Comunismo - Scintilla Rossa

Giorgio Napolitano, traditore del PCI e servo della CIA, Ma chi è veramente Giorgio Napolitano?

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view post Posted on 21/4/2013, 07:15

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GIORGIO NAPOLITANO,
TRADITORE DEL PCI E SERVO DELLA CIA


Con 738 voti, il 20 aprile 2013, due terzi della casta politica ha votato come Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, confermando al Colle un uomo di 88 anni (che secondo il mandato settennale resterebbe in carica fino a 95 anni...alla faccia del rinnovamento della classe politica).

Ma chi è veramente Giorgio Napolitano?



Egli è un uomo che ha sempre cambiato i suoi ideali all'occorrenza, da sempre servile ai poteri forti americani e filo-israeliani, presente ed ossequioso ovunque ci fosse un potere da servire.

Singolare in termini di contraddizioni il fatto che il 9 maggio 2010 fu premiato con il Premio Dan David (Fondazione israeliana che premia personalità che abbiano espresso ammirazione per Israele e per l'ideologia sionista) con questa motivazione: "...per il suo coraggio e integrità intellettuale che sono stati fondamentali nel guarire le ferite della Guerra Fredda in Europa, così come le cicatrici lasciate in Italia sulla scia del fascismo"; proprio lui che in gioventù militava nei G.U.F. (Gruppi universitari fascisti).

Dopo essersi finto difensore della classe operaia e dell'ideologia comunista ha capito fin da giovane che poteva essere l'uomo giusto al posto giusto: un insider-man, utile agli americani in funzione anti-comunista e per agevolare l'imperialismo americano in Europa ed in Italia.

L’ascesa politica di Napolitano si ebbe nel 1953 quando fu eletto deputato nel PCI e poco più tardi si unirà alla corrente migliorista (interna al PCI) di Giorgio Amendola, uomo liberale, antifascista e massone. Una ideologia, quella dei miglioristi, profondamente anti-marxista che portò Amendola e Napolitano a mettersi al servizio di organizzazioni come l’Istituto di Affari Internazionali di Gianni Agnelli e il Council for Foreign Relations di Rockfeller.

Nel 1975 Napolitano strinse anche relazioni con Antonio Nigro, il quale ottenne grossi finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Ford allo scopo di convincere i comunisti ad attraversare un lungo processo di democratizzazione (leggasi "americanizzazione").
Napolitano ebbe diversi incontri anche con Henry Kissinger, considerato l'uomo-ombra del governo americano e il rappresentante politico dell'ideologia basata sul Nuovo Ordine Mondiale. "L'arrivo al potere dei comunisti - si legge in un documento interno del Fco - costituirebbe un forte colpo psicologico per l'Occidente. L'impegno Usa verso l'Europa finirebbe per indebolirsi, potrebbero così sorgere tensioni gravi fra gli americani e i membri europei della Nato su come trattare gli italiani". A Londra Henri Kissinger discutendo la situazione italiana con il nuovo Ministro degli Esteri inglese Antony Crosland fa delle rivelazioni sconvolgenti: "La questione dell’obbedienza del PCI a Mosca è secondaria. Per la coesione dell’occidente i comunisti come Berlinguer sono più pericolosi del portoghese Cunhal".
Nel 1978 Napolitano, su invito del neo-conservatore americano, Joseph La Palombara, è ospite del Council on Foreign Relations (organizzazione che si occupa di strategie globali per conto di importanti famiglie di bancheri come i Rockefeller, i Rothschild e i Morgan) e lì dichiarerà fedeltà alla N.A.T.O. .
Bisognava adesso dare il colpo di grazia al PCI: fu nel 1980 che si posero le basi per una delle operazioni più importanti della CIA: lo stratega Duane Clarridge dà inizio all’operazione chiamata "soluzione finale" e da lui definita "una delle operazione più azzardate della sua carriera: un accordo segreto tra la CIA e il PCI". Attraverso azioni non violente, ad esempio creando una equipe di tecnici neo-liberisti all’interno di un partito "non allineato" all'ideologia capitalista americana, la CIA riuscì a penetrare nella gestione del PCI. Il cerchio si era finalmente chiuso: alla morte di Enrico Berlinguer nel 1984, come segretario del PCI venne eletto Alessandro Natta ma Napolitano, forte della protezione degli Usa, da lì a poco avrebbe dato il colpo di grazia al partito.

Qualora gli ultimi trenta'anni di storia politica non bastassero a rappresentare Napolitano come traditore del PCI, nonchè uomo al servizio dell'imperialismo americano e del potere filo-bancario, ricorderei le recenti manomissioni di alcuni importantissimi articoli della Costituzione, manomissioni da lui avallate e controfirmate, tra tutte l'articolo 81 della Costituzione che il 18 aprile 2012 ha introdotto il pareggio di bilancio, obbligando di fatto lo Stato alla schiavitù delle politiche di austerità, tanto care all'imperialismo-capitalistico americano ed europeista, il tutto secondo i piani dell'ideologia mondialista, rendendo al tempo stesso le teorie keynesiane (basate, invece, su una politica monetaria espansiva che darebbe slancio all'economia) di fatto incostituzionali.

Attraverso la complicità di personaggi come Napolitano, Monti e probabilmente anche Amato al governo italiano l'imperialismo americano potrà continuare ad dominare indisturbato sulla politica e sull'economia nazionale, portando avanti tutti gli obiettivi previsti nella scaletta mondialista: accentramento dei poteri nelle mani di organizzazioni sovranazionali (unione politica europea, B.C.E., F.M.I., W.T.O.) non elette democraticamente da alcun cittadino; politiche basate sull'austerità che stanno conducendo alla recessione economica; drastico aumento della disoccupazione; impoverimento delle classi sociali, riduzione delle nascite e, quindi, riduzione della popolazione.

