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La formazione e lo sviluppo del sistema sanitario sovietico nel periodo della dittatura del proletariato

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La formazione e lo sviluppo del sistema sanitario
sovietico nel periodo della dittatura del proletariato


Prima della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, l'assistenza sanitaria nell'impero russo
era spezzettata tra diversi enti e organizzazioni di beneficienza, mentre nelle città era
rappresentata principalmente da medici dediti all'attività privata. Per l'intera popolazione, che
nel 1913 contava 159 milioni di persone, c'erano 28.000 medici, vale a dire una media di due
medici ogni 10.000 abitanti. Per di più, la maggior parte dei medici operavano nelle grandi
città della parte europea della Russia. Gli ospedali contavano 208.000 posti-letto (1,3 ogni
1.000 abitanti). All'epoca, oltre un terzo delle città non aveva ospedali.
Per condizioni sanitarie, la Russia zarista era il paese più arretrato d'Europa. Due milioni di
bambini morivano ogni anno di malattie. La durata media della vita non superava i 32 anni.
Eventi ricorrenti erano le epidemie di tifo petecchiale e tifo a ricadute, colera e altre malattie
infettive. Praticamente assente ogni medicina preventiva.
Nelle campagne, nonostante tutti gli sforzi dei medici territoriali (degli zemstvo), la situazione
era anche peggiore. In base ai dati ufficiali della Direzione dell'ispettorato principale, nel
1909, per ogni medico territoriale c'erano una media di 24.500 abitanti. Inoltre, in circa un
terzo degli zemstvo non era stato attivato un sistema distrettuale, per cui si verificavano
notevoli ritardi, coi medici costretti a girare per i villaggi, per visitare i singoli malati.
Subito dopo la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, il 22 dicembre 1917, il Governo
sovietico adottò il decreto sul “programma di assicurazione operaia”, con cui si allargava
significativamente il numero di cittadini interessati all'assicurazione sanitaria. Per di più, tutte
le spese di assicurazione erano a carico degli imprenditori. Queste misure riscontrarono
l'appoggio convinto delle masse lavoratrici, che ottenevano così l'accesso a un'assistenza
medica qualificata e gratuita, ma si scontrarono anche col boicottaggio di larga parte della
comunità medica, che non riconosceva il potere sovietico e attendeva un suo prossimo
rovesciamento: il che portò al ritorno al vecchio sistema di lavoro.
Il congresso panrusso dei dipartimenti medico-sanitari, svoltosi a Mosca il 15-18 giugno 1918,
riconobbe la necessità di dar vita a un Commissariato del popolo all'assistenza sanitaria, cui
facessero capo tutte le questioni medico-sanitarie della Repubblica Sovietica.
Primo Commissario del popolo alla sanità fu Nikolaj Aleksandrovič Semaško, che occupò la
carica fino al 1930. Nel suo intervento al congresso, Semaško illustrò i principi di
organizzazione dell'assistenza sanitaria sovietica, rilevò da un lato la necessità di eliminare il precedente spezzettamento intersettoriale e, dall'altro, di raggiungere l'obiettivo di assicurare
una medicina curativa accessibile a tutti, elevando il livello qualitativo dell'assistenza medica
(creazione di ambulatori e cliniche specializzati). Nell'intervento di Semaško si sottolineava
particolarmente la necessità di combattere le spaventose epidemie (in particolare tubercolosi,
colera, malaria, malattie veneree e simili). In tal modo, nel nostro paese, per la prima volta nel
mondo, venne creato un organo statale di vertice, che riuniva nelle proprie competenze
l'intero sistema di assistenza medico-sanitaria della Repubblica Sovietica. Il Congresso
formulò i principi base dell'assistenza sanitaria sovietica. Il Consiglio dei Commissari del
popolo della RSFSR incaricò il Commissariato del popolo alla sanità di adottare misure
straordinarie per combattere le malattie, assicurando allo scopo i relativi finanziamenti e lo
impegnò a fare rapporto, due volte la settimana, sull'andamento della lotta alle epidemie. Nel
1918 venne istituita una Commissione centrale per la lotta contro le malattie epidemiche.
