linea del partito che prevedeva il passaggio dai metodi militari di lavoro alla rigorosa osservanza della democrazia, Trotski chiese che i sindacati fossero militarizzati. che le misure di coercizione fossero accentuate. Egli si riferì all’ «esperienza» del Comitato centrale del sindacato unificato dei lavoratori dei trasporti ferroviari e fluviali (Tsektran), in cui i metodi tmtskisti avevano trovato applicazione pratica.
I segnaci di Trotski infiltratisi nella direzione dello (Tséktran) applicavano largamente sanzioni disciplinari e multe. violavano grossolanamente la democrazia, i principi essenziali della vita interna delle organizzazioni sindacali locali. Ciò provocò il malcontento ben comprensibile delle masse degli iscritti, un conflitto tra i seguaci di Trotski e coloro che respingevano i metodi trotskisti di comando delle masse. Ma la direzione trotskista dello Tsektran continuava a «serrare le viti» , mentre Trotski cercava di imporre questa politica a tutto il movimento sindacale.
Il Comitato Centrale del partito respinse nella sua riunione plenaria del novembre 1920 le tesi in cui Trotski, secondo le parole di Lenin, sviluppava la politica di «scuotimento», dissimulata da ragionamenti sulla «gravissima crisi» dei sindacati e sui «nuovi compiti e metodi» (22). Si decise che «fino alla conclusione dei lavori della commissione è augurabile che le divergenze delineatesi in seno al Comitato Centrale non siano sottoposte a discussione pubblica» e che si formasse una commissione, costituita da membri del CC e da funzionari sindacali, per l'elaborazione pratica delle questioni del movimento sindacale. Nella commissione fu incluso anche Trotski. La sessione plenaria approvò Una risoluzione sulla necessità di incoraggiare al massimo l'autonomia delle orga-nizzazioni operaie, i loro legami più stretti con le masse lavoratrici. Il Comitato Centrale invitò ad ingaggiare una lotta energica «contro la degenerazione del centralismo e delle forme paramilitari di lavoro un burocratismo, dispotismo, schematismo, in controllo eccessivo dei sindacati» (23).
La frazione comunista alla V Conferenza dei sindacati di tutta la Russia approvò la decisione della sessione plenaria del CC del novembre 1920. Trotski rifiutò però di partecipare ai lavori della commissione sindacale. Si trattava di un'aperta infrazione alla disciplina di partito. «La mancata partecipazione di Trotski alla commissione sindacale significa di fatto che la lotta continua e viene portata fuori dell'ambito del Comitato Centrale... Un procedimento come il sabotaggio della commissione è burocratico, non è né sovietico né socialista né giusto, ed è politicamente dannoso (24).
Intanto, allo Tsektran i trotskisti continuavano ad applicare i metodi dello «scuotimento». All'inizio di dicembre del 1920 la scissione dello Tsektran era un fatto reale. Alla riunione della frazione comunista della conferenza dei lavoratori dei trasporti, convocata dallo Tsektran, i lavoratori comunisti dei trasporti fluviali espressero la loro protesta contro i metodi burocratici del lavoro, chiesero che fossero rispettate le risoluzioni del partito sui sindacati e che fosse modificata la composizione dell'apparato dirigente dello Tsektran e decisero di abbandonare la conferenza. Ad essi si uni poi anche una parte dei ferrovieri. Successivamente i rappresentanti dei lavoratori dei trasporti fluviali nello Tsektran diedero le dimissioni.
La scissione di uno dei maggiori sindacati del paese rappresentava un grave pericolo politico. I metodi dello Tsektran portarono in pratica ad un conflitto con la maggioranza dei Comunisti, con le masse sindacali. L'estensione agli altri sindacati dei metodi trotskisti di direzione avrebbe minaccia-to una scissione della classe operaia nel suo insieme. «Questo avvenimento (la scissione dello Tscktran. - N.d.A.) è il fatto fondamentale, essenziale, vitale che permette di valutare il contenuto politico delle nostre discussioni...» (25), ebbe a sottolineare Lenin.
Mentre il CC del partito tentava una soluzione pratica delle divergenze in seno al CC, Trotski chiedeva l'apertura di una vasta discussione, minacciava di «appellarsi al partito». Presentandosi come l'unico campione della democrazia, egli dichiarò che era inammissibile risolvere i problemi dei sinda-cati «alle spalle del partito».
Apparentemente era un atteggiamento democratico, ma praticamente i trotskisti avevano già iniziato questa discussione proprio alle spalle del CC del partito. Essi esponevano in modo unilaterale la propria posizione, tacendo la sostanza reale delle divergenze. Alla conferenza dello Tsektran, svol-tasi nel dicembre 1920. Trotski invitò «a costituire due frazioni in seno ad ogni sindacato, una per la produzione e l'altra per i professionisti di vecchio tipo. Con queste due frazioni, con questi due gruppi, io non ho dubbi che riporteremo una grande vittoria...» (26). Se si considera che all'epoca della discussione sindacale i trotskisti si chiamavano «produttivisti», mentre i professionisti di vecchio tipo erano secondo lumi partigiani di Lenin, apparirà ben chiaro il senso demagogico della dichiarazione di Trotski. Gli interventi dei trotskisti si accompagnavano ad attacchi contro i sindacalisti, accusati di fare del tradunionismo e di «sviluppare nel loro ambiente una mentalità di gretto corporativismo, l'ostilità verso i nuovi guardi». ecc.
Venne in aiuto a Trotski Bukharin. costituendo un gruppo-«cuscinetto», che avrebbe dovuto conciliare le opinioni estreme, ma che di fatto si batté a fianco di Trotski. L’affinità delle piattaforme politiche di questi due gruppi fu riconosciuta dagli stessi capi dell'opposizione. «Per quanto riguarda il gruppo-«cuscinetto» - dichiarò Trotski - noi in generale non abbiamo con esso divergenze di principio, come ho sottolineato fin dall'inizio. Vi sono state piccole sfumature, scom-parse però durante la campagna» (27).
Per disarmare i frazionisti. il Comitato Centrale del partito permise il 24 dicembre 1920 la libertà di dficussione. Il giorno seguente trotski pubblicò un opuscolo-piattaforma a carattere frazionistico: Funzione e compiti dei sindacati. La presentazione di una tale piattaforma, che lo stesso autore dis-se di essere il frutto di ubn lavoro collettivo, smascherava Trotski come un vero e proprio frazionista, poiché non aveva esitato ad infrangere la disciplina di partito. Essendo membro del CC egli si era formato un gruppo al di fuori del CC ed ora si presentava con uno scritto «collettivo» di questo gruppo, al fine di proporre al X congresso di scegliere tra le due tendenze nel movimento sindacale. La collezione degli errori accumulata da Trotski nei precedenti interventi, ricevette un ulteriore sviluppo in questo opuscolo.
Con il pretesto di «accrescere» la funzione dei sindacati nella produzione, i trotskisti proponevano un programma di «statizzazione» di essi, intesa come «concentrazione nelle mani dei sindacati di tutta la gestione della produzione... trasformazione dei sindacati in apparati dello Stato operaio e graduale fusione degli organi sindacali e degli organi di gestione economica» (28). Secondo Trotski ed i suoi seguaci, un'esistenza parallela degli organi economici e sindacali era inammissibile. Egli proponeva di passare d'urgenza alla riorganizzazione della direzione del movimento sindacale. Gli avvenimenti successivi dimostrarono che avanzando la richiesta di «scuotere» i sindacati, Trotski mirava ad allontanare da essi i quadri leninisti, ad impadronirsi della direzione dei sindacati.
«I sindacati - affermava Trotski - hanno un senso nella società sovietica solo come organi di gestione, altrimenti essi non hanno alcun senso». L'attuazione di tali proposte avrebbe significato la distruzione dei sindacati come organizzazioni sociali non affiliate al partito, la loro trasformazione in una appendice burocratica dell'apparato statale. Far perdere ai sindacati il loro carattere specifico, sarebbe stato come rinunciare ai sindacati medesimi, i quali fanno partecipare milioni di lavoratori alla direzione della società e sono una cinghia di trasmissione tra l'avanguardia e le masse.
L'errore fondamentale dei fautori della «statizzazione» consisteva nell'ignorare la situazione reale delle masse sindacali, nel sopravvalutare i ritmi con cui i lavoratori si imposessavano dei metodi di gestione.Criticando la parola d'ordine trotskista della «statizzazione», Lenin dimostrò che nella sua stragrande maggioranza il proletariato non poteva ancora assumere la gestione, a causa della sua mancanza di cultura e di esperienza.
«L'operaio non è mai stato separato dalla vecchia società con una muraglia cinese - disse Lenin al II Congresso dei sindacati di tutta la Russia. - Egli ha conservato in gran parte la tradizionale psicologia della società capitalistica. Gli operai costruiscono la nuova società, senza essersi trasfor-mati in uomini nuovi, non più imbrattati del fango del vecchio mondo, in cui continuano a stare fino alle ginocchia. Per ora si può solo sognare di eliminare questo fango. Sarebbe una pura utopia credere di poterlo fare di colpo. Sarebbe una utopia che rinvierebbe il regno del socialismo alle calende greche» (29). L’educazione delle masse lavoratrici, l'iniziazione di esse all'opera di gestione, richiedono un lungo periodo di tempo. E’ noto che in quel momento solo 900 operai, su sei milioni di iscritti ai sindacati, assolvevano funzioni di gestione nel campo della produzione. Gli altri dovevano ancora apprendere l'arte della gestione. Rivolgere in quelle condizioni tutta l'attenzione ai «vertici» dei sindacati, chiedere la loro trasformazione in organi di gestione significava compiere un errore fatale.