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view post Posted on 21/4/2013, 07:35

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anaplaaaa

 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 21/4/2013, 09:45





Napolitano è presidente di garanzia.
Cosa garantisce e a chi?


Basta riflettere sul passato e guardare lo stato presente del nostro paese per capire cosa i Partiti di regime cercano di garantire con l’accordo che conferma Napolitano alla presidenza della Repubblica Pontificia.

La conferma di Napolitano garantisce l’omertà sulle stragi della Repubblica Pontificia e la protezione ai personaggi mandanti ed esecutori che anche ai termini delle leggi vigenti potrebbero essere chiamati a rispondere di delitti e crimini.
La conferma di Napolitano garantisce che la borghesia imperialista e il clero continueranno a spogliare le masse popolari oltre la misura a cui sono già arrivati.
La conferma di Napolitano garantisce che l’economia reale (la produzione di beni e servizi fatta nelle aziende capitaliste lavorando nelle quali i proletari ricevono il loro reddito) continuerà ad essere spremuta a beneficio dei proprietari e amministratori del capitale finanziario, la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti.
La conferma di Napolitano garantisce che il corso attuale delle cose continuerà e che si aggraverà la catastrofe in cui la borghesia e il clero hanno precipitato le masse popolari.

È interesse delle masse popolari far fallire il Colpo di Stato su cui i vertici della Repubblica Pontificia hanno trovato un accordo sia pure provvisorio tra i loro contrapposti interessi e hanno stipulato una tregua dei loro laceranti conflitti.
Con il Colpo di Stato i vertici della Repubblica Pontificia consolidano, sia pure provvisoriamente, le loro istituzioni, prendono fiato, prolungano il loro dominio, si garantiscono per continuare la spoliazione delle masse popolari.
È possibile far fallire il Colpo di Stato. I vertici della Repubblica Pontificia non sono in grado di proseguirlo se vi è un vasto movimento di protesta delle masse popolari.
Non vi è dubbio che le masse popolari si mobiliteranno a protestare se i personaggi e gli organismi che tra esse godono di qualche prestigio e autorità le chiameranno a protestare.
Nel chiamare le masse popolari alla protesta e nell’intendersi tra loro per mobilitare su larga scala l’indignazione delle masse popolari si verificano quei personaggi e organismi. Qui si misurano la capacità e la volontà di Beppe Grillo e del M5S e l’efficacia della loro linea di ingresso nelle istituzioni della Repubblica Pontificia. Qui si misurano i reali intendimenti e il coraggio del Comitato No Debito di Giorgio Cremaschi, dei sindacati alternativi e di base (USB, Federazione Cobas, CUB, ecc.), della FIOM di Landini, degli altri organismi della sinistra sindacale, delle nuove aggregazioni (ALBA, Cambiare si Può, i vari Forum, Arancioni di Luigi De Magistris e Repubblica Romana di Sandro Medici, ecc.) e dei vecchi partiti (PRC, ecc.) della sinistra borghese che ancora godono di una qualche autorità e seguito tra le masse popolari e si proclamano “amici del popolo”.

Tutti i comunisti, gli operai avanzati e gli altri membri avanzati delle masse popolari devono appoggiare gli appelli alla protesta che quegli autorevoli personaggi e organismi lanceranno, devono anzi sollecitarli con tutti i mezzi alla loro portata a lanciarli.

Far fallire il Colpo di Stato dei vertici della Repubblica Pontificia rafforzerà il movimento per la costituzione del Governo di Blocco Popolare, la moltiplicazione e il rafforzamento delle Organizzazioni Operaie e Popolari per prendere in mano in misura crescente la produzione di beni e servizi e la gestione della vita sociale fino a costituire un proprio governo d’emergenza. Colpire il campo della borghesia imperialista e del clero per rafforzare il campo delle masse popolari fino a realizzare l’unica effettiva alternativa alla Repubblica Pontificia, l’instaurazione del socialismo.

Il Colpo di Stato dei vertici della Repubblica Pontificia non deve passare!

FONTE

www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2013/com.13.04.21.htm
 
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view post Posted on 21/4/2013, 11:49

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SUPREMA VERGOGNA


Mentre le canaglie berlusco-bersanianeapplaudivano la rielezione di Napolitano, i deputati 5 stelle, che nonbattevano le mani, erano insultati: “buffoni! buffoni”. Invece, fuori dalla stalla del Parlamento borghese, nella piazza,accadeva il contrario: alla notiziadell’inaudita rielezione, migliaia di persone urlavano “buffoni! buffoni!” allecanaglie berlusco-bersaniane. Chi stava nel giusto: i “legislatori” o la piazza? Non c’è alcun dubbio, la piazza. E non perché la piazza abbia sempreragione (soltanto la piazza di destra ha sempretorto), ma perché in quegli urli e fischi affondava nella disillusione e neldisprezzo il cosiddetto “Stato di diritto”, con tutte le sue magagne e i suoiinganni, svelati finalmente alla luce del sole. Le larghe masse non avevano maichiaramente percepito, come è avvenuto oggi, quanto di schifoso mercanteggiopolitico ci fosse dietro un’elezione del presidente della Repubblica (borghese).Anticamente il mercanteggio, quando non erano furiose lotte di corrente fra rasdemocristiani, poteva assumere anche l’aspetto più nobile della contesa trafacce di bronzo di centrodestra e facce di bronzo di centrosinistra. Quando fueletto Saragat, 1964, i revisionisti togliattiani plaudirono alla “svolta”: siera pur fatto un passo avanti nella lunga marcia che avrebbe condotto al “socialismo” attraverso la via “istituzionale”.Poco importava che vent’anni prima Saragat fosse stato l’uomo pagato dall’Americaper scindere il Psi e la Cgil, e il Pcilo definisse “socialfascista”: 20 anni dopo lo chiamavano “socialdemocratico”per avvalorare la svolta di “sinistra” al Quirinale.