Sulla base dei materiali elaborati da tale commissione, venne messo a punto e diffuso un
piano di lotta alle epidemie, che prevedeva aumento dei posti-letto, approntamento e
equipaggiamento di bagni a vapore, lavanderie, punti di disinfestazione, registrazione delle
malattie, come anche un'estesa campagna di educazione sanitaria.
La formazione di un sistema unitario di assistenza sanitaria sovietica avanzava tra mille
difficoltà. Era necessario superare la resistenza all'unificazione della medicina da parte di una
serie di dipartimenti. In particolare, ciò riguardava l'unificazione del settore sanitario del
Commissariato del popolo alle vie di comunicazione e la Direzione principale della sanità
militare. Il nuovo sistema sovietico di assistenza sanitaria veniva formandosi nelle condizioni
di un flusso enorme di feriti dai fronti della guerra civile e anche di un gran numero di malati e
profughi, a fronte di un'acuta carenza di medici, personale sanitario, ospedali e medicinali. La
maggiore difficoltà consisteva nel fatto che il nuovo sistema sanitario veniva formandosi per la
prima volta, privo di qualsivoglia esperienza nella creazione di strutture simili.
A dicembre 1918 il Governo sovietico approvò il decreto sulla nazionalizzazione delle
farmacie. Per l'organizzazione dell'assistenza medicinale nelle nuove condizioni, in seno al
Commissariato del popolo alla sanità venne creato uno speciale dipartimento farmaceutico,
con sotto-dipartimenti farmaceutici nelle Direzioni per l'assistenza sanitaria dei Soviet locali.
Gradualmente, medici specialisti, cominciarono a prendere coscienza che il Partito bolscevico
e il Governo sovietico, come pure le decisioni da essi adottate e i decreti nel campo
dell'assistenza sanitaria, rivestivano carattere permanente e venivano attuate con coerenza.
Come risultato delle misure adottate dal Governo sovietico, qualificate prestazioni di
assistenza sanitaria divenivano un diritto sempre più garantito a tutti i lavoratori sovietici e
all'intera popolazione del nostro paese.
Una delle cause principali della diffusione di malattie infettive erano le condizioni sanitarioepidemiche oltremodo sfavorevoli del paese, aggravate dal basso livello di cultura sanitaria
della popolazione e complicate ancor più dalla guerra civile e dall'intervento straniero, insieme
alla rovina economica da queste provocata. Pesava inoltre l'acuta carenza di articoli d'igiene,
disinfettanti, materiali per la disinfezione di camere, bagni e simili. Tra le malattie infettive del
tempo, le più diffuse riguardavano il tifo parassitario, in particolare il tifo petecchiale, di cui tra
il 1918 e il 1922 si ammalarono oltre 6 milioni di persone. In quegli anni, la mortalità generale
tra i malati di tifo petecchiale fu del 6-9%. In una serie di regioni, poi, imperversava la malaria.
Per organizzare la lotta alle epidemie, nei primissimi giorni di lavoro del Commissariato del
popolo alla sanità, nel suo corpo venne creato un Dipartimento sanitario-epidemiologico.
Su proposta di V.I. Lenin, tra i capitoli del Commissariato del popolo alla sanità vennero
incluse l'assicurazione medica e le spese per la protezione di maternità e infanzia. A marzo
1920 si tenne il 2° Congresso panrusso dei Dipartimenti della sanità e in quella sede vennero
tirate le somme del lavoro svolto e delineate le ulteriori vie di sviluppo dell'assistenza sanitaria
sovietica. A quell'epoca, rispetto al 1913, il numero di enti sanitari era cresciuto del 40%, era
significativamente migliorato il servizio di trattamento e prevenzione, era stato organizzato un
efficiente servizio di assistenza medica domiciliare, creati punti di primo soccorso nei luoghi di
lavoro, le epidemie si erano drasticamente ridotte. In particolare, si deve notare che tutto ciò
era stato ottenuto nelle condizioni della guerra civile non ancora conclusa. Una delle più
importanti risoluzioni adottate fu quella sull'assistenza prioritaria alle produzioni importanti risoluzioni adottate fu quella sull'assistenza prioritaria alle produzioni
particolarmente nocive.