Chiedendo di consegnare ai sindacati i poteri di direzione, Trotski avanzava una parola d'ordine errata: i sindacati sono sinonimo del proletariato (30). Affermazione assolutamente falsa. I sindacati sono, certo, un'organizzazione del proletariato ma ciò non significa affatto che nei sindacati siano raggruppati solo i proletari. Nel 1918-1920 i sindacati organizzavano non solo il proletariato industriale, tua anche il personale impiegatizio, tecnico-amministrativo, ed anche una parte di artigiani e di elementi semicontadini (31). Nel 1921, sui 23 sindacati che esistevano nella repubblica 16 erano a composizione effettivamente operaia, mentre gli altri raggruppavano soprattutto il personale amministrativo. Sui 6.970.000 membri dei sindacati, militavano nel partito solo circa meno milione (32). In quelle condizioni la parola d'ordine di Trotski non solo era errata ma anche dannosa, poiché significava subordinare la produzione all'elemento spontaneo piccolo-borghese. Parlando al IX congresso del partito, Lenin disse: «Dalla guerra in poi, nelle fabbriche e nelle officine sono entrati uomini che non sono affatto proletari, che ci sono andati per sottrarsi alla guerra. Vi sono forse ora nel nostro paese condizioni sociali ed economiche tali per cui nelle fabbriche e nelle officine vadano i veri proletari? No, non ci sono... Spesso coloro che vanno a lavorare in fabbrica non sono proletari, ma dementi eterogenei, capitati la per caso» (33).
Criticando lo slogan trotskista della «statizzazione» dei sindacati, della «fusione» degli organismi economici e sindacali, Lenin invitò a studiare minuziosamente l'esperienza dell'attività congiunta dei sindacati e degli organi statali al fine di contrapporne gli aspetti positivi ai progetti burocratici c sterili dei trotskisti. Egli dimostrò che per accrescere la funzione dei sindacati nella vita economica del paese era necessaria la massima attivizzazione dei lavoratori; ciascuno di essi doveva essere preparato a prendere parte alla gestione della produzione, all'amministrazione della cosa pubblica. Era necessaria l’ «educazione produttiva» nei fatti e non nelle parole. Alla piattaforma trotskista Lenin oppose le tesi di Rudzutak, che contenevano proposte pratiche per l'ulteriore democratizzazione dei sindacati, il miglioramento della propaganda della produzione, l'organizzazione dei tribunali disciplinari, ecc. Fu fatta segno ad attacchi particolarmente violenti da parte dei trotkisti la definizione leninista della funzione dei sindacati come una scuola di comunismo. Schierandosi contro le decisioni del partito, gli oppositori affermavano che solo partito poteva essere una scuola di comunismo, mentre il compito dea sindacati era quello di dirigere la produzione. La negazione da parte dei trotskisti della funzione dei sindacati come di una scuola di comunismo significava praticamente la rinuncia al minuzioso lavoro di educazione dei lavoratori per farli partecipare sempre più attivamente atta costruzione di una nuova società.
L'attuazione della tesi trotskista della «statalizzazione» dei sindacati avrebbe privato questi della possibilità di difendere gli interessi delle masse lavoratrici. Trotski cercava di dimostrare che i sindacati non avevano nulla da difendere in uno Stato operaio, che con l'istaurazione della dittatura del proletariato, la missione dei sindacati, quella di difendere gli interessi economici degli operai, era interamente superata. Egli chiamava tradunionismo sovietico la funzione dei sindacati per la difesa degli interessi della classe operaia, ed invitava a trasformare i sindacati in uno strumento di militarizzazione della classe operaia. Secondo Trotsku, i sindacati, dopo la conquista del potere da parte del proletariato «hanno assunto un carattere coercitivo», si erano trasformati in una organizzazione coercitiva. Al riguardo è caratteristico l'intervento del trotskista Holzman alla conferenza del PC(b)R del governatorato e della città di Mosca (novembre 1920). il metodo della costrizione, affermò Holzman, é un metodo dì politica realistica, perciò non ci si può arrestare di fronte ad alcun metodo, compreso quello di un «implacabile disciplina del bastone nei confronti delle masse operare che ci trascinano indietro... Noi non esiteremo a ricorrere al carcere, alla de-portazione e ai lavori forzati nei confronti di quella gente che non è in grado di comprendere le nostre tendenze».
La parola d'ordine trotskista della militarizzazione dei sindacati era oggettivamente diretta a provocare una scissione tra il partito e il sindacato, tra l'avanguardia e le masse. a minare la dittatura del proletariato. «Non abbiamo altro appoggio che milioni di proletari poco coscienti, spesso pco colti, poco evoluti, analfabeti, ma che, in quanto proletari, seguono il loro partito .. Se il partito si divide dai sindacati... si avrà sicuramente la rovina del potere sovietico» (34).
Mentre il partito e lo Stato proletario passavano ad una nuova politica economica, mentre il problema della massima difesa degli interessi di classe del proletariato si poneva con particolare acutezza, i trotskisti negavano ostinatamente la necessità di una tale funzione dei sindacati. Ma era chiaro che essa sarebbe rimasta anche dopo la vittoria della rivoluzione proletaria, arricchendosi di un contenuto qualitativamente nuovo. La soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione, la concentrazione del potere politico Mite inani della classe operaia mutano l'indirizzo di classe di questa funzione, ma non l'aboliscono affatto.
In uno Stato socialista i sindacati difendono simultaneamente gli interessi economici sia degli operai che dello Stato. Essi si adoperano a consolidare lo Stato sovietico, a proteggere gli interessi del proletariato contro le deformazioni burocratiche, i formalismi amministrativi e le infrazioni della legalità, si preoccupano del sempre maggiore soddisfacimento delle esigenze materiali e culturali dei lavoratori. Smascherando il carattere avventuristico delle concezioni trotskiste Lenin dimostrò l’immesna importanza dei sindacati nele condizione della dittatura del proletariato, mise in luce l’inconsistenza sul piano teorico della piattaforma di Trotski, il suo carattere antibolsceico.
La lotta frazionistica contro il partito, iniziata dai trotskisti, fu il segnale per l’azione di altri grupi antipartito. Nel corso della discussione vennero presentate contro la linea leninista sette piattaforme: del gruppo trotiskista, del gruppo «cuscinetto», dell’ «opposizione operaia», del gruppo del «centralismo democratico», di Ighnatov e seguaci, si Riaazanov, di Noghin. Nel corso della discussione essi fecero blocco: il gruppo «cuscinetto» si unì al gruppo trotskista, il gruppo di Ighnatov si fuse con l’ «opposizione operaia», i trotskisti e l’ «opposizione operaia si appoggiarono reciprocamente. Caratteristiche comune di tutte queste piattaforme degli oppositori era la tendenza a negare il ruolo dirigente del partito, a minare la dittatura del proletariato.
L’ «opposizione operaia» proponeva di «sindacalizzare lo Stato», di incaricare i sindacati come della gestione dell’economia del paese, considerando i sindacati come organizzazione autenticamente proletarie, essa li contrapponeva al partito e allo Stato. La tesi fondamentale dell’ «opposizione operaia» era che la gestione dell’economia doveva spettare al «congresso dei produttori di tutta la Russia, riuniti in associazioni sindacali e di produzione» (35); ciò significava in sostanza abbandonare la teoria marxista-leninista della lotta di classe, dare un colpo di spugna alle differenze tra la classe operaia e la piccola borghesia, ed era un palese tentativo di subordinare il partito e lo Stato sovietico all'elemento spontaneo piccolo-borghese.
Gli oppositori cercavano di togliere alla dittatura del proletariato i posti di comando nell'economia del paese, di privare il partito della sua funzione dirigente nel campo della produzione. Secondo «opposizione operaia», l'alleanza della classe operaia e dei contadini significava una capitolazione della rivoluzione proletaria di fronte agli elementi piccolo-borghesi. Chiamandosi demagogicamente «operaia», l'opposizione rispecchiava di fatto le tendenze più retrograde della piccola borghesia e rappresentava una deviazione anarco-síndacalista. Parlando al X congresso del partito, Lenin rilevò che .1'«opposizione operaia», che si nasconde dietro le spalle del proletariato, è una tendenza piccolo-borghese, anarchica (36). La tattica di questo gruppo antipartito fu formulata con la massima franchezza da A. Kollontai nell'opuscolo L’opposizione operaia. «Anche in caso di sconfitta al congresso, - ella scrisse – l’ « opposizione operaia» resterà all'interno del partito e passo a passo difenderà fermamente il suo punto di vista, salvando il partito e raddrizzandone la linea» (37). Raccomandando di seguire i metodi di lotta frazionistici, di applicare una linea che fosse volta a scindere il partito, i capi dell'opposizione ed i loro seguaci manifestavano in pratica il loro disprezzo per l'unita e la disciplina di partito.