Questavolta però la marcia rappresentanza politica della marcia borghesia haesagerato, il mercanteggio ha avuto come oggetto la tutela giuridica di un orrendissimoavanzo di galera, lo Squalo d’Arcore (che avrebbe già dovuto essere dichiarato “ineleggibile”fin dall’epoca della sua “scesa in campo”). In cambio di che? Di mandare algoverno Bersani, che sarebbe stato di fatto un governo misto, di canagliebersaniane e berlusconiane, un governo di “scopo”, cioè un governo che ha loscopo di continuare a spellare la classe operaia, gli impiegati, la poveragente che non arriva a fine mese, a spellarla con il “rigore” imposto dall’Europaimperialista e criminale per continuare a fare rigorosamente gli interessi delle banche e dei miliardari e dellaNato. Il Berlusca si è spellato le mani per applaudire la rielezione di undecrepito rinnegato del comunismo. Evidentemente si amano, si “rispettano”, sitrattano da “statisti”. Ma questo spettacolo immondo lascia prevedere che larappresentanza politica borghese, che è uscita malconcia da una tale crisiperché non ha saputo nascondere il marcio, andrà incontro ad ulteriori crisi,sempre più incontrollabili.

Grillo aveva ardimentosamente chiamatoa Roma milioni di manifestanti, ma è subito stato tradito da Rodotà. Costui, professoreborghese sostenitore della più assoluta legalità borghese, si è detto contrarioa tutte le marce su Roma (come se le marce su Roma fossero categoriefilosofiche appartenenti alla metafisica, immutabili ed eterne, e quindi nonpassibili di definizioni marxiste, cioè classiste). In ogni caso, dopo il richiamodi Rodotà, Grillo se l’è fatta sotto.
AmedeoCuratoli
 
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view post Posted on 21/4/2013, 12:49

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CITAZIONE (§kãtê®RëЙ @ 21/4/2013, 12:49) 
è subito stato tradito da Rodotà. Costui, professore borghese sostenitore della più assoluta legalità borghese, si è detto contrario a tutte le marce su Roma

quoto tutto il resto, ma su questa frase obietto: Curatoli non dico una ricerca approfondita, ma anche solo un'occhiata a wikipedia poteva darla....
CITAZIONE
eletto deputato nel 1979 come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano...Nel 1983 viene rieletto...Deputato per la terza volta nel 1987,...Nel 1989 è nominato Ministro della Giustizia nel governo ombra creato dal PCI di Achille Occhetto e successivamente, dopo...la svolta della Bolognina, aderisce al Partito Democratico della Sinistra, del quale sarà il primo presidente del Consiglio nazionale....Nell'aprile del 1992 torna alla Camera dei Deputati tra le file del PDS, viene eletto Vicepresidente e fa parte della nuova Commissione Bicamerale.

praticamente la copia sfigata di Napolitano, sarebbe stato semplicemente folle pensare che uno con questo curriculum inciti al golpe contro il kompagno amerikano, Grillo si è fottuto da solo quando ha deciso di sceglierlo come candidato presidente. Poteva andare bene per i primi voti per vedere se riusciva a dividere il PD, ma di fronte alla constatazione che il trucco non riusciva, doveva buttarsi su qualcun altro.
Un colpo da vero genio della strategia avrebbe potuto essere dire ai suoi di ripetere ufficialmente che il candidato era Rodotà, e invece di votare nel segreto dell'urna tutti per Prodi al quarto scrutinio e farlo diventare presidente, facendo saltare per aria il PD (la cui divisione netta sarebbe diventata scissione aperta, visto che con Prodi presidente gli inciucisti non avrebbero avuto più speranze) e gettando una solida base per far fuori Berlusconi.
 
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view post Posted on 22/4/2013, 18:53

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E pensare che c'é ancora che dopo questo DISGUSTOSO comportamento di buona parte dei suoi parlamentari,molti elettori Italiani pensano che il PD sia ancora un partito di(CENTRO)SINISTRA!
PUAH CHE SCHIFO!
IO da parte mia NON l'ho mai votato sin dalla cd"svolta della Bolognina"da parte di quel coglione di Achille Occhetto e la sua"gioiosa macchina da guerra"(vi ricordate delle elezioni politiche del 1994?)
19 anni dopo anche BERSANI si é comportato allo stesso identico modo,infatti dopo avere"vinto"(anche se x pochi voti)le elezioni politiche,del 2013 ha perduto nella competizione x fare un governo riuscendo a spaccare il PD come nemmeno quell'imbecille di VELTRONI,era riuscito a fare,in precedenza.
Avete visto come gongolava Berlusconi dopo la rielezione di NAPOLITANO?
certo che anche il M5S di Grillo NON é che ha brillato x acume politico almeno nella tattica parlamentare.
Comunque ora avremo un presidente della repubblica che arriverà allo scadere del 2° mandato ad avere ben 95 anni(se non schiatta prima s'intende!)
E QUESTO SAREBBE IL NUOVO CHE AVANZA?STIAMO FRESCHI!
Ci facciamo ridere dietro da tutto il mondo!
Mi vergogno di essere Italiano!
un saluto comunista
Alexfaro
 
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view post Posted on 22/4/2013, 19:09

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Comunque,Romano Prodi come presidente della repubblica,lo avrei visto come il meno peggio che ci poteva capitare.
Se non altro perché inviso al NANO asfaltato,in quanto x ben 2 volte lo ha sfidato e battuto,alle elezioni politiche,con suo grave smacco!
ps
Avete visto al suo comizio di Bari come Berlusconi ha parlato di Prodi?
Come dice il proverbio:
Il più acerrimo nemico del mio nemico può essere un mio buon alleato!
un saluto comunista
Alexfaro
 
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view post Posted on 22/4/2013, 22:10
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compagno

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CITAZIONE
Mi vergogno di essere Italiano!