Nel 1920-1921, il dipartimento sanitario-epidemiologico del Commissariato del popolo alla
sanità condusse una campagna per la lotta alle malattie gastro-intestinali acute. Nel quadro di
tale campagna, venne organizzata una “Settimana dell'approvvigionamento idrico”, con
l'obiettivo di attirare l'attenzione sulla salvaguardia delle fonti idriche e l'adozione di misure
urgenti per la loro qualificazione. Ci si occupò anche di depurazione e risanamento delle fonti
idriche.
Il Commissariato del popolo alla sanità adottò misure su larga scala per combattere il colera.
Nelle città e nei villaggi, in prossimità delle stazioni ferroviarie e dei punti di approdo fluviali e
marittimi vennero condotte urgenti iniziative di carattere anti-epidemico.
Venne estesa la rete degli ospedali. A vecchi e nuovi istituti di cura vennero assicurati
attrezzature, medicamenti e generi alimentari. Venne messa a punto una alimentazione
dietetica per gli ospedali. In tal modo, già nel 1922 potè esser raggiunta una significativa
riduzione delle malattie e nel 1923 le epidemie vennero praticamente eliminate.
Nel 1919 N.A. Semaško presentò un progetto di decreti sulla vaccinazione anti-tifica
obbligatoria e le misure atte a garantire, ai relativi istituti sanitari, i necessari materiali e
attrezzature. Tutte le decisioni e le misure previste dal rapporto di N.A. Semaško vennero
immediatamente realizzate.
All'epoca, nella prevenzione della diffusione di malattie infettive, particolare attenzione veniva
prestata all'educazione sanitaria di massa. Si pubblicavano brossure a carattere popolare e
manifesti per la lotta al tifo petecchiale e quello a ricadute e altre malattie infettive.
Venivano anche organizzate varie “settimane” sanitarie: la “settimana della lotta al tifo” e altre
simili.
Obiettivo di tali “settimane” era quello di portare la popolazione a conoscenza delle questioni
dell'assistenza sanitaria e coinvolgerla in una partecipazione attiva e cosciente alla
salvaguardia della salute. Grazie a simili iniziative si riuscì a raggiungere una svolta
significativa nella lotta alle epidemie e e a creare le condizioni per la loro completa
eliminazione.
Con la fine della guerra civile e il passaggio alla Nuova politica economica, il Commissariato
del popolo alla sanità concentrò l'attenzione sul ripristino dei vecchi e la creazione di nuovi
istituti di cura, sull'adozione di estese misure di profilassi per sanificare gli ambienti di lavoro e
di vita. Vennero adottate misure per organizzare dispensari anti-tubercolari e anti-venerei,
che dispiegarono un'energica attività non solo curativa, ma anche profilattica. Si dette vita
anche a un'estesa rete di dispensari per la lotta alle malattie professionali. Si cominciò a
organizzare un servizio dispensariale per gli operai occupati in produzioni in cui sussistessero
condizioni di lavoro nocive, inserendoli obbligatoriamente in speciali elenchi e sottoponendoli
a periodici e completi controlli medici, allo scopo di individuare tempestivamente eventuali
malattie.
Il Commissariato del popolo alla sanità mise anche a punto istruzioni per l'organizzazione dei
posti di lavoro e per assicurare a essi i necessari accessori, per l'ottimale sistemazione degli
ambienti domestici e dei diversi istituti di servizi abitativi. Particolare attenzione era prestata
allo stato di cortili, borghi, giardini e parchi. Per l'ulteriore miglioramento del sistema di
assistenza medica e di profilassi delle malattie, si procedette a organizzare un'estesa rete di
sanatori e luoghi di riposo. Anche nelle condizioni della guerra civile, il Potere sovietico riuscì
a mantenere attivi molti luoghi di cura sulle coste caucasiche del mar Nero. A conclusione
della guerra civile vennero costruiti nuovi luoghi di cura e centri di salute. Già a gennaio 1921
partirono alla volta della Crimea tre treni sanitari da Pietrogrado, Mosca e IvanovoVoznesensk. Nel 1920 operavano già 22 luoghi di cura (erano appena 5 nel 1919). Alla fine
del 1921, sulle coste meridionali della Crimea furono ripristinati 9 sanatori e per la fine
dell'anno erano già 23. Nel corso del 1921-1922 vennero aperti luoghi di cura sulle coste
caucasiche del mar Nero, mentre nel 1923 se ne aprirono altri nell'Oltrebajkal e in Estremo
oriente. In quel periodo crebbe notevolmente il numero di persone seguite nei luoghi di cura.