Il gruppo del «centralismo democratico», la cui piattaforma fu definita da Lenin come «il peggior menscevismo e socialismo-rivoluzionario», «la frazione dei massimi urlatori» (38), sostenne al congresso una concezione del tutto deformata da principio del centralismo democratico, rivendicando una collegialità illimitata, la libertà delle frazioni e dei gruppi al'interno del partito. Tale gruppo negava la funzione dirigente del partito in seno ai Soviet e ai sindacati, cercava di minare il principio della direzione centralizzata dello Stato. Durante la discussione essi presentarono le loro tesi Sui sindacati, nelle quali, accusando i sindacati di «necrosi burocratica», chiedevano al tempo stesso l'ampliamento dei loro diritti nella produzione, proponevano che la presidenza del Consiglio Superiore dell'Economia Nazionale fosse formata dalla sessione plenaria del Consiglio centrale dei sindacati. Le loro tesi I compiti immediati del partito erano una revisione opportunistica dei principi marxisti-leninisti dell'organizzazione interna del partito. –
Alle piattaforme degli oppositori il Comitato Centrale contrappose il Progetto di risoluzione del X Congresso del PCR sulla funzione e i compiti dei sindacati, noto sotto il nome di «piattaforma dei dieci». Questa piattaforma partiva dalle decisioni del partito sulla funzione dei sindacati nell'epoca della dittatura del proletariato. I sindacati, vi, si affermava, sono la scuola primaria di educazione politica e pratica per le larghe masse dei lavoratori. Il metodo principale dell'attività dei sindacati è quello della convinzione, della democrazia operaia. La «piattaforma dei dieci» ebbe un importante ruolo nella disfatta dele forze antipartito, nella lotta volta a raccogliere la base del partito comunista intorno al Comitato Centrale.
Il 12 gennaio 1921 il CC del PC(b)R ribadì la sua risoluzione sulla libertà di discussione, per tutte le organizzazioni, approvò la risoluzione sull’elezione dei delegati al X congresso del partito sulla base dele piattaforme. I rappresentanti di tutte te correnti all’interno del partito ebbero cosi al possibilità di esporre le loro idee davanti a tutti i comunisti. La sessione plenaria del CC condannò i tentativi degli oppositori di inasprire la lotta frazionistica, fece appello a «non esagerare le divergenze, a non distogliere l'attenzione e le forze dei membri del partito dai compiti pratici urgenti e indilazionabili», a svolgere la discussione su una base di principio. Trotski che in precedenza aveva sostenuto la necessità di una larga discussione, votò coni suoi seguaci contro questa risoluzione del CC:
La risoluzione del CC del PC(b)R fu un colpo serio ai tentativi di Trotski di mettere insieme un blocco antipartito, di unire intorno a sé tutti gli elementi dell'opposizione. Essa mise in evidenza la profondità delle divergenze, smascherò davanti alle masse il vero volto degli oppositori. Concedendo a tutti i gruppi d'opposizione la possibilità di presentare le loro piattaforme nelle riunioni e conferenze del partito e sulla stampa il Comitato Centrale sottopose ad ima critica serrata tali piattaforme, dimostrando che le tesi frazionistiche portavano a minare il ruolo dirigente del partito, ad indebolire il partito, il che rappresentava un enorme pericolo per il potere sovietico.
I capi dell'opposizione cercarono di seminare tra gli attivisti di partito e tra le masse la diffidenza verso il Comitato Centrale, di far ricadere su questi o quei dirigenti del partito la responsabilità per le difficoltà economiche. Travisando le vere cause della crisi economica in cui si dibatteva il paese in quegli anni, gli oppositori cercavano in tutti i modi di denigrare la politica del CC agli occhi della base. Parlando al X congresso del partito. Trotski affermò che proprio il CC aveva raddoppiato c triplicato le difficoltà d'approvvigionamento nel paese. «E’ vero, qui si è detto che prima era la si-tuazione militare a non permettere di passare all'imposta - egli dichiarò. - La situazione militare non lu però alcun rapporto con l'imposta alimentare... E se un anno fa avessimo affrontato giustamente questa questione, i nostri rapporti con i contadini sarebbero oggi migliori. (39).
Una tale affermazione non corrispondeva alla realtà, poiché nelle condizioni di guerra era impossibile stabilire normali rapporti economici tra l'industria c l'agricoltura, basati sul commercio. Lo Stato non aveva sufficienti articoli industriali da scambiare con i prodotti agricoli; il settore socialista della produzione era talmente debole che la libertà di commercio avrebbe giocato a favore degli elementi capitalistici, che cercavano di disorganizzare l'economia del paese, di far fallire il rifornimento dell'esercito e dell'industria di guerra. La libertà di commercio fu la parola d'ordine della controrivoluzione nel periodo della guerra civile. Lo Stato sovietico aveva applicato la politica de prelevamenti proprio per assicurare l'approvvigionamento degli operai e dell'esercito, per riporta-re la vittoria sulla controrivoluzione interna ed esterna. Caratterizzando la sostanza controrivoluzionaria delle affermazioni dei capi dell'opposizione Lenin disse: « ...questa è de-magogia. sulla quale si basano gli elementi anarchici di Makhno e di Kronstadt» (40). L'opposizione forniva così alla controrivoluzione interna un'arma ideologica per la lotta contro il partito, contro il potere sovietico (41).
Deformando la verità storica, i trotskisli cercarono nel corso della discussione di presentare la posizione coerente di Lenin come una posizione «di mezzo», centrista, tale da non divergere sostanzialmente da quella trotskista. L'infondatezza di tale asserzione è palese. E’ sufficiente rivolgersi agli scritti di Lenin del periodo della discussione sindacale (I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotski. crisi del partito. Ancora sui sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotski e Bukharin) che ebbero un ruolo decisivo nella sconfitta ideologica ed organizzativa dell'opposizione, per convincersi che un abisso separava le posizioni del partito da quelle dei gruppi frazionistici.
Gli oppositori non solo attaccavano il Comitato Centrale. ma criticavano pure le misure che il partito adottava nel campo dell'edificazione economica. e particolarmente il piano di elettrificazione, parte importantissima del programma leninista di trasformazione su basi socialiste del paese dei Soviet.
Si sa quale eccezionale importanza attribuisse il Comitato Centrale del partito alle questioni dell'elettrificazione della Russia, all'elaborazione di un piano economico a lunga scadenza. Lenin definì il piano di elettrificazione come «il secondo Programma del partito», come un «piano economico di importanti capitale». «La grande industria meccanica e il suo avventò nell'agricoltura sono base economica del socialismo, l'unica base che permetta di lottare vittoriosamente allo scopo di liberare l’umanità dal giogo del capitale» (42), affermò Lenin. Questa tesi leninista venne concretizzata e scientificamente argomentata in un piano, elaborato dalla Commissione di Stato per l’elettrificazione della Russia (GOELRO), che apriva imponenti prospettive ai lavoratori del paese dei Soviet. Il piano GOELRO prevedeva non solo di ristabilire nel giro di dieci anni il livello prebellico dell'industria, ma anche di raddoppiare la produzione industriale, di sviluppare a ritmi accelerati le industrie energetica, metallurgica, metalmeccanica, chimica.
Il piano di elettrificazione del paese esprimeva la volontà collettiva del partito, dello Stato sovietico. Alla sua elaborazione presero parte i maggiori esponenti della scienza e delta tecnica. L'ispiratore del piano fu Lenin. Le misure previste dal piano GOELRO. dovevano esercitare un immenso ruolo nel consolidamento della base di classe della dittatura del proletariato. Ma i trotskisti condannarono il piano GOELRO come «non rivoluzionario», cercarono di rivedere i ritmi di sviluppo industriale previsti dal programma di elettrificazione.
Un seguace di Trolski, Ja. Sciatunovski. affermando che il piano GOELRO «calcolato per dieci anni, può non realizzarsi neppure in quarant'anni, mentre noi non potremo resistere nemmeno per cinque anni se la nostra produzione non diventerà rivoluzionaria. (43), presentò un proprio piano «rivoluzionario» per la rinascita del maggior centro industriale del paese, Pietrogrado. Trotski, difendendo il programma di Sciatunovski, dichiarò che l'elettrificazione, «se la ti affronta con tensione eroica, può essere portata a termine in otto illesi» (44).
L'opuscolo di Sciatunovski è vuota chiacchiera» (45). «Molto fiacco. Declamazione e basta. Ninte di concreto» (46). - così Lenin definì il tentativo dei paladini della fraseologia «di sinistra» di sostituire al piano di elettrificazione della Russia dei progetti a parole ultrarivoluzionari, ma in realtà irreali ed ostili al socialismo. Lenin dimostrò che nell'atteggiamento verso il piano economico unico si poteva scoprire la medesima tendenza alle discussioni vuote, astratte e alla scolastica che si era già manifestata durante la discussione sui sindacati. «Sempre questa vuota «produzione di tesi», di parole d'ordine e progetti campati in aria invece di un esame attento e accura«to della nostra esperienza pratica (47).