Per essere meno banale, avrei invece scritto "Mi vergono di essere Napolitano".
Su Prodi e Berlusconi: è evidente che Prodi sarebbe stato il rappresentante di quall'alta finanza che è la fazione della borghesia imperialista avversa a quella del berlusca.
 
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mels2013
view post Posted on 23/4/2013, 10:35




Napolitano rieletto per continuare la politica
di austerità e di guerra del capitale finanziario
Rilanciamo la mobilitazione operaia e popolare!

In un quadro di profonda crisi economica e politica Giorgio Napolitano è stato rieletto al Quirinale. Un fatto inedito, espressione del declino dell’imperialismo italiano e della disgregazione della democrazia borghese.
L’implosione del PD - un apparato elettorale e di potere che supporta il capitalismo ed
ignora le aspirazioni operaie e popolari al cambiamento - è un aspetto di questo processo, che si esprime nella trasformazione reazionaria dello Stato, nella falsificazione del parlamentarismo, nella soppressione delle libertà e dei diritti della classe operaia.
Il PD non ha voluto eleggere Rodotà, perché il giurista liberal-democratico aveva criticato il patto di stabilità UE e le misure economiche che affossano i principi costituzionali.
Serviva a tutti i costi sbloccare la situazione, eleggendo un presidente gradito ai “mercati
finanziari”, agli USA, all’UE e al Vaticano, alle destre di Berlusconi, un difensore dello status quo, dei privilegi e delle posizioni di rendita dei corrotti partiti della borghesia. Un partito disfatto e una classe senza speranze nell’avvenire non potevano che ritrovarlo in “Re Giorgio”, che aveva imposto il governo “tecnico” di UE-BCE-FMI.
Il programma che Napolitano continuerà a garantire dal Quirinale è la politica di austerità
e di guerra, cioè l’Agenda Monti uscita sonoramente sconfitta dalle elezioni, l’intensificazione dell’offensiva capitalista e della repressione contro la classe operaia.
Allo stesso tempo il reincarico a Napolitano è l’ennesima dimostrazione che i vecchi partiti parlamentari, in lizza fra di loro su questioni secondarie, sono tutti d’accordo sulle questioni vitali del dominio borghese e si comportano come un solo partito a difesa degli interessi del capitale e delle sue istituzioni, sempre più distante dalle masse.
Ora si profila un governo d’assalto della borghesia, appoggiato da banchieri, industriali e
vertici sindacali collaborazionisti, che approverà misure e controriforme antipopolari per
continuare a scaricare tutto il peso della crisi capitalistica sulle spalle dei lavoratori, mentre un pugno di parassiti e di ricchi continuerà ad arricchirsi.
Sono già partite mobilitazioni spontanee in alcune città contro il disegno reazionario del
grande capitale. Proseguiamole ed estendiamole, in modo organizzato!
Tutti in piazza il 25 Aprile, il 1° Maggio e il 18 maggio a Roma con gli operai
metalmeccanici. Diamo vita al fronte unico di lotta contro le politiche di austerità e la
reazione, per un’alternativa di rottura rivoluzionaria con un sistema moribondo.
Realizziamo vere giornate di lotta operaia e popolare contro la reazione vecchia e nuova, la criminale politica di austerità dell’UE e le guerre della NATO, il patto neo-corporativo, per difendere i nostri interessi politici ed economici, le libertà conquistate a caro prezzo.
Avanti con la lotta di massa per la rivoluzione proletaria e il socialismo, il mondo nuovo
per cui hanno combattuto tanti Partigiani, unica soluzione dei problemi esistenti.
Gli operai, i lavoratori sfruttati devono riprendere la fiducia in se stessi, abbandonando le
illusioni parlamentari e i chiacchieroni piccolo-borghesi funzionali al capitale. La classe
operaia ha la forza per far saltare i piani del capitale spezzando i freni riformisti e forgiando i propri organismi di lotta.
Sotto i colpi della crisi e dell’offensiva borghese lo scontro di classe si inasprirà. E’
necessario e urgente un vero Partito comunista basato sul marxismo-leninismo e
l’internazionalismo proletario, con solide radici nella classe operaia, per preparare e dirigere la lotta degli sfruttati e degli oppressi per abbattere un sistema barbaro e incivile.
Il rafforzamento di Piattaforma Comunista significa il rafforzamento della lotta per la
rottura completa e definitiva dall’opportunismo e la formazione del Partito quale reparto di avanguardia organizzato e cosciente del proletariato.
21.4.2013 Piattaforma Comunista

[email protected]
www.piattaformacomunista.com
:thg:
 
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view post Posted on 24/4/2013, 13:05

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Rielezione Napolitano, era tutto previsto?
http://popoff.globalist.it/Detail_News_Dis...-tutto-previsto
 
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view post Posted on 17/10/2013, 14:25

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Stato-mafia, Napolitano dovrà deporre come teste


Il Presidente della Repubblica dovrà deporre come testimone al processo per la trattativa tra Stato e mafia. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, che hanno così accolto, seppure in parte, la richiesta avanzata nelle scorse udienze dal pm Nino Di Matteo.

Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano era stato citato dai pm per riferire in aula sulle «preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012 – si legge nella richiesta della Procura di Palermo – concernenti il timore di D’Ambrosio “di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”, e cioè nel periodo tra il 1989 e il 1993». Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà, dunque, sentito nel processo per la trattativa, ma solo «limitatamente», come dicono i giudici durante la lettura del provvedimento che hanno fissato dei paletti per la deposizione del Capo dello Stato, cioè «nei soli limiti della conoscenza del teste che potrebbero esulare dalle funzioni presidenziali e dalla riservatezza del ruolo», secondo quanto disposto dalla Corte costituzionale. Il capo dello Stato figura nella lista testi della Procura, che intende sentirlo sui colloqui tra Nicola Mancino e l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio. A gennaio la Consulta ha stabilito che le intercettazioni telefoniche del presidente della Repubblica fossero distrutte. D’Ambrosio è morto nel luglio 2012, a 64 anni, per un infarto.

Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, deporrà al processo in base a quanto hanno deciso i giudici accogliendo tutte le richieste di ammissione testimoniali della Procura escluse quelle relative alle citazioni dei magistrati Vittorio Teresi, Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia.

«Ottimo, chi sa deve parlare e lo deve fare sotto giuramento, a partire dal Presidente della Repubblica – commenta Paolo Ferrero (*) – Noi vogliamo sia fatta piena luce su questa pagina vergognosa dello stato italiano ed è sacrosanto che i magistrati usino tutti gli strumenti in loro possesso per indagare a fondo e cercare la verità sulle possibili collusioni tra ambienti dello Stato e le mafie – conclude il segretario del Prc – E’ una priorità per tutto il Paese e per la democrazia».

fonte

(*) prima o poi i giudici ascolteranno pure costui :asd:
 
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view post Posted on 1/1/2014, 14:37

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L'ultimo discorso del Peggiore


Mercoledì, 01 Gennaio 2014

Ci siamo fatti forza, contravvenendo ai consigli che ci dava il fisico e la mente, e abbiamo ascoltato i "messagio di capodanno" di quel signore che sta sul Colle.

Un vecchio stanco, incapace di prendere atto che il suo giochetto politico gli si sta sfarinando tra le mani, curvo per leggere sul “gobbo” le frasi che ha dettato poco prima ma che evidentemente “non sente”. L'ultimo -speriamo – discorso di capodanno di Giorgio Napolitano è stato un elenco di situazioni che andavano menzionate per dovere istituzionale (terremoto, alluvione, carceri, disoccupazione, esodati, “terra dei fuochi”, ecc), per convinzione ed equilibri d'apparato (i due marò, le missioni all'estero,ecc), ma senza più una prospettiva.


Resta solo l'Unione Europea – il vero potere che sta sostituendo quelli “provinciali”, come il suo – e “gli sforzi fatti” che “non vanno dispersi”; anche se “i benefici” non si vedono da nessuna parte, se si esclude lo spread. Solo lì Re Giorgio vede il “riconoscimento di valori e diritti che qualificano la vita civile”, anche se proprio da lì sta venendo – giorno dopo giorno – lo smantellamento dei diritti e la svalorizzazione dell'esistenza della stragrande maggioranza delle popolazioni del continente.


Si nota la preoccupazione derivante dallo squagliamento delle “forze politiche” che dovevano essere i capisaldi del suo progetto: costruire una classe dirigente unita sul “disegno europeo”, britannicamente aritoclata in due soli schieramenti intercambiabili senza turbolenze sistemiche, eliminando tutto quello che non è compatibile con i diktat.


Non c'era davvero bisogno di nominare le “tarantelle” di Renzi, il doroteismo di Letta, le tentazioni populiste di un Berlusconi che non vuol scomparire così, il malcontento sociale che sente montare da tutte le parti e a cui lui per primo non ha più risposte da dare. L'annuncio della “crescita” alle porte è risultato così una semplice citazione, subordinata – come sempre, nel suo ragionare pubblico – allo “sforzo comune”, ai “sacrifici necessari”, insomma al rinvio sine die di un barlume di speranza.


Il centro del suo discorso è così rimasto banalmente “interno al palazzo”. No alla “guerra di tutti contro tutti”, sì alle “riforme procedurali” e ai regolamenti di Camera e Senato per evitare altre figuracce coome quella sul “decreto salva-Roma”, sì soprattutto a un peso maggiore dell'esecutivo a scapito del Parlamento, sì alle “riforme costituzionali che chiedono i cittadini” (è riuscito a non arrossire pronunciando questa falsità assoluta). Ben consapevole che l'unica voce dal basso che può trovare ascolto nel suo palazzo è il taglio dei “costi della politica”, naturalmente declinata nel mantra “sacrifici per tutti”; perché – in effetti – se la politica “nazionale” non più nulla da immaginare e da fare (a quello ci pensa la Ue insieme a Bce e Fmi), e tantomeno un legame con le classi sociali da mantenere (la “rappresentanza”, nel nuovo schema del potere continentale, può essere solo fittizia), non ha nemmeno più senso mantenere “corpi intermedi” pletorici, avidi, corrotti, improduttivi. Vale anche per i sindacati complici, naturalmente...


Ma l'unica arma che è rimasta in mano a Napolitano sono a questo punto le sue dimissioni. Ha ribadito la disponibilità-volontà di farsi da parte il prima possibile, legando la sua uscita dal Colle alla stabilizzazione del quadro politico da lui stesso progettato. O, più probabilmente, allo sfacelo di quel castello di carte.


Su questo, nei prossimi mesi, ci sarà da divertirsi. La “rottamazione” della vecchia classe politica sta portando in superficie un verminaio di “furbetti del quartierino” cresciuti come portaborse, rigorosamente privi di idee proprie ma determinatissimi a farsi largo prendendole a prestito dalla Troika. Ma proprio per questo nessuno di loro ha le qualità – o la statura – per emergere stabilmente dal mucchio. La “guerra di tutti contro tutti”, in questo gallinaio, sarà una condizione perenne. Almeno fino alla catastrofe...


Napolitano forse se n'è accorto, ma ovviamente non può dirlo; forse neppure ammetterlo (sarebbe l'ammissione del suo stesso fallimento). Può solo far balenare lo spettro destabilizzante delle sue dimissioni. Ma, come tutte le minacce, prima o poi diventano un'arma spuntata. E a quel punto dovrà darle davvero.


È stato l'ultimo discorso, il peggiore di uno dei peggiori uomini di potere.