Prese sviluppo anche una rete di istituti specializzati nello studio delle questioni relative ai luoghi di cura.
Nel 1925, nel rapporto del Commissariato del popolo alla sanità, N.A. Semaško diede notizia
dei successi raggiunti dalla medicina sovietica. In quel periodo, la mortalità si era già
notevolmente ridotta. In particolare, la mortalità infantile nei bambini fino a un anno di età si
era ridotta in media dal 27,6% del 1913 al 13,7%. Drasticamente ridotta la morbilità da
infezioni di massa. Si rilevava una veloce crescita di istituti sanitari di vario tipo, in particolare
di tipo curativo-profilattico, come pure di istituti per la protezione di maternità e infanzia. Al
tempo stesso, si evinceva però il ritardo nell'assistenza sanitaria nelle campagne e la
necessità di misure per il suo miglioramento.
Nel maggio 1927 si tenne a Mosca il 6° Congresso dei dipartimenti di sanità, che tirò le
somme di quanto fatto in 10 anni dagli organi di assistenza sanitaria. Nel suo rapporto a
questo Congresso, sulla situazione dell'assistenza sanitaria e i prossimi compiti, N.A.
Semaško sottolineò i significativi successi della medicina sovietica, che si esplicitavano nella
riduzione del 20% di malattia e morbilità da malattie infettive, l'aumento del 40% del numero
di posti-letto ospedalieri rispetto al 1913 e anche nella significativa crescita di punti medicoambulatoriali e consultori femminili.
A capo del Commissariato del popolo alla sanità della RSFSR, N.A. Semaško mise a punto i
principi teorici di organizzazione della medicina sovietica, che rimasero a fondamento
dell'attività e dell'ulteriore sviluppo dell'assistenza sanitaria nel nostro paese. In base agli
sviluppi teorici di N.A. Semaško, sin dai primi anni del Potere sovietico andò formandosi nel
nostro paese un sistema di assistenza sanitaria dai principi completamente nuovi, che prese il
nome di Sistema Semaško. Grazie a esso, negli anni della Grande guerra patriottica, i soldati
sovietici, per la prima volta nella storia delle guerre, non conobbero alcuna diffusione di
massa di epidemie di malattie infettive. Nonostante le difficoltà del tempo di guerra, tutti i
focolai di morbilità infettiva al fronte e nelle retrovie venivano prontamente soffocati con azioni
coordinate dei medici sovietici. Successivamente, proprio il sistema Semaško si rivelò in
grado di impedire la diffusione dell'epidemia di peste nera proveniente dall'India nel 1959; e
nel 1969 venne prontamente a capo del focolaio di colera a Astrakhan e Odessa. Ancora in
tempi non lontani, finché continuava a operare il sistema Semaško, era come se noi non
avessimo idea che nel nostro paese potessero comparire epidemie di malattie infettive con
innumerevoli vittime. Non a caso, alle elezioni per il Parlamento britannico nel dopoguerra,
uno degli slogan del Partito laburista era “Creiamo un sistema di assistenza sanitaria come in
URSS”.
La restaurazione del capitalismo nel nostro paese, e in particolare le riforme “di mercato”
degli anni '90, hanno assestato un sensibile colpo al sistema Semaško, quantunque non
abbiano potuto distruggerlo subito.
L'attacco all'assistenza sanitaria gratuita ha avuto una spinta particolarmente forte con la
comparsa nella medicina russa dei “manager efficienti”: gli affaristi della medicina. Per
screditare il sistema sovietico di assistenza sanitaria, quegli affaristi hanno messo in circolazione una serie di miti circa i difetti di base e l'inefficienza della medicina sovietica.