Definendo il piano GOELRO come un modello di piano scientifico, Lenin denunciò la tattica degli avversari di questo piano di grandi trasformazioni, i loro «tentativi di interpretare per il dritto e il traverso», la risoluzione dell’ VIII Congresso del Soviet «giungendo persino a respingerla» (48). Gli oppositori ritenevano che in Russia l’elettrificazione fosse irrealizzabile e cercarono di far passare praticamente sotto silenzio l'esistenza stessa del piano GOELRO. Mettendo in ridicolo i tentativi di sostituire alle opere vive e concrete dei piani ultrarivoluzionari, Lenin dimostro che In fraseologia altisonante e utilizzata spesso per camuffare l’ostilità verso la costruzione del socialismo.
La discussione sollevata dall’opposizione toccò,anche questione «contadina», la questione dell’ «atteggiamento verso i contadini malcontenti del comunismo di guerra» (49).
Ancora una volta qui si manifestò in pieno la negazione trotskista del ruolo dell’alleanza della classe operaia e dei contadini nella costruzione delta nuova società.
Nella sua politica verso i contadini il partito teneva conto che in tempo di pace la forma politico-militare dell’alleanza della classe operaia e dei contadini non poteva assicurare l’ascesa delle forze produttive del paese, non poteva assicurare i normali legami economici tra 1’industria e l'agricoltura. Nell'elaborare le forme di edificazione economica, il CC del partito analizza la situazione concreta, la precedente esperienza economica, si consiglio con le organizzazioni locali di partito, studiò gli stai d'animo dei contadini. Nel periodo tra il settembre 1920 c il febbraio 1921, l’Ufficio Politico del CC del PC(b)R c le sessioni plenarie del CC del partito tracciarono una serie di misure per alleviare la situazione dei contadini, per promuovercei giusti rapporti tra le due classi lavoratrici.
Organizzatore ed ispiratore di tutto questo lavoro fu Lenin. Egli riceveva delegazioni contadine, studiava attentamente le lettere inviategli da funzionari del partito c dei Soviet da contadini, lettere che testimoniavano il desiderio dei contadini di veder sostituiti i prelevamenti con un'imposta in natura.
Nel novembre 1920 Lenin presentò al Consiglio dei Commissari del popolo un progetto di deliberazione suite imposte dirette, in cui si proponeva di incaricare una commissione «di preparare c di attuare contemporaneamente sin l’abolizione delle imposte in denaro, sia la trasformazione del prelevamento delle eccedenze alimentari in imposta in naturae (50). In dicembre egli partecipò ad una riunione dei contadini senza partito delegati all’VIII Congresso dei Soviet, prese appunti sugli interventi dei delegati e li distribuì in seguito ai membri del CC e del governo. All'inizio del 1921 Lenin ricevette al Cremlino contadini dei governatorati di Tver, Tambov, Vladimir e della Siberia e discusse con loro i problemi dell'agricoltura. Nel suo discorso alla conferenza dei metalmeccanici del 4. febbraio 1921 egli pose apertamente la questione della necessità di avviare giusti rapporti tra la classe operaia e i contadini, di tener conto del desiderio dei contadini di passare all'imposta in natura.
L’8 febbraio 1921 Lenin scrisse un Abbozzo preliminare di tesi sui contadini, che fu posto alla base delle decisioni dél partito sulla sostituzione dei prelevamenti con l'imposta in natura. Per un'elaborazione più approfondita del problema. l'Ufficio Politico del CC del partito decise il 16 febbraio 1921 di aprire una discussione pubblica sulla Pravda. Il 21 febbraio, una sessione plenaria del CC esaminò il progetto di risoluzione preparato da un'apposita commissione sulla sostituzione dei prelevamenti con imposta in natura. Alla vigilia del X congresso venne costituita una nuova commissione presieduta da Lenin, alla quale fu demandato il progetto per la stesura definitiva. Dopo di ciò esso venne presentato al X congresso del partito.
In tal modo, la politica del «comunismo di guerra». la quale aveva esaurito in pieno i suoi compiti, stava per essere sostituita da una nuova politica economica. Il partito elaborava questa politica, partendo dalla concezione marxista delle leggi economiche e della loro azione nel periodo di transizione. Questa politica aveva lo scopo di trasformare gradualmente l'allora economia mista in economia socialista, di incamminare la piccola azienda individuale contadina sulla via della produzione sociale.
La sostituzione dei prelevamenti con l'imposta in natura fu il punto di partenza e uno degli elementi principali di un sistema ben ponderato di misure, passato alla storia sotto il nome di nuova politica economica (Nep). Si trattava di riprendere il commercio tra la città e la campagna, di avviare normali legami economici tra l'industria nazionalizzata e l'agricoltura. Una volta pagata l'imposta allo Stato, il contadino poteva disporre liberamente dei prodotti eccedenti. Ciò permetteva di soddisfare il suo desiderio di beneficiare, come piccolo proprietario, di una certa libertà di commercio. di stimolare il suo interesse allo sviluppo della propria azienda e all'aumento della produzione. Ciò rendeva pure possibile interessi dei contadini e quelli dello Stato sovietico.
Il partito era perfettamente conscio che, concedendo entro certi limiti la libertà di commercio, si creava un certo pericolo di proliferazione degli elementi capitalistici. Ma conservando nelle mani del proletariato il potere politico e le leve di comando dell'economia, ciò non era affatto pericoloso. All’interrogativo se si poteva ripristinare in una certa misura la libertà gli commercio per i piccoli agricoltori senza minare le basi della dittatura del proletariato, Lenin rispondeva: è possibile. perché tutto sta nella misura in cui sarà permessa la libertà di commercio. Se il proletariato, che ha conquistato il potere politico, avesse anche una quantità di merci da poter immettere nel circuito per avviare un giusto scambio, esso aggiungerebbe cosi al suo potere politico anche il potere economico (51).
Con la Nep il partito trovò una forma di collaborazione tra la classe operaia ed i contadini che assicurava allo Stato socialista la possibilità di influire sulla premia azienda contadina e di fa partecipare le masse contadine alla costruzione del socialismo. La Nep rientrava organicamente nel sistema generale delle misure del partito e dello Stato per l'industrializzazione e l'elettrificazione, era strettamente legata al piano nazionale per le trasformazioni socialiste. La Nep «fu una tappa importante ed indispensabile sulla via del Socialismo. La nuova politica economica era diretta a superare il dissesto economico, a gettare le fondamenta di un'economia socialista, a far progredire la grande industria, a stabilire uno stretto legame economico tra città c campagna, a consolidare l'alleanza tra la classe operaia ed i contadini, a soppiantare e a sopprimere gli elementi capitalistici, a far trionfare il socialismo» (52).
Sulla questione della Nep il partito si scontrò di nuovo con i gruppi d'opposizione. i trotskisti consideravano la Nep solo come una ritirata, come una svolta graduale verso il capilismo. Sopravalutando le possibilità dei kulak, continuando ad affermare che i contadini erano nel loro insieme ostili al proletariato, essi profetizzavano l'inevitabile ripristino del capitalismo in Russia se non fosse giunta in soccorso la rivo-luzione mondiale.
«...Entriamo ora nella fase della capitolazione di fronte alla piccola borghesia... - disse il trotskista L. Sosnovski al X congresso del partito. - E forse già al prossimo congresso questa fase porterà alla capitolazione di fronte all'elemento spontaneo piccolo-borghese, a seconda di come si svilupperà la rivoluzione in Europa» (53). Nello stesso spirito parlarono gli altri oppositori. Essi accusarono il partito di tradire, con l'adozione della Nep, la causa del socialismo, di intaccare la politica dello Stato proletario. E inutile dire che la stampa dell'emigrazione bianca. dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi all'estero fece loro coro.
Tali affermazioni non avevano nulla in comune con la realtà, poiché le basi della nuova politica economica erano state gettate subito dopo la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre. Il giovane Stato sovietico aveva iniziato la propria attività creativa con una politica volta a superare gli elementi capitalistici. a consolidare le fondamenta economiche dell'alleanza tra classe operaia e contadini, ad utilizzare nella costruzione del socialismo strumenti quali il commercio, la moneta. il mercato. Poi la guerra civile e l'intervento armato straniero avevano imposto misure di emergenza. In tal modo l'adozione della Nep fu una politicauova solo rispetto ai metodi del «comunismo di guerra»,.
Al X congresso Trolski cercò di contrapporre alla Nep le proposte da lui presentate al CC nel febbraio 1920. Alla loro base stavano, secondo la sua definizione, «un certo indebolimento della pressione sul kulak», la necessità di un «atteggiamento più cauto verso l’elite contadina... nelle ricche regioni agricole della Siberia, del Don, dell'Ucraina-. Egli affermò che le sue proposte, intitolate: Aspetti principali della politica dell’approvvigionamento e della terra, coincidevano «punto per punto» con il documento del Comitato Centrale del partito sulla sostituzione dei prelevamenti con l'imposta in natura. Ma in realtà le proposte di Trotski erano in contrasto con i con i problemi fondamentali della nuova politica, tendevano a rafforzare i metodi del «comunismo di guerra», la pressione amministrativa sui contadini lavoratori.