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view post Posted on 2/1/2014, 11:26

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nemo propheta in patria :asd:

Perché Napoli rifiuta Napolitano


La contestazione di massa che ha costretto Giorgio Napolitano rinunciare al tradizionale caffè di capodanno al “Gambrinus” richiede qualche spiegazione e una ricostruzione storica decente.

I protagonisti della manifestazione sono stati i comitati della “terra dei fuochi” e molti si saranno chiesti: perché se la prendono con Napolitano, quella specie di “nonno buono” ancora luciferinamente in gamba, che li ha persino citati nel suo ficchissimo discorso di fine anno?

Ci corre l'obbligo di ricordare le dichiarazioni fatte dal boss pentito Carmine Schiavone alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e rimaste segrete, rese nel lontano 1997, ma rimaste “secretate” fino ad oggi.

Una serie di informazioni raccapriccianti, in cui il boss dava conto della quantità immane di rifiuti tossici seppelliti in alcuni comuni tra le province di Napoli e Caserta. Il clan dei Casalesi, per “smaltire in questo modo sostanze tossiche provenienti dal Nord Italia e da mezza Europa, intascavano 500 mila lire a fusto. Il costo di uno smaltimento regolare, a quel tempo, si aggirava sui due milioni e mezzo. Un bel risparmio per le imprese, un bel guadagno per la camorra. È il mercato bellezza, che ci vuoi fare?

Il problema è che – sul mercato – la salute e la vita delle persone non valgono nulla davanti al profitto. Non è retorica “comunista”, ma una semplice constatazione che nella “terra dei fuochi” ha preso corpo manifestandosi in tumori e leucemie, con percentuali da sterminio di massa.

Ne erano consapevoli gli stessi camorristi che lavoravano con e per Schiavone, negli anni '80 e '90. “Entro venti anni gli abitanti di numerosi Comuni del casertano rischiano di morire tutti di cancro”, aveva spiegato Schiavone alla Commissione nel 1997. Oggi sta avvenendo. “Gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita”.

Se l'aveva capito Schiavone, impossibile che non lo capissero i parlamentari che lo ascoltavano, i magistrati che ne registravano le confessioni, i ministri interessati per competenza (interni e sanità, in primo luogo), il presidente del consiglio.

Ma nulla è stato fatto per salvare quella popolazione. Uno Stato degno di rispetto avrebbe ordinato di perimetrare l'area contaminata, spostare le famiglie in altre zone, vietare la coltivazione e l'allevamento su quei terreni. Uno Stato povero si sarebbe fermato a queste misure; uno anche ricco avrebbe magari anche disposto una costosissima bonifica del territorio (circa il 10% delle du province interessate).

Cosa ha fatto lo Stato italiano da allora a oggi? Ha tenuto segreta la notizia. E basta. Ha lasciato che la popolazione continuasse ad abitare, coltivare, allevare, tirar su l'acqua dai pozzi avvelenati. E quindi ad avvelenare se stessa e tutti i consumatori dei prodotti – soprattutto quelli alimentari – lì confezionati. Uno Stato normale, alla scoperta che i vertici d'allora hanno fatto una cosa del genere, li avrebbe incriminati per una serie sconfinata di reati contro la persona, la salute pubblica, la dignità dello Stato stesso.

La classe politica italiana – vecchia e nuova – si è invece autoassolta ancora una volta. Peggio. Ha rieletto al Quirinale il ministro dell'interno d'allora, quel Giorgio Napolitano che ha ancora la faccia di ammonire, riprendere, consigliare, condannare, chiedere riforme costituzionali contro l'attuale Costituzione...
Come si può leggere ancora oggi sulla pagina Facebook del Dott. Antonio Marfella, componente del Coordinamento Comitati Fuochi e dei Medici per l’Ambiente della Campania: “Scoprire che Giorgio Napolitano era il Ministro dell’Interno all’epoca delle dichiarazioni segretate di Schiavone è una notizia che mi da un dolore profondo, insopportabile, veramente una pugnalata in petto… Ve lo giuro… Non me lo aspettavo…”.
La risposta minima a questa scoperta non poteva che essere quella di capodanno: Napolitano, a Napoli e dintorni, è da ora e per sempre “persona non grata”. di un'”epidemia procurata”. Senza nemmeno dover ricordare da chi.

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view post Posted on 31/5/2014, 13:01

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Napolitano, il custode della "tonnara"



Non ne sentivamo la mancanza, ma sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato. Parliamo del "placet" del Quirinale alla repressione dei movimenti di protesta, messi in moto dal crescente disagio sociale prodotto dalla crisi e aggravato dalle politicihe di austerità.

L'occasione colta da Giorgio Napolitano è stata la più scontata che si possa immaginare, ed anche lievemente inquietante: la festa del 2 giugno. Che ormai il potere non collega neppure più alla ritrovata libertà del paese o all'approvazione della Costituzione repubblicana, ma soltanto all'importanza delle "forze armate".

In un messaggio inviato ai prefetti italiani scrive infatti:

"Coloro che, come voi, rivestono funzioni pubbliche sul territorio costituiscono, il fronte più esposto alle sfide della quotidianità ed a quelle manifestazioni di malessere che debbono essere affrontate con senso di responsabilità e lungimiranza, non disgiunte dalla necessaria fermezza contro ogni forma di violenza, di illegalità e di prevaricazione".

Linguaggio riesumato da altri tempi e stagioni (quelle del Pci berlingueriano che copriva politicamente e in toto la repressione cossighiana dei movimenti degli anni '70). Con quella solita, penosa e falsa riverenza formale allo spirito della Costituzione - che afferma la libertà di manifestazione, sciopero, opinione, ecc - e la repressione senza se e senza ma riservata teoricamente soltanto ai "violenti".