Terreno fertile per tali miti erano stati gli episodi di stagnazione nella società sovietica e, in
particolare, nella sua assistenza sanitaria negli anni '60 e '70, allorché la restaurazione del
capitalismo nel nostro paese era già un fatto acquisito e in Unione Sovietica dominava un
capitalismo monopolistico di Stato, immancabilmente spacciato dalla propaganda borghese
come socialismo, o addirittura come “socialismo sviluppato”, all'inizio con l'obiettivo di parare
la critica di classe proletaria e, poi, negli anni della perestrojka “gorbacioviana”, quale aperta
calunnia anticomunista. In quel periodo, si assisté a una sistematica diminuzione dei fondi di
bilancio stanziati per la medicina e, alla fine degli anni '80, gli stanziamenti non superavano il
40% delle necessità. Proprio allora, nei frangenti della psicosi da perestrojka, si cominciò a
parlare della “necessità di riformare il sistema sovietico di assistenza sanitaria”.
Quale alternativa all'operante sistema Semaško, vennero proposti i “modelli” occidentali di
“medicina statale-assicurativa”. A inizi anni '90 venne introdotto su tutto il territorio della
Russia il sistema di Assicurazione Medica Obbligatoria (AMO). Parte dei finanziamenti era a
carico del bilancio, mentre un'altra parte era a carico dei fondi di assicurazione medica, in cui
i “datori di lavoro” erano tenuti a versare le trattenute dai pagamenti nella misura del 3,6% dal
fondo salari (una ulteriore voce di detrazioni dai redditi da lavoro dipendente). Ricordiamo che
negli anni '90 l'industria si trovava in una condizione di crisi sistemica, cui si accompagnavano
disoccupazione di massa, lunghi ritardi nel pagamento dei salari, pagamenti “in nero” fuori
busta e cose simili, il che aveva portato a una brusca riduzione di quel poco che rimaneva di
finanziamento dell'assistenza sanitaria dal bilancio statale. Il sistema AMO venne a trovarsi in
una situazione di sistematico sottofinanziamento, che portò a una secca contrazione del
volume di sostegno alla medicina gratuita, come pure a una fuga in massa di medici, a causa
dei bassi salari, da ospedali e policlinici e, infine, al discredito dello stesso sistema AMO.
Contemporaneamente, venne lanciata nel paese una campagna per l'introduzione
dell'Assicurazione medica volontaria (AMV): si parlava cioè già apertamente di assistenza
medica a pagamento. (Notiamo che anche il sistema AMO era, di fatto, già a pagamento, in
quanto veniva finanziato a spese delle trattenute sui salari dei lavoratori). Ma tutto questo non
era che l'inizio dell'attacco dei “manager efficienti” al sistema Semaško che, nonostante
l'introduzione generale e ubiqua della medicina a pagamento, non era stato possibile fino a
quel momento eliminare completamente. E se nel nostro paese il numero delle vittime
dell'epidemia da coronavirus non è stato il più tremendo, se confrontato coi “paesi
capitalisticamente sviluppati” (ad esempio USA e Gran Bretagna) lo dobbiamo alle rimanenze
non ancora eliminate del sistema sovietico di assistenza sanitaria: il Sistema Semaško.
Da: "Proletarskaya Gazeta", n. 44 (2021)

https://drapporosso.wordpress.com/
 
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view post Posted on 28/11/2023, 10:28
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da FB Pietro Secchia Nuovo

Il post in questione è in realtà un risposta, alla richiesta del compagno S. Fortunati, che in un messaggio privato mi chiedeva un chiarimento, rispetto agli importanti successi, che l'URSS ebbe nel tempo in materia di medicina.
Tengo nel precisare che l'articolo in questione non è del sottoscritto, bensi del preside della facoltà di medicina dell'Università Nazionale di Tucumán e tradotto dallo spagnolo da parte del dottor Danielle Bleitrach per historireetsociete.com
Ogni volta che ci confrontiamo con l'opera titanica dell'URSS, con ciò che ha dovuto affrontare e con le lezioni che possiamo ancora imparare da essa oggi, ci indigna per il modo in cui è stato negato questo gigantesco balzo dell'umanità compiuto in condizioni sovrumane.