Nel momento in cui si manifestava il malcontento dei contadini per la politica del «comunismo di guerra», i trotskisti presentavano un programma di misure coercitive nei confronti del dei contadini. Essi partivano dal presupposto che i contadini, per la loro presunta passività. arretratezza ed ostilità, non potevano partecipare alla costruzione del socialismo. Secondo loro, i contadini formavano una massa uniformemente reazionaria; l’atteggiamento differenziato nei riguardi di questa classe - uno dei postulati del marxismo - era da essi deliberatamente ignorato,.
In tutte le tappe della rivoluzione, il partito bolscevico risolse il problema dei rapporti tra il proletariato e le masse contadine proprio sulla base di un tale atteggiamento differenziato. Durante la rivoluzione democratico-borghese, il proletariato aveva fatto blocco con le masse contadine contro lo zar ed i grandi proprietari fondiari isolando la borghesia cadetta. La Rivoluzione d’ottobre fu compiuta dal proletariato in alleanza con i contadini poveri, neutralizzando i contadini medi. Ed infine l’VIII congresso del partito tracciò una linea, volta a ad assicurare l'alleanza del proletariato e dei contadini poveri con i contadini medi non rinunciando nemmeno per un istante alla lotta contro i kulak e appoggiandosi solidamente sui soli contadini poveri.
Con i loro ragionamenti sull'indole reazionaria e l'arretratezza dei contadini in generale, i trotskisti oscuravano problema della differenziazione di classe nelle campagne, privavano il proletariato di un loro fedele alleato nella costruzione del socialismo: i contadini lavoratori. sbandierando il loro scetticismo assoluto verso i contadini russi e gli strati «arretrati» della classe operaia, Trotski e i suoi seguaci dimostravano una completa identità di vedute con gli opportunisti europeo-occidentali del tipo Kautsky, O. Bauer, ed altri. Per convincersene. È sufficiente confrontare le argomentazioni di Trotski, per esempio con queste affermazioni di Kautsky: «Insieme ad un alto grado di istruzione del popolo, è premessa indispensabile del socialismo un'elevata morale delle masse. una morale che si esprime non solo in forti istinti sociali, sentimenti di solidarietà... Una morale del genere... manca nelle masse che attualmente dànno il tono nel proletariato bolscevico» (54). Secondo Kautsky, i contadini «costituiscono un fattore economicamente reazionario, che è un ostacolo sulla via verso il socialismo (55)
In conformità alla loro concezione, i trotskisti proponevano un vero e proprio sistema di misure eccezionali nei confronti dei contadini. In particolare, secondo loro, i contadini dovevano essere organizzati in unità di lavoro che somigliassero per il loro carattere all'esercito. «lo chiedo - esclamò Trotski - chi sarà in avvenite, nei riguardi dei contadini, tale elemento di militarizzazione?... Ed io rispondo: gli operai d'avanguardia... Attraverso i sindacati essi possono militarizzare le immense masse contadine… » (56). In tal modo, nello schema trotskista della militarizzazione, non rimaneva alcun posto per l’alleanza tra la classe operaia ed i contadini, principio basilare della dittatura da proletariato. Trotski poneva di rimpiazzarlo con quello della dominazione della classe operaia sui contadini.
Se i trotskisti fossero riusciti ad imporre al partito la loro linea nei confronti dei contadini, ciò avrebbe minacciato di compromettere l'alleanza con i contadini. di rendere inevitabile uno scontro fra le due classi lavoratrici. Il partito respinse le ricette provocatorie degli opportunisti mise in luce la loro pericolosità, seppe difendere la linea leninista, quella del consolidamento dell'alleanza della classe operaia e dei contadini lavoratori.
Le proposte avanzate da Trotski nel corso della discussione sindacale vennero definite da Lenin «mania dei progetti burocratici», «elucubrazioni intellettualistiche», ragionamenti astratti privi di qualsiasi valore pratico. Come tutta l'opposizione, Trotski tentava di risolvere delicati problemi economici, politici e sociali del periodo di transazione in modo volontaristico d'un sol colpo. Le difficoltà della costruzione del socialismo sgomentavano i trotskisti, lasciandoli in preda alla disperazione e al pessimismo. «Noi - scrisse Trotski - siamo entrati in questa lotta (rivoluzione. -N.d.A), animati da grandi ideali e con un immenso entusiasmo ed a molti sembrava che la terra promessa della fratellanza comunista, della prosperità materiale e spirituale fosse molto più vicina di quanto sia risultato in realtà». Scontrandosi con la vita reale, essi «hanno perduto le molte ingenue illusioni e speranze che la terra promessa fosse vicina, che fosse vicino il nuovo regno della giustizia, della libertà, dell'abbondanza, che esso fosse a portata di mano», mentre invece «il presentimento di nuove sciagure, di nuove difficoltà si era avverato». Trotski ed i suoi seguaci vedevano l'unica via d'uscita nella militarizzazione di tutti gli aspetti della vita sociale.
Lo schema trotskista assegnava un posto particolare all'esercito. Partendo dal presupposto che ogni classe dava la preferenza a coloro che avevano compiuto un'esperienza militare, i trotskisti proponevano di distribuire i quadri militari nei principali settori prodotti, di assegnare all’esercito -speciali funzioni economiche. «abbiamo bisogno - dissero Trotski - di dislocare le nostre scuole di allievi ufficiali nelle vicinanze dei maggiori centri dell'industria, affinché ogni allievo possa trasformarsi in ufficiale e dirigere l'industria della data regione... In tal modo, ogni circondario, con al centro le officine e le fabbriche, sarà un circondario contemporaneamente d'industria e di milizia, sarà una divisione di milizia. E nella misura in cui il nostro esercito si adatterà alla vita economica, la nostra vita economica assimilerà... gli elementi della militarizzazione». Il lavoro paramilitare veniva considerato dai trotskisti l'unica forma possibile di lavoro nel socialismo.
Già nel 1920 i trotskisti avevano presentato un loro «piano economico», alla cui base stava l’idea della creazione su vasta scala di reggimenti del lavoro, dell'impiego del lavoro coercitivo. - Durante la tregua sopraggiunta, lo Stato sovietico, non potendo smobilitare l'esercito, poiché rimaneva grande il pericolo d'aggressione, si vide costretto ad utilizzare i reparti militari per far uscire il paese dallo stato di dissesto economico. Questa misura veniva tuttavia considerata provvisoria, dettata dall’acuta penuria di manodopera: Trotski ed i suoi fautori vedevano invece nei reggimenti del lavoro la forma ideale di organizzazione del lavoro per tutto il periodo di transizione. Essi concepivano il servizio obbligatorio come un lavoro coercitivo. Insistendo perché gli operai non qualificati venissero fatti partecipare su vasta scala all'opera di riattivazione dell'industria e dei trasporti, i trotskisti affermavano che quanto più si fossero accresciuti gli equipaggiamenti meccanici rimessi in esercizio, tanto più acutamente si sarebbe posto il problema dei reggimenti del lavoro.
Il CC del partito sottopose ad una critica energica questa idea di Trotski. Il IX congresso del PC(b)R si pronuncio contro l’impiego nel lavoro di carattere civile di grosse unità militari e raccomandò di utilizzare «i migliori elementi scelti come piccoli reparti di assalto nele poiù importanti aziende industriali». Condizione fondamentale dell’impiego su vasta scala di reggimenti del lavoro doveva essere, secondo il CC. «un lavoro semplice, egualmente accessibile a tutti i soldati rossi…» (57)
L1 partito voleva che il piano economico nazionale fosse basato sulla riduzione della manodopera non qualificata, facendo partecipare un numero sempre maggiore di operai qualificati al lavoro in ogni settore dell'economia. Secondo il partito, il successo dell'edificazione del socialismo dipendeva dall'organizzazione dei lavoratori, dalla mobilitazione dei loro sforzi. Lenin sottolineò più volte che solo facendo partecipare attivamente all'edificazione dello Stato decine di milioni di coloro che prima non vi erano interessati, si sarebbe potuto vincere sul fronte economico… « Quanto maggiore è l'ampiezza e la dimensione delle azioni, - affermò Lenin - tanto maggiore è il numero di coloro che prendono parte a queste azioni, e, viceversa, quanto più profonda la trasformazione che vogliono operare, tanto più è. necessario un interesse e un atteggiamento cosciente verso questa trasformazione, tanto più bisogna convincere di questa necessità milioni é decine di milioni di uomini» (58). I trotskisti risolvevano in modo assai semplicistico anche il problema dell’incentivazione economica nello Stato socialista. Nel suo opuscolo-paittaforma Tiotski presentò la tesi: «Nel campo del consumo, cioè delle condizioni di esistenza individuale dei lavoratori, -M occorre condurre la politica dell’egualitarismo. Nel campo della produzione il principio della priorità resterà ancora lungo decisivo per noi (59).