Per chi non ha ricordi così antichi, si potrebbe ricordare soltanto l'esempio di Genova 2001, in cui la violenza della polizia (e dei carabinieri, e della guardia di finanza e degli agenti carcerari di Bolzaneto, medici compresi) fu accuratamente pianificata proprio con la scusa ufficiale di dover reprimere i "black bloc". E tutti possono ancora oggi vedere una quantità icredibile di foto di quelle giornate che ritraggono per l'appunto funzionari di polizia di fianco ad agenti in borghesi "travestiti" da black bloc.

Scene simili si sono riviste di recente a Roma, il 12 aprile, e a Torino subito dopo. Una riedizione delle tattiche guerresche cossighiane, diventate ormai modalità naturale di gestione delle piazze.

Il monito presidenziale non va dunque sottovalutato. Costituisce una legittimazione a monte delle "tonnare" in stile 12 aprile, delle manganellate a raffica, degli arresti "mirati".

Il conflitto sociale troverà comunque il modo di esprimersi, crescendo di consapevolezza, accortezza, saggezza e determinazione. Ma nessun regalo va fatto a chi, nei palazzi del potere, spera di poterlo ridurre a "semplice questione di ordine pubblico".

FONTE
 
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view post Posted on 24/9/2014, 18:01




Geneologia di Napolitano
di Maurizio Blondet [11/05/2006]
Fonte: comedonchisciotte [scheda fonte]



Perfino al Ministero dell'Interno- il ministero della Polizia, l'organo a
cui il PDS (ex Pci) non rinuncerà assolutamente (ha un progetto storico per
assoggettare tutte le polizie al suo potere politico) - viene messo sì un
membro del Partito; ma è l'unico post comunista noto e gradito al "governo
mondiale di fatto". S'introduca qui Giorgio Napolitano, già presidente della
Camera, la cui stella ha cominciato a brillare più fulgida sotto il governo
Ciampi.
Napolitano: il solo comunista con il visto permanente per gli USA, anche
negli anni della guerra fredda. Il gentiluomo di casa alla Fondazione
Agnelli. Il compagno per cui votano 30 mila compagni elettori di Caserta,
fedeli al motto: non capisco, ma mi adeguo. Lo zoccolo duro, si sa, è lento
a capire.

Lui, il Migliorista, aveva chiara la traiettoria del Partito Operaio già
nell'85: "E' il riformismo europeo il punto di approdo del PCI". E' stato
ancora più chiaro, questo compagno gentiluomo, così somigliante a Re Umberto
(forse per questo parlando di sé, usa il plurale majestatis?) in
un'intervista rilasciata il 6 marzo '92: "Ci caratterizza l'antica
convinzione che il Pci abbia tardato a trasformarsi in un partito socialista
democratico di stampo europeo".
Ora che l'Italia è in amministrazione controllata per conto del Sistema
angloamericano, Napolitano sente (o s'illude) che sia venuto il momento di
dar corpo alla sua antica convinzione. "Serve uno sforzo per trovare nuove
aggregazioni", ha dichiarato: il sistema maggioritario uninominale "rende
possibile una scelta chiara da parte dei cittadini di raggruppamenti che
tendano ad alternarsi nel governo del Paese".
Il suo progetto è dunque chiaro. Napolitano condivide da antica data il
disegno che vorrebbe ridurre la scena politica italiana al modello del
"bipartitismo perfetto" made in United Kingdom, della "democrazia
funzionante" made in Usa: due formazioni, una "conservatrice" e una
progressista", ma entrambe "laiche", che si alternano al governo di
facciata, obbedienti al governo mondiale di fatto che, dietro, comanda in
perpetuo da Wall Street.
Lo stesso identico progetto di La Malfa, di Maccanico, di Segni: quello a
cui si allude, nel Nuovo che Avanza, come al "problema dell'alternanza".
Chissà che, visto da Wall Street, proprio Napolitano non sia uno dei
possibili candidati alla guida del futuro Democratic Party italiano.
Dopotutto Napolitano, all'indomani del crollo del comunismo all'Est,
auspicava per il Pci "un ricongiungimento fecondo con la cultura "laica" nel
passato confrontatasi aspramente con la cultura marxista".
Un segnale chiaro per gli Iniziati.
Di fatto, Napolitano, sembra l'erede di un progetto "laico -borghese" che è
annidato da generazioni nel Pci e, come un virus opportunista, ha aspettato
le condizioni per diventare attivo. Non a caso, quando i grandi giornali
parlano di Napolitano, lo definiscono "l'allievo più brillante di Amendola".
Il riferimento è a Giorgio Amendola. Comunista sui generis, a cui lo stesso
Napolitano ha attribuito la paternità del progetto: "La ricerca sul piano
ideale, culturale e politico di una saldatura tra liberalismo e socialismo".

Giorgio Amendola partì da gobettiano e "arrabbiato anticomunista". Negli
anni '30 la sua tesi di laurea sul "credito al consumo", ossia sulle vendite
rateali, finanziate dal venditore, come mezzo per "facilitare l'incontro tra
domanda e offerta e allontanare così i rischi di sovrapproduzione": un
cavallo di battaglia del neocapitalismo Americano. "Adoratore dell'economia
classica inglese" (la free market economy), Giorgio Amendola si avvicinò ai
comunisti solo perchè convintosi che il fascismo "colpiva principi comuni al
liberalismo e al socialismo".
Del socialismo, del resto Giorgio Amendola aveva un'idea sua: "Socialismo",
scriveva, "non è il frutto dell'antitesi economica del lavoro contro il
capitale (.) Socialismo è l'idea liberale formulata ideologicamente dalla
forza più efficiente della nostra epoca: il proletariato". Un'idea da far
rivoltare Marx nella tomba, ma non molto lontana dal preconizzare quella
"alleanza fra produttori" (capitalisti e lavoratori, le due forze "più
efficienti") proposta, non molti anni fa, da Cesare Romiti. Detto tra noi, è
questa segreta simpatia, questa voglia di adottarsi l'un l'altro delle due
forze "efficienti" che spiega l'annosa cordialità dei rapporti tra Fiat e
Cgil, tra Fiat e i sindaci torinesi targati Pci.
Amendola fu il precursore del percorso inevitabile del comunismo da
avanguardia del proletariato a partito radicale di massa, neo-borghese
aspirante a collaborare con il neocapitalismo. Conclusione inevitabile:
definendosi Giorgio Amendola "materialista storico, ma non
nell'interpretazione dei signori positivisti", gli era ineluttabile finire
per ammirare il solito materialismo storico vincente: quello che considera
la Finanza (il Capitale) la sola realtà, e tutto il resto - patrie,
religioni, tradizioni umane - mera sovrastruttura, fastidiosi inciampi per
il mercato che aspira a farsi mondiale. Ciò che Amendola scriveva nel 1929,
sul punto di farsi o credersi comunista, potrebbe essere del resto
sottoscritto da ogni iniziato del Bilderberg e del Mercato Unico: "Ci
dobbiamo accingere all'opera della nuova costruzione di un'Italia europea e
occidentale, ossia liberale". Pensiero vicinissimo a quello di Monnet, di
Agnelli, di Kissinger, e lontanissimo da Cipputi.