I sovietici hanno sconfitto l'epidemia e la controrivoluzione creando un sistema sanitario che all'epoca non aveva eguali nel mondo.
Di fronte alla situazione dei paesi che vivono ancora a causa del capitale di tragedie equivalenti, ma anche di fronte alla recente epidemia esplosa in Francia, Europa, Stati Uniti e nel resto del mondo, queste lezioni rimangono attuali.
L'analisi, che proviene dall'Argentina, descrive ciò che è stato realizzato e ciò che dovrebbe essere fatto (nota e traduzione di D. Bleitrach).
"Quando i bolscevichi sconfissero il tifo" di J. Paz.
Il tifo è una malattia infettiva causata dal batterio Rickettsia Prawazekii e trasmessa dai pidocchi degli indumenti (Pediculo Humanas Corporis).
Attualmente è endemico nei paesi dell'Africa, dell'Asia e del Sud America ed è legato a scarse condizioni igienico-sanitarie di base.
Questa malattia viene trattata con misure igieniche e con un antibiotico chiamato Doxiciclina, che è stato brevettato nel 1957 e ha ridotto significativamente la mortalità per questa malattia.
Ma prima della scoperta di questo farmaco, l'umanità ha subito migliaia di morti con grandi epidemie di questa malattia, l'ultima delle quali si è verificata sul fronte orientale della prima guerra mondiale.
Scatenata la carneficina umana della Grande Guerra, dalla Serbia alla Russia, il tifo lasciò i soldati fuori combattimento, o perché si ammalarono o morirono in trincea.
Con la rivoluzione bolscevica e la loro presa del potere, i negoziati di pace iniziarono ad essere firmati a Brest-Litovsk nel marzo 1918.
Per il giovane governo rivoluzionario era necessario porre fine alla guerra imperialista e poter così avanzare sulla via socialista, combattere la fame, l'arretratezza materiale e le malattie.
Durante questo periodo, l'Unione Sovietica era isolata dagli altri paesi e all'interno, la carestia, la guerra civile e l'epidemia di tifo aggravarono il deterioramento materiale delle masse.
I rapporti del dottor Fedorov registrarono 47.333 casi a Pietrogrado, di cui il 9,2% morì tra il 1918 e il 1922.
In tutta l'URSS sono state colpite circa 4 milioni di persone e durante la guerra civile, questa malattia non ha scelto da che parte stare, gli eserciti rosso e bianco sono stati duramente colpiti.
L'anno cruciale fu il 1918, quando le strutture sanitarie pubbliche collassarono e i pidocchi sperimentarono per la prima volta una mobilità senza precedenti.
Senza un'operazione di sanità pubblica, i servizi non disponevano di dati affidabili sull'insorgenza del tifo e di altre malattie trasmissibili.
Lenin riteneva che il problema dell'epidemia di tifo riguardasse la salute pubblica e che fosse un compito chiave per la costruzione e lo sviluppo dello Stato proletario.
Nel 1919 si rivolse al VII Congresso degli Operai e dei Contadini con le seguenti parole:
... una terza piaga ci attaccò i pidocchi e il tifo, che abbatté le nostre truppe. Compagni, è impossibile immaginare la terribile situazione delle regioni del tifo, dove la popolazione è distrutta, indebolita, senza risorse materiali, dove cessa ogni vita, ogni vita pubblica.
A questo noi diciamo: "Compagni, dobbiamo concentrare tutto su questo problema.
O i pidocchi sconfiggeranno il socialismo, o il socialismo sconfiggerà i pidocchi!
Ogni lavoratore, ogni organizzazione, ogni istituzione deve tenerne conto in ogni riunione.
Se siamo in grado di fornire grano, se possiamo aumentare l'offerta di carburante, se dedichiamo tutti i nostri sforzi a sradicare il tifo in Russia, che deriva dalla mancanza di coltivazione, dalla povertà, dall'arretratezza e dall'ignoranza...