Negli anni della guerra civile, la grave situazione economica del paese ed il pericolo di guerra resero necessario assicurare a certe produzioni, certi settori e certe categorie di lavoratori un regime di approvvigionamenti di favore. Nell'autunno 1920. con il passaggio all'edificazione economica di pace, la IX Conferenza del PC(b)R aveva indicato, nella risoluzione sui compiti immediati dell’organizzazione interna del partito, la necessità di richiamare l’attenzione di tutto il partito sulla lotta per stabilire una maggiore eguaglianza in primo luogo all’interno del partito, in secondo luogo in seno al proletariato e in seguito anche all'interno di tutte le masse lavoratrici, ed infine, in terzo luogo, tra i vari dicasteri e le diverse categorie di funzionari, soprattutto tra gli «specialisti» e i funzionari con mansioni di responsabilità in rapporto alle masse (60).
I trotskisti avevano tentato di interpretare ciò sin abbandono del principio socialista della distribuzione secondo il lavoro. Il partito non aveva invece mai rinunciato al principio della armonizzazione dell'interesse morale e di quello materiale dei lavoratori allo sviluppo della produzione. Parlando all’VIII Congresso dei Soviet di tutta la Russia, Lenin ribadì la necessità di «premiare coloro che,dopo infinite calamità, continuano a dar prova di eroismo sul fronte del lavoro. Lo Stato non solo persuade, ma premia i lavoratori migliori con migliori condizioni di vita (61). L’incentivazione materiale del lavoro acquistava un'importanza particolare al monento del passaggio alla nuova politica economica.
Lenin dimostrò che Trotski confondeva le tesi elementari del marxismo, separandoli consumo dalla produzione, e che cio era un’ «assurdità economica». Egli disse: «La priorità é una preferenza, ma senza il consumo non è niente. Se mi si dà la preferenza concedendomi un ottavo di libbra di pane, io ringrazio umilmente per tale preferenza! La preferenza sul piano della priorità è preferenza anche sul piano del consumo. Senza di ciò la priorità è un sogno, una nuvoletta, e noi siamo pur sempre dei materialisti» (62). Il partito smascherò le tesi avventuristiche dei trotskisti nelle questioni del’edificazione socialista, il loro rifiuto di tener conto delle leggi oggettive dello sviluppo sociale, i loro tentativi di «comandare», la loro mania di passare da un estremo all’altro.
La posizione assunta dal CC del PC(b)R nel corso della discussione sui sindacati, trovò il pieno appoggio delle organizzazioni di base. Le masse, tra le quali Trotski e gli altri oppositori contavano di. trovare un appoggio, si pronunciarono invece all’unanimità a favore della piattaforma leninista. I comunisti di Pietrogrado approvarono nella loro assemblea generale un Appello al partito. . «L'errore da compagno Trotski e del suo gruppo nella questione dei sindacati - si sottolineava nel documento - è foriero di gravissimi pericoli per il partito e per la rivoluzione proletaria. Potenzialmente quest'errore può portare alla scissione, alla rottura tra il Partito comunista di Russia da una parte, ed il movimento sindacale di Russia dall'altra. Ciò avrebbe conseguenze funeste per le sorti della nostra rivoluzione» (63). A favore di questo documento si pronunciò il 95-98% dei comunisti della città (64). Alla conferenza dell'organizzazione di Pietrogrado del PC(b)R la piattaforma di Trotski raccolse solo 15-19 voti (65).
All’inizio della discussione gli oppositori cercarono di conquistare l'organizzazione di partito della capitale. Il 4 novembre 1920 Trotski prese la parola alla conferenza congiunta dei comunisti del governatorato e della città di Mosca chiedendo di «scuotere» di militarizzare i sindacati. «A questa lotta - egli dichiarò - io prometto di partecipare ed ho nella cartella gli articoli» (66). Ma gli attacchi frazionistici di Trotski furono respinti dagli attivisti di partito, dai funzionari dei sindacati. I partecipanti alla conferenza gli rinfacciarono le tendenze chiaramente sindacaliste, criticarono la parola d'ordine di «statizzare» e di «scuotere» i sindacati. Alla conferenza furono condannati i metodi di lavoro dello Wsektran tra le masse operaie. Gli oratori rilevarono che i lavoratori si interessavano meno ai sindacati a causa della sostituzione dei metodi della persuasione con i metodi autoritari.
La lotta nell'organizzazione della capitale fu complicata dal fatto che i seguaci di Trotski erano riusciti a mettersi alla testa di alcuni comitati rionali di partito. Al Comitato di Mosca del PC(b)R erano rappresentati tutti i gruppi d’opposizione. Gli atti frazionistici degli oppositori, la loro doppiezza politica impedivano talvolta agli attivisti di partito di orientarsi giustamente. Così in una seduta del Comitato di Mosca. Trotski ed i suoi seguaci, approfittando dell'assenza di alcuni membri del Comitato, partigiani della piattaforma leninista, fra cui il segretario E. Sergheiev (Artiom), riuscirono a far passare con la maggioranza di un solo voto una risoluzione contro l'Appello al Partito.
Ma in un'organizzazione ideologicamente assai temprata come quella di Mosca, le manovre dei frazionisti potevano avere solo un successo temporaneo. Il 17 gennaio 1921 la riunione del Comitato di Mosca, allargata al rappresentanti dei comitati rionali e distrettuali del partito, si associò alla piattaforma dei dieci.. Nonostante tutti gli sforzi di Bukharin, Trotski, Scliapnikov e Sapronov, il Comitato di Mosca del partito approvo a stragrande maggioranza l'appello A tutte le organizzazioni di partito che invitava ad appoggiare all'unanimità la linea del CC del PC(b)R. 1 19 febbraio, la conferenza di partito del governatorato di Mosca votava, quasi all'unanimità la «piattaforma dei dieci» (67).
I risoltati della discussione precongressuale nelle organizzazioni di partito dell'Ucraina, degli Urali, della Siberia, del Caucaso Settentrionale, dimostrarono che le maggiori organizzazioni di partito del paese appoggiavano la «piattaforma dei dieci. E indicativo il fatto che perfino dove alla testa dei comitati di partito erano degli oppositori, i comunisti diedero il loro voto alla piattaforma leninista. Così accadde in Bielorussia, a Ekaterinburg, a Kharkov, a Tambov, a Kaluga. «In un mese, -fece notare Lenin - Pietrogrado, Mosca, e parecchie città di provincia hanno già mostrato che il partito ha risposto alla discussione e ha respinto a schiacciante maggioranza la linea errata del compagno Trotski. Se al «vertice», e alla «periferia», nei comitati, nelle istituzioni ci sono state indubbiamente incertezze, la massa dei membri di base del partito, la massa operaia del partito si è pronunciata a maggioranza veramente schiacciante contro questa linea errata» (68).
Le elezioni dei delegati al X congresso del partito, svoltesi in base alle piattaforme, mostrarono che la maggioranza dei delegati con voto deliberativo erano partigiani della «piattaforma dei dieci». L'opposizione rappresentava al congresso meno di in decimo del numero complessivo dei delegati. Delle sette piattaforme avanzate nel corso della discussione contro la « piattaforma dei dieci», ne rimasero alla vigilia del congresso solo due: la piattaforma congiunta di Trotski e Bukharin e la piattaforma dell' «opposizione operaia».
Il X Congresso del PC(b)R pose fine alla discussione sui sindacati. La «piattaforma dei dieci». raccolse 336 voti, quella trotskista-bukhariniana 50 voti, e quella della «opposizione operaia» solo 18 voti. Sulla base della «piattaforma dei dieci», venne approvata la risoluzione del congresso Sulla funzione e i compiti dei sindacati. Le risoluzioni Sull’unità dai partito, Sulla deviazione sindacalista ed anarchica nel nostro partito, Sull'organizzazione interna del partito, Sulle commissioni di controllo, approvate dal congresso, ebbero un'importanza eccezionale per il rafforzamento dell'unità del partito, per la denuncia delle idee antimarxiste e degli intrighi politici dei gruppi d'opposizione. La decisione del congresso di passare all'imposta in natura garantiva la stretta alleanza della classe operaia c dei contadini, gli interessi dell'ulteriore costruzione del socialismo.
La discussione svoltasi in seno al partito, mise in luce natura piccolo-borghese di tutti i gruppi frazionistici, il loro carattere antipartito. Essa dimostrò che Trotski ed i suoi seguaci, con la loro politica che mirava alla scissione del partito, erano il più pericoloso di questi gruppi. Gli interventi dei trotskisti, il loro comportamento nel corso della discussione, mostrarono che gli oppositori ponevano le loro ambizioni al di sopra della disciplina di partito. Restando nelle file del partito, essi cercavano di restringerla al minimo per assicurarsi un campo di azione, il più largo possibile contro le decisioni del partito. Logica delle lotta frazionistica li aveva portati, come in passato ad una «demagogia senza principi» (69), secondale parole di Lenin.
Sotto la direzione di Lenin, il partito sottopose ad una critica demolitrice l'attività scissionistica degli oppositori, denunciò i loro tentativi di trasformare il PC(b)R in una coalizione di frazioni e gruppi diversi. Dalla discussione il partito uscì ancora più forte e ancor più strettamente raccolto intorno al CC leninista.