Non ci si deve quindi stupire se Giorgio Amendola ha avuto, finchè visse, un
seggio accanto a Gianni Agnelli nell'Istituto di Affari Internazionali
(Iai), una fondazione culturale ricalcata sul Council for Foreign Relations
di Rockfeller, e fondata da Altiero Spinelli, altro anomalo socialista-
tecnocrate votato a un europeismo oligarchico. Ancor meno stupirà sapere che
Giorgio Amendola era, già nel 1924, amico intimo di Ugo La Malfa (come
testimonia Napolitano, suo devoto biografo) e di Raffele Mattioli: il
banchiere della Commerciale, il congiurato-promotore del Partito d'Azione.
Quel Mattioli, insomma, che alla Comit allevò tutti i cuccioli italiani del
supercapitalismo con ambizioni internazionaliste: da Enrico Cuccia a Adolfo
Tino, da Maccanico a La Malfa, da Merzagora a Fenoaltea a Colorni, fino a
Giovanni Malagodi. Personaggi con profili "conservatori" o "progressisti"
che si spargeranno in partiti "di destra" o "di sinistra", poco importa: li
univa il comune Progetto.

Ma per capire meglio la radice profonda del Progetto, bisogna risalire
ancora di una generazione. Come da Napolitano siamo risaliti al suo padre
spirituale, Giorgio Amendola, così da Giorgio dobbiamo arrivare,
ripercorrendo il tempo a rebours, al papa fisico: Giovanni Amendola.

L'austero aventiniano, l'antifascista storico, il fondatore de Il Mondo nel
1922. Fu Giovanni Amendola a introdurre il figlio nel mondo della Banca
Commerciale, e anche qui non c'è da stupire: Giovanni Amendola era uomo di
vasti interessi, non solo politici ma, come dire?, occultistici. Conobbe suo
moglie, l'ebrea lituana Eva Kuhn, nella sede romana della Società Teosofica;
e antifascista com'era, frequentava anche Arturi Reghini, massone
"esoterico" e "mago" pitagorico, anticlericale d'estrema destra, scopritore
di Julius Evola. Nel 1905, Giovanni Amendola fu iniziato alla Loggia
"Romagnosi" di Roma; e quando fondò Il Mondo, furono molti i "fratelli" che
patrocinarono il giornale come loro organo ufficioso. Quanto all'altra
creatura di Amendola-padre, l'antifascista Unione Democratica Nazionale, vi
affluirono- come scrive Aldo A. Mola nella sua Storia della Massoneria
Italiana", "consensi forze e iniziative dietro cui non era impossibile
scorgere colleganze rafforzate da una tradizione più antica delle precari! e
formule partitiche": perifrasi laboriosa per alludere alla Muratoria.

A questa "tradizione più antica" importa poca delle etichette partitiche,
sempre "precarie". Nelle sue logge, "destra" e "sinistra" sono polarità
complementari, che perdono significato in una sintesi più alta, che possono
essere manovrate nel Progetto iniziatico.
L'Istituzione non manca dei mezzi, nè della pazienza storica, per insinuare
uomini suoi anche ai vertici del Partito di classe, dell'Avanguardia del
Proletariato: magari tre generazioni amendoliane in attesa (dormienti ma
vigili) del momento opportuno.
Come quello che è parso prodursi nel maggio del 1993, al momento di formare
il governo Ciampi. Lassù in alto, si è desiderato che il Pds fornisse due o
tre ministri al governo del Banchiere: un po' per dare una copertura "a
sinistra" all'operazione, un po' per fare al Pds l'esame di ammissione
all'Occidente: avrebbe accettato, l'ex partito dei lavoratori, di sporcarsi
le mani nella politica del "rigore", nel taglio della spesa pubblica, nello
sbaraccamento dello Stato sociale, nei licenziamenti, nelle privatizzazioni
volute dal Fondo Monetario?

Achille Occhetto, come sappiamo, s'è tirato indietro: ha offerto tre
ministri "indipendenti di sinistra" per poi subito ritirarli, pentito.
Non se l'è sentita di rischiare: va bene partecipare alla repressione
economica per conto della Finanza, ma non con il rischio- allora concreto-
di elezioni anticipate imminenti, e di un crollo di popolarità.
Fateci caso: da quel momento, i giudici di Mani Pulite han cominciato a
indagare anche sulle tangenti del Pds, cercando di intaccarne la "diversità".
E Occhetto è stato sostituito: chiamatelo un caso o forse, un avvertimento.


Tratto da: "Complotti III - Genocidi, eresie, nomenklature"
Il Minotauro, Febbraio 1997
 
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29 replies since 21/4/2013, 07:15   1559 views
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