Nel luglio 1918 fu istituito il Commissariato del Popolo per la Salute Pubblica "Narkomzdrav", che designò il dottor Nikolai Semashko come colui da cui concentrare le forze per migliorare le condizioni di vita materiali e culturali delle masse.
In linea di principio, i praticanti liberali si opponevano al nascente Commissariato della Sanità, ma la mancanza di "clienti" a causa della povertà e la necessità di centralizzare le politiche sanitarie contro le epidemie li portò a collaborare con i bolscevichi.
Lenin lo riferì al VII Congresso:
Ci sono ancora medici, naturalmente, che hanno idee preconcette e nessuna fiducia nel governo operaio, che preferiscono far pagare le tasse ai ricchi piuttosto che combattere la dura battaglia contro il tifo.
Ma questi sono una minoranza, sono sempre meno numerosi, e la maggioranza vede che la gente sta lottando per la propria esistenza, si rende conto che con la sua lotta la gente vuole risolvere la questione fondamentale della conservazione della civiltà.
Questi medici stanno gestendo questa difficile questione con la stessa dedizione degli specialisti militari.
Sono pronti a mettersi al servizio dei lavoratori. Devo dire che anche noi stiamo iniziando a uscire da questa crisi.
Il compagno Semashko mi ha dato informazioni su questo lavoro.
Secondo le notizie dal fronte, 122 medici e 467 assistenti erano arrivati al fronte il 1° ottobre.
Centocinquanta medici sono stati inviati da Mosca.
Abbiamo ragione di credere che entro il 15 dicembre altri 800 medici saranno arrivati in prima linea per aiutare a combattere il tifo.
Le misure sanitarie si basavano sul controllo della diffusione del tifo attraverso il controllo dei vettori (pidocchi), l'isolamento dei malati, l'educazione sanitaria e l'uso di sostanze chimiche per respingere l'ingresso dei pidocchi nel corpo.
I vestiti delle persone, così come le uniformi dei soldati, venivano portati in un grande sterilizzatore a vapore per uccidere i pidocchi e distruggere le loro uova.
Nello stretto tempo necessario, il governo sovietico creò circa 250.000 letti per i malati di tifo ed eresse circa 300 stazioni di isolamento e disinfezione lungo le ferrovie e i corsi d'acqua.
Centinaia di distaccamenti di servizi igienici e disinfettanti sono stati creati nell'esercito per espellere le truppe.
I pazienti sono stati monitorati clinicamente e tutte le persone con problemi di tifo, sono state informate delle misure e precauzioni necessarie per evitare infezioni e complicanze.
Furono creati treni sanitari che viaggiavano su tutto il fronte sovietico, trasferendo i pazienti nei principali ospedali per la terapia necessaria a seconda della gravità.
Nelle fabbriche vennero create stanze di supporto con medici e bagni per l'igiene personale.
Il governo rivoluzionario bolscevico, nonostante l'arretratezza scientifica, economica e culturale, dimostrò che con la nazionalizzazione e la centralizzazione delle risorse sanitarie, fu possibile fornire risposte sanitarie efficaci alle malattie epidemiche.
La veloce costruzione di strutture sanitarie, degne di questo nome, si nelle città che nei piccoli borghi dell'immenso paese, si nelle fabbriche che nei luoghi di lavoro, sommata alla necessità di portare un efficace educazione sanitaria, hanno reso possibile in tempi di post primo conflitto mondiale, evitare migliaia di morti per tifo e soprattutto riportato l'epidemia sotto controllo.
Per fare ciò, le "donne e gli uomini dell'ottobre rosso" hanno centralizzato le loro risorse in base alle esigenze della stragrande maggioranza delle popolazioni russe.
La grande intuizione leninista di fermare la guerra e di operare per risollevare una nazione, piegata sotto il tallone d'acciaio dei privilegi medioevali della società zarista, diede la prima prova vincente, combattendo ed in primis limitando fortemente l'epidemia di tifo che seminava morte e tragedie tra i soldati al fronte ma non solo.
 
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