NOTE

(1) L’Opposizione operaia., gruppo anarco-sindacalista nel PC(b)R. che negava il ruolo dirigente del partito, l'importanza della dittatura del proletariato nell'edificazione economica, e che contrapponeva i sindacati allo Stato sovietico e al partito. (N.d.R.)
(2) V. I. Lenin, Opere complete, vol. St, pag. 249.
(3) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 33, pag. 387.
(4) Si veda: G. M. Krgigianovski, Dieci anni di edificazione economica dell’URSS. 1917-1927. Mosca, 1928. pag. 61.
(5) Si veda: Annuario statistico, 1913-1920, fasc. 2. . Mosca, 1922, pagg. 230. 223, 270. V. 1. tenin, (6) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 391
(7) Si veda: Censimento degli iscritti al PC(b)R del 1922. fasc. 4 Mosca. 1923. pagg. 31, 32.
(8) lbidem. pag. 33
(9) lbidem. pag. 31
(10) lbidem. pag. 37
(11) Borotbisti. partito nasionalistico piccolo-borghese ucraino che raggruppava i socialisti-rivoluzionari «di sinistra»
(12) Bundisti. membri del Bund, partito nazionalistico ebraico. d'orientamento opportunistico. Il Bund condivideva le posizioni mensceviche in tutte le questioni del movimento rivoluzionario. (N.d.R.)
(13) Massimalisti. gruppo piccolo-borghese «di sinistra», vicino agli anarchici, staccatosi dal partito dei socialisti-rivoluzionari. (N.d.R.)
(14) Si veda: Censimento degli iscritti al PC(b)R 1922. fasc. 4. Mosca, 1925, pag. 44.
(15) Pravda. 15 gennaio 1921.
(16) Si veda: Miscellanea di Lenin, VI, pag. 322.
(17) Prava, Pomi«. 2 febbraio 1921.
(18) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete. vol. 32. pagg. 152-153.
(19) Il PCUS nelle risoluzioni.. , op. cit. parte I. pag.422.
(20) ibidem, pag. 491.
(21) Si veda: Izvetia del CC del PC8b)R 1920. n. 21. pagg. 4-5.
(22) V. I. Lenin, Opere Complete, vol. 32. pag. 32.
(23) Decimo Congresso del PC(b)R. Atti. Mosca, 1963, pag. 830
(24) V. I. Lenin. Opere complete. vol. 32. pagg. 33, 24.
(25) V. I. Lenin, Opere complete, vol. 32, pag. 63.
(26) Izvestia, 7 dicembre 1920.
(27) Pravda. I febbraio 1921.
(28) Si veda: Miscellanea di Lenin, VI. pag. 326.
(29) V. I. Lenin. Opere Complete, vol. 28, pag. 430.
(30) Si veda: Sulla funzione dei sindacati nella produzione, pag. 28.
(31) Si veda: PCUS nele rivoluzioni… op. cit., parte I, pagg. 547-548
(32) Ibidem, pag. 538
(33) Lenin, Opere complete, vol. 33, pagg. 271-272.
(34) Lenin. Opere complete. vol. 32, pagg. 46, 45.
(35) Si veda: V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 82.
(36) ibidem, pag. 181
(37) ibidem, pag. 184
(38) ibidem, pag. 40.
(39) Decimo Congresso del PC(b)R, Atti, pag. 350.
(40) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 190.
(41) Le tesi fondamentali dei trotskisti e degli altri gruppi antipartito sono state fatte proprie dalla storiografia borghese. Ad esse ricorrono anche gli odierni ideologi dell’antisovietismo nei paesi. capitalistici. Falsificazione dei fattori economici e che portarono all'inasprimento della lotta di classe nella Russia Sovietica nella primavera del 1921; deformazione del contenuto della lotta all'interno del partito, della distribuzione delle forze in seno al partito e del vero senso delle diverse piattaforme; tentativi di denigrate il Programma del partito. la politica del «comunismo di guerra» e la nuova politica economica: ecco un elenco incompleto delle questioni di cui n occupano gli ideologi borghesi che cercao di travisare una delle tappe più eroiche della vita della società sovietica
(42) V. I. Lenin Opere complete, vol. 33. pag. 56.
(43) Si veda Miscellanea di Lenin, XX, pag. 208.
(44) Ibidem
(45) Ibidem, pag. 209.
(46) V. I. Lenin Opere complete, vol. 45, pagg. 109-110.
(47) V. I. Lenin Opere complete, vol. 45, pag. 122.
(48) V. I. Lenin Opere complete, vol. 32, pag. 126.
(49) Si veda li PCUS nelel risoluzioni op. cit., parte II, pag. 108.
(50) V. I. Lenin Opere complete, vol. 42, pag. 207.
(51) Si veda: V. I. Lenin, Opere complete, vol. 32, pagg. 201-201.
(52) 50 anni della Gronde rivoluzione sopcialista d'Ottobre. Mosca. 1967. pag. 12.
(53) Decimo Congresso del PC(b)R. Atti, Pagg. 28-79.
(54) K. Kautsky. Terrorismus und kommunismus. Berlino. 1919. pagg. 119-120.
(55) K. Koutsky. Demokratie oder Diktatur. Berlino. 1920. pag. 4.
(56) Nono Congresso dal PC(b)R. Atti. Mosca. 1960. pag. 94.
(57) Nono Congresso del PC(b)R. Atti, pagg. 415, 114.
(58) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 31, pagg. 478-479.
(59) Si veda: Miscellanea di Lenin, VI, pag. 347.
(60) Il PCUS nelle rivoluzioni.. op. cit., parte I, pag. 507.
(61) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 31, pag. 488.
(62) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 18.
(63) Prava 18 gennaio 1921
(64) Prava 21 gennaio 1921
(65) Prava 3 febbraio 1921
(66) Prava 19 gennaio 1921
(67) Pravda, 20 febbraio 1921.
(68) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 93.
(69) V. I. Lenin. Opere complete, vol. 32, pag. 38.
 
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view post Posted on 14/4/2012, 13:07

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carre come al solito ha ragione, Stalin in questi due lunghi capitoli viene citato marginalmente solo una volta (nel I capitolo) per aver dato il suo voto favorevole a una proposta di Lenin, ma è pure vero che il volume mette in evidenza le contraddizioni delle idee di Trotski e dei suoi seguaci con le loro personalità contorte … trotski era un “militarista” nato, altro che comunista, egli era per lo stato militarizzato, in altre parole era per la dittatura militare…
 
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Leonid Brezhnev
view post Posted on 14/4/2012, 23:03




CITAZIONE (§kãtê®RëЙ @ 14/4/2012, 14:07) 
trotski era un “militarista” nato, altro che comunista, egli era per lo stato militarizzato, in altre parole era per la dittatura militare…

Non sono concorde. La prima fase della congiura antisovietica fu contrassegnata dall'appoggio ai dirigenti militari reazionari, nella condivisione della prospettiva di uno sfruttamento delle riserve petrolifere della regione caucasica nel contesto di una dittatura militare, mentre la seconda fase, nella quale le rivendicazioni territoriali tedesche divennero maggiormente prorompenti, fu contrassegnata dalla predominanza del ruolo di Trotsky, il quale non era militarista, ma soltanto favorevole al conferimento del consenso agli imperialisti occidentali di interferire nella politica economica sovietica.

Neppure la concezione trotskista di Rivoluzione era incentrato sull'utilizzo delle Forze Armate quale strumento di diffusione internazionale del Socialismo, bensì soltanto sulla imminenza della rivoluzione contemporanea ed immediata a livello internazionale, senza necessariamente l'intervento di alcun esercito.

Inoltre, il Militarismo non è un concetto negativo, se applicato in regime socialista, analogamente alla politica nordcoreana del Songun.

Edited by Leonid Brezhnev - 15/4/2012, 00:21
 
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view post Posted on 15/4/2012, 08:15

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Contrariamente alla linea del partito che prevedeva il passaggio dai metodi militari di lavoro alla rigorosa osservanza della democrazia, Trotski chiese che i sindacati fossero militarizzati. che le misure di coercizione fossero accentuate.

Egli chiamava tradunionismo sovietico la funzione dei sindacati per la difesa degli interessi della classe operaia, ed invitava a trasformare i sindacati in uno strumento di militarizzazione della classe operaia. Secondo Trotski, i sindacati, dopo la conquista del potere da parte del proletariato «hanno assunto un carattere coercitivo», si erano trasformati in una organizzazione coercitiva. Al riguardo è caratteristico l'intervento del trotskista Holzman alla conferenza del PC(b)R del governatorato e della città di Mosca (novembre 1920). il metodo della costrizione, affermò Holzman, é un metodo dì politica realistica, perciò non ci si può arrestare di fronte ad alcun metodo, compreso quello di un «implacabile disciplina del bastone nei confronti delle masse operare che ci trascinano indietro... Noi non esiteremo a ricorrere al carcere, alla de-portazione e ai lavori forzati nei confronti di quella gente che non è in grado di comprendere le nostre tendenze».

questo è socialismo?
il militarismo socialista non ha nulla a che fare con la dittatura militare o con la militarizzazione della società... il socialismo non è un regime burocratico-militare, la funzione militare nello stato socialista è ben altra cosa da non confondere con la militarizzazione della società cosi come intesa da trotski e dai suoi seguaci... in tempo di pace l'esercito deve difendere gli interessi dei lavoratori ma non gestirli
 
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babeuf
view post Posted on 15/4/2012, 09:00




...La forza di Trotzki era sicuramente nell'esercito, anche per il suo indubbio ruolo di dirigente dell'Armata rossa. Forte nel partito era il timore di un suo cesarismo militare che mettesse fine alla discussione e alla dialettica tra i bolscevichi. Quindi paura di un vero e proprio colpo di stato militare.
Non so se Trotzki sia mai stato un comunista, sicuramente non e' mai stato un leninista, perche' ha avuto sempre una concezione errata del partito, del rappporto partito sindacato, e delle fasi della rivoluzione.
Il militarismo e' una degenerazione, per parafrasare il compagno Mao e' la politica che comanda il fucile, e non il contrario.


CITAZIONE (Leonid Brezhnev @ 15/4/2012, 00:03) 
CITAZIONE (§kãtê®RëЙ @ 14/4/2012, 14:07) 
trotski era un “militarista” nato, altro che comunista, egli era per lo stato militarizzato, in altre parole era per la dittatura militare…

Non sono concorde. La prima fase della congiura antisovietica fu contrassegnata dall'appoggio ai dirigenti militari reazionari, nella condivisione della prospettiva di uno sfruttamento delle riserve petrolifere della regione caucasica nel contesto di una dittatura militare, mentre la seconda fase, nella quale le rivendicazioni territoriali tedesche divennero maggiormente prorompenti, fu contrassegnata dalla predominanza del ruolo di Trotsky, il quale non era militarista, ma soltanto favorevole al conferimento del consenso agli imperialisti occidentali di interferire nella politica economica sovietica.

Neppure la concezione trotskista di Rivoluzione era incentrato sull'utilizzo delle Forze Armate quale strumento di diffusione internazionale del Socialismo, bensì soltanto sulla imminenza della rivoluzione contemporanea ed immediata a livello internazionale, senza necessariamente l'intervento di alcun esercito.

Inoltre, il Militarismo non è un concetto negativo, se applicato in regime socialista, analogamente alla politica nordcoreana del Songun.

 